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Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 117
Attuazione della direttiva 2006/21/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie e che modifica la direttiva 2004/35/CE.
(GU n. 157 del 7-7-2008)
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 6 febbraio 2007, n. 13, recante disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunita' europee - Legge comunitaria 2006, ed, in particolare
l'articolo 1 e l'allegato B;
Vista la direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie
estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 27 febbraio 2008;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome, reso nella seduta del 26 marzo
2008;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei
deputati;
Considerato che le competenti commissioni del Senato non hanno espresso
il parere nel termine prescritto;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 30 maggio 2008;
Sulla proposta del Ministro per le politiche europee e dei Ministri
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo
economico, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della
giustizia, dell'economia e delle finanze, dell'interno, del lavoro,
della salute e delle politiche sociali e per i rapporti con le regioni;
E m a n a
il seguente decreto legislativo:
Art. 1.
Finalita'
1. Il presente decreto stabilisce le misure, le procedure e le
azioni necessarie per prevenire o per ridurre il piu' possibile
eventuali effetti negativi per l'ambiente, in particolare per l'acqua,
l'aria, il suolo, la fauna, la flora e il paesaggio, nonche' eventuali
rischi per la salute umana, conseguenti alla gestione dei rifiuti
prodotti dalle industrie estrattive.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3 del testo
unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R.
28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle
disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio.
Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui
trascritti.
Per le direttive CEE vengono forniti gli estremi di pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunita' europee (GUCE).
Note alle premesse:
- L'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione
legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, tra l'altro, al Presidente
della Repubblica il potere di promulgare le leggi e di emanare i decreti
aventi valore di legge ed i regolamenti;
- L'art. 1 e l'allegato «B» della legge 6 febbraio 2007, n. 13,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2007, n. 40,
supplemento ordinario, cosi' recitano:
«Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di direttive comunitarie). -
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti
legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle
direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B. Per le
direttive il cui termine di recepimento sia gia' scaduto ovvero scada
nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente
legge, il termine per l'adozione dei decreti legislativi di cui al
presente comma e' ridotto a sei mesi.
2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell'art. 14 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio
dei Ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con
competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i
Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle
finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto
della direttiva.
3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive
comprese nell'elenco di cui all'allegato B, nonche', qualora sia
previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all'attuazione
delle direttive comprese nell'elenco di cui all'allegato A sono
trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge,
alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinche' su di
essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi
quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche
in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere
parlamentare di cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti
dai commi 4 e 9, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei
termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono
prorogati di novanta giorni.
4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive
che comportano conseguenze finanziarie sono corredati dalla relazione
tecnica di cui all'art. 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n.
468, e successive modificazioni. Su di essi e' richiesto anche il parere
delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il
Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con
riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'art. 81, quarto
comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati
dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri
definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che
devono essere espressi entro venti giorni. La procedura di cui al
presente comma si applica in ogni caso per gli schemi dei decreti
legislativi recanti attuazione delle direttive: 2005/32/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/33/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/35/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005; 2005/47/CE del
Consiglio, del 18 luglio 2005; 2005/56/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/61/CE della Commissione, del 30
settembre 2005; 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005;
2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005;
2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005; 2005/81/CE della
Commissione, del 28 novembre 2005; 2005/85/CE del Consiglio, del 1°
dicembre 2005; 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005;
2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006.
5. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei
decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e
criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo puo' emanare,
con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e
correttive dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1, fatto
salvo quanto previsto dal comma 6. 6. Entro tre anni dalla data di
entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, adottati
per il recepimento di direttive per le quali la Commissione europea si
sia riservata di adottare disposizioni di attuazione, il Governo e'
autorizzato, qualora tali disposizioni siano state effettivamente
adottate, a recepirle nell'ordinamento nazionale con regolamento emanato
ai sensi dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e
successive modificazioni, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11
della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e con le procedure ivi previste.
7. In relazione a quanto disposto dall'art. 117, quinto comma, della
Costituzione e dall'art. 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n.
11, si applicano le disposizioni di cui all'art. 11, comma 8, della
medesima legge n. 11 del 2005.
8. Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o piu'
deleghe di cui al comma 1 non risultino ancora esercitate decorsi
quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione,
trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una
relazione che da' conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza
istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo.
Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresi' la
Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di
attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province
autonome nelle materie di loro competenza.
9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di
cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di
decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli
elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni
e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al
Senato della Repubblica. Decorsi trenta giorni dalla data di
trasmissione, i decreti sono adottati anche in mancanza di nuovo
parere.».
.ri: «Allegato B
(Articolo 1, commi 1 e 3)
2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005,
relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche
per la progettazione eco-compatibile dei prodotti che consumano energia
e recante modifica della direttiva 92/42/CEE del Consiglio e delle
direttive 96/57/CE e 2000/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005,
che modifica la direttiva 1999/32/CE in relazione al tenore di zolfo dei
combustibili per uso marittimo.
2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005,
relativa all'inquinamento provocato dalle navi e all'introduzione di
sanzioni per violazioni.
2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l'accordo tra
la Comunita' delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei
lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di
lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilita'
transfrontaliera nel settore ferroviario.
2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005,
relativa alle fusioni transfrontaliere delle societa' di capitali.
2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005, che applica la
direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto
riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilita' e la notifica di
effetti indesiderati ed incidenti gravi.
2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005, recante
applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie
relative ad un sistema di qualita' per i servizi trasfusionali.
2005/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005,
sull'omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro
riutilizzabilita', riciclabilita' e recuperabilita' e che modifica la
direttiva 70/156/CEE del Consiglio.
2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005,
relativa al miglioramento della sicurezza dei porti.
2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura
specificamente concepita per l'ammissione di cittadini di paesi terzi a
fini di ricerca scientifica.
2005/81/CE della Commissione, del 28 novembre 2005, che modifica la
direttiva 80/723/CEE relativa alla trasparenza delle relazioni
finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche nonche' fra
determinate imprese.
2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per
le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e
della revoca dello status di rifugiato.
2005/89/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006,
concernente misure per la sicurezza dell'approvvigionamento di
elettricita' e per gli investimenti nelle infrastrutture.
2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativa a misure
comunitarie di lotta contro l'influenza aviaria e che abroga la
direttiva 92/40/CEE.
2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006,
relativa alla gestione della qualita' delle acque di balneazione e che
abroga la direttiva 76/160/CEE.
2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006,
relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che
modifica la direttiva 2004/35/CE.
2006/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006,
concernente la licenza comunitaria dei controllori del traffico aereo.
2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006,
riguardante la conservazione di dati generati o trattati nell'ambito
della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al
pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la
direttiva 2002/58/CE.
2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006,
sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici
(radiazioni ottiche artificiali) (diciannovesima direttiva particolare
ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE).
2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006,
concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi
energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del
Consiglio.
2006/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006,
che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico
di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso
di alcune infrastrutture.
2006/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006,
relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (rifusione).
2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006,
relativa all'accesso all'attivita' degli enti creditizi ed al suo
esercizio (rifusione).
2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006,
relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e
degli enti creditizi (rifusione).
2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006,
riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunita' e della
parita' di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e
impiego (rifusione).».
- La direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 2006, n. L 102.
Art. 2.
Ambito di applicazione
1. Il presente decreto si applica alla gestione dei rifiuti di
estrazione come definiti all'articolo 3, comma 1, lettera d),
all'interno del sito di cui all'articolo 3, comma 1, lettera hh), e
nelle strutture di deposito di cui all'articolo 3, comma 1, lettera r).
2. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente decreto e
rimangono assoggettati alla disciplina settoriale in vigore:
a) i rifiuti che non derivano direttamente da operazioni di prospezione
o di ricerca, di estrazione e di trattamento di risorse minerali e dallo
sfruttamento delle cave, quali, ad esempio, i rifiuti alimentari, gli
oli usati, i veicoli fuori uso, le batterie e gli accumulatori usati;
b) i rifiuti derivanti dalle attivita' di prospezione o di ricerca, di
estrazione e di trattamento in offshore delle risorse minerali;
c) l'inserimento di acque e il reinserimento di acque sotterranee quali
definiti all'articolo 104, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, di seguito denominato:
«decreto legislativo n. 152 del 2006», nei limiti autorizzati da tale
articolo;
d) i rifiuti radioattivi ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995,
n. 230, e successive modificazioni.
3. Ai rifiuti inerti e alla terra non inquinata derivanti dalle
operazioni di prospezione o di ricerca, di estrazione, di trattamento e
di stoccaggio delle risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave,
nonche' ai rifiuti derivanti dalle operazioni di estrazione, di
trattamento e di stoccaggio della torba non si applicano gli articoli 7,
8, 11, commi 1 e 6(*), 12, 13, comma 6, 14 e 16, a meno che detti rifiuti
siano stoccati in una struttura di deposito dei rifiuti di categoria A.
4. L'autorita' competente puo' ridurre gli obblighi di cui agli articoli
7, 8, 11, commi 1 e 6(*), 12, 13, comma 6, 14 e 16 o derogarvi nel caso di
deposito di rifiuti non pericolosi derivanti dalla prospezione e dalla
ricerca di risorse minerali, esclusi gli idrocarburi e gli evaporiti
diversi dal gesso e dall'anidride, purche' ritenga soddisfatti i
requisiti di cui all'articolo 4.
5. L'autorita' competente puo', sulla base di una valutazione tecnica
specifica, ridurre gli obblighi di cui agli articoli 11, comma 6, 12,
commi 4 e 5, e 13, comma 6(*), o derogarvi nel caso di rifiuti non inerti
non pericolosi, a meno che siano stoccati in una struttura di deposito
di categoria A.
6. Ai rifiuti disciplinati dal presente decreto non si applicano le
disposizioni di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
(*) Comma così
modificato dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Note all'art. 2:
- L'art. 104, commi 2, 3 e 4 del decreto legislativo del 3 aprile 2006,
n. 152, recante norme in materia di ambiente e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 14 aprile 2006, n. 88, supplemento ordinario, cosi'
recita:
«Art. 104 (Scarichi nel sottosuolo e nelle acque
sotterranee). - 1. (Omissis).
2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita' competente, dopo
indagine preventiva, puo' autorizzare gli scarichi nella stessa falda
delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di
infiltrazione di miniere o cave o delle acque pompate nel corso di
determinati lavori di ingegneria civile, ivi comprese quelle degli
impianti di scambio termico.
3. In deroga a quanto previsto dal comma 1, il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio, d'intesa con il Ministro delle attivita'
produttive per i giacimenti a mare ed anche con le regioni per i
giacimenti a terra, puo' altresi' autorizzare lo scarico di acque
risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unita' geologiche
profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti, oppure in
unita' dotate delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano
contenuto idrocarburi, indicando le modalita' dello scarico. Lo scarico
non deve contenere altre acque di scarico o altre sostanze pericolose
diverse, per qualita' e quantita', da quelle derivanti dalla separazione
degli idrocarburi. Le relative autorizzazioni sono rilasciate con la
prescrizione delle precauzioni tecniche necessarie a garantire che le
acque di scarico non possano raggiungere altri sistemi idrici o nuocere
ad altri ecosistemi.
4. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorita' competente, dopo
indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di
sostanze estranee, puo' autorizzare gli scarichi nella stessa falda
delle acque utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti,
purche' i relativi fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed
inerti naturali ed il loro scarico non comporti danneggiamento alla
falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia regionale per la protezione
dell'ambiente (ARPA) competente per territorio, a spese del soggetto
richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche quantitative e
qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la falda,
esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione
allo scarico.».
- Il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, recante attuazione delle
direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom
in materia di radiazioni ionizzanti, e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 13 giugno 1995, n. 136, supplemento ordinario.
- Il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, recante «Attuazione
della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti» e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 marzo 2003, n. 59,
supplemento ordinario.
