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Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81
Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
(GU n. 101 del 30-4-2008 - Suppl. Ordinario n.108)
IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di tutela
della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il
riassetto e la riforma della normativa in materia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164,
recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle
costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303,
recante norme generali per l'igiene del lavoro;
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante: attuazione
delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n.
86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori
contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro, a norma dell'articolo 7 della legge 30
luglio 1990, n. 212;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante:
attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE,
95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE,
2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante:
modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, recante attuazione
della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la
segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, recante attuazione
della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di
sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina
della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle
societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a
norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante
attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro,
di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30;
Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute
relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti
fisici (campi elettromagnetici);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187, recante attuazione
della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di
salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da
vibrazioni meccaniche;
Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 5 aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e
salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (radiazioni ottiche);
Vista la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante
disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunita' europee;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257, recante
attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 6 marzo 2008;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei
lavoratori e dei datori di lavoro;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
espresso nella riunione del 12 marzo 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 1° aprile 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri
del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture, dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per
le politiche europee, della giustizia, delle politiche agricole
alimentari e forestali, dell'interno, della difesa, della pubblica
istruzione, della solidarieta' sociale, dell'universita' e della
ricerca, per gli affari regionali e le autonomie locali e dell'economia
e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1.
Finalita'
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo
costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n.
123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di
salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di
lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un
unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le
finalita' di cui al presente comma nel rispetto delle normative
comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonche' in
conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo l'uniformita'
della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale
attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle
differenze di genere, di eta' e alla condizione delle lavoratrici e dei
lavoratori immigrati.
2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della
Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005,
n. 11, le disposizioni del presente decreto legislativo, riguardanti
ambiti di competenza legislativa delle regioni e province autonome, si
applicano, nell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con
carattere di cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle
quali ancora non sia stata adottata la normativa regionale e provinciale
e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di
quest'ultima, fermi restando i principi fondamentali ai sensi
dell'articolo 117, terzo comma , della Costituzione.
3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del presente
decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto dall'amministrazione
competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo
unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R.
28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle
diposizioni di legge modificate o alle quali e' operante il rinvio.
Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui
trascritti.
Note alle premesse:
- Il testo dell'art. 76 della Costituzione e' il seguente:
«Art. 76. L'esercizio della funzione legislativa non puo' essere
delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri
direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.».
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare le leggi ed emanare i decreti aventi
valore di legge e i regolamenti.
- Il testo dell'art. 117 della Costituzione e' il seguente:
«Art. 117. La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato
ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello
Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei
cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato;
armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della
concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello
Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali;
elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia
amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale;
giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di
Comuni, Province e Citta' metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informatico
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale,
regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti
internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con
l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia
delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica
e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della
salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; Governo
del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di
navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e
integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni
culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita'
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a
carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere
regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni
la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potesta' legislativa in riferimento ad ogni
materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie
di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione
degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e
all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione
europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello
Stato, che disciplina le modalita' di esercizio del potere sostitutivo
in caso di inadempienza.
La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle materie di
legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potesta'
regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le
Province e le Citta' metropolitane hanno potesta' regolamentare in
ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena
parita' degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed
economica e promuovono la parita' di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni
per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con
individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione puo' concludere accordi con
Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e
con le forme disciplinati da leggi dello Stato.».
- Il testo della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Misure in tema di tutela
della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il
riassetto e la riforma della normativa in materia), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2007, n. 185.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), e'
pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio
1955, n. 158.
- Il testo del decreto del Presedente delle Repubblica 7 gennaio 1956,
n. 164 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle
costruzioni), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1956, n.
78, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303 (Norme generali per l'igiene del lavoro), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 30 aprile 1956, n. 105, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277 (Attuazione
delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n.
86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori
contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio
1990, n. 212), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1991, n.
200, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 (Attuazione
delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE,
90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE,
97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE,
2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1994, n. 265, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758
(Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 gennaio 1995, n. 21, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493 (Attuazione
della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la
segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223,
supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (Attuazione
della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di
sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223,
supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina
della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle
societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a
norma dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 19 giugno 2001, n. 140.
- Il testo dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300 (Ratifica
ed esecuzione dei seguenti Atti internazionali elaborati in base
all'art. K. 3 del Trattato sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela
degli interessi finanziari delle Comunita' europee, fatta a Bruxelles il
26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27 settembre
1996, del Protocollo concernente l'interpretazione in via pregiudiziale,
da parte della Corte di giustizia delle Comunita' europee, di detta
Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29 novembre
1996, nonche' della Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione
nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunita' europee o degli
Stati membri dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e
della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali
stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta
a Parigi il 17 dicembre 1997. Delega al Governo per la disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e degli enti
privi di personalita' giuridica), e' il seguente:
«Art. 11 (Delega al Governo per la disciplina della responsabilita'
amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di
personalita' giuridica). - 1. Il Governo della Repubblica e' delegato ad
emanare, entro otto mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e delle societa',
associazioni od enti privi di personalita' giuridica che non svolgono
funzioni di rilievo costituzionale, con l'osservanza dei seguenti
principi e criteri direttivi:
a) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati
di cui agli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter,
320, 321, 322, 322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter,
secondo comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto e' commesso
con abuso della qualita' di operatore del sistema, del codice penale;
b) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati
relativi alla tutela dell'incolumita' pubblica previsti dal titolo sesto
del libro secondo del codice penale;
c) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati
previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati
commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni
sul lavoro o relative alla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro;
d) prevedere la responsabilita' in relazione alla commissione dei reati
in materia di tutela dell'ambiente e del territorio, che siano punibili
con pena detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se
alternativa alla pena pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962,
n. 1860, dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, dalla legge 31 dicembre
1982, n. 979, dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive
modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con
modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, dal decreto del
Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, dalla legge 6
dicembre 1991, n. 394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 95,
dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, dal decreto legislativo
17 marzo 1995, n. 230, dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e
successive modificazioni, dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
152, dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal decreto
legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e dal testo unico delle disposizioni
legislative in materia di beni culturali e ambientali, approvato con
decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
e) prevedere che i soggetti di cui all'alinea del presente comma sono
responsabili in relazione ai reati commessi, a loro vantaggio o nel loro
interesse, da chi svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione
o di direzione, ovvero da chi esercita, anche di fatto, poteri di
gestione e di controllo ovvero ancora da chi e' sottoposto alla
direzione o alla vigilanza delle persone fisiche menzionate, quando la
commissione del reato e' stata resa possibile dall'inosservanza degli
obblighi connessi a tali funzioni; prevedere l'esclusione della
responsabilita' dei soggetti di cui all'alinea del presente comma nei
casi in cui l'autore abbia commesso il reato nell'esclusivo interesse
proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative effettive, proporzionate e
dissuasive nei confronti dei soggetti indicati nell'alinea del presente
comma;
g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore a lire
cinquanta milioni e non superiore a lire tre miliardi stabilendo che, ai
fini della determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto
anche dell'ammontare dei proventi del reato e delle condizioni
economiche e patrimoniali dell'ente, prevedendo altresi' che, nei casi
di particolare tenuita' del fatto, la sanzione da applicare non sia
inferiore a lire venti milioni e non sia superiore a lire duecento
milioni; prevedere inoltre l'esclusione del pagamento in misura ridotta;
h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento della sanzione
pecuniaria entro i limiti del fondo comune o del patrimonio sociale;
i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo del reato, anche
nella forma per equivalente;
l) prevedere, nei casi di particolare gravita', l'applicazione di una o
piu' delle seguenti sanzioni in aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o della sede
commerciale;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni
funzionali alla commissione dell'illecito;
3) interdizione anche temporanea dall'esercizio dell'attivita' ed
eventuale nomina di altro soggetto per l'esercizio vicario della
medesima quando la prosecuzione dell'attivita' e' necessaria per evitare
pregiudizi ai terzi;
4) divieto anche temporaneo di contrattare con la pubblica
amministrazione;
5) esclusione temporanea da agevolazioni, finanziamenti, contributi o
sussidi, ed eventuale revoca di quelli gia' concessi;
6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e servizi;
7) pubblicazione della sentenza;
m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e
l) si applicano soltanto nei casi e per i tempi espressamente
considerati e in relazione ai reati di cui alle lettere a), b) c) e d)
commessi successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo previsto dal presente articolo;
n) prevedere che la sanzione amministrativa pecuniaria di cui alla
lettera g) e' diminuita da un terzo alla meta' ed escludere
l'applicabilita' di una o piu' delle sanzioni di cui alla lettera l) in
conseguenza dell'adozione da parte dei soggetti di cui all'alinea del
presente comma di comportamenti idonei ad assicurare un'efficace
riparazione o reintegrazione rispetto all'offesa realizzata;
o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l) sono applicabili
anche in sede cautelare, con adeguata tipizzazione dei requisiti
richiesti;
p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e dei divieti
inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l), la pena della reclusione
da sei mesi a tre anni nei confronti della persona fisica responsabile
della violazione, e prevedere inoltre l'applicazione delle sanzioni di
cui alle lettere g) e i) e, nei casi piu' gravi, l'applicazione di una o
piu' delle sanzioni di cui alla lettera l) diverse da quelle gia'
irrogate, nei confronti dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale
e' stata commessa la violazione; prevedere altresi' che le disposizioni
di cui alla presente lettera si applicano anche nell'ipotesi in cui le
sanzioni di cui alla lettera l) sono state applicate in sede cautelare
ai sensi della lettera o);
q) prevedere che le sanzioni amministrative a carico degli enti sono
applicate dal giudice competente a conoscere del reato e che per il
procedimento di accertamento della responsabilita' si applicano, in
quanto compatibili, le disposizioni del codice di procedura penale,
assicurando l'effettiva partecipazione e difesa degli enti nelle diverse
fasi del procedimento penale;
r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui alle lettere g), i) e
l) si prescrivono decorsi cinque anni dalla consumazione dei reati
indicati nelle lettere a), b) c) e d) e che l'interruzione della
prescrizione e' regolata dalle norme del codice civile;
s) prevedere l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato, di un'Anagrafe nazionale delle sanzioni
amministrative irrogate nei confronti dei soggetti di cui all'alinea del
presente comma;
t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati consenzienti ovvero
abbiano svolto, anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione,
di controllo o di amministrazione, che sia assicurato il diritto
dell'azionista, del socio o dell'associato ai soggetti di cui all'alinea
del presente comma, nei confronti dei quali sia accertata la
responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto previsto nelle
lettere da a) a q), di recedere dalla societa' o dall'associazione o
dall'ente, con particolari modalita' di liquidazione della quota
posseduta, ferma restando l'azione di risarcimento di cui alle lettere
v) e z); disciplinare i termini e le forme con cui tale diritto puo'
essere esercitato e prevedere che la liquidazione della quota sia fatta
in base al suo valore al momento del recesso determinato a norma degli
articoli 2289, secondo comma, e 2437 del codice civile; prevedere
altresi' che la liquidazione della quota possa aver luogo anche con
onere a carico dei predetti soggetti, e prevedere che in tal caso il
recedente, ove non ricorra l'ipotesi prevista dalla lettera l), numero
3), debba richiedere al Presidente del tribunale del luogo in cui i
soggetti hanno la sede legale la nomina di un curatore speciale cui
devono essere delegati tutti i poteri gestionali comunque inerenti alle
attivita' necessarie per la liquidazione della quota, compresa la
capacita' di stare in giudizio; agli oneri per la finanza pubblica
derivanti dall'attuazione della presente lettera si provvede mediante
gli ordinari stanziamenti di bilancio per liti ed arbitraggi previsti
nello stato di previsione del Ministero della giustizia;
u) prevedere che l'azione sociale di responsabilita' nei confronti degli
amministratori delle persone giuridiche e delle societa', di cui sia
stata accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a
quanto previsto nelle lettere da a) a q), sia deliberata dall'assemblea
con voto favorevole di almeno un ventesimo del capitale sociale nel caso
in cui questo sia inferiore a lire cinquecento milioni e di almeno di un
quarantesimo negli altri casi; disciplinare coerentemente le ipotesi di
rinuncia o di transazione dell'azione sociale di responsabilita';
v) prevedere che il riconoscimento del danno a seguito dell'azione di
risarcimento spettante al singolo socio o al terzo nei confronti degli
amministratori dei soggetti di cui all'alinea del presente comma, di cui
sia stata accertata la responsabilita' amministrativa con riferimento a
quanto previsto nelle lettere da a) a q), non sia vincolato dalla
dimostrazione della sussistenza di nesso di causalita' diretto tra il
fatto che ha determinato l'accertamento della responsabilita' del
soggetto ed il danno subito; prevedere che la disposizione non operi nel
caso in cui il reato e' stato commesso da chi e' sottoposto alla
direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di rappresentanza o di
amministrazione o di direzione, ovvero esercita, anche di fatto, poteri
di gestione e di controllo, quando la commissione del reato e' stata
resa possibile dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali
funzioni;
z) prevedere che le disposizioni di cui alla lettera v) si applicano
anche nell'ipotesi in cui l'azione di risarcimento del danno e' proposta
contro l'azionista, il socio o l'associato ai soggetti di cui all'alinea
del presente comma che sia stato consenziente o abbia svolto, anche
indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di
amministrazione, anteriormente alla commissione del fatto che ha
determinato l'accertamento della responsabilita' dell'ente.
2. Ai fini del comma 1, per «persone giuridiche» si intendono gli enti
forniti di personalita' giuridica, eccettuati lo Stato e gli altri enti
pubblici che esercitano pubblici poteri.
3. Il Governo e' altresi' delegato ad emanare, con il decreto
legislativo di cui al comma 1, le norme di coordinamento con tutte le
altre leggi dello Stato, nonche' le norme di carattere transitorio.».
- Il testo del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione
delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui
alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 9 ottobre 2003, n. 235, supplemento ordinario.
- Il testo della direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e
di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti
dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima direttiva
particolare ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva
89/391/CEE), e'. pubblicato nella G.U.U.E. 30 aprile 2004, n. L 159.
Entrata in vigore il 30 aprile 2004.
- Il testo del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187 (Rettifica di
errori materiali contenuti nella Del.Aut.en.el. e gas 4 agosto 2005, n.
177/05. (Deliberazione n. 187/05)), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 2005, n. 222.
- Attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti da vibrazioni meccaniche), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 21 settembre 2005, n. 220.
- Il testo della direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 5 aprile 2006, sulle prescrizioni minime di sicurezza e
di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti
dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali) (diciannovesima
direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della
direttiva 89/391/CEE), e' pubblicato nella G.U.U.E. 27 aprile 2006, n. L
114. Entrata in vigore il 27 aprile 2006.
- Il testo della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (Disposizioni per
l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle
Comunita' europee - legge comunitaria 2006), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 17 febbraio 2007, n. 40, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257 (Attuazione
della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di
salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (campi elettromagnetici)), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 11 gennaio 2008, n. 9.
Note all'art. 1:
- Il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123 del 2007, e' il
seguente:
«Art. 1 (Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa
in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro). - 1. Il
Governo e' delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, in conformita' all'art.
117 della Costituzione e agli statuti delle Regioni a statuto speciale e
delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di
attuazione, e garantendo l'uniformita' della tutela dei lavoratori sul
territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo
alle differenze di genere e alla condizione delle lavoratrici e dei
lavoratori immigrati.
2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati, realizzando il necessario
coordinamento con le disposizioni vigenti, nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi generali:
a) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto
delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in
materia, in ottemperanza a quanto disposto dall'art. 117 della
Costituzione;
b) applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul
lavoro a tutti i settori di attivita' e a tutte le tipologie di rischio,
anche tenendo conto delle peculiarita' o della particolare pericolosita'
degli stessi e della specificita' di settori ed ambiti lavorativi, quali
quelli presenti nella pubblica amministrazione, come gia' indicati
nell'art. 1, comma 2, e nell'art. 2, comma 1, lettera b), secondo
periodo, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, nel rispetto delle competenze in materia di sicurezza
antincendio come definite dal decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139,
e del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 18 dicembre 2006, nonche' assicurando il coordinamento,
ove necessario, con la normativa in materia ambientale;
c) applicazione della normativa in materia di tutela della salute e
sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e
subordinati, nonche' ai soggetti ad essi equiparati prevedendo:
1) misure di particolare tutela per determinate categorie di lavoratori
e lavoratrici e per specifiche tipologie di lavoro o settori di
attivita';
2) adeguate e specifiche misure di tutela per i lavoratori autonomi, in
relazione ai rischi propri delle attivita' svolte e secondo i principi
della raccomandazione 2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003;
d) semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di
salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nel pieno
rispetto dei livelli di tutela, con particolare riguardo alle piccole,
medie e micro imprese; previsione di forme di unificazione documentale;
e) riordino della normativa in materia di macchine, impianti,
attrezzature di lavoro, opere provvisionali e dispositivi di protezione
individuale, al fine di operare il necessario coordinamento tra le
direttive di prodotto e quelle di utilizzo concernenti la tutela della
salute e la sicurezza sul lavoro e di razionalizzare il sistema pubblico
di controllo;
f) riformulazione e razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio,
amministrativo e penale, per la violazione delle norme vigenti e per le
infrazioni alle disposizioni contenute nei decreti legislativi emanati
in attuazione della presente legge, tenendo conto della responsabilita'
e delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con riguardo in
particolare alla responsabilita' del preposto, nonche' della natura
sostanziale o formale della violazione, attraverso:
1) la modulazione delle sanzioni in funzione del rischio e
l'utilizzazione di strumenti che favoriscano la regolarizzazione e
l'eliminazione del pericolo da parte dei soggetti destinatari dei
provvedimenti amministrativi, confermando e valorizzando il sistema del
decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;
2) determinazione delle sanzioni penali dell'arresto e dell'ammenda,
previste solo nei casi in cui le infrazioni ledano interessi generali
dell'ordinamento, individuati in base ai criteri ispiratori degli
articoli 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni, da comminare in via esclusiva ovvero alternativa, con
previsione della pena dell'ammenda fino a euro ventimila per le
infrazioni formali, della pena dell'arresto fino a tre anni per le
infrazioni di particolare gravita', della pena dell'arresto fino a tre
anni ovvero dell'ammenda fino a euro centomila negli altri casi;
3) previsione della sanzione amministrativa consistente nel pagamento di
una somma di denaro fino ad euro centomila per le infrazioni non punite
con sanzione penale;
4) la graduazione delle misure interdittive in dipendenza della
particolare gravita' delle disposizioni violate;
5) il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed associazioni dei
familiari delle vittime della possibilita' di esercitare, ai sensi e per
gli effetti di cui agli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale,
i diritti e le facolta' attribuiti alla persona offesa, con riferimento
ai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano
determinato una malattia professionale;
6) previsione della destinazione degli introiti delle sanzioni
pecuniarie per interventi mirati alla prevenzione, a campagne di
informazione e alle attivita' dei dipartimenti di prevenzione delle
aziende sanitarie locali;
g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle
funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, compreso il
medico competente, anche attraverso idonei percorsi formativi, con
particolare riferimento al rafforzamento del ruolo del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza territoriale; introduzione della figura
del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo;
h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli organismi
paritetici, anche quali strumento di aiuto alle imprese
nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a
garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
i) realizzazione di un coordinamento su tutto il territorio nazionale
delle attivita' e delle politiche in materia di salute e sicurezza sul
lavoro, finalizzato all'emanazione di indirizzi generali uniformi e alla
promozione dello scambio di informazioni anche sulle disposizioni
italiane e comunitarie in corso di approvazione, nonche' ridefinizione
dei compiti e della composizione, da prevedere su base tripartita e di
norma paritetica e nel rispetto delle competenze delle regioni e delle
province autonome di cui all'art. 117 della Costituzione, della
commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
l'igiene del lavoro e dei comitati regionali di coordinamento;
l) valorizzazione, anche mediante rinvio legislativo, di accordi
aziendali, territoriali e nazionali, nonche', su base volontaria, dei
codici di condotta ed etici e delle buone prassi che orientino i
comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i principi della
responsabilita' sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti
interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
m) previsione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei
lavoratori autonomi, fondato sulla specifica esperienza, ovvero sulle
competenze e conoscenze in materia di tutela della salute e sicurezza
sul lavoro, acquisite attraverso percorsi formativi mirati;
n) definizione di un assetto istituzionale fondato sull'organizzazione e
circolazione delle informazioni, delle linee guida e delle buone
pratiche utili a favorire la promozione e la tutela della salute e
sicurezza sul lavoro, anche attraverso il sistema informativo nazionale
per la prevenzione nei luoghi di lavoro, che valorizzi le competenze
esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o duplicazione di interventi;
o) previsione della partecipazione delle parti sociali al sistema
informativo, costituito da Ministeri, regioni e province autonome,
Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL), Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e
Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro
(ISPESL), con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del
lavoro (CNEL), e del concorso allo sviluppo del medesimo da parte degli
organismi paritetici e delle associazioni e degli istituti di settore a
carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute
delle donne;
p) promozione della cultura e delle azioni di prevenzione attraverso:
1) la realizzazione di un sistema di governo per la definizione, tramite
forme di partecipazione tripartita, di progetti formativi, con
particolare riferimento alle piccole, medie e micro imprese, da
indirizzare, anche attraverso il sistema della bilateralita', nei
confronti di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale;
2) il finanziamento degli investimenti in materia di salute e sicurezza
sul lavoro delle piccole, medie e micro imprese, i cui oneri siano
sostenuti dall'INAIL, nell'ambito e nei limiti delle spese istituzionali
dell'Istituto. Per tali finanziamenti deve essere garantita la
semplicita' delle procedure;
3) la promozione e la divulgazione della cultura della salute e della
sicurezza sul lavoro all'interno dell'attivita' scolastica ed
universitaria e nei percorsi di formazione, nel rispetto delle
disposizioni vigenti e in considerazione dei relativi principi di
autonomia didattica e finanziaria;
q) razionalizzazione e coordinamento delle strutture centrali e
territoriali di vigilanza nel rispetto dei principi di cui all'art. 19
del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, e dell'art. 23, comma
4, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, al fine di rendere piu' efficaci gli interventi di
pianificazione, programmazione, promozione della salute, vigilanza, nel
rispetto dei risultati verificati, per evitare sovrapposizioni,
duplicazioni e carenze negli interventi e valorizzando le specifiche
competenze, anche riordinando il sistema delle amministrazioni e degli
enti statali aventi compiti di prevenzione, formazione e controllo in
materia e prevedendo criteri uniformi ed idonei strumenti di
coordinamento;
r) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il lavoratore e la
lavoratrice subordinati e per i soggetti ad essi equiparati in relazione
all'adozione delle misure relative alla sicurezza e alla salute dei
lavoratori e delle lavoratrici;
s) revisione della normativa in materia di appalti prevedendo misure
dirette a:
1) migliorare l'efficacia della responsabilita' solidale tra appaltante
ed appaltatore e il coordinamento degli interventi di prevenzione dei
rischi, con particolare riferimento ai subappalti, anche attraverso
l'adozione di meccanismi che consentano di valutare l'idoneita'
tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private, considerando il
rispetto delle norme relative alla salute e sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro quale elemento vincolante per la partecipazione alle
gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad
agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza
pubblica;
2) modificare il sistema di assegnazione degli appalti pubblici al
massimo ribasso, al fine di garantire che l'assegnazione non determini
la diminuzione del livello di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori;
3) modificare la disciplina del codice dei contratti pubblici relativi a
lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile
2006, n. 163, prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano
essere specificamente indicati nei bandi di gara e risultare congrui
rispetto all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o
delle forniture oggetto di appalto;
t) rivisitazione delle modalita' di attuazione della sorveglianza
sanitaria, adeguandola alle differenti modalita' organizzative del
lavoro, ai particolari tipi di lavorazioni ed esposizioni, nonche' ai
criteri ed alle linee guida scientifici piu' avanzati, anche con
riferimento al prevedibile momento di insorgenza della malattia;
u) rafforzare e garantire le tutele previste dall'art. 8 del decreto
legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
v) introduzione dello strumento dell'interpello previsto dall'art. 9 del
decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, e successive modificazioni,
relativamente a quesiti di ordine generale sull'applicazione della
normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,individuando il
soggetto titolare competente a fornire tempestivamente la risposta.
3. I decreti di cui al presente articolo non possono disporre un
abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela o una
riduzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro
rappresentanze.
4. I decreti di cui al presente articoli sono adottati nel rispetto
della procedura di cui all'art. 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della
salute, delle infrastrutture, limitatamente a quanto previsto dalla
lettera s) del comma 2, dello sviluppo economico, limitatamente a quanto
previsto dalla lettera e) del comma 2, di concerto con il Ministro per
le politiche europee, il Ministro della giustizia, il Ministro
dell'economia e delle finanze e il Ministro della solidarieta' sociale,
limitatamente a quanto previsto dalla lettera l) del comma 2, nonche'
gli altri Ministri competenti per materia, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano e sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di
lavoro.
5. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione
preliminare del Consiglio dei Ministri, sono trasmessi alla Camera dei
deputati ed al Senato della Repubblica perche' su di essi siano
espressi, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri
delle Commissioni competenti per materia e per i profili finanziari.
Decorso tale termine i decreti sono emanati anche in mancanza dei
pareri. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari di
cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza
dei termini previsti ai commi 1 e 6 o successivamente, questi ultimi
sono prorogati di tre mesi.
6. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui
al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati dal
presente articolo, il Governo puo' adottare, attraverso la procedura di
cui ai commi 4 e 5, disposizioni integrative e correttive dei decreti
medesimi.
7. Dall'attuazione dei criteri di delega recati dal presente articolo,
con esclusione di quelli di cui al comma 2, lettera p), numeri 1) e 2),
non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. A tale fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della
presente delega le amministrazioni competenti provvedono attraverso una
diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali ed
economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.
7-bis. Per l'attuazione del principio di delega di cui al comma 2,
lettera p), e' previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro a
decorrere dal 1° gennaio 2008.».
- Per il testo dell'art. 117 della Costituzione, si veda nota alle
premesse.
- Il testo dell'art. 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11
(Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo
dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari), e' il seguente:
«Art. 16 (Attuazione delle direttive comunitarie da parte delle regioni
e delle province autonome). - 1.-2. (Omissis).
3. Ai fini di cui all'art. 117, quinto comma, della Costituzione, le
disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli
obblighi comunitari, nelle materie di competenza legislativa delle
regioni e delle province autonome, si applicano, per le regioni e le
province autonome, alle condizioni e secondo la procedura di cui
all'art. 11, comma 8, secondo periodo.».
- Il testo del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in
materia di protezione dei dati personali), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 29 luglio 2003, n. 174, supplemento ordinario.
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente
decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia
contrattuale, svolge un'attivita' lavorativa nell'ambito
dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o
senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,
un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e
familiari. Al lavoratore cosi' definito e' equiparato: il socio
lavoratore di cooperativa o di societa', anche di fatto, che presta la
sua attivita' per conto delle societa' e dell'ente stesso; l'associato
in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice
civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi
e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n.
196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse
al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di
agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del
mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari
e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si
faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti
chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di
videoterminali
limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato
alla strumentazioni o ai laboratori in questione; [il volontario, come
definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266;] i volontari del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; [il volontario
che effettua il servizio civile;] il lavoratore di cui al decreto
legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;(*)
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con
il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'assetto
dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria
attivita', ha la responsabilita' dell'organizzazione stessa o
dell'unita' produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di
spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si
intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale,
individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo
conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei quali
viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri decisionali e di
spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non
conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con
l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore di
lavoro pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze professionali e
di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico
conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando
l'attivita' lavorativa e vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze professionali e
nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura
dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attivita' lavorativa e
garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la
corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale
potere di iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»: persona in
possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui
all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per
coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in
possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui
all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e dei
requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che
collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il
datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed e' nominato
dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli
altri compiti di cui al presente decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona eletta o
designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti
della salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme delle
persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati
all'attivita' di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i
lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici, finalizzati alla
tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione
all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle
modalita' di svolgimento dell'attivita' lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure necessarie
anche secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica,
per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute
della popolazione e dell'integrita' dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non
consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermita';
p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»: complesso dei
soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione delle parti
sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento finalizzati a
migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti
i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell'ambito
dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attivita',
finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di
protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;
r) «pericolo»: proprieta' o qualita' intrinseca di un determinato
fattore avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilita' di raggiungimento del livello potenziale di
danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato
fattore o agente oppure alla loro combinazione;
t) «unita' produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla
produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia
finanziaria e tecnico funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da
un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un
organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia
obbligatoria;
v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la
normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate
volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui
luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento
delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni,
dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro
(ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui
all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui
all'articolo 6, previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a
assicurarne la piu' ampia diffusione;
z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per l'applicazione
della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai
Ministeri, dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e approvati in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano;
aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale trasferire ai
lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e
protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di
competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in
azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei
rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attivita' dirette a fornire
conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione
dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) «addestramento»: complesso delle attivita' dirette a fare apprendere
ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti,
sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure
di lavoro;
dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello organizzativo e
gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica aziendale
per la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera
a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i
reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale,
commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela
della salute sul lavoro;
ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di una o
piu' associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente
piu' rappresentative sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per:
la programmazione di attivita' formative e l'elaborazione e la raccolta
di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti
alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese
finalizzata all'attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra
attivita' o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti
collettivi di riferimento;
ff) «responsabilita' sociale delle imprese»: integrazione volontaria
delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e
organizzazioni nelle loro attivita' commerciali e nei loro rapporti con
le parti interessate.
(*) N.d.R.:
Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato
nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 2:
- Il testo dell'art. 2549 del codice civile, e' il seguente:
«Art. 2549 (Nozione). - Con il contratto di associazione in
partecipazione l'associante attribuisce all'associato una partecipazione
agli utili della sua impresa o di uno o piu' affari verso il
corrispettivo di un determinato apporto».
- Il testo dell'art. 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196 (Norme in
materia di promozione dell'occupazione), e' il seguente:
«Art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento). - 1. Al fine di
realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le
scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del
lavoro, attraverso iniziative di tirocini pratici e stages a favore di
soggetti che hanno gia' assolto l'obbligo scolastico ai sensi della
legge 31 dicembre 1962, n. 1859, con decreto del Ministro del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della pubblica
istruzione, dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica,
da adottarsi ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
sono emanate, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, disposizioni nel rispetto dei seguenti principi e
criteri generali:
a) possibilita' di promozione delle iniziative, nei limiti delle risorse
rese disponibili dalla vigente legislazione, anche su proposta degli
enti bilaterali e delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e
dei lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a partecipazione
pubblica e di soggetti privati non aventi scopo di lucro, in possesso
degli specifici requisiti preventivamente determinati in funzione di
idonee garanzie all'espletamento delle iniziative medesime e in
particolare: agenzie regionali per l'impiego e uffici periferici del
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali; universita';
provveditorati agli studi; istituzioni scolastiche non statali che
rilascino titoli di studio con valore legale; centri pubblici di
formazione e/o orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti
in regime di convenzione ai sensi dell'art. 5 della legge 21 dicembre
1978, n. 845; comunita' terapeutiche enti ausiliari e cooperative
sociali, purche' iscritti negli specifici albi regionali, ove esistenti;
servizi di inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti pubblici
delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell'ambito di progetti di orientamento e
di formazione, con priorita' per quelli definiti all'interno di
programmi operativi quadro predisposti dalle regioni, sentite le
organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello
nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite convenzioni
intervenute tra i soggetti di cui alla lettera a) e i datori di lavoro
pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non costituenti rapporti di
lavoro, in misura non superiore a dodici mesi, ovvero a ventiquattro
mesi in caso di soggetti portatori di handicap, da modulare in funzione
della specificita' dei diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di assicurare i tirocinanti
mediante specifica convenzione con l'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e per la
responsabilita' civile e di garantire la presenza di un tutore come
responsabile didattico-organizzativo delle attivita'; nel caso in cui i
soggetti promotori siano le agenzie regionali per l'impiego e gli uffici
periferici del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, il
datore di lavoro ospitante puo' stipulare la predetta convenzione con
l'INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle attivita' svolte
nel corso degli stages e delle iniziative di tirocinio pratico di cui al
comma 1 da utilizzare, ove debitamente certificati, per l'accensione di
un rapporto di lavoro;
g) possibilita' di ammissione, secondo modalita' e criteri stabiliti con
decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, e nei limiti
delle risorse finanziarie preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo
di cui all'art. 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito,
con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, al rimborso
totale o parziale degli oneri finanziari connessi all'attuazione di
progetti di tirocinio di cui al presente articoli a favore dei giovani
del Mezzogiorno presso imprese di regioni diverse da quelle operanti
nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui i progetti lo
prevedano, gli oneri relativi alla spesa sostenuta dall'impresa per il
vitto e l'alloggio del tirocinante;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
i) computabilita' dei soggetti portatori di handicap impiegati nei
tirocini ai fini della legge 2 aprile 1968, n. 482, e successive
modificazioni, purche' gli stessi tirocini siano oggetto di convenzione
ai sensi degli articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
siano finalizzati all'occupazione.».
- Il testo della legge 1° agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul
volontariato), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 agosto 1991, n.
196.
- Il testo del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468 (Revisione
della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'art. 22
della legge 24 giugno 1997, n. 196), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 8 gennaio 1998, n. 5.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni
dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e
le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie,
gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le
Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
- Il testo dell'art. 6, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 8
giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa
delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche
prive di personalita' giuridica, a norma dell'art. 11 della legge 29
settembre 2000, n. 300), e' il seguente:
«Art. 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione
dell'ente). - 1. Se il reato e' stato commesso dalle persone indicate
nell'art. 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della
commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a
prevenire reati della specie di quello verificatosi;».
- Il testo degli articoli 589 e 590, terzo comma del codice penale, e'
il seguente:
«Art. 589 (Omicidio colposo). - Chiunque cagiona per colpa la morte di
una persona e' punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto e' commesso con violazione delle norme sulla disciplina
della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro la pena e' della reclusione da due a cinque anni.
Nel caso di morte di piu' persone, ovvero di morte di una o piu' persone
e di lesioni di una o piu' persone, si applica la pena che dovrebbe
infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse aumentata fino
al triplo, ma la pena non puo' superare gli anni dodici.
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - (Omissis).
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle
norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi e'
della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro
2.000 e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da uno a
tre anni.».
Art. 3.
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di
attivita', privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei
vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei
servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture
giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita'
istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli istituti di
istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione
artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di
ogni ordine e grado, dei coltivatori diretti del fondo, degli
artigiani e dei piccoli commercianti(°), degli uffici all'estero
di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 5
gennaio 1967, n. 18(*) e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi,
le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo
conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio
espletato o alle peculiarità organizzative ivi comprese quelle per la
tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed
attività condotte dalla Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri,
nonché dalle altre Forze di polizia e dal Corpo dei vigili del fuoco,
nonché dal Dipartimento della protezione civile fuori dal territorio
nazionale, individuate entro e non oltre ventiquattro mesi(**)
dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo con
decreti emanati, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400(°), dai Ministri competenti di
concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della
salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione,
acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite
le organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul
piano nazionale nonche', relativamente agli schemi di decreti di
interesse delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri ed il
Corpo della Guardia di finanza, gli organismi a livello nazionale
rappresentativi del personale militare; analogamente si provvede per
quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso
siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici
storici e culturali. Con i successivi decreti, da emanare entro
trentasei
mesi(***) dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro
e della previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le
disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la disciplina
recata dal presente decreto della normativa relativa alle attivita'
lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio
1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27
luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle
disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII del medesimo
decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta
nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione.
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono fatte salve le
disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, nonche' le disposizioni di cui al decreto
legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio
1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le
disposizioni tecniche del decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della Repubblica 7
gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e
dai relativi decreti di attuazione; decorso inutilmente tale termine,
trovano applicazione le disposizioni di cui al presente decreto.
3-bis. Nei
riguardi delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n.
381, e delle organizzazioni di volontariato della protezione civile, ivi
compresi i volontari della Croce Rossa Italiana e del Corpo Nazionale
soccorso alpino e speleologico, e i volontari dei vigili del fuoco, le
disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo
conto delle particolari modalita' di svolgimento delle rispettive
attivita', individuate entro il 31 dicembre 2010 con decreto del
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di
concerto con il Dipartimento della protezione civile e il Ministero
dell'interno, sentita la Commissione consultiva permanente per la salute
e sicurezza sul lavoro.(****)
4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori e
lavoratrici, subordinati e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi
equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del
presente articolo.
5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto di
somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti, del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal comma 5
dell'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti
gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al presente decreto sono
a carico dell'utilizzatore.
6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a
carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del distaccante
di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente
connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egli viene
distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale presso altre
amministrazioni pubbliche, organi o autorita' nazionali, gli obblighi di
cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro designato
dall'amministrazione, organo o autorita' ospitante.
7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61, e
seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e
successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e continuativi
di cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura
civile, le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ove la
prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente.
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni occasionali
di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e
integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte le altre norme
speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute si
applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere
straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e
l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai
disabili.
9. Fermo restando quanto previsto dalla legge 18 dicembre 1973, n.
877, ai lavoratori a domicilio ed ai(°) lavoratori che rientrano nel campo di
applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati
trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui
agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i necessari
dispositivi di protezione individuali in relazione alle effettive
mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca
attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature
devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione
continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico e
telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo sul
telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di
cui al titolo VII, indipendentemente dall'ambito in cui si svolge la
prestazione stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca
attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature
devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III. I
lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le
politiche aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in
particolare in ordine alle esigenze relative ai videoterminali ed
applicano correttamente le direttive aziendali di sicurezza. Al fine di
verificare la corretta attuazione della normativa in materia di tutela
della salute e sicurezza da parte del lavoratore a distanza, il datore
di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorita' competenti
hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti della
normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso
essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la
prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza
puo' chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l'adozione di
misure dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza
rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di
incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni dell'azienda,
nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del
codice civile si applicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26.
12. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis del codice civile, dei coltivatori diretti del
fondo, degli artigiani e dei piccoli commercianti(°) e dei soci delle societa' semplici
operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 21.
12-bis. Nei
confronti dei volontari di cui alla legge 1° agosto 1991, n. 266, e dei
volontari che effettuano servizio civile si applicano le disposizioni
relative ai lavoratori autonomi di cui all'articolo 21. Con accordi tra
il volontario e l'associazione di volontariato o l'ente di servizio
civile possono essere individuate le modalita' di attuazione della
tutela di cui al precedente periodo. Ove il volontario svolga la propria
prestazione nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro,
questi e' tenuto a fornire al volontario dettagliate informazioni sui
rischi specifici esistenti negli ambienti in cui e' chiamato ad operare
e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla
propria attivita'. Egli e' altresi' tenuto ad adottare le misure utili
ad eliminare o, ove cio' non sia possibile, ridurre al minimo i rischi
da interferenze tra la prestazione del volontario e altre attivita' che
si svolgano nell'ambito della medesima organizzazione.(****)
13. In considerazione della specificita' dell'attivita' esercitata dalle
imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il Ministro del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della
salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel
rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia
di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e limitatamente alle imprese
che impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le
cinquanta giornate lavorative e per un numero complessivo di lavoratori
compatibile con gli ordinamenti colturali aziendali, provvede ad emanare
disposizioni per semplificare gli adempimenti relativi all'informazione,
formazione e sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto,
sentite le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu'
rappresentative del settore sul piano nazionale. I contratti collettivi
stipulati dalle predette organizzazioni definiscono specifiche modalita'
di attuazione delle previsioni del presente
decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la tipologia di
lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.
(*) N.d.R.: Periodo aggiunto dall'art. 29, c. 2 della L. 18 giugno 2009, n. 69, pubblicata nella G.U. n. 140 del 19.6.2009, S.O. n. 95/L
(**) N.d.R.: Termine così prorogato per effetto del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, pubblicato nella G.U. n. 304 del 31.12.2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 14/2009, pubblicata nella G.U. n. 49 del 28.2.2009, S.O. n. 28/L.
(***) N.d.R.: Termine così prorogato, da ultimo, per effetto del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, pubblicato nella G.U. n. 302 del 30.12.2009, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25, pubblicata nella G.U. n. 48 del 27.2.2010, S.O. n. 39/L.
(****) N.d.R.: Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(°) N.d.R.:
Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato
nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 3:
- Per i riferimenti della legge n. 266 del 1991, si veda nota all'art.
2.
- Il testo dell'art. 17, commi 2 e 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri), e' il seguente:
«Art. 17 (Regolamenti). - 1. (Omissis).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i
regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva
assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta' regolamentare
del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e
dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata
in vigore delle norme regolamentari.
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle
materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate al
Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali
regolamenti, per materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessita' di
apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali
ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei
regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al
Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.».
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271 (Adeguamento
della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori marittimi a
bordo delle navi mercantili da pesca nazionali, a norma della legge 31
dicembre 1998, n. 485), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto
1999, n. 185, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272 (Adeguamento
della normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori
nell'espletamento di operazioni e servizi portuali, nonche' di
operazioni di manutenzione, riparazione e trasformazione delle navi in
ambito portuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485), e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999, n. 185, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298 (Attuazione
della direttiva 93/103/CE relativa alle prescrizioni minime di sicurezza
e di salute per il lavoro a bordo delle navi da pesca), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 27 agosto 1999, n. 201.
- Il testo della legge 26 aprile 1974, n. 191 (Prevenzione degli
infortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestiti dall'Azienda
autonoma delle ferrovie dello Stato), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 24 maggio 1974, n. 134.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto legislativo n. 626
del 1994, e' il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei servizi di
protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture giudiziarie,
penitenziarie, di quelle destinate per finalita' istituzionali alle
attivita' degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza
pubblica, delle universita', degli istituti di istruzione universitaria,
degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli
archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello
Stato delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di
trasporto aerei e marittimi, le norme del presente decreto sono
applicate tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio
espletato, individuate con decreto del Ministro competente di concerto
con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della sanita' e
della funzione pubblica.».
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955,
n. 547 (Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro), e'
pubblicato nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio
1955, n. 158.
- Per i riferimenti del citato decreto del Presidente delle Repubblica
n. 164 del 1956, si veda nota alle premesse.
- Gli articoli da 20 a 28 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003
sono compresi nel titolo III capo I (Somministrazione di lavoro) dello
stesso decreto.
- Il testo dell'art. 23, comma 5 del citato decreto legislativo n. 276
del 2003, e' il seguente:
«Art. 23 (Tutela del prestatore di lavoro esercizio del potere
disciplinare e regime della solidarieta). - 1.-4. (Omissis).
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e
la salute connessi alle attivita' produttive in generale e li forma e
addestra all'uso delle attrezzature di lavoro necessarie allo
svolgimento della attivita' lavorativa per la quale essi vengono assunti
in conformita' alle disposizioni recate dal decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. Il
contratto di somministrazione puo' prevedere che tale obbligo sia
adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta indicazione nel
contratto con il lavoratore. Nel caso in cui le mansioni cui e' adibito
il prestatore di lavoro richiedano una sorveglianza medica speciale o
comportino rischi specifici, l'utilizzatore ne informa il lavoratore
conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni ed integrazioni. L'utilizzatore
osserva altresi', nei confronti del medesimo prestatore, tutti gli
obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed
e' responsabile per la violazione degli obblighi di sicurezza
individuati dalla legge e dai contratti collettivi.».
- Il testo dell'art. 30 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003,
e' il seguente:
«Art. 30 (Distacco). - 1. L'ipotesi del distacco si configura quando un
datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone
temporaneamente uno o piu' lavoratori a disposizione di altro soggetto
per l'esecuzione di una determinata attivita' lavorativa.
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane responsabile del
trattamento economico e normativo a favore del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni deve avvenire con
il consenso del lavoratore interessato. Quando comporti un trasferimento
a una unita' produttiva sita a piu' di 50 km da quella in cui il
lavoratore e' adibito, il distacco puo' avvenire soltanto per comprovate
ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
4. Resta ferma la disciplina prevista dall'art. 8, comma 3, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni,
dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di quanto disposto dal
comma 1, il lavoratore interessato puo' chiedere, mediante ricorso
giudiziale a norma dell'art. 414 del codice di procedura civile,
notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la
prestazione, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di
quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell'art. 27, comma
2.».
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto legislativo n. 165
del 2001, e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni
dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e
le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad
ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie,
gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici
non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la
rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le
Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
- Gli articoli da 61 a 69 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003
sono compresi nel titolo VII, capo I (Lavoro a progetto e lavoro
occasionale) dello stesso decreto.
- Il testo dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura
civile, e' il seguente:
«Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). Si osservano le
disposizioni del presente capo nelle controversie relative a:
1)-2) (Omissis).
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti
di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera
continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a
carattere subordinato;».
- Gli articoli da 70 a 74 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003
sono compresi nel titolo VII - capo II (Prestazioni occasionali di tipo
accesssorio rese da particolari soggetti) dello stesso decreto.
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove norme per la
tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 5
gennaio 1974, n. 5.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n.
70 (Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle pubbliche
amministrazioni, a norma dell'art. 4, comma 3, della legge 16 giugno
1998, n. 191), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1999, n.
70.
- Il testo dell'art. 2222 del codice civile e' il seguente:
«Art. 2222 (Contratto d'opera). - Quando una persona si obbliga a
compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro
prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti
del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il
rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV.».
- Il testo dell'art. 230-bis del codice civile e' il seguente:
«Art. 230-bis (Impresa familiare). - Salvo che sia configurabile un
diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua
attivita' di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto
al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e
partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con
essi nonche' agli incrementi dell'azienda, anche in ordine
all'avviamento, in proporzione alla quantita' e qualita' del lavoro
prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli
incrementi nonche' quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli
indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a
maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa. I
familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacita' di
agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potesta' su di
essi.
Il lavoro della donna e' considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come
familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro
il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i
parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma e intrasferibile,
salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel
comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso puo' essere
liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della
prestazione del lavoro, ed altresi' in caso di alienazione dell'azienda.
Il pagamento puo' avvenire in piu' annualita', determinate, in difetto
di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i
partecipi di cui al primo comma hanno diritto di prelazione
sull'azienda. Si applica, nei limiti in cui e' compatibile, la
disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono
regolate dagli usi che non contrastino con le precedenti norme.».
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile e' il seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli imprenditori i
coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e
coloro che esercitano un'attivita' professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».
Art. 4.
Computo dei lavoratori
1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale
il presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi non
sono computati:
a) i collaboratori familiari di cui all'articolo 230-bis del codice
civile;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di
orientamento [di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196,
e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al
fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di
agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del
mondo del lavoro;](*)
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i
partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia
uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici e biologici, ivi comprese le attrezzature munite di
videoterminali;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, ai
sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla
conservazione del posto di lavoro;
e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo accessorio
ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonche' prestazioni
che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 74 del
medesimo decreto.
f) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove la loro
attivita' non sia svolta in forma esclusiva a favore del datore di
lavoro committente;
g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, i
volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione
civile e i volontari che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al
decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive
modificazioni;
i) i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile,
fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409,
primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, nonche' i lavoratori
a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, ove la loro
attivita' non sia svolta in forma esclusiva a favore del committente.
l-bis) i
lavoratori in prova(**)
2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai sensi
degli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni, e i lavoratori assunti a tempo
parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, e
successive modificazioni, si computano sulla base del numero di ore di
lavoro effettivamente prestato nell'arco di un semestre.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell'ambito delle attivita'
stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7
ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni, nonche' di quelle
individuate dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle
organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente
piu' rappresentative, il personale in forza si computa a prescindere
dalla durata del contratto e dall'orario di lavoro effettuato.
4. Il numero degli operai impiegati a tempo determinato, anche
stagionali, nel settore agricolo si computa per frazioni di unita'
lavorative anno (ULA) come individuate sulla base della normativa
comunitaria.(***)
(*) N.d.R.: Periodo soppresso dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(**) N.d.R.: Lettera aggiunta dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(***) N.d.R.:
Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U.
n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 4:
- Per il testo dell'art. 230-bis del Codice civile, si veda nota
all'art. 3.
