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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
A.I.B.
Indice argomenti:
Definizione:
Il fuoco è un fenomeno termico e luminoso dovuto alla combustione di
varie sostanze, rapidissima reazione di ossidazione con liberazione di energia
e consumo di ossigeno.
Perché il fuoco abbia vita sono necessari tre elementi : combustibile, ossigeno (comburente) e calore sufficiente. Eliminando o riducendo drasticamente uno di questi elementi si può ottenere l’estinzione del fuoco.
La combustione dei materiali vegetali ( cellulosa, lignina, resine, oli, ecc.) Può essere divisa in tre fasi: preriscaldamento, combustione gassosa e combustione solida.
Preriscaldamento: il calore viene assorbito dal combustibile che si essicca espellendo acqua sotto forma di vapore.
Combustione
gassosa: superati
i 200 °C (la temperatura di innesco del fuoco può essere anche più bassa)
dal materiale vegetale cominciano a liberarsi gas combustibili ( ossido di
carbonio, metano, metanolo, idrogeno, formaldeide, acido formico, acido
acetico, ecc.) Che, a contatto con l’ossigeno, bruciano producendo fiamme
con una reazione che cede calore. Durante questa fase, il processo di
combustione produce anidride carbonica, ancora vapore acqueo, ossido di
carbonio, ossidi di azoto, gas o sostanze volatili incombuste. Il calore
emesso può innalzare la temperatura fino ai 400 °C.
Combustione
solida: esaurita l’emissione e la combustione dei gas, brucia
il carbone rimasto e le braci incandescenti raggiungono temperature superiori
agli 800 °C, senza più fiamme.
Quando
per lo spegnimento si usa l’acqua si interviene soprattutto
sull’elemento calore, con il raffreddamento del combustibile fino
all’interruzione della combustione. L’acqua infatti, ha una grandissima
capacità di assorbire calore e per farla evaporare servono ben 539 calorie
per ogni grammo, più 70 - 80 cal/g per innalzarne la temperatura da quella
ambientale a quella di ebollizione. L’acqua assorbe meglio il calore se
viene nebulizzata, inoltre agisce anche sul comburente (ossigeno)
sostituendolo con il vapore acqueo (soffocamento: effetto secondario
dell’acqua).
Quando
si getta sabbia o terra sul fuoco si agisce sul comburente sottraendolo
alla combustione. Questa, assieme all’effetto secondario dell’acqua, è
l’unica vera azione di soffocamento che si applica durante lo
spegnimento di un incendio boschivo.
Quando
si batte sulle fiamme con un flabello o quando si usa il potente getto
d’aria di un soffiatore a zaino, si agisce sul combustibile gassoso
allontanandolo violentemente dal punto di origine, interrompendo la
combustione, mentre si rivela pericolosamente controproducente sulla terza
fase (sulle braci).
Anche un violento getto d’acqua ha questa azione sul combustibile gassoso; è questo uno dei motivi per cui nello spegnimento degli incendi boschivi si preferiscono pompe capaci di elevate pressioni e basse portate. Per semplicità, si continuerà a parlare di azione di soffocamento, anche nel caso dell’azione sul combustibile gassoso.
Sul combustibile solido, naturalmente, si può agire preventivamente asportandolo prima che bruci, con decespugliatori, motoseghe, roncole, ecc.
In ogni caso è sempre meglio agire precedentemente o durante la prima e la seconda fase della combustione; è difficile ed assolutamente inefficiente l’azione sulla terza fase, per l’enorme calore emanato.
Le caratteristiche principali che facilitano l’accensione e la combustione dei materiali vegetali sono: basso contenuto di acqua, contenuto in oli e resine, alto rapporto superficie/volume, porosità, elevata disponibilità di ossigeno (posizione ventilata) elevate temperature, posizioni che favoriscono il preriscaldamento per convenzione.
La propagazione delle fiamme in un bosco, oltre che dalle precedenti caratteristiche è facilitata dalla continuità orizzontale e verticale (dal suolo alle chiome) della vegetazione, dal vento, dalla pendenza del terreno che esalta la fase del preriscaldamento (il calore viene portato in alto per convenzione).
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In base al tipo di combustibile interessato dal fuoco si distinguono quattro tipi di incendio:
Gli incendi sotterranei bruciano lentamente le sostanze vegetali sotto il livello del suolo: il muschio, la torba, l’humus indecomposto.
In questo caso la combustione è lenta, ma si spegne con difficoltà. Nei nostri ambienti è possibile quando bruciano le ceppaie creando pericoli per la ripresa e la diffusione del fuoco.
Gli incendi di superficie sono i più frequenti: bruciano la vegetazione al livello del suolo. Quasi tutti gli incendi cominciano in questo modo.
Sono gli incendi più comuni nei nostri boschi, bruciano la lettiera, l’erba, le foglie e i rami morti (vegetazione di superficie). Il fuoco è rapido ma non intenso.
Gli incendi di chioma ( o di corona), sono preoccupanti per il forte sviluppo di calore e la possibilità del salto di faville a distanza.
Sono gli incendi più pericolosi perché le fiamme si estendono alle chiome degli alberi. Interessano in particolare i rimboschimenti di conifere allo stato di perticaia ad elevata densità. L’unico mezzo di difesa è la soppressione del combustibile effettuando una barriera naturale o artificiale o mettendo in pratica la tecnica del controfuoco.
Si ha un incendio di barriera quando l’incendio di chioma è accompagnato da un incendio di superficie.
É estremamente intenso e distruttivo.
I
combustibili possono
essere distinti in:
Leggeri: Erba, foglie secche, rami di piccole dimensioni, rami morti di diametro inferiore a 5 cm; sono molto infiammabili e bruciano rapidamente.
Pesanti: Tronchi, rami di grosse dimensioni, ceppaie secche che bruciano a lungo e ad alte temperature.
Fattore importante per i combustibili è il contenuto di acqua, infatti quando essa è superiore al 25% l’accensione è possibile solo con un elevato apporto esterno di calorie.
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