Art. 3.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) rifiuto: la definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a),
del decreto legislativo n. 152 del 2006;
b) rifiuto pericoloso: la definizione di cui all'articolo 184, comma 5,
del decreto legislativo n. 152 del 2006;
c) rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione
fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si
dissolvono, non bruciano ne' sono soggetti ad altre reazioni fisiche o
chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre
materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento
ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a
percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonche' l'ecotossicita'
dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non
danneggiare la qualita' delle acque superficiali e sotterranee;
d) rifiuti di estrazione: rifiuti derivanti dalle attivita' di
prospezione o di ricerca, di estrazione, di trattamento e di ammasso di
risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave;
e) terra non inquinata: terra ricavata dallo strato piu' superficiale
del terreno durante le attivita' di estrazione e non inquinata, ai sensi
di quanto stabilito all'articolo 186 decreto legislativo n. 152 del
2006;
f) risorsa minerale o minerale: un deposito naturale nella crosta
terrestre di sostanze organiche o inorganiche, quali combustibili
energetici, minerali metallici, minerali industriali e minerali per
l'edilizia, esclusa l'acqua;
g) industrie estrattive: tutti gli stabilimenti e le imprese impegnati
nell'estrazione, superficiale o sotterranea, di risorse minerali a fini
commerciali, compresa l'estrazione per trivellazione o il trattamento
del materiale estratto;
h) offshore: la zona del mare e del fondo marino che si estende dalla
linea di bassa marea delle maree ordinarie o medie verso l'esterno;
i) trattamento: il processo o la combinazione di processi meccanici,
fisici, biologici, termici o chimici svolti sulle risorse minerali,
compreso lo sfruttamento delle cave, al fine di estrarre il minerale,
compresa la modifica delle dimensioni, la classificazione, la
separazione e la lisciviazione, e il ritrattamento di rifiuti di
estrazione precedentemente scartati; sono esclusi la fusione, i processi
di lavorazione termici (diversi dalla calcinazione della pietra
calcarea) e le operazioni metallurgiche;
l) sterili: il materiale solido o i fanghi che rimangono dopo il
trattamento dei minerali per separazione (ad esempio: frantumazione,
macinazione, vagliatura, flottazione e altre tecniche fisico-chimiche)
per ricavare i minerali pregiati dalla roccia meno pregiata;
m) cumulo: una struttura attrezzata per il deposito dei rifiuti di
estrazione solidi in superficie;
n) diga: una struttura attrezzata, progettata per contenere o confinare
l'acqua e/o i rifiuti di estrazione all'interno di un bacino di
decantazione;
o) bacino di decantazione: una struttura naturale o attrezzata per lo
smaltimento di rifiuti di estrazione fini, in genere gli sterili,
nonche' quantitativi variabili di acqua allo stato libero derivanti dal
trattamento delle risorse minerali e dalla depurazione e dal riciclaggio
dell'acqua di processo;
p) cianuro dissociabile con un acido debole: il cianuro e i suoi
composti che si dissociano con un acido debole ad un pH determinato;
q) percolato: qualsiasi liquido che filtra attraverso i rifiuti di
estrazione depositati e che viene emesso dalla struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione o vi e' contenuto, compreso il drenaggio
inquinato, che possa avere effetti negativi per l'ambiente se non viene
trattato adeguatamente;
r) struttura di deposito dei rifiuti di estrazione: qualsiasi area
adibita all'accumulo o al deposito di rifiuti di estrazione, allo stato
solido o liquido, in soluzione o in sospensione. Tali strutture
comprendono una diga o un'altra struttura destinata a contenere,
racchiudere, confinare i rifiuti di estrazione o svolgere altre funzioni
per la struttura, inclusi, in particolare, i cumuli e i bacini di
decantazione; sono esclusi i vuoti e volumetrie prodotti dall'attivita'
estrattiva dove vengono risistemati i rifiuti di estrazione, dopo
l'estrazione del minerale, a fini di ripristino e ricostruzione. In
particolare, ricadono nella definizione:
1) le strutture di deposito dei rifiuti di estrazione di categoria A e
le strutture per i rifiuti di estrazione caratterizzati come pericolosi
nel piano di gestione dei rifiuti di estrazione;
2) le strutture per i rifiuti di estrazione pericolosi generati in modo
imprevisto, dopo un periodo di accumulo o di deposito di rifiuti di
estrazione superiore a sei mesi;
3) le strutture per i rifiuti di estrazione non inerti non pericolosi,
dopo un periodo di accumulo o di deposito di rifiuti di estrazione
superiore a un anno;
4) le strutture per la terra non inquinata, i rifiuti di estrazione non
pericolosi derivanti dalla prospezione o dalla ricerca, i rifiuti
derivanti dalle operazioni di estrazione, di trattamento e di stoccaggio
della torba nonche' i rifiuti di estrazione inerti, dopo un periodo di
accumulo o di deposito di rifiuti di estrazione superiore a tre anni;
s) incidente rilevante: un evento avvenuto nel sito nel corso di
un'operazione concernente la gestione dei rifiuti di estrazione in uno
stabilimento contemplato dal presente decreto che dia luogo ad un
pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o l'ambiente
all'interno o all'esterno del sito;
t) sostanza pericolosa: una sostanza, una miscela o un preparato
pericoloso ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, o del decreto
legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni;
u) migliori tecniche disponibili: le tecniche definite all'articolo 2,
comma 1, lettera o), del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59;
v) corpo idrico recettore: le acque costiere, le acque sotterranee, le
acque di superficie, le acque di transizione, come definite nella parte
terza del decreto n. 152 del 2006;
z) ripristino: il trattamento del terreno che abbia subito un impatto
dalla struttura di deposito dei rifiuti di estrazione, al fine di
ripristinare uno stato soddisfacente del terreno, in particolare
riguardo alla qualita' del suolo, alla flora e alla fauna selvatiche,
agli habitat naturali, ai sistemi delle acque dolci, al paesaggio e agli
opportuni utilizzi benefici;
aa) prospezione o ricerca: la ricerca di depositi minerali di valore
economico, compreso il prelievo di campioni, il campionamento di massa,
le perforazioni e lo scavo di fosse, esclusi i lavori necessari allo
sviluppo di tali depositi e le attivita' direttamente connesse con
un'operazione estrattiva esistente;
bb) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della
legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le
organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone;
cc) pubblico interessato: il pubblico che subisce o puo' subire gli
effetti dei processi decisionali in materia ambientale di cui agli
articoli 6 e 7 o che ha un interesse da far valere in tali processi; ai
fini della presente definizione, si considerano titolari di tali
interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela
dell'ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dalle norme
vigenti;
dd) operatore: il titolare di cui all'articolo 2 del decreto legislativo
25 novembre 1996, n. 624, e successive modificazioni, di seguito
denominato: «decreto legislativo n. 624 del 1996», o la diversa persona
fisica o giuridica incaricata della gestione dei rifiuti di estrazione,
compresi il deposito temporaneo dei rifiuti di estrazione e le fasi
operative e quelle successive alla chiusura;
ee) detentore dei rifiuti: chi produce i rifiuti di estrazione o la
persona fisica o giuridica che ne e' in possesso;
ff) persona competente: il direttore responsabile di cui all'articolo 6
del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, come
modificato dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 624 del 1996, o
altra persona fisica che dispone delle conoscenze tecniche e della
necessaria esperienza incaricata dal direttore responsabile;
gg) autorita' competente: l'autorita' definita dal regio decreto 29
luglio 1927, n. 1443, e dagli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente
della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e secondo il conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti
locali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616, e al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonche' dalle
singole leggi regionali sulle attivita' estrattive;
hh) sito: l'area del cantiere o dei cantieri estrattivi come individuata
e perimetrata nell'atto autorizzativo e gestita da un operatore. Nel
caso di miniere, il sito comprende le relative pertinenze di cui
all'articolo 23 del regio decreto n. 1443 del 1927, all'articolo 1 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 e all'articolo 1
del decreto legislativo n. 624 del 1996;
ii) modifiche sostanziali: modifiche strutturali o operative, comprese
le variazioni del tipo di rifiuto depositato, di una struttura di
deposito dei rifiuti di estrazione che, secondo l'autorita' competente,
potrebbero avere effetti negativi significativi per la salute umana o
per l'ambiente.
Note all'art. 3:
- L'art. 183, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
cosi' recita:
«Art. 183 (Definizioni). - 1. Ai fini della parte quarta del presente
decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle
disposizioni speciali, si intende per:
a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie
riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto e di
cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;
b) produttore: la persona la cui attivita' ha prodotto rifiuti cioe' il
produttore iniziale e la persona che ha effettuato operazioni di
pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la
natura o la composizione di detti rifiuti;
c) detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto che li detiene;
d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei
rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonche' il
controllo delle discariche dopo la chiusura;
e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento
dei rifiuti per il loro trasporto;
f) raccolta differenziata: la raccolta idonea, secondo criteri di
economicita', efficacia, trasparenza ed efficienza, a raggruppare i
rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, al momento della
raccolta o, per la frazione organica umida, anche al momento del
trattamento, nonche' a raggruppare i rifiuti di imballaggio
separatamente dagli altri rifiuti urbani, a condizione che tutti i
rifiuti sopra indicati siano effettivamente destinati al recupero;
g) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente
una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di
raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla
parte quarta del presente decreto;
h) recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie
prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti
meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la
selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C
alla parte quarta del presente decreto;
i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o piu' edifici o stabilimenti o
siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area
delimitata in cui si svolgono le attivita' di produzione dalle quali
sono originati i rifiuti;
l) stoccaggio: le attivita' di smaltimento consistenti nelle operazioni
di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'Allegato B
alla parte quarta del presente decreto, nonche' le attivita' di recupero
consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al
punto R13 dell'Allegato C alla medesima parte quarta;
m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima
della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti
condizioni:
1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine,
policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantita' superiore a
2,5 parti per milione (ppm), ne' policlorobifenile e policlorotrifenili
in quantita' superiore a 25 parti per milione (ppm);
2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di
recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalita'
alternative, a scelta del produttore, con cadenza almeno trimestrale,
indipendentemente dalle quantita' in deposito; quando il quantitativo di
rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso
di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non
pericolosi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti
pericolosi non superi i 10 metri cubi l'anno e il quantitativo di
rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito
temporaneo non puo' avere durata superiore ad un anno;
3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee
di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche', per i
rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il
deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e
l'etichettatura delle sostanze pericolose;
5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di
concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le
modalita' di gestione del deposito temporaneo;
n) frazione umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di
umidita', proveniente da raccolta differenziata o selezione o
trattamento dei rifiuti urbani;
o) frazione secca: rifiuto a bassa putrescibilita' e a basso tenore di
umidita' proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento
dei rifiuti urbani, avente un rilevante contenuto energetico;
p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei
quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'art. 183, comma
1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e
condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato
alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della
produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di
produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3)
soddisfino requisiti merceologici e di qualita' ambientale idonei a
garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti
ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli
autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4)
non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a
trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di
qualita' ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin
dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato;
q) materia prima secondaria: sostanza o materia avente le
caratteristiche stabilite ai sensi dell'art. 181-bis;
r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla
base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed
integrazioni, come RDF di qualita' normale, che e' ottenuto dai rifiuti
urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a
garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonche' a
ridurre e controllare: 1) il rischio ambientale e sanitario; 2) la
presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e
il contenuto di umidita'; 3) la presenza di sostanze pericolose, in
particolare ai fini della combustione;
s) combustibile da rifiuti di qualita' elevata (CDR-Q): il combustibile
classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive
modifiche ed integrazioni, come RDF di qualita' elevata;
t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione
organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche
finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela
ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di
qualita';
u) compost di qualita': prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti
organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le
caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo n. 217
del 2006 e successive modifiche e integrazioni;
z) scarichi idrici: le immissioni di acque reflue di cui all'art. 74,
comma 1, lettera ff);
aa) inquinamento atmosferico: ogni modifica atmosferica di cui all'art.
268, lettera a);
bb) gestione integrata dei rifiuti: il complesso delle attivita' volte
ad ottimizzare la gestione dei rifiuti, come definita alla lettera d),
ivi compresa l'attivita' di spazzamento delle strade;
cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita, senza ulteriori
oneri a carico della finanza pubblica, per l'attivita' di raccolta
mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee
conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e
trattamento. La disciplina dei centri di raccolta e' data con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni, citta' e autonomie
locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
dd) spazzamento delle strade: modalita' di raccolta dei rifiuti su
strada.».
- L'art. 184, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
cosi' recita:
«5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come
tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla
parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I
alla medesima parte quarta.».
- L'art. 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cosi'
recita:
«Art. 186 (Terre e rocce da scavo). - 1. Le terre e rocce da scavo,
anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate
all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati
non costituiscono rifiuti e sono, percio', esclusi dall'ambito di
applicazione della parte quarta del presente decreto solo nel caso in
cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze
inquinanti derivanti dalle attivita' di escavazione, perforazione e
costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo
le modalita' previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto
ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione
di impatto ambientale, secondo le modalita' previste nel progetto
approvato dall'autorita' amministrativa competente, ove cio' sia
espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle
province autonome per la protezione dell'ambiente, sempreche' la
composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di
inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e
dal decreto di cui al comma 3.
2. Ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto e' sottoposto
a valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo
produttivo, anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati
a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti
progettualmente previsti.
3. Il rispetto dei limiti di cui al comma 1 puo' essere verificato, in
alternativa agli accertamenti sul sito di produzione, anche mediante
accertamenti sui siti di deposito, in caso di impossibilita' di
immediato utilizzo. I limiti massimi accettabili nonche' le modalita' di
analisi dei materiali ai fini della loro caratterizzazione, da eseguire
secondo i criteri di cui all'Allegato 2 del titolo V della parte quarta
del presente decreto, sono determinati con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro novanta
giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto,
salvo limiti inferiori previsti da disposizioni speciali. Sino
all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i valori di
concentrazione limite accettabili di cui all'Allegato 1, tabella 1,
colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n.
471.
4. Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti di cui
al comma 3 deve essere verificato mediante attivita' di
caratterizzazione dei materiali di cui al comma 1, da ripetersi ogni
qual volta si verifichino variazioni del processo di produzione che
origina tali materiali.
5. Per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo
per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione
progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale,
nonche' il riempimento delle cave coltivate, oppure la ricollocazione in
altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorita' amministrativa
competente, qualora cio' sia espressamente previsto, previo, ove il
relativo progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto
ambientale, parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per
la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti
di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalita'
progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato.
6. Qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti
cicli di produzione industriale, le autorita' amministrative competenti
ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli
provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica,
anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva
destinazione all'uso autorizzato dei materiali; a tal fine
l'utilizzatore e' tenuto a documentarne provenienza, quantita' e
specifica destinazione.
7. Ai fini del parere delle Agenzie regionali e delle province autonome
per la protezione dell'ambiente, di cui ai commi 1 e 5, per i progetti
non sottoposti a valutazione di impatto ambientale, alla richiesta di
riutilizzo ai sensi dei commi da 1 a 6 e' allegata una dichiarazione del
soggetto che esegue i lavori ovvero del committente, resa ai sensi
dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445, nella quale si attesta che nell'esecuzione dei lavori non
sono state utilizzate sostanze inquinanti, che il riutilizzo avviene
senza trasformazioni preliminari, che il riutilizzo avviene per una
delle opere di cui ai commi 1 e 5 del presente articolo, come
autorizzata dall'autorita' competente, ove cio' sia espressamente
previsto, e che nel materiale da scavo la concentrazione di inquinanti
non e' superiore ai limiti vigenti con riferimento anche al sito di
destinazione.
8. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato riutilizzo del
materiale di scavo, dovra' anche essere indicato il sito di deposito del
materiale, il quantitativo, la tipologia del materiale ed all'atto del
riutilizzo la richiesta dovra' essere integrata con quanto previsto ai
commi 6 e 7. Il riutilizzo dovra' avvenire entro sei mesi dall'avvenuto
deposito, salvo proroga su istanza motivata dell'interessato.
9. Il parere di cui al comma 5 deve essere reso nel termine perentorio
di trenta giorni, decorsi i quali provvede in via sostitutiva la regione
su istanza dell'interessato.
10. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti
derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava.».
- La legge 29 maggio 1974, n. 256, recante «Classificazione e disciplina
dell'imballaggio e dell'etichettatura delle sostanze e dei preparati
pericolosi», e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 1974,
n. 178.
- Il decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, recante «Attuazione della
direttiva 1999/45/CE e della direttiva 2001/60/CE relative alla
classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati
pericolosi», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2003,
n. 87, supplemento ordinario.
- L'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59,
recante «Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla
prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2005, n. 93, supplemento ordinario,
cosi' recita:
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze
radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli
organismi geneticamente modificati di cui al decreto legislativo 3 marzo
1993, n. 91 e al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92;
b) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di
attivita' umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria,
nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla
qualita' dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali,
oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi
dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;
c) impianto: l'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una o piu'
attivita' elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attivita'
accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attivita' svolte nel
luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento;
d) impianto esistente: un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva
ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o
il provvedimento positivo di compatibilita' ambientale, o per il quale a
tale data erano state presentate richieste complete per tutte le
autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione
che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000;
e) impianto nuovo: un impianto che non ricade nella definizione di
impianto esistente;
f) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o
diffuse dell'impianto, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nel-l'aria,
nell'acqua ovvero nel suolo;
g) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a
determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di
un'emissione che non possono essere superati in uno o piu' periodi di
tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per
determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, segnatamente
quelle di cui all'allegato III. I valori limite di emissione delle
sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni
dall'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate
eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in
acqua, l'effetto di una stazione di depurazione puo' essere preso in
considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione
dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di
protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi
inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle
disposizioni del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e
successive modificazioni;
h) norma di qualita' ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli
obiettivi di qualita', che sussistono in un dato momento in un
determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito
nella normativa vigente in materia ambientale;
i) autorita' competente: il Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio per tutti gli impianti esistenti e nuovi di competenza
statale indicati nell'allegato V o, per gli altri impianti, l'autorita'
individuata, tenendo conto dell'esigenza di definire un unico
procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale,
dalla regione o dalla provincia autonoma;
l) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza
l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni
che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del
presente decreto. Un'autorizzazione integrata ambientale puo' valere per
uno o piu' impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso
sito e gestiti dal medesimo gestore;
m) modifica dell'impianto: una modifica delle sue caratteristiche o del
suo funzionamento ovvero un suo potenziamento che possa produrre
conseguenze sull'ambiente;
n) modifica sostanziale: una modifica dell'impianto che, secondo un
parere motivato dell'autorita' competente, potrebbe avere effetti
negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente. In
particolare, per ciascuna attivita' per la quale l'allegato I indica
valori di soglia, e' sostanziale una modifica che dia luogo ad un
incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari
o superiore al valore della soglia stessa;
o) migliori tecniche disponibili: la piu' efficiente e avanzata fase di
sviluppo di attivita' e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneita'
pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la
base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove cio'
si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e
l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori
tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi
di cui all'allegato IV. Si intende per:
1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalita' di
progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura
dell'impianto;
2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta
l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide
nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo, in
considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che
siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purche' il
gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
3) migliori: le tecniche piu' efficaci per ottenere un elevato livello
di protezione dell'ambiente nel suo complesso;
p) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce
l'impianto;
q) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche, nonche', ai sensi
della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le
organizzazioni o i gruppi di tali persone;
r) pubblico interessato: il pubblico che subisce o puo' subire gli
effetti dell'adozione di una decisione relativa al rilascio o
all'aggiornamento di una autorizzazione o delle condizioni di
autorizzazione, o che ha un interesse rispetto a tale decisione; ai fini
della presente definizione le organizzazioni non governative che
promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di
diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.».
- Il testo dell'art. 2 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624,
recante «Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e
salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e
della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei
lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee»,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 1996, n. 293,
supplemento ordinario, cosi' recita:
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al
presente decreto si intendono per:
a) luogo di lavoro: ogni luogo destinato ai posti di lavoro ove si
svolgono le attivita' di cui all'art. 1, compresi gli alloggi a cui i
lavoratori hanno accesso nell'ambito del loro lavoro, la viabilita'
interna a servizio dell'attivita' stessa, le discariche, nonche' le
altre aree di deposito, con l'esclusione, per le attivita' condotte
mediante perforazione, delle aree di magazzinaggio e deposito non
direttamente connesse alle attivita' stesse;
b) titolare: l'imprenditore di miniera o cava, o il titolare di permesso
di prospezione o di ricerca o di concessione di coltivazione o di
autorizzazione di cava;
c) sorvegliante: persona, in possesso delle capacita' e delle competenze
necessarie, designato dal titolare per la sorveglianza sul luogo di
lavoro occupato da lavoratori.».
- Il testo dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 9
aprile 1959, n. 128, recante «Norme di polizia delle miniere e delle
cave», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 1959, n. 87,
supplemento ordinario, cosi' recita:
«Art. 6. - Il titolare deve nominare un direttore responsabile in
possesso delle capacita' e delle competenze necessarie all'esercizio di
tale incarico sotto la cui responsabilita' ricadono costantemente i
luoghi di lavoro.
Spetta al direttore responsabile l'obbligo di osservare e far osservare
le disposizioni normative e regolamentari in materia di tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori.».
- Il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, recante «Norme di carattere
legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere
nel Regno» e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 agosto 1927, n.
194.
- Gli articoli 4 e 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica
9 aprile 1959, n. 128, cosi' recitano:
«Art. 4. - La vigilanza sull'applicazione delle norme del presente
decreto spetta al Ministero dell'industria e del commercio che la
esercita a mezzo dei prefetti e del Corpo delle miniere. L'ingegnere
capo del distretto minerario e l'ingegnere capo della sezione
dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (che
nel testo saranno indicati con la denominazione di «ingegnere capo»)
provvedono alle attivita' di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di
tutela dell'igiene del lavoro negli impianti e nella lavorazioni
soggetti alle norme di polizia delle miniere, avvalendosi per le
incombenze di ordine igienico-sanitario dei medici delle unita'
sanitarie locali di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e
successive modificazioni ed integrazioni. I sanitari suddetti non
possono rifiutare la loro opera e gli Enti, da cui i sanitari stessi
dipendono, sono tenuti ad agevolare all'ingegnere capo l'esecuzione dei
compiti predetti.».
«Art. 5. - Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, i medici
nell'espletamento dei compiti loro affidati ai sensi dell'articolo
precedente, e, quando appositamente incaricati dal Ministro per
l'industria ed il commercio, i geologi e i chimici del Corpo stesso
hanno diritto di visitare le miniere e le cave. I direttori delle
miniere e delle cave e il personale dipendente hanno l'obbligo di
agevolare tali visite e, quando richiesti, devono fornire ai suddetti
funzionari le notizie ed i dati necessari.
Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, nei limiti del
servizio cui sono destinati e secondo le attribuzioni ad essi conferite
dal presente decreto, sono ufficiali di polizia giudiziaria.
Nell'esercizio delle loro funzioni gli ingegneri ed i periti del Corpo
delle miniere hanno facolta' di richiedere l'assistenza della Forza
pubblica.».
- Il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616,
recante «Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio
1975, n. 382», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1977, n.
234, supplemento ordinario.
- Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di
funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti
locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 aprile 1998, n. 92,
supplemento ordinario.
- L'art. 23 del citato regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, cosi'
recita:
«Art. 23. - Sono pertinenze della miniera gli edifici, gli impianti
fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonche' i macchinari, gli
apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le
opere e gli impianti destinati all'arricchimento del minerale.
Sono considerati come mobili i materiali estratti, le provviste, gli
arredi.».
- L'art. 1 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile
1959, n. 128, cosi' recita:
«Art. 1. - Le norme di polizia delle miniere e delle cave provvedono a
tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ad assicurare il
regolare svolgimento delle lavorazioni nel rispetto della sicurezza dei
terzi e delle attivita' di preminente interesse generale ed a garantire
il buon governo dei giacimenti minerari in quanto appartenenti al
patrimonio dello Stato.
Tali norme si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze
minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie,
esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca e delle
concessioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della
miniera ai sensi dell'art. 23 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443,
anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei
prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti
dai piazzali.
Non sono soggetti alle disposizioni del presente decreto:
a) i lavori negli stabilimenti non compresi nel ciclo produttivo
minerario aventi per oggetto la utilizzazione dei prodotti minerari;
b) le escavazioni di sabbie e ghiaie effettuate in base ad
autorizzazione dei competenti organi dello Stato nell'alveo dei corsi
d'acqua e nelle spiagge del mare e dei laghi, sempre che i giacimenti di
tali sabbie e ghiaie non formino oggetto di permesso di ricerca o
concessione ai sensi del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443,
modificato con la legge 7 novembre 1941, n. 1360. Nulla e' innovato
circa la competenza del Ministero dell'interno in materia di tutela
della pubblica incolumita' ai sensi del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773,
e del relativo regolamento di esecuzione 6 maggio 1940, numero 635.».
- L'art. 1 del citato decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624,
cosi' recita:
«Art. 1 (Attivita' soggette). - 1. Il presente decreto legislativo
prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute dei
lavoratori durante il lavoro nelle attivita' estrattive di sostanze
minerali di prima e di seconda categoria, cosi' come definite dall'art.
2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche.
2. Le norme del presente decreto si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze
minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie,
esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni
o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della
miniera ai sensi dell'art. 23 del regio decreto n. 1443 del 1927, anche
se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei
prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti
dai piazzali;
e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio
degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare
territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree
sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato.
3. Per quanto non diversamente disposto, o modificato dal presente
decreto, si applicano le norme di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive modifiche, e al decreto
del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, e successive
modifiche, all'art. 11 della legge 30 luglio 1990, n. 221, al decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto
legislativo 19 marzo 1996, n. 242, di seguito complessivamente
denominato decreto legislativo n. 626 del 1994.
4. Le disposizioni del presente decreto si applicano, nelle regioni a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano,
compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di
attuazione.».
Art. 4.
Disposizioni generali
1. L'abbandono, lo scarico, il deposito e lo smaltimento
incontrollati dei rifiuti di estrazione sul suolo, nel suolo e nelle
acque superficiali e sotterranee sono vietati.
2. I cumuli, le dighe, i bacini di decantazione e le strutture di
deposito dei rifiuti di estrazione sono progettati, realizzati,
attrezzati, resi operativi, utilizzati, mantenuti in efficienza e
gestiti senza pericolo per la salute umana, senza usare procedimenti o
metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente ed, in
particolare, senza creare rischi per l'acqua, per l'aria, per il suolo,
per la fauna e per la flora, senza causare inconvenienti da rumori o
odori e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare
interesse.
3. L'operatore pianifica l'attivita' di gestione dei rifiuti di
estrazione al fine di:
a) impedirne o ridurne, il piu' possibile, gli effetti negativi per
l'ambiente e la salute umana;
b) prevenire incidenti rilevanti connessi alla struttura e limitare le
conseguenze per l'ambiente e la salute umana;
c) gestire qualsiasi struttura di deposito dei rifiuti di estrazione
anche dopo la chiusura nel rispetto di quanto riportato alle lettere a)
e b), fino al rilascio del sito in conformita' a quanto previsto dal
piano di gestione di cui all'articolo 5.
4. L'operatore applica le misure di cui ai commi 2 e 3 basandosi, tra
l'altro, sulle migliori tecniche disponibili, tenendo conto delle
caratteristiche tecniche della struttura di deposito, della sua
ubicazione geografica e delle condizioni ambientali locali.
Art. 5.
Piano di gestione dei rifiuti di estrazione
1. L'operatore elabora un piano di gestione dei rifiuti di
estrazione per la riduzione al minimo, il trattamento, il recupero e lo
smaltimento dei rifiuti stessi, nel rispetto del principio dello
sviluppo sostenibile.
2. Il piano di gestione di cui al comma 1 e' volto a:
a) prevenire o ridurre la produzione di rifiuti di estrazione e la loro
pericolosita', in particolare:
1) tenendo conto della gestione dei rifiuti di estrazione nella fase di
progettazione e nella scelta del metodo di estrazione e di trattamento
dei minerali;
2) tenendo conto delle modifiche che i rifiuti di estrazione possono
subire a seguito dell'aumento della superficie e dell'esposizione a
particolari condizioni esterne;
3) prevedendo la possibilita' di ricollocare i rifiuti di estrazione nei
vuoti e volumetrie prodotti dall'attivita' estrattiva dopo l'estrazione
del minerale, se l'operazione e' fattibile dal punto di vista tecnico e
economico e non presenta rischi per l'ambiente, conformemente alle norme
ambientali vigenti e, ove pertinenti, alle prescrizioni del presente
decreto;
4) ripristinando il terreno di copertura dopo la chiusura della
struttura di deposito dei rifiuti di estrazione o, se non fosse
possibile sotto il profilo pratico, riutilizzando tale terreno altrove;
5) impiegando sostanze meno pericolose per il trattamento delle risorse
minerali;
b) incentivare il recupero dei rifiuti di estrazione attraverso il
riciclaggio, il riutilizzo o la bonifica dei rifiuti di estrazione
interessati, se queste operazioni non comportano rischi per l'ambiente,
conformemente alle norme ambientali vigenti e, ove pertinenti, alle
prescrizioni del presente decreto;
c) assicurare lo smaltimento sicuro dei rifiuti di estrazione a breve e
lungo termine, in particolare tenendo conto, nella fase di
progettazione, della gestione durante il funzionamento e dopo la
chiusura di una struttura di deposito dei rifiuti di estrazione e
scegliendo un progetto che:
1) preveda, dopo la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti di
estrazione, la necessita' minima e infine nulla del monitoraggio, del
controllo e della gestione di detta struttura;
2) prevenga, o quanto meno riduca al minimo, eventuali effetti negativi
a lungo termine, per esempio riconducibili alla fuoriuscita di
inquinanti, trasportati dall'aria o dall'acqua, dalla struttura di
deposito dei rifiuti di estrazione;
3) garantisca la stabilita' geotecnica a lungo termine di dighe o di
cumuli che sorgano sulla superficie preesistente del terreno.