- Per il testo dell'art. 18 della citata legge n. 196 del 1997, si veda
nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368,
(Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), e'
il seguente:
«Art. 1 (Apposizione del termine). - 01. Il contratto di lavoro
subordinato e' stipulato di regola a tempo indeterminato.
1. E' consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto
di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico,
produttivo, organizzativo o sostitutivo.
2. L'apposizione del termine e' priva di effetto se non risulta,
direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono
specificate le ragioni di cui al comma 1.
3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal datore di lavoro
al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall'inizio della
prestazione.
4. La scrittura non e' tuttavia necessaria quando la durata del rapporto
di lavoro, puramente occasionale, non sia superiore a dodici giorni.».
- Il testo dell'art. 74 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003,
e' il seguente:
«Art. 74 (Prestazioni che esulano dal mercato del lavoro). - 1. Con
specifico riguardo alle attivita' agricole non integrano in ogni caso un
rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da
parenti e affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o
ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto,
obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di
mantenimento e di esecuzione dei lavori.».
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove norme per la
tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del 5 gennaio 1974, n. 5.
- Per i riferimenti della citata legge n. 266 del 1991, del decreto
legislativo n. 468 del 1997, si veda nota all'art. 2.
- Per il testo dell'art. 2222 del codice civile, dell'art. 409, primo
comma, n. 3, del codice di procedura civile, si veda nota all'art. 3.
- Per i riferimenti agli articoli da 20 a 28 e da 61 a 69 del citato
decreto legislativo n. 276 del 2003, si veda nota all'art. 3.
- Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, (Attuazione
della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo-quadro sul lavoro a tempo
parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2000, n. 66.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963,
n. 1525, (Elenco che determina le attivita' a carattere stagionale di
cui all'art. 1, comma secondo, lettera a), della legge 18 aprile 1962,
n. 230, sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1963, n. 307.
Capo II
Sistema istituzionale
Art. 5.
Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per
il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di
salute e sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, è istituito il Comitato per l'indirizzo e
la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale
delle attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul
lavoro. Il Comitato e' presieduto dal Ministro del lavoro, della salute
e delle politiche sociali ed e'
composto da:
a) tre rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali;
b) un rappresentante del Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali;
c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di Trento e
di Bolzano.(*)
2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un rappresentante
dell'INAIL, uno dell'ISPESL e uno dell'Istituto di previdenza per il
settore marittimo (IPSEMA).
3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la piu' completa
attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, ha
il compito di:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di
salute e sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell'azione pubblica di
miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di
intervento dell'azione di vigilanza, i piani di attivita' e i progetti
operativi a livello nazionale, tenendo conto delle indicazioni
provenienti dai comitati regionali di coordinamento e dai programmi di
azione individuati in sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello nazionale in
materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti istituzionali al
fine di promuovere l'uniformita' dell'applicazione della normativa
vigente;
f) individuare le priorita' della ricerca in tema di prevenzione dei
rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2, lettere
a), b), e), f), le parti sociali sono consultate preventivamente.
Sull'attuazione delle azioni intraprese e' effettuata una verifica con
cadenza almeno annuale.
5. Le modalita' di funzionamento del comitato sono fissate con
regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al
numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali appositamente assegnato.
6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai
sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennita' di missione.
(*) N.d.R.:
Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato
nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Art. 6.
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali e'
istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
sul lavoro. La Commissione e' composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali
che la presiede;
b) un rappresentante del Presidenza del Consiglio dei Ministri -
Dipartimento per le pari opportunità;(*)
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri-
Dipartimento della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome di
Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale;
o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa,
comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
2. Per ciascun componente puo' essere nominato un supplente, il quale
interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai lavori della
Commissione possono altresi' partecipare rappresentanti di altre
amministrazioni centrali dello Stato in ragione di specifiche tematiche
inerenti le relative competenze, con particolare riferimento a quelle
relative alla materia dell'istruzione per le problematiche di cui
all'articolo 11, comma 1, lettera c).
3. All'inizio di ogni mandato la Commissione puo' istituire comitati
speciali permanenti, dei quali determina la composizione e la funzione.
4. La Commissione si avvale della consulenza degli istituti pubblici con
competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e puo' richiedere
la partecipazione di esperti nei diversi settori di interesse.
5. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con
decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, su
designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque anni.
6. Le modalita' di funzionamento della commissione sono fissate con
regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al
numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali
appositamente assegnato.
7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare ai
sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennita' di missione.
8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e
sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il
perfezionamento della legislazione vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di cui
all'articolo 5;
c) definire le attivita' di promozione e le azioni di prevenzione di cui
all'articolo 11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema
informativo di cui all'articolo 8, una relazione sullo stato di
applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul suo possibile
sviluppo, da trasmettere alle commissioni parlamentari competenti e ai
presidenti delle regioni;
f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure
standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli
indici infortunistici di settore. Tali procedure vengono
recepite con decreto dei Ministeri del lavoro e della previdenza
sociale, della salute e dell'interno acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano;
g) definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui
all'articolo 27. Il sistema di qualificazione delle imprese e'
disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, acquisito il
parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta ed
etici, adottati su base volontaria, che, in considerazione delle
specificita' dei settori produttivi di riferimento, orientino i
comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i principi della
responsabilita' sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti
interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
i) valutare le problematiche connesse all'attuazione delle direttive
comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in materia di
salute e sicurezza del lavoro;
l) promuovere la considerazione della differenza di genere in relazione
alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure di
prevenzione;
m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai fini di
cui all'articolo 30.
m-bis)
elaborare criteri di qualificazione della figura del formatore per la
salute e sicurezza sul lavoro, anche tenendo conto delle peculiarita'
dei settori di riferimento;
m-ter) elaborare le procedure standardizzate per la redazione del
documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3,
anche previa individuazione di tipologie di attivita' per le quali
l'obbligo in parola non operi in quanto l'interferenza delle lavorazioni
in tali ambiti risulti irrilevante;
m-quater) elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del
rischio da stress lavoro-correlato.(**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.:
Lettere aggiunte dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella
G.U. n. 180 del 5.8.2009
Art. 7.
Comitati regionali di coordinamento
1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di
interventi, nonche' uniformita' degli stessi ed il necessario raccordo
con il Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione di cui
all'articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera il
comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.
Art. 8.
Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro
1. E' istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione
(SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per orientare,
programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attivita' di
prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali,
relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti
assicurativi pubblici, e per indirizzare le attivita' di vigilanza,
attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni disponibili negli
attuali sistemi informativi, anche tramite l'integrazione di specifici
archivi e la creazione di banche dati unificate.
2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 e' costituito dal Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dal
Ministero dell'interno, dalle regioni e dalle province autonome di
Trento e di Bolzano, dall'INAIL, dall'IPSEMA e dall'ISPESL, con il
contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).
Allo sviluppo del medesimo concorrono gli organismi paritetici e gli
istituti di settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si
occupano della salute delle donne.
3. L'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP e, a
tale fine, e' titolare del trattamento dei dati, secondo quanto previsto
dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro 180 giorni
dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo,
vengono definite le regole tecniche per la realizzazione ed il
funzionamento del SINP, nonche' le regole per il trattamento dei dati.
Tali regole sono definite nel rispetto di quanto previsto dal decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi' come modificato ed integrato dal
decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, e dei contenuti del
Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale integrato per la
prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo decreto sono
disciplinate le speciali modalita' con le quali le forze armate e le
forze di polizia partecipano al sistema informativo relativamente alle
attivita' operative e addestrative. Per tale finalita' e' acquisita
l'intesa dei Ministri della difesa, dell'interno e dell'economia e delle
finanze.
5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo avviene
attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi informativi di
cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:
a) il quadro produttivo ed occupazionale;
b) il quadro dei rischi, anche in un'ottica di genere;(*)
c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici;(*)
d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni preposte;
e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni preposte.
e-bis) i dati
degli infortuni sotto la soglia indennizzabile dall'INAIL.(**)
7. La diffusione delle informazioni specifiche e' finalizzata al
raggiungimento di obiettivi di conoscenza utili per le attivita' dei
soggetti destinatari e degli enti utilizzatori. I dati sono resi
disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della
normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
8. Le attivita' di cui al presente articolo sono realizzate dalle
amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse
personali, economiche e strumentali in dotazione.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.: Lettera aggiunta dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 8:
- Per i riferimenti del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si
veda nota all'art. 1.
- Il testo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice
dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
16 maggio 2005, n. 112, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159 (Disposizioni
integrative e correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82,
recante codice dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 29 aprile 2006, n. 99, supplemento ordinario.
Art. 9.
Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro
1. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA sono enti pubblici nazionali con
competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano le
proprie attivita', anche di consulenza, in una logica di sistema con il
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA operano in funzione delle attribuzioni
loro assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in forma coordinata,
per una maggiore sinergia e complementarieta', le seguenti attivita':
a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani triennali di
attivita';
b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in logiche di
conferenza permanente di servizio, per assicurare apporti conoscitivi al
sistema di sostegno ai programmi di intervento in materia di sicurezza e
salute sul lavoro di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), per
verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi e per
studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il
fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali;
c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie, piccole e micro
imprese, anche attraverso forme di sostegno tecnico e specialistico
finalizzate sia al suggerimento dei piu' adatti mezzi, strumenti e
metodi operativi, efficaci alla riduzione dei livelli di rischiosita' in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia all'individuazione degli
elementi di innovazione tecnologica in materia con finalita'
prevenzionali, raccordandosi con le altre istituzioni pubbliche operanti
nel settore e con le parti sociali;
d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia di
salute e sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita' ai criteri
e alle modalita' elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione
e protezione di cui all'articolo 32;
f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e della
sicurezza del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari e
delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica,
previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni interessate;
g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per l'indirizzo
e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale
delle attivita' di vigilanza in materia di salute e sicurezza del lavoro
di cui all'articolo 5;
h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la salute e
sicurezza del lavoro di cui all'articolo 6;
i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v);
l) predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera z);
m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei
luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
3. L'attivita' di consulenza di cui alla lettera c) del comma 2, non
puo' essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al presente
articolo che svolgono attivita' di controllo e verifica degli obblighi
nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I soggetti che
prestano tale attivita' non possono, per un periodo di tre anni dalla
cessazione dell'incarico, esercitare attivita' di controllo e verifica
degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi.
Nell'esercizio dell'attivita' di consulenza non vi e' l'obbligo di
denuncia di cui all'articolo 331 del codice di procedura penale o di
comunicazione ad altre Autorita' competenti delle contravvenzioni
rilevate ove si riscontrino violazioni alla normativa in materia di
salute e sicurezza sul lavoro; in ogni caso, l'esercizio dell'attivita'
di consulenza non esclude o limita la possibilita' per l'ente di
svolgere l'attivita' di controllo e verifica degli obblighi nelle
materie di competenza degli istituti medesimi. Con successivo decreto
del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali per la parte concernente i funzionari dell'ISPESL,
e' disciplinato lo svolgimento dell'attivita' di consulenza e dei
relativi proventi, fermo restando che i compensi percepiti per lo
svolgimento dell'attivita' di consulenza sono devoluti in ragione della
meta' all'ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all'articolo
52, comma 1.
4. L'INAIL fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 della legge
11 marzo 1988, n. 67, dall'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre
1995, n. 549, e dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre
1996, n. 662, nonche' da ogni altra disposizione previgente, svolge, con
la finalita' di ridurre il fenomeno infortunistico e ad integrazione
delle proprie competenze quale gestore dell'assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, i seguenti
compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli del presente
decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici e informativi, i dati
relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro
di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e
sulle malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali e con l'ISPESL;
c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e proposte, della
normazione tecnica in materia;
d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, le prestazioni del
Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono
fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1°
gennaio 2007. Le somme eventualmente riversate all'entrata del
bilancio dello Stato a seguito di economie di gestione realizzatesi
nell'esercizio finanziario sono riassegnate al pertinente capitolo dello
stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali.(*)
d-bis) puo'
erogare prestazioni di assistenza sanitaria riabilitativa non
ospedaliera, previo accordo quadro stipulato in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministero del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero
dell'economia e delle finanze, sentito l'INAIL, che definisca le
modalita' di erogazione delle prestazioni da parte dell'INAIL, senza
oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.(**)
5. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro -
ISPESL e' ente di diritto pubblico, nel settore della ricerca, dotato di
autonomia scientifica, organizzativa, patrimoniale, gestionale e
tecnica. L'ISPESL e' organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario
nazionale di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza,
assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di
prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza
sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita
e di lavoro, del quale si avvalgono gli organi centrali dello Stato
preposti ai settori della salute, dell'ambiente, del lavoro e della
produzione e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. L'ISPESL, nell'ambito delle sue attribuzioni istituzionali, opera
avvalendosi delle proprie strutture centrali e territoriali, garantendo
unitarieta' della azione di prevenzione nei suoi aspetti
interdisciplinari e svolge le seguenti attivita':
a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e
programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione degli
infortuni, e delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro e
della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di
lavoro;
b) interviene nelle materie di competenza dell'Istituto, su richiesta
degli organi centrali dello Stato e delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei controlli che
richiedono un'elevata competenza scientifica. Ai fini della presente
lettera, esegue, accedendo nei luoghi di lavoro, accertamenti e indagini
in materia di salute e sicurezza del lavoro;
c) e' organo tecnico-scientifico delle Autorita' nazionali preposte alla
sorveglianza del mercato ai fini del controllo della conformita' ai
requisiti di sicurezza e salute di prodotti messi a disposizione dei
lavoratori;
d) svolge attivita' di organismo notificato per attestazioni di
conformita' relative alle Direttive per le quali non svolge compiti
relativi alla sorveglianza del mercato;
e) e' titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto di
attrezzature di lavoro sottoposte a tale regime;
f) fornisce consulenza al Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, agli altri Ministeri e
alle regioni e alle province autonome in materia salute e sicurezza del
lavoro;
g) fornisce assistenza al Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali e alle regioni e alle
province autonome per l'elaborazione del Piano sanitario nazionale, dei
piani sanitari regionali e dei piani nazionali e regionali della
prevenzione, per il monitoraggio delle azioni poste in essere nel campo
salute e sicurezza del lavoro e per la verifica del raggiungimento dei
livelli essenziali di assistenza in materia;
h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo informazioni,
formazione, consulenza e assistenza alle strutture operative per la
promozione della salute, prevenzione e sicurezza negli ambienti di
lavoro;
i) può svolgere(***), congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza nei
luoghi di lavoro delle ASL, l'attivita' di vigilanza sulle strutture
sanitarie del Servizio sanitario nazionale;
l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti dalle
attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle strutture del
Servizio sanitario nazionale;
m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere generale e formula,
pareri e proposte circa la congruita' della norma tecnica non
armonizzata ai requisiti di sicurezza previsti dalla legislazione
nazionale vigente;
n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e
delle procedure per la valutazione e la gestione dei rischi e per
l'accertamento dello stato di salute dei lavoratori in relazione a
specifiche condizioni di rischio e contribuisce alla definizione dei
limiti di esposizione;
o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v);
p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro, in qualita' di focal point italiano nel network
informativo dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro;
q) supporta l'attivita' di monitoraggio del Ministero del lavoro, della
salute e delle politiche sociali sulla
applicazione dei livelli essenziali di assistenza relativi alla
sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. L'IPSEMA svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno
infortunistico ed ad integrazione delle proprie competenze quale gestore
dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali del settore marittimo, i seguenti compiti oltre a
quanto previsto negli altri articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati
relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro
di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli infortuni e
sulle malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali e con l'ISPESL;
c) finanzia, nell'ambito e nei limiti delle proprie spese istituzionali,
progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza
sul lavoro;
d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti in materia di
salute per il settore marittimo, anche mediante convenzioni con l'INAIL,
le prestazioni di assistenza sanitaria riabilitativa per i lavoratori
marittimi anche al fine di assicurare il loro reinserimento lavorativo;
e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte del
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, le prestazioni del
Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo.
In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con
riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1° gennaio 2007.
Le somme eventualmente riversate all'entrata del bilancio dello Stato
a seguito di economie di gestione realizzatesi nell'esercizio
finanziario sono riassegnate al pertinente capitolo dello stato di
previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali.(*)
(*) N.d.R.: Periodo aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.: Lettera aggiunta dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.:
Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato
nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 9:
- il testo dell'art. 331 del codice di procedura penale e' il seguente:
«Art. 331 (Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un
pubblico servizio). - 1. Salvo quanto stabilito dall'art. 347, i
pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che,
nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno
notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per
iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il
reato e' attribuito.
2. La denuncia e' presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico
ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.
3. Quando piu' persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo
fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un
fatto nel quale si puo' configurare un reato perseguibile di ufficio,
l'autorita' che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al
pubblico ministero.».
- Il testo dell'art. 12 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 1988)), e' il seguente:
«Art. 12 - 1. L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL), in deroga al disposto dell'art. 14, terzo
comma, lettera q), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, provvede agli
accertamenti, alle certificazioni e ad ogni altra prestazione
medico-legale sui lavoratori infortunati e tecnopatici.
2. Al fine di garantire agli infortunati sul lavoro e ai tecnopatici la
maggiore tempestivita' delle prestazioni da parte dell'INAIL, le regioni
stipulano convenzioni con detto Istituto secondo uno schema-tipo
approvato dal Ministro della sanita', di concerto con il Ministro del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, per disciplinare l'erogazione da
parte dell'Istituto stesso, congiuntamente agli accertamenti
medico-legali, delle prime cure ambulatoriali necessarie in caso di
infortunio sul lavoro e di malattia professionale, e per stabilire gli
opportuni coordinamenti con le unita' sanitarie locali.».
- Il testo dell'art. 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e' il seguente:
«6. L'INAIL puo' destinare in via prioritaria una quota fino al 15 per
cento dei fondi disponibili, su delibera del consiglio di
amministrazione, per la realizzazione o per l'acquisto di immobili,
anche tramite accensione di mutui da destinare a strutture da locare al
servizio sanitario nazionale ovvero a centri per la riabilitazione, da
destinare in via prioritaria agli infortunati sul lavoro e da gestire,
previa intesa con le regioni, nei limiti dello standard di 5,5 posti
letto per mille abitanti, di cui l'1 per mille riservato alla
riabilitazione ed alla lungodegenza post-acuzie.».
- Il testo dell'art. 2, comma 130, della legge 23 dicembre 1996, n. 662
(Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), e' il seguente:
«130. Restano ferme le disposizioni previste per l'INAIL dall'art. 2,
comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, per l'attuazione degli
interventi da realizzare nell'ambito degli indirizzi di programma del
Ministero della sanita' e d'intesa con questo.».
- Il testo dell'art. 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello
Stato (legge finanziaria 2007)), e' il seguente:
«1187. Istituzione del Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime
degli infortuni sul lavoro. Al fine di assicurare un adeguato e
tempestivo sostegno ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul
lavoro, anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive
della copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali di cui al testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e'
istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali il
Fondo di sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni sul
lavoro, di seguito denominato Fondo. Al Fondo e' conferita la somma di
2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009. Con
decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da adottare
entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente
legge, sono definite le tipologie dei benefici concessi, ivi comprese
anticipazioni sulle prestazioni erogate dall'INAIL, nonche' i requisiti
e le modalita' di accesso agli stessi.».
Art. 10.
Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di
lavoro
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite
le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite le strutture del
Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per la
prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, il Ministero dello sviluppo economico per il
settore estrattivo, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL), l'Istituto di previdenza per il settore
marittimo (IPSEMA), gli organismi paritetici e gli enti di patronato
svolgono, anche mediante convenzioni, attivita' di informazione,
assistenza, consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e
salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese
artigiane, delle imprese agricole e delle piccole e medie imprese e
delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
Art. 11.
Attivita' promozionali
1. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui all'articolo 6
sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato di
cui all'articolo 5, le attivita' promozionali della cultura e delle
azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
a) finanziamento, da parte dell'INAIL e previo trasferimento delle
necessarie risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali,(*) di progetti di investimento in materia di salute e
sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese; per
l'accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la semplicita'
delle procedure;
b) finanziamento, da parte dell'INAIL e delle regioni, previo
trasferimento delle necessarie risorse da parte del Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali,(*) di progetti formativi specificamente dedicati alle
piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui all'articolo
52, comma 1, lettera b);
c) finanziamento, da parte del Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca., previo trasferimento delle necessarie
risorse da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali,(*) delle attivita' degli istituti scolastici, universitari
e di formazione professionale finalizzata all'inserimento in ogni
attivita' scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell'alta
formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e
formazione professionale di specifici percorsi formativi
interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la
conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto
delle autonomie didattiche.
2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a carico
delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto
2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24
dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute
e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle
finanze, dell'istruzione e dell'universita' e della ricerca, acquisito
il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede al
riparto annuale delle risorse tra le attivita' di cui alle lettere a),
b) e c) del comma 1 e dell'articolo 52, comma 2, lettera d).
3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di
Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze, concorrono
alla programmazione e realizzazione di progetti formativi in materia di
salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalita' operative da
definirsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
Alla realizzazione e allo sviluppo di quanto previsto nel periodo
precedente possono altresi' concorrere le parti sociali, anche mediante
i fondi interprofessionali.
3-bis. Le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto
delle proprie competenze e con l'utilizzo appropriato di risorse gia'
disponibili, finanziano progetti diretti a favorire la diffusione di
soluzioni tecnologiche o organizzative avanzate in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, sulla base di specifici protocolli di intesa tra
le parti sociali, o gli enti bilaterali, e l'INAIL. Ai fini della
riduzione del tasso dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali di cui all'articolo 3 del decreto
legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, ferma restando la verifica dei
criteri di cui al comma 1 del predetto articolo 3, si tiene anche conto
dell'adozione , da parte delle imprese, delle soluzioni tecnologiche o
organizzative di cui al precedente periodo, verificate dall'INAIL.(**)
4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e
sicurezza sul lavoro e' facolta' degli istituti scolastici, universitari
e di formazione professionale inserire in ogni attivita' scolastica ed
universitaria nelle istituzioni dell'alta formazione
artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione
professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie
scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal comma 1,
lettera c) e volti alle medesime finalita'. Tale attivita' e' svolta
nell'ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli istituti.
5. L'INAIL finanzia con risorse proprie, anche nell'ambito della
bilateralita' e di protocolli con le parti sociali e le associazioni
nazionali di tutela degli invalidi del lavoro, finanzia
progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza
sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e
progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura
organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilita'
sociale delle imprese. Costituisce criterio di priorita' per l'accesso
al finanziamento l'adozione da parte delle imprese delle buone passi di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera v). L'INAIL svolge tali compiti
con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
legislazione vigente.(*)
5-bis. Al fine di garantire il diritto degli infortunati e
tecnopatici a tutte le cure necessarie ai sensi del decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive
modificazioni, l'INAIL puo' provvedere utilizzando servizi pubblici e
privati, d'intesa con le regioni interessate. L'INAIL svolge tali
compiti con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e
senza incremento di oneri per le imprese.(**)
6. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le amministrazioni
pubbliche promuovono attivita' specificamente destinate ai lavoratori
immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli di
tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in
vigore del presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1, comma
7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo
2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate,
secondo le priorita', ivi compresa una campagna straordinaria di
formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata in vigore del
presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione delle parti
sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e la province autonome di Trento e di Bolzano.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.:
Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U.
n. 180 del 5.8.2009
Nota all'art. 11:
- Per il testo dell'art. 1, comma 7-bis. Della citata legge n. 123 del
2007, si veda nota all'art. 1.
Art. 12.
Interpello
1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti
territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonche', di propria
iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini
o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione per gli
interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta elettronica,
quesiti di ordine generale sull'applicazione della normativa in materia
di salute e sicurezza del lavoro.
2. Presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali e'
istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la
Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da due rappresentanti del
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e da quattro rappresentanti delle regioni e delle
province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa
competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione e'
integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della
Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di
missione.
3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1
costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio delle
attivita' di vigilanza.
Art. 13.
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e' svolta dalla azienda
sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' per il
settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di
competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo
economico, e per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque
minerali e termali dalle regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano. Le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle
finalita' del presente articolo, nell'ambito delle proprie competenze,
secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti.
1-bis. Nei luoghi di lavoro delle Forze armate, delle Forze di
polizia e dei vigili del fuoco la vigilanza sulla applicazione della
legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e' svolta
esclusivamente dai servizi sanitari e tecnici istituiti presso le
predette amministrazioni.(*)
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite dalla
legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del lavoro,
della salute e delle politiche sociali, ivi compresa quella in
materia di salute e sicurezza dei lavoratori di cui all'articolo 35
della legge 26 aprile 1974, n. 191, lo stesso personale puo' esercitare
l'attivita' di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia
di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attivita',
nel quadro del coordinamento territoriale di cui all'articolo 7(**)
a) attivita' nel settore delle costruzioni edili o di genio civile e
piu' in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione,
demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o
temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali,
ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi
prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti
l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attivita' lavorative comportanti rischi particolarmente
elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, e della salute, adottato sentito il comitato di cui
all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali svolge attivita' di vigilanza
sull'applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il servizio di
prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per
territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di
vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia
di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorita' marittime
a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanita' aerea e
marittima, alle autorita' portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda
la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito
portuale ed aeroportuale nonche' ai servizi sanitari e tecnici istituiti
per le Forze armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco;
i predetti servizi sono competenti altresi' per le aree riservate o
operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuarsi,
anche per quel che riguarda le modalita' di attuazione, con decreto del
Ministro competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia
puo' avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia,
anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche' dei
servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie. 4. La
vigilanza di cui al presente articolo e' esercitata nel rispetto del
coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli uffici
che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo
e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualita' di organo di vigilanza,
ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma
2, primo periodo, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758,
integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di
prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione
delle AA.SS.LL.
7. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento agli
organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.
(*) N.d.R.: Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.: Comma
così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U.
n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 13:
- Il testo del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma
dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della legge 15
marzo 1997, n. 59), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 agosto
1999, n. 203, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 21, comma 2, primo periodo, del citato decreto
legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. (Omissis).
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza
ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine
di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda
stabilita per la contravvenzione commessa.».
- Il Testo dell'art. 64 del citato decreto del Presidente delle
Repubblica n. 303 del 1956, e' il seguente:
«Art. 64 (Ispezioni). - Gli ispettori del lavoro hanno facolta' di
visitare, in qualsiasi momento ed in ogni parte, i luoghi di lavoro e le
relative dipendenze, di sottoporre a visita medica il personale
occupato, di prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti nocivi,
e altresi' di chiedere al datore di lavoro, ai dirigenti, ai preposti ed
ai lavoratori le informazioni che ritengano necessarie per l'adempimento
del loro compito, in esse comprese quelle sui processi di lavorazione.
Gli ispettori del lavoro hanno facolta' di prendere visione, presso gli
ospedali ed eventualmente di chiedere copia, della documentazione
clinica dei lavoratori per malattie dovute a cause lavorative o presunte
tali. Gli ispettori del lavoro devoo mantenere il segreto sopra i
processi di lavorazione e sulle notizie e documenti
dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.».
Art. 14.
Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori
1. Al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute
e la sicurezza dei lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del
lavoro sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del
coordinatore per l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma
1, lettera e), gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della
salute e delle politiche sociali, anche su segnalazione delle
amministrazioni pubbliche secondo le rispettive competenze, possono
adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell'attivita'
imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano
l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria
in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori
presenti sul luogo di lavoro, nonche' in caso di gravi e reiterate
violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali, adottato sentito il Ministero dell'interno e la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del
citato decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione del
provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono quelle
individuate nell'Allegato I. Si ha reiterazione quando, nei cinque anni
successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione
dell'organo di vigilanza ottemperata dal contravventore o di una
violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto
commette piu' violazioni della stessa indole. Si considerano della
stessa indole le violazioni della medesima disposizione e quelle di
disposizioni diverse individuate, in attesa della adozione del decreto
di cui al precedente periodo, nell'allegato I. L'adozione del
provvedimento di sospensione e' comunicata all'Autorita' per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui
all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ed al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per gli aspetti di
rispettiva competenza, al fine dell'adozione, da parte del Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti, di un provvedimento interdittivo
alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla
partecipazione a gare pubbliche. La durata del provvedimento e' pari
alla citata sospensione nel caso in cui la percentuale dei lavoratori
irregolari sia inferiore al 50 per cento del totale dei lavoratori
presenti sul luogo di lavoro; nel caso in cui la percentuale dei
lavoratori irregolari sia pari o superiore al 50 per cento del totale
dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero nei casi di gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza
sul lavoro, ovvero nei casi di reiterazione la durata e' incrementata di
un ulteriore periodo di tempo pari al doppio della durata della
sospensione e comunque non superiore a due anni; nel caso di
reiterazione la decorrenza del periodo di interdizione e' successiva al
termine del precedente periodo di interdizione; nel caso di non
intervenuta revoca del provvedimento di sospensione entro quattro mesi
dalla data della sua emissione, la durata del provvedimento e' pari a
due anni, fatta salva l'adozione di eventuali successivi provvedimenti
di rideterminazione della durata dell'interdizione a seguito
dell'acquisizione della revoca della sospensione. Le disposizioni del
presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito
dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si
applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Limitatamente alla sospensione dell'attivita' di impresa,
all'accertamento delle violazioni in materia di prevenzione incendi,
indicate all'allegato I, provvede il comando provinciale dei vigili del
fuoco territorialmente competente. Ove gli organi di vigilanza o le
altre amministrazioni pubbliche rilevino possibili violazioni in materia
di prevenzione incendi, ne danno segnalazione al competente Comando
provinciale dei vigili del fuoco, il quale procede ai sensi delle
disposizioni del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e di cui al
comma 2.(*)
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli organi
di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento
all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in
materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al
comma 1. In materia di prevenzione incendi in ragione della
competenza esclusiva del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui
all'articolo 46(**) trovano applicazione le
disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8
marzo 2006, n. 139.
3. Il provvedimento di sospensione puo' essere revocato da parte
dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di
vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali di cui al
comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o
da altra documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro
nelle ipotesi [di reiterate violazioni della disciplina in materia di
superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e settimanale, di
cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive
modificazioni, o](***) di gravi e reiterate violazioni della disciplina in
materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva rispetto a quelle di cui al
comma 6 pari a 1.500 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro
irregolare e a 2.500 euro nelle ipotesi di sospensione per gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza
sul lavoro.(****)
5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte dell'organo di
vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:
a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro
nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in
materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500 rispetto
a quelle di cui al comma 6.
6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, civili
e amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c),
integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1,
comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed e' destinato al
finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed
irregolare individuati con decreto del Ministro del lavoro, della salute
e delle politiche sociali di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g), della
legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b),
integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di
prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e'
ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione
regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della
Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla
notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il
provvedimento di sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di
sospensione di cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino a
sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni
in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con
l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle
ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.(*)
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza sul
lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo si
applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.
11-bis. Il
provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare non si
applica nel caso in cui il lavoratore irregolare risulti l'unico
occupato dall'impresa. In ogni caso di sospensione nelle ipotesi di
lavoro irregolare gli effetti della sospensione possono essere fatti
decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla
cessazione dell'attivita' lavorativa in corso che non puo' essere
interrotta, salvo che non si riscontrino situazioni di pericolo
imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei
terzi.(*****)
(*) N.d.R.: Comma così sostituito dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(**) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(***) N.d.R.: Periodo soppresso dall'art. 41 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, pubblicato nella G.U. n. 147 del 25.6.2008, S.O. n. 152, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, pubblicata nella G.U. n. 195 del 21.8.2008, S.O. n. 196
(****) N.d.R.: Lettera così sostituita dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*****)
N.d.R.: Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009,
n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 14:
- Il testo degli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile
2003, n. 66 (Attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva
2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di
lavoro), e' il seguente:
«Art. 4 (Durata massima dell'orario di lavoro). - 1. I contratti
collettivi di lavoro stabiliscono la durata massima settimanale
dell'orario di lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non puo' in ogni caso superare,
per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di
lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media
dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo
non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il
limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a
fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del
lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle quarantotto ore di lavoro settimanale,
attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unita' produttive
che occupano piu' di dieci dipendenti il datore di lavoro e' tenuto a
informare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo di riferimento
di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione provinciale del lavoro -
Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti
collettivi di lavoro possono stabilire le modalita' per adempiere al
predetto obbligo di comunicazione».
«Art. 7 (Riposo giornaliero). - 1. Ferma restando la durata normale
dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo
consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere
fruito in modo consecutivo fatte salve le attivita' caratterizzate da
periodi di lavoro frazionati durante la giornata».
«Art. 9 (Riposi settimanali). - 1. Il lavoratore ha diritto ogni sette
giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di
regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo
giornaliero di cui all'art. 7.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) le attivita' di lavoro a turni ogni volta che il lavoratore cambi
squadra e non possa usufruire, tra la fine del servizio di una squadra e
l'inizio di quello della squadra successiva, di periodi di riposo
giornaliero o settimanale;
b) le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante
la giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari: le
attivita' discontinue; il servizio prestato a bordo dei treni; le
attivita' connesse con gli orari del trasporto ferroviario che
assicurano la continuita' e la regolarita' del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire previsioni diverse, nel
rispetto delle condizioni previste dall'art. 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore consecutive puo' essere fissato in un
giorno diverso dalla domenica e puo' essere attuato mediante turni per
il personale interessato a modelli tecnico-organizzativi di turnazione
particolare ovvero addetto alle attivita' aventi le seguenti
caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso di forni a
combustione o a energia elettrica per l'esercizio di processi
caratterizzati dalla continuita' della combustione ed operazioni
collegate, nonche' attivita' industriali ad alto assorbimento di energia
elettrica ed operazioni collegate;
b) attivita' industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte,
lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza
riguardo alla materia prima o al prodotto dal punto di vista del loro
deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che
trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di
lavorazione si svolge in non piu' di 3 mesi all'anno, ovvero quando
nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle
suddette attivita' con un decorso complessivo di lavorazione superiore a
tre mesi;
d) i servizi ed attivita' il cui funzionamento domenicale corrisponda ed
esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della
collettivita' ovvero sia di pubblica utilita';
e) attivita' che richiedano l'impiego di impianti e macchinari ad alta
intensita' di capitali o ad alta tecnologia;
f) attivita' di cui all'art. 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370;
g) attivita' indicate agli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 114, e di cui all'art. 3 della legge 24 ottobre 2000,
n. 323.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione
del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonche' le
deroghe previste dalla legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero,
per i pubblici dipendenti, con decreto del Ministro per la funzione
pubblica, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di
categoria comparativamente piu' rappresentative, nonche' le
organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno individuate le
attivita' aventi le caratteristiche di cui al comma 3, che non siano
gia' ricomprese nel decreto ministeriale 22 giugno 1935, e successive
modifiche e integrazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del
12 luglio 1935, nonche' quelle di cui al comma 2, lettera d), salve le
eccezioni di cui alle lettere a), b) e c). Con le stesse modalita' il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali ovvero per i pubblici
dipendenti il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede
all'aggiornamento e alla integrazione delle predette attivita'. Nel caso
di cui al comma 2, lettera d), e salve le eccezioni di cui alle lettere
a), b), e c) l'integrazione avra' senz'altro luogo decorsi trenta giorni
dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.».
- Il testo dell'art. 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
(Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), e' il seguente:
«Art. 6 (Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori,
servizi e forniture). (art. 81.2, direttiva 2004/18; art. 72.2,
direttiva 2004/17; art. 4, legge n. 109/1994; art. 25, comma 1, lettera
c), legge n. 62/2005). - 1. L'Autorita' per la vigilanza sui lavori
pubblici, con sede in Roma, istituita dall'art. 4 della legge 11
febbraio 1994, n. 109, assume la denominazione di Autorita' per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
2. L'Autorita' e' organo collegiale costituito da sette membri nominati
con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica. I membri dell'Autorita', al fine
di garantire la pluralita' delle esperienze e delle conoscenze, sono
scelti tra personalita' che operano in settori tecnici, economici e
giuridici con riconosciuta professionalita'. L'Autorita' sceglie il
presidente tra i propri componenti e stabilisce le norme sul proprio
funzionamento.
3. I membri dell'Autorita' durano in carica cinque anni e non possono
essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza,
alcuna attivita' professionale o di consulenza, non possono essere
amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati ne' ricoprire
altri uffici pubblici di qualsiasi natura o rivestire cariche pubbliche
elettive o cariche nei partiti politici. I dipendenti pubblici, secondo
gli ordinamenti di appartenenza, sono collocati fuori ruolo o in
aspettativa per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e
delle finanze, e' determinato il trattamento economico spettante ai
membri dell'Autorita'.
4. L'Autorita' e' connotata da indipendenza funzionale, di giudizio e di
valutazione e da autonomia organizzativa.
5. L'Autorita' vigila sui contratti pubblici, anche di interesse
regionale, di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari e nei
settori speciali, nonche', nei limiti stabiliti dal presente codice, sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito di
applicazione del presente codice, al fine di garantire l'osservanza dei
principi di cui all'art. 2 e, segnatamente, il rispetto dei principi di
correttezza e trasparenza delle procedure di scelta del contraente, e di
economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonche' il rispetto
delle regole della concorrenza nelle singole procedure di gara.
6. Sono fatte salve le competenze delle altre Autorita' amministrative
indipendenti.
7. Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da altre norme,
l'Autorita':
a) vigila sull'osservanza della disciplina legislativa e regolamentare
vigente, verificando, anche con indagini campionarie, la regolarita'
delle procedure di affidamento;
b) vigila sui contratti di lavori, servizi, forniture, esclusi in tutto
o in parte dall'ambito di applicazione del presente codice, verificando,
con riferimento alle concrete fattispecie contrattuali, la legittimita'
della sottrazione al presente codice e il rispetto dei principi relativi
ai contratti esclusi; non sono soggetti a obblighi di comunicazione
all'Osservatorio ne' a vigilanza dell'Autorita' i contratti di cui agli
articoli 16, 17, 18;
c) vigila affinche' sia assicurata l'economicita' di esecuzione dei
contratti pubblici;
d) accerta che dall'esecuzione dei contratti non sia derivato
pregiudizio per il pubblico erario;
e) segnala al Governo e al Parlamento, con apposita comunicazione,
fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione
distorta della normativa sui contratti pubblici;
f) formula al Governo proposte in ordine alle modifiche occorrenti in
relazione alla legislazione che disciplina i contratti pubblici di
lavori, servizi, forniture;
g) formula al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti proposte per la revisione
del regolamento;
h) predispone e invia al Governo e al Parlamento una relazione annuale
nella quale si evidenziano le disfunzioni riscontrate nel settore dei
contratti pubblici con particolare riferimento:
h.1) alla frequenza del ricorso a procedure non concorsuali;
h.2) alla inadeguatezza della pubblicita' degli atti;
h.3) allo scostamento dai costi standardizzati di cui all'art. 7;
h.4) alla frequenza del ricorso a sospensioni dell'esecuzione o a
varianti in corso di esecuzione;
h.5) al mancato o tardivo adempimento degli obblighi nei confronti dei
concessionari e degli appaltatori;
h.6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;
i) sovrintende all'attivita' dell'Osservatorio di cui all'art. 7;
l) esercita i poteri sanzionatori ad essa attribuiti;
m) vigila sul sistema di qualificazione, con le modalita' stabilite dal
regolamento di cui all'art. 5; nell'esercizio di tale vigilanza
l'Autorita' puo' annullare, in caso di constatata inerzia degli
organismi di attestazione, le attestazioni rilasciate in difetto dei
presupposti stabiliti dalle norme vigenti, nonche' sospendere, in via
cautelare, dette attestazioni;
n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o piu' delle altre
parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte
durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando
una ipotesi di soluzione; si applica l'art. 1, comma 67, terzo periodo,
della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
o) svolge i compiti previsti dall'art. 1, comma 67, legge 23 dicembre
2005, n. 266.
8. Quando all'Autorita' e' attribuita la competenza ad irrogare sanzioni
pecuniarie, le stesse, nei limiti edittali, sono commisurate al valore
del contratto pubblico cui le violazioni si riferiscono. Sono fatte
salve le diverse sanzioni previste dalle norme vigenti. I provvedimenti
dell'Autorita' devono prevedere il termine di pagamento della sanzione.
La riscossione della sanzione avviene mediante iscrizione a ruolo.
9. Nell'ambito della propria attivita' l'Autorita' puo':
a) richiedere alle stazioni appaltanti, agli operatori economici
esecutori dei contratti, nonche' ad ogni altra pubblica amministrazione
e ad ogni ente, anche regionale, operatore economico o persona fisica
che ne sia in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti
relativamente ai lavori, servizi e forniture pubblici, in corso o da
iniziare, al conferimento di incarichi di progettazione, agli
affidamenti;
b) disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia
interesse, avvalendosi anche della collaborazione di altri organi dello
Stato;
c) disporre perizie e analisi economiche e statistiche nonche' la
consultazione di esperti in ordine a qualsiasi elemento rilevante ai
fini dell'istruttoria;
d) avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza, che esegue le verifiche
e gli accertamenti richiesti agendo con i poteri di indagine ad esso
attribuiti ai fini degli accertamenti relativi all'imposta sul valore
aggiunto e alle imposte sui redditi. Tutte le notizie, le informazioni e
i dati acquisiti dalla Guardia di Finanza nello svolgimento di tali
attivita' sono comunicati all'Autorita'.
10. Tutte le notizie, le informazioni o i dati riguardanti gli operatori
economici oggetto di istruttoria da parte dell'Autorita' sono tutelati,
sino alla conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di ufficio
anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
I funzionari dell'Autorita', nell'esercizio delle loro funzioni, sono
pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal segreto d'ufficio.
11. Con provvedimento dell'Autorita', i soggetti ai quali e' richiesto
di fornire gli elementi di cui al comma 9 sono sottoposti alla sanzione
amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822,00 se rifiutano od
omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di
esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino
a euro 51.545,00 se forniscono informazioni od esibiscono documenti non
veritieri. Le stesse sanzioni si applicano agli operatori economici che
non ottemperano alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente
aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di partecipazione
alla procedura di affidamento, nonche' agli operatori economici che
forniscono dati o documenti non veritieri, circa il possesso dei
requisiti di qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti
aggiudicatori a agli organismi di attestazione.
12. Qualora i soggetti ai quali e' richiesto di fornire gli elementi di
cui al comma 9 appartengano alle pubbliche amministrazioni, si applicano
le sanzioni disciplinari previste dai rispettivi ordinamenti. Il
procedimento disciplinare e' instaurato dall'amministrazione competente
su segnalazione dell'Autorita' e il relativo esito va comunicato
all'Autorita' medesima.
13. Qualora accerti l'esistenza di irregolarita', l'Autorita' trasmette
gli atti e i propri rilievi agli organi di controllo e, se le
irregolarita' hanno rilevanza penale, agli organi giurisdizionali
competenti. Qualora l'Autorita' accerti che dalla esecuzione dei
contratti pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli atti e
i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti interessati e alla procura
generale della Corte dei conti.».
- Il testo della legge 7 agosto 1990, n. 241, (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990,
n. 192.
- Il testo degli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139 (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai
compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11
della legge 29 luglio 2003, n. 229), e' il seguente:
«Art. 16 (Certificato di prevenzione incendi). (art. 4, legge 26 luglio
1965, n. 966; art. 1, legge 7 dicembre 1984, n. 818; art. 3, decreto del
Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37; articoli 13, 14 e
17, decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). -
1. Il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle
prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la
sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali,
attivita', depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in
relazione alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili,
incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi
pericoli per l'incolumita' della vita e dei beni ed in relazione alle
esigenze tecniche di sicurezza, con decreto del Presidente della
Repubblica, da emanare a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23
agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il
Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi. Con lo
stesso decreto e' fissato il periodo di validita' del certificato per le
attivita' ivi individuate.
2. Il certificato di prevenzione incendi e' rilasciato dal competente
Comando provinciale dei vigili del fuoco, su istanza dei soggetti
responsabili delle attivita' interessate, a conclusione di un
procedimento che comprende il preventivo esame ed il parere di
conformita' sui progetti, finalizzati all'accertamento della rispondenza
dei progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi, e
l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a valutare direttamente
i fattori di rischio ed a verificare la rispondenza delle attivita' alla
normativa di prevenzione incendi e l'attuazione delle prescrizioni e
degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attivita'
medesime. Resta fermo quanto previsto dalle prescrizioni in materia di
prevenzione incendi a carico dei soggetti responsabili delle attivita'
ed a carico dei soggetti responsabili dei progetti e della
documentazione tecnica richiesta.
3. In relazione ad insediamenti industriali ed attivita' di tipo
complesso, il Comando provinciale dei vigili del fuoco puo' acquisire,
ai fini del parere di conformita' sui progetti, le valutazioni del
Comitato tecnico regionale per la prevenzione incendi, avvalersi, per le
visite tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato stesso,
nonche' richiedere il parere del Comitato centrale tecnico scientifico
di cui all'art. 21.
4. Ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, il
Comando provinciale dei vigili del fuoco, oltre ad eseguire direttamente
accertamenti e valutazioni, acquisisce dai soggetti responsabili delle
attivita' di cui al comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni
attestanti la conformita' delle attivita' alla normativa di prevenzione
incendi, rilasciate da enti, laboratori o professionisti, iscritti in
albi professionali, autorizzati ed iscritti, a domanda, in appositi
elenchi del Ministero dell'interno. Il rilascio delle autorizzazioni e
l'iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al possesso dei
requisiti stabiliti con decreto del Ministro dell'interno.
5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza dei requisiti
previsti dalle norme tecniche di prevenzione incendi, il Comando
provinciale non provvede al rilascio del certificato, dandone
comunicazione all'interessato, al sindaco, al prefetto e alle altre
autorita' competenti ai fini dei provvedimenti da adottare nei
rispettivi ambiti. Le determinazioni assunte dal Comando provinciale
sono atti definitivi.
6. Indipendentemente dal periodo di validita' del certificato di
prevenzione incendi stabilito con il regolamento di cui al comma 1,
l'obbligo di richiedere un nuovo certificato ricorre quando vi sono
modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione
dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze
pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta
sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente
accertate.
7. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato a norma dell'art.
17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del
Ministro dell'interno, sono dettate le disposizioni attuative relative
al procedimento per il rilascio del certificato di prevenzione incendi.
Esso disciplina inoltre: il procedimento per il rinnovo del certificato
medesimo; il procedimento per il rilascio del provvedimento di deroga
all'osservanza della normativa di prevenzione incendi, in relazione agli
insediamenti, agli impianti e alle attivita' in essi svolte che
presentino caratteristiche tali da non consentire l'integrale osservanza
della normativa medesima; gli obblighi a carico dei soggetti
responsabili delle attivita'.
8. Resta fermo quanto previsto al punto 28 dell'allegato A della legge
24 novembre 2000, n. 340.».
«Art. 19 (Vigilanza). (art. 23, decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626). - 1. Il Corpo nazionale esercita, con i poteri di polizia
amministrativa e giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della
normativa di prevenzione incendi in relazione alle attivita',
costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati.
La vigilanza si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e
controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a
campione o in base a programmi settoriali per categorie di attivita' o
prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo
segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio dell'attivita' di
vigilanza, il Corpo nazionale puo' avvalersi di amministrazioni, enti,
istituti, laboratori e organismi aventi specifica competenza.
2. Al personale incaricato delle visite tecniche, delle verifiche e dei
controlli e' consentito: l'accesso alle attivita', costruzioni ed
impianti interessati, anche durante l'esercizio; l'accesso ai luoghi di
fabbricazione, immagazzinamento e uso di apparecchiature e prodotti;
l'acquisizione delle informazioni e dei documenti necessari; il prelievo
di campioni per l'esecuzione di esami e prove e ogni altra attivita'
necessaria all'esercizio della vigilanza.
3. Qualora nell'esercizio dell'attivita' di vigilanza siano rilevate
condizioni di rischio, l'inosservanza della normativa di prevenzione
incendi ovvero l'inadempimento di prescrizioni e obblighi a carico dei
soggetti responsabili delle attivita', il Corpo nazionale adotta,
attraverso i propri organi, i provvedimenti di urgenza per la messa in
sicurezza delle opere e da' comunicazione dell'esito degli accertamenti
effettuati ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e alle altre
autorita' competenti, ai fini degli atti e delle determinazioni da
assumere nei rispettivi ambiti di competenza.».
«Art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell'attivita). (articoli 1, 5,
commi 1 e 2, legge 7 dicembre 1984, n. 818; art. 2, legge 26 luglio
1965, n. 966). - 1. Chiunque, in qualita' di titolare di una delle
attivita' soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi,
ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato medesimo
e' punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda da 258 euro a
2.582 euro, quando si tratta di attivita' che comportano la detenzione e
l'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui
derivano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita
e dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della
Repubblica. previsto dall'art. 16, comma 1.
2. Chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese ai fini del
rilascio o del rinnovo del certificato di prevenzione incendi, attesti
fatti non rispondenti al vero e' punito con la reclusione da tre mesi a
tre anni e con la multa da 103 euro a 516 euro. La stessa pena si
applica a chi falsifica o altera le certificazioni e dichiarazioni
medesime.
3. Ferme restando le sanzioni penali previste dalle disposizioni
vigenti, il prefetto puo' disporre la sospensione dell'attivita' nelle
ipotesi in cui i soggetti responsabili omettano di richiedere: il
rilascio ovvero il rinnovo del certificato di prevenzione incendi; i
servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed
intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da notevole presenza di
pubblico per i quali i servizi medesimi sono obbligatori. La sospensione
e' disposta fino all'adempimento dell'obbligo.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 66 del 2003 e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n. 87, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n.
148 (Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione), convertito con
modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, e' il seguente:
«Art. 1 (Fondo per l'occupazione). - 1. - 6. (Omissis). 7. Per le
finalita' di cui al presente art. e' istituito presso il Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali il Fondo per l'occupazione, alimentato
dalle risorse di cui all'autorizzazione di spesa stabilita al comma 8,
nel quale confluiscono anche i contributi comunitari destinati al
finanziamento delle iniziative di cui al presente articolo, su richiesta
del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. A tale ultimo fine
i contributi affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere
riassegnati al predetto Fondo:».
- Il testo dell'art. 1, comma 1156, lettera g), della citata legge n.
296 del 2006, e' il seguente:
«g) il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, con proprio
decreto, dispone annualmente di una quota del Fondo per l'occupazione,
nei limiti delle risorse disponibili del Fondo medesimo, per interventi
strutturali ed innovativi volti a migliorare e riqualificare la
capacita' di azione istituzionale e l'informazione dei lavoratori e
delle lavoratrici in materia di lotta al lavoro sommerso ed irregolare,
promozione di nuova occupazione, tutela della salute e della sicurezza
dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale ed in ogni
altro settore di competenza del Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali;».
Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art. 15.
Misure generali di tutela
1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che
integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche
produttive dell'azienda nonche' l'influenza dei fattori dell'ambiente e
dell'organizzazione del lavoro;
c) l'eliminazione dei rischi e, ove cio' non sia possibile, la loro
riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro,
nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e
nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al
fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello
ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo e', o
e' meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che
possono essere, esposti al rischio;
h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui
luoghi di lavoro;
i) la priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto alle
misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per
motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile,
ad altra mansione;
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;
p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso
l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta
antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e
immediato;
v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con
particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita' alla
indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante
il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i
lavoratori.
Art. 16.
Delega di funzioni
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non
espressamente esclusa, e' ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita' ed
esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione,
gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni
delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo
svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva
pubblicita'.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al
datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del
delegato delle funzioni trasferite. L'obbligo di cui al primo periodo
si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del
modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.(*)
3-bis. Il
soggetto delegato puo', a sua volta, previa intesa con il datore di
lavoro delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul
lavoro alle medesime condizioni di cui ai commi 1 e 2. La delega di
funzioni di cui al primo periodo non esclude l'obbligo di vigilanza in
capo al delegante in ordine al corretto espletamento delle funzioni
trasferite. Il soggetto al quale sia stata conferita la delega di cui al
presente comma non puo', a sua volta, delegare le funzioni delegate.(**)
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106,
pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(**) N.d.R.: Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Art. 17.
Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non puo' delegare le seguenti attivita':
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del
documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi.
Art. 18.
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente(°)
1. Il datore di lavoro, che esercita le attivita' di cui all'articolo 3,
e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attivita' secondo le
attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della sorveglianza
sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo.
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati dell'attuazione
delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione
dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di
salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacita' e
delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla
sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione
individuale, sentito il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinche' soltanto i lavoratori che
hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano
alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme
vigenti, nonche' delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e
di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) inviare i lavoratori alla visita medica entro le scadenze previste
dal programma di sorveglianza sanitaria e richiedere al medico
competente l'osservanza degli obblighi previsti a suo carico nel
presente decreto;(*)
g-bis) nei
casi di sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, comunicare
tempestivamente al medico competente la cessazione del rapporto di
lavoro;(**)
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di rischio in
caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i lavoratori, in caso di
pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro
o la zona pericolosa;
i) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di
un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni
prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento
di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di tutela
della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la
loro attivita' in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo
grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure di
sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua
funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera
a), anche su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma
5, nonche' consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati di
cui alla lettera r); il documento e' consultato esclusivamente in
azienda;(*)
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, anche
su supporto informatico come previsto dall'articolo 53, comma 5(***), e, su
richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione, consegnarne
tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche
adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o
deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la perdurante
assenza di rischio;
r) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonche' per
loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei
luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, entro 48 ore dalla ricezione del
certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le
informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l'assenza
dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini
assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino
un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni; l'obbligo di comunicazione
degli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro
superiore a tre giorni si considera comunque assolto per mezzo della
denuncia di cui all'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;(*) (°°)
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza nelle
ipotesi di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione incendi e
dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonche' per il caso di pericolo
grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43. Tali
misure devono essere adeguate alla natura dell'attivita', alle
dimensioni dell'azienda o dell'unita' produttiva, e al numero delle
persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto e di
subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento,
corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unita' produttive con piu' di 15 lavoratori, convocare la
riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della
tecnica della prevenzione e della protezione;
aa) comunicare in via telematica all'INAIL e all'IPSEMA, nonche' per
loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei
luoghi di lavoro di cui all'articolo 8, in caso di nuova elezione o
designazione, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza; in fase di prima applicazione l'obbligo di cui alla presente
lettera riguarda i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori gia'
eletti o designati;(*)
bb) vigilare affinche' i lavoratori per i quali vige l'obbligo di
sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa
specifica senza il prescritto giudizio di idoneita'.
1-bis.
L'obbligo di cui alla lettera r) del comma 1, relativo alla
comunicazione a fini statistici e informativi dei dati relativi agli
infortuni che comportano l'assenza dal lavoro di almeno un giorno,
escluso quello dell'evento, decorre dalla scadenza del termine di sei
mesi dall'adozione del decreto di cui all'articolo 8, comma 4.(****)
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e protezione
ed al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione delle
misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle malattie
professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la
sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni
scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta,
per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione.
In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo,
relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei
dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la
richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al
soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3-bis. Il
datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresi' a vigilare in ordine
all'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e
25, ferma restando l'esclusiva responsabilita' dei soggetti obbligati ai
sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti
obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile
un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.(****)
(°) N.d.R.: Si riporta di seguito l'art. 32 del Decreto-Legge 30 dicembre 2008, n. 207:
"Art. 32.
Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
1. Le disposizioni di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r), e 41,
comma 3, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e
successive modificazioni, si applicano a decorrere dal 16 maggio 2009.
2. Il termine di cui all'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo
9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, con riferimento alle
disposizioni di cui all'articolo 28, commi 1 e 2, del medesimo decreto
legislativo, concernenti la valutazione dello stress lavoro-correlato e
la data certa, e' prorogato al 16 maggio 2009."
(°°) N.d.R.:
L'art. 4 del d.l. 97/2008, convertito con L. n. 129/2008, ha differito al 1° gennaio 2009 l'entrata in
vigore della disposizione.
(*) N.d.R.: Lettera così sostituita dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(**) N.d.R.: Lettera aggiunta dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(***) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(****) N.d.R.:
Comma aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U.
n. 180 del 5.8.2009
Art. 19.
Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attivita' indicate all'articolo 3, i preposti,
secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli
lavoratori dei loro obblighi di legge, nonche' delle disposizioni
aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi
di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale
messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza,
informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinche' soltanto i lavoratori che hanno ricevuto
adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio
grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle
situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al rischio di
un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni
prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai
lavoratori di riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro
in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le
deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di
protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si
verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base
della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto
dall'articolo 37.
Art. 20.
Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza
e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui
ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla
sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti,
all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di
lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e i
preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche' i dispositivi di
sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a
loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al
preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere
c) e d), nonche' qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui
vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza,
nell'ambito delle proprie competenze e possibilita' e fatto salvo
l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni
di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di
sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono
di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria
o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati
dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto
legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attivita' in regime di appalto o
subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento, corredata
di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e l'indicazione
del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai lavoratori
autonomi che esercitano direttamente la propria attivita' nel medesimo
luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.
Art. 21.
Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del
codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai
sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i coltivatori diretti del
fondo, i soci delle societa' semplici operanti nel settore agricolo, gli
artigiani e i piccoli commercianti(*) e i soci delle societa' semplici
operanti nel settore agricolo devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformita' alle disposizioni di
cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli
conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di
fotografia, contenente le proprie generalita', qualora effettuino la
loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attivita'
in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle
attivita' svolte e con oneri a proprio carico hanno facolta' di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui
all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attivita'
svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli
obblighi previsti da norme speciali.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Nota all'art. 21:
- Per il testo degli articoli 230-bis, 2083 e 2222 del codice civile, si
veda nota all'art. 3.
Art. 22.
Obblighi dei progettisti
1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e
scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione
rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.
Art. 23.
Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la
concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione
individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e
regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a procedure di
attestazione alla conformita', gli stessi debbono essere accompagnati, a
cura del concedente, dalla relativa documentazione.
Art. 24.
Obblighi degli installatori
1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro o
altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono attenersi
alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alle istruzioni
fornite dai rispettivi fabbricanti.
Art. 25.
Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e
protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della
programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla
predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute
e della integrita' psico-fisica dei lavoratori, all'attivita' di
formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di
competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso
considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le
peculiari modalita' organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla
attuazione e valorizzazione di programmi volontari di «promozione della
salute», secondo i principi della responsabilita' sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo
41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi
specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici piu'
avanzati;
c) istituisce, aggiorna e custodisce, sotto la propria
responsabilita', una cartella sanitaria e di rischio per ogni lavoratore
sottoposto a sorveglianza sanitaria; tale cartella e' conservata con
salvaguardia del segreto professionale e, salvo il tempo strettamente
necessario per l'esecuzione della sorveglianza sanitaria e la
trascrizione dei relativi risultati, presso il luogo di custodia
concordato al momento della nomina del medico competente;(*)
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico, la
documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle
disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e
con salvaguardia del segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di lavoro,
copia della cartella sanitaria e di rischio, e gli fornisce le
informazioni necessarie relative alla conservazione della medesima;
l'originale della cartella sanitaria e di rischio va conservata, nel
rispetto di quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, da parte del datore di lavoro, per almeno dieci anni, salvo il
diverso termine previsto da altre disposizioni del presente decreto;(*)
[f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le cartelle
sanitarie e di rischio nei casi previsti dal presente decreto
legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle
disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il
lavoratore interessato puo' chiedere copia delle predette cartelle
all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina generale;](**)
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione
ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attivita' che
comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi', a richiesta,
informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza
sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli
rilascia copia della documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui
all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di
prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza
sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti
risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della
salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza
diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la
indicazione di una periodicita' diversa dall'annuale deve essere
comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel
documento di valutazione dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei
lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestivita' ai fini
della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli e
requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali entro il
termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
(*) N.d.R.: Lettera così sostituita dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n.
106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(**) N.d.R.: Lettera soppressa dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Nota all'art. 25:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda
nota all'art. 1.
Art. 26.
Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi
e forniture all'impresa
appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria azienda,
o di una singola unita' produttiva della stessa, nonche' nell'ambito
dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima, sempre che abbia
la disponibilita' giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto o la
prestazione di lavoro autonomo(*):
a) verifica, con le modalita' previste dal decreto di cui all'articolo
6, comma 8, lettera g), l'idoneita' tecnico professionale delle imprese
appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai
servizi e alle forniture(*) da
affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione.
Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che
precede, la verifica e' eseguita attraverso le seguenti modalita':
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di commercio,
industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice o dei
lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneita' tecnico
professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 28
dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui rischi
specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare e
sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla
propria attivita'.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi i
subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai
rischi sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa oggetto
dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui
sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di
eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse
imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il
coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o,
ove cio' non e' possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze.
Tale documento e' allegato al contratto di appalto o di opera e va
adeguato in funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e forniture(*). Ai
contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso
alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui al precedente
periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le disposizioni del
presente comma non si applicano ai rischi specifici propri
dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile
2006 n. 163, e successive modificazioni, tale documento e' redatto, ai
fini dell'affidamento del contratto, dal soggetto titolare del potere
decisionale e di spesa relativo alla gestione dello specifico appalto.(**)
3-bis. Ferme restando le disposizioni di cui ai commi 1 e 2,
l'obbligo di cui al comma 3 non si applica ai servizi di natura
intellettuale, alle mere forniture di materiali o attrezzature, nonche'
ai lavori o servizi la cui durata non sia superiore ai due giorni,
sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti
cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi
particolari di cui all'allegato XI.
3-ter. Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui
all'articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163, o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il
committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di
valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione
ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della
prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall'esecuzione del
contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il
contratto, prima dell'inizio dell'esecuzione, integra il predetto
documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei
luoghi in cui verra' espletato l'appalto; l'integrazione, sottoscritta
per accettazione dall'esecutore, integra gli atti contrattuali.(***)
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di
responsabilita' solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni e
dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore committente
risponde in solido con l'appaltatore, nonche' con ciascuno degli
eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore,
dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti
indennizzato ad opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il
settore marittimo (IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si
applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri
dell'attivita' delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di
somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di
entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad
esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi
essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere
specificamente indicati a pena di nullita' ai sensi dell'articolo 1418
del codice civile i costi delle misure adottate per eliminare o, ove
cio' non sia possibile, ridurre al minimo i rischi in materia di salute
e sicurezza sul lavoro derivanti dalle interferenze delle lavorazioni. I
costi di cui primo periodo non sono soggetti a ribasso.(*) Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo stipulati
prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono
essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti
siano ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su
richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli
organismi locali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione
dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di
lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono
tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente
rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il
quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto
all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle
forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro e' determinato
periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla
contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente piu'
rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale,
dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.
In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro e'
determinato in relazione al contratto collettivo del settore
merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1,
della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di
appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto o
subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o
subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento
corredata di fotografia, contenente le generalita' del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro.
(*) N.d.R.: Comma così modificato dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.: Periodo aggiunto dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
(*) N.d.R.: Commi aggiunti dal D. Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato nella G.U. n. 180 del 5.8.2009
Note all'art. 26:
- Il testo dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa (Testo A), e'
il seguente:
«Art. 47 (Dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorieta). - 1. L'atto
di notorieta' concernente stati, qualita' personali o fatti che siano a
diretta conoscenza dell'interessato e' sostituito da dichiarazione resa
e sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalita' di cui
all'art. 38. (R)
2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante puo'
riguardare anche stati, qualita' personali e fatti relativi ad altri
soggetti di cui egli abbia diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei
rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di
pubblici servizi, tutti gli stati, le qualita' personali e i fatti non
espressamente indicati nell'art. 46 sono comprovati dall'interessato
mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta'.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente che la denuncia
all'Autorita' di Polizia Giudiziaria e' presupposto necessario per
attivare il procedimento amministrativo di rilascio del duplicato di
documenti di riconoscimento o comunque attestanti stati e qualita'
personali dell'interessato, lo smarrimento dei documenti medesimi e'
comprovato da chi ne richiede il duplicato mediante dichiarazione
sostitutiva.».
- Il testo degli articoli 1418, 1559, 1655, 1656 e 1677 del codice
civile, e' il seguente:
«Art. 1418 (Cause di nullita' del contratto). - Il contratto e' nullo
quando e' contrario a norme imperative salvo che la legge disponga
diversamente. Producono nullita' del contratto la mancanza di uno dei
requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceita' della causa,
l'illiceita' dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e la mancanza
nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346.
Il contratto e' altresi' nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.».
«Art. 1559 (Nozione). - La somministrazione e' il contratto con il quale
una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a
favore dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.».
«Art. 1655 (Nozione). - L'appalto e' il contratto col quale una parte
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio
rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un
corrispettivo in danaro.».
«Art. 1656 (Subappalto). - L'appaltatore non puo' dare in subappalto
l'esecuzione dell'opera o del servizio, se non e' stato autorizzato dal
committente.».
«Art. 1677 (Prestazione continuativa o periodica di servizi). - Se
l'appalto ha per oggetto prestazioni continuative o periodiche di
servizi, si osservano, in quanto compatibili, le norme di questo capo e
quelle relative al contratto di somministrazione.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 163 del 2006, e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006, n. 100, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 8, comma 1, della citata legge 123 del 2007, e' il
seguente:
«Art. 8 (Modifiche all'art. 86 del codice di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163). - 1. All'art. 86 del codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il comma 3-bis e' sostituito dai
seguenti:
"3-bis. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione
dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di
lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono
tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente
rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il
quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto
all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle
forniture. Ai fini del presente comma il costo del lavoro e' determinato
periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali, sulla base dei valori economici previsti dalla
contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente piu'
rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale,
dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali.
In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro e'
determinato in relazione al contratto collettivo del settore
merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non puo' essere comunque
soggetto a ribasso d'asta.».
Art. 27.
Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi
1. Nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 6, anche tenendo
conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, vengono
individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema
di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con
riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato
sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza,
acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.
2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui al
comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle gare
relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad
agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza
pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.
Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art. 28.
Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), anche
nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei
preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei luoghi di
lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti
a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress
lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8
ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di
gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo
2001, n. 151, nonche' quelli connessi alle differenze di genere,
all'eta', alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a
conclusione della valutazione, deve avere data certa e contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e
la salute durante l'attivita' lavorativa, nella quale siano specificati
i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e
dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della
valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da
realizzare, nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi
debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in
possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha
partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i
lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacita'
professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e
addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresi' rispettare
le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei
rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.
Nota all'art. 28:
- Il testo del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico
delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della
maternita' e della paternita', a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo
2000, n. 53), e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n.
96, supplemento ordinario.
Art. 29.
Modalita' di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento
di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico
competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attivita' di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione
del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere
rielaborati, nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, in
occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione del
lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei
lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della
prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni significativi o
quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la
necessita'. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione
debbono essere aggiornate.
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di
cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l'unita'
produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la
valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle
procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f).
Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata
in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8,
lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori
di lavoro possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei
rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle
attivita' di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche
g).
6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono
effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure
standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more
dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni
di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attivita'
svolte nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e
g);
b) aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a
rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni,
connessi all'esposizione ad amianto;
c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV del
presente decreto.
Art. 30.
Modelli di organizzazione e di gestione
1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia
esimente della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche,
delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita'
giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve
essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema
aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a
attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e
biologici;
b) alle attivita' di valutazione dei rischi e di predisposizione delle
misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attivita' di natura organizzativa, quali emergenze, primo
soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza,
consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attivita' di sorveglianza sanitaria;
e) alle attivita' di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attivita' di vigilanza con riferimento al rispetto delle
procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei
lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di
legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle
procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve
prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione
delle attivita' di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto
richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di
attivita' svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le
competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione,
gestione e controllo del rischio, nonche' un sistema disciplinare idoneo
a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresi' prevedere un idoneo sistema di
controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel
tempo delle condizioni di idoneita' delle misure adottate. Il riesame e
l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati,
quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla
prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione
di mutamenti nell'organizzazione e nell'attivita' in relazione al
progresso scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale
definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di
gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre
2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai
requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli
stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale
possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al
presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le
attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.
Nota all'art. 30:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001, si veda nota
alle premesse.
Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art. 31.
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro organizza
il servizio di prevenzione e protezione all'interno della azienda o
della unita' produttiva, o incarica persone o servizi esterni costituiti
anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi
paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui
al comma 1, devono possedere le capacita' e i requisiti professionali di
cui all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente rispetto alle
caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo adeguati per
lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire
pregiudizio a causa della attivita' svolta nell'espletamento del proprio
incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro
puo' avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle
conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra,
l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni e' obbligatorio in assenza di
dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unita' produttiva,
siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non e'
per questo esonerato dalla propria responsabilita' in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno
dell'azienda, ovvero dell'unita' produttiva, e' comunque obbligatoria
nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette
all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del
medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50
lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive nonche' nei casi
di gruppi di imprese, puo' essere istituito un unico servizio di
prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a
tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione
degli addetti e del responsabile.
Note all'art. 31:
- Il testo degli articoli 2, 6 e 8 del decreto legislativo 17 agosto
1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo
dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze
pericolose), e' il seguente:
«Art. 2 (Ambito di applicazione). - 1. Il presente decreto si applica
agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantita'
uguali o superiori a quelle indicate nell'allegato I.
2. Ai fini del presente decreto si intende per «presenza di sostanze
pericolose» la presenza di queste, reale o prevista, nello stabilimento,
ovvero quelle che si reputa possano essere generate, in caso di perdita
di controllo di un processo industriale, in quantita' uguale o superiore
a quelle indicate nell'allegato I.
3. Agli stabilimenti industriali non rientranti tra quelli indicati al
comma 1, si applicano le disposizioni di cui all'art. 5.
4. Salvo che non sia diversamente stabilito rimangono ferme le
disposizioni di cui ai seguenti decreti:
a) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo 1989
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 1989,
limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10;
b) decreto del Ministro dell'ambiente del 20 maggio 1991, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio 1991, limitatamente agli
articoli 1, 3 e 4;
c) decreto dei Ministri dell'ambiente e della sanita' 23 dicembre 1993,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 1994;
d) i criteri di cui all'allegato del decreto del Ministro dell'ambiente
13 maggio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio
1996;
e) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, pubblicato nel
supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 155 del 4 luglio 1996;
f) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio 1996;
g) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998;
h) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre 1997, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1998;
i) decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 74 del 30 marzo 1998;
l) decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre 1998, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 262 del 9 novembre
1998.
5. Le disposizioni di cui al presente decreto non pregiudicano
l'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro.
«Art. 6 (Notifica). - 1. Il gestore degli stabilimenti di cui all'art.
2, comma 1, oltre a quanto disposto agli articoli 7 e 8, e' obbligato a
trasmettere al Ministero dell'ambiente, alla regione, alla provincia, al
comune, al prefetto, al Comando provinciale dei Vigili del fuoco
componente per territorio e al Comitato tecnico regionale o
interregionale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, di cui all'art.
20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577,
integrato ai sensi dell'art. 19 e d'ora in avanti denominato Comitato,
una notifica entro i seguenti termini:
a) centottanta giorni prima dell'inizio della costruzione, per gli
stabilimenti nuovi;
b) entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
per gli stabilimenti preesistenti.
2. La notifica, sottoscritta nelle forme dell'autocertificazione con le
modalita' e gli effetti della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive
modifiche, deve contenere le seguenti informazioni:
a) il nome o la ragione sociale del gestore e l'indirizzo completo dello
stabilimento;
b) la sede o il domicilio del gestore, con l'indirizzo completo;
c) il nome o la funzione della persona responsabile dello stabilimento,
se diversa da quella di cui alla lettera a);
d) le notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la
categoria di sostanze pericolose, la loro quantita' e la loro forma
fisica;
e) l'attivita', in corso o prevista, dell'impianto o del deposito;
f) l'ambiente immediatamente circostante lo stabilimento e, in
particolare, gli elementi che potrebbero causare un incidente rilevante
o aggravarne le conseguenze.
3. Il gestore degli stabilimenti che, per effetto di modifiche
all'allegato I, o per effetto di modifiche tecniche disposte con il
decreto di cui all'art. 15, comma 2, o per effetto di mutamento della
classificazione di sostanze pericolose rientrano nel campo di
applicazione del presente decreto deve espletare i prescritti
adempimenti entro un anno dalla data di entrata in vigore delle suddette
modifiche ovvero entro il termine stabilito dalla disciplina di
recepimento delle relative disposizioni comunitarie.
4. In caso di chiusura definitiva dell'impianto o del deposito, ovvero
nel caso di aumento significativo della quantita' e di modifica
significativa della natura o dello stato fisico delle sostanze
pericolose presenti, o di modifica dei processi che le impiegano, o di
modifica dello stabilimento o dell'impianto che potrebbe costituire
aggravio del preesistente livello di rischio ai sensi del decreto di cui
all'art. 10, nonche' di variazioni delle informazioni di cui al comma 2,
il gestore aggiorna tempestivamente, nelle forme
dell'autocertificazione, la notifica di cui al comma 1 e la scheda di
cui all'allegato V.
5. Il gestore, unitamente alla notifica di cui al comma 2, invia al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, alla regione,
alla provincia, al sindaco, al prefetto, al Comitato, nonche' al Comando
provinciale dei Vigili del fuoco, competenti per territorio, le
informazioni di cui all'allegato V.
6. Il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2, comma 1, puo'
allegare alla notifica di cui al comma 2 le certificazioni o
autorizzazioni previste dalla normativa vigente in materia ambientale e
di sicurezza e quanto altro eventualmente predisposto in base a
regolamenti comunitari volontari, come ad esempio il Regolamento (CEE)
1836/93 del Consiglio, del 29 giugno 1993, sull'adesione volontaria
delle imprese del settore industriale a un sistema comunitario di
ecogestione e audit, e norme tecniche internazionali.
6-bis. Il gestore di un nuovo stabilimento ovvero il gestore che ha
realizzato modifiche con aggravio del preesistente livello di rischio
ovvero modifiche tali da comportare obblighi diversi per lo stabilimento
stesso ai sensi del presente decreto, previo conseguimento delle
previste autorizzazioni, prima dell'avvio delle attivita' ne da'
comunicazione ai destinatari della notifica di cui al comma 1.».
«Art. 8 (Rapporto di sicurezza). - 1. Per gli stabilimenti in cui sono
presenti sostanze pericolose in quantita' uguali o superiori a quelle
indicate nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3, il gestore e' tenuto a
redigere un rapporto di sicurezza.
2. Il rapporto di sicurezza di cui il documento previsto all'art. 7,
comma 1, e' parte integrante, deve evidenziare che:
a) e' stato adottato il sistema di gestione della sicurezza;
b) i pericoli di incidente rilevante sono stati individuati e sono state
adottate le misure necessarie per prevenirli e per limitarne le
conseguenze per l'uomo e per l'ambiente;
c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione di
qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi
con il funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i
pericoli di incidenti rilevante nello stesso, sono sufficientemente
sicuri e affidabili; per gli stabilimenti di cui all'art. 14, comma 6,
anche le misure complementari ivi previste;
d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni e sono stati
forniti all'autorita' competente di cui all'art. 20 gli elementi utili
per l'elaborazione del piano d'emergenza esterno al fine di prendere le
misure necessarie in caso di incidente rilevante.
3. Il rapporto di sicurezza di cui al comma 1 contiene almeno i dati di
cui all'allegato II ed indica, tra l'altro, il nome delle organizzazioni
partecipanti alla stesura del rapporto. Il rapporto di sicurezza
contiene inoltre l'inventario aggiornato delle sostanze pericolose
presenti nello stabilimento, nonche' le informazioni che possono
consentire di prendere decisioni in merito all'insediamento di nuovi
stabilimenti o alla costruzione di insediamenti attorno agli
stabilimenti gia' esistenti.
4. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente, di concerto con i
Ministri dell'interno, della sanita' e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la Conferenza Stato-regioni, sono definiti,
secondo le indicazioni dell'allegato II e tenuto conto di quanto gia'
previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 marzo
1989, i criteri, i dati e le informazioni per la redazione del rapporto
di sicurezza i criteri per l'adozione di iniziative specifiche in
relazione ai diversi tipi di incidenti, nonche' i criteri di valutazione
del rapporto medesimo; fino all'emanazione di tali decreti valgono, in
quanto applicabili, le disposizioni di cui ai decreti ministeriali
emanati ai sensi dell'art. 12 del decreto del Presidente della
Repubblica 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche.
5. Al fine di semplificare le procedure e purche' ricorrano tutti i
requisiti prescritti dal presente articolo, rapporti di sicurezza
analoghi o parti di essi, predisposti in attuazione di altre norme di
legge o di regolamenti comunitari, possono essere utilizzati per
costituire il rapporto di sicurezza.
6. Il rapporto di sicurezza e' inviato all'autorita' competente preposta
alla valutazione dello stesso cosi' come previsto all'art. 21, entro i
seguenti termini:
a) per gli stabilimenti nuovi, prima dell'inizio dell'attivita';
b) per gli stabilimenti esistenti, entro un anno dalla data di entrata
in vigore del presente decreto;
c) per gli stabilimenti preesistenti, non soggetti alle disposizioni del
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 1988, entro
due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
d) in occasione del riesame periodico di cui al comma 7, lettere a) e
b).
7. Il gestore fermo restando l'obbligo di riesame biennale di cui
all'art. 7, comma 4, deve riesaminare il rapporto di sicurezza:
a) almeno ogni cinque anni;
b) nei casi previsti dall'art. 10;
c) in qualsiasi altro momento, a richiesta del Ministero dell'ambiente,
eventualmente su segnalazione della regione interessata, qualora fatti
nuovi lo giustifichino, o in considerazione delle nuove conoscenze
tecniche in materia di sicurezza derivanti dall'analisi degli incidenti,
o, in misura del possibile, dei semincidenti o dei nuovi sviluppi delle
conoscenze nel campo della valutazione dei pericoli o a seguito di
modifiche legislative o delle modifiche degli allegati previste all'art.
15, comma 2.
8. Il gestore deve comunicare immediatamente alle autorita' di cui al
comma 6 se il riesame del rapporto di sicurezza di cui al comma 7
comporti o meno una modifica dello stesso.
9. Ai fini dell'esercizio della facolta' di cui all'art. 22, comma 2, il
gestore predispone una versione del rapporto di sicurezza, priva delle
informazioni riservate, da trasmettere alla regione territorialmente
competente ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
10. Il Ministero dell'ambiente, quando il gestore comprova che
determinate sostanze presenti nello stabilimento o che una qualsiasi
parte dello stabilimento stesso si trovano in condizioni tali da non
poter creare alcun pericolo di incidente rilevante, dispone, in
conformita' ai criteri di cui all'allegato VII, la limitazione delle
informazioni che devono figurare nel rapporto di sicurezza ala
prevenzione dei rimanenti pericoli di incidenti rilevanti e alla
limitazione delle loro conseguenze per l'uomo e per l'ambiente, dandone
comunicazione alle autorita' destinatarie del rapporto di sicurezza.
11. Il Ministero dell'ambiente trasmette alla Commissione europea
l'elenco degli stabilimenti di cui al comma 10 e le motivazioni della
limitazione delle informazioni.».
- Il testo degli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 19 marzo
1995, n. 230 (Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom,
92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti), e' il
seguente:
«Art. 7 (Definizioni concernenti particolari impianti nucleari e
documenti relativi). - 1. Per l'applicazione del presente decreto
valgono le seguenti definizioni di particolari impianti nucleari,
documenti e termini relativi:
a) reattore nucleare: ogni apparato destinato ad usi pacifici progettato
od usato per produrre una reazione nucleare a catena, capace di
autosostenersi in condizioni normali, anche in assenza di sorgenti
neutroniche;
b) complesso nucleare sottocritico: ogni apparato progettato od usato
per produrre una reazione nucleare a catena, incapace di autosostenersi
in assenza di sorgenti di neutroni, in condizioni normali o accidentali;
c) impianto nucleare di potenza: ogni impianto industriale, dotato di un
reattore nucleare, avente per scopo la utilizzazione dell'energia o
delle materie fissili prodotte a fini industriali;
d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato di un reattore
nucleare in cui l'energia o le materie fissili prodotte non sono
utilizzate a fini industriali;
e) impianto nucleare per il trattamento di combustibili irradiati: ogni
impianto progettato o usato per trattare materiali contenenti
combustibili nucleari irradiati. Sono esclusi gli impianti costituiti
essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che contengono meno di
37 TBq (1000 curie) di prodotti di fissione e quelli a fini industriali
che trattano materie che non presentano un'attivita' di prodotti di
fissione superiore a 9,25 MBq (0,25 millicurie) per grammo di Uranio 235
ed una concentrazione di Plutonio inferiore a 10^«-6» grammi per grammo
di Uranio 235, i quali ultimi sono considerati aggregati agli impianti
di cui alla lettera f);
f) impianto per la preparazione e per la fabbricazione delle materie
fissili speciali e dei combustibili nucleari: ogni impianto destinato a
preparare o a fabbricare materie fissili speciali e combustibili
nucleari; sono inclusi gli impianti di separazione isotopica. Sono
esclusi gli impianti costituiti essenzialmente da laboratori per studi e
ricerche che non contengono piu' di 350 grammi di uranio 235 o di 200
grammi di Plutonio o Uranio 233 o quantita' totale equivalente;
g) deposito di materie fissili speciali o di combustibili nucleari:
qualsiasi locale che, senza far parte degli impianti di cui alle lettere
precedenti, e' destinato al deposito di materie fissili speciali o di
combustibili nucleari al solo scopo dell'immagazzinamento in quantita'
totali superiori a 350 grammi di Uranio 235, oppure 200 grammi di
Plutonio o Uranio 233 o quantita' totale equivalente;
h) rapporto preliminare, rapporto intermedio e rapporto finale di
sicurezza: documenti o serie di documenti tecnici contenenti le
informazioni necessarie per l'analisi e la valutazione della
installazione e dell'esercizio di un reattore o impianto nucleare, dal
punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione sanitaria dei
lavoratori e della popolazione contro i pericoli delle radiazioni
ionizzanti, e contenenti inoltre una analisi ed una valutazione di tali
pericoli. In particolare i documenti debbono contenere una trattazione
degli argomenti seguenti:
1) ubicazione e sue caratteristiche fisiche, meteorologiche,
demografiche, agronomiche ed ecologiche;
2) edifici ed eventuali strutture di contenimento;
3) descrizione tecnica dell'impianto nel suo insieme e nei suoi sistemi
componenti ausiliari, inclusa la strumentazione nucleare e non nucleare,
i sistemi di controllo e i dispositivi di protezione ed i sistemi di
raccolta, allontanamento e smaltimento (trattamento e scarico) dei
rifiuti radioattivi;
4) studio analitico di possibili incidenti derivanti da mal
funzionamento di apparecchiature o da errori di operazione, e delle
conseguenze previste, in relazione alla sicurezza nucleare e alla
protezione sanitaria;
5) studio analitico delle conseguenze previste, in relazione alla
protezione sanitaria, di scarichi radioattivi durante le fasi di normale
esercizio e in caso di situazioni accidentali o di emergenza;
6) misure previste ai fini della prevenzione e protezione antincendio.
Il rapporto e' denominato preliminare se riferito al progetto di
massima; finale, se riferito al progetto definitivo. Il rapporto
intermedio precede il rapporto finale e contiene le informazioni,
l'analisi e la valutazione di cui sopra e' detto, con ipotesi
cautelative rispetto a quelle del rapporto finale;
i) regolamento di esercizio: documento che specifica l'organizzazione e
le funzioni in condizioni normali ed eccezionali del personale addetto
alla direzione, alla conduzione e alla manutenzione di un impianto
nucleare, nonche' alle sorveglianze fisica e medica della protezione, in
tutte le fasi, comprese quelle di collaudo, avviamento, e
disattivazione;
l) manuale di operazione: l'insieme delle disposizioni e procedure
operative relative alle varie fasi di esercizio normale e di
manutenzione dell'impianto, nel suo insieme e nei suoi sistemi
componenti, nonche' le procedure da seguire in condizioni eccezionali;
m) specifica tecnica di prova: documento che descrive le procedure e le
modalita' che debbono essere applicate per l'esecuzione della prova ed i
risultati previsti. Ogni specifica tecnica di prova, oltre una breve
descrizione della parte di impianto e del macchinario impiegato nella
prova, deve indicare:
1) lo scopo della prova;
2) la procedura della prova;
3) l'elenco dei dati da raccogliere durante la prova;
4) gli eventuali valori minimi e massimi previsti delle variabili
considerate durante la prova;
n) prescrizione tecnica: l'insieme dei limiti e condizioni concernenti i
dati e i parametri relativi alle caratteristiche e al funzionamento di
un impianto nucleare nel suo complesso e nei singoli componenti, che
hanno importanza per la sicurezza nucleare e per la protezione
sanitaria;
o) registro di esercizio: documento sul quale si annotano i particolari
delle operazioni effettuate sull'impianto, i dati rilevati nel corso di
tali operazioni, nonche' ogni altro avvenimento di interesse per
l'esercizio dell'impianto stesso;
p) disattivazione: insieme delle azioni pianificate, tecniche e
gestionali, da effettuare su un impianto nucleare a seguito del suo
definitivo spegnimento o della cessazione definitiva dell'esercizio, nel
rispetto dei requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori,
della popolazione e dell'ambiente, sino allo smantellamento finale o
comunque al rilascio del sito esente da vincoli di natura radiologica.».
Art. 28 (Impiego di categoria A). - 1. L'impiego di categoria A e'
soggetto a nulla osta preventivo da parte del Ministero dell'industria,
del commercio e dell'artigianato di concerto con i Ministeri
dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale,
della sanita', sentite l'ANPA e le regioni territorialmente competenti,
in relazione all'ubicazione delle installazioni, all'idoneita' dei
locali, delle strutture di radioprotezione, delle modalita' di
esercizio, delle attrezzature e della qualificazione del personale
addetto, alle conseguenze di eventuali incidenti nonche' delle modalita'
dell'eventuale allontanamento o smaltimento nell'ambiente dei rifiuti
radioattivi. Copia del nulla osta e' inviata dal Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato ai ministeri
concertanti, al presidente della regione o provincia autonoma
interessata, al sindaco, al prefetto, al comando provinciale dei vigili
del fuoco competenti per territorio e all'ANPA.
2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari prescrizioni per
gli aspetti connessi alla costruzione, per le prove e per l'esercizio,
nonche' per l'eventuale disattivazione degli impianti.».
Art. 33 (Nulla osta per installazioni di deposito o di smaltimento di
rifiuti radioattivi). - 1. Ferme restando le disposizioni vigenti in
materia di dichiarazione di compatibilita' ambientale, la costruzione, o
comunque la costituzione, e l'esercizio delle installazioni per il
deposito o lo smaltimento nell'ambiente, nonche' di quelle per il
trattamento e successivo deposito o smaltimento nell'ambiente, di
rifiuti radioattivi provenienti da altre installazioni, anche proprie,
sono soggetti a nulla osta preventivo del Ministero dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministeri dell'ambiente,
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e della sanita',
sentite la regione o la provincia autonoma interessata e l'ANPA.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, d'intesa con i Ministri dell'ambiente e della sanita'
e di concerto con i Ministri dell'interno e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita l'ANPA, sono stabiliti i livelli di
radioattivita' o di concentrazione ed i tipi di rifiuti per cui si
applicano le disposizioni del presente articolo, nonche' le disposizioni
procedurali per il rilascio del nulla osta, in relazione alle diverse
tipologie di installazione. Nel decreto puo' essere prevista, in
relazione a tali tipologie, la possibilita' di articolare in fasi
distinte, compresa quella di chiusura, il rilascio del nulla osta
nonche' di stabilire particolari prescrizioni per ogni fase, ivi incluse
le prove e l'esercizio.».
Art. 32.
Capacita' e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei
servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni
1. Le capacita' ed i requisiti professionali dei responsabili e degli
addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono
essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e
relativi alle attivita' lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al
comma 1, e' necessario essere in possesso di un titolo di studio non
inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonche' di un
attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici
corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo
di lavoro e relativi alle attivita' lavorative. Per lo svolgimento della
funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai
requisiti di cui al precedente periodo, e' necessario possedere un
attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici
corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi,
anche di natura ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui
all'articolo 28, comma 1, di organizzazione e gestione delle attivita'
tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di
relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono
rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito il 26
gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e
successive modificazioni.
3. Possono altresi' svolgere le funzioni di responsabile o addetto
coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui al
comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate,
professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da
sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi
secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle
regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle
universita', dall'ISPESL, dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di
relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco
dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica
amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole
amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei
lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche' dai soggetti di cui al
punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti e delle
specifiche modalita' ivi previste. Ulteriori soggetti formatori possono
essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti classi:
L7, L8, L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e
della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta
Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui
al decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta
Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al
decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica in data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta
Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute
corrispondenti ai sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla
frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo.
Ulteriori titoli di studio possono essere individuati in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano.
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione
sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli indirizzi
definiti nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2. E' fatto salvo
quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita'
di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei componenti
del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del
cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e
universitari e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e
coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento diretto
dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi
designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione,
individuandolo tra:
a) il personale interno all'unita' scolastica in possesso dei requisiti
di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine disponibile;
b) il personale interno ad una unita' scolastica in possesso dei
requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad
operare in una pluralita' di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8,
gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di un
unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via
prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e,
in via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di
salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero
professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di un
esperto esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del servizio
deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e protezione con un
adeguato numero di addetti.
Note all'art. 32:
- Il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato decreto
legislativo 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini e agli effetti delle disposizioni di
cui al presente decreto legislativo si intende per:
a)-h)(omissis);
i) «libretto formativo del cittadino»: libretto personale del lavoratore
definito, ai sensi dell'accordo Stato-regioni del 18 febbraio 2000, di
concerto tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, previa
intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni e sentite le parti
sociali, in cui vengono registrate le competenze acquisite durante la
formazione in apprendistato, la formazione in contratto di inserimento,
la formazione specialistica e la formazione continua svolta durante
l'arco della vita lavorativa ed effettuata da soggetti accreditati dalle
regioni, nonche' le competenze acquisite in modo non formale e informale
secondo gli indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purche' riconosciute e certificate;».
Art. 33.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei
rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la
salubrita' degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa
vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione
aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e
protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo di
tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita'
aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della salute e
sicurezza sul lavoro, nonche' alla riunione periodica di cui
all'articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono tenuti al
segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza
nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione e' utilizzato dal datore di
lavoro.
Art. 34.
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi
1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di
lavoro puo' svolgere direttamente i compiti propri del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonche' di
prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste
nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai commi
successivi.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1,
deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e
massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di
lavoro e relativi alle attivita' lavorative, nel rispetto
dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici
mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla
pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva
validita' la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto
ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto e' riconosciuto dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione
dell'accordo di cui al periodo precedente.
3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e'
altresi' tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di
quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di
cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano
frequentato i corsi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 16
gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi
dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Note all'art. 34
- Il testo dell'art. 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997
(Individuazione dei contenuti minimi della formazione dei lavoratori,
dei rappresentanti per la sicurezza e dei datori di lavoro che possono
svolgere direttamente i compiti propri del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione), e' il seguente:
«Art. 3 (Formazione dei datori di lavoro). - I contenuti della
formazione dei datori di lavoro che possono svolgere direttamente i
compiti propri del responsabile del servizio di prevenzione e protezione
sono i seguenti:
a) il quadro normativo in materia di sicurezza dei lavoratori e la
responsabilita' civile e penale;
b) gli organi di vigilanza e di controlli nei rapporti con le aziende;
c) la tutela assicurativa, le statistiche ed il registro degli
infortuni;
d) i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori;
e) appalti, lavoro autonomo e sicurezza;
f) la valutazione dei rischi;
g) i principali tipi di rischio e le relative misure tecniche,
organizzative e procedurali di sicurezza;
h) i dispositivi di protezione individuale;
i) la prevenzione incendi ed i piani di emergenza;
l) la prevenzione sanitaria;
m) l'informazione e la formazione dei lavoratori.
La durata minima dei corsi per i datori di lavoro e' di sedici ore.».
- Il testo dell'art. 95 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994
e' il seguente:
«Art. 95 (Norma transitoria). - 1. In sede di prima applicazione del
presente decreto e comunque non oltre il 31 dicembre 1996 il datore di
lavoro che intende svolgere direttamente i compiti di prevenzione e
protezione dai rischi e' esonerato dalla frequenza del corso di
formazione di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza
degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2, lettere a), b)
e c).».
Art. 35.
Riunione periodica
1. Nelle aziende e nelle unita' produttive che occupano piu' di 15
lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno
una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame dei
partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e della
sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei
dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti
e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro
salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di
infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base
delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza
sul lavoro.
4. La riunione ha altresi' luogo in occasione di eventuali significative
variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la
programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi
sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al
presente articolo, nelle unita' produttive che occupano fino a 15
lavoratori e' facolta' del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che e' a disposizione
dei partecipanti per la sua consultazione.
Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
Art. 36.
Informazione ai lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinche' ciascun lavoratore riceva una
adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla
attivita' della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta
antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di
cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di
prevenzione e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' affinche' ciascun lavoratore
riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita'
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in
materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla
normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attivita' di protezione e prevenzione adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1,
lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di
cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile
per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative
conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa
avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel
percorso informativo.
Art. 37.
Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una
formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza,
anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento
a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione
della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti
aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti
misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del
settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalita' della formazione di cui
al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle
parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresi', che ciascun lavoratore riceva
una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi specifici di
cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme restando le
disposizioni gia' in vigore in materia, la formazione di cui al periodo
che precede e' definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono
avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio
dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove
tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo di
lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve essere
periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o
all'insorgenza di nuovi rischi.
7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda,
un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in
relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro.
I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di
prevenzione e protezione.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi dei
percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di cui al
comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attivita' di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo
grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di
gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica
formazione e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle
disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare
applicazione le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno
in data 10 marzo 1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81
del 7 aprile 1998, attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19
settembre 1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una
formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i
rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria
rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di
contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti
minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione
generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c)
principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e
individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f)
individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di
prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attivita' di
rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della
comunicazione. La durata minima dei corsi e' di 32 ore iniziali, di cui
12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di
prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La
contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalita' dell'obbligo
di aggiornamento periodico, la cui durata non puo' essere inferiore a 4
ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore
annue per le imprese che occupano piu' di 50 lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve
avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui
all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non puo'
comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile
per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e
competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Ove
la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa
verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare
utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attivita'
di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto
formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni. Il contenuto del libretto formativo e' considerato dal
datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso
gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli
obblighi di cui al presente decreto.
Note all'art. 37:
- Il testo dell'art. 13 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994
e' il seguente:
«Art. 13 (Prevenzione incendi). - 1. Fermo restando quanto previsto dal
decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, i
Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, in
relazione al tipo di attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai
fattori di rischio, adottano uno o piu' decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio e a limitarne le
conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle
attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione antincendio di cui all'art. 12, compresi i requisiti del
personale addetto e la sua formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al comma 1 e' adottato dai
Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato.».
- Per il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato decreto
legislativo 276 del 2003, si veda nota all'art. 32.
Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 38.
Titoli e requisiti del medico competente
1. Per svolgere le funzioni di medico competente e' necessario possedere
uno dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica;
b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15
agosto 1991, n. 277;
d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina
legale.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d), sono
tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da
definire con apposito decreto del Ministero dell'universita' e della
ricerca di concerto con il Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali. I soggetti di cui al
precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, svolgano le attivita' di medico competente o dimostrino di
avere svolto tali attivita' per almeno un anno nell'arco dei tre anni
anteriori all'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono
abilitati a svolgere le medesime funzioni.
A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del datore
di lavoro comprovante l'espletamento di tale attivita'.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e' altresi'
necessario partecipare al programma di educazione continua in medicina
ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e successive
modificazioni e integrazioni, a partire dal programma triennale
successivo all'entrata in vigore del presente decreto legislativo. I
crediti previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti
nella misura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina
«medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro».
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al presente
articolo sono iscritti nell'elenco dei medici competenti istituito
presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Note all'art. 38:
- Il testo dell'art. 55 del citato decreto legislativo n. 277 del 1991
e' il seguente:
«Art. 55 (Esercizio dell'attivita' di medico competente). - 1. I
laureati in medicina e chirurgia che, pur non possedendo i requisiti di
cui all'art. 3, comma 1, lettera c), alla data di entrata in vigore del
presente decreto abbiano svolto l'attivita' di medico del lavoro per
almeno quattro anni, sono autorizzati ad esercitare la funzione di
medico competente.