3. Il piano di gestione di cui al comma 1 contiene almeno i seguenti
elementi:
a) la caratterizzazione dei rifiuti di estrazione a norma dell'allegato
I e una stima del quantitativo totale di rifiuti di estrazione che
verranno prodotti nella fase operativa;
b) la descrizione delle operazioni che producono tali rifiuti e degli
eventuali trattamenti successivi a cui questi sono sottoposti;
c) la classificazione proposta per la struttura di deposito dei rifiuti
di estrazione conformemente ai criteri previsti all'allegato II ed in
particolare:
1) se e' necessaria una struttura di deposito di categoria A, al piano
deve essere allegato in copia il documento di sicurezza e salute redatto
ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 624 del
1996, integrato secondo quanto indicato all'articolo 6, comma 3, del
presente decreto;
2) se l'operatore ritiene che non sia necessaria una struttura di
deposito di categoria A, sufficienti informazioni che giustifichino tale
scelta, compresa l'individuazione di eventuali rischi di incidenti;
d) la descrizione delle modalita' in cui possono presentarsi gli effetti
negativi sull'ambiente e sulla salute umana a seguito del deposito dei
rifiuti di estrazione e delle misure preventivi da adottare al fine di
ridurre al minimo l'impatto ambientale durante il funzionamento e dopo
la chiusura, compresi gli aspetti di cui all'articolo 11, comma 3,
lettere a), b), d) ed e);
e) le procedure di controllo e di monitoraggio proposte ai sensi
dell'articolo 10, se applicabile, e 11, comma 3, lettera c);
f) il piano proposto per la chiusura, comprese le procedure connesse al
ripristino e alla fase successiva alla chiusura ed il monitoraggio di
cui all'articolo 12;
g) le misure per prevenire il deterioramento dello stato dell'acqua
conformemente alle finalita' stabilite dal decreto legislativo n. 152
del 2006, parte terza, sezione II, titolo I e per prevenire o ridurre al
minimo l'inquinamento dell'atmosfera e del suolo ai sensi dell'articolo
13;
h) la descrizione dell'area che ospitera' la struttura di deposito di
rifiuti di estrazione, ivi comprese le sue caratteristiche
idrogeologiche, geologiche e geotecniche;
i) l'indicazione delle modalita' in accordo alle quali l'opzione e il
metodo scelti conformemente al comma 2, lettera a), numero 1),
rispondono agli obiettivi di cui al comma 2, lettera a).
4. Il piano di gestione di cui al comma 1 e' modificato se subentrano
modifiche sostanziali nel funzionamento della struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione o nel tipo di rifiuti di estrazione depositati ed
e' comunque riesaminato ogni cinque anni. Le eventuali modifiche sono
notificate all'autorita' competente.
5. Il piano di gestione di cui al comma 1 e' presentato come sezione del
piano globale dell'attivita' estrattiva predisposto al fine
dell'ottenimento dell'autorizzazione all'attivita' estrattiva stessa da
parte dell'autorita' competente. A condizione che vengano rispettate
tutte le disposizioni dei commi da 1 a 4, qualora le informazioni di cui
al comma 3 siano state fornite in altri piani predisposti ai sensi della
normativa vigente, l'operatore puo' allegare integralmente o in parte
detti piani, indicando le parti che comprendono dette informazioni.(*)
6. L'autorita' competente approva il piano di cui al comma 1 e le
eventuali modifiche di cui al comma 4 e ne controlla l'attuazione.
(*) Periodo
aggiunto dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Note all'art. 5:
- L'art. 6, comma 1, del citato decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
624, cosi' recita:
«Art. 6 (Documento di sicurezza e di salute). - 1. Per il settore
estrattivo il documento di cui all'art. 4, comma 2, del decreto
legislativo n. 626 del 1994 prende il nome di Documento di Sicurezza e
Salute in appresso denominato "DSS".».
- Per il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si vedano le note
all'art. 2.
Art. 6.
Prevenzione di incidenti rilevanti e informazioni
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle strutture
di deposito dei rifiuti di estrazione di categoria A, ad esclusione
delle strutture che rientrano nell'ambito di applicazione del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni.
2. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo n. 624 del 1996,
l'operatore individua, per le strutture di cui al comma 1, i rischi di
incidenti rilevanti ed adotta, a livello di progettazione, di
costruzione, di funzionamento e di manutenzione, di chiusura e nella
fase successiva alla chiusura delle strutture stesse, le misure
necessarie per prevenire tali incidenti e limitarne le conseguenze
negative per la salute umana e l'ambiente, compresi eventuali impatti
transfrontalieri.
3. Per adempiere agli obblighi di cui al comma 2, l'operatore prima di
iniziare le operazioni e' tenuto a integrare, previa consultazione del
responsabile per la sicurezza, il documento di sicurezza e salute
redatto ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto n. 624 del 1996,
e a mettere in atto un sistema di gestione della sicurezza che lo attui,
in base agli elementi di cui alla parte 1 dell'allegato III.
4. Il documento di cui al comma 3 e' allegato in copia al piano di
gestione dei rifiuti di estrazione di cui all'articolo 5.
5. L'operatore nomina un responsabile per la sicurezza incaricato
dell'attuazione e della sorveglianza periodica della politica di
prevenzione degli incidenti rilevanti.
6. L'operatore e' tenuto a predisporre, previa consultazione del
personale che lavora nello stabilimento, ivi compreso il personale di
imprese appaltatrici a lungo termine, il piano di emergenza interno da
adottare nello stabilimento nei seguenti termini:
a) per le nuove strutture, prima di iniziare l'attivita';
b) per le strutture esistenti, entro un anno dalla data di entrata in
vigore del presente decreto; si considerano esistenti le strutture
autorizzate o gia' in funzione alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
7. Il piano di emergenza interno di cui al comma 6 contiene almeno le
seguenti informazioni:
a) nome e funzione delle persone autorizzate ad attivare le procedure di
emergenza e della persona responsabile dell'applicazione e del
coordinamento delle misure di intervento all'interno del sito;
b) nome e funzione della persona incaricata del collegamento con l'autorita'
responsabile del piano di emergenza esterno;
c) per situazioni o eventi prevedibili che potrebbero avere un ruolo
determinante nel causare un incidente rilevante, descrizione delle
misure da adottare per far fronte a tali situazioni o eventi e per
limitarne le conseguenze; tale descrizione comprende le apparecchiature
di sicurezza e le risorse disponibili;
d) misure atte a limitare i pericoli per le persone presenti nel sito,
compresi sistemi di allarme e le norme di comportamento che le persone
devono osservare al momento dell'allarme;
e) disposizioni per avvisare tempestivamente, in caso di incidente, l'autorita'
incaricata di attivare il piano di emergenza esterno; tipo di
informazione da fornire immediatamente e misure per la comunicazione di
informazioni piu' dettagliate appena disponibili;
f) disposizioni adottate per formare il personale ai compiti che sara'
chiamato a svolgere e, se del caso, coordinamento di tale azione con i
servizi di emergenza esterni;
g) disposizioni per coadiuvare l'esecuzione delle misure di intervento
adottate all'esterno del sito.
8. L'autorita' competente, d'intesa con gli enti locali interessati,
prepara un piano di emergenza esterno, precisando le misure da adottare
al di fuori del sito in caso di incidente. Il piano e' comunicato al
Prefetto competente per territorio che puo' disporre eventuali
modifiche. L'operatore e' tenuto a fornire all'autorita' competente le
informazioni necessarie per preparare tale piano contestualmente alla
presentazione della domanda di autorizzazione della struttura di
deposito dei rifiuti di estrazione.
9. Il piano di emergenza esterno di cui al comma 8 e' predisposto, per
le nuove strutture, entro sei mesi dalla data di inizio dell'attivita'
e, per le strutture esistenti, entro sei mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto. Si considerano esistenti le strutture
autorizzate o gia' in funzione alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
10. L'autorita' competente garantisce, anche attraverso la
pubblicazione nel proprio sito informatico delle informazioni necessarie
per la preparazione del piano di emergenza esterno, la partecipazione
del pubblico interessato alla preparazione o al riesame dello stesso
piano, fornendo al medesimo le informazioni pertinenti, comprese quelle
sul diritto di partecipare al processo decisionale e sull'autorita'
competente alla quale presentare osservazioni e quesiti, ed un periodo
di tempo adeguato, comunque non inferiore a trenta giorni, per esprimere
osservazioni di cui l'autorita' competente deve tenere conto, motivando
le ragioni per le quali intenda, eventualmente, discostarsi.(*)
11. Il piano di emergenza esterno contiene almeno le seguenti
informazioni:
a) nome e funzione delle persone autorizzate ad attivare le procedure di
emergenza e delle persone autorizzate a dirigere e coordinare le misure
di intervento adottate all'esterno del sito;
b) disposizioni adottate per informare tempestivamente degli eventuali
incidenti; modalita' di allarme e richiesta di soccorsi;
c) misure di coordinamento necessarie per l'attuazione del piano di
emergenza esterno;
d) disposizioni adottate per fornire assistenza nella realizzazione
delle misure di intervento predisposte all'interno del sito;
e) misure di intervento da adottare all'esterno del sito;
f) disposizioni adottate per fornire alla popolazione informazioni
specifiche relative all'incidente e al comportamento da adottare.
12. Le informazioni sulle misure di sicurezza da adottare e sulle norme
di comportamento da osservare in caso di incidente, previste dal piano
di emergenza esterno, contenenti almeno gli elementi descritti
nell'allegato III, parte 2, sono fornite dall'autorita' competente alle
persone che possono essere coinvolte. Tali informazioni sono riesaminate
e, se del caso, aggiornate e ridiffuse, almeno ogni tre anni. Esse
devono essere permanentemente a disposizione del pubblico. L'intervallo
massimo di ridiffusione delle informazioni alla popolazione non puo', in
nessun caso, essere superiore a cinque anni.
13. I piani di emergenza di cui ai commi 6 e 8 perseguono i seguenti
obiettivi:
a) limitare e controllare gli incidenti rilevanti e altri incidenti onde
ridurne al minimo gli effetti e, soprattutto, limitare i danni alla
salute umana e all'ambiente;
b) mettere in atto le misure necessarie per tutelare la salute umana e
l'ambiente contro le conseguenze degli incidenti rilevanti e di altri
incidenti;
c) comunicare le informazioni necessarie al pubblico e alle autorita'
interessate;
d) garantire il ripristino, il recupero e il disinquinamento
dell'ambiente dopo un incidente rilevante.
14. I piani di emergenza di cui ai commi 6 e 8 sono riesaminati,
sperimentati e, se necessario, riveduti ed aggiornati, ad intervalli non
superiori a cinque anni e comunque, nel caso di cambiamenti sostanziali,
tenendo conto dei cambiamenti avvenuti nel deposito e nei servizi di
emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle
misure da adottare in caso di incidente rilevante.
15. In caso di incidente rilevante, l'operatore e' tenuto a:
a) adottare le misure previste dal piano di emergenza interno;
b) comunicare all'autorita' competente, non appena ne venga a
conoscenza:
1) le circostanze dell'incidente;
2) le sostanze pericolose presenti;
3) i dati disponibili per valutare le conseguenze dell'incidente sulla
salute umana e sull'ambiente;
4) le misure di emergenza adottate;
5) le informazioni sulle misure previste per limitare gli effetti
dell'incidente a medio e lungo termine ed evitare che esso si riproduca;
c) aggiornare le informazioni fornite, qualora da indagini piu'
approfondite emergessero nuovi elementi che modificano le precedenti
informazioni o le conclusioni tratte.
16. In caso di incidente rilevante, l'autorita' competente e' tenuta a:
a) attivare immediatamente il piano di emergenza esterno e a
garantire che vengano attuate le misure previste dal piano di emergenza
interno ed esterno;
b) comunicare immediatamente al pubblico interessato le informazioni
sull'incidente trasmesse dall'operatore.
(*) Comma così
sostituito dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Note all'art. 6:
- Il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, recante «Attuazione
della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti
rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose» e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 28 settembre 1999, n. 228, supplemento
ordinario.
- Per l'art. 6 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, si
vedano le note all'art. 5.
Art. 7.
Domanda e autorizzazione
1. Le strutture di deposito dei rifiuti di estrazione non possono
operare senza preventiva autorizzazione rilasciata dall'autorita'
competente. L'autorizzazione, rilasciata mediante apposita conferenza di
servizi, contiene gli elementi indicati al comma 2 e indica chiaramente
la categoria a cui appartiene la struttura di deposito dei rifiuti di
estrazione in base ai criteri di cui all'articolo 9.
Purche' vengano rispettate tutte le condizioni del presente articolo,
l'autorizzazione rilasciata ai sensi del decreto legislativo 18 febbraio
2005, n. 59, e' valida ed efficace e tiene luogo della autorizzazione di
cui al presente articolo.