2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 e' subordinato alla
presentazione, all'assessorato regionale alla sanita' territorialmente
competente, di apposita domanda corredata dalla documentazione
comprovante lo svolgimento dell'attivita' di medico del lavoro per
almeno quattro anni.
3. La domanda e' presentata entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto. L'assessorato alla sanita'
provvede entro novanta giorni dalla data di ricezione della domanda
stessa.».
- Il testo del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la
razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1
della legge 30 novembre 1998, n. 419), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 16 luglio 1999, n. 165, supplemento ordinario.
Art. 39.
Svolgimento dell'attivita' di medico competente
1. L'attivita' di medico competente e' svolta secondo i principi della
medicina del lavoro e del codice etico della Commissione internazionale
di salute occupazionale (ICOH).
2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita' di:
a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o
privata, convenzionata con l'imprenditore;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici che
svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun titolo e in
alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di medico competente.
4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni
necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone
l'autonomia.
5. Il medico competente puo' avvalersi, per accertamenti diagnostici,
della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con il
datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
6. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive, nei casi di gruppi
d'imprese nonche' qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la
necessita', il datore di lavoro puo' nominare piu' medici competenti
individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
Art. 40.
Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale
1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di riferimento
il medico competente trasmette, esclusivamente per via telematica, ai
servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate
evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati
sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza
sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano trasmettono
le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende sanitarie
locali, all'ISPESL.
Art. 41.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria e' effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive europee
nonche' dalle indicazioni fornite dalla Commissione consultiva di cui
all'articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta
dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui il lavoratore e' destinato al fine di
valutare la sua idoneita' alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione
specifica. La periodicita' di tali accertamenti, qualora non prevista
dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta
l'anno. Tale periodicita' puo' assumere cadenza diversa, stabilita dal
medico competente in funzione della valutazione del rischio. L'organo di
vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e
periodicita' della sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli
indicati dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia ritenuta dal
medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue
condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa
dell'attivita' lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di
idoneita' alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde verificare
l'idoneita' alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi
previsti dalla normativa vigente.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere effettuate:
a) in fase preassuntiva;(*)
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore di
lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.
Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le
visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono altresi' finalizzate
alla verifica di assenza di condizioni di alcol dipendenza e di
assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla cartella
sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c),
secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su
formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo
53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite
mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi
alla mansione specifica:
a) idoneita';
b) idoneita' parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o
limitazioni;
c) inidoneita' temporanea;
d) inidoneita' permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneita' temporanea vanno
precisati i limiti temporali di validita'.
8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per
iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
9. Avverso i giudizi del medico competente e' ammesso ricorso, entro
trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo,
all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo
eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca
del giudizio stesso.
(*) N.d.R.:
L'art. 4 del d.l. 97/2008, convertito con L. n. 129/2008, ha differito al 1° gennaio 2009 l'entrata in
vigore della disposizione.
Art. 42.
Provvedimenti in caso di inidoneita' alla mansione specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla
legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo
41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le
stesse prevedano un'inidoneita' alla mansione specifica adibisce il
lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo
stato di salute.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni
inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni
precedentemente svolte, nonche' la qualifica originaria. Qualora il
lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si applicano
le norme di cui all'articolo 2103 del codice civile, fermo restando
quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165.
Note all'art. 42:
- Il testo della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al
lavoro dei disabili), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 23 marzo
1999, n. 68, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 2103 del codice civile, e' il seguente:
«Art. 2103 (Mansioni del lavoratore). - Il prestatore di lavoro deve
essere adibito alle mansioni per le quali e' stato assunto o a quelle
corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente
acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente
svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di
assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al
trattamento corrispondente all'attivita' svolta, e l'assegnazione stessa
diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per
sostituzione di lavoratore assente con diritto alla conservazione del
posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non
superiore a tre mesi. Egli non puo' essere trasferito da una unita'
produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttive. Ogni patto contrario e' nullo.».
- Il testo dell'art. 52 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001
e' il seguente:
«Art. 52 (Disciplina delle mansioni). (Art. 56 del decreto legislativo
n. 29 del 1993, come sostituito dall'art. 25 del decreto legislativo n.
80 del 1998 e successivamente modificato dall'art. 15 del decreto
legislativo n. 387 del 1998). - 1. Il prestatore di lavoro deve essere
adibito alle mansioni per le quali e' stato assunto o alle mansioni
considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale
prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla
qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto
dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive.
L'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di
appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o
dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro puo'
essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente
superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non piu' di sei mesi,
prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per
la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla
conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie, per la
durata dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente
articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo
qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette
mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione,
il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica
superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per
sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque
nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente e'
assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per
la copertura dei posti vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e' nulla l'assegnazione
del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al
lavoratore e' corrisposta la differenza di trattamento economico con la
qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione
risponde personalmente del maggiore onere conseguente, se ha agito con
dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di
attuazioni della nuova disciplina degli ordinamenti professionali
prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi
stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente
gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso
lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di
appartenenza, puo' comportare il diritto ad avanzamenti automatici
nell'inquadramento professionale del lavoratore.».
Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE
Art. 43.
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera
t), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in
materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione
dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera b);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo
grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da
adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da' istruzioni
affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non
puo' essere evitato, possano cessare la loro attivita', o mettersi al
sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinche' qualsiasi lavoratore, in
caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o per
quella di altre persone e nell'impossibilita' di contattare il
competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per
evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue
conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore
di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei rischi
specifici dell'azienda o della unita' produttiva secondo i criteri
previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare
la designazione. Essi devono essere formati, essere in numero
sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle
dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unita' produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate,
astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita' in
una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 44.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che non
puo' essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una
zona pericolosa, non puo' subire pregiudizio alcuno e deve essere
protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e
nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico,
prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo'
subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una
grave negligenza.
Art. 45.
Primo soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita' e
delle dimensioni dell'azienda o della unita' produttiva, sentito il
medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in
materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo
conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e
stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il
trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso, i
requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in
relazione alla natura dell'attivita', al numero dei lavoratori occupati
ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15
luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento
acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della
Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento
e di Bolzano, vengono definite le modalita' di applicazione in ambito
ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive
modificazioni.
Note all'art. 45:
- Il testo del decreto ministeriale del 15 luglio 2003, n. 388
(Regolamento recante disposizioni sul pronto soccorso aziendale, in
attuazione dell'art. 15, comma 3, del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626, e successive modificazioni), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 3 febbraio 2004, n. 27.
Art. 46.
Prevenzione incendi
1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse
pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire,
secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli
obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumita' delle persone e
di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo devono
essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare
l'incolumita' dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo 2006,
n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di cui al
presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o piu' decreti
nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a limitarne le
conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle
attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e la
sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad
applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per lagestione
delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro
dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14, comma 2,
lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con decreto
del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione
regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per
l'effettuazione di una specifica attivita' di assistenza alle aziende.
Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento della
attivita' di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni
disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente
aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attivita' di disciplina che di
controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del
Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa
civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006,
n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione di
controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo
nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro.
Note all'art. 46:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 139, del 2006, si veda
nota all'art. 14.
- Il testo del decreto del Ministro dell'interno del 10 marzo 1998
(Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione
dell'emergenza nei luoghi di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 7 aprile 1998, n. 81, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 14, comma 2, lettera b), del citato decreto
legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
«Art. 14 (Competenza e attivita). (Articoli 22 e 30, legge 27 dicembre
1941, n. 1570; art. 2, legge 26 luglio 1965, n. 966; art. 14, decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300; articoli 1, 6 e 8, decreto del
Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). - 1. (Omissis).
2. Le attivita' di prevenzione incendi di cui al comma 1 sono in
particolare:
a) (omissis);
b) il rilascio del certificato di prevenzione incendi, di atti di
autorizzazione, di benestare tecnico, di collaudo e di certificazione,
comunque denominati, attestanti la conformita' alla normativa di
prevenzione incendi di attivita' e costruzioni civili, industriali,
artigianali e commerciali e di impianti, prodotti, apparecchiature e
simili;».
- Il testo degli articoli 1, 2 e 13 del citato decreto legislativo n.
139 del 2006, e' il seguente:
« Art. 1 (Struttura e funzioni). (Articoli 1, 3 e 9, legge 13 maggio
1961, n. 469; art. 11, legge 24 febbraio 1992, n. 225; art. 14, comma 3,
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300). - 1. Il Corpo nazionale dei
vigili del fuoco, di seguito denominato: «Corpo nazionale», e' una
struttura dello Stato ad ordinamento civile, incardinata nel Ministero
dell'interno - Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico
e della difesa civile, di seguito denominato: «Dipartimento», per mezzo
della quale il Ministero dell'interno assicura, anche per la difesa
civile, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione ed estinzione
degli incendi su tutto il territorio nazionale, nonche' lo svolgimento
delle altre attivita' assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai
regolamenti, secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo.
2. Il Corpo nazionale e' componente fondamentale del servizio di
protezione civile ai sensi dell'art. 11 della legge 24 febbraio 1992, n.
225.».
«Art. 2 (Organizzazione centrale e periferica del Corpo nazionale).
(Articoli 10, 11, 12, legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 4, comma 4 e
art. 15, comma 2, decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300). - 1.
L'organizzazione a livello centrale del Corpo nazionale si articola in
direzioni centrali e in uffici del Dipartimento, secondo quanto previsto
dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive
modificazioni, dall'art. 12 del decreto legislativo 19 maggio 2000, n.
139, e dall'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 7
settembre 2001, n. 398.
2. Le strutture periferiche del Corpo nazionale si articolano nei
seguenti uffici:
a) direzioni regionali dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e
della difesa civile, di livello dirigenziale generale, istituite per lo
svolgimento in ambito regionale delle funzioni di cui all'art. 1;
b) comandi provinciali, di livello dirigenziale non generale, istituiti
per l'espletamento in ambito provinciale delle funzioni di cui all'art.
1;
c) distretti, distaccamenti permanenti e volontari e posti di vigilanza,
istituiti alle dipendenze dei comandi provinciali;
d) reparti e nuclei speciali, per particolari attivita' operative che
richiedano l'impiego di personale specificamente preparato, nonche'
l'ausilio di mezzi speciali o di animali.
3. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17, comma 4-bis, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinate l'organizzazione e la
disciplina degli uffici di livello dirigenziale generale di cui al comma
2, lettera a). Con decreto del Ministro dell'interno di natura non
regolamentare sono istituiti gli uffici di livello dirigenziale non
generale con l'indicazione dei relativi compiti e gli uffici di cui al
comma 2, lettera c) e lettera d).
4. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3 continuano ad
applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore del presente
decreto.».
«Art. 13 (Definizione ed ambito di esplicazione).
(Articoli 1 e 2, legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 1, comma 7, lettera
e), legge 23 agosto 2004, n. 239;
articoli 1, 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio
1982, n. 577). - 1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente
interesse pubblico diretta a conseguire, secondo criteri applicativi
uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita
umana, di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente
attraverso la promozione, lo studio, la predisposizione e la
sperimentazione di norme, misure, provvedimenti, accorgimenti e modi di
azione intesi ad evitare l'insorgenza di un incendio e degli eventi ad
esso comunque connessi o a limitarne le conseguenze.
2. Ferma restando la competenza di altre amministrazioni, enti ed
organismi, la prevenzione incendi si esplica in ogni ambito
caratterizzato dall'esposizione al rischio di incendio e, in ragione
della sua rilevanza interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza
nei luoghi di lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose, dell'energia, della
protezione da radiazioni ionizzanti, dei prodotti da costruzione.».
Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Art. 47.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' istituito a
livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo.
L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le
modalita' di cui al comma 6.
2. In tutte le aziende, o unita' produttive, e' eletto o designato il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unita' produttive che occupano fino a 15 lavoratori
il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' di norma eletto
direttamente dai lavoratori al loro interno oppure e' individuato per
piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo
quanto previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' eletto o designato dai
lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In
assenza di tali rappresentanze, il rappresentante e' eletto dai
lavoratori della azienda al loro interno.
5. Il numero, le modalita' di designazione o di elezione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonche' il tempo di
lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in
sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza
della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro,
individuata, nell'ambito della settimana europea per la salute e
sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro, della salute
e delle politiche sociali di concerto con il Ministro del lavoro, della
salute e delle politiche sociali, sentite le
confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. Con il
medesimo decreto sono disciplinate le modalita' di attuazione del
presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 2 e'
il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unita' produttive
sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero unita'
produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei rappresentanti in tutte le
altre aziende o unita' produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali
aziende il numero dei rappresentanti e' aumentato nella misura
individuata dagli accordi interconfederali o
dalla contrattazione collettiva.
8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4, le
funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono
esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo
diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori
di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
Art. 48.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale di cui
all'articolo 47, comma 3, esercita le competenze del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50 e i termini e con le
modalita' ivi previste con riferimento a tutte le aziende o unita'
produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non
sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza.
2. Le modalita' di elezione o designazione del rappresentante di cui al
comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali,
interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei datori
di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul
piano nazionale. In mancanza dei predetti accordi, le modalita' di
elezione o designazione sono individuate con decreto del Ministro del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentite le associazioni di cui al
presente comma.
3. Tutte le aziende o unita' produttive nel cui ambito non e' stato
eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
partecipano al Fondo di cui all'articolo 52.
4. Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di lavoro nel
rispetto delle modalita' e del termine di preavviso individuati dagli
accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso non opera in caso di
infortunio grave. In tale ultima ipotesi l'accesso avviene previa
segnalazione all'organismo paritetico.
5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalita' di
cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico o,
in sua mancanza, all'organo di vigilanza territorialmente competente.
6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui all'articolo
52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il nominativo del
rappresentante della sicurezza territoriale.
7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale ha
diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza
concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la
propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Le
modalita', la durata e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva secondo un percorso
formativo di almeno 64 ore iniziali, da effettuarsi entro 3 mesi dalla
data di elezione o designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale.
8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza territoriale e' incompatibile con l'esercizio di altre
funzioni sindacali operative.
Art. 49.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo
1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo
sono individuati nei seguenti specifici contesti produttivi
caratterizzati dalla compresenza di piu' aziende o cantieri:
a) i porti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d), della
legge 28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorita' portuale nonche' quelli
sede di autorita' marittima da individuare con decreto dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti, da adottare entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del Ministro
dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita'
presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate
lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la
realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla
interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti
mediamente operanti nell'area superiore a 500.
2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza di sito produttivo e' individuato, su loro
iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza delle
aziende operanti nel sito produttivo.
3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalita' di
individuazione di cui al comma 2, nonche' le modalita' secondo cui il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo
esercita le attribuzioni di cui all'articolo 50 in tutte le aziende o
cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la
sicurezza e realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza del medesimo sito.
Note all'art. 49:
- Il testo dell'art. 4, comma 1, lettera b), c) e d) della legge 28
gennaio 1994, n. 84, e' il seguente:
«Art. 4 (Classificazione dei porti). - 1. I porti marittimi nazionali
sono ripartiti nelle seguenti categorie e classi:
a) (omissis);
b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree portuali, di
rilevanza economica internazionale;
c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree portuali, di
rilevanza economica nazionale;
d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree portuali, di
rilevanza economica regionale e interregionale;».
Art. 50.
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) e' consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione,
realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unita'
produttiva;
c) e' consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti al
servizio di prevenzione, alla attivita' di prevenzione incendi, al primo
soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico competente;
d) e' consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui
all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente alla
valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonche'
quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine,
agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli
infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a quella
prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure
di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrita' fisica dei
lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate
dalle autorita' competenti, dalle quali e', di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attivita' di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel
corso della sua attivita';
o) puo' fare ricorso alle autorita' competenti qualora ritenga che le
misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di
lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei
a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre del
tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di
retribuzione, nonche' dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio
delle funzioni e delle facolta' riconosciutegli, anche tramite l'accesso
ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in
applicazioni informatiche. Non puo' subire pregiudizio alcuno a causa
dello svolgimento della propria attivita' e nei suoi confronti si
applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze
sindacali.
3. Le modalita' per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono
stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta e
per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del documento di cui
all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori
rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese
appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro
funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui
all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' tenuto al
rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni
contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di
valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonche' al
segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza
nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza e' incompatibile con la nomina di responsabile o addetto al
servizio di prevenzione e protezione.
Nota all'art. 50:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda
nota all'art. 1.
Art. 51.
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli
organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in merito
a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza,
informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese
nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a
garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali o
partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria,
nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai soggetti
titolari degli istituti della partecipazione di cui al medesimo
articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purche' dispongano di
personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro
rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza,
sopralluoghi per le finalita' di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al Comitato di
cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attivita' svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui all'articolo
48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi
degli organi di vigilanza territorialmente competenti.
Note all'art. 51:
- Il testo dell'art. 9 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001,
e' il seguente:
«Art. 9 (Partecipazione sindacale). (Art. 10 del decreto legislativo n.
29 del 1993, come sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo n. 80
del 1998). - 1. I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti
sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli
atti interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro.».
Art. 52.
Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'
1. Presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro (INAIL) e' costituito il fondo di sostegno alla piccola e
media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
territoriali e alla pariteticita'. Il fondo opera a favore delle realta'
in cui la contrattazione nazionale o integrativa non preveda o
costituisca sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticita'
migliorativi o, almeno, di pari livello ed ha quali
obiettivi il:
a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al cinquanta
per cento delle disponibilita' del Fondo, delle attivita' delle
rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali, anche con
riferimento alla formazione;
b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle piccole e
medie imprese, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo 2083 del
codice civile, dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei
lavoratori autonomi;
c) sostegno delle attivita' degli organismi paritetici.
2. Il fondo di cui al comma 1 e' finanziato:
a) da un contributo delle aziende di cui all'articolo 48, comma 3, in
misura pari a due ore lavorative annue per ogni lavoratore occupato
presso l'azienda ovvero l'unita' produttiva;
b) dalle entrate derivanti dall'irrogazione delle sanzioni previste dal
presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso a seguito
dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente normativa
abrogata dal presente decreto nel corso dell'anno 2007, incrementato del
10 per cento;
c) con una quota parte delle risorse di cui all'articolo 9, comma 3;
d) relativamente all'attivita' formative per le piccole e medie imprese
di cui al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui all'articolo
11, comma 2.
3. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei datori di
lavoro e dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici
mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono definiti le modalita' di funzionamento
del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle risorse tra le
finalita' di cui al medesimo comma nonche' il relativo procedimento
amministrativo e contabile di alimentazione.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale redige
una relazione annuale sulla attivita' svolta, da inviare al Fondo.
Note all'art. 52:
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile, e' il seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli imprenditori i
coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e
coloro che esercitano un'attivita' professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».
Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E
DELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 53.
Tenuta della documentazione
1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei
dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista
dal presente decreto legislativo.
2. Le modalita' di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema di
gestione della predetta documentazione devono essere tali da assicurare
che:
a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai soggetti a
cio' espressamente abilitati dal datore di lavoro;
b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo alle
persone responsabili, in funzione della natura dei dati;
c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b) siano
univocamente riconducibili alle persone responsabili che le hanno
effettuate mediante la memorizzazione di codice identificativo
autogenerato dagli stessi;
d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle inerenti
alle generalita' e ai dati occupazionali del lavoratore, siano solo
aggiuntive a quelle gia' memorizzate;
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli
documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le
informazioni contenute nei supporti di memoria;
f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti supporti
informatici di memoria e siano implementati programmi di protezione e di
controllo del sistema da codici virali;
g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura in cui
siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per la
gestione del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere
riportati i codici di accesso.
3. Nel caso in cui le attivita' del datore di lavoro siano articolate su
vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori funzionali,
l'accesso ai dati puo' avvenire mediante reti di comunicazione
elettronica, attraverso la trasmissione della password in modalita'
criptata e fermo restando quanto previsto al comma 2 relativamente alla
immissione e validazione dei dati da parte delle persone responsabili.
4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico, deve
essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, in materia di protezione dei dati personali.
5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e
sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo' essere
tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le
disposizioni relative alla valutazione dei rischi, le modalita' per
l'eventuale eliminazione o per la tenuta semplificata della
documentazione di cui al periodo che precede sono definite con
successivo decreto, adottato, previa consultazione delle parti
sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
6. Fino ai sei mesi successivi all'adozione del decreto
interministeriale di cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto
restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed ai
registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.
Nota all'art. 53:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda
nota all'art. 1.
Art. 54.
Comunicazioni e trasmissione della documentazione
1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o
amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto
legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato
e con le modalita' indicati dalle strutture riceventi.
Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI
Art. 55.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. E' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:
a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in
assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f)
dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18,
comma 1, lettere q) e z), prima parte;
b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b),
salvo il caso previsto dall'articolo 34;
2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena
dell'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione
e'commessa:
a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c),
d), f);
b) in aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i lavoratori a
rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e d), da
atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da attivita' di
manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto;
c) per le attivita' disciplinate dal titolo IV caratterizzate dalla
compresenza di piu' imprese e la cui entita' presunta di lavoro non sia
inferiore a 200 uomini-giorno.
3. E' punito con l'ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore di lavoro che
non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a),
secondo le modalita' di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3, nonche' nei
casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino una o piu'
delle indicazioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere c) ed e).
4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 800 a 3.000
euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere b), e), g),
i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e 3, 43, comma 1,
lettere a), b) e c);
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro
per la violazione degli articoli 18, commi 1, lettere d), h), e v), e 2,
26, comma 1, lettera b), 43, comma 1, lettere d) ed e), 45, comma 1, 46,
comma 2;
c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 5.000 euro
per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c).
Nei casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell'arresto da
quattro a otto mesi;
d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500 a 6.000
euro per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2, lettere a) e b),
34, commi 1 e 2;
e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000
euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera l), e 43,
comma 4;
f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 10.000
euro per non aver provveduto alla nomina di cui all'articolo 18, comma
1, lettera a);
g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 4.500 euro per
la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera bb);
h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro per
la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera u), 29, comma 4, e 35,
comma 2;
i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500 euro per
la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento
agli infortuni superiori ai tre giorni;
l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per
la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento
agli infortuni superiori ad un giorno;
m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro per
ciascun lavoratore, in caso di violazione dell'articolo 26, comma 8;
n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 3.000
in caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera s);
o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso di
violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera aa).
5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i), esclude
l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo
53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al
decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
Nota all'art. 55:
- Il testo dell'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30
giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali), e' il seguente:
«Art. 53. - Il datore di lavoro e' tenuto a denunciare all'Istituto
assicuratore gli infortuni da cui siano colpiti i dipendenti prestatori
d'opera, e che siano prognosticati non guaribili entro tre giorni,
indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza degli estremi
di legge per l'indennizzabilita'. La denuncia dell'infortunio deve
essere fatta con le modalita' di cui all'art. 13 entro due giorni da
quello in cui il datore di lavoro ne ha avuto notizia e deve essere
corredata da certificato medico. Qualora il datore di lavoro effettui la
denuncia di infortunio per via telematica, il certificato medico deve
essere inviato solo su espressa richiesta dell'Istituto assicuratore
nelle ipotesi in cui non sia stato direttamente inviato dal lavoratore o
dal medico certificatore. Se si tratta di infortunio che abbia prodotto
la morte o per il quale sia preveduto il pericolo di morte, la denuncia
deve essere fatta per telegrafo entro ventiquattro ore dall'infortunio.
Qualora l'inabilita' per un infortunio prognosticato guaribile entro tre
giorni si prolunghi al quarto il termine per la denuncia decorre da
quest'ultimo giorno. La denuncia dell'infortunio ed il certificato
medico debbono indicare, oltre alle generalita' dell'operaio, il giorno
e l'ora in cui e' avvenuto l'infortunio, le cause e le circostanze di
esso, anche in riferimento ad eventuali deficienze di misure di igiene e
di prevenzione, la natura e la precisa sede anatomica della lesione, il
rapporto con le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti.
La denuncia delle malattie professionali deve essere trasmessa sempre
con le modalita' di cui all'art. 13 dal datore di lavoro all'Istituto
assicuratore, corredata da certificato medico, entro i cinque giorni
successivi a quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al
datore di lavoro della manifestazione della malattia. Il certificato
medico deve contenere, oltre l'indicazione del domicilio dell'ammalato e
del luogo dove questi si trova ricoverato, una relazione
particolareggiata della sintomatologia accusata dall'ammalato stesso e
di quella rilevata dal medico certificatore. I medici certificatori
hanno l'obbligo di fornire all'Istituto assicuratore tutte le notizie
che esso reputi necessarie.
Nella denuncia debbono essere, altresi', indicati le ore lavorate e il
salario percepito dal lavoratore assicurato nei quindici giorni
precedenti quello dell'infortunio o della malattia professionale. Per
gli addetti alla navigazione marittima ed alla pesca marittima la
denuncia deve essere fatta dal capitano o padrone preposto al comando
della nave o del galleggiante o, in caso di loro impedimento,
dall'armatore all'Istituto assicuratore e all'autorita' portuale o
consolare competente. Quando l'infortunio si verifichi durante la
navigazione, la denuncia deve essere fatta il giorno del primo approdo
dopo l'infortunio. Il certificato medico, che deve corredare la denuncia
di infortunio, deve essere rilasciato dal medico di bordo o, in mancanza
di esso, da un medico del luogo di primo approdo sia nel territorio
nazionale sia all'estero.
I contravventori alle precedenti disposizioni sono puniti con la
sanzione amministrativa da lire cinquecentomila a lire tremilioni.».
Art. 56.
Sanzioni per il preposto
1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attivita' alla quale sono
tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro
per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro per la
violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
c) con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione dell'articolo 19,
comma 1, lettera g).
Art. 57.
Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i fornitori e gli installatori
1. I progettisti che violano il disposto dell'articolo 22 sono puniti
con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 600 a 2.000 euro.
2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto dell'articolo 23
sono puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
15.000 a 45.000 euro.
3. Gli installatori che violano il disposto dell'articolo 24 sono puniti
con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro.
Art. 58.
Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.500 euro per
la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere d), e) e f);
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro
per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere b), c) e g);
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000 euro
per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettera l);
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000 euro per
la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere h), i) e m), e per la
violazione dell'articolo 41, comma 5;
e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500 euro per
la violazione dell'articolo 40, comma 1.
Art. 59.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro per la
violazione dell'articolo 20, comma 2, lettere b), c), d), e), f), g), h)
e i);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la
violazione dell'articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si applica ai
lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione.
Art. 60.
Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare, i lavoratori autonomi,
i piccoli imprenditori e i soci delle societa' semplici operanti nel
settore agricolo
1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000 euro per la
violazione dell'articolo 21, comma 1, lettere a) e b);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per la
violazione dell'articolo 21, comma 1, lettera c).
Sezione II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE
Art. 61.
Esercizio dei diritti della persona offesa
1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di omicidio
colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto e' commesso con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o
relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia
professionale, il pubblico ministero ne da' immediata notizia all'INAIL
ed all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, ai fini
dell'eventuale costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari delle
vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i diritti e
le facolta' della persona offesa di cui agli articoli 91 e 92 del codice
di procedura penale, con riferimento ai reati commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale.
Note all'art. 61:
- Il testo degli articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, e' il
seguente:
«Art. 91 (Diritti e facolta' degli enti e delle associazioni
rappresentativi di interessi lesi dal reato). - 1. Gli enti e le
associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla
commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in
forza di legge, finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato,
possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e
le facolta' attribuiti alla persona offesa dal reato.».
«Art. 92 (Consenso della persona offesa). - 1. L'esercizio dei diritti e
delle facolta' spettanti agli enti e alle associazioni rappresentativi
di interessi lesi dal reato e' subordinato al consenso della persona
offesa.
2. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata
autenticata e puo' essere prestato a non piu' di uno degli enti o delle
associazioni. Einefficace il consenso prestato a piu' enti o
associazioni.
3. Il consenso puo' essere revocato in qualsiasi momento con le forme
previste dal comma 2.
4. La persona offesa che ha revocato il consenso non puo' prestarlo
successivamente ne' allo stesso ne' ad altro ente o associazione.».
Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art. 62.
Definizioni
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente ai fini
dell'applicazione del presente titolo, si intendono per luoghi di
lavoro:
a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all'interno
dell'azienda o dell'unita' produttiva, nonche' ogni altro luogo di
pertinenza dell'azienda o dell'unita' produttiva accessibile al
lavoratore nell'ambito del proprio lavoro;
b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un'azienda
agricola o forestale.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
Art. 63.
Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati
nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del
caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le vie
di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di lavoro
utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di lavoro
gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono essere
adottate misure idonee a consentire la mobilita' e l'utilizzazione dei
servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti di
cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione
dell'organo di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure
alternative che garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e altri
terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono
specificati nel punto 7 dell'allegato IV.
Art. 64.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all'articolo
63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite o
ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano sgombre allo scopo
di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto piu'
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la
sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano sottoposti a
regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione
o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a regolare
manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Art. 65.
Locali sotterranei o semisotterranei
1. E' vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o
semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere
destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei, quando
ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di
lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di
illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza puo' consentire l'uso dei locali chiusi
sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali
non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano
luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le
norme del presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare
le condizioni di cui al comma 2.
Art. 66.
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
1. E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne,
camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti,
condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas
deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di
pericolo per la vita e l'integrita' fisica dei lavoratori medesimi,
ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o
altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosita'
dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di
sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra,
forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti
luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero
di un lavoratore privo di sensi.
Art. 67.
Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio
1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire a
lavorazioni industriali, nonche' gli ampliamenti e le ristrutturazioni
di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel rispetto della normativa
di settore ed essere notificati all'organo di vigilanza competente per
territorio.
2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti considerati
nella valutazione e relativi:
a) alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle principali
modalita' di esecuzione delle stesse;
b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli impianti.
L'organo di vigilanza territorialmente competente puo' chiedere
ulteriori dati e prescrivere modificazioni in relazione ai dati
notificati.
3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di
lavoro ove e' prevista la presenza di piu' di tre lavoratori.
4. La notifica di cui al presente articolo e' valida ai fini delle
eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.
Capo II
Sanzioni
Art. 68.
Sanzioni per il datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e' punito:
a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da 4.000 a 16.000
euro per la violazione dell'articolo 66;
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000
euro per la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 2.500 euro per
la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.
Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro
Art. 69.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende
per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o
impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa
connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio o
fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la
trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo
smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimita' di
una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore
costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi interamente o
in parte in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una attrezzatura di
lavoro.
Art. 70.
Requisiti di sicurezza
1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro messe a
disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle specifiche
disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive
comunitarie di prodotto.
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni
legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a
disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme
legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie
di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza
di cui all'allegato V.
3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le
attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti
ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente
della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero dell'articolo 28 del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro
funzioni ispettive, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro, accertino che un'attrezzatura di lavoro messa a disposizione dei
lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in servizio ai
sensi della direttiva di prodotto, in tutto o in parte, risulta non
rispondente a uno o piu' requisiti essenziali di sicurezza previsti
dalle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 2, ne
informano immediatamente l'autorita' nazionale di sorveglianza del
mercato competente per tipo di prodotto. In tale caso le procedure
previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre
1994, n. 758, vengono espletate:
a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in sede
di utilizzo, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore
dell'esemplare di attrezzatura oggetto dell'accertamento, mediante
apposita prescrizione a rimuovere la situazione di rischio determinata
dalla mancata rispondenza ad uno o piu' requisiti essenziali di
sicurezza;
b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente, nei confronti
del fabbricante e dei soggetti della catena della distribuzione, alla
conclusione dell'accertamento tecnico effettuato dall'autorita'
nazionale per la sorveglianza del mercato.
Note all'art. 70:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547,
abrogato dal presente decreto, recava: «Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro».
- Il testo dell'art. 28 del citato decreto legislativo n. 626 del 1994,
e' il seguente:
«Art. 28 (Adeguamenti al progresso tecnico). - 1. Con decreto del
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con i
Ministri della sanita' e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, sentita la commissione consultiva permanente:
a) e' riconosciuta la conformita' alle vigenti norme per la sicurezza e
la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro di mezzi e sistemi di
sicurezza;
b) si da' attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro della Comunita' europea per le parti in
cui modificano modalita' esecutive e caratteristiche di ordine tecnico
di altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di natura strettamente
tecnica e degli allegati al presente decreto in relazione al progresso
tecnologico.».
- Il testo degli articoli 20 e 21 del citato decreto legislativo n. 758
del 1994, e' il seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione
accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di
polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale,
impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo
tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile a richiesta del
contravventore, per la particolare complessita' o per l'oggettiva
difficolta' dell'adempimento. In nessun caso esso puo' superare i sei
mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al
contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine
di sei mesi puo' essere prorogato per una sola volta, a richiesta del
contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con
provvedimento motivato che e' comunicato immediatamente al pubblico
ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata anche al
rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale
opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo' imporre specifiche
misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute
dei lavoratori durante il lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al
pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai
sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non oltre sessanta
giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza verifica se la violazione e' stata eliminata secondo le
modalita' e nel termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza
ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine
di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda
stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza
comunica al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonche'
l'eventuale pagamento della predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di
vigilanza ne da' comunicazione al pubblico ministero e al contravventore
entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella
prescrizione.».
Art. 71.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature
conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai fini
della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a
tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni
legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di
lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature gia' in
uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi
all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette
attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo
condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche
ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformita' alle istruzioni d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la
permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano
corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di
manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti minimi di
sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare adottato
in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettera
z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di controllo
delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso e' previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite all'articolo 1,
comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n.
459, per migliorarne le condizioni di sicurezza non configurano
immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo
periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalita' di utilizzo
e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' il posto di
lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle attrezzature
presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi
dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego conoscenze o
responsabilita' particolari in relazione ai loro rischi specifici, il
datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo
scopo incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e
specifica;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i
lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per
svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro
provvede affinche':
1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle condizioni
di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo
l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo
ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova localita' di
impianto, al fine di assicurarne l'installazione corretta e il buon
funzionamento;
2) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare
deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose
siano sottoposte:
1. a controlli periodici, secondo frequenze stabilite in base alle
indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona
tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona
prassi;
2. a controlli straordinari al fine di garantire il mantenimento di
buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi
eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la
sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni,
trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di
inattivita';
c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad assicurare il
buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza delle
attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere riportati
per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni, devono
essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate al
di fuori della sede dell'unita' produttiva devono essere accompagnate da
un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo con esito
positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro sottopone
le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a verifiche
periodiche, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La prima di
tali verifiche e' effettuata dall'ISPESL e le successive dalle ASL. Le
verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a
carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL e
l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o privati
abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di
incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura
pubblica titolare della funzione.
13. Le modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui
all'allegato VII, nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti
pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto
del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
14. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali,
sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa con
la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di
cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII
relativamente all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle
verifiche di cui al comma 11.
Note all'art. 71:
- Il testo dell'art. 1, comma 2 del Presidente della Repubblica 24
luglio 1996, n. 459 (Regolamento per l'attuazione delle direttive
89/392/CEE, 91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il
riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle
macchine), e' il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione e definizioni). -
1. (Omissis).
2. Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a) macchina:
1) un insieme di pezzi o di organi, di cui almeno uno mobile, collegati
tra loro, anche mediante attuatori, con circuiti di comando e di potenza
o altri sistemi di collegamento, connessi solidalmente per una
applicazione ben determinata, segnatamente per la trasformazione, il
trattamento, lo spostamento o il condizionamento di materiali;
2) un insieme di macchine e di apparecchi che, per raggiungere un
risultato determinato, sono disposti e comandati in modo da avere un
funzionamento solidale;
3) un'attrezzatura intercambiabile che modifica la funzione di una
macchina, commercializzata per essere montata su una macchina o su una
serie di macchine diverse o su un trattore dall'operatore stesso, nei
limiti in cui tale attrezzatura non sia un pezzo di ricambio o un
utensile;
b) componente di sicurezza:
un componente, purche' non sia un'attrezzatura intercambiabile, che il
costruttore o il suo mandatario stabilito nell'Unione europea immette
sul mercato allo scopo di assicurare, con la sua utilizzazione, una
funzione di sicurezza e il cui guasto o cattivo funzionamento pregiudica
la sicurezza o la salute delle persone esposte.
3. Si intende per immissione sul mercato la prima messa a disposizione
sul mercato dell'Unione europea, a titolo oneroso o gratuito, di una
macchina o di un componente di sicurezza per la sua distribuzione o
impiego. Si considerano altresi' immessi sul mercato la macchina o il
componente di sicurezza messi a disposizione dopo aver subito modifiche
costruttive non rientranti nella ordinaria o straordinaria manutenzione.
4. Si intende per messa in servizio:
a) la prima utilizzazione della macchina o del componente di sicurezza
sul territorio dell'Unione europea;
b) l'utilizzazione della macchina o del componente di sicurezza
costruiti sulla base della legislazione precedente e gia' in servizio
alla data di entrata in vigore del presente regolamento, qualora siano
stati assoggettati a variazioni delle modalita' di utilizzo non previste
direttamente dal costruttore.
5. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento:
a) le macchine la cui unica fonte di energia sia quella prodotta dalla
forza umana direttamente applicata, ad eccezione delle macchine per il
sollevamento di carichi ovvero di persone;
b) le macchine per uso medico destinate all'impiego diretto sul
paziente;
c) le attrezzature specifiche per i parchi di divertimento;
d) le caldaie a vapore e i recipienti a pressione;
e) le macchine specificamente progettate o destinate ad uso nucleare
che, se difettose, possono provocare emissioni di radioattivita';
f) le fonti radioattive incorporate in una macchina;
g) le armi da fuoco;
h) i serbatoi di immagazzinamento e le condutture per il trasporto di
benzina, gasolio per autotrazione, liquidi infiammabili e sostanze
pericolose;
i) i mezzi di trasporto aerei, stradali, ferroviari o per via d'acqua
destinati unicamente al trasporto di persone e quelli destinati al
trasporto delle merci per la sola parte inerente la funzione del
trasporto. Non sono esclusi dal campo di applicazione del presente
regolamento i veicoli destinati all'industria estrattiva;
l) le navi e le unita' mobili offshore, nonche' le attrezzature
destinate ad essere utilizzate a bordo di tali navi o unita';
m) gli impianti a fune, comprese le funicolari, per il trasporto
pubblico o non pubblico di persone;
n) i trattori agricoli e forestali quali definiti al paragrafo 1
dell'art. 1 della direttiva 74/150/CEE, concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei
trattori agricoli o forestali a ruote, modificata da ultimo dalla
direttiva 86/297/CEE;
o) le macchine appositamente progettate e costruite a fini militari o di
mantenimento dell'ordine;
p) gli ascensori che collegano in modo permanente piani definiti di
edifici e costruzioni mediante una cabina che si sposta lungo guide
rigide la cui inclinazione sull'orizzontale e' superiore a 15 gradi,
destinata al trasporto:
1) di persone;
2) di persone e cose;
3) soltanto di cose se la cabina e' accessibile, ossia se una persona
puo' penetrarvi senza difficolta', e attrezzata con elementi di comando
situati al suo interno o alla portata di una persona che si trovi al suo
interno;
q) i mezzi destinati al trasporto di persone che utilizzano veicoli a
cremagliera;
r) gli ascensori utilizzati nei pozzi delle miniere;
s) gli elevatori di scenotecnica;
t) gli ascensori da cantiere per il trasporto di persone o di persone e
materiale.
6. Ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n. 183, con decreto
del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di
concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, sono
adottate le modifiche del presente regolamento concernenti modalita'
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico.».
Art. 72.
Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso
1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria
attrezzature di lavoro di cui all'articolo 70, comma 2, deve attestare,
sotto la propria responsabilita', che le stesse siano conformi, al
momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o
locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di lavoro attrezzature
di lavoro senza conduttore deve, al momento della cessione, attestarne
il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di
sicurezza. Dovra' altresi' acquisire e conservare agli atti per tutta la
durata del noleggio o della concessione dell'attrezzatura una
dichiarazione del datore di lavoro che riporti l'indicazione del
lavoratore o dei lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono
risultare formati conformemente alle disposizioni del presente titolo.
Art. 73.
Informazione e formazione
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il datore di
lavoro provvede, affinche' per ogni attrezzatura di lavoro messa a
disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni
necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata
in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' a informare i lavoratori sui
rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro,
sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente
circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonche' sui
cambiamenti di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili
ai lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori incaricati
dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilita'
particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano una formazione
adeguata e specifica, tale da consentirne l'utilizzo delle attrezzature
in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere
causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuate le
attrezzature di lavoro per le quali e' richiesta una specifica
abilitazione degli operatori nonche' le modalita' per il riconoscimento
di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed
i requisiti minimi di validita' della formazione.
Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale
Art. 74.
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito
denominato «DPI», qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e
tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o piu' rischi
suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro,
nonche' ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente
destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle
forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento
dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di
trasporto stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi
e non per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori
nocivi.
Art. 75.
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da
mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di
riorganizzazione del lavoro.
Art. 76.
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto legislativo
4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per se'
un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessita'.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di piu'
DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da mantenere,
anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del
rischio e dei rischi corrispondenti.
Note all'art. 76:
- Il testo del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 (Attuazione
della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in
materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative
ai dispositivi di protezione individuale e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 9 dicembre 1992, n. 289, supplemento ordinario.
Art. 77.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere
evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche' questi
siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle
eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal
fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili
sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite dal
fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato,
specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entita' del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di cui
all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai
requisiti previsti dall'articolo 76.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene,
mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie e
secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti,
salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del
fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di piu' persone, prende
misure adeguate affinche' tale uso non ponga alcun problema sanitario e
igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo
protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unita' produttiva informazioni
adeguate su ogni DPI;
g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine
dell'utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;
h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno
specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei
DPI.
5. In ogni caso l'addestramento e' indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992,
n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Nota all'art. 77:
- Per il testo del decreto legislativo n. 475 del 1992, si veda nota
all'art. 76.
Art. 78.
Obblighi dei lavoratori
1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera
h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e
addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti
necessari ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera
d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e
all'addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali
in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi
rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Art. 79.
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di riferimento
per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77, commi 1 e 4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la
Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo conto
della natura, dell'attivita' e dei fattori specifici di rischio sono
indicati:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le priorita'
delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego dei
DPI.
Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche
Art. 80.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' i
materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a
disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati,
utilizzati e manutenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i
rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a
sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei rischi di
cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi
comprese eventuali interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro
adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o
ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di
protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in
sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione
atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza
raggiunto con l'adozione delle misure di cui al comma 1.
Art. 81.
Requisiti di sicurezza
1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche' le
installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere
progettati, realizzati e costruiti a regola d'arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di
recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i
macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti di cui
al comma precedente, si considerano costruiti a regola d'arte se sono
realizzati secondo le norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere predisposte tenendo
conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni
contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle apparecchiature
ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate
nelle norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
Art. 82.
Lavori sotto tensione
1. E' vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia
consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di
sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica secondo la
migliore scienza ed esperienza, nonche' quando i lavori sono eseguiti
nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai
criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente alternata e
1500 V in corrente continua:
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere affidata a
lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale
attivita' secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica;
2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai
criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata e 1500
V in corrente continua purche':
1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende autorizzate
con specifico provvedimento dei competenti uffici del Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali ad operare sotto tensione;
2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione e' affidata a lavoratori
abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa
tecnica riconosciuti idonei per tale attivita';
3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai
criteri definiti nelle norme di buona tecnica.
2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, da
adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle
autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende gia'
autorizzate ai sensi della legislazione vigente.
Art. 83.
Lavori in prossimita' di parti attive
1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimita' di linee elettriche
o di impianti elettrici con parti attive non protette, o che per
circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente
protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella
1 dell'allegato IX, salvo che vengano adottate disposizioni
organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai
conseguenti rischi.
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni
contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.
Art. 84.
Protezioni dai fulmini
1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le
strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini con
sistemi di protezione realizzati secondo le norme di buona tecnica.
Art. 85.
Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature
1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli impianti, le
strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli determinati
dall'innesco elettrico di atmosfere potenzialmente esplosive per la
presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili, o in
caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di materiali esplosivi.
2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano utilizzando le
specifiche disposizioni di cui al presente decreto legislativo e le
pertinenti norme di buona tecnica di cui all'allegato IX.
Art. 86.
Verifiche
1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede
affinche' gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai
fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le
indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per
verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della
sicurezza.
2. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali vengono stabilite, sulla base delle disposizioni
vigenti, le modalita' ed i criteri per l'effettuazione delle verifiche
di cui al comma 1.
3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato e
tenuto a disposizione dell'autorita' di vigilanza.
Note all'art. 86:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001,
n. 462 (Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia
di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche
atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di
impianti elettrici pericolosi), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8
gennaio 2002, n. 6.
Art. 87.
Sanzioni a carico del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da tre a sei
mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 1 e dell'articolo 70, comma 2, limitatamente
ai punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2, 5.13.8 e 5.13.9
dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
2. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da due a
quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la
violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8,
3.1.11, 3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1, 5.15.2,
5.16.2, 5.16. 4, dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6, 2.11, 3.1.3,
3.1.4, 3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
3. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti diversi da quelli
indicati alle lettere a) e b) dell'allegato V, parte II, e dell'allegato
VI;
b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
d) dell'articolo 86, comma 3.
Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
Art. 88.
Campo di applicazione
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle
misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei
cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1,
lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze
minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie
esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni
o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della
miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie,
nonche' i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla
coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati
all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro
delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e trasporto dei
prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti
dai piazzali;
e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio
degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare
territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree
sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attivita' svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi
o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche' tali attivita'
non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
Art. 89.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intendono
per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato: «cantiere»:
qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria civile
il cui elenco e' riportato nell'allegato X.
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene
realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua
realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente e'
il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla
gestione dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente, della
progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale soggetto
coincide con il progettista per la fase di progettazione dell'opera e
con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell'opera. Nel
campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e
successive modificazioni, il responsabile dei lavori e' il responsabile
unico del procedimento;
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attivita' professionale
contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di
subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la
progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la
progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile
dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la
realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per
l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal
responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo
92, che non puo' essere il datore di lavoro delle imprese esecutrici o
un suo dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione (RSPP) da lui designato;
g) uomini-giorno: entita' presunta del cantiere rappresentata dalla
somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi,
previste per la realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro
dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere
interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui
contenuti sono riportati nell'allegato XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto con il
committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, puo' avvalersi di
imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;
l) idoneita' tecnico-professionale: possesso di capacita' organizzative,
nonche' disponibilita' di forza lavoro, di macchine e di attrezzature,
in riferimento alla realizzazione dell'opera.
Nota all'art. 89:
- Per il testo del decreto legislativo n. 163 del 2006, si veda nota
all'art. 26.
Art. 90.
Obblighi del committente o del responsabile dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di
progettazione dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte
tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle
operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di
tutela di cui all'articolo 15. Al fine di permettere la pianificazione
dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori o delle fasi di
lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra
loro, il committente o il responsabile dei lavori prevede nel progetto
la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della
progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91,
comma 1, lettere a) e b).
3. Nei cantieri in cui e' prevista la presenza di piu' imprese, anche
non contemporanea, il committente, anche nei casi di coincidenza con
l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori, contestualmente
all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore
per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei
lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui all'articolo
98.
5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in cui,
dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione dei
lavori o di parte di essi sia affidata a una o piu' imprese.
6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 98, ha facolta' di svolgere le funzioni
sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per
l'esecuzione dei lavori.
7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese
esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del coordinatore per
la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.
8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facolta' di sostituire
in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei requisiti
di cui all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e
4.