2. La domanda di autorizzazione e' presentata all'autorita' competente e
contiene almeno i seguenti elementi:
a) identita' del richiedente e dell'operatore, se sono diversi;
b) progetto della struttura di deposito dei rifiuti di estrazione,
ubicazione proposta ed eventuali ubicazioni alternative;
c) la descrizione del sito, ivi comprese le caratteristiche
idrogeologiche, geologiche e geotecniche, corredata da un rilevamento
geologico di dettaglio e da una dettagliata indagine stratigrafica
eseguita con prelievo di campioni e relative prove di laboratorio con
riferimento al decreto del Ministro dei lavori pubblici 11 marzo 1988,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno 1988;
d) piano di gestione dei rifiuti di estrazione a norma dell'articolo 5;
e) il piano finanziario che preveda la copertura dei costi derivanti
dalla realizzazione e dall'esercizio della struttura, dei costi stimati
di chiusura, dei costi di gestione post-operativa, nonche' dei costi
connessi alla costituzione della garanzia finanziaria di cui
all'articolo 14;
f) le indicazioni relative alle garanzie finanziarie del richiedente o a
qualsiasi altra garanzia equivalente, ai sensi dell'articolo 14;
g) le informazioni relative alla procedura di valutazione di impatto
ambientale ai sensi della parte seconda del decreto legislativo n. 152
del 2006, qualora la domanda di autorizzazione riguardi un'opera o un'attivita'
sottoposta a tale procedura;
h) le informazioni necessarie per consentire la preparazione del piano
di emergenza esterno.
3. L'autorita' competente rilascia l'autorizzazione solo se ritiene che:
a) l'operatore adempia alle disposizioni pertinenti del presente
decreto;
b) la gestione dei rifiuti di estrazione non sia direttamente in
contrasto o non interferisca altrimenti con l'attuazione del piano
regionale di gestione dei rifiuti di cui all'articolo 199 del decreto
legislativo n. 152 del 2006. A tale fine l'autorita' competente e'
tenuta ad acquisire il parere scritto dell'autorita' regionale
competente in materia di pianificazione sulla gestione dei rifiuti.
4. L'autorizzazione di cui al comma 1 ha validita' pari a quella
relativa all'attivita' estrattiva. Il rinnovo dell'autorizzazione segue
le medesime procedure previste per il rinnovo del titolo di
legittimazione mineraria.
5. Le autorita' competenti riesaminano e aggiornano, ove necessario, le
condizioni dell'autorizzazione:
a) sulla base dei risultati di monitoraggio riferiti dall'operatore ai
sensi dell'articolo 11, comma 6, o delle ispezioni effettuate ai sensi
dell'articolo 17;
b) alla luce dello scambio di informazioni su modifiche sostanziali
nelle migliori tecniche a disposizione organizzato dalla Commissione
europea tra Stati membri e organizzazioni interessate e i cui risultati
sono pubblicati dalla Commissione stessa;
c) qualora si verifichino cambiamenti sostanziali nel funzionamento
della struttura di deposito dei rifiuti di estrazione o nel tipo di
rifiuti di estrazione depositati.
6. Le informazioni contenute in un'autorizzazione rilasciata a norma del
presente articolo sono messe a disposizione delle autorita' competenti
in campo statistico, sia nazionali che comunitarie, se richieste a fini
statistici. Le informazioni sensibili di carattere meramente
commerciale, ad esempio riguardanti il volume delle riserve minerali
economiche, le componenti dei costi e i rapporti commerciali, non sono
rese pubbliche.
Note all'art. 7:
- Per il decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, si vedano le note
all'art. 3.
- Si riporta il testo dell'art. 199 del citato decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152:
«Art. 199 (Piani regionali). - 1. Le regioni, sentite le province, i
comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorita' d'ambito di
cui all'art. 201, nel rispetto dei principi e delle finalita' di cui
agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformita' ai criteri
generali stabiliti dall'art. 195, comma 1, lettera m) ed a quelli
previsti dal presente articolo, predispongono piani regionali di
gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicita' e la massima
partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n.
241.
2. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono misure tese alla
riduzione delle quantita', dei volumi e della pericolosita' dei rifiuti.
3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:
a) le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, nel rispetto
delle disposizioni vigenti in materia, gli impianti per la gestione dei
rifiuti, ad eccezione delle discariche, possono essere localizzati nelle
aree destinate ad insediamenti produttivi;
b) la tipologia ed il complesso degli impianti di smaltimento e di
recupero dei rifiuti urbani da realizzare nella regione, tenendo conto
dell'obiettivo di assicurare la gestione dei rifiuti urbani non
pericolosi all'interno degli ambiti territoriali ottimali di cui
all'art. 200, nonche' dell'offerta di smaltimento e di recupero da parte
del sistema industriale;
c) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul
territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all'art.
195, comma 1, lettera m);
d) il complesso delle attivita' e dei fabbisogni degli impianti
necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di
trasparenza, efficacia, efficienza, economicita' e autosufficienza della
gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli
ambiti territoriali ottimali di cui all'art. 200, nonche' ad assicurare
lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di
produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di
rifiuti;
e) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali
ottimali attraverso una adeguata disciplina delle incentivazioni,
prevedendo per gli ambiti piu' meritevoli, tenuto conto delle risorse
disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a
tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito
fondo;
f) le prescrizioni contro l'inquinamento del suolo ed il versamento nel
terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque
possano incidere sulla qualita' dei corpi idrici superficiali e
sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate ai sensi dell'art.
65, comma 3, lettera f);
g) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei
rifiuti urbani;
h) i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree
non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento
dei rifiuti nonche' per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti
allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui
all'art. 195, comma 1, lettera p);
i) le iniziative dirette a limitare la produzione dei rifiuti ed a
favorire il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti;
l) le iniziative dirette a favorire il recupero dai rifiuti di materiali
e di energia;
m) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta,
della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;
n) i tipi, le quantita' e l'origine dei rifiuti da recuperare o da
smaltire, suddivisi per singolo ambito territoriale ottimale per quanto
riguarda i rifiuti urbani;
o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all'art.
195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per rifiuti di tipo
particolare, comprese quelle di cui all'art. 225, comma 6;
p) i requisiti tecnici generali relativi alle attivita' di gestione dei
rifiuti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria.
4. Il piano regionale di gestione dei rifiuti e' coordinato con gli
altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla
normativa vigente, ove adottati.
5. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la
bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:
a) l'ordine di priorita' degli interventi, basato su un criterio di
valutazione del rischio elaborato dall'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
b) l'individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche
generali degli inquinamenti presenti;
c) le modalita' degli interventi di bonifica e risanamento ambientale,
che privilegino prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da
attivita' di recupero di rifiuti urbani;
d) la stima degli oneri finanziari;
e) le modalita' di smaltimento dei materiali da asportare.
6. L'approvazione del piano regionale o il suo adeguamento e' requisito
necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.
7. La regione approva o adegua il piano entro due anni dalla data di
entrata in vigore della parte quarta del presente decreto; nel
frattempo, restano in vigore i piani regionali vigenti.
8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 e di
accertata inattivita', il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio
diffida gli organi regionali competenti ad adempiere entro un congruo
termine e, in caso di protrazione dell'inerzia, adotta, in via
sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione
del piano regionale.
9. Qualora le autorita' competenti non realizzino gli interventi
previsti dal piano regionale nei termini e con le modalita' stabiliti e
tali omissioni possano arrecare un grave pregiudizio all'attuazione del
piano medesimo, il Ministro dell'ambiente e tutela del territorio
diffida le autorita' inadempienti a provvedere entro un termine non
inferiore a centottanta giorni. Decorso inutilmente detto termine, il
Ministro puo' adottare, in via sostitutiva, tutti i provvedimenti
necessari e idonei per l'attuazione degli interventi contenuti nel
piano. A tal fine puo' avvalersi anche di commissari ad acta».
10. I provvedimenti di cui al comma 9 possono riguardare interventi
finalizzati a:
a) attuare la raccolta differenziata dei rifiuti;
b) provvedere al reimpiego, al recupero e al riciclaggio degli
imballaggi conferiti al servizio pubblico;
c) favorire operazioni di trattamento dei rifiuti urbani ai fini del
riciclaggio e recupero degli stessi;
d) favorire la realizzazione e l'utilizzo di impianti per il recupero
dei rifiuti solidi urbani.
11. Le regioni, sentite le province interessate, d'intesa tra loro o
singolarmente, per le finalita' di cui alla parte quarta del presente
decreto provvedono all'aggiornamento del piano nonche' alla
programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformita' alle
procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.
12. Sulla base di appositi accordi di programma stipulati con il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il
Ministro delle attivita' produttive, d'intesa con la regione
interessata, possono essere autorizzati, ai sensi degli articoli 214 e
216, la costruzione e l'esercizio, oppure il solo esercizio, all'interno
di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero di
rifiuti urbani non previsti dal piano regionale, qualora ricorrano le
seguenti condizioni:
a) siano riciclati e recuperati come materia prima rifiuti provenienti
da raccolta differenziata, sia prodotto composto da rifiuti oppure sia
utilizzato combustibile da rifiuti;
b) siano rispettate le norme tecniche di cui agli articoli 214 e 216;
c) siano utilizzate le migliori tecnologie di tutela dell'ambiente;
d) sia garantita una diminuzione delle emissioni inquinanti.».
Art. 8.
Partecipazione del pubblico
1. L'autorita' competente, entro trenta giorni dal ricevimento
della domanda di autorizzazione o di rinnovo dell'autorizzazione di cui
all'articolo 7, ovvero, in caso di riesame ai sensi dell'articolo 7,
comma 5, contestualmente all'avvio del relativo procedimento, comunica
all'operatore la data di avvio del procedimento ai sensi della legge 7
agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e la sede degli uffici
presso i quali sono depositati i documenti e gli atti del procedimento,
ai fini della consultazione del pubblico. Entro il termine di quindici
giorni dalla data di ricevimento della comunicazione l'operatore
provvede, a sua cura e a sue spese, alla pubblicazione su un quotidiano
a diffusione provinciale o regionale nonche', ove esistente, nel proprio
sito internet, di un annuncio contenente:
a) la domanda di autorizzazione contenente l'indicazione della
localizzazione della struttura di deposito e del nominativo
dell'operatore;
b) informazioni dettagliate sull'autorita' competente responsabile del
procedimento e sugli uffici dove e' possibile prendere visione degli
atti e trasmettere le osservazioni, nonche' i termini per la
presentazione delle stesse;
c) se applicabile, informazioni sulla necessita' di una consultazione
tra Stati membri prima dell'adozione della decisione relativa ad una
domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 16;
d) la natura delle eventuali decisioni;
e) l'indicazione delle date e dei luoghi dove saranno depositate le
informazioni ed i mezzi utilizzati per la divulgazione.(*)
1-bis. L'autorita'
competente mette a disposizione del pubblico interessato, attraverso la
pubblicazione nel proprio sito internet, anche i principali rapporti e
pareri trasmessi all'autorita' competente medesima in merito alla
domanda di autorizzazione, nonche' altre informazioni attinenti alla
domanda di autorizzazione presentate successivamente alla data di
pubblicazione da parte dell'operatore.(**)
1-ter. Le forme di pubblicita' di cui al comma 1 tengono luogo delle
comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni.(**)
2. I soggetti interessati possono presentare in forma scritta
osservazioni all'autorita' competente fino a trenta giorni prima della
conclusione del procedimento autorizzativo. L'operatore provvede ad
informare il pubblico della data di scadenza del termine per la
presentazione delle osservazioni unitamente alla pubblicazione delle
altre informazioni di cui ai commi 1 e 1-bis.(*)
3. Dopo l'adozione della decisione, copia della stessa e di qualsiasi
suo successivo aggiornamento e' messa a disposizione del pubblico presso
gli uffici di cui al comma 1. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese
disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al
procedimento e alle motivazioni sulle quali si e' fondata la decisione,
anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.
(*) Comma così sostituito dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013", pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
(**) Comma aggiunto dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013", pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Note all'art. 8:
- Gli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante «Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso
ai documenti amministrativi», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 18
agosto 1990, n. 19, cosi' recitano:
«Art. 7 (Comunicazione di avvio del procedimento). - 1. Ove non
sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di
celerita' del procedimento, l'avvio del procedimento stesso e'
comunicato, con le modalita' previste dall'art. 8, ai soggetti nei
confronti dei quali il provvedimento finale e' destinato a produrre
effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove
parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da
un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o
facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari,
l'amministrazione e' tenuta a fornire loro, con le stesse modalita',
notizia dell'inizio del procedimento.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1 resta salva la facolta'
dell'amministrazione di adottare, anche prima della effettuazione delle
comunicazioni di cui al medesimo comma 1, provvedimenti cautelari.».
«Art. 8 ( Modalita' e contenuti della comunicazione di avvio del
procedimento). - 1. L'amministrazione provvede a dare notizia dell'avvio
del procedimento mediante comunicazione personale.
2. Nella comunicazione debbono essere indicati:
a) l'amministrazione competente;
b) l'oggetto del procedimento promosso;
c) l'ufficio e la persona responsabile del procedimento;
c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall'art. 2,
commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in
caso di inerzia dell'amministrazione;
c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione
della relativa istanza;
d) l'ufficio in cui si puo' prendere visione degli atti.
3. Qualora per il numero dei destinatari la comunicazione personale non
sia possibile o risulti particolarmente gravosa, l'amministrazione
provvede a rendere noti gli elementi di cui al comma 2 mediante forme di
pubblicita' idonee di volta in volta stabilite dall'amministrazione
medesima.
4. L'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte puo' essere
fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione e'
prevista.».
Art. 9.
Sistema di classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti di
estrazione
1. L'autorita' competente classifica una struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione come appartenente alla categoria A secondo i
criteri fissati nell'Allegato II.
Art. 10.