9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di
affidamento dei lavori ad un'unica impresa:
a) verifica l'idoneita' tecnico-professionale dell'impresa affidataria,
delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle
funzioni o ai lavori da affidare, con le modalita' di cui all'allegato
XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che
precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle
imprese del certificato di iscrizione alla Camera di commercio,
industria e artigianato e del documento unico di regolarita'
contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso
degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio
annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei
lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS), all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro
(INAIL) e alle casse edili, nonche' una dichiarazione relativa al
contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali
comparativamente piu' rappresentative, applicato ai lavoratori
dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo
che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte
delle imprese del documento unico di regolarita' contributiva e
dell'autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;
c) trasmette all'amministrazione competente, prima dell'inizio dei
lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio
attivita', il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente
alla documentazione di cui alle lettere a) e b). L'obbligo di cui al
periodo che precede sussiste anche in caso di lavori eseguiti in
economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a lavoratori
autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con proprio personale
dipendente senza ricorso all'appalto. In assenza del documento unico di
regolarita' contributiva, anche in caso di variazione dell'impresa
esecutrice dei lavori, l'efficacia del titolo abilitativo e' sospesa.
10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1,
lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui
all'articolo 99, quando prevista, e' sospesa l'efficacia del titolo
abilitativo. L'organo di vigilanza comunica l'inadempienza
all'amministrazione concedente.
11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3 non si
applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si applica in
ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.
Art. 91.
Obblighi del coordinatore per la progettazione
1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta
di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione:
a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo
100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati
nell'allegato XV;
b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti all'allegato
XVI, contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della
protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle
specifiche norme di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26
maggio 1993. Il fascicolo non e' predisposto nel caso di lavori di
manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) del
testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380.
2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), e' preso in
considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.
Note all'art. 91:
- Il testo dell'art. 3, comma 1, lettera a) del decreto del Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A), e' il
seguente:
«Art. 3 (Definizioni degli interventi edilizi). (Legge 5 agosto 1978, n.
457, art. 31). - 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per:
a) «interventi di manutenzione ordinaria», gli interventi edilizi che
riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle
finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in
efficienza gli impianti tecnologici esistenti;».
Art. 92.
Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo,
l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori
autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di
sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta
applicazione delle relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneita' del piano operativo di sicurezza, da considerare
come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e
coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la coerenza con
quest'ultimo, adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100 e il fascicolo di cui
all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei
lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte
delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere,
verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi
piani operativi di sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi,
la cooperazione ed il coordinamento delle attivita' nonche' la loro
reciproca informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti
sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti
della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in
cantiere;
e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa
contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati,
le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e alle
prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone la sospensione
dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal
cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente
o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito
alla segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per
l'esecuzione da' comunicazione dell'inadempienza alla azienda unita'
sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro
territorialmente competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente
riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti
adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per
l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il
piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di cui
all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
Art. 93.
Responsabilita' dei committenti e dei responsabili dei lavori
1. Il committente e' esonerato dalle responsabilita' connesse
all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al
responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento dell'incarico al
responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilita'
connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli
articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del
coordinatore per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori
dalle responsabilita' connesse alla verifica dell'adempimento degli
obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a),
b), c) e d).
Art. 94.
Obblighi dei lavoratori autonomi
1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attivita' nei
cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto
legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per
l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.
Art. 95.
Misure generali di tutela
1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l'esecuzione
dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui all'articolo 15
e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di
soddisfacente salubrita';
b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo conto delle
condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento
o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il
controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di
eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute
dei lavoratori;
e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e di
deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie
e di sostanze pericolose;
f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della durata
effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;
g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
h) le interazioni con le attivita' che avvengono sul luogo, all'interno
o in prossimita' del cantiere.
Art. 96.
Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese
esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica impresa,
anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato
XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con modalita'
chiaramente visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o attrezzature
in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche
che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo,
se del caso, coordinamento con il committente o il responsabile dei
lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie
avvengano correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 89,
comma 1, lettera h).
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese
esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo
100 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono,
limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento alle
disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo
18, comma 1, lettera z), e all'articolo 26, commi 1, lettera b), e 3.
Art. 97.
Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria
1. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria vigila sulla sicurezza
dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni e delle
prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
2. Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le disposizioni
di cui all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore di lavoro
dell'impresa affidataria. Per la verifica dell'idoneita' tecnico
professionale si fa riferimento alle modalita' di cui all'allegato XVII.
3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve, inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza (POS) delle
imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della trasmissione dei
suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.
Art. 98.
Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del
coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti
requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi:
LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del
Ministro dell'universita' e della ricerca in data 16 marzo 2007,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del
9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica conseguita nelle seguenti
classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al decreto del
Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in
data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero corrispondente diploma di
laurea ai sensi del decreto del Ministro dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca in data 5 maggio 2004, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, nonche' attestazione, da
parte di datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di
attivita' lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23, di cui
al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero laurea
conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto
ministeriale in data 4 agosto 2000, nonche' attestazione, da parte di
datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attivita'
lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o
agrotecnico, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o
committenti, comprovante l'espletamento di attivita' lavorativa nel
settore delle costruzioni per almeno tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresi', in possesso di
attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a
specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni,
mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e
della formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL,
dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dai rispettivi
ordini o collegi professionali, dalle universita', dalle associazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi
paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
3. I contenuti, le modalita' e la durata dei corsi di cui al comma 2
devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV.
4. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che, non
piu' in servizio, abbiano svolto attivita' tecnica in materia di
sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita' di
pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che
producano un certificato universitario attestante il superamento di un
esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui
programma siano presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o
l'attestato di partecipazione ad un corso di perfezionamento
universitario con i medesimi contenuti minimi. L'attestato di cui al
comma 2 non e' richiesto per coloro che sono in possesso della laurea
magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono a
totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei
corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a carico dei
partecipanti.
Art. 99.
Notifica preliminare
1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei
lavori, trasmette all'azienda unita' sanitaria locale e alla direzione
provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica
preliminare elaborata conformemente all'allegato XII, nonche' gli
eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:
a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica,
ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti
sopravvenute in corso d'opera;
c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entita' presunta di
lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.
2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso
il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di vigilanza
territorialmente competente.
3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni in
attuazione dell'articolo 51 possono chiedere copia dei dati relativi
alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.
Art. 100.
Piano di sicurezza e di coordinamento
1. Il piano e' costituito da una relazione tecnica e prescrizioni
correlate alla complessita' dell'opera da realizzare ed alle eventuali
fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre i
rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i
rischi particolari di cui all'allegato XI, nonche' la stima dei costi di
cui al punto 4 dell'allegato XV. Il piano di sicurezza e coordinamento
(PSC) e' corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli
aspetti della sicurezza, comprendenti almeno una planimetria
sull'organizzazione del cantiere e, ove la
particolarita' dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli
scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e
l'indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti
all'allegato XV.
2. Il piano di sicurezza e coordinamento e' parte integrante del
contratto di appalto.
3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi
sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nel
piano operativo di sicurezza.
4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione
dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di
coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni
prima dell'inizio dei lavori.
5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facolta' di presentare al
coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di
sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la
sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun
caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o
adeguamento dei prezzi pattuiti.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la
cui esecuzione immediata e' necessaria per prevenire incidenti imminenti
o per organizzare urgenti misure di salvataggio.
Art. 101.
Obblighi di trasmissione
1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di
sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare
offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera
pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a
tutti i concorrenti alla gara di appalto.
2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il piano
di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi.
3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice
trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all'impresa
affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al
proprio, lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione. I lavori hanno
inizio dopo l'esito positivo delle suddette verifiche che sono
effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni dall'avvenuta
ricezione.
Art. 102.
Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza
1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di coordinamento di
cui all'articolo 100 e delle modifiche significative apportate allo
stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice consulta il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli fornisce eventuali
chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza ha facolta' di formulare proposte al riguardo.
Art. 103.
Modalita' di previsione dei livelli di emissione sonora
1. L'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti
puo' essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a livelli di
rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validita' e'
riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo
6, riportando la fonte documentale cui si e' fatto riferimento.
Art. 104.
Modalita' attuative di particolari obblighi
1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai
duecento giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto
dall'articolo 102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di
cui all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza.
2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai 200
giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro
in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli gia' visitati dallo
stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, e' sostituita o
integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame di piani di
sicurezza relativi ai cantieri in cui
svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.
Il medico competente visita almeno una volta all'anno l'ambiente di
lavoro in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua
sorveglianza.
3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i
contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione
nazionale di categoria.
4. I datori di lavoro, quando e' previsto nei contratti di affidamento
dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi
apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei
lavoratori, sono esonerati da quanto previsto dall'articolo 18, comma 1,
lettera b).
Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e
nei lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione
Art. 105.
Attivita' soggette
1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita' che, da
chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati o
autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione,
manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o
lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura,
in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese
le linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie,
idrauliche, marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione
forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre, lavori di costruzione
edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio
di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori
edili o di ingegneria civile. Le norme del presente capo si applicano ai
lavori in quota di cui al presente capo e ad in ogni altra attivita'
lavorativa.
Art. 106.
Attivita' escluse
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze
minerali;
b) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio
degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare
territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree
sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
c) ai lavori svolti in mare.
Art. 107.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende
per lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il lavoratore al
rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto
ad un piano stabile.
Sezione II
Disposizioni di carattere generale
Art. 108.
Viabilita' nei cantieri
1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la viabilita'
delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1 dell'allegato
XVIII.
Art. 109.
Recinzione del cantiere
1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve essere
dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire l'accesso
agli estranei alle lavorazioni.
Art. 110.
Luoghi di transito
1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e simili
deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di misure o
cautele adeguate.
Art. 111.
Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in
quota
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non
possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni
ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le
attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e mantenere condizioni di
lavoro sicure, in conformita' ai seguenti criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure
di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei
lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una
circolazione priva di rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di accesso
ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla frequenza di
circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il sistema di
accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo
imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme,
impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori
di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a
pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di altre
attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e' giustificato a
causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego
oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo' modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di
accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e'
direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della
valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere effettuato in
condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro
considerata piu' sicura non e' giustificato a causa della breve durata
di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti che non puo'
modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede l'impiego di un sedile
munito di appositi accessori in funzione dell'esito della valutazione
dei rischi ed, in particolare, della durata dei lavori e dei vincoli di
carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di lavoro
adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte a
minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in
questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi di
protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare
una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le
cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto
possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione
collettiva contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei
punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di
natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un dispositivo
di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di sicurezza
equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa adozione di tali
misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto
lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva
contro le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota soltanto se
le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro dispone affinche' sia vietato assumere e
somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti
ai lavori in quota.
Art. 112.
Idoneita' delle opere provvisionali
1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon materiale ed
a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono essere
conservate in efficienza per la intera durata del lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si deve
provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti piu'
idonei ai sensi dell'allegato XIX.
Art. 113.
Scale
1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti
di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai
carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I
gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e
larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale ed i relativi
pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto
normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti
devono essere munite di almeno un corrimano.
2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o
incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75 gradi,
devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai
ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o
aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della
persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei
pioli non deve distare da questi piu' di cm 60. I pioli devono distare
almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale
la scala e' fissata. Quando l'applicazione della gabbia alle scale
costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficolta'
costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure
di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto
superiore ad un metro.
3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con
materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere
sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono
avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno,
devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I pioli
devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere trattenuti con
tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi;
nelle scale lunghe piu' di 4 metri deve essere applicato anche un
tirante intermedio. E' vietato l'uso di scale che presentino listelli di
legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono
inoltre essere provviste di:
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremita' inferiori dei due
montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle estremita'
superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilita' della
scala.
4. Per le scale provviste alle estremita' superiori di dispositivi di
trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le misure di
sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le scale a mano
usate per l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle impalcature non
devono essere poste l'una in prosecuzione dell'altra. Le scale che
servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono sistemate verso
la parte esterna del ponte, devono essere provviste sul lato esterno di
un corrimano parapetto.
5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause,
comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente
assicurate o trattenute al piede da altra persona.
6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano sistemate in
modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e secondo i
seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto stabile,
resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da garantire la
posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo sicuro e,
ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare spostamenti
e qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili, durante il
loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore o
inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o
ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da sporgere a
sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri dispositivi
garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a sfilo
devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei
vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente prima di
accedervi.
7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano utilizzate in
modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi momento di un
appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a mano di
pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.
8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o piu' elementi
innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel
comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:
a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15 metri, salvo
particolari esigenze, nel qual caso le estremita' superiori dei montanti
devono essere assicurate a parti fisse;
b) le scale in opera lunghe piu' di 8 metri devono essere munite di
rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;
c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne effettua lo
spostamento laterale;
d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare da terra
una continua vigilanza della scala.
9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono essere
provviste di catena di adeguata resistenza o di altro dispositivo che
impedisca l'apertura della scala oltre il limite prestabilito di
sicurezza.
10. E' ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo di
cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato XX.
Art. 114.
Protezione dei posti di lavoro
1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di
caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati calcestruzzi
e malte o eseguite altre operazioni a carattere continuativo il posto di
lavoro deve essere protetto da un solido impalcato sovrastante, contro
la caduta di materiali.
2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere
delimitato con barriera per impedire la permanenza ed il transito sotto
i carichi.
3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come quelli
di spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili, devono
essere predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia delle
persone direttamente addette a tali lavori sia di coloro che sostano o
transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per i lavori di
normale adattamento di pietrame nella costruzione di muratura comune.
Art. 115.
Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto
1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di
protezione collettiva come previsto all'articolo 111, comma 1, lettera
a), e' necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di
protezione composti da diversi elementi, non necessariamente presenti
contemporaneamente, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l'uso specifico, deve
permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di
dissipatore di energia a 4 metri.
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante connettore
lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere fisse o
provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o
mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.
Art. 116.
Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di
accesso e di posizionamento mediante funi
1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di posizionamento
mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente, una per
l'accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e l'altra con
funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di sicurezza. E' ammesso
l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui l'uso di una seconda
fune rende il lavoro piu' pericoloso e se sono adottate misure adeguate
per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno collegata
alla fune di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa e
dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel caso in
cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti.
La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro
le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori, agganciati
alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro strumento
idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al fine di
poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di necessita'. Il
programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le tipologie
operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e le
procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i
metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi di
lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza
competente per territorio di compatibilita' ai criteri di cui
all'articolo 111, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una formazione
adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in materia di
procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e deve
riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei dispositivi
necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su
manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro
caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi
di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art. 117.
Lavori in prossimita' di parti attive
1. Quando occorre effettuare lavori in prossimita' di linee elettriche o
di impianti elettrici con parti attive non protette o che per
circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente
protette, ferme restando le norme di buona tecnica, si deve rispettare
almeno una delle seguenti precauzioni:
a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per tutta la
durata dei lavori;
b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l'avvicinamento alle
parti attive;
c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi di
sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di
sicurezza.
2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano avvenire
contatti diretti o scariche pericolose per le persone tenendo conto del
tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle tensioni presenti.
Sezione III
Scavi e fondazioni
Art. 118.
Splateamento e sbancamento
1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza l'impiego di
escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono avere una
inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno,
da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco supera
l'altezza di m 1,50, e' vietato il sistema di scavo manuale per
scalzamento alla base e conseguente franamento della parete.
2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge,
di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere
frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al
consolidamento del terreno.
3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la
presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e sul ciglio
del fronte di attacco.
4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo non
sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido riparo.
5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla
base della parete di attacco e, in quanto necessario in relazione
all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilita' del ciglio
della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve essere almeno
delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili col proseguire
dello scavo.
Art. 119.
Pozzi, scavi e cunicoli
1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi piu' di m 1,50, quando la
consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di stabilita',
anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere, man
mano che procede lo scavo, alla applicazione delle necessarie armature
di sostegno.
2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi
degli scavi di almeno 30 centimetri.
3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non
presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature per
evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature devono
essere applicate man mano che procede il lavoro di avanzamento; la loro
rimozione puo' essere effettuata in relazione al progredire del
rivestimento in muratura.
4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle
sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano
fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o
indebolite dagli scavi.
5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate misure
e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno producano
lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i lavoratori.
6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve essere
disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed
all'asportazione del materiale scavato, un robusto impalcato con
apertura per il passaggio della benna.
7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata assistenza
all'esterno e le loro dimensioni devono essere tali da permettere il
recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.
Art. 120.
Deposito di materiali in prossimita' degli scavi
1. E' vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio degli
scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni del
lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.
Art. 121.
Presenza di gas negli scavi
1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e
fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i pericoli
derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti,
infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del
terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di
compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che
possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici,
asfissianti o la irrespirabilita' dell'aria ambiente e non sia possibile
assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i
lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione
individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei
dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di
salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto
alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in continuo collegamento con
gli operai all'interno ed essere in grado di sollevare prontamente
all'esterno il lavoratore colpito dai gas.
3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di
autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione
dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di
sicurezza e sempreche' sia assicurata una efficace e continua aerazione.
4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o esplosivi,
deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea
ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da
temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di
corpi incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare
fiamme o surriscaldamenti atti ad incendiare il gas.
5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere
abbinati nell'esecuzione dei lavori.
Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname
Art. 122.
Ponteggi ed opere provvisionali
1. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2, devono
essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate
impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque
precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose
conformemente al punto 2 dell'allegato XVIII.
Art. 123.
Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali
1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono essere
eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai lavori.
Art. 124.
Deposito di materiali sulle impalcature
1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere e' vietato
qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed
attrezzi necessari ai lavori.
2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre inferiore a
quello che e' consentito dalla resistenza strutturale del ponteggio; lo
spazio occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le manovre
necessarie per l'andamento del lavoro.
Art. 125.
Disposizione dei montanti
1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i cui
punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un metro;
devono altresi' essere verticali o leggermente inclinati verso la
costruzione.
2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi montanti
singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza superiore, soltanto
per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere ad elementi singoli.
3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla base di
appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento in
senso verticale ed orizzontale.
4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri 1,20 l'ultimo
impalcato o il piano di gronda.
5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere superiore a
m 3,60; puo' essere consentita una maggiore distanza quando cio' sia
richiesto da evidenti motivi di esercizio del cantiere, purche', in tale
caso, la sicurezza del ponteggio risulti da un progetto redatto da un
ingegnere o architetto corredato dai relativi calcoli di stabilita'.
6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione
almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due
montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.
Art. 126.
Parapetti
1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie, che
siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere provvisti
su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di
conservazione.
Art. 127.
Ponti a sbalzo
1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di
ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purche' la loro
costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca la
solidita' e la stabilita'.
Art. 128.
Sottoponti
1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di
sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m 2,50.
2. La costruzione del sottoponte puo' essere omessa per i ponti sospesi,
per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di manutenzione e
di riparazione di durata non superiore a cinque giorni.
Art. 129.
Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio
1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato cementizio,
quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale
impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle casseforme
per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere sistemato, in
corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di sicurezza a
sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.
2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della successiva
soletta o della trave perimetrale, non devono essere lasciate sporgere
dal filo del fabbricato piu' di 40 centimetri per l'affrancamento della
sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto ponte puo' servire
l'impalcato o ponte a sbalzo costruito in corrispondenza al piano
sottostante.
3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve essere
sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, un
impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la caduta di
materiali dall'alto. Tale protezione puo' essere sostituita con una
chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio, qualora presenti
le stesse garanzie di sicurezza, o con la segregazione dell'area
sottostante.
Art. 130.
Andatoie e passerelle
1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando siano
destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se destinate
al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere maggiore del
50 per cento.
2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di riposo
ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono essere
fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo di un
uomo carico.
Sezione V
Ponteggi fissi
Art. 131.
Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego
1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi
portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle norme
della presente sezione. 2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante
chiede al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali
l'autorizzazione alla costruzione ed all'impiego, corredando la domanda
di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di
cui all'articolo seguente.
3. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in aggiunta
all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito di
esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio gia'
autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti
alla norma UNI EN 74.
4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego ponteggi
aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila a condizione
che i risultati adeguatamente verificati delle prove di carico condotte
su prototipi significativi degli schemi funzionali garantiscano la
sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di buona
tecnica.
5. L'autorizzazione e' soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare
l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.
6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal
fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle
istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g)
dell'articolo 132.
7. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali si avvale anche
dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei ponteggi
dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a
campione presso le sedi di produzione.
Art. 132.
Relazione tecnica
1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:
a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, loro
dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e coefficienti
di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari
elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di
sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per
i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola
applicazione.
Art. 133.
Progetto
1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali nella
relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche configurazioni
strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego, nonche' le
altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non,
oppure di notevole importanza e complessita' in rapporto alle loro
dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un
progetto comprendente:
a) calcolo di resistenza e stabilita' eseguito secondo le istruzioni
approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.
2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o architetto
abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve
risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei
carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.
3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e
copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed
esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui
vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.
Art. 134.
Documentazione
1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed
esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della
documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di
montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i
cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito
riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo che
ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.
Art. 135.
Marchio del fabbricante
1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad
incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio del
fabbricante.
Art. 136.
Montaggio e smontaggio
1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a mezzo
di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio
(Pi.M.U.S.), in funzione della complessita' del ponteggio scelto, con la
valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso
l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare
realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano puo'
assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato da
istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali
costituenti il ponteggio, ed e' messo a disposizione del preposto
addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
2. Nel serraggio di piu' aste concorrenti in un nodo i giunti devono
essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di cui
uno puo' fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e'
impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un
dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di
efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una capacita'
portante sufficiente;
c) il ponteggio e' stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento involontario dei
ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di un
ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate ai
carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei lavori e
una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire lo
spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la presenza
di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli
impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le
cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di ponteggio non
pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di montaggio,
smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento di
pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono
l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati, smontati o
trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto, a regola
d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che hanno
ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e deve
riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o trasformazione
del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o
trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di
oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni
meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di montaggio,
smontaggio o trasformazione possono comportare.
8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti minimi
di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art. 137.
Manutenzione e revisione
1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo violente
perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro deve
assicurarsi della verticalita' dei montanti, del giusto serraggio dei
giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando
l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.
2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti nocivi
esterni con idonei sistemi di protezione.
Art. 138.
Norme particolari
1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in modo
che non possano scivolare sui traversi metallici.
2. E' consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio dalla
muratura non superiore a 30 centimetri.
3. E' fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del ponteggio.
4. E' fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto
applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono ammesse
deroghe:
a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma 4, a condizione che
l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro l'ultimo impalcato o il
piano di gronda;
b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che
l'altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm rispetto al piano di
calpestio;
c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a condizione che
l'altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm rispetto al piano di
calpestio;
d) alla disposizione di cui all'articolo 128, comma 1, nel caso di
ponteggi di cui all'articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano specifici
schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.
Sezione VI
Ponteggi movibili
Art. 139.
Ponti su cavalletti
1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore a metri 2 e
non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.
Art. 140.
Ponti su ruote a torre
1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere, con
largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui possono
essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento e in modo
che non possano essere ribaltati.
2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il
carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con
tavoloni o altro mezzo equivalente.
3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate con
cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.
4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno ogni
due piani; e' ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote a torre
conformi all'allegato XXIII.
5. La verticalita' dei ponti su ruote deve essere controllata con
livello o con pendolino.
6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche di
contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano
lavoratori o carichi.
Sezione VII
Costruzioni edilizie
Art. 141.
Strutture speciali
1. Durante la costruzione o il consolidamento di cornicioni di gronda e
di opere sporgenti dai muri, devono essere adottate precauzioni per
impedirne la caduta, ponendo armature provvisorie atte a sostenerle fino
a che la stabilita' dell'opera sia completamente assicurata.
Art. 142.
Costruzioni di archi, volte e simili
1. Le armature provvisorie per la esecuzione di manufatti, quali archi,
volte, architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi altra opera
sporgente dal muro, in cemento armato o in muratura di ogni genere,
devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni fase del lavoro,
la necessaria solidita' e con modalita' tali da consentire, a getto o
costruzione ultimata, il loro progressivo abbassamento e disarmo.
2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti ad
arco, per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino negli
schemi di uso corrente, devono essere eseguite su progetto redatto da un
ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli di stabilita'.
3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al comma
precedente, devono essere esibiti sul posto di lavoro a richiesta degli
organi di vigilanza.
Art. 143.
Posa delle armature e delle centine
1. Prima della posa delle armature e delle centine di sostegno delle
opere di cui all'articolo precedente, e' fatto obbligo di assicurarsi
della resistenza del terreno o delle strutture sulle quali esse debbono
poggiare, in modo da prevenire cedimenti delle armature stesse o delle
strutture sottostanti, con particolare riguardo a possibili degradazioni
per presenza d'acqua.
Art. 144.
Resistenza delle armature
1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle
strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali,
nonche' le sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a vibrazioni
durante l'esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla spinta del vento
e dell'acqua.
2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere
opportunamente distribuito.
Art. 145.
Disarmo delle armature
1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2 dell'articolo
142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori che hanno ricevuto
una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste sotto la
diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre dopo che il direttore
dei lavori ne abbia data l'autorizzazione.
2. E' fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura di sostegno
quando sulle strutture insistano carichi accidentali e temporanei.
3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo devono essere
adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la esecuzione
delle opere in conglomerato cementizio.
Art. 146.
Difesa delle aperture
1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro devono
essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure
devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza
non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali o di
persone, un lato del parapetto puo' essere costituito da una barriera
mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo
necessario al passaggio.
3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano una
profondita' superiore a m 0,50 devono essere munite di normale parapetto
e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo da
impedire la caduta di persone.
Art. 147.
Scale in muratura
1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in costruzione,
fino alla posa in opera delle ringhiere, devono essere tenuti parapetti
normali con tavole fermapiede fissati rigidamente astrutture resistenti.
2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta impalcatura posta
all'altezza del pavimento del primo piano a difesa delle persone
transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.
3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti di gradini,
qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono essere
fissati intavolati larghi almeno 60 centimetri, sui quali devono essere
applicati trasversalmente listelli di legno posti a distanza non
superiore a 40 centimetri.
Art. 148.
Lavori speciali
1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari, tetti,
coperture e simili, deve essere accertato che questi abbiano resistenza
sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei materiali di
impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere adottati i
necessari apprestamenti atti a garantire la incolumita' delle persone
addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le orditure,
sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione
individuale anticaduta.
Art. 149.
Paratoie e cassoni
1. Paratoie e cassoni devono essere:
a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati di
resistenza sufficiente;
b) provvisti dell'attrezzatura adeguata per consentire ai lavoratori di
ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.
2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo
smantellamento di una paratoia o di un cassone devono essere effettuati
soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.
3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano
ispezionati ad intervalli regolari.
Sezione VIII
Demolizioni
Art. 150.
Rafforzamento delle strutture
1. Prima dell'inizio di lavori di demolizione e' fatto obbligo di
procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di
stabilita' delle varie strutture da demolire.
2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere eseguite le
opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad evitare che,
durante la demolizione, si verifichino crolli intempestivi.
Art. 151.
Ordine delle demolizioni
1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con ordine,
devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e condotti
in maniera da non pregiudicare la stabilita' delle strutture portanti o
di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma
contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove
previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di
vigilanza.
Art. 152.
Misure di sicurezza
1. La demolizione dei muri effettuata con attrez-zature manuali deve
essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti dall'opera in
demolizione.
2. E' vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri in
demolizione.
3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando trattasi di
muri di altezza inferiore ai due metri.
Art. 153.
Convogliamento del materiale di demolizione
1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto, ma
deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il cui
estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri
dal livello del piano di raccolta.
2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni tronco
imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono essere
adeguatamente rinforzati.
3. L'imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in modo che
non possano cadervi accidentalmente persone.
4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il materiale
di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il
sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i
materiali di risulta.
Art. 154.
Sbarramento della zona di demolizione
1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la sosta ed
il transito, delimitando la zona stessa con appositi sbarramenti.
2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento ed il
trasporto del materiale accumulato deve essere consentito soltanto dopo
che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.
Art. 155.
Demolizione per rovesciamento
1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e locali,
la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul terreno non
superiore a 5 metri puo' essere effettuata mediante rovesciamento per
trazione o per spinta.
2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale e
senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di struttura
opportunamente isolati dal resto del fabbricato in demolizione in modo
da non determinare crolli intempestivi o non previsti di altre parti.
3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la
sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una volta
e mezzo l'altezza del muro o della struttura da abbattere e
allontanamento degli operai dalla zona interessata.
4. Il rovesciamento per spinta puo' essere effettuato con martinetti
solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con l'ausilio di
puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi smossi.
5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del terreno
in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi possano
derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere adiacenti
pericolose per i lavoratori addetti.
Art. 156.
Verifiche
1. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentita la
Commissione consultiva permanente, puo' stabilire l'obbligo di
sottoporre a verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni,
stabilendo le modalita' e l'organo tecnico incaricato.
Capo III
Sanzioni
Art. 157.
Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 10.000
euro per la violazione degli articoli 90, commi 1, secondo periodo, 3, 4
e 5;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a 5.000
euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera a);
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600 euro per
la violazione dell'articolo 101, comma 1, primo periodo;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000 euro per
la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera c).
Art. 158.
Sanzioni per i coordinatori
1. Il coordinatore per la progettazione e' punito con l'arresto da tre a
sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la violazione
dell'articolo 91, comma 1.
2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e' punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000
euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettere a), b), c), e)
ed f), e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
8.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a 5.000
euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettera d).
Art. 159.
Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000
euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettere a), b), c) e
g), 97, comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121, 126, 128, comma 1, 145,
commi 1 e 2, 148;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a 5.000
euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125, commi 1,
2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151, comma 1,
152, comma 1, 154;
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per
la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97, comma 3,
nonche' per la violazione delle disposizioni del capo II del presente
titolo non altrimenti sanzionate;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600 euro per
la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e 3.
2. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per
la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100, comma 3, 121,
136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro per la
violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3 e 6, 152,
comma 2.
Art. 160.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000
euro per la violazione dell'articolo 100, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.000 euro per
la violazione dell'articolo 94.
2. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda
da 150 a 600 euro per la violazione degli articoli 124, 138, commi 3 e
4, 152, comma 2.
Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art. 161.
Campo di applicazione
1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di
sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla
segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario,
fluviale, marittimo ed aereo.
Art. 162.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito
indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che, riferita ad un
oggetto, ad una attivita' o ad una situazione determinata, fornisce una
indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul
luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un
colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un
segnale gestuale;
b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che
potrebbe far correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o
pericolo;
d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato
comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce
indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o
di salvataggio;
f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse
da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma
geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una
indicazione determinata, la cui visibilita' e' garantita da una
illuminazione di intensita' sufficiente;
h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un cartello
del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni
complementari;
i) colore di sicurezza: un colore al quale e' assegnato un significato
determinato;
l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o
che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o
su una superficie luminosa;
m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da
materiale trasparente o semitrasparente, che e' illuminato dall'interno
o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie
luminosa;
n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un
apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale;
o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con
impiego di voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o delle mani
in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre
implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.
Art. 163.
Obblighi del datore di lavoro
1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in conformita'
all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o
sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di
organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva,
il datore di lavoro fa ricorso alla
segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli
allegati da XXIV a XXXII.
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di sicurezza
indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate negli
allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento alle
norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le
particolarita' del lavoro, l'esperienza e la tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno
dell'impresa o dell'unita' produttiva, fa ricorso, se del caso, alla
segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico
stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto
previsto nell'allegato XXVIII.
Art. 164.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i lavoratori
siano informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica
di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unita'
produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto
forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto specialmente il
significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto quando questa
implica l'uso di gesti o di parole, nonche' i comportamenti generali e
specifici da seguire.
Capo II
Sanzioni
Art. 165.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000
euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500
euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
Art. 166.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per
la violazione dell'articolo 163;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 150 a 600 euro per
la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 167.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita' lavorative
di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i lavoratori
rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare
dorso-lombari.
2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di
sostegno di un carico ad opera di uno o piu' lavoratori, comprese le
azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un
carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle
condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da
sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle strutture
osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.
Art. 168.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e
ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche,
per evitare la necessita' di una movimentazione manuale dei carichi da
parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei
carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure
organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai
lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che
comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto
dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri
condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione, le condizioni
di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto
dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari,
adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori
individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e
delle esigenze che tale attivita' comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori
individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le
finalita' del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove applicabili.
Negli altri casi si puo' fare riferimento alle buone prassi e alle linee
guida.
Art. 169.
Informazione, formazione e addestramento
1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente al peso
ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi
lavorativi ed alle modalita' di corretta esecuzione delle attivita'.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l'addestramento adeguato
in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella
movimentazione manuale dei carichi.
Capo II
Sanzioni
Art. 170.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 fino ad
euro 10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2, 169, comma
1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a
euro 4.500 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
Art. 171.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro
1.200 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600
per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 172.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita' lavorative
che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario
all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le
attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei
dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 173.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal
tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di
videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di
immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia
uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse,
comprendenti l'unita' a dischi, il
telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia,
il piano di lavoro, nonche' l'ambiente di lavoro immediatamente
circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di
videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore
settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art. 174.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui
all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o
mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai
rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo
conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei rischi
riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di cui
all'articolo 173, in conformita' ai requisiti minimi di cui all'allegato
XXXIV.
Art. 175.
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua attivita'
mediante pause ovvero cambiamento di attivita'.
2. Le modalita' di tali interruzioni sono stabilite dalla contrattazione
collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante
l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad
una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione
continuativa al videoterminale.
4. Le modalita' e la durata delle interruzioni possono essere stabilite
temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne
evidenzi la necessita'.
5. E' comunque esclusa la cumulabilita' delle interruzioni all'inizio ed
al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di
attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono
considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non
possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa e' considerata a tutti gli effetti parte integrante
dell'orario di lavoro e, come tale, non e' riassorbibile all'interno di
accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.
Art. 176.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1 i
lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa
stabilita dal medico competente, la periodicita' delle visite di
controllo e' biennale per i lavoratori classificati come idonei con
prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il
cinquantesimo anno di eta'; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneita' temporanea il medico competente stabilisce
il termine per la successiva visita di idoneita'.
5. Il lavoratore e' sottoposto a visita di controllo per i rischi di cui
al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalita' previste all'articolo
41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i dispositivi
speciali di correzione visiva, in funzione dell'attivita' svolta, quando
l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessita'
e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
Art. 177.
Informazione e formazione
1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale dall'articolo 18,
comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto
riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base all'analisi dello
stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalita' di svolgimento dell'attivita';
3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare in
ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).
Capo III
Sanzioni
Art. 178.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 fino ad
euro 10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175, 176,
commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a
euro 4.500 per la violazione dell'articolo 177, comma 1, lettera a).
Art. 179.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad euro
1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad euro 600
per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).
Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 180.
Definizioni e campo di applicazione
1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si
intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni
meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine
artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono
comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le attivita'
comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle
comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle
comportanti esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV,
per quelle comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si
applica il capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e'
disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e
sue successive modificazioni.
Nota all'art. 180:
- Il testo del citato decreto legislativo n. 230 del 1995, e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 13 giugno 1995, n. 136, supplemento ordinario.
Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 181.
Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore di
lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici
in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione e
protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed
alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti fisici
e' programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale, da
personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e
protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La
valutazione dei rischi e' aggiornata ogni qual volta si verifichino
mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati
della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati
ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo dei livelli di
esposizione costituiscono parte integrante del documento di valutazione
del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali misure
di prevenzione e protezione devono essere adottate. La valutazione dei
rischi e' riportata sul documento di valutazione di cui all'articolo 28,
essa puo' includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui
la natura e l'entita' dei rischi non rendono necessaria una valutazione
dei rischi piu' dettagliata.
Art. 182.
Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita' di misure
per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti
dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti
al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione agli
agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione contenuti nel
presente decreto.
2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori
ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III, IV e V.
Allorche', nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in
applicazione del presente capo i valori limite di esposizione risultino
superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare
l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le
cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di
conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo
superamento.
Art. 183.
Lavoratori particolarmente sensibili
1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all'articolo 182 alle
esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili
al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.
Art. 184.
Informazione e formazione dei lavoratori
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di
lavoro provvede affinche' i lavoratori esposti a rischi derivanti da
agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano
informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei
rischi con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) all'entita' e al significato dei valori limite di esposizione e dei
valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche' ai
potenziali rischi associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di
esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalita' per individuare e segnalare gli effetti negativi
dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una
sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi
derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione individuale e
alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie all'uso.
Art. 185.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti fisici
viene svolta secondo i principi generali di cui all'articolo 41, ed e'
effettuata dal medico competente nelle modalita' e nei casi previsti ai
rispettivi capi del presente titolo sulla base dei risultati della
valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per
il tramite del servizio di prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un lavoratore
un'alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai rischi
lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel rispetto
del segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre
i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle
misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.
Art. 186.
Cartella sanitaria e di rischio
1. Nella cartella di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), il medico
competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi compresi i
valori di esposizione individuali, ove previsti negli specifici capi del
presente titolo, comunicati dal datore di lavoro per il tramite del
servizio di prevenzione e protezione.
Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro
Art. 187.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per
l'udito.
Art. 188.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della pressione
acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A)
riferito a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei
livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di
otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6.
Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore medio,
ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera
al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di
otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6,
nota 2.
Art. 189.
Valori limite di esposizione e valori di azione
1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al
livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica
di picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e ppeak =
200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e ppeak =
140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e ppeak =
112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attivita'
lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente,
da una giornata di lavoro all'altra, e' possibile sostituire, ai fini
dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di
azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello
di esposizione settimanale a condizione che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da
un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87
dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi
associati a tali attivita'.
3. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione settimanale va
considerato il livello settimanale massimo ricorrente.
Art. 190.
Valutazione del rischio
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di lavoro
valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il lavoro
prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni
esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui
all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento alle
donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla
salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e
sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra rumore e
vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di
avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il
rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori
dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti disposizioni in
materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per
ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario
di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per
quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;
l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con
adeguate caratteristiche di attenuazione.
2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, puo' fondatamente
ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il
datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono
esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.
3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati alle
caratteristiche del rumore da misurare, alla durata dell'esposizione e
ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle norme tecniche. I
metodi utilizzati possono includere la campionatura, purche' sia
rappresentativa dell'esposizione del lavoratore.
4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore di
lavoro tiene conto dell'incertezza delle misure determinate secondo la
prassi metrologica.
5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di prevenzione e
protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193, 194, 195 e 196
ed e' documentata in conformita' all'articolo 28, comma 2.
Art. 191.
Valutazione di attivita' a livello di esposizione molto variabile
1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite di
esposizione, per attivita' che comportano un'elevata fluttuazione dei
livelli di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro
puo' attribuire a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di sopra
dei valori superiori di azione, garantendo loro le misure di prevenzione
e protezione conseguenti e in particolare:
a) la disponibilita' dei dispositivi di protezione individuale
dell'udito;
b) l'informazione e la formazione; c) il controllo sanitario. In questo
caso la misurazione associata alla valutazione si limita a determinare
il livello di rumore prodotto dalle attrezzature nei posti operatore ai
fini dell'identificazione delle misure di prevenzione e protezione e per
formulare il programma delle misure tecniche e organizzative di cui
all'articolo 192, comma 2.
2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, a fianco dei
nominativi dei lavoratori cosi' classificati, va riportato il
riferimento al presente articolo.
Art. 192.
Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il datore di lavoro
elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le seguenti
misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore
esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da
svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualita'
di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai
requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto e' di
limitare l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle
attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione
al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o
rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del
luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro
attraverso la limitazione della durata e dell'intensita'
dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con
sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 190
risulta che i valori inferiori di azione sono superati, il datore di
lavoro elabora ed applica un programma di isure tecniche e organizzative
volte a ridurre l'esposizione al rumore, considerando in particolare le
misure di cui al comma 1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un
rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da
appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle
stesse e' limitato, ove cio' sia tecnicamente possibile e giustificato
dal rischio di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attivita', il lavoratore
benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal
datore di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello
compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.
Art. 193.
Uso dei dispositivi di protezione individuali
1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1, lettera
c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti dal rumore
non possono essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di
cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione individuali
per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo III, capo
II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di
azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei
valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che
consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo,
previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale
dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai
dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal
lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il
rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di
protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti
norme se, correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale
od inferiore ai livelli inferiori di azione.
Art. 194.
Misure per la limitazione dell'esposizione
1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori limite di
esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in
applicazione del presente capo, si individuano esposizioni superiori a
detti valori, il datore di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei
valori limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare che la
situazione si ripeta.
Art. 195.
Informazione e formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 184 nell'ambito degli
obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro garantisce
che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori
di azione vengano informati e formati in relazione ai rischi provenienti
dall'esposizione al rumore.
Art. 196.
Sorveglianza sanitaria
1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i lavoratori
la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione. La
sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno
o con periodicita' diversa decisa dal medico competente, con adeguata
motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa
nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori in funzione della
valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento
motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza
diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e' estesa ai lavoratori
esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro
richiesta e qualora il medico competente ne confermi l'opportunita'.
Art. 197.
Deroghe
1. Il datore di lavoro puo' richiedere deroghe all'uso dei dispositivi
di protezione individuale e al rispetto del valore limite di
esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di tali
dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei
lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro
utilizzazione.
2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti sociali,
per un periodo massimo di quattro anni dall'organo di vigilanza
territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione,
specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la
concessione delle stesse, al Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali. Le circostanze che giustificano le deroghe di cui al comma 1
sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di venire meno dei
relativi presupposti, riprende immediata applicazione la disciplina
regolare.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata
dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che
garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi
derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura
l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle
condizioni indicate nelle deroghe.
4. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali trasmette ogni
quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto globale
e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.
Art. 198.
Linee Guida per i settori della musica delle attivita' ricreative e dei
call center
1. Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione degli
infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6, sentite la parti
sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente
capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee guida per
l'applicazione del presente capo nei settori della musica, delle
attivita' ricreative e dei call center.
Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni
Art. 199.
Campo di applicazione
1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute e
della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti
a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei soggetti
indicati all'articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo le
disposizioni del presente capo sono applicate tenuto conto delle
particolari esigenze connesse al servizio espletato, quali individuate
dai decreti ivi previsti.
Art. 200.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni
meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo,
comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in
particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o
muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che,
se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la
sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema
mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in
frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa
nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero A(8):
[ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni
misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore.
Art. 201.
Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti valori limite di
esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un
periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 5 m/s2; mentre su periodi
brevi e' pari a 20 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, e' fissato a 2,5 m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un
periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 1,0 m/s2; mentre su
periodi brevi e' pari a 1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, e' fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione giornaliero va
considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.
Art. 202.
Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di lavoro
valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni meccaniche
cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche puo' essere
valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e
il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entita' delle
vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle
particolari condizioni di uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL
o delle regioni o, in loro assenza, dalle informazioni fornite in
materia dal costruttore delle attrezzature. Questa operazione va
distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature
specifiche e di una metodologia appropriata e che resta comunque il
metodo di riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema
mano-braccio e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui
all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo
intero e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui
all'allegato XXXV, parte B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro
tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni
esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati
nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento alle
donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei
lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il
rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i
livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al
corpo intero al di la' delle ore lavorative, in locali di cui e'
responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature, il
bagnato, l'elevata umidita' o il sovraccarico biomeccanico degli arti
superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese,per
quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.
Art. 203.
Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 182, in base alla
valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati i
valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di
misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo l'esposizione
e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a
vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto
dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da
svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di
lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano
efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o
guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del
luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto
e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da idurre al
minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi
di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione
dal freddo e dall'umidita'.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione e'
stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per
riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause
del superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e
protezione per evitare un nuovo superamento.
Art. 204.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori
d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza
viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con
periodicita' diversa decisa dal medico competente con adeguata
motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa
nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione della
valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento
motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della sorveglianza
diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi' sottoposti alla
sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si
verificano una o piu' delle seguenti condizioni: l'esposizione dei
lavoratori alle vibrazioni e' tale da rendere possibile l'individuazione
di un nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile
o ad effetti nocivi per la salute ed e' probabile che la malattia o gli
effetti sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del
lavoratore ed esistono tecniche sperimentate che consentono di
individuare la malattia o gli effetti nocivi per la salute.
Art. 205.
Deroghe
1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di lavoro,
in circostanze debitamente giustificate, puo' richiedere la deroga,
limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo
intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche
specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale
valore limite nonostante le misure tecniche e organizzative messe in
atto.
2. Nel caso di attivita' lavorative in cui l'esposizione di un
lavoratore a vibrazioni meccaniche e' abitualmente inferiore ai valori
di azione, ma puo' occasionalmente superare il valore limite di
esposizione, il datore di lavoro puo' richiedere la deroga al rispetto
dei valori limite a condizione che il valore medio dell'esposizione
calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al valore limite di
esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i rischi derivanti
dal tipo di esposizione cui e' sottoposto il lavoratore sono inferiori a
quelli derivanti dal livello di esposizione corrispondente al valore
limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo
massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente
competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le
ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle
stesse, al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Le deroghe
sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono meno le
circostanze che le hanno giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 e' condizionata
all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni che
garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi
derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura
l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle
condizioni indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali trasmette ogni
quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto dal
quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai sensi del
presente articolo.
Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici
Art. 206.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come
definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni
riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel
corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e
dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti a
lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori in
tensione.
Art. 207.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza inferiore
o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione a campi
elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute
accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti
garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono
protetti contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute
conosciuti;
c) valori di azione: l'entita' dei parametri direttamente misurabili,
espressi in termini di intensita' di campo elettrico (E), intensita' di
campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densita' di potenza (S),
che determina l'obbligo di adottare una o piu' delle misure specificate
nel presente capo. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei
pertinenti valori limite di esposizione.
Art. 208.
Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato XXXVI,
lettera A, tabella 1.
2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera B,
tabella 2.
Art. 209.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il
datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o calcola i livelli
dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i lavoratori. La
valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere effettuati in
conformita' alle norme europee standardizzate del Comitato europeo di
normalizzazione elettrotecnica (CENELEC). Finche' le citate norme non
avranno contemplato tutte le pertinenti situazioni per quanto riguarda
la valutazione, misurazione e calcolo dell'esposizione dei lavoratori ai
campi elettromagnetici, il datore di lavoro adotta le specifiche linee
guida individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in
alternativa, quelle del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), tenendo
conto, se necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti
delle attrezzature.
2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi elettromagnetici
effettuata in conformita' al comma 1, qualora risulti che siano superati
i valori di azione di cui all'articolo 208, il datore di lavoro valuta
e, quando necessario, calcola se i valori limite di esposizione sono
stati superati.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e 2 non
devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro accessibili
al pubblico, purche' si sia gia' proceduto ad una valutazione
conformemente alle disposizioni relative alla limitazione
dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz 300
GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni previste
dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e
siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.
4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui all'articolo 181, il
datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo
dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui
all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici elettronici
(compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi magnetici
statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali infiammabili
provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o
scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per
ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i
livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della
sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in
pubblicazioni scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di cui
all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste dall'articolo 210.
Nota all'art. 209:
- Il testo della raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del 12
luglio 1999 relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione
ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz, e' pubblicato nella
G.U.C.E. 30 luglio 1999, n. L 199.
Art. 210.
Misure di prevenzione e protezione
1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i valori
di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di lavoro, a
meno che la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2,
dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che
possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed
applica un programma d'azione che comprenda misure tecniche e
organizzative intese a prevenire esposizioni superiori ai valori limite
di esposizione, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione ai
campi elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi elettromagnetici di
intensita' inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi
elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di
sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della
salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature di
lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni
di lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione
individuale.