Vuoti e volumetrie prodotti dall'attivita' estrattiva
1. L'utilizzo, a fini di ripristino e ricostruzione, dei rifiuti di
estrazione per la ripiena di vuoti e volumetrie prodotti dall'attivita'
estrattiva superficiale o sotterranea e' possibile solo qualora:
a) sia garantita la stabilita' dei rifiuti di estrazione ai sensi
dell'articolo 11, comma 3;
b) sia impedito l'inquinamento del suolo e delle acque di superficie e
sotterranee ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 4;
c) sia assicurato il monitoraggio dei rifiuti di estrazione e dei vuoti
e volumetrie prodotti dall'attivita' estrattiva ai sensi dell'articolo
12, commi 3 e 4.
2. Il rispetto delle condizioni di cui al comma 1 deve risultare dal
piano di gestione dei rifiuti di estrazione di cui all'articolo 5,
approvato dall'autorita' competente.
3. Il riempimento dei vuoti e delle volumetrie prodotti dall'attivita'
estrattiva con rifiuti diversi dai rifiuti di estrazione di cui al
presente decreto e' sottoposto alle disposizioni di cui al decreto
legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, relativo alle discariche di rifiuti.
Nota all'art. 10:
- Per il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, si vedano le note
all'art. 2.
Art. 11.
Costruzione e gestione delle strutture di deposito dei rifiuti di
estrazione
1. Il direttore responsabile nominato dal titolare di cui al decreto
legislativo n. 624, del 1996, e' responsabile anche della gestione della
struttura di deposito dei rifiuti di estrazione e garantisce, in
conformita' all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 9
aprile 1959, n. 128, relativamente agli specifici aspetti,
l'aggiornamento tecnico e la formazione del personale.
2. In conformita' all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n.
624 del 1996, il titolare dell'attivita' estrattiva attesta annualmente
che i cumuli, le dighe, i bacini di decantazione e le strutture di
deposito dei rifiuti di estrazione sono progettati, utilizzati e
mantenuti in efficienza in modo sicuro e che e' stata implementata una
politica di prevenzione degli incidenti ed adottato un sistema di
gestione della sicurezza tali da garantire che i rischi per la salute
umana e l'ambiente siano stati eliminati o, ove cio' non sia
praticabile, ridotti al minimo accettabile e adeguatamente tenuti sotto
controllo.
3. Ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 7
l'autorita' competente si accerta che, nella costruzione di una nuova
struttura di deposito dei rifiuti di estrazione o nella modifica di una
struttura esistente, l'operatore garantisca che:
a) la struttura abbia un'ubicazione adeguata, tenuto conto in
particolare degli obblighi comunitari o nazionali in materia di aree
protette, di quelli imposti dalla normativa in materia di tutela dei
beni culturali e del paesaggio, nonche' di fattori geologici,
idrologici, idrogeologici, sismici e geotecnici e sia progettata in modo
da soddisfare, nelle prospettive a breve e lungo termine, le condizioni
necessarie per impedire l'inquinamento del suolo, dell'aria, delle acque
sotterranee o di superficie tenendo conto in particolare delle
disposizioni di cui alla parte terza, sezione II del decreto legislativo
n. 152 del 2006, e da garantire una raccolta efficace dell'acqua e del
percolato contaminati, secondo le modalita' e i tempi previsti
dall'autorizzazione, nonche' in modo da ridurre l'erosione provocata
dall'acqua o dal vento, per quanto tecnicamente ed economicamente
possibile.
b) la struttura sia costruita, gestita e sottoposta a manutenzione in
maniera adeguata per garantirne la stabilita' fisica e per prevenire
l'inquinamento o la contaminazione del suolo, dell'aria, delle acque
sotterranee o di superficie nelle prospettive a breve e lungo termine
nonche' per ridurre al minimo, per quanto possibile, i danni al
paesaggio;
c) siano in atto disposizioni e piani adeguati per il monitoraggio anche
con periodiche ispezioni, e comunque con frequenza almeno semestrale,
della struttura di deposito dei rifiuti di estrazione da parte di
soggetti competenti e per l'intervento, qualora si riscontrasse
un'instabilita' o una contaminazione delle acque o del suolo. I rapporti
relativi ai monitoraggi e alle ispezioni vengono registrati e conservati
dall'operatore insieme ai documenti relativi all'autorizzazione e al
registro di cui al comma 4 per garantire la trasmissione adeguata delle
informazioni, soprattutto in caso di cambiamento dell'operatore; detta
documentazione e' conservata dal titolare di cui all'articolo 2 del
decreto legislativo n. 624 del 1996, per un periodo di almeno cinque
anni successivi al termine della gestione post-chiusura di cui
all'articolo 12, comma 3.
d) siano previste disposizioni adeguate per il ripristino del terreno e
la chiusura della struttura di deposito dei rifiuti di estrazione;
e) siano previste disposizioni adeguate per la fase successiva alla
chiusura della struttura di deposito.
4. L'operatore tiene un registro delle operazioni di gestione dei
rifiuti di estrazione nella struttura di deposito, con fogli numerati,
nel quale annota, entro due giorni dalla presa in carico nella
struttura, le informazioni sulle caratteristiche qualitative e
quantitative dei predetti rifiuti.
5. Qualora si verifichi un cambio di operatore durante la gestione di
una struttura di deposito dei rifiuti di estrazione, le informazioni e i
registri aggiornati relativi alla struttura sono trasferiti al nuovo
operatore. Il cambio di operatore deve essere comunicato all'autorita'
competente e costituisce modifica sostanziale del piano di gestione di
rifiuti di estrazione e, come tale, condizione per il rinnovo
dell'autorizzazione.
6. L'operatore notifica con tempestivita', e in ogni caso non oltre le
48 ore, all'autorita' competente e, per i fini di cui all'articolo 18,
comma 2, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, tutti gli eventi che possano incidere sulla stabilita' della
struttura di deposito dei rifiuti di estrazione e qualsiasi effetto
negativo rilevante per l'ambiente che emerga dalle procedure di
controllo e di monitoraggio della struttura di deposito dei rifiuti di
estrazione. L'operatore mette in atto il piano di emergenza interno, ove
applicabile, e ottempera a qualsiasi altra istruzione dell'autorita'
competente sulle misure correttive da adottare. L'operatore e' tenuto a
sostenere i costi delle misure da intraprendere.
7. L'operatore presenta, conformemente a quanto indicato al comma 2,
all'autorita' competente una relazione con tutti i risultati del
monitoraggio. L'autorita' competente verifica la conformita' dei dati
presentati alle condizioni dell'autorizzazione disponendo, ove
necessario, le prescrizioni e le integrazioni che occorrono. Sulla base
di tale relazione, l'autorita' competente puo' decidere se sia
necessario effettuare idonee verifiche. Tali verifiche possono essere
effettuate dall'autorita' competente stessa o da enti pubblici o esperti
indipendenti dei quali la stessa si avvale, con oneri a carico
dell'operatore(*)
(*) Periodo
aggiunto dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Note all'art. 11:
- Per il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si vedano le note
all'art. 2.
- L'art. 7 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile
1959, n. 128, cosi' recita:
«Art. 7. - Gli imprenditori di miniere o di cave in quanto dirigano
personalmente i lavori, i direttori, i capi servizio, i sorveglianti,
nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, oltre ad attuare
le misure di sicurezza previste dal presente decreto, devono:
a) rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti e
portare a loro conoscenza le norme essenziali di polizia mineraria
mediante affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle
presenti norme e, quando non sia possibile l'affissione, con altri
mezzi;
b) fornire, mantenere in buono stato, rinnovare e, quando cio' venga
riconosciuto necessario dall'ingegnere capo, aggiornare con i progressi
della tecnica i mezzi di protezione individuale previsti dal presente
decreto;
c) disporre ed esigere che i lavoratori osservino le norme di sicurezza
e facciano uso dei mezzi di protezione individuale messi a loro
disposizione, adottando, quando ne abbiano i poteri, o proponendo i
provvedimenti disciplinari del caso, fino al licenziamento in tronco,
nei confronti dei lavoratori inadempienti.».
- L'art. 6 del citato decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624,
cosi' recita:
«Art. 6 (Documento di sicurezza e di salute». - 1. Per il settore
estrattivo il documento di cui all'art. 4, comma 2, del decreto
legislativo n. 626 del 1994 prende il nome di Documento di Sicurezza e
Salute in appresso denominato "DSS".
2. Il datore di lavoro, nel DSS, oltre a quanto previsto dall'art. 4 del
decreto legislativo n. 626 del 1994, indica quanto previsto dall'art. 10
ed attesta annualmente che i luoghi di lavoro, le attrezzature e gli
impianti sono progettati, utilizzati e mantenuti in efficienza in modo
sicuro.
3. Il datore di lavoro aggiorna il DSS qualora i luoghi di lavoro
abbiano subito modifiche rilevanti, nonche', ove se ne manifesti la
necessita', a seguito di incidenti rilevanti.
4. Il datore di lavoro trasmette all'autorita' di vigilanza:
a) il DSS prima dell'inizio delle attivita';
b) gli aggiornamenti del DSS.».
- Per il testo dell'art. 2 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
624, si vedano le note all'art. 3.
Note agli articoli 12 e 13:
- Per il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si vedano le note
all'art. 2.
Art. 12.
Procedure per la chiusura delle strutture di deposito dei rifiuti di
estrazione e per la fase successiva alla chiusura
1. La chiusura di una struttura di deposito dei rifiuti di
estrazione e' avviata:
a) nei casi, alle condizioni e nei termini stabiliti
dall'autorizzazione;
b) nei casi in cui l'operatore richiede ed ottiene apposita
autorizzazione dell'autorita' competente;
c) sulla base di specifico provvedimento, conseguente a gravi motivi,
adottato dall'autorita' competente.
2. Una struttura di deposito dei rifiuti di estrazione puo' essere
considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'autorita' competente
ha proceduto, con tempestivita', ad un'ispezione finale del sito, ha
esaminato tutti i rapporti presentati dall'operatore, ha certificato che
il terreno che abbia subito un impatto dalla struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione e' stato ripristinato ed ha autorizzato con
proprio provvedimento la chiusura della struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione. L'approvazione non limita in alcun modo gli
obblighi dell'operatore contemplati dalla normativa vigente e dalle
condizioni dell'autorizzazione.
3. L'operatore e' responsabile della manutenzione, del monitoraggio, del
controllo e delle misure correttive nella fase successiva alla chiusura
per tutto il tempo ritenuto necessario dall'autorita' competente in base
alla natura e alla durata del rischio e sino all'esito positivo di
un'ispezione finale da effettuarsi da parte dell'autorita' competente.
In caso di inadempienza dell'operatore, l'autorita' competente puo'
assumersi gli incarichi dell'operatore dopo la chiusura definitiva della
struttura di deposito, utilizzando le risorse di cui all'articolo 14 e
fatta salva l'applicazione della normativa nazionale e dell'Unione
europea vigente in materia di responsabilita' civile del detentore dei
rifiuti. (*)
4. Il provvedimento di cui al comma 2 prevede, al fine di soddisfare le
pertinenti esigenze ambientali stabilite dalla normativa vigente, in
particolare quelle di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, parte
terza, sezione II, che dopo la chiusura di una struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione l'operatore controlli, fra l'altro, in
particolare, la stabilita' fisico-chimica della struttura di deposito e
riduca al minimo gli effetti negativi per l'ambiente, soprattutto per le
acque sotterranee e di superficie, garantendo che:
a) tutte le singole strutture siano monitorate e conservate tramite
strumenti di controllo e misurazione sempre pronti per l'uso;
b) i canali di sfioro e gli sfioratori siano mantenuti puliti e non
siano ostruiti.
5. Dopo la chiusura di una struttura di deposito dei rifiuti di
estrazione l'operatore notifica, senza ritardo, all'autorita' competente
e, per i fini di cui all'articolo 18, comma 2, al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tutti gli eventi
o gli sviluppi che possono incidere sulla stabilita' della struttura di
deposito dei rifiuti di estrazione e qualsiasi effetto negativo
rilevante per l'ambiente che emerga dalle operazioni di controllo e
monitoraggio di cui al comma 3. L'operatore mette in atto il piano di
emergenza interno, ove applicabile, e ottempera a qualsiasi altra
istruzione dell'autorita' competente sulle misure correttive da
adottare. L'operatore e' tenuto a sostenere i costi delle misure da
intraprendere.
6. Alla frequenza stabilita dall'autorita' competente
nell'autorizzazione di cui al comma 2, l'operatore riferisce, in base ai
dati aggregati, tutti i risultati del monitoraggio alla medesima
autorita' competente e all'Agenzia regionale di protezione ambientale
territorialmente competente, al fine di dimostrare la conformita' alle
condizioni dell'autorizzazione e di approfondire le conoscenze sul
comportamento dei rifiuti di estrazione e della struttura di deposito
dei rifiuti di estrazione.
(*) Periodo
aggiunto dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Art. 13.
Prevenzione del deterioramento dello stato delle acque e
dell'inquinamento dell'atmosfera e del suolo
1. Le Agenzie regionali di protezione ambientale territorialmente
competenti verificano che l'operatore abbia adottato le misure
necessarie per rispettare la normativa vigente in materia di ambiente,
in particolare per prevenire il deterioramento dello stato attuale delle
acque, in conformita' alle disposizioni del decreto legislativo n. 152
del 2006, parte terza, sezione II, fra l'altro al fine di:
a) valutare la probabilita' che si produca percolato dai rifiuti di
estrazione depositati, anche con riferimento agli inquinanti in esso
presenti(*), sia nel corso della fase operativa, sia dopo la
chiusura della struttura di deposito dei rifiuti di estrazione, e
determinare il bilancio idrico della struttura;
b) impedire o ridurre al minimo la produzione di percolato e la
contaminazione delle acque di superficie o sotterranee e del suolo da
parte dei rifiuti di estrazione;
c) raccogliere e trattare le acque e il percolato contaminati dalla
struttura di deposito dei rifiuti di estrazione fino a renderli conformi
allo standard previsto per lo scarico di tali sostanze.