2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a campi
elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere indicati
con un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel caso che
dalla valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, il
datore di lavoro dimostri che i valori limite di esposizione non sono
superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza.
Dette aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse e' limitato
laddove cio' sia tecnicamente possibile e sussista il rischio di un
superamento dei valori limite di esposizione.
3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori
ai valori limite di esposizione. Allorche', nonostante i provvedimenti
presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo, i valori
limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta
misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori
limite di esposizione, individua le cause del superamento dei valori
limite di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e
prevenzione per evitare un nuovo superamento.
4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il datore di lavoro
adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei
lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.
Art. 211.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma
una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico
competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio di cui all'articolo 183, tenuto conto dei risultati
della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. L'organo di
vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e
periodicita' diversi da quelli forniti dal
medico competente.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182,
sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori per i
quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di azione di
cui all'articolo 208, comma 2.
Art. 212.
Linee guida
1. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, avvalendosi degli organi
tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, elabora le linee guida per
l'applicazione del presente capo nello specifico settore dell'utilizzo
in ambito sanitario delle attrezzature di risonanza magnetica.
Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche
artificiali
Art. 213.
Campo di applicazione
1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che possono
derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante
il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti nocivi
sugli occhi e sulla cute.
Art. 214.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma
di lunghezza d'onda compresa tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo spettro delle
radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni
visibili e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda
compresa tra 100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e' suddivisa in
UVA (315-400 ¯Fm), UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280 ¯Fm);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa
tra 380 e 780 ¯Fm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda compresa
tra 780 ¯Fm e 1 mm. La regione degli infrarossi e' suddivisa in IRA
(780-1400 ¯Fm), IRB (1400-3000 ¯Fm) e IRC (3000 ¯Fm-1 mm);
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di
radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o
amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze
d'onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di
emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa dalla
radiazione laser;
e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle radiazioni
ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla salute
accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti
garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni
ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi e
sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densita' di potenza: la potenza radiante incidente
per unita' di area su una superficie espressa in watt su metro quadrato
(W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza
espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unita' d'angolo
solido per unita' di superficie, espressa in watt su metro quadrato su
steradiante (W m-2 sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e
radianza alle quali e' esposto un lavoratore.
Art. 215.
Valori limite di esposizione
1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono
riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono riportati
nell'allegato XXXVII, parte II.
Art. 216.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 181, il
datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o calcola i
livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i
lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione
e/o nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica
internazionale (IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, le
raccomandazioni della Commissione internazionale per l'illuminazione
(CIE) e del Comitato europeo di normazione (CEN) per quanto riguarda le
radiazioni incoerenti. Nelle situazioni di esposizione che esulano dalle
suddette norme e raccomandazioni, fino a quando non saranno disponibili
norme e raccomandazioni adeguate dell'Unione europea, il datore di
lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e
per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o
internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di esposizione,
la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti delle
attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di
prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi,
presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata dell'esposizione
a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori
appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le
radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le
esplosioni o il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per
ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare i
livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso della
sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla pertinente
norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che possono
arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte le
classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni
ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformita' delle
pertinenti direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve
precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
Art. 217.
Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera
a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione possono essere
superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma d'azione
che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare che
l'esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione alle
radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche,
tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni
ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di sicurezza,
schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di
lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni
di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione
individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i luoghi
di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a livelli di
radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono essere
indicati con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre
identificate e l'accesso alle stesse e' limitato, laddove cio' sia
tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle
esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili
al rischio.
Art. 218.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di norma
una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico
competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei
rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria e'
effettuata con l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente
effetti negativi per la salute, nonche' prevenire effetti a lungo
termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche derivanti
dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182 e di
quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a controllo
medico i lavoratori per i quali e' stata rilevata un'esposizione
superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati
effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al
lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in
particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario
cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro e' informato di tutti i dati significativi emersi
dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto professionale.
Capo VI
Sanzioni
Art. 219.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o
con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli
181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216, comma 1.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000
euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185, 190, commi
2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202, 203, 205,
comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a
euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3, e 217,
commi 2 e 3.
Art. 220.
Sanzioni a carico del medico competente
1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino tre mesi o con
l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli articoli
185 e 186.
Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici
Art. 221.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei
lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o
possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di
lavoro o come risultato di ogni attivita' lavorativa che comporti la
presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti gli
agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte
salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono
provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto
legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi' al trasporto
di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche
contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio 1997, 28
settembre 1999 e nel decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, nelle
disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali
definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, del Consiglio, del
13 settembre 1993, nelle disposizioni dell'accordo europeo relativo al
trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne
(ADN) e del regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul
Reno (ADNR), quali incorporate nella normativa comunitaria e nelle
istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate
alla data del 25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle attivita'
comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle norme
contenute al capo III del presente titolo.
Note all'art. 221:
- Per il testo del decreto legislativo n. 230 del 1995, si veda nota
all'art. 180.
- Il testo del decreto ministeriale 4 settembre 1996, (Attuazione della
direttiva 94/55/CE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci
pericolose su strada), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 dicembre
1996, n. 282, supplemento ordinario .
- Il testo del decreto ministeriale 15 maggio 1997 (Attuazione della
direttiva 96/86/CE del Consiglio dell'Unione europea che adegua al
progresso tecnico la direttiva 94/55/CE), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 4 giugno 1997, n. 128, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto ministeriale 28 settembre 1999 (Attuazione della
direttiva 1999/47/CE della Commissione dell'Unione europea, che adegua
per la seconda volta al progresso tecnico la direttiva 94/55/CE), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1999, n. 249, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41 (Attuazione
delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative al trasporto di merci
pericolose per ferrovia), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27
febbraio 1999, n. 48, supplemento ordinario .
- Il testo del'art. 2 della direttiva 93/75/CEE del 13 settembre 1993,
Direttiva del Consiglio relativa alle condizioni minime necessarie per
le navi dirette a porti marittimi della Comunita' o che ne escono e che
trasportano merci pericolose o inquinanti, e' il seguente:
«Art. 2. - Ai fini della presente direttiva si intendono per:
a) «operatore»: il proprietario, il noleggiatore, l'imprenditore o
l'agente marittimo della nave;
b) «nave»: qualsiasi nave da carico, petroliera, chimichiera o gasiera o
nave passeggeri diretta ad un porto della Comunita' o che ne esce e che
trasporta merci pericolose o inquinanti, alla rinfusa o in colli;
c) «merci pericolose»: quelle merci classificate nel codice IMDG,
inclusi i materiali radioattivi di cui alla raccolta INF; nel capitolo
17 del codice IBC e nel capitolo 19 del codice IGC;
d) «merci inquinanti»:
- idrocarburi, secondo la definizione della MARPOL, allegato 1,
- sostanze liquide nocive, secondo la definizione della MARPOL, allegato
2,
- sostanze dannose, secondo la definizione della MARPOL, allegato 3;
e) «Marpol 73/78»: la convenzione internazionale del 1973 per la
prevenzione dell'inquinamento causato da navi, nella versione modificata
dal protocollo del 1978, di volta in volta in vigore;
f) «Codice IMDG»: il codice marittimo internazionale per il trasporto
delle merci pericolose, di volta in volta vigente;
g) «Codice IBC»: il codice internazionale IMO per la costruzione e le
dotazioni delle navi adibite al trasporto alla rinfusa di prodotti
chimici pericolosi, di volta in volta vigente;
h) «Codice IGC»: il codice internazionale IMO per la costruzione e le
dotazioni delle navi adibite al trasporto alla rinfusa di gas
liquefatti, di volta in volta vigente;
i) «raccolta INF»: il corpus delle norme di sicurezza IMO per il
trasporto di combustibile nucleare irradiato, di plutonio e di scorie
altamente radioattive in fusti a bordo di navi, di volta in volta
vigente;
j) «risoluzione IMO A.851(20)»: la risoluzione 851(20)
dell'Organizzazione marittima internazionale, adottata dall'assemblea
nella 20ª sessione il 27 novembre 1997, avente per titolo «General
princi-ples for ship reporting systems and ship reporting requirements,
including guidelines for reporting incidents involving dangerous goods,
harmful substances and/or marine pollutants» (Principi generali dei
sistemi di notifica e norme di compilazione delle notifiche, con
orientamenti per la notifica di sinistri in cui sono coinvolte merci
pericolose, sostanze nocive e/o sostanze inquinanti per l'ambiente
marino);
k) «autorita' competenti»: le autorita' e le organizzazioni designate
dagli Stati membri ai sensi dell'art. 3;
l) «spedizioniere/caricatore»: una persona che ha stipulato un contratto
per il trasporto di merci via mare, o la persona nel cui nome o per
conto della quale, viene stipulato il contratto.».
Art. 222.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli
sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati o
smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi
attivita' lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano
immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del
decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni,
nonche' gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come
sostanze pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze
pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del
decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni,
nonche' gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come
preparati pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i
preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili come pericolosi,
in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la
sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprieta'
chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono
utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici
cui e' stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;
c) attivita' che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attivita'
lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede
l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la
manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il
trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attivita' lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente
specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di
un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione di un
lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un
primo elenco di tali valori e' riportato nell'allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo
agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto,
nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori e'
riportato nell'allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute del
singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici sul
luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprieta' intrinseca di un agente chimico di poter
produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilita' che si raggiunga il potenziale nocivo nelle
condizioni di utilizzazione o esposizione.
Note all'art. 222:
- Il testo del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52 (Attuazione
della direttiva 92/32/CEE concernente classificazione, imballaggio ed
etichettatura delle sostanze pericolose), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 11 marzo 1997, n. 58, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65 (Attuazione
della direttiva 1999/45/CE e della direttiva 2001/60/CE relative alla
classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati
pericolosi), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n.
87, supplemento ordinario .
Art. 223.
Valutazione dei rischi
1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro
determina, preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici
pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza
e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti,
prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro proprieta' pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile
dell'immissione sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza
predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e
14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali
agenti, compresa la quantita' degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite
biologici; di cui un primo elenco e' riportato negli allegati XXXVIII e
XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da
adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di
sorveglianza sanitaria gia' intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali misure
sono state adottate ai sensi dell'articolo 224 e, ove applicabile,
dell'articolo 225. Nella valutazione medesima devono essere incluse le
attivita', ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali e'
prevedibile la possibilita' di notevole esposizione o che, per altri
motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza,
anche dopo l'adozione di tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attivita' lavorative che comportano l'esposizione a piu'
agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che
comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3 febbraio
1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, il
responsabile dell'immissione sul mercato di agenti chimici pericolosi e'
tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori
informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio puo' includere la giustificazione che la
natura e l'entita' dei rischi connessi con gli agenti chimici pericolosi
rendono non necessaria un'ulteriore valutazione maggiormente dettagliata
dei rischi.
6. Nel caso di un'attivita' nuova che comporti la presenza di agenti
chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e
l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte
preventivamente. Tale attivita' comincia solo dopo che si sia proceduto
alla valutazione dei rischi che essa presenta e all'attuazione delle
misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e,
comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa
superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino
la necessita'.
Nota all'art. 223:
- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e n. 65 del 2003,
si veda nota all'art. 222.
Note agli articoli 227, 234 e 239:
- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e n. 65 del 2003,
si veda nota all'art. 222.
Art. 224.
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i rischi derivanti
da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o ridotti al minimo
mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo
di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative
procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero
essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensita' dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantita' di agenti presenti sul luogo di
lavoro in funzione delle necessita' della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che
garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e
nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonche'
dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in
relazione al tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e
alle modalita' e frequenza di esposizione a tale agente presente sul
luogo di lavoro, vi e' solo un rischio basso per la sicurezza e
irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma
1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le
disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
Art. 225.
Misure specifiche di protezione e di prevenzione
1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attivita' e della valutazione
dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinche' il rischio sia
eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura
dell'attivita' lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle
condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei
lavoratori. Quando la natura dell'attivita' non consente di eliminare il
rischio attraverso la sostituzione il datore di lavoro garantisce che il
rischio sia ridotto mediante l'applicazione delle seguenti misure da
adottarsi nel seguente ordine di priorita':
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici,
nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla
fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di
protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri
mezzi l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 229 e
230.
2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di n
adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro,
periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le condizioni che
possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione
degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con
metodiche standardizzate di cui e' riportato un elenco meramente
indicativo nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche
appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di
esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione
in termini spazio temporali.
3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione
professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro
identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento
dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriate di
prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai
documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per la
sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle
misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli
obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all'articolo
223. Sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di
prevenzione e protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche
e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi
l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamento di agenti chimici
incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene
sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze
infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attivita' lavorativa non consenta di prevenire
sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze
infiammabili o quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili,
il datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar luogo a
incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse che
potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze o
miscele di sostanze chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative
previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla
salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione
dovuti all'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi
derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili.
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro ed
adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle
disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per
quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente
esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente
controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a
disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del
rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle
esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori
limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e delle
misure di prevenzione e protezione adottate e ne da' comunicazione,
senza indugio, all'organo di vigilanza.
Art. 226.
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44, nonche'
quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo
1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 81
del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute
e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di
emergenze derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul
luogo di lavoro, predispone procedure di
intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali
misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a
intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a
disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta
immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare, di
assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i lavoratori. Il
datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre rimedio alla
situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui e' consentito operare nell'area colpita o ai
lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle
attivita' necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di
protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono
essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare
sistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per
segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano previsto dal
decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attivita' pericolose, sugli agenti
chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulle
precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi competenti per
le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie procedure
e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici
derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o
situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure
elaborate in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono
immediatamente abbandonare la zona interessata.
Art. 227.
Informazione e formazione per i lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore di
lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano
di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori
informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di lavoro
determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di
lavoro, quali l'identita' degli agenti, i rischi per la sicurezza e la
salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre
disposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate da
intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul luogo
di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a disposizione dal
responsabile dell'immissione sul mercato ai sensi dei decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del rischio
di cui all'articolo 223. Tali informazioni possono essere costituite da
comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramento individuali
con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del
grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici
pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da
segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il datore
di lavoro provvede affinche' la natura del contenuto dei contenitori e
delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano chiaramente
identificabili.
4. Il responsabile dell'immissione sul mercato devono trasmettere ai
datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti chimici
pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni.
Art. 228.
Divieti
1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degli agenti
chimici sul lavoro e le attivita' indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente e' presente in un preparato, o
quale componente di rifiuti, purche' la concentrazione individuale sia
inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate,
previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le seguenti
attivita':
a) attivita' a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica,
ivi comprese le analisi;
b) attivita' volte ad eliminare gli agenti chimici che sono presenti
sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come
intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi di
cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione dei
lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso piu' rapido possibile
degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso dal
quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria
per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attivita' di cui al
comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali che la rilascia sentito il
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione e'
corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attivita' e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per
prevenire l'esposizione dei lavoratori.
Art. 229.
Sorveglianza sanitaria
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 224, comma 2, sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 i
lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che
rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici,
tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il
ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta
l'esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita' diversa
decisa dal medico competente con adeguata motivazione riportata nel
documento di valutazione dei rischi e resa nota ai rappresentanti per la
sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio e
dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale occasione
il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni
relative alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico e' obbligatorio per i lavoratori esposti
agli agenti per i quali e' stato fissato un valore limite biologico. Dei
risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore
interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono
allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai
rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il
lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente, adotta
misure preventive e protettive particolari per i singoli lavoratori
sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
Le misure possono comprendere l'allontanamento del lavoratore secondo le
procedure dell'articolo 42.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in
un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad
uno stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute
imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite
biologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori
interessati ed il datore di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a norma
dell'articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre
i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione delle
misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinche' sia effettuata una visita medica
straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito
un'esposizione simile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre
contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a
quelli definiti dal medico competente.
Art. 230.
Cartelle sanitarie e di rischio
1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo
229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto previsto
dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al lavoratore
interessato tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h) del
comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di rischio sono, tra
l'altro, indicati i livelli di esposizione professionale individuali
forniti dal Servizio di prevenzione e protezione.
2. Su richiesta, e' fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti
di cui al comma 1.
Art. 231.
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui
all'articolo 50.
Art. 232.
Adeguamenti normativi
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e'
istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un
comitato consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori
limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici
relativi agli agenti chimici. Il Comitato e' composto da nove membri
esperti nazionali di chiara fama in materia tossicologica e sanitaria di
cui tre in rappresentanza del Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, su proposta
dell'Istituto superiore di sanita', dell'ISPESL e della Commissione
tossicologica nazionale, tre in rappresentanza della Conferenza dei
Presidenti delle regioni e tre in rappresentanza del Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali. Il Comitato si avvale del supporto
organizzativo e logistico della Direzione generale della tutela delle
condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali.
2. Con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il
Ministro dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le
parti sociali, sono recepiti i valori di esposizione professionale e
biologici obbligatori predisposti dalla Commissione europea, sono
altresi' stabiliti i valori limite nazionali anche tenuto conto dei
valori limite indicativi predisposti dalla Commissione medesima e sono
aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI in funzione del
progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie
o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti chimici
pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 e' inoltre determinato il rischio
basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui
all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantita' ed alla
esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite
indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno o
piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della
salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono
essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, i parametri per l'individuazione del
rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei
lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base di proposte
delle associazioni di categoria dei datori di lavoro interessate
comparativamente rappresentative, sentite le associazioni dei prestatori
di lavoro interessate comparativamente rappresentative. Scaduto
inutilmente il termine di cui al presente articolo, la valutazione del
rischio moderato e' comunque effettuata dal datore di lavoro.
Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 233.
Campo di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto per le attivita' disciplinate dal capo
III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni previste
dal trattato che istituisce la Comunita' europea dell'energia atomica,
le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita' nelle
quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o
mutageni a causa della loro attivita' lavorativa.
Art. 234.
Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione
quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al numero 1),
quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde
ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione
di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai criteri
stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo
2003, n. 65 e successive modificazioni;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XLII,
nonche' una sostanza od un preparato emessi durante un processo previsto
dall'allegato XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla classificazione
nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto legislativo 3
febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto 1),
quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze risponde
ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la classificazione
di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai criteri
stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo
2003, n. 65, e successive modificazioni;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della
concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente
cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di
respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento
determinato stabilito nell'allegato XLIII.
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 235.
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente
cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo,
se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un
procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta
nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei
lavoratori.
2. Se non e' tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno o
mutageno il datore di lavoro provvede affinche' la produzione o
l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema
chiuso purche' tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e' tecnicamente possibile il
datore di lavoro provvede affinche' il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al piu' basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente
stabilito nell'allegato XLIII.
Art. 236.
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di lavoro
effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o
mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui
all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle caratteristiche
delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei
quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero
utilizzati, della loro concentrazione, della capacita' degli stessi di
penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in
relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se
in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno
contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la
fuoriuscita. La valutazione deve tener conto di tutti i possibili modi
di esposizione, compreso quello in cui vi e' assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione di
cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del presente
capo, adattandole alle particolarita' delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o l'autocertificazione
dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui all'articolo 29,
comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attivita' lavorative che comportano la presenza di sostanze o
preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui
all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono
impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o mutageni
prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita' o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad
agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della
stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come
sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo significative
ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso,
trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza puo' richiedere i dati di cui al
comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.
Art. 237.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati, che nelle
varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di agenti
cancerogeni o mutageni non superiori alle necessita' delle lavorazioni e
che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in forma
fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul
luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessita' predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o che
possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche isolando
le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali di
avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed
accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi
connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree e'
fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non vi e'
emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se cio' non e'
tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o
mutageni deve avvenire il piu' vicino possibile al punto di emissione
mediante aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma
1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un
adeguato sistema di ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per
verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non
prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente
decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali, delle
attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono comportare
esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono conservati,
manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello
smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti
agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare
utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto,
visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure protettive
particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali l'esposizione
a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi particolarmente
elevati.
Art. 238.
Misure tecniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici appropriati
ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti
protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinche' i dispositivi di protezione individuale siano
custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresi' a far riparare o sostituire quelli
difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1, lettera b), e'
vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al
consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 239.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli lavorativi, la
loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro impiego, ivi
compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessita' di indossare e impiegare indumenti di lavoro e
protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro corretto
impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da
adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite
prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione e
vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni
qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono
sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinche' gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni
siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I
contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al
disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo
2003, n. 65, e successive modificazioni.
Art. 240.
Esposizione non prevedibile
1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che possono
comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti cancerogeni o
mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure appropriate per
identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i lavoratori
e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area interessata,
cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di riparazione
ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti
protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a
loro disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei
dispositivi di protezione non puo' essere permanente e la sua durata,
per ogni lavoratore, e' limitata al tempo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di vigilanza il
verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando analiticamente le
misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze dannose o
pericolose.
Art. 241.
Operazioni lavorative particolari
1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per le
quali e' prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di
prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei
lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle suddette aree
anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento delle
stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di protezione
individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti alle
suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti e' in
ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con riferimento alle
lavorazioni da espletare.
Sezione III
Sorveglianza sanitaria
Art. 242.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236 ha
evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a sorveglianza
sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla base delle
risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento del
lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una
anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa
il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di lavoro
effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della concentrazione
dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni
sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con particolare
riguardo all'oppor-tunita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche
dopo la cessazione dell'attivita' lavorativa.
Art. 243.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un registro nel
quale e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente
cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore
dell'esposizione a tale agente. Detto registro e' istituito ed
aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del
medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed i
rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo
242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di
rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su richiesta,
le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella sanitaria
e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro
invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul
lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore
interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel
registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di lavoro
consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di
rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e
le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro
almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a
quarant'anni dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti
cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le cartelle
sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con salvaguardia del
segreto professionale e del trattamento dei dati personali e nel
rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive
modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti
cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed
all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni
tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le
variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia del
registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna copia del
registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per
territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza
esercitato attivita' con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore di
lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e
di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del
comma 4.
9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle
sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro del
lavoro, della salute e delle politiche sociali 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso
Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, della salute
e delle politiche sociali e con il Ministro per le riforme e le innovazioni
nella pubblica amministrazione, sentita la commissione consultiva
permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute
e delle politiche sociali dati di
sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a
richiesta li rende disponibili alle regioni.
Note all'art. 243:
- Per il testo del decreto legislativo n. 196 del 2003, si veda nota
all'art. 1.
- Il testo del decreto ministeriale 12 luglio 2007, n. 155 (Regolamento
attuativo dell'art. 70, comma 9, del decreto legislativo 19 settembre
1994, n. 626. Registri e cartelle sanitarie dei lavoratori esposti
durante il lavoro ad agenti cancerogeni), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 18 settembre 2007, n. 217.
Art. 244.
Registrazione dei tumori
1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi regionali
(COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza sistemi
di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti
chimici cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in
applicazione di direttive e regolamenti comunitari. A tale scopo
raccoglie, registra, elabora ed analizza i dati, anche a carattere
nominativo, derivanti dai flussi informativi di cui all'articolo 8 e dai
sistemi di registrazione delle esposizioni occupazionali e delle
patologie comunque attivi sul territorio nazionale, nonche' i dati di
carattere occupazionale rilevati, nell'ambito delle rispettive attivita'
istituzionali, dall'Istituto nazionale della previdenza sociale,
dall'Istituto nazionale di statistica, dall'Istituto nazionale contro
gli infortuni sul lavoro, e da altre amministrazioni pubbliche. I
sistemi di monitoraggio di cui al presente comma altresi' integrano i
flussi informativi di cui all'articolo 8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche' gli
istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che
identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad
esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione
all'ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR) di cui al comma
1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che regola le modalita'
di tenuta del registro, di raccolta e trasmissione delle informazioni.
3. Presso l'ISPESL e' costituito il registro nazionale dei casi di
neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni rispettivamente
dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro nazionale
dei mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavita' nasali e dei seni paranasali,
sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e
sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a piu' bassa frazione eziologia riguardo alle
quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed analisi dei
dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi
possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalita'
di possibile significativita' epidemiologica in rapporto a rischi
occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero del lavoro, della salute e
delle politiche sociali, al Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali, all'INAIL ed alle regioni e
province autonome i risultati del monitoraggio con periodicita' annuale.
5. I contenuti, le modalita' di tenuta, raccolta e trasmissione delle
informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di monitoraggio
di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero del lavoro, della
salute e delle politiche sociali,
d'intesa con le regioni e province autonome.
Nota all'art. 244:
- Il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10
dicembre 2002, n. 308 (Regolamento per la determinazione del modello e
delle modalita' di tenuta del registro dei casi di mesotelioma asbesto
correlati ai sensi dell'art. 36, comma 3, del decreto legislativo n. 277
del 1991), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 febbraio 2003, n.
31.
Art. 245.
Adeguamenti normativi
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua
periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la
riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di
classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del
lavoro e della previdenza sociale e della salute, su richiesta, in tema
di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la
Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del progresso
tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie o
internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o
mutageni;
b) e' pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione dell'individuazione
effettuata ai sensi del comma 1.
Nota all'art. 245:
- Per il testo del decreto legislativo n. 52 del 1997, si veda nota
all'art. 222.
Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 246.
Campo di applicazione
1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, le
norme del presente decreto si applicano alle rimanenti attivita'
lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di
esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei
materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi
rifiuti, nonche' bonifica delle aree interessate.
Nota all'art. 246:
- Il testo della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla
cessazione dell'impiego dell'amianto), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 13 aprile 1992, n. 87, supplemento ordinario.
Art. 247.
Definizioni
l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti
silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 248.
Individuazione della presenza di amianto
1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il
datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei
locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la presenza di
materiali a potenziale contenuto d'amianto.
2. Se vi e' il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o
in una costruzione, si applicano le disposizioni previste dal presente
capo.
Art. 249.
Valutazione del rischio
l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro valuta
i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali
contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado
dell'esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensita' e a
condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui
al comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non e'
superato nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli
articoli 250, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attivita':
a) brevi attivita' non continuative di manutenzione durante le quali il
lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in cui le
fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si
trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai fini
dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato
materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni qualvolta
si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento
significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente
dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6 provvede a
definire orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni
sporadiche e di debole intensita', di cui al comma 2.
Art. 250.
Notifica
1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore di
lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per
territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una descrizione
sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attivita' e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori
all'amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro
rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto
della notifica di cui ai commi l e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle condizioni di
lavoro possa comportare un aumento significativo dell'esposizione alla
polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto,
effettua una nuova notifica.
Art. 251.
Misure di prevenzione e protezione
1. In tutte le attivita' di cui all'articolo 246, l'esposizione dei
lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali
contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e,
in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato nell'articolo 254,
in particolare mediante le seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla
polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve
essere limitato al numero piu' basso possibile;
b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi di
protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di
protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto nell'aria e
tale da garantire all'utilizzatore in ogni caso che l'aria filtrata
presente all'interno del DPI sia non superiore ad un decimo del valore
limite indicato all'articolo 254;
c) l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di riposo
adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro, l'accesso alle aree di
riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui
all'articolo 256, comma 4, lettera d);
d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni previste
dall'articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto al comma 1,
lettera b), del presente articolo;
e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da evitare
di produrre polvere di amianto o, se cio' non e' possibile, da evitare
emissione di polvere di amianto nell'aria;
f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell'amianto
devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione;
g) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che
contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi
imballaggi chiusi;
h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il
piu' presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sara'
apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti
devono essere successivamente trattati in conformita' alla vigente
normativa in materia di rifiuti pericolosi.
Art. 252.
Misure igieniche
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma 2, per tutte
le attivita' di cui all'articolo 246, il datore di lavoro adotta le
misure appropriate affinche':
a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita' siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano accedere a
motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di
mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di
lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno
dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il
lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in
contenitori chiusi, qualora l'impresa stessa non vi provveda o in caso
di utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo le
vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo
separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati,
provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a tale scopo
destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano prese
misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o
deteriorato prima di ogni utilizzazione.
Art. 253.
Controllo dell'esposizione
1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato
all'articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale
dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione
della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del luogo di lavoro
tranne nei casi in cui ricorrano le condizioni previste dal comma 2
dell'articolo 249. I risultati delle misure sono riportati nel documento
di valutazione dei rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell'esposizione
personale del lavoratore alla polvere proveniente dall'amianto o dai
materiali contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei lavoratori
ovvero dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in
possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui
all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai
sensi del decreto del Ministro della sanita' in data 14 maggio 1996,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 178 del 25 ottobre 1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di
stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di riferimento
di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto e' effettuato di preferenza
tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo
raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanita' (OMS) nel 1997 o
qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di cui al comma l,
si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una
lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre
micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
Art. 254.
Valore limite
1. Il valore limite di esposizione per l'amianto e' fissato a 0,1 fibre
per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di
riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinche' nessun
lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell'aria
superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il datore
di lavoro individua le cause del superamento e adotta il piu' presto
possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro
puo' proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure
adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore
di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione della
concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l'esposizione non puo' essere ridotta con altri
mezzi e' necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale
delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da
garantire tutte le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1,
lettera b); l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di
riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro; l'accesso alle
aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui
all'articolo 256, comma 4, lettera d).
5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa
consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i
periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle
condizioni climatiche.
Art. 255.
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante
l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione
di amianto nell'aria, e' prevedibile che questa superi il valore limite
di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate misure per
la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle
vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali tali da
garantire le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera b);
b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che si prevede il
superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere
al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui all'articolo 46
sulle misure da adottare prima di procedere a tali attivita'.
Art. 256.
Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto
1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere
effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo
30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione o di
rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da edifici,
strutture, apparecchi e impianti, nonche' dai mezzi di trasporto,
predispone un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire
la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la
protezione dell'ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui
seguenti punti:
a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto prima
dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale
rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di
quello rappresentato dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti
amianto vengano lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione
individuale;
c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione all'amianto
sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione
dell'amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del personale
incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo
smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei valori
limite di cui all'articolo 254, delle misure di cui all'articolo 255,
adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si intendono
utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e).
5. Copia del piano di lavoro e' inviata all'organo di vigilanza, almeno
30 giorni prima dell'inizio dei lavori.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli
adempimenti di cui all'articolo 50.
7. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro
rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.
Nota all'art. 256:
- Il testo dell'art. 30, comma 4 del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE
sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), e' il seguente:
«Art. 30 (Imprese sottoposte ad iscrizione). -
1.-3. (Omissis).
4. Le imprese che svolgono attivita' di raccolta e trasporto di rifiuti
non pericolosi prodotti da terzi e le imprese che raccolgono e
trasportano rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti
pericolosi che non eccedano la quantita' di trenta chilogrammi al giorno
o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi
rifiuti, nonche' le imprese che intendono effettuare attivita' di
bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio
ed intermediazione dei rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e
di recupero di titolarita' di terzi, e di gestione di impianti mobili di
smaltimento e di recupero di rifiuti, devono essere iscritte all'Albo.
L'iscrizione deve essere rinnovata ogni cinque anni e sostituisce
l'autorizzazione all'esercizio delle attivita' di raccolta, di
trasporto, di commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre
attivita' l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti il cui
esercizio sia stato autorizzato ai sensi del presente decreto.».
Art. 257.
Informazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad attivita'
comportanti esposizione ad amianto, nonche' ai loro rappresentanti,
informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la
necessita' di non fumare;
c) le modalita' di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre al
minimo l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 254 e la necessita'
del monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle
misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori
superiori al valore limite fissato dall'articolo 254, il datore di
lavoro informa il piu' presto possibile i lavoratori interessati e i
loro rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li
consulta sulle misure da adottare o, nel caso in cui ragioni di urgenza
non rendano possibile la consultazione preventiva, il datore di lavoro
informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro rappresentanti
delle misure adottate.
Art. 258.
Formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, il datore di lavoro
assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti a
polveri contenenti amianto ricevano una formazione sufficiente ed
adeguata, ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile
per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e le
competenze necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in
particolare per quanto riguarda:
a) le proprieta' dell'amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso
l'effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
c) le operazioni che possono comportare un'esposizione all'amianto e
l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale
esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di
protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta
utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l'eliminazione dei rifiuti;
i) la necessita' della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell'amianto e
alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano
frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10,
comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257.
Nota all'art. 258:
- Il testo dell'art. 10, comma 2, lettera h), della citata legge n. 257
del 1992, e' il seguente:
«Art. 10 (Piani regionali e delle province autonome). -
1. (Omissis).
2. I piani di cui al comma 1 prevedono tra l'altro:
(omissis);
h) la predisposizione di specifici corsi di formazione professionale e
il rilascio di titoli di abilitazione per gli addetti alle attivita' di
rimozione e di smaltimento dell'amianto e di bonifica delle aree
interessate, che e' condizionato alla frequenza di tali corsi;».
Art. 259.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione
dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e
trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree
interessate cui all'articolo 246, prima di essere adibiti allo
svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta ogni
tre anni, o con periodicita' fissata dal medico competente, sono
sottoposti ad un controllo sanitario volto a verificare la possibilita'
di indossare dispositivi di protezione respiratoria durante il lavoro.
2. I lavoratori che durante la loro attivita' sono stati iscritti anche
una sola volta nel registro degli esposti di cui all'articolo 243, comma
1, sono sottoposti ad una visita medica all'atto della cessazione del
rapporto di lavoro; in tale occasione il medico competente deve fornire
al lavoratore le indicazioni relative alle prescrizioni mediche da
osservare ed all'opportunita' di sottoporsi a successivi accertamenti
sanitari.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi
individuale, l'esame clinico generale ed in particolare del torace,
nonche' esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze
scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta
l'opportunita' di effettuare altri esami quali la citologia
dell'espettorato, l'esame radiografico del torace o la
tomodensitometria.
Art. 260.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all'articolo 246, che
nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre
nell'ambiente e l'uso di idonei DPI, nella valutazione dell'esposizione
accerta che l'esposizione e' stata superiore a quella prevista
dall'articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati nelle
condizioni di cui all'articolo 240, li iscrive nel registro di cui
all'articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli organi di vigilanza ed
all'ISPESL. L'iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea
dovendosi perseguire l'obiettivo della non permanente condizione di
esposizione superiore a quanto indicato all'articolo 251, comma 1,
lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di vigilanza
e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di lavoro,
trasmette all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore
interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1.
4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un
periodo di quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.
Art. 261.
Mesoteliomi
1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione le
disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.
Capo IV
Sanzioni
Art. 262.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a
12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3, 225,
226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237, 238,
comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242, commi 1, 2 e 5,
lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi
da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1;
b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000
euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227, commi 1, 2 e 3,
229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma 1, e
252;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000 euro
per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e 7;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000 euro per
la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253, comma 3, e
260, commi 2 e 3.
Art. 263.
Sanzioni per il preposto
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200 euro per
la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 235, 236,
comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e 242, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la
violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239, commi 1 e 4.
Art. 264.
Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500 euro
per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e comma 6,
230, e 242, comma 4;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro per la
violazione dell'articolo 243, comma 2.
Art. 265.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a quindici giorni o con
l'ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell'articolo 240, comma
2.
Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 266.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita'
lavorative nelle quali vi e' rischio di esposizione ad agenti biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle norme
comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente
modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati.
Art. 267.
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se geneticamente
modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe
provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entita' microbiologica, cellulare o meno, in
grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule
derivate da organismi pluricellulari.
Art. 268.
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a
seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche
probabilita' di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che puo' causare malattie in
soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; e' poco
probabile che si propaga nella comunita'; sono di norma disponibili
efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo' causare malattie
gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori;
l'agente biologico puo' propagarsi nella comunita', ma di norma sono
disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puo' provocare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i
lavoratori e puo' presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunita'; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche
o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione non
puo' essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due gruppi
sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio piu' elevato
tra le due possibilita'.
3. L'allegato XLVI riporta l'elenco degli agenti biologici classificati
nei gruppi 2, 3 e 4.
Art. 269.
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attivita' che comportano
uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di
vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno
trenta giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
2. Il datore di lavoro che e' stato autorizzato all'esercizio di
attivita' che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del gruppo
4 e' tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una variazione
significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o,
comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente
classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni di
cui al comma 1.
5. Ove le attivita' di cui al comma 1 comportano la presenza di
microrganismi geneticamente modificati, ai quali si applicano i livelli
di contenimento 2, 3 e 4 individuati all'allegato IV del decreto
legislativo 12 aprile 2001, n. 206, il documento di cui al comma 1,
lettera b), e' sostituito da copia della documentazione prevista per i
singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti alla
comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli agenti
biologici del gruppo 4.
Nota all'art. 269:
- Il testo dell'allegato IV del decreto legislativo 12 aprile 2001, n.
206 (Attuazione della direttiva 98/81/CE che modifica la direttiva
90/219/CE, concernente l'impiego confinato di microrganismi
geneticamente modificati), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1°
giugno 2001, n. 126, supplemento ordinario.
Art. 270.
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della
propria attivita', un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di
autorizzazione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche
sociali.
2. La richiesta di autorizzazione e' corredata da:
a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione e' rilasciata dai competenti uffici del Ministero
del lavoro, della salute e delle politiche sociali sentito il parere dell'Istituto superiore di sanita'. Essa
ha la durata di 5 anni ed e' rinnovabile.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al comma 1
informa il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di ogni nuovo agente biologico del
gruppo 4 utilizzato, nonche' di ogni avvenuta cessazione di impiego di
un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono esentati
dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali comunica all'organo di vigilanza competente
per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni sopravvenute
nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli agenti biologici
del gruppo 4 dei quali e' stata comunicata l'utilizzazione sulla base
delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 271.
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui
all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni
disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle
modalita' lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o possono
presentare un pericolo per la salute umana quale risultante
dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di
lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i
criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale e' affetto un
lavoratore, che e' da porre in correlazione diretta all'attivita'
lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorita'
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi
microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure
protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle
particolarita' delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1 in occasione di modifiche dell'attivita' lavorativa
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attivita', quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione di
operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di
esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro puo'
prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli
273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della
valutazione dimostrano che l'attuazione di tali
misure non e' necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 e' integrato dai seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio di
esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla lettera a);
c) le generalita' del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche' le misure
preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori contro i
rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o del gruppo
4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza e' consultato prima
dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso
anche ai dati di cui al comma 5.
Art. 272.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attivita' per le quali la valutazione di cui all'articolo
271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di lavoro
attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni
esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di
attivita' lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al
rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione
individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato XLV,
e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare
campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di
fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente
realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo
smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego
di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo
trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni
di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro.
Art. 273.
Misure igieniche
1. In tutte le attivita' nelle quali la valutazione di cui all'articolo
271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati provvisti di
docce con acqua calda e fredda, nonche', se del caso, di lavaggi oculari
e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od altri
indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,
disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a
far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione
successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati
da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la zona di
lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro in cui c'e' rischio di esposizione e' vietato
assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo
umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 274.
Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in sede
di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile
presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali
e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza
comporta in relazione al tipo di attivita' svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro
definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono di
manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e
per la comunita', i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che sono,
o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del
gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il
rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.
Art. 275.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI, punto
6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei gruppi 2, 3
o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei locali destinati
ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati con tali agenti,
il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in conformita'
all'allegato XLVII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia
eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile
contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali
destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti,
il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del
secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti biologici
non ancora classificati, ma il cui uso puo' far sorgere un rischio grave
per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero del
lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentito l'Istituto superiore di sanita', puo' individuare misure
di contenimento piu' elevate.
Art. 276.
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII,
punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti biologici
dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure opportunamente
scelte tra quelle elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche conto dei
criteri di cui all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso puo'
far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di
contenimento.
Art. 277.
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4, i
lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui
possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con
l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al piu' presto l'organo di vigilanza
territorialmente competente, nonche' i lavoratori ed il rappresentante
per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno determinato e
delle misure che intende adottare, o che ha gia' adottato, per porre
rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo
all'uso di agenti biologici.
Art. 278.
Informazioni e formazione
1. Nelle attivita' per le quali la valutazione di cui all'articolo 271
evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei dispositivi
di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti biologici del
gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure da
adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono fornite
prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in questione, e
ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta
si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura
e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile cartelli
su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di infortunio od
incidente.
Capo III
Sorveglianza sanitaria
Art. 279.
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attivita' per le quali la valutazione dei
rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla
sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta
misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per
motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di
protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che
non sono gia' immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da
somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure
dell'articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori
esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia
imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore
di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro
effettua una nuova valutazione del rischio in conformita' all'articolo
271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul
controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessita' di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' che
comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici
individuati nell'allegato XLVI nonche' sui vantaggi ed inconvenienti
della vaccinazione e della non vaccinazione.
Art. 280.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attivita' comportanti uso di agenti del
gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati,
per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente utilizzato e gli
eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al
comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il
rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro. 3. Il
datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto superiore
di sanita', all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio, comunicando
ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno
richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul
lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la cessazione
del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1, fornendo al
contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al
medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna
all'Istituto superiore di sanita' e all'organo di vigilanza competente
per territorio copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto
superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo
registro nonche' le cartelle sanitarie e di
rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato attivita'
che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede all'ISPESL
copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori interessati le
relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma
1 e nella cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per la
sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al
comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 1 e
le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di lavoro
fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci
anni dalla cessazione di ogni attivita' che espone ad agenti biologici.
Nel caso di agenti per i quali e' noto che possono provocare infezioni
consistenti o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza
periodica per lungo tempo o che
possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo e' di quaranta
anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi e' custodita e trasmessa
con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalita' di tenuta del registro di cui al comma 1 e
delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto del
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del lavoro e della previdenza sociale sentita la
Commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero del lavoro, della salute
e delle politiche sociali dati di
sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 281.
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL e' tenuto un registro dei casi di malattia ovvero di
decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonche' le strutture sanitarie, pubbliche o private, che
refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma 1,
trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e della previdenza
sociale, sentita la Commissione consultiva, sono determinati il modello
e le modalita' di tenuta del registro di cui al comma 1, nonche' le
modalita' di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali fornisce alla Commissione CE, su richiesta,
informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al comma 1.
Capo IV
Sanzioni
Art. 282.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000
euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3; 270, commi 1
e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 277,
comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280, commi 1 e 2;
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 18.000
per la violazione dell'articolo 280, commi 3 e 4.
Art. 283.
Sanzioni a carico dei preposti
1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e' tenuto
in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000
euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272;
273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279, commi 1
e 2.
Art. 284.
Sanzioni a carico del medico competente
1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino a due mesi o con
l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo
279, comma 3.
Art. 285.
Sanzioni a carico dei lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro 150 a euro 600
per la violazione dell'articolo 277, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da euro 103 a
euro 309 per la violazione dell'articolo 277, comma 1.
Art. 286.
Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti
1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 273, comma 2, e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro.
Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali
Art. 287.
Campo di applicazione
1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della sicurezza
e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di
atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove e'
presente un'area con atmosfere esplosive, oppure e' prevedibile, sulla
base di indagini geologiche, che tale area si possa formare
nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti,
nel corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio ed al
trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto legislativo 25
novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e
aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi
internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle
sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al
trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne
(ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale (ICAO),
l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonche' la normativa
comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente titolo si
applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera
potenzialmente esplosiva.
Note all'art. 287:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996,
n. 661 (Regolamento per l'attuazione della direttiva 90/396/CEE
concernente gli apparecchi a gas), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 27 dicembre 1996, n. 302, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624 (Attuazione
della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei
lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della
direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori
nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1996, n. 293, supplemento
ordinario.
Art. 288.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera esplosiva»
una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze
infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 289.
Prevenzione e protezione contro le esplosioni
1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni,
sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di
tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure
tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attivita'; in
particolare il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere
esplosive.
2. Se la natura dell'attivita' non consente di prevenire la formazione
di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo da
garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e
integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono
riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino
cambiamenti rilevanti.
Art. 290.
Valutazione dei rischi di esplosione
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1, il
datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere
esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;
b) probabilita' che le fonti di accensione, comprese le scariche
elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro
possibili interazioni;
d) entita' degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in
considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento,
tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere
esplosive.
Art. 291.
Obblighi generali
1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e
secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di
cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti
necessari affinche':
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale da
mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altri,
gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di
svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere
esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la
presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio,
mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.
Art. 292.
Coordinamento
1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i cantieri
temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino
lavoratori di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile per
le questioni soggette al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun datore di
lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che e'
responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le
misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica
nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'articolo
294, l'obiettivo, le misure e le modalita' di attuazione di detto
coordinamento.
Art. 293.
Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato XLIX,
le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano
applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in
quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei
lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma dell'allegato LI.
Art. 294.
Documento sulla protezione contro le esplosioni
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290 il datore di
lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento,
denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni».
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del
presente titolo;
c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui
all'allegato XLIX;
d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui
all'allegato L;
e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di
allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel
debito conto la sicurezza;
f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti
per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima
dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro, le
attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche,
ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante del documento di
valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.
Art. 295.
Termini per l'adeguamento
1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o
dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono
soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui
all'allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le
disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello
stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono
soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime stabilite
dal presente titolo.
Art. 296.
Verifiche
1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni elettriche
nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'allegato
XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV del decreto
del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.
Nota all'art. 296:
- Per il testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 462 del
2001, si veda nota all'art. 86.
Capo II
Sanzioni
Art. 297.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da tre a
sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per la violazione
degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293, commi 1 e 2, e 296.
Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE
Art. 298.
Principio di specialita'
1. Quando uno stesso fatto e' punito da una disposizione prevista dal
titolo I e da una o piu' disposizioni previste negli altri titoli, si
applica la disposizione speciale.
Art. 299.
Esercizio di fatto di poteri direttivi
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2,
comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresi' su colui il quale, pur
sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri
giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
Art. 300.
Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
1. L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231,
e' sostituito dal seguente:
«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse
con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul
lavoro). - 1. In relazione al delitto di cui all'articolo 589 del codice
penale, commesso con violazione dell'articolo 55, comma 2, del decreto
legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n.
123, in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una
sanzione pecuniaria in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna
per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni
interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non
inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di cui
all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle norme
sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una
sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore
a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente
periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9,
comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un
anno.
3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma, del
codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela della
salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in
misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di
cui al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui
all'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.».
Nota all'art. 300:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001, si veda nota
alle premesse.
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale, si veda nota all'art. 2.
Art. 301.
Applicabilita' delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti del
decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758
1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul
lavoro previste dal presente decreto nonche' da altre disposizioni
aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena alternativa
dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in materia di
prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e
seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758.
Nota all'art. 301:
- Il testo degli articoli da 20 a 24 del decreto legislativo 19 dicembre
1994, n. 758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di
lavoro), e' il seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare la contravvenzione
accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle funzioni di
polizia giudiziaria di cui all'art. 55 del codice di procedura penale,
impartisce al contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo
tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile a richiesta del
contravventore, per la particolare complessita' o per l'oggettiva
difficolta' dell'adempimento. In nessun caso esso puo' superare i sei
mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non imputabili al
contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine
di sei mesi puo' essere prorogato per una sola volta, a richiesta del
contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi, con
provvedimento motivato che e' comunicato immediatamente al pubblico
ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata anche al
rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al servizio del quale
opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo' imporre specifiche
misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute
dei lavoratori durante il lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di riferire al
pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai
sensi dell'art. 347 del codice di procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non oltre sessanta
giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza verifica se la violazione e' stata eliminata secondo le
modalita' e nel termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione, l'organo di vigilanza
ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine
di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell'ammenda
stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo di vigilanza
comunica al pubblico ministero l'adempimento alla prescrizione, nonche'
l'eventuale pagamento della predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione, l'organo di
vigilanza ne da' comunicazione al pubblico ministero e al contravventore
entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella
prescrizione.».