2. Le Agenzie regionali di protezione ambientale territorialmente
competenti si assicurano che l'operatore abbia adottato le misure
necessarie per evitare o ridurre la polvere e le emissioni di gas.
3. Lo smaltimento dei rifiuti di estrazione in forma solida, liquida o
fangosa, nei corpi idrici recettori diversi da quelli costruiti allo
scopo di smaltire i rifiuti di estrazione e' subordinato al rispetto
delle pertinenti disposizioni del decreto legislativo n. 152 del 2006,
parte terza, sezione II.
4. L'operatore che utilizza i rifiuti di estrazione e altri residui di
produzione per la ripiena di vuoti e di volumetrie prodotte
dall'attivita' estrattiva superficiale o sotterranea, che potranno
essere inondati dopo la chiusura, adotta le misure necessarie per
evitare o ridurre al minimo il deterioramento dello stato delle acque e
l'inquinamento del suolo.
5. L'operatore fornisce all'autorita' competente e all'Agenzia regionale
di protezione ambientale territorialmente competente le informazioni
necessarie per assicurare l'assolvimento degli obblighi di legge, in
particolare quelli di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, parte
terza, sezione II.
6. Nel caso di un bacino di decantazione che comporti la presenza di
cianuro, l'operatore garantisce che il tenore di cianuro dissociabile
con un acido debole all'interno del bacino venga ridotto al livello piu'
basso possibile utilizzando le migliori tecniche disponibili. In ogni
caso, l'operatore garantisce che il tenore di cianuro dissociabile con
un acido debole nel punto di scarico degli sterili dall'impianto di
lavorazione al bacino di decantazione non superi:
a) nelle strutture di deposito dei rifiuti di estrazione a cui sia stata
in precedenza rilasciata un'autorizzazione o che siano gia' in funzione
il 1° maggio 2008:
1) 50 ppm a partire dalla data di entrata in vigore del presente
decreto;
2) 25 ppm a partire dal 1° maggio 2013;
3) 10 ppm a partire dal 1° maggio 2018;
b) 10 ppm nelle strutture a cui l'autorizzazione e' rilasciata dopo la
data di entrata in vigore del presente decreto.
7. Su richiesta dell'autorita' competente l'operatore dimostra,
attraverso una valutazione dei rischi che tenga conto delle condizioni
specifiche del sito, che i limiti di concentrazione di cui al comma 6
non devono essere ridotti ulteriormente.
(*) Comma così
modificato dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Art. 14.
Garanzie finanziarie
1. L'autorizzazione di cui all'articolo 7 e' subordinata alla
prestazione all'autorita' competente da parte dell'operatore di adeguate
garanzie finanziarie, a favore di detta autorita', per l'attivazione e
la gestione operativa del deposito dei rifiuti di estrazione e per la
gestione successiva alla chiusura del deposito, costituite secondo
quanto previsto dall'articolo 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348,
affinche':
a) vengano assolti tutti gli obblighi derivanti dall'autorizzazione
rilasciata ai sensi del presente decreto, comprese le disposizioni
relative alla fase successiva alla chiusura;
b) in qualsiasi momento siano prontamente disponibili i fondi per il
ripristino del terreno che abbia subito un impatto dalla struttura di
deposito dei rifiuti di estrazione.
2. La garanzia per l'attivazione e la gestione operativa del deposito
dei rifiuti di estrazione, comprese le procedure di chiusura, assicura
l'adempimento delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione di cui
all'articolo 7.
3. La garanzia per la gestione successiva alla chiusura del deposito dei
rifiuti di estrazione assicura che le procedure di gestione
post-operativa di cui all'articolo 12, comma 3, siano eseguite ed e'
commisurata alla durata ed al costo complessivo della gestione
post-operativa stessa.
4. L'importo delle garanzie di cui ai commi 2 e 3 e' calcolato:
a) sulla base del probabile impatto ambientale della struttura di
deposito dei rifiuti di estrazione, tenuto conto, in particolare, della
categoria cui appartiene la struttura, delle caratteristiche dei rifiuti
di estrazione, delle opere necessarie per il ripristino del terreno che
abbia subito un impatto e della destinazione futura del terreno stesso
dopo il ripristino;
b) tenendo conto che le opere di ripristino necessarie devono essere
eseguite da soggetti autorizzati, terzi, indipendenti e qualificati a
svolgere le specifiche attivita' di ripristino.
5. L'importo delle garanzie di cui ai commi 2 e 3 e' periodicamente
adeguato, in esito al monitoraggio dell'operatore ed ai controlli di cui
all'articolo 17, in base alle opere di ripristino necessarie per il
terreno che abbia subito un impatto dalla struttura di deposito dei
rifiuti, come indicato nel piano di gestione dei rifiuti di cui
all'articolo 5 richiesto dall'autorizzazione di cui all'articolo 7.
6. L'importo delle garanzie di cui ai commi 2 e 3 e' aggiornato in caso
di modifiche sostanziali del piano di gestione dei rifiuti di estrazione
di cui all'articolo 5, e comunque, al rinnovo dell'autorizzazione di cui
all'articolo 7.
7. Le garanzie di cui ai commi 2 e 3 sono trattenute, rispettivamente,
fino alla certificazione, da parte dell'autorita' competente, della
chiusura della gestione operativa, di cui all'articolo 12, comma 2, e
fino alla conclusione, con esito positivo, delle operazioni conseguenti
al periodo di post-chiusura, risultante dall'ispezione finale di cui
all'articolo 12, comma 3.
Nota all'art. 14:
- L'art. 1 della legge 10 giugno 1982, n. 348, recante «Costituzione di
cauzioni con polizze fidejussorie a garanzia di obbligazioni verso lo
Stato ed altri enti pubblici» e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del
14 giugno 1982, n. 161, cosi' recita:
«Art. 1. - In tutti i casi in cui e' prevista la costituzione di una
cauzione a favore dello Stato o altro ente pubblico, questa puo' essere
costituita in uno dei seguenti modi:
a) da reale e valida cauzione, ai sensi dell'art. 54 del regolamento per
l'amministrazione del patrimonio e per la contabilita' generale dello
Stato, approvato con regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive
modificazioni;
b) la fidejussione bancaria rilasciata da aziende di credito di cui
all'art. 5 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, e successive
modifiche ed integrazioni;
c) da polizza assicurativa rilasciata da imprese di assicurazione
debitamente autorizzata all'esercizio del ramo cauzioni ed operante nel
territorio della Repubblica in regime di liberta' di stabilimento o di
liberta' di prestazione di servizi.».
Art. 15.
Responsabilita' civile in campo ambientale
1. All'allegato 5 della parte VI del decreto legislativo n. 152 del
2006 dopo il punto 12 e' aggiunto, in fine, il seguente: « 12-bis. La
gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva 2006/21/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla
gestione dei rifiuti delle industrie estrattive.».
Nota all'art. 15:
- Si riporta il testo dell'allegato 5 della parte VI del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cosi' come modificato dal presente
decreto:
«Allegato 5
1. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente
alla direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla
prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento. Include tutte le
attivita' elencate nell'allegato I della direttiva 96/61/CE, ad
esclusione degli impianti o parti di impianti utilizzati per la ricerca,
lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi.
2. Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il
trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti
pericolosi, nonche' la supervisione di tali operazioni e i controlli
successivi sui siti di smaltimento, soggetti ad autorizzazione o
registrazione, conformemente alle direttive del Consiglio 75/442/CEE,
del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e 91/689/CEE, del 12 dicembre
1991, relativa ai rifiuti pericolosi. Tali operazioni comprendono tra
l'altro la gestione di siti di discarica ai sensi della direttiva del
Consiglio 1999/31/CE, del 26 aprile 1999, concernente le operazioni di
discarica di rifiuti, e il funzionamento di impianti d'incenerimento ai
sensi della direttiva 2000/76/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 4 dicembre 2000, sull'incenerimerito di rifiuti.
3. Tutti gli scarichi nelle acque interne superficiali che siano
soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva
76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento
provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico
della Comunita'.
4. Tutti gli scarichi di sostanze nelle acque sotterranee che siano
soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva
80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione
delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose.
5. Lo scarico o l'immissione di inquinanti nelle acque superficiali o
sotterranee che sono soggetti a permesso, autorizzazione o registrazione
conformemente alla direttiva 2000/60/CE.
6. Estrazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione
preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/CE.
7. Fabbricazione, uso, stoccaggio, trattamento, interramento, rilascio
nell'ambiente e trasporto sul sito di:
a) sostanze pericolose definite nell'art. 2, paragrafo 2 della direttiva
67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il
ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e
all'etichettatura delle sostanze pericolose;
b) preparati pericolosi definiti nell'art. 2, paragrafo 2 della
direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31
maggio 1999, concernente il ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative
alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati
pericolosi;
c) prodotti fitosanitari definiti nell'art. 2, paragrafo 1 della
direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa
all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari;
d) biocidi definiti nell'art. 2, paragrafo 1, lettera a) della direttiva
98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998,
relativa all'immissione sul mercato dei biocidi in quantitativi
superiori.
8. Trasporto per strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria di
merci pericolose o di merci inquinanti definite nell'allegato A della
direttiva 94/55/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al
trasporto di merci pericolose su strada, o nell'allegato della direttiva
96/49/CE del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci
pericolose per ferrovia, o definite nella direttiva 93/75/CEE del
Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime
necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunita' o che
ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti.
9. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente
alla direttiva 84/360/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente
la lotta contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti
industriali relativamente al rilascio nell'aria di una qualsiasi delle
sostanze inquinanti coperte da detta direttiva.
10. Qualsiasi uso confinato, compreso il trasporto, di microrganismi
geneticamente modificati definiti nella direttiva 90/219/CEE del
Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'impiego confinato di microrganismi
geneticamente modificati.
11. Qualsiasi rilascio deliberato nell'ambiente, trasporto e immissione
in commercio di organismi geneticamente modificati definiti nella
direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.
12. Qualsiasi spedizione transfrontaliera di rifiuti all'interno
dell'Unione europea, nonche' in entrata e in uscita dal suo territorio,
che necessiti di un'autorizzazione o sia vietata-ai sensi-del
regolamento (CEE) n. 259/93 del Consiglio, del 1° febbraio 1993,
relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti
all'interno della Comunita' europea, nonche' in entrata e in uscita dal
suo territorio.
12-bis. La gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva
2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006,
relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive.».
- Per la direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio si
vedano le note alle premesse.
Art. 16.
Effetti transfrontalieri
1. Qualora il funzionamento di una struttura di deposito dei rifiuti
di estrazione di categoria A puo' comportare effetti negativi rilevanti
per l'ambiente ed eventuali rischi per la salute umana in un altro Stato
membro, o su richiesta di uno Stato membro della Comunita' europea che
puo' subirne le conseguenze, l'autorita' competente trasmette, entro
trenta giorni dal ricevimento, la richiesta di autorizzazione di cui
all'articolo 7 al Ministero degli affari esteri, al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al
Dipartimento per le politiche europee. Il Ministero degli affari esteri
trasmette la documentazione allo Stato membro interessato affinche'
provveda a metterla a disposizione del pubblico interessato e coordina
le eventuali consultazioni necessarie nell'ambito dei rapporti
bilaterali tra i due Stati membri su base reciproca e paritaria.
2. L'autorita' competente si pronuncia sulla richiesta .di
autorizzazione non prima che sia decorso il termine di sessanta giorni
dalla trasmissione della documentazione di cui al comma 1 all'altro
Stato membro, al fine di tenere conto anche delle eventuali osservazioni
del pubblico interessato di tale Stato.
3. In caso di incidente rilevante in una struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione di cui al comma 1, l'operatore trasmette
immediatamente le informazioni di cui all'articolo 6, comma 15(*), anche al Ministero degli
affari esteri e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare. Il Ministero degli affari esteri trasmette agli altri Stati
membri interessati tali informazioni per contribuire a ridurre al minimo
le conseguenze dell'incidente sulla salute umana e per valutare e
ridurre al minimo l'entita' del danno ambientale effettivo o potenziale.
(*) Comma così
modificato dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Art. 17.
Controlli dell'autorita' competente
1. L'autorita' competente effettua ispezioni nelle strutture di
deposito dei rifiuti di estrazione di cui all'articolo 7, prima
dell'avvio delle operazioni di deposito, a intervalli almeno
semestrali dal momento dell'avvio delle medesime operazioni, compresa la
fase successiva alla chiusura secondo le
esigenze [e, comunque, con cadenza almeno annuale] al fine di garantire
che siano conformi alle condizioni previste dall'autorizzazione e, per
le strutture di deposito di cui all'articolo 6, comma 1, che i sistemi
tecnici, organizzativi e di gestione applicati nella struttura di
deposito siano adeguati a prevenire, a limitare o, comunque, a ridurre
al minimo le conseguenze di eventuali incidenti rilevanti all'interno e
all'esterno della struttura. Un risultato positivo non limita in
alcun modo la responsabilita' dell'operatore in base alle condizioni
dell'autorizzazione.(*)
2. I registri di cui all'articolo 11 sono messi a disposizione
dell'autorita' competente per l'ispezione.
(*) Comma così
modificato dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Art. 18.
Obbligo di comunicazione delle informazioni
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare trasmette alla Commissione europea, a decorrere dall'anno 2011 e,
successivamente, ogni tre anni, entro il 30 settembre, una relazione
sulla attuazione del presente decreto relativa al triennio precedente,
sulla base del formato adottato in sede comunitaria. La prima relazione
riguarda il triennio 2008-2010.
2. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare
trasmette alla Commissione europea, con cadenza annuale, le informazioni
sugli eventi comunicati dagli operatori ai sensi dell'articolo 11, comma
6, e dell'articolo 12, comma 5. Fatto salvo quanto previsto dal decreto
legislativo 19 agosto 2005, n. 195, il Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare rende disponibili tali informazioni al
pubblico interessato che le richieda.
Nota all'art. 18:
- Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, recante «Attuazione
della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione
ambientale», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 settembre
2005, n. 222.
Art. 19.
Sanzioni
1. L'operatore che gestisca una struttura di deposito di rifiuti
di estrazione in assenza dell'autorizzazione di cui all'articolo 7 e'
punito con la pena dell'arresto da uno a tre anni e dell'ammenda da
cinquemiladuecento a cinquantaduemila euro.(*) Alla
sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444
del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla
quale e' realizzata la struttura di deposito abusiva se di proprieta'
dell'autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di
bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi;
2. L'operatore che gestisce una struttura di deposito di rifiuti di
estrazione senza l'osservanza delle condizioni e delle prescrizioni
contenute o richiamate nell'autorizzazione di cui all'articolo 7 e'
punito con le pene di cui al comma 1, ridotte della meta'.
(*) Comma così
modificato dall'art. 20 della Legge 6 agosto 2013, n. 97, recante
"Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2013",
pubblicata in GU n.194 del 20-8-2013
Nota all'art. 19:
- L'art. 444 del Codice di procedura penale cosi' recita:
«Art. 444 (Applicazione della pena su richiesta). - 1. L'imputato e il
pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella
specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una
pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva
quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un
terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria.
1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i
delitti di cui all'art. 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i
delitti di cui agli articoli 600-bis, primo e terzo comma, 600-quater,
primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma,
600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di
materiale pornografico, 600-quinquies, nonche' 609-bis, 609-ter,
609-quater e 609-octies del codice penale, nonche' quelli contro coloro
che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per
tendenza, o recidivi ai sensi dell'art. 99, quarto comma, del codice
penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena
pecuniaria.
2. Se vi e' il consenso anche della parte che non ha formulato la
richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell'art. 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene
corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la
comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonche' congrua
la pena indicata, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel
dispositivo che vi e' stata la richiesta delle parti. Se vi e'
costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa
domanda; l'imputato e' tuttavia condannato al pagamento delle spese
sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la
compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione
dell'art. 75, comma 3.
3. La parte, nel formulare la richiesta, puo' subordinarne l'efficacia,
alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo
caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non puo'
essere concessa, rigetta la richiesta.».
Art. 20.
Inventario delle strutture di deposito dei rifiuti di estrazione chiuse
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo
economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono
definite, tenendo conto delle metodologie eventualmente elaborate a
livello comunitario e avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per
la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, di seguito APAT, le
modalita' per la realizzazione dell'inventario delle strutture di
deposito dei rifiuti di estrazione chiuse, incluse le strutture
abbandonate, che hanno gravi ripercussioni negative sull'ambiente o che,
a breve o medio termine, possono rappresentare una grave minaccia per la
salute umana o l'ambiente.
2. Ciascuna autorita' competente di cui all'articolo 3, comma 1, lettera
gg), compila, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica, l'inventario delle strutture di deposito dei rifiuti di
estrazione chiuse o abbandonate che insistono nel territorio di
competenza e comunica tali informazioni, secondo le modalita' da
stabilirsi con il decreto di cui al comma 1, all'APAT, che provvede
all'acquisizione ed all'accorpamento delle stesse in un unico inventario
nazionale. L'inventario nazionale e' realizzato entro il 1° maggio 2012
ed e' aggiornato ogni anno.
3. L'inventario nazionale di cui al comma 2 e' reso accessibile al
pubblico mediante la pubblicazione sul sito internet dell'APAT.
Art. 21.
Disposizioni transitorie
1. Le strutture di deposito dei rifiuti di estrazione a cui sia
stata rilasciata un'autorizzazione o che siano gia' in funzione al 1°
maggio 2008 si conformano alle disposizioni del presente decreto entro
il 1° maggio 2012, ad esclusione delle disposizioni di cui agli articoli
6, comma 6, e 13, comma 6, alle quali si conformano secondo il
calendario ivi previsto, e delle disposizioni di cui all'articolo 14,
alle quali si conformano entro il 1° maggio 2014.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano alle strutture di
deposito dei rifiuti di estrazione chiuse al 1° maggio 2008.
3. Le disposizioni degli articoli 5, 6, commi da 3 a 11 e da 13 a 16, 7,
8, 12, comma 1, e 14, commi 1, 2, 4, 5 e 6, per la parte riferita al
comma 2, non si applicano alle strutture di deposito dei rifiuti di
estrazione che:
a) hanno smesso di accettare rifiuti di estrazione prima del 1° maggio
2006;
b) alla data di entrata in vigore del presente decreto stanno
completando le procedure di chiusura nel rispetto della normativa
previgente e delle eventuali prescrizioni dettate dall'autorita'
competente;
c) saranno effettivamente chiuse al 31 dicembre 2010.
4. Le autorita' competenti notificano, entro novanta giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, i casi di cui al comma 3 al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che
provvede ad informare la Commissione europea.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto
l'autorita' competente verifica che nelle strutture di deposito di cui
ai commi 1, 2 e 3 i rifiuti di estrazione siano comunque gestiti in
conformita' alle finalita' di cui all'articolo 1.
Art. 22.
Modifica degli allegati
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, si
provvede al recepimento di direttive tecniche di modifica degli
allegati, al fine di dare attuazione a successive disposizioni
comunitarie. Ogniqualvolta tali disposizioni tecniche prevedano poteri
discrezionali per il proprio recepimento, il provvedimento e' adottato
di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la
Conferenza unificata.
Art. 23.
Disposizioni finanziarie
1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o
maggiori oneri, ne' minori entrate per la finanza pubblica.
2. I soggetti pubblici competenti provvedono all'attuazione del decreto
con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.
3. Gli oneri derivanti dalle attivita' di cui agli articoli 7, commi 1,
4 e 5, 11, comma 7, 12, commi 2 e 3, 17 e 21, comma 5, sono posti a
carico dei destinatari di dette attivita', mediante tariffe e modalita'
di versamento stabilite, sulla base del costo effettivo del servizio,
con disposizioni regionali. Dette tariffe sono aggiornate almeno ogni
due anni. Qualora le predette attivita' siano svolte dalle sezioni
idrocarburi dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la
geotermia (UNMIG), le tariffe e le modalita' di versamento sono
stabilite, sulla base del costo effettivo del servizio, con decreto del
Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addi' 30 maggio 2008
NAPOLITANO
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Ronchi, Ministro per le politiche europee
Prestigiacomo, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare
Scajola, Ministro dello sviluppo economico
Frattini, Ministro degli affari esteri
Alfano, Ministro della giustizia
Tremonti, Ministro del- l'economia e delle finanze
Maroni, Ministro del-l'interno
Sacconi, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche \sociali
Fitto, Ministro per i rapporti con le regioni
Visto, il Guardasigilli: Alfano
Allegato I
(articolo 5, comma 3, lettera a)
Caratterizzazione dei rifiuti di estrazione
I rifiuti di estrazione da depositare in una struttura di deposito
devono essere caratterizzati in modo da garantire la stabilita'
fisicochimica a lungo termine della struttura di deposito che li
accoglie e prevenire il verificarsi di incidenti rilevanti. La
caratterizzazione comprende, se opportuno e in base alla categoria della
struttura di deposito dei rifiuti di estrazione, i seguenti elementi:
1) descrizione delle caratteristiche fisiche e chimiche previste dei
rifiuti di estrazione da depositare a breve e a lungo termine, con
particolare riferimento alla loro stabilita' alle condizioni
atmosferiche/meteorologiche di superficie, tenuto conto del tipo di
minerale o di minerali estratti e della natura dello strato di copertura
e/o dei minerali di ganga che saranno rimossi nel corso delle operazioni
estrattive;
2) classificazione dei rifiuti di estrazione ai sensi della voce
pertinente della decisione 2000/532/CE, con particolare riguardo alle
caratteristiche di pericolosita';
3) descrizione delle sostanze chimiche da utilizzare nel trattamento
delle risorse minerali e relativa stabilita';
4) descrizione del metodo di deposito;
5) sistema di trasporto dei rifiuti di estrazione.
Allegato II
(articolo 5, comma 3, lettera c))
Criteri per la classificazione delle strutture di deposito dei rifiuti
di estrazione
Una struttura di deposito dei rifiuti di estrazione e' classificata
nella categoria A se:
1) il guasto o cattivo funzionamento, quale il crollo di un cumulo o di
una diga, potrebbe causare un incidente rilevante sulla base della
valutazione dei rischi alla luce di fattori quali la dimensione presente
o futura, l'ubicazione e l'impatto ambientale della struttura, oppure
2) contiene rifiuti di estrazione classificati come pericolosi ai sensi
del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni, oltre un determinato limite, oppure
3) contiene sostanze o preparati classificati come pericolosi ai sensi
delle direttive 67/548/CEE o 1999/45/CE oltre un determinato limite.
Allegato III
(articolo 6, comma 3)
Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e informazioni da
comunicare al pubblico interessato
Parte Prima
Politica di prevenzione degli incidenti rilevanti
La politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e il sistema di
gestione della sicurezza dell'operatore devono essere proporzionali ai
rischi di incidenti rilevanti che la struttura di deposito dei rifiuti
di estrazione presenta. Ai fini della loro attuazione, e' necessario
tener conto dei seguenti elementi:
1) la politica di prevenzione degli incidenti rilevanti deve includere
tutti gli obiettivi e i principi generali di azione dell'operatore in
merito al controllo dei rischi di incidenti rilevanti;
2) il sistema di gestione della sicurezza deve includere la parte del
sistema generale di gestione comprendente la struttura organizzativa, le
funzioni, le prassi, le procedure, i processi e le risorse per
determinare e applicare la politica di prevenzione degli incidenti
rilevanti;
3) nell'ambito del sistema di gestione della sicurezza devono essere
trattati i seguenti aspetti:
a) organizzazione e personale: ruolo e responsabilita' del personale
coinvolto nella gestione dei principali rischi a tutti i livelli
dell'organizzazione; individuazione delle esigenze di formazione del
personale interessato e fornitura di tale formazione;
coinvolgimento dei dipendenti ed eventualmente degli appaltatori;
b) individuazione e valutazione dei rischi rilevanti: adozione e
applicazione di procedure che consentano di individuare sistematicamente
i principali rischi connessi con le operazioni normali e anomale e
valutazione della probabilita' che si producano e della loro gravita';
c) controllo operativo: adozione e applicazione di procedure e
istruzioni per il funzionamento in condizioni di sicurezza, compresa la
manutenzione dell'impianto, i processi, le apparecchiature e gli arresti
temporanei;
d) gestione delle modifiche: adozione e applicazione di procedure per
pianificare le modifiche o la progettazione di nuove strutture di
deposito dei rifiuti di estrazione;
e) pianificazione delle emergenze: adozione e applicazione di procedure
per individuare emergenze prevedibili attraverso un'analisi sistematica
e per preparare, sperimentare e rivedere i piani di emergenza per
affrontare tali emergenze;
f) monitoraggio delle prestazioni: adozione e applicazione di procedure
per la valutazione continua del rispetto degli obiettivi fissati dalla
politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e dal sistema di
gestione della sicurezza dell'operatore, nonche' i meccanismi di
indagine e intervento correttivo in caso di mancato rispetto di tali
obiettivi. Le procedure devono riguardare il sistema utilizzato
dall'operatore per riferire su incidenti rilevanti o sfiorati, in
particolare quelli che comportano un guasto delle misure di protezione,
le indagini svolte in proposito e il seguito dato all'evento sulla base
degli insegnamenti tratti;
g) audit e analisi: adozione e applicazione di procedure per la
valutazione periodica e sistematica della politica di prevenzione degli
incidenti rilevanti e l'efficacia e adeguatezza del sistema di gestione
della sicurezza; analisi documentata delle prestazioni della politica e
del sistema di sicurezza, nonche' aggiornamento da parte della
direzione.
Parte Seconda
Informazioni da comunicare al pubblico interessato
1. Nome dell'operatore e indirizzo della struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione.
2. Identificazione della persona che fornisce le informazioni in base
alla posizione che occupa.
3. Conferma che la struttura di deposito dei rifiuti di estrazione e'
assoggettata alle norme e/o disposizioni amministrative che attuano il
presente decreto ed eventualmente del fatto che le informazioni
attinenti agli elementi di cui all'articolo 6, comma 2, sono state
trasmesse all'autorita' competente.
4. Spiegazione, in termini chiari e semplici, della o delle attivita'
svolta/e nel sito.
5. Nomi comuni o generici o classificazione generale di rischio delle
sostanze e dei preparati trattati nella struttura di deposito dei
rifiuti di estrazione e dei rifiuti che potrebbero causare un incidente
rilevante, con l'indicazione delle principali caratteristiche
pericolose.
6. Informazioni generali sul tipo di rischi di incidenti rilevanti,
compresi i potenziali effetti sulla popolazione e sull'ambiente
circostanti.
7. Informazioni adeguate sulle modalita' di allerta e informazione della
popolazione interessata che vive nelle zone circostanti in caso di
incidente rilevante.
8. Informazioni adeguate sulle azioni che la popolazione interessata
deve intraprendere e sul comportamento da adottare in caso di incidente
rilevante.
9. Conferma del fatto che l'operatore e' tenuto a prendere provvedimenti
adeguati sul sito, in particolare contatto con i servizi di emergenza,
per affrontare gli incidenti rilevanti e minimizzarne gli effetti.
10. Riferimento al piano di emergenza esterno elaborato per affrontare
eventuali ripercussioni dell'incidente al di fuori del sito; tali
informazioni devono includere l'invito a seguire tutte le istruzioni o
le richieste dei servizi di emergenza al momento dell'incidente.
11. Informazioni dettagliate sulle sedi presso cui chiedere altre
informazioni, fatte salve le disposizioni in materia di riservatezza
stabilite dalla normativa nazionale.