«Art. 22 (Notizie di reato non pervenute dall'organo di vigilanza). - 1.
Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di
propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o
incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne
da' immediata comunicazione all'organo di vigilanza per le
determinazioni inerenti alla prescrizione che si renda necessaria allo
scopo di eliminare la contravvenzione.
2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza informa il
pubblico ministero delle proprie determinazioni entro sessanta giorni
dalla data in cui ha ricevuto comunicazione della notizia di reato dal
pubblico ministero.».
«Art. 23 (Sospensione del procedimento penale). - 1. Il procedimento per
la contravvenzione e' sospeso dal momento dell'iscrizione della notizia
di reato nel registro di cui all'art. 335 del codice di procedura penale
fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle
comunicazioni di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
2. Nel caso previsto dall'art. 22, comma 1, il procedimento riprende il
suo corso quando l'organo di vigilanza informa il pubblico ministero che
non ritiene di dover impartire una prescrizione, e comunque alla
scadenza del termine di cui all'art. 22, comma 2, se l'organo di
vigilanza omette di informare il pubblico ministero delle proprie
determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora nel predetto termine
l'organo di vigilanza informi il pubblico ministero d'aver impartito una
prescrizione, il procedimento rimane sospeso fino al termine indicato
dal comma 1.
3. La sospensione del procedimento non preclude la richiesta di
archiviazione. Non impedisce, inoltre, l'assunzione delle prove con
incidente probatorio, ne' gli atti urgenti di indagine preliminare, ne'
il sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del
codice di procedura penale.».
«Art. 24 (Estinzione del reato). - 1. La contravvenzione si estingue se
il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall'organo di
vigilanza nel termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto
dall'art. 21, comma 2.
2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la contravvenzione
e' estinta ai sensi del comma 1.
3. L'adempimento in un tempo superiore a quello indicato nella
prescrizione, ma che comunque risulta congruo a norma dell'art. 20,
comma 1, ovvero l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose
della contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate
dall'organo di vigilanza, sono valutati ai fini dell'applicazione
dell'art. 162-bis del codice penale. In tal caso, la somma da versare e'
ridotta al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la
contravvenzione commessa.».
Art. 302.
Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena dell'arresto
1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto e punite con la
sola pena dell'arresto il giudice applica, in luogo dell'arresto, la
pena dell'ammenda in misura comunque non inferiore a 8.000 euro e non
superiore a 24.000 euro, se entro la conclusione del giudizio di primo
grado, risultano eliminate tutte le irregolarita', le fonti di rischio e
le eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non e' in ogni caso consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale nel
verificarsi di un infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto e' stato commesso da soggetto che abbia gia'
riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui agli
articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente all'ipotesi di
violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul
lavoro.
3. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il reato si estingue decorsi tre
anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che l'imputato
abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e sicurezza sul
lavoro, ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale,
limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo caso si estingue ogni
effetto penale della condanna.
Nota all'art. 302:
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale si veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 590 del codice penale e' il seguente:
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - Chiunque cagiona ad altri per
colpa una lesione personale e' punito con la reclusione fino a tre mesi
o con la multa fino a euro 309.
Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da uno a sei mesi o
della multa da euro 123 a euro 619, se e' gravissima, della reclusione
da tre mesi a due anni o della multa da euro 309 a euro 1.239.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle
norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi e'
della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro
2.000 e la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da uno a
tre anni.
Nel caso di lesioni di piu' persone si applica la pena che dovrebbe
infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse, aumentata fino
al triplo; ma la pena della reclusione non puo' superare gli anni
cinque.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi
previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi
con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia
professionale.».
Art. 303.
Circostanza attenuante
1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e puniti con la
pena dell'arresto, anche in via alternativa, e' ridotta fino ad un terzo
per il contravventore che, entro i termini di cui all'articolo 491 del
codice di procedura penale, si adopera concretamente per la rimozione
delle irregolarita' riscontrate dagli organi di vigilanza e delle
eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi di definizione
del reato ai sensi dell'articolo 302.
Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 304.
Abrogazioni
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, e
dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo sono abrogati:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il
decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, il
decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta
eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto
legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto legislativo 14 agosto
1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187;
b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4 luglio 2006, n.
223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123;
d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella materia
disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con lo
stesso.
2. Con uno o piu' decreti integrativi attuativi della delega prevista
dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123, si provvede
all'armonizzazione delle disposizioni del presente decreto con quelle
contenute in leggi o regolamenti che dispongono rinvii a norme del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1.
3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2,
laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a
norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali
rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente
decreto legislativo.
Note all'art. 304:
- L'art. 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, ha la seguente rubrica: «Ispezioni».
- Per il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123 del 2007, si veda
nota all'art. 1.
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 626 del 1994, si veda
nota alle premesse.
Art. 305.
Clausola finanziaria
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, commi 1 e 2,
dall'esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto dagli
articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli
adempimenti derivanti dal presente decreto attraverso una diversa
allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche,
allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.
Art. 306.
Disposizioni finali
1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di quelle contenute
nel presente decreto legislativo.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e 28,
nonche' le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad
esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatorie,
previste dal presente decreto, diventano efficaci a decorrere dal 1°
gennaio 2009(*); fino a tale data continuano a trovare applicazione le
disposizioni previgenti.
3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore alla
data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1, della
direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del medesimo
titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010.
4. Con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, di
concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico, sentita
la commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, si da'
attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro dell'Unione europea per le parti in cui
le stesse modificano modalita' esecutive e caratteristiche di ordine
tecnico previste dagli allegati al presente decreto, nonche'da altre
direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
(*) N.d.R.: l'originario termine di 90 giorni dalla pubblicazione del d.lgs. nella G.U. è stato prorogato, in un primo momento al 1° gennaio 2009 dal D.L. 97/2008 convertito con L. n. 129/2008, quindi, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 28, commi 1 e 2, è stato ulteriormente prorogato al 16 maggio 2009 dall'art. 32 del Decreto-Legge 30 dicembre 2008, n. 207 . Si riporta di seguito il testo della norma da ultimo citata:
"Art. 32.
Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
1. Le disposizioni di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r), e 41,
comma 3, lettera a), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e
successive modificazioni, si applicano a decorrere dal 16 maggio 2009.
2. Il termine di cui all'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo
9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, con riferimento a del
medesimo decreto legislativo, concernenti la valutazione dello stress
lavoro-correlato e la data certa, e' prorogato al 16 maggio 2009."
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato Roma, addi' 9 aprile 2008
NAPOLITANO
Prodi, Presidente del Consiglio dei Ministri
Damiano, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Turco, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
Di Pietro, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Bersani, Ministro dello sviluppo economico
Bonino, Ministro per le politiche europee
Scotti, Ministro della giustizia
De Castro, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali
Amato, Ministro dell'interno
Parisi, Ministro della difesa
Fioroni, Ministro della pubblica istruzione
Ferrero, Ministro della solidarieta' sociale
Mussi, Ministro dell'universita' e della ricerca
Lanzillotta, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali
Padoa Schioppa, Ministro dell'economia e delle finanze
Visto, il Guardasigilli: Scotti
Note all'art. 306:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
302 (Norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro integrative di
quelle generali emanate con decreto del Presidente della Repubblica 27
aprile 1955, n. 547), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile
1956, n. 105, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 13, primo comma, della citata direttiva 2004/40/CE,
e' il seguente:
«Art. 13 (Recepimento). - 1. Gli Stati membri mettono in vigore le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per
conformarsi alla presente direttiva entro il 30 aprile 2008. Essi ne
informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un
riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto
riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalita' di tale
riferimento sono decise dagli Stati membri.».
Allegato I
Gravi violazioni ai fini dell'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale
Violazioni che espongono a rischi di carattere generale
- Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi;
- Mancata elaborazione del Piano di Emergenza ed evacuazione;
- Mancata formazione ed addestramento;
- Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile;
- Mancata elaborazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC);
- Mancata elaborazione del piano operativo di sicurezza (POS);
- Mancata nomina del coordinatore per la progettazione;
- Mancata nomina del coordinatore per l'esecuzione.
Violazioni che espongono al rischio di caduta dall'alto
- Mancato utilizzo della cintura di sicurezza;
- Mancanza di protezioni verso il vuoto.
Violazioni che espongono al rischio di seppellimento
- Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.
Violazioni che espongono al rischio di elettrolocuzione
- Lavori in prossimità di linee elettriche;
- Presenza di conduttori nudi in tensione;
- Mancanza protezione contro i contatti diretti ed indiretti (impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale).
Violazioni che espongono al rischio d'amianto
- Mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto.
Allegato II
Casi in cui è consentito lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi (art. 10)
1. Aziende artigiane e industriali (1) ............... fino a 30 addetti
2. Aziende agricole e zootecniche ................. fino a 10 addetti (2)
3. Aziende della pesca ................................. fino a 20 addetti
4. Altre aziende .......................................... fino a 200 addetti
(1) Escluse le aziende industriali di cui all'art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 17 maggio 1988, n. 175, e successive modifiche, soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura sia pubbliche che private.
Allegato 3A
Cartella sanitaria e di rischio
LAVORATORE ........................................................................... sesso □ M □ F
LUOGO E DATA DI NASCITA .................................................................................
Codice fiscale □□□□□□□□□□□□□□□□
Domicilio (Comune e Prov.) .....................................................................................
Via ............................................... Tel ..................................................................
Medico curante Dott. ..............................................................................................
Via ............................................... Tel ..................................................................
Datore di lavoro ......................................................................................................
Attività dell'Azienda pubblica o privata ......................................................................
Datore di assunzione .............................................................................................
Sede/i di lavoro ......................................................................................................
.............................................................................................................................
.............................................................................................................................
La presente cartella sanitaria e di rischio è instituita per:
□ prima istituzione
□ esaurimento del documento precedente
□ altri motivi ..........................................................................................................
Il medico competente
.......................................
La presente cartella sanitaria e di rischio è costituita da n................. pagine.
Data .........................
Il datore di lavoro
......................................
VISITA MEDICA PREVENTIVA
1. DATI OCCUPAZIONALI (1)
Destinazione lavorativa - Mansioni ............................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Fattori di rischio (specificare quali) ...........................................................................
..............................................................................................................................
Tempo di esposizione (giorni/anno) ...........................................................................
Note:
1) I dati di questa sezione sono forniti dal datore di lavoro (indicare n° degli allegati)
2. ANAMNESI LAVORATIVA
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Esposizioni precedenti no □ si □
3. ANAMNESI FAMILIARE
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
4. ANAMNESI PERSONALE
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Infortuni - Traumi (lavorativi o extralavorativi)
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Invalidità riconosciute (I. civile, INPS, INAIL, Ass. Private)
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Contemporanea esposizione presso altri datori di lavoro o attività professionale autonoma no □ si □
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Altre notizie utili a fini anamnestici lavorativi
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
Per presa visione
il lavoratore
.................................
Data .............................
5. Programma di sorveglianza sanitaria (protocolli, periodicità)
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
6. Esame clinico generale
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
7. Accertamenti integrativi specialistici e/o di laboratorio (indicare gli accertamenti eseguiti i il n° di riferimento dei referti allegati)
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
..............................................................................................................................
8. Valutazioni conclusive (dei dati clinico anamnestici e dei risultati degli accertamenti integrativi, in relazione ai rischi occupazionali).
9. Giudizio di idoneità:
□ idoneo
□ idoneo con prescrizioni
□ idoneo con limitazioni
□ inidoneo temporaneamente
□ inidoneo permanentemente
Data ................................
Avverso il giudizio di inidoneità è ammesso ricorso all'Organo di vigilanza territorialmente competente, ai sensi del comma 9 dell'art. 41 del D.Lgs. ..., entro il termine di 30 giorni
Il lavoratore per presa visione
...........................................
Il medico competente
...........................................
10. TRASMISSIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITA' AL DATORE DI LAVORO effettuata il .................. a mezzo ....................................
Il medico competente
...........................................
Da consegnare al datore di lavoro
Il lavoratore ........................................ in data ............................... è stato sottoposto alla visita medica preventiva per esposizione a (indicare i fattori di rischio) ................
......................................................................................................
con il seguente esito:
□ idoneo
□ idoneo con prescrizioni
□ idoneo con limitazioni
□ inidoneo temporaneamente
□ inidoneo permanentemente
Da sottoporre a nuova visita medica il ........................................ previa esecuzione di
seguenti accertamenti ...........................................................................................
............................................................................................................................
Data ...............................
Il medico competente
........................................
VISITA MEDICA
□ Periodica |
□ idoneità alla mansione specifica □ cambio mansione □ su richiesta □ fine rapporto di lavoro |
motivazione: |
1. DATI OCCUPAZIONALI (1)
Variaz. destinazione lavorativa o mansione ............................................
..........................................................................................................
Eventuale uso di dispositivi di protezione personale ................................
..........................................................................................................
Fattori di rischio (specificare quali) .......................................................
..........................................................................................................
Tempo di esposizione giorni/anno ........................................................
Note:
1) Questa sezione va compilata in caso di variazione rispetto all'ultima visita media con i dati forniti dal datore di lavoro (indicare n° degli allegati).
2. ANAMNESI INTERCORRENTE
..........................................................................................................
..........................................................................................................
..........................................................................................................
..........................................................................................................
Infortuni - TRaumi (lavoratori o extralavoratori)
..........................................................................................................
..........................................................................................................
Contemporanea esposizione presso altri datori di lavoro o attività professionale autonoma (indicare gli agenti) no □ si □
..........................................................................................................
..........................................................................................................
Per presa visione
il lavoratore
.................................
3. Esame obiettivo (con particolare riferimento ad eventuale modificazioni rispetto alla visita precedente)
..........................................................................................................
..........................................................................................................
..........................................................................................................
4. Accertamenti integrativi - specialistici e/o di laboratorio - (indicare gli accertamenti eseguiti e riportare il n° di riferimento dei referti allegati)
..........................................................................................................
..........................................................................................................
..........................................................................................................
5. Valutazione conclusive (dei dati clinico-anamnestici e dei risultati degli accertamenti integrativi, in relazione ai rischi occupazionali)
..........................................................................................................
..........................................................................................................
..........................................................................................................
6. Giudizio di idoneità
□ idoneo
□ idoneo con prescrizioni
□ idoneo con limitazioni
□ inidoneo temporaneamente
□ inidoneo permanentemente
Data ................................
Avverso il giudizio di inidoneità è ammesso ricorso all'Organo di vigilanza territorialmente competente, ai sensi del comma 9 dell'art. 41 del D.Lgs. ..., entro il termine di 30 giorni
Il lavoratore per presa visione
...........................................
Il medico competente
...........................................
7. TRASMISSIONE DEL GIUDIZIO DI IDONEITA' AL DATORE DI LAVORO effettuata il a mezzo
Il medico competente
...........................................
Da consegnare al datore di lavoro
Il lavoratore .................................................... in data ............................................................
E' stato sottoposto alla visita medica preventiva per esposizione a (indicare i fattori di rischio) ......
.............................................................................................................................................
Con il seguente esito:
□ idoneo
□ idoneo con prescrizioni
□ idoneo con limitazioni
□ inidoneo temporaneamente
□ inidoneo permanentemente
Da sottoporre a nuova visita medica il ......................................................... previa esecuzione
Dei seguenti accertamenti .....................................................................................................
.............................................................................................................................................
Data ...............................
Il medico competente
...........................................
CONSERVAZIONE DELLA CARTELLA SANITARIA E DI RISCHIO
- Cessazione dell'attività dell'azienda/Risoluzione del rapporto di lavoro
La presente cartella sanitaria e di rischio viene inviata all'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro ai sensi dell'art. 25, comma 1, lett. f) del D.Lgs......
□ Cessazione dell'attività dell'impresa, avvenuta il .......................................................
□ Risoluzione del rapporto di lavoro, avvenuta il ..........................................................
La cartella sanitaria viene consegnata al lavoratore ............................. completa di n. ............... allegati
Ai sensi dell'art. 25, comma 1, lett. c) del D.Lgs. ..........
Il lavoratore è stato informato riguardo la necessità di conservazione della cartella sanitaria e all'opportunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa ai sensi dell'art. 25, comma 1, lett. h) del D.Lgs. ...
Data ...............................
Il medico competente
...........................................
Il lavoratore
..........................................
CESSAZIONE DELL'INCARICO DEL MEDICO
- Per cessazione dell'incarico, avvenuta il .............. la presente
Cartella sanitaria e di rischi, completa di n. ........ allegati, viene consegnata al datore di lavoro
nella persona di ..........................
Data ............................
Il medico competente
...........................................
Allegato 3B
Informazioni
relative ai dati collettivi aggregati sanitari e di
rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria
Contenuti minimi
Dati identificativi dell'azienda
Dati identificativi del Medico competenze
Rischi cui sono esposti i lavoratori
Protocolli sanitari adottati
N. giorni di assenze
Infortuni denunciati
Malattie professionali segnalate
Tipologia dei giudizi di idoneità
ALLEGATO IV
REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO
1. AMBIENTI DI LAVORO
1.1 Stabilità e solidità
1.1.1. Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro o qualunque altra opera e struttura presente nel luogo di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo di impiego ed alle caratteristiche ambientali.
1.1.2. Gli stessi requisiti vanno garantiti nelle manutenzioni
1.1.3. I luoghi di lavoro destinati a deposito devono avere, su una parete o in latro punto ben visibile, la chiara indicazione del carico massimo ammissibile per unità di superficie dei solai.
1.1.4. I carichi non devono superare tale massimo e devono essere distribuiti razionalmente ai fini della stabilità del solaio.
1.1.5. L'accesso per i normali lavori di manutenzione e riparazione ai posti elevati di edifici, parti di impianti, apparecchi, macchine, pali e simili deve essere reso sicuro ed agevole mediante l'impiego di mezzi appropriati, quali andatoie, passerelle, scale, staffe o ramponi montapali o altri idonei dispositivi.
1.1.6. Il datore di lavoro deve mantenere puliti i locali di lavoro, facendo eseguire la pulizia, per quanto è possibile, fuori dell'orario di lavoro e in modo da ridurre al minimo il sollevamento della polvere dell'ambiente, oppure mediante aspiratori.
1.1.7. Nelle adiacenze dei locali di lavoro e delle loro dipendenze, il datore di lavoro non può tenere depositi di immondizie o di rifiuti e di altri materiali solidi o liquidi capaci di svolgere emanazioni insalubri, a meno che non vengano adottati mezzi efficaci per evitare le molestie o i danni che tali depositi possono arrecare ai lavoratori ed al vicinato.
1.1.8. Le struttura metalliche degli edifici e delle opere provvisionali, i recipienti e gli apparecchi metallici, di notevoli dimensioni, situati all'aperto, devono, per se stessi o mediante condutore e spandenti appositi, risultare collegati elettricamente a terra in modo da garantire la dispersione delle scariche atmosferiche.
1.2. Altezza, cubatura e superficie
1.2.1. I limiti minimi per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da destinarsi al lavoro nelle aziende industriali che occupano più di cinque lavoratori, ed in ogni caso in quelle che eseguono le lavorazioni che comportano la sorveglianza sanitaria, sono i seguenti:
1.2.1.1. altezza netta non inferiore a m 3;
1.2.1.2. cubatura non inferiore a mc 10 per lavoratore;
1.2.1.3. ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una superficie di almeno mq 2.
1.2.2. I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.
1.2.3. L'altezza netta dei locali è misurata dal pavimento all'altezza media della copertura dei soffitti o delle volte.
1.2.4. Quando necessità tecniche aziendali lo richiedono, l'organo di vigilanza competente per territorio può consentire altezze minime inferiori a quelle sopra indicate e prescrive che sino adottati adeguati mezzi di ventilazione dell'ambiente. L'osservanza dei limiti stabiliti dal presente articolo circa l'altezza, la cubatura e la superficie dei locali chiusi di lavoro è estesa anche alle aziende industriali che occupano meno di cinque lavoratori quando le le lavorazioni che in esse si svolgono siano ritenute, a giudizio dell'organo di vigilanza, pregiudizievoli alla salute dei lavoratori occupati.
1.2.5. Per i locali destinati o da destinarsi a uffici, indipendentemente dal tipo di azienda, e per quelli delle aziende commerciali, i limiti di altezza sono quelli individuati dalla normativa urbanistica vigente.
1.2.6. Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di lavoro deve essere tale da consentire il normale movimento della persona in relazione al lavoro da compiere.
1.3. Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico
1.3.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità della lavorazione, è vietato adibire a lavori continuativi locali chiusi che non rispondono alle seguenti condizioni:
1.3.1.1. essere ben
difesi contro gli agenti atmosferici, e provvisti di un isolamento
termico e acustico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e
dell'attività fisica dei lavoratori;
1.3.1.2. avere aperture sufficienti per un rapido ricambio d'aria;
1.3.1.3. essere ben asciutti e ben difesi contro l'umidità;
1.3.1.4. avere le superfici dei pavimenti, delle pareti, dei soffitti tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate di igiene.
1.3.2. I pavimenti dei locali devono essere fissi, stabili ed antisdrucciolevoli nonchè esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi.
1.3.3. Nelle parti dei locali dove abitualmente si versano sul pavimento sostanze putrescibili o liquidi, il pavimento deve avere superficie unita ed impermeabile e pendenza sufficiente per avviare rapidamente i liquidi verso i punti di raccolta e scarico.
1.3.4. Quando il pavimento dei posti di lavoro e di quelli di passaggio si mantiene bagnato, esso deve essere munito in permanenza di palchetti o di graticolato, se i lavoratori non sono forniti di idonee calzature impermeabili.
1.3.5. Qualora non ostino particolari condizioni tecniche, le pareti dei locali di lavoro devono essere a tinta chiara.
1.3.6. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione, devono essere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza sino fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati in modo tale che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti, nè rimanere feriti qualora esse vadano in frantumi. Nel caso in cui vengano utilizzati materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 metro dal pavimento, tale altezza è elevata quando ciò è necessario in relazione al rischio che i lavoratori rimangano feriti qualora esse vadano in frantumi.
1.3.7. Le finestre, i lucernai e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti essi devono essere posizionati in modo da non costituire un pericolo per i lavoratori.
1.3.8. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentano la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro nonchè per i lavoratori presenti nell'edificio ed intorno ad esso.
1.3.9. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se siano fornite attrezzature che permettono di eseguire il lavoro in tutta sicurezza.
1.3.10. Le scale ed i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza, devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza e devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili.
1.3.11. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati.
1.3.12. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove è tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano m 25,0 di lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità.
1.3.13. Le rampe di carico devono offrire una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possano cadere.
1.3.14. Le disposizioni di cui ai punti 1.3.10, 1.3.11, 1.3.12, 1.3.13, sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico.
1.3.15.1. Le parti di pavimento contornanti i forni di qualsiasi specie devono essere costituite di materiali incombustibili. Sono, tuttavia, ammessi pavimenti di legno duro e stagionato nei casi in cui ciò, in relazione al tipo di forno ed alle condizioni di impianto, non costituisca pericolo.
1.3.15.2. Le piattaforme sopraelevate dei posti di lavoro e di manovra dei forni, nonchè le relative scale e passerelle di accesso, devono essere costruite con materiali incombustibili.
1.3.16. I pavimenti e le pareti dei locali destinati alla lavorazione, alla manipolazione, all'utilizzazione ed alla conservazione di materie infiammabili, esplodenti, corrosive o infettanti, devono essere in condizioni tali da consentire una facile e completa asportazione delle materie pericolose o nocive, che possano eventualmente depositarsi.
1.3.17. I locali o luoghi nei quali si fabbricano, si manipolano o si utilizzano le materie o i prodotti indicati tossici, asfissianti, irritanti ed infettanti, nonchè i tavoli di lavoro, le macchine e le attrezzature in genere impiegati per dette operazioni, devono essere frequentemente ed accuratamente puliti.
1.4. Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi
1.4.1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio.
1.4.2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone ovvero merci dovrà basarsi sul numero potenziale degli utenti e sul tipo i impresa.
1.4.3. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente.
1.4.4. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale.
1.4.5. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato.
1.4.6. Se i luoghi di lavoro comportano zone di pericolo in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone.
1.4.7. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone di pericolo.
1.4.8. Le zone di pericolo devono essere segnalate in modo chiaramente visibile.
1.4.9. I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio non devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni tali da rendere sicuro il movimento ed il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.
1.4.10. I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiali che ostacolano la normale circolazione.
1.4.11. Quando per evidenti ragioni tecniche non si possono completamente eliminare dalle zone di transito ostacoli fissi o mobili che costituiscono un pericolo per i lavoratori o i veicoli che tali zone devono percorrere, gli ostacoli devono essere adeguatamente segnalati.
1.4.12.1. Quando argani, paranchi e apparecchi simili sono usati per il sollevamento o la discesa dei carichi tra piani diversi di un edificio attraverso aperture nei solai o nelle pareti, le aperture per il passaggio del carico ai singoli piani, nonchè il sottostante spazio di arrivo o di sganciamento del carico stesso devono essere protetti, su tutti i lati, mediante parapetti normali provvisti, ad eccezione di quello del piano terreno, di arresto al piede.
1.4.12.2. I parapetti devono essere disposti in modo da garantire i lavoratori anche contro i pericoli derivanti da urti o da eventuale caduta del carico di manovra.
1.4.12.3. Gli stessi parapetti devono essere applicati anche sui lati delle aperture dove si effettuata il carico e lo scarico, a meno che per le caratteristiche dei materiali in manovra ciò non sia possibile. In quest'ultimo caso, in luogo del parapetto normale deve essere applicata una solida barriera mobile, inasportabile e fissabile nella posizione di chiusura mediante chiavistello o altro dispositivo. Detta barriera deve essere tenuta chiusa quando non siano eseguite manovre di carico o scarico al piano corrispondente.
1.4.13. Lo spazio sottostante ai trasporti orizzontali o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale trasportato ed il tipo del trasportatore possano costituire pericoli per caduta di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano adottate altre misure contro detti pericoli.
1.4.14. Davanti alle uscite dei locali e alle vie che immettono direttamente ed immediatamente in una via di transito dei mezzi meccanici devono essere disposte barriere atte ad evitare investimenti e, quando ciò non sia possibile, adeguate segnalazioni.
1.4.15. I segnali indicanti condizioni di pericolo nelle zone di transito e quelli regolanti il traffico dei trasporti meccanici su strada o su rotaia devono essere convenientemente illuminati durante il servizio notturno.
1.4.16.1. Le vie di transito che, per lavori di riparazione o manutenzione in orso o per guasti intervenuti, non sono percorribili senza pericolo, devono essere sbarrate.
1.4.16.2. Apposito cartello deve essere posto ad indicare il divieto di transito.
1.4.17. Durante l'esecuzione di lavoro di riparazione o manutenzione su linee di transito su rotaie percorse da mezzi meccanici, quando il traffico non è sospeso o la linea non è sbarrata, una o più persone devono essere esclusivamente incaricate di segnalare ai lavoratori l'avvicinarsi dei convogli ai posti di lavoro.
1.4.18. Quando uno o più veicoli sono mossi da un mezzo meccanico il cui conducente non può, direttamente o a mezzo di altra persona sistemata su uno di essi, controllarne il percorso, i veicoli devono essere preceduti o affiancati da un incaricato che provveda alle necessarie segnalazioni per assicurare l'incolumità delle persone.
1.4.19. All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta. Tali ripari devono essere disposti a non oltre m. 0,50 sotto il margine del piano di manovra e sporgere da questo per almeno m. 2.
1.5. Vie e uscite di emergenza.
1.5.1. Ai fini del presente punto si intende per:
1.5.1.1. via di emergenza: percorso senza ostacoli al deflusso che consente alle persone che occupano un edificio o un locale di raggiungere un luogo sicuro;
1.5.1.2.. uscita di emergenza: passaggio che immette in un luogo sicuro;
1.5.1.3. luogo sicuro: luogo nel quale le persone sono da considerarsi al sicuro dagli effetti determinati dall'incendio o altre situazioni di emergenza;
1.5.1.4. larghezza di una porta o luce netta di una porta: larghezza di passaggio al netto dell'ingombro dell'anta mobile in posizione di massima apertura se scorrevole, in posizione di apertura a 90 gradi se incernierata (larghezza utile di passaggio).
1.5.2. Le vie e le uscite di emergenza devono rimanere sgombre e consentire di raggiungere il più rapidamente possibile un luogo si curo.
1.5.3. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori.
1.5.4. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e delle uscite di emergenza devono essere adeguate alle dimensioni dei luoghi di lavoro, alla loro ubicazione, alla loro destinazione d'uso, alle attrezzature in essi installate, nonchè al numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi.
1.5.5. Le vie e le uscite di emergenza devono avere altezza minima di m 2.0 e larghezza minima conforme alla normativa vigente in materia antincendio.
1.5.6. Qualora le uscite di emergenza siano dotate di porte, queste devono essere apribili nel verso dell'esodo e, qualora siano chiuse, devono poter essere aperte facilmente ed immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza, L'apertura delle porte delle uscite di emergenza nel verso dell'esodo non è richiesta quando possa determinare pericoli per passaggio di mezzi o per altre cause, fatta salva l'adozione di altri accorgimenti adeguati specificamente autorizzati dal Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio.
1.5.7. Le porte delle uscite di emergenza non devono essere chiuse a chiave quando sono presenti lavoratori in azienda.
1.5.8. Nei locali di lavoro e in quelli destinati a deposito è vietato adibire, quali porte delle uscite di emergenza, le saracinesche a rullo, le porte scorrevoli verticalmente e quelle girevoli su asse centrale.
1.5.9. Le vie e le uscite di emergenza, nonchè le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti.
1.5.10. Le vie e le uscite di emergenza devono essere evidenziate da apposita segnaletica, conforme alle disposizioni vigenti, durevole e collocata in luoghi appropriati.
1.5.11. Le vie e le uscite di emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente, che entri in funzione in caso di guasto dell'impianto elettrico.
1.5.12. Gli edifici che sono costruiti o adattati interamente per le lavorazioni che presentano pericoli di esplosioni o specifici rischi di incendio alle quali sono adibiti più di cinque lavoratori devono avere almeno due scale distinte di facile accesso o rispondere a quanto prescritto dalla specifica normativa antincendio. Per gli edifici già costruiti si dovrà provvedere in conformità, quando non ne esista l'impossibilitò accertata dall'organo di vigilanza: in quest'ultimo caso sono disposte le misure e cautele ritenute più efficienti. Le deroghe già concesse mantengono la loro validità salvo diverso provvedimento dell'organo di vigilanza.
1.5.13. Per i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 non si applica la disposizione contenuta nel comma 4, ma gli stessi devono avere un numero sufficiente di vie e di uscite di emergenza.
1.5.14.1. Le aperture esistenti nel suolo o nel pavimento dei luoghi, degli ambienti di lavoro o di passaggio, comprese le fosse ed i pozzi, devono essere provviste di solide coperture o di parapetti normali, atti ad impedire la caduta di persone, Quando dette misure non siano attuabili, le aperture devono essere munite di apposite segnalazioni di pericolo.
1.5.14.2. Le aperture nelle pareti, che permettono il passaggio di una sola persona e che presentano pericolo di caduta per dislivelli superiori ad un metro, devono essere provviste di solida barriera o munite di parapetto normale.
1.5.14.3. Per le finestre sono consentiti parapetti di altezza non minore di cm.90 quando, in relazione al lavoro eseguito nel locale, non vi siano condizioni di pericolo.
1.6. Porte e portoni
1.6.1. Le porte dei locali di lavoro devono, per numero, dimensioni, posizione, e materiali di realizzazione, consentire una rapida uscita delle persone ed essere agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro.
1.6.2. Quando in un locale le lavorazioni ed i materiali comportino pericoli di esplosione o specifici rischi di incendio e siano adibiti alle attività che si svolgono nel locale stesso più di 5 lavoratori, almeno una porta ogni 5 lavoratori deve essere apribile nel verso dell'esodo ed avere larghezza minima di m 1,20.
1.6.3. Quando in un locale si svolgono lavorazioni diverse da quelle previste al comma 2, la larghezza minima delle porte è la seguente:
1.6.3.1. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano fino a 25, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 0,80;
1.6.3.2. quando in uno steso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 26 e 50, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 che si apra verso l'esodo;
1.6.3.3. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero compreso tra 51 e 100, il locale deve essere dotato di una porta avente larghezza minima di m 1,20 e di una porta avente larghezza minima di m 0,80 che si aprano entrambe nel verso dell'esodo;
1.6.3.4. quando in uno stesso locale i lavoratori normalmente ivi occupati siano in numero superiore a 100, in aggiunta alle porte previste alla lettera c) il locale deve essere dotato di almeno 1 porta che si apra nel verso dell'esodo avente larghezza minima di m 1,20 per ogni 50 lavoratori normalmente ivi occupati o frazione compresa tra 10 e 50, calcolati limitatamente all'eccedenza rispetto a 100.
1.6.4. Il numero complessivo delle porte di cui al punto 1.6.3.4. può anche essere minore, purchè la loro larghezza complessiva non risulti inferiore.
1.6.5. Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 1,20 è applicabile una tolleranza in meno del 5% (cinque per cento). Alle porte per le quali è prevista una larghezza minima di m 0,80 è applicabile una tolleranza in meno del 2% (due per cento).
1.6.6. Quando in un locale di lavoro le uscite di emergenza di cui al punto 1.5.5., coincidono con le porte di cui al punto 1.6.1., si applicano le disposizioni di cui al punto 1.5.5.
1.6.7. Nei locali di lavoro ed in quelli adibiti a magazzino non sono ammesse le porte scorrevoli, le saracinesche a rullo, le porte girevoli su asse centrale, quando non esistano altre porte apribili verso l'esterno del locale.
1.6.8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile ed essere sgombrate in permanenza,
1.6.9. Le porte e i portoni apribili nei due versi devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti.
1.6.10. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi.
1.6.11. Se le superfici trasparenti o traslucide delle porte o dei portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è il rischio che i lavoratori possano rimanere feriti in caso di rottura di dette superfici, queste devono essere protette contro lo sfondamento.
1.6.12. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide o di cadere.
1.6.13. Le porte ed i portoni che si aprono verso l'altro devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere.
1.6.14. Le porte e i portoni ad azionamento meccanico devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi devono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperti anche manualmente, salvo che la loro apertura possa avvenire automaticamente in caso di mancanza di energia elettrica.
1.6.15. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata con segnaletica durevole conformemente alla normativa vigente. Esse devono poter essere aperte, in ogni momento, dall'interno senza aiuto speciale.
1.6.16. Quando i luoghi di lavoro sono occupati le porte devono poter essere aperte.
1.6.17. I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993 devono essere provvisti di porte di uscita che, per numero ed ubicazione, consentono la rapida uscita delle persone e che sono agevolmente apribili dall'interno durante il lavoro. Comunque, detti luoghi devono essere adeguati quanto meno alle disposizioni di cui ai precedenti punti 1.6.9. e 1.6.10. Per i luoghi di lavoro costruiti o utilizzati prima del 27 novembre 1994 non si applicano le disposizioni dei punti 1.6.2., 1.6.3., 1.6.4., 1.6.5. e 1.6.6 concernenti la larghezza delle porte. In ogni caso la larghezza delle porte di uscita di detti luoghi di lavoro deve essere conforme a quanto previsti dalla concessione edilizia ovvero dalla licenza di abitabilità.
1.7. Scale
1.7.1.1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza e mantenute in modo da resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito.
1.7.1.2. Dette scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.
1.7.1.3. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o incastellature verticali o aventi un'inclinazione superiore a 75 gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona verso l'esterno.
1.7.1.4. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve distare da questi più di cm 60.
1.7.1.5. I pioli devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata.
1.7.1.6. Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o presenti notevoli difficoltà costruttive, devono essere adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
1.7.2.1. Agli effetti del presente decreto è considerato "normale" un parapetto che soddisfi alle seguenti condizioni:
1.7.2.1.1. sia costruito con materiale rigido e resistente in buono stato di conservazione;
1.7.2.1.2. abbia un'altezza utile di almeno un metro;
1.7.2.1.3. sia costituito da almeno due correnti, di cui quello intermedio posto a circa metà distanza fra quello superiore ed il pavimento;
1.7.2.1.4. sia costruito e fissato in moda da poter resistere nell'insieme ed in ogni sua parte al massimo sforzo cui può essere assoggettato, tenuto conto delle condizioni ambientali e della sua specifica funzione.
1.7.2.2. E' considerato "parapetto normale con arresto al piede" il parapetto definito al comma precedente, completato con fascia continua poggiante sul piano di calpestio ed alta almeno 15 centimetri.
1.7.2.3. E' considerata equivalente ai parapetti definiti ai commi precedenti, qualsiasi protezione, quale muro, balaustra, ringhiera e simili, realizzante condizioni di sicurezza contro la caduta verso i lati aperti, non inferiori a quelle presentate dai parapetti stessi.
1.7.3. Le impalcature, le passerelle, i ripiani, le rampe di accesso, i balconi ed i posti di lavoro o di passaggio sopraelevati devono essere provvisti, su tutti i lati aperti, di parapetti normali con arresto al piede o di difesa equivalenti. Tale protezione non è richiesta per i piani di caricamento di altezza inferiore a m 2.00.
1.8. Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni
1.8.1. I posto di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa.
1.8.2. Ove non sia possibile la difesa con mezzi tecnici, devono essere adottate altre misure o cautele adeguate.
1.8.3. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli può avvenire in modo sicuro.
1.8.4. Le disposizioni di cui ai punti 1.4.1., 1.4.2., 1.4.3., 1.4.4., 1.4.5.. 1.4.6., 1.4.7., 1.4.8., sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa, alle vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi, alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonchè alle banchine di carico.
1.8.5. Le disposizioni sulle vie di circolazione e zone di pericolo di cui ai punti 1.4.1., 1.4.2., 1.4.3., 1.4.4., 1.4.5., 1.4.6., 1.4.7., 1.4.8., si applicano per analogia ai luoghi di lavoro esterni.
1.8.6. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente.
1.8.7. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi devono essere strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale ch ei lavoratori:
1.8.7.1. sono protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti;
1.8.7.2 non sono esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi, quali gas, vapori, polveri;
1.8.7.3 possono abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possono essere soccorsi rapidamente;
1.8.7.4 non possono scivolare o cadere
1.8.8. I terreni scoperti costituenti una dipendenza dei locali di lavoro devono essere sistemati in modo da ottenere lo scolo delle acque di pioggia e di quelle di altra provenienza.
1.9 Microclima
1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi
1.9.1.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente ottenuta preferenzialmente con aperture naturali e quando ciò non sia possibile, con impianti di aerazione.
1.9.1.2. Se viene utilizzato un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò è necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori.
1.9.1.3. Se sono utilizzati impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiosa.
1.9.1.4. Gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti a controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione per la tutela della salute dei lavoratori.
1.9.1.5. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente.
1.9.2. Temperatura dei locali
1.9.2.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori.
1.9.2.2. Nel giudizio sulla temperatura adeguata per i lavoratori si deve tener conto della influenza che possono esercitare sopra di essa il grado di umidità ed il movimento dell'aria concomitanti.
1.9.2.3. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali.
1.9.2.4. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro.
1.9.2.5. Quando non è conveniente modificare la temperatura di tutto l'ambiente, si deve provvedere alla difesa dei lavoratori contro le temperature troppo alte o troppo basse mediante misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione.
1.9.2.6. Gli apparecchi a fuoco diretto destinati al riscaldamento dell'ambiente nei locali chiusi di lavoro di cu al precedente articolo, devono essere muniti di condotti del fumo privi di valvole regolatrici ed avere tiraggio sufficiente per evitare la corruzione dell'aria con i prodotti della combustione, ad eccezione dei casi in cui, per l'ampiezza del locale, tale impianto non sia necessario.
1.9.3. Umidità
1.9.3.1. Nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l'aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quanto è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura e l'umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche.
1.10. Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro
1.10.1. A meno che non sia richiesto diversamente dalla necessitò delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori.
1.10.2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenti un rischio di infortunio per i lavoratori.
1.10.3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità.
1.10.4. Le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza.
1.10.5. Gli ambiente, i posti di lavoro ed i passaggi devono essere illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare una sufficiente visibilità.
1.10.6. Nei casi in cui, per le esigenze tecniche di particolari lavorazioni o procedimenti, non sia possibile illuminare adeguatamente gli ambiente, i luoghi ed i posti indicati al punto 1.10.5., si devono adottare adeguate misure dirette ad eliminare i rischi derivanti dalla mancanza e dalla insufficienza della illuminazione.
1.10.7. Illuminazione sussidiaria
1.10.7.1. Negli stabilimenti e negli altri luoghi di lavoro devono esistere mezzi di illuminazione sussidiaria da impiegare in caso di necessità.
1.10.7.2. Detti mezzi devono essere tenuti in posti noti al personale, conservati in costante efficienza ed essere adeguati alle condizioni ed alle necessità del loro impiego.
1.10.7.3. Quando diano presenti più di 100 lavoratori e la loro uscita all'aperto in condizioni di oscurità non sia sicura ed agevole; quando l'abbandono imprevedibile ed immediato del governo delle macchine o degli apparecchi sia di pregiudizio per la sicurezza delle persone o degli impianti; quando si lavorino o siano depositate materie esplodenti o infiammabili, l'illuminazione sussidiaria deve essere fornita con mezzi di sicurezza atti ad entrare immediatamente in funzione in caso di necessità e a garantire una illuminazione sufficiente per intensità, durata, per numero e distribuzione delle sorgenti luminose, nei luoghi nei quali la mancanza di illuminazione costituirebbe pericolo. Se detti mezzi non sono costruiti in modo da entrare automaticamente in funzione, i dispositivi di accensione devono essere a facile portata di mano e le istruzioni sull'uso dei mezzi stessi devono essere rese manifeste al personale mediante appositi avvisi.
1.10.7.4. L'abbandono dei posti di lavoro e l'uscita all'aperto del personale deve, qualora sia necessario ai fini della sicurezza, essere disposto prima dell'esaurimento delle fonti della illuminazione sussidiaria.
1.10.8. Ove sia prestabilita la continuazione del lavoro anche in caso di mancanza dell'illuminazione artificiale normale, quella sussidiaria deve essere fornita da un impianto fisso atto a consentire la prosecuzione del lavoro in condizioni di sufficiente visibilità.
1.11. Locali di riposo e refezione
1.11.1. Locali di riposo
1.11.1.1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività, lo richiedono, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile.
1.11.1.2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrono equivalenti possibilità di riposo durante la pausa.
1.11.1.3. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di un numero di tavoli e sedili con schienali in funzione del numero di lavoratori.
1.11.1.4. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinchè questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esige.
1.11.1.5. L'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo ai dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qual volta ciò non pregiudica la normale esecuzione del lavoro.
1.11.2. Refettorio
1.11.2.1. Slavo quanto è disposto al punto 1.14.1. per i lavori all'aperto, le aziende nelle quali più di 30 dipendenti rimangono nell'azienda durante gli intervalli di lavoro, per la refezione, devono avere uno o più ambienti destinati ad uso di refettorio muniti di sedili e di tavoli.
1.11.2.2. I refettori devono essere bel illuminati, aerati e riscaldati nella stagione fredda. Il pavimento non deve essere polveroso e le pareti devono essere intonacate e imbiancate.
1.11.2.3. L'ispettorato del lavoro può in tutto o in parte esonerare il datore di lavoro dall'obbligo di cui al primo comma, quando riconosce che non sia necessario.
1.11.2.4. Nelle aziende in cui i lavoratori siano esposti a materie insudicianti, sostanze polverose o nocive e nei casi in cui l'organo di vigilanza ritiene opportuno prescriverlo, in relazione alla natura della lavorazione, è vietato ai lavoratori di consumare i pasti nei locali di lavoro ed anche di rimanervi durante il tempo destinato alla refezione.
1.11.3. Conservazione vivande e somministrazione bevande
1.11.3.1. Ai lavoratori deve essere dato il mezzo di conservare in adatti posti fissi le loro vivande, di riscaldarle e di lavare i relativi recipienti.
1.11.3.2. E' vietata la somministrazione di vino, di birra e di altre bevande alcooliche nell'interno dell'azienda.
1.11.3.3. E' tuttavia consentita la somministrazione di modiche quantità di vino e di birra nei locali di refettorio durante l'orario dei pasti.
1.11.4. Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.
1.12. Spogliatoi e armadi per il vestiario
1.12.1. Locali appositamente destinati a spogliatoi devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro specifici e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro richiedere si cambiarsi in altri locali.
1.12.2. Gli spogliatoi devono essere distinti tra i due sessi e convenientemente arredati. Nella aziende che occupano fino a cinque dipendenti lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi; in tal caso i locali a ciò adibiti sono utilizzati dal personale dei due sessi, secondo opportuni turni prestabiliti e concordati nell'ambito dell'orario di lavoro.
1.12.3. I locali destinati a spogliatoio devono avere una capacità sufficiente, essere possibilmente vicini ai locali di lavoro areati, illuminati, ben difesi dalle intemperie, riscaldati durante la stagione fredda e muniti di sedili.
1.12.4. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentono a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro.
1.12.5. Qualora i lavoratori svolgano attività insudicianti, polverose, con sviluppo di fumi o vapori contenenti in sospensione sostanze untuose od incrostanti, nonchè in quelle dove si usano sostanze venefiche, corrosive od infettanti o comunque pericolose, gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati.
1.12.6. Qualora non si applichi il punto 1.12.1., ciascun lavoratore deve poter disporre delle attrezzature di cui al punto 1.12.4. per poter riporre i propri indumenti.
1.13. Servizi igienico assistenziali
1.13.1. Acqua
1.13.1.1. Nei luoghi di lavoro o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente, tanto per uso potabile quanto per lavarsi.
1.13.1.2. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua devono osservarsi le norme igieniche atte ad evitare l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie.
1.13.2. Docce
1.13.2.1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigono.
1.13.2.2. Devono essere previsti locali per docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. Le docce e gli spogliatoi devono comunque facilmente comunicare tra loro.
1.13.2.3. I locali delle docce devono essere riscaldati nella stagione fredda e avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rivestirsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene.
1.13.2.4. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda e di mezzi detergenti e per asciugarsi.
1.13.3. Gabinetti e lavabi
1.13.3.1. I laboratori devono disporre, in prossimità dei loro posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per asciugarsi.
1.13.3.2. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati; quanto ciò sia impossibile a causa di vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende che occupano lavoratori di sesso diverso in numero non superiore a dieci, è ammessa un'utilizzazione separata degli stessi.
1.13.4. Pulizia delle installazioni igienico-assistenziali.
1.13.4.1. Le installazioni e gli arredi destinati ai refettori, agli spogliatoi, ai bagni, alle latrine, ai dormitori ed in genere ai servizi di igiene e benessere per i lavoratori, devono essere mantenuti in stato di scrupolosa pulizia, a cura del datore di lavoro.
1.13.4.2. I lavoratori devono usare con cura e proprietà i locali, le installazioni e gli arredi indicati nel comma precedente.
1.14. Dormitori
1.14.1. Nei lavori eseguiti normalmente all'aperto deve essere messo a disposizione dei lavoratori un locale in cui possano ricoverarsi durante le intemperie e nelle ore dei pasti o dei riposi. Detto locale deve essere fornito di sedili e di un tavolo, e deve essere riscaldato durante la stagione fredda.
1.14.2.1. I locali forniti dal datore di lavoro ai lavoratori per uso di dormitorio stabile devono possedere i requisiti di abitabilità prescritti per le case di abitazione della località ed avere l'arredamento necessari corrispondente alle esigenze dell'igiene. Essi devono essere riscaldati nella stagione fredda ed essere forniti di luce artificiale in quantità sufficiente, di latrine, di acqua per bere e per lavarsi e di cucina, in tutto rispondenti alle stesse condizioni indicate nel presente decreto per gli impianti analoghi annessi ai locali di lavoro.
1.14.2.2. In detti locali è vietata l'illuminazione a gas, salvo casi speciali e con l'autorizzazione e le cautele che saranno prescritte dall'organo di vigilanza.
1.14.3. Per i lavori in aperta campagna, lontano dalle abitazioni, quando i lavoratori debbano pernottare sul luogo, il datore di lavoro deve loro fornire dormitori capaci di difenderli efficacemente contro gli agenti atmosferici. Nel caso in cui la durata dei lavori non superi i 15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre stagioni, possono essere destinate ad uso di dormitorio costruzioni di fortuna costruite in tutto o in parte di legno o di altri materiali idonei ovvero tende, a condizione che siano ben difese dall'umidità del suolo e dagli agenti atmosferici.
1.14.4.1. Quando la durata dei lavori ecceda i limiti indicati superi i 15 giorni nella stagione fredda ed i 30 giorni nelle altre stagioni, il datore di lavoro deve provvedere ai dormitori mediante mezzi più idonei, quali baracche in legno od altre costruzioni equivalenti.
1.14.4.2. Le costruzioni per dormitorio devono rispondere alle seguenti condizioni:
1.14.4.2.1. gli ambienti per adulti devono essere separati da quelli per fanciulli e da quelli per donne, a meno che non siano destinati esclusivamente ai membri di una stessa famiglia;
1.14.4.2.2. essere sollevate dal terreno, oppure basate sopra terreno ben asciutto e sistemato in guisa da non permettere nè la penetrazione dell'acqua nelle costruzioni, nè il ristagno di essa in una zona del raggio di almeno 10 metri attorno;
1.14.4.2.3. essere costruite in tutte le loro parti in modo da difendere bene l'ambiente interno contro gli agenti atmosferici ed essere riscaldate durante la stagione fredda;
1.14.4.2.4. avere aperture sufficienti per ottenere una attiva ventilazione dell'ambiente, ma munite di buona chiusura;
1.14.4.2.5. essere fornite di lampade per l'illuminazione notturna;
1.14.4.2.6. nelle zone acquitrinose infestate dalla presenza di insetti alati le aperture devono essere difese contro la penetrazione di essi.
1.14.4.3. La superficie dei dormitori non può essere inferiore a 3,50 metri quadrati per persona.
1.14.4.4. A ciascun lavoratore deve essere assegnato un letto, una branda o una cuccetta arredate con materasso o saccone, cuscino, lenzuola, federe e coperte sufficienti ed inoltre di sedile, un attaccapanni ed una mensolina.
1.14.4.5. Anche per i dormitori di cui al comma precedente vale la norma prevista dal quarto comma dell'art. 44.
1.14.4.6. In vicinanza dei dormitori, oppure facenti copro con essi, vi devono essere convenienti locali per uso di cucina e di refettorio, latrine adatte e mezzi per la pulizia personale.
2. PRESENZA NEI LUOGHI DI LAVORO DI AGENTI NOCIVI
2.1. Difesa dalle sostanze nocive:
2.1.1. Ferme restando le norme di cui al regio decreto 9 gennaio 1927, n. 157 e successive modificazioni, le materie prime non in corso di lavorazione, i prodotti ed i rifiuti, che abbiano proprietà tossiche o caustiche, specialmente se sono allo stato liquido o se sono facilmente solubili o volatili, devono essere custoditi in recipienti a tenuta e muniti di buona chiusura.
2.1.2. Le materie in corso di lavorazione che siano fermentescibili o possano essere nocive alla salute o svolgere emanazioni sgradevoli, non devono essere accumulate nei locali di lavoro in quantità superiore a quella strettamente necessaria per la lavorazione.
2.1.3. I recipienti e gli apparecchi che servono alla lavorazione oppure al trasporto dei materiali putrescibili o suscettibili di dare emanazioni sgradevoli, devono essere lavati frequentemente e, ove occorra, disinfettati.
2.1.4. Il datore di lavoro è tenuto ad effettuare, ogni qualvolta sia possibile, le lavorazioni pericolose o insalubri in luoghi separati, allo scopo di non esporvi senza necessità i lavoratori addetti ad altre lavorazioni.
2.1.5. L'aspirazione dei gas, vapori, odori e fumi deve farsi, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo dove si producono.
2.1.6.1. Nell'ingresso di ogni stabilimento o luogo dove, in relazione alla fabbricazione, manipolazione, utilizzazione o conservazione di materie o prodotti di cui all'articolo precedente, sussistano specifici pericoli, deve essere esposto un estratto delle norme di sicurezza contenute nel presente decreto e nelle leggi e regolamenti speciali riferentisi alle lavorazioni che sono eseguite.
2.1.6.2. Nei reparti e presso le macchine e gli apparecchi dove sono effettuate operazioni che presentano particolari pericoli, devono essere esposte le disposizioni e le istruzioni concernenti la sicurezza delle specifiche lavorazioni.
2.1.7. Le operazioni che presentano pericoli di esplosioni, di incendi, di sviluppo di gas asfissianti o tossici e di irradiazioni nocive devono effettuarsi in locali o luoghi isolati, adeguatamente difesi contro la propagazione dell'elemento nocivo.
2.1.8.1. Nei locali o luoghi di lavoro o di passaggio deve essere per quanto tecnicamente possibile impedito o ridotto al minimo il formarsi di concentrazioni pericolose o nocive di gas, vapori o polveri esplodenti, infiammabili, asfissianti o tossici; in quanto necessario, deve essere provveduto ad una adeguata ventilazione al fine di evitare dette concentrazioni.
2.1.8.2. Nei locali o luoghi di lavoro o di passaggio, quando i vapori ed i gas che possono svilupparsi costituiscono pericolo, devono essere installati apparecchi indicatori e avvisatori automatici atti a segnalare il raggiungimento delle concentrazioni o delle condizioni pericolose. Ove ciò non sia possibile, devono essere eseguiti frequenti controlli o misurazioni.
2.1.9. Gli scarti di lavorazione e i rifiuti di materie infiammabili, esplodenti, corrosive, tossiche, infettanti o comunque nocive devono essere raccolti durante la lavorazione ed asportati frequentemente con mezzi appropriati, collocandoli in posti nei quali non possano costituire pericolo.
2.1.10.1. Il trasporto e l'impiego delle materie e dei prodotti corrosivi o aventi temperature dannose devono effettuarsi con mezzi o sistemi tali da impedire che i lavoratori ne vengano a diretto contatto.
2.1.10.2. Quando esigenze tecniche o di lavorazione non consentano l'attuazione della norma di cui al punto precedente, devono essere messi a disposizione dei lavoratori mezzi individuali di protezione, in conformità a quanto è stabilito nel Titolo III, Capo II.
2.1.11.1. Negli stabilimenti o luoghi in cui si producono o si manipolano liquidi corrosivi devono essere predisposte, a portata di mano dei lavoratori, adeguate prese di acqua corrente o recipienti contenenti adatte soluzioni neutralizzanti.
2.1.11.2. Nei casi in cui esista rischio di investimento da liquidi corrosivi, devono essere installati, nei locali di lavorazione o nelle immediate vicinanze, bagni o docce con acqua a temperatura adeguata
2.1.12. In caso di spandimento di liquidi corrosivi, questi non devono essere assorbiti con stracci, segatura o con altre materie organiche, ma eliminati con lavaggi di acqua o neutralizzati con materie idonee.
2.1.13. Le disposizioni e le precauzioni prescritte ai punti 3.2.1. e 3.2.2. devono essere osservate, nella parte applicabile, per l'accesso agli ambienti o luoghi, specie sotterranei, ai cunicoli, fogne, pozzi, sottotetti, nei quali esista o sia da temersi la presenza di gas o vapori tossici o asfissianti.
2.2. Difesa contro le polveri
2.2.1. Nei lavori che danno luogo normalmente alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare i provvedimenti atti ad impedirne o a ridurne, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro.
2.2.2. Le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione nella atmosfera.
2.2.3. Ove non sia possibile sostituire il materiale di lavoro polveroso, si devono adottare procedimenti lavorativi in apparecchi chiusi ovvero muniti di sistemi di aspirazione e di raccolta delle polveri, atti ad impedirne la dispersione. L'aspirazione deve essere effettuata, per quanto è possibile, immediatamente vicino al luogo di produzione delle polveri.
2.2.4. Quando non siano attuabili le misure tecniche di prevenzione indicate nel comma precedente, e la natura del materiale polveroso lo consente, si deve provvedere all'inumidimento del materiale stesso.
2.2.5. Qualunque sia il sistema adottato per la raccolta e l'eliminazione delle polveri, il datore di lavoro è tenuto ad impedire che esse possano rientrare nell0ambiente di lavoro.
2.2.6. Nei lavori all'aperto e nei lavori di breve durata e quando la natura e la concentrazione delle polveri non esigano l'attuazione dei provvedimenti tecnici indicati ai commi precedenti, e non possano essere causa di danno o di incomodo al vicinato, l'organo di vigilanza può esonerare il datore di lavoro dagli obblighi previsti dai comma precedenti, prescrivendo, in sostituzione, ove sia necessario, mezzi personali di protezione.
2.2.7. I mezzi personali possono altresì essere prescritti dall'organo di vigilanza, ad integrazione dei provvedimenti previsti al comma terzo e quarto del presente articolo, in quelle operazioni in cui, per particolari difficoltà d'ordine tecnico, i predetti provvedimenti non siano atti a garantire efficacemente la protezione dei lavoratori contro le polveri.
3. VASCHE, CANALIZZAZIONI, TUBAZIONI, SERBATOI, RECIPIENTI, SILOS
3.1. Le tubazioni, le canalizzazioni e i recipienti, quali vasche, serbatoi e simili, in cui debbano entrare lavoratori per operazioni di controllo, riparazione, manutenzione o per altri motivi dipendenti dall'esercizio dell'impianto o dell'apparecchio, devono essere provvisti di aperture di accesso aventi dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.
3.2.1. Prima di disporre l'entrata di lavoratori nei luoghi di cui al punto precedente, chi sovraintende ai lavori deve assicurarsi che nell'interno non esistano gas o vapori nocivi o una temperatura dannosa deve, qualora vi sia pericolo, disporre efficienti lavaggi, ventilazione o altre misure idonee.
3.2.2. Colui che sovraintende deve, inoltre, provvedere a far chiudere e bloccare le valvole e gli altri dispositivi dei condotti in comunicazione col recipiente, e a fare intercettare i tratti di tubazione mediante flange cieche o con altri mezzi equivalenti ed a far applicare, sui dispositivi di chiusura o di isolamento, un avviso con l'indicazione del divieto di manovrarli.
3.2.3. I lavoratori che prestano la loro opera all'interno dei luoghi predetti devono essere assistiti da altro lavoratore, situato all'esterno presso l'apertura di accesso.
3.2.4. Quando la presenza di gas o vapori nocivi non possa escludersi in modo assoluto o quando l'accesso al fondo dei luoghi predetti è disagevole, i lavoratori che vi entrano devono essere muniti di cintura di sicurezza con corda di adeguata lunghezza e, se necessario, di apparecchi idonei a consentire la normale respirazione.
3.3. Qualora nei luoghi di cui al punto 3.1. non possa escludersi la presenza anche di gas, vapori o polveri infiammabili od esplosivi, oltre alle misure indicate nell'articolo precedente, si devono adottare cautele atte ad evitare il pericolo di incendio o di esplosione, quali la esclusione di fiamme libere, di corpi incandescenti, di attrezzi di materiale ferroso e di calzature con chiodi. Qualora sia necessario l'impiego di lampade, queste devono essere di sicurezza.
3.4.1. Le vasche, i serbatoi ed i recipienti aperti con i bordi a livello o ad altezza inferiore a cm. 90 dal pavimento o dalla piattaforma di lavoro devono, qualunque sia il liquido o le materie contenute, essere difese, su tutti i lati mediante parapetto di altezza non minore di cm.90 a parete piena o con almeno due correnti. Il parapetto non è richiesto quando sui bordi delle vasche sia applicata una difesa fino a cm. 90 dal pavimento.
3.4.2. Quando per esigenze della lavorazione o per condizioni di impianto non sia possibile applicare il parapetto di cui al punto 3.4.1., le aperture superiori dei recipienti devono essere provviste di solide coperture o di altre difese atte ad evitare il pericolo di caduta dei lavoratori entro di essi.
3.4.3. Per le canalizzazioni nell'interno degli stabilimenti e dei cantieri e per quelle esterne limitatamente ai tratti che servono da piazzali di lavoro non adibiti ad operazioni di carico e scarico, la difesa di cui al punto 3.4.1. deve avere altezza non minore di un metro.
3.4.4. Il presente articolo non si applica quando le vasche, le canalizzazioni, i serbatoi ed i recipienti hanno una profondità non superiore a metri uno e non contengono liquidi o materie dannose e sempre che siano adottate altre cautele.
3.5. Nei serbatoi, tini, vasche e simili che abbiano una profondità di oltre 2 metri e che non siano provvisti di aperture di accesso al fondo, qualora non sia possibile predisporre la scala fissa per l'accesso al fondo dei suddetti recipienti devono essere usate scale trasportabili, purchè provviste di ganci di trattenuta.
3.6.1. Le tubazioni e le canalizzazioni e le relative apparecchiature accessorie ed ausiliarie devono essere costruite e collocate in modo che:
3.6.1.1. in caso di perdite di liquidi o fughe di gas, o di rotture di elementi dell'impianto, non ne derivi danno ai lavoratori;
3.6.1.2. in caso di necessità sia attuabile il massimo e più rapido svuotamento delle loro parti.
3.6.2. Quando esistono più tubazioni o canalizzazioni contenenti liquidi o gas nocivi o pericolosi di diversa natura, esse e le relative apparecchiature devono essere contrassegnate, anche ad opportuni intervalli se si tratta di reti estese, con distinta colorazione, il cui significato deve essere reso noto ai lavoratori mediante tabella esplicativa.
3.7. Le tubazioni e le canalizzazioni chiuse, quando costituiscono una rete estesa o comprendono ramificazioni secondarie, devono essere provviste di dispositivi, quali valvole, rubinetti, saracinesche e paratoie, atti ad effettuare l'isolamento di determinati tratti in caso di necessità.
3.8. I serbatoi tipo silos per materie capaci di sviluppare gas o vapori, esplosivi o nocivi, devono, per garantire la sicurezza dei lavoratori, essere provvisti di appropriati dispositivi o impianti accessori, quali chiusure, impianti di ventilazione, valvole di esplosione.
3.9.1. I serbatoi e le vasche contenenti liquidi o materie tossiche, corrosive o altrimenti pericolose, compresa l'acqua a temperatura ustionante, devono essere provvisti:
3.9.1.1. di chiusure che per i liquidi e materie tossiche devono essere a tenuta ermetica e per gli altri liquidi e materie dannose essere tali da impedire che i lavoratori possano venire a contatto con il contenuto;
3.9.1.2. di tubazioni di scarico di troppo pieno per impedire il rigurgito o traboccamento.
3.9.2. Qualora per esigenze tecniche le disposizioni di cui al punto 3.9.1.1. non siano attuabili, devono adottarsi altre idonee misure di sicurezza.
3.10. I recipienti adibiti al trasporto dei liquidi o materie infiammabili, corrosive, tossiche o comunque dannose devono essere provvisti:
3.10.1. di idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del contenuto;
3.10.2. di accessori o dispositivi atti a rendere sicure ed agevoli le operazioni di riempimento e svuotamento;
3.10.3. di accessori di presa, quali maniglie, anelli, impugnature, atti a rendere sicuro ed agevole il loro impiego, in relazione al loro uso particolare;
3.10.4. di involucro protettivo adeguato alla natura del contenuto.
3.11.1. I recipienti di cui al punto 3.10., compresi quelli vuoti già usati, devono essere conservati in posti appositi e separati, con l'indicazione di pieno o vuoto se queste condizioni non sono evidenti;
3.11.2. Quelli vuoti, non destinati ad essere reimpiegati per le stesse materie già contenute, devono, subito dopo l'uso, essere resi innocui mediante appropriati lavaggi a fondo, oppure distrutti adottando le necessarie cautele.
3.11.3. IN ogni caso è vietato usare recipienti che abbiano già contenuto liquidi infiammabili o suscettibili di produrre gas o vapori infiammabili, o materie corrosive o tossiche, per usi diversi da quelli originari, senza che si sia provveduto ad una preventiva completa bonifica del loro interno, con la eliminazione di ogni traccia del primitivo contenuto o dei suoi residui o prodotti secondari di trasformazione.
4. MISURE CONTRO L'INCENDIO E L'ESPLOSIONE
4.1. Nelle aziende o lavorazioni in cui esistono pericoli specifici di incendio:
4.1.1. è vietato fumare;
4.1.2. è vietato usare apparecchi a fiamma libera e manipolare materiali incandescenti, a meno che non siano adottate idonee misure di sicurezza;
4.1.3. devono essere predisposti messi ed impianti di estinzione idonei in rapporto alle particolari condizioni in cui possono essere usati, in essi compresi gli apparecchi estintori portatili o carrellati di primo intervento. detti mezzi ed impianti devono essere mantenuti in efficienza e controllati almeno una volta ogni sei mesi da personale esperto;
4.2.1. L'acqua non deve essere usata per lo spegnimento di incendi, quando le materie con le quali verrebbe a contatto possono reagire in modo da aumentare notevolmente di temperatura o da svolgere gas infiammabili o nocivi.
4.2.2. Parimenti l'acqua e le altre sostanze conduttrici non devono essere usate in prossimità di conduttori,macchine e apparecchi elettrici sotto tensione.
4.2.3. I divieti di cui al presente articolo devono essere resi noti al personale mediante avvisi.
4.3.1. Le aziende e le lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti e che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio ad esclusione delle attività svolte dal Ministero della difesa per le quali lo stesso Ministero provvede a controlli e all'attuazione di idonee misure a salvaguardia dell'incolumità dei lavoratori in conformità ai provvedimenti specifici emanati in materia di prevenzione incendi.
4.4. I progetti di nuovi impianti o costruzioni di cui al precendente punto o di modifiche di quelli esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere sottoposti al preventivo esame del Comando provinciale dei vigili del fuoco, al quale dovrà essere richiesta la visita di controllo ad impianto o costruzione ultimati, prima dell'inizio delle lavorazioni.
4.5.1. Nella fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o diincendio per la presenza di gas, vapori o polveri, esplosivi o infiammabili, gli impianti, le macchine, gli attrezzi, gli utensili ed i meccanismi in genere non devono nel loro uso dar luogo a riscaldamenti pericolosi o a produzione di scintille.
4.5.2. Idonee misure contro i riscaldamenti pericolosi o la produzione di scintille devono adottarsi nella scelta ed ubicazione dei locali e dei posti di lavoro e relativo arredamento, rispetto alla distanza dalle sorgenti di calore.
4.5.3. Analoghe misure devono essere adottate nell'abbigliamento dei lavoratori.
4.6.1. Il riscaldamento dei locali, nei quali si compiono le operazioni o esistono rischi per fabbricazione, manipolazione, deposito e trasporto di materie infiammabili od esplodenti e nei luoghi ove vi sia pericolo di esplosione o di incendio per la presenza di gas, vapori o polveri, esplosivi o infiammabili deve essere ottenuto con mezzi e sistemi tali da evitare che gli elementi generatori o trasmittenti del calore possano raggiungere temperature capaci di innescare le materie pericolose ivi esistenti.
4.6.2. Nei casi indicati al punto precedente le finestre e le altre aperture esistenti negli stessi locali devono essere protette contro la penetrazione dei raggi solari.
4.7.1. Nei locali di cui all'articolo precedente devono essere predisposte nelle pareti o nei solai adeguate superfici di minor resistenza atte a limitare gli effetti delle esplosioni.
4.7.2. Dette superfici possono essere anche costituite da normali finestre o da intelaiature a vetri cieche fissate a cerniera ed apribili verso l'esterno sotto l'azione di una limitata pressione.
4.7.3. In ogni caso dette superfici di minor resistenza devono essere disposte in modo che il loro eventuale funzionamento non possa arrecare danno alle persone.
4.8.1. Negli stabilimenti dove si producono differenti qualità di gas non esplosivi nè infiammabili di per se stessi, ma le cui miscele possono dar luogo a reazioni pericolose, le installazioni che servono alla preparazione di ciascuna qualità di gas devono essere sistemate in locali isolati, sufficientemente distanziati fra di loro.
4.8.2. La disposizione di cui al punto precedente non si applica quando i diversi gas sono prodotti contemporaneamente dallo stesso processo, semprechè siano adottate idonee misure per evitare la formazione di miscele pericolose.
4.9. Le materie ed i prodotti suscettibili di reagire fra di loro dando luogo alla formazione di gas o miscele esplosive o infiammabili devono essere immagazzinati e conservati in luoghi o locali sufficientemente areati e distanziati ed adeguatamente isolati gli uni dagli altri.
4.10. I dispositivi di aspirazione per gas, vapori e polveri esplosivi o infiammabili, tanto se predisposti in applicazione del punto 2.1.8.1., quanto se costituenti elementi degli impianti di produzione o di lavorazione, devono rispondere ai seguenti requisiti:
4.10.1. essere provvisti di valvole di esplosione, collocate all'esterno dei locali in posizione tale da non arrecare danno alle persone in caso di funzionamento;
4.10.2. avere tutte le parti metalliche collegate fra loro ed il relativo complesso collegato elettricamente a terra;
4.10.3. essere provvisti, in quanto necessario, di mezzi per la separazione e la raccolta delle polveri esplosive o infiammabili;
4.10.4. avere lo scarico in luogo dove i gas, i vapori e le polveri non possono essere causa di pericolo.
4.11. Nelle installazioni in cui possono svilupparsi gas, vapori o polveri suscettibili di dar luogo a miscele esplosive, devono essere adottati impianti di aspirazione per ogni qualità di gas, vapore o polvere, oppure adottate altre misure idonee ad evitare i pericoli di esplosione.
5. PRIMO SOCCORSO
5.1. Nelle aziende industriali, e in quelle commerciali che occupano più di 25 dipendenti, il datore di lavoro deve tenere i presidi sanitari indispensabili per prestare le prime immediate cure ai lavoratori feriti o colpiti da malore improvviso.
5.2. Detti presidi devono essere contenuti in un pacchetto di medicazione o in una cassetta di pronto soccorso o in una camera di medicazione.
5.3. La quantità e la specie dei presidi chirurgici e farmaceutici sono definiti dal decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni.
5.4. Pacchetto di medicazione
5.4.1. Sono obbligate a tenere un pacchetto di medicazione le aziende industriali che non si trovano nelle condizioni indicate nei successivi punti 5.5. e 5.6., nonchè le aziende commerciali che occupano più di 25 dipendenti.
5.5. Cassetta di pronto soccorso
5.5.1. Sono obbligate a tenere una cassetta di pronto soccorso:
5.5.1.1. le aziende industriali, che occupano fino a 5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in essi si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;
5.5.1.2. le aziende industriali, che occupano fino a 50 dipendenti, quando siano ubicate in località di difficile accesso o lontane da posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esse di svolgono non presentino i rischi considerati alla lettera a);
5.5.1.3. le aziende industriali, che occupano oltre 5 dipendenti, quando siano ubicate nei centri abitati provvisti di posto pubblico permanente di pronto soccorso e le attività che in essi si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezione o di avvelenamento;
5.5.1.4. le aziende industriali, che occupano oltre 50 dipendenti, ovunque ubicate che non presentano i rischi particolari sopra indicati.
5.6. Camera di medicazione:
5.6.1. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione le aziende industriali che occupano più di 5 dipendenti, quando siano ubicate lontano dai posti pubblici permanenti di pronto soccorso e le attività che in esso si svolgono presentino rischi di scoppio, di asfissia, di infezioni o di avvelenamento.
5.6.2. Quando, a giudizio dell'organo di vigilanza, ricorrano particolari condizioni di rischio e di ubicazione, le aziende di cui al precedente punto 5.5., in luogo della cassetta di pronto soccorso, sono obbligate ad allestire la camera di medicazione.
5.6.3. Sono obbligate a tenere la camera di medicazione anche le aziende industriali che occupano più di 50 dipendenti soggetti all'obbligo delle visite mediche preventive e periodiche a norma dell'articolo 40 del presente decreto.
5.6.4. La camera di medicazione, oltre a contenere i presidi sanitari previsti al punto 5.5.1., deve essere convenientemente aerata ed illuminata, riscaldata nella stagione fredda e fornita di un lettino con cuscino e due coperte di lana, di acqua per bere e per lavarsi; di sapone e asciugamani.
5.7.1. Nei complessi industriali, ove la distanza dei vari reparti di lavoro dal posto di pronto soccorso della azienda è tale da non garantire la necessaria tempestività delle cure, l'organo di vigilanza può prescrivere che l'azienda, oltre a disporre del posto centrale di pronto soccorso, provveda ad istituirne altri localizzati nei reparti più lontani o di più difficile accesso.
5.7.2. Detti posti di soccorso, quando le lavorazioni non presentino particolari rischi, devono essere dotati del pacchetto di medicazione. L'organo di vigilanza, in relazione al numero degli operai occupati nel reparto ed alla lontananza di questo dal posto di pronto soccorso, può prescrivere che sia tenuta, in luogo del pacchetto di medicazione, la cassetta del pronto soccorso.
5.7.3. quando le lavorazioni eseguite nei vari reparti presentino rischi specifici, l'organo di vigilanza può altresì prescrivere che vi siano sul posto i presidi e le apparecchiature di pronto soccorso ritenuti necessari in relazione alla natura e alla pericolosità delle lavorazioni.
5.8. Personale sanitario:
5.8.1. Nelle aziende ove i lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria deve essere affisso in luogo ben visibile un cartello indicante il nome, il cognome e il domicilio od il recapito del medico a cui si può ricorrere ed eventualmente il numero del suo telefono, oppure il posto di soccorso pubblico più vicino all'azienda.
5.8.2. Nelle aziende di cui ai punti 5.5. e 5.6., un infermiere od, in difetto, una persona pratica dei servizi di infermeria, deve essere incaricato di curare la buona conservazione dei locali, degli arredi e dei materiali destinati al pronto soccorso.
6. DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE AZIENDE AGRICOLE
6.1. Abitazioni e dormitori
6.1.1. Ferme restando le disposizioni relative alle condizioni di abitabilità delle case rurali, contenute nel testo unnico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, è vietato di adibire ad abitazioni di lavoratori stabili o a dormitorio di lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico:
6.1.1.1. grotte naturali od artificiali o costruzioni di qualunque specie le cui pareti o coperture sono costituite in tutto od in parte da roccia;
6.1.1.2. capanne costruite in tutto o in parte con paglia, fieno, canne, frasche o simili, oppure anche tende od altre costruzioni di ventura.
6.1.2. E' fatta eccezione per i ricoveri diurni e per i soli lavori non continuativi, nè periodici che si devono eseguire in località distanti più di cinque chilometri dal centro abitato, per il qual caso si applicano le disposizioni di cui al punto 1.14.3..
6.1.3. E' fatta pure eccezione per i ricoveri dei pastori, quando siano destinati ad essere abitati per la sola durata del pascolo e si debbano cambiare col mutare delle zone a questo di mano in mano assegnate.
6.2. Dormitori temporanei:
6.2.1. Le costruzioni fisse o mobili, adibite ad uso di dormitorio dei lavoratori assunti per lavori stagionali di carattere periodico, devono rispondere alle condizioni prescritte per le costruzioni di cui ai punti 1.14.4.1., 1.14.4.2., 1.14.4.2.1., 1.14.4.2.2., 1.14.4.2.3., 1.14.4.2.4., 1.14.4.2.5., 1.14.4.2.6., 1.14.4.3., 1.14.4.4., 1.14.4.5., 1.14.4.6. del presente decreto.
6.2.2. L'organo di vigilanza può prescrivere che i dormitori dispongano dei servizi accessori previsti al punto 1.14.4.6., quando li ritenga necessari in relazione alla natura e alla durata dei lavori, nonchè alle condizioni locali.
6.3. Acqua
6.3.1. Per la provvista, la conservazione e la distribuzione dell'acqua potabile ai lavoratori, devono essere osservate le norme igieniche atte ad evitarne l'inquinamento e ad impedire la diffusione di malattie.
6.4. Acqua e latrine:
6.4.1. Le abitazioni stabili assegnate dal datore di lavoro ad ogni famiglia di lavoratori devono essere provviste di acquaio e di latrina.
6.4.2. Gli scarichi degli acquai, dei lavatoi e degli abbeveratoi devono essere costruiti in modo che le acque siano versate nel terreno a distanza non inferiore a 25 metri dall'abitazione, nonchè dai depositi e della condutture dell'acqua potabile.
6.4.3. Gli scarichi delle latrine devono essere raccolti in bottini impermeabili e muniti di tubo sfogatore di gas.
6.4.4. I locali delle latrine non devono comunicare direttamente con le stanze di abitazione, a meno che le latrine non siano a chiusura idraulica.
6.5. Stalle e concimaie:
65.1. Le stalle non devono comunicare direttamente con i locali di abitazione o con i dormitori.
6.5.2. Quando le stalle diano situate sotto i locali predetti devono avere solaio costruito in modo da impedire il passaggio del gas.
6.5.3. Le stalle devono avere pavimento impermeabile ed essere munite di fossetti di scolo per le deiezioni liquide, da raccogliersi in appositi bottini collocati fuori dalle stalle stesse secondo le norme consigliate dalla igiene.
6.5.4. Nei locali di nuova costruzione le stalle non devono avere aperture nella stessa facciata ove di aprono le finestre delle abitazioni o dei dormitori a distanza minore di 3 metri in linea orizzontale.
6.5.5. Le concimaie devono essere normalmente situate a distanza non minore di 25 metri dalle abitazioni o dai dormitori nonchè dai depositi e dalla condutture dell'acqua potabile.
6.5.6. Qualora, per difficoltà provenienti dalla ubicazione, non sia possibile mantenere la distanza suddetta, l'Ispettorato del lavoro può consentire che la concimaia venga situata anche a distanze minori.
6.6. Mezzi di pronto soccorso e di profilassi:
6.6.1. Le aziende che occupano almeno cinque lavoratori, devono tenere il pacchetto di medicazione di cui al punto 6.4.; quando il numero dei lavoratori superi i cinquanta, le aziende devono tenere la cassetta di pronto soccorso di cui al punto predetto.
6.6.2. Le aziende devono altresì tenere a disposizione dei lavoratori addetti alla custodia del bestiame i mezzi di disinfezione necessari per evitare il contagio delle malattie infettive.
6.6.3. Nelle attività concernenti il diserbamento, la distruzione dei parassiti delle piante, dei semi e degli animali, la distruzione dei topi o di altri animali nocivi, nonchè in quelle concernenti la prevenzione e la cura delle malattie infettive del bestiame e le disinfezioni da eseguire nei luoghi e sugli oggetti infetti ed, in genere, nei lavori in cui si adoperano o si producono sostanze asfissianti, tossiche, infettanti o comunque nocive alla salute dei lavoratori, devono essere osservate le disposizioni contenute ai punti 2.1.1., 2.1.2, 2.1.3. e 2.1.4.
ALLEGATO V
REQUISITI DI SICUREZZA DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO COSTRUITE IN ASSENZA DI DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI DI RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE COMUNITARIE DI PRODOTTO, O MESSE A DISPOSIZIONE DEI LAVORATORI ANTECEDENTEMENTE ALLA DATA DELLA LORO EMANAZIONE
PARTE I
REQUISITI GENERALI APPLICABILI A TUTTE LE ATTREZZATURE DI LAVORO
1. Osservazioni di carattere generale
1.1. I requisiti del presente allegato si applicano allorchè esiste, per l'attrezzatura di lavoro considerata, un rischio corrispondente.
1.2. Eventuali disposizioni concernenti l'uso di talune attrezzature di lavoro sono riportate nel presente allegato al fine di consentirne l'impiego sicuro, in relazione ai loro rischi specifici.
2. Sistemi e dispositivi di comando
2.1. I sistemi di comando devono essere sicuri ed essere scelti tenendo conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili nell'ambito dell'uso progettato dell'attrezzatura.
I dispositivi di comando di un'attrezzatura di lavoro aventi un'incidenza sulla sicurezza devono essere chiaramente visibili, individuabili ed eventualmente contrassegnati in maniera appropriata.
I dispositivi di comando devono essere ubicati al di fuori delle zone pericolose, eccettuati, se necessario, taluni dispositivi di comando, quali ad es. gli arresti d'emergenza, le consolle di apprendimento dei robot, ecc, e disposti in modo che la loro manovra non possa causare rischi supplementari. Essi non devono comportare rischi derivanti da una manovra accidentale.
Se necessario, dal posto di comando principale l'operatore deve essere in grado di accertarsi dell'assenza di persone nelle zone pericolose. Se ciò non dovesse essere possibile, qualsiasi messa in moto dell'attrezzatura di lavoro deve essere preceduta automaticamente da un segnale d'avvertimento sonoro e/o visivo. La persona esposta deve avere il tempo e/o i mezzi di sottrarsi rapidamente ad eventuali rischi causati dalla messa in moto e/io dall'arresto dell'attrezzatura di lavoro.
I dispositivi di comando devono essere bloccabili, se necessario in rapporto ai rischi di azionamento intempestivo o involontario.
I motori soggetti a variazioni di velocità che possono essere fonte di pericolo devono essere provvisti di regolatore automatico di velocità, tale da impedire che questa superi i limiti prestabiliti. Il regolatore deve essere munito di un dispositivo che ne segnali il mancato funzionamento.
2.2. La messa in moto di un'attrezzatura deve poter essere effettuata soltanto mediante un'azione volontaria su un organo di comando concepito a tal fine.
Lo tesso vale:
- per la rimessa in moto dopo un arresto, indipendentemente dalla sua origine,
- per il comando di una modifica rilevante delle condizioni di funzionamento (ad esempio, velocità, pressione, ecc.), salvo che questa rimessa in moto o modifica di velocità non presenti nessun pericolo per il lavoratore esposto.
Questa disposizione non si applica quando la rimessa in moto o la modifica delle condizioni di funzionamento risultano dalla normale sequenza di un ciclo automatico.
2.3. Ogni attrezzatura di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di comando che ne permetta l'arresto generale in condizioni di sicurezza.
Ogni postazione di lavoro deve essere dotata di un dispositivo di comando che consenta di arrestare, in funzione dei rischi esistenti, tutta l'attrezzatura di lavoro, oppure soltanto una parte di essa, in modo che l'attrezzatura si trovi in condizioni di sicurezza. L'ordine di arresto dell'attrezzatura di lavoro deve essere prioritario rispetto agli ordini di messa in moto. Ottenuto l'arresto dell'attrezzatura di lavoro e dei suoi elementi pericolosi, l'alimentazione degli azionatori deve essere interrotta.
2.4. Se ciò è appropriato e funzionale rispetto ai pericoli dell'attrezzatura di lavoro e del tempo di arresto normale, un'attrezzatura di lavoro deve essere munita di un dispositivo di arresto di emergenza.
3. Rischi di rottura, proiezione e caduta di oggetti durante il funzionamento
3.1. Un'attrezzatura di lavoro che presenti pericoli causati da cadute o da proiezioni di oggetti deve essere munita di dispositivi appropriati di sicurezza, corrispondenti a tali pericoli.
3.2. Nel caso in cui esistano rischi di spaccatura o di rottura di elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro, tali da provocare seri pericoli per la sicurezza o la salute dei lavoratori, devono essere prese le misure di protezione appropriate.
4. Emissioni di gas, vapori, liquidi, polvere, ecc.
4.1. Un'attrezzatura di lavoro che comporti pericoli dovuti ad emanazioni di gas, vapori o liquidi ovvero ad emissioni di polveri, fumi o altre sostanze prodotte, usate o depositate nell'attrezzatura di lavoro deve essere munita di appropriati dispositivi di ritenuta e/o di estrazione vicino ala afonte corrispondente a tali pericoli.
5. Stabilità
5.1. Qualora ciò risulti necessario ai fini della sicurezza o della salute dei lavoratori, le attrezzature di lavoro ed i loro elementi debbono essere resi stabili mediante fissazione o con altri mezzi.
6. Rischi dovuti agli elemento mobili
6.1. Se gli elementi mobili di un'attrezzatura di lavoro presentano rischi di contatto meccanico che possono causare incidenti, essi devono essere dotati di protezioni o di sistemi protettivi che impediscano l'accesso alle zone pericolose o che arrestino i movimenti pericolosi prima che sia possibile acedere alle sone in questione.
Le protezioni e i sistemi protettivi:
- devono essere di costruzione robusta,
- non devono provocare rischi supplementari.
- non devono essere facilmente elusi o resi inefficaci,
- devono essere situati ad una sufficiente distanza dalla sona pericolosa,
- non devono limitare più del necessario l'osservazione del ciclo di lavoro,
- devono permettere gli interventi indispensabili per l'installazione e/o la sostituzione degli attrezzi, nonchè per i lavori di manutenzione, limitando però l'accesso unicamente al settore dove deve essere effettuato il lavoro e, se possibile, senza che sia necessario smontare le protezioni o il sistema protettivo.
6.2. Quando per effettive ragioni tecniche o di lavorazione non sia possibile conseguire una efficace protezione o segregazione degli organi lavoratori e delle zone di operazione pericolose delle attrezzatura di lavoro si devono adottare altre misure per eliminare o ridurre il pericolo, quali idonei attrezzi, alimentatori automatici, dispositivi supplementari per l'arresto della macchina e congegni di messa in marcia a comando multiplo simultaneo.
6.3. Gli apparecchi di protezione amovibili degli organi lavoratori delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle attrezzature di lavoro, quando sia tecnicamente possibile e si tratti di eliminare un rischio grave e specifico, devono essere provvisti di un dispositivo di blocco collegato con gli organi di messa in moto e di movimento della attrezzatura di lavoro tale che:
a) impedisca di rimuovere o di aprire il riparo quando l'attrezzatura di lavoro è in moto o provochi l'arresto dell'attrezzatura di lavoro all'atto della rimozione o dell'apertura del riparo;
b) non consenta l'avviamento dell'attrezzatura di lavoro se il riparo non è nella posizione di chiusura.
6.4. Nei casi previsti nei punti 6.2 e 6.3, quando gli organi lavorativi non protetti o non completamente protetti possono afferrare, trascinare o schiacciare e sono dotati di notevole inerzia, il dispositivo di arresto del'attrezzatura di lavoro, oltre ad avere l'organo di comando a immediata portata delle mani o di altre parti del corpo del lavoratore, deve comprendere anche un efficace sistema di frenatura che consenta l'arresto nel più breve tempo possibile.
6.5. Quando per effettive esigenze della lavorazione non sia possibile proteggere o segregare in modo completo gli organi lavoratori e le zone di operazione pericolose delle attrezzatura di lavoro, la parte di organo lavoratore o di zona di operazione non protetti deve essere limitata al minimo indispensabile richiesto da tali esigenze e devono adottarsi misure per ridurre al minimo il pericolo.
7. Illuminazione
7.1. Le zone di operazione ed i punti di lavoro o manutenzione di un'attrezzatura di lavoro devono essere opportunamente illuminati in funzione dei lavori di effettuare.
8. Temperature estreme
8.1. Le parti di un'attrezzatura di lavoro a temperatura elevata o molto bassa debbono, ove necessario, essere protette contro i rischi di contatti o di prossimità a danno dei lavoratori.
9. Segnalazioni, indicazioni.
9.1. I dispositivi di allarme dell'attrezzatura di lavoro devono essere ben visibili e le relative segnalazioni comprensibili senza possibilità di errore.
9.2. L'attrezzatura di lavoro deve recare gli avvertimenti e le indicazioni indispensabili a garantire la sicurezza dei lavoratori.
9.3. Gli strumenti indicatori, quali manometri, termometri, pirometri, indicatori di livello devono essere collocati e mantenuti in modo che le loro indicazioni siano chiaramente visibili al personale addetto all'impianto o all'apparecchio
9.4. Le macchine e gli apparecchi elettrici devono portare l'indicazione della tensione, dell'intensità e del tipo di corrente e delle altre eventuali caratteristiche costruttive necessarie per l'uso.
9.5. Ogni inizio ed ogni ripresa di movimento di trasmissioni inseribili senza arrestare il motore che comanda la trasmissione principale devono essere preceduti da un segnale acustico convenuto.
10. Vibrazioni
10.1. Le attrezzature di lavoro devono essere costruite, installate e mantenute in modo da evitare scuotimenti o vibrazioni che possano pregiudicare la loro stabilità, la resistenza dei loro elementi e la stabilità degli edifici.
10.2. Qualora lo scuotimento o la vibrazione siano inerenti ad una specifica funzione tecnologica dell'attrezzatura di lavoro, devono adottarsi le necessarie misure o cautele affinchè ciò non sia di pregiudizio alla stabilità degli edifici od arrechi danno alle persone.
11. Manutenzione, riparazione, regolazione, ecc.
11.1. Le operazioni di manutenzione devono poter essere effettuate quando l'attrezzatura di lavoro è ferma. Se ciò non è possibile, misure di protezione appropriate devono poter essere prese per l'esecuzione di queste operazioni oppure esse devono poter essere effettuate al di fuori delle zone pericolose.
Per ciascuna attrezzatura di lavoro per la quale sia fornito un libretto di manutenzione occorre prevedere l'aggiornamento di questo libretto.
11.2. Ogni attrezzatura di lavoro deve essere minuta di dispositivi chiaramente identificabili che consentano di isolarla da ciascuna delle sue fonti di energia.
Il ripristino dell'alimentazione deve essere possibile solo in assenza di pericolo per i lavoratori interessati.
11.3. Per effettuare le operazioni di produzione, di regolazione e di manutenzione delle attrezzature di lavoro, i lavoratori devono poter accedere in condizioni di sicurezza a tutte le zone interessate.
11.4. Le attrezzature di lavoro che per le operazioni di caricamento, registrazione, cambio di pezzi, pulizia, riparazione e manutenzione, richiedono che il lavoratore di introduca in esse o sporga qualche parte del corpo fra organi che possono entrare in movimento, devono essere provviste di dispositivi, che assicurino in modo assoluto la posizione di fermo dell'attrezzatura di lavoro e dei suoi organi durante l'esecuzione di dette operazioni. Devono altresì adottarsi le necessarie misure e cautele affinchè l'attrezzatura di lavoro o le sue parti non siano messe in moto da altri.
12. Incendio ed esplosione
12.1 Tutte le attrezzature di lavoro debbono essere adatte a proteggere i lavoratori contro i rischi d'incendio o di surriscaldamento dell'attrezzatura stessa.
12.2. Tutte le attrezzature di lavoro devono essere adatte a prevenire i rischi di esplosione dell'attrezzatura stessa e delle sostanze prodotte, usate o depositate nell'attrezzatura di lavoro.
PARTE II
PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI APPLICABILI AD ATTREZZATURE DI LAVORO SPECIFICHE
1. Prescrizioni applicabili alle attrezzature in pressione
1.1. Le attrezzature, insiemi ed impianti sottoposti a pressione di liquidi, gas, vapori e loro miscele, devono essere progettati e costruiti in conformità ai requisiti di resistenza e idoneità all'uso stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia, valutando in particolare i rischi dovuti alla pressione ed alla temperatura del fluido nei riguardi della resistenza del materiale della attrezzatura e dell'ambiente circostante all'attrezzatura stessa.
2. Prescrizioni applicabili ad attrezzature di lavoro mobili, semoventi o no.
2.1. Le attrezzature di lavoro con lavoratore/i a bordo devono essere strutturate in modo tale da ridurre i rischi per il lavoratore/i durante lo spostamento.
Deve essere previsto anche il rischio che il lavoratore venga a contatto con le ruote o i cingoli o vi finisca intrappolato.
2.2. Qualora il bloccaggio intempestivo degli elementi di trasmissione d'energia accoppiabili tra un'attrezzatura di lavoro mobile e i suoi accessori e/o traini possa provocare rischi specifici, questa attrezzatura di lavoro deve essere realizzata in modo tale da impedire il bloccaggio degli elementi di trasmissione d'energia.
Nel caso in cui tale bloccaggio non possa essere impedito, dovrà essere presa ogni precauzione possibile per evitare conseguenze pregiudizievoli per i lavoratori.
2.3. Se gli organi di trasmissione di energia accoppiabili tra attrezzature di lavoro mobili rischiano di sporcarsi e di rovinarsi strisciando al suolo, deve essere possibile il loro fissaggio.
2.4. Le attrezzature di lavoro mobili con lavoratore/i a bordo devono limitare, nelle condizioni di utilizzazione reali, i rischi derivanti da un ribaltamento dell'attrezzatura di lavoro:
- mediante una struttura di protezione che impedisca all'attrezzatura di ribaltarsi di più di un quarto di giro,
- ovvero mediante una struttura di protezione che garantisca uno spazio sufficiente attorno al lavoratore o ai lavoratori trasportati a bordo qualora il movimento possa continuare oltre un quarto di giro,
- ovvero mediante qualsiasi altro dispositivo di portata equivalente.
Queste strutture di protezione possono essere integrate all'attrezzatura di lavoro.
Queste strutture di protezione non sono obbligatorie se l'attrezzatura di lavoro è stabilizzate durante tutto il periodo d'uso, oppure se l'attrezzatura di lavoro è concepita in modo da escludere qualsiasi ribaltamento della stessa.
Se sussiste il pericolo che in caso di ribaltamento, il lavoratore o i lavoratori trasportati rimangano schiacciati tra parti dell'attrezzatura di lavoro e il suolo, deve essere installato un sistema di ritenzione.
2.5.I carrelli elevatori su cui prendono posto uno o più lavoratori devono essere sistemati o attrezzati in modo da limitarne i rischi di ribaltamento, ad esempio,
- installando una cabina per il conducente,
- mediante una struttura atta ad impedire il ribaltamento del carrello elevatore,
- mediante una struttura concepita in modo tale da lasciare, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, uno spazio sufficiente tra il suolo e talune parti del carrello stesso per il lavoratore o i lavoratori a bordo,
- mediante una struttura che trattenga il lavoratore o i lavoratori sul sedile del posto di guida per evitare che, in caso di ribaltamento del carrello elevatore, essi possano essere intrappolati da parti del carrello stesso.
2.6. Le attrezzature di lavoro mobili semoventi il cui spostamento può comportare rischi per le persone devono soddisfare le seguenti condizioni:
a. esse devono essere dotate dei mezzi necessari per evitare la messa in moto non autorizzata;
b. esse devono essere dotate dei mezzi appropriati che consentano di ridurre al minimo le conseguenze di un'eventuale collisione in caso di movimento simultaneo di più attrezzature di lavoro circolanti su rotaia;
c. esse devono essere dotate di un dispositivo che consenta la frenatura e l'arresto; qualora considerazioni di sicurezza l'impongano, un dispositivo di emergenza con comandi facilmente accessibili o automatici deve consentire la frenatura e l'arresto in caso di guasto del dispositivo principale;
d. quando il campo di visione diretto del conducente è insufficiente per garantire la sicurezza, esse devono essere dotate di dispositivi ausiliari per migliorare la visibilità;
e. le attrezzature di lavoro per le quali è previsto un uso notturno o in luoghi bui devono incorporare un dispositivo di illuminazione adeguato al lavoro da svolgere e garantire sufficiente sicurezza ai lavoratori;
f. le attrezzature di lavoro che comportano, di per sè o a causa dei loro traini e/o carichi, un rischio di incendio suscettibile di mettere in pericolo i lavoratori, devono essere dotate di appropriati dispositivi antincendio a meno che tali dispositivi non si trovino già ad una distanza sufficientemente ravvicinata sul luogo in cui esse sono usate;
g. le attrezzature di lavoro telecomandate devono arrestarsi automaticamente se escono dal campo di controllo;
h. le attrezzature di lavoro telecomandate che, usate in condizioni normali, possono comportare rischi d'urto o di intrappolamento dei lavoratori, devono essere dotate di dispositivi di protezione contro tali rischi a meno che non siano installati altri dispositivi per controllare il rischio di urto.
2.7. Al termine delle linee di trasporto su binari, sia in pendenza che orizzontali, devono essere predisposti mezzi o adottate misure per evitare danni alle persone derivanti da eventuali fughe o fuoriuscite dei veicoli.
2.8. I dispositivi che collegano fra loro i mezzi di trasporto devono essere costruiti in modo da rendere possibile di effettuare con sicurezza le manovre di attacco e di distacco e da garantire la stabilità del collegamento.
E' vietato procedere, durante il moto, all'attacco e al distacco dei mezzi di trasporto a meno che questi non siano provvisti di dispositivi che rendano la manovra non pericolosa e che il personale addetto sia esperto.
2.9. I mezzi di trasporto azionati da motori elettrici devono avere la maniglia dell'interruttore principale asportabile o bloccabile, oppure gli apparati di comando sistemati in cabina o armadi chiudibili a chiave.
I conducenti di setti mezzi, alla cessazione del servizio, devono asportare o bloccare la maniglia dell'interruttore o chiudere a chiave la cabina.
2.10. I piani inclinati con rotaie devono essere provvisti, all'inizio del percorso in pendenza alla stazione superiore, di dispositivi automatici di sbarramento per impedire la fuga di vagonetti o di convogli liberi.
Alla stazione o al limite inferiore e lungo lo stesso percorso del piano inclinato, in relazione alle condizioni di impianto devono essere predisposte nicchie di rfugio per il personale.
Deve essere vitato alle persone di percorrere i piani inclinati durante l funzionamento, a meno che il piano stesso non comprenda ai lati dei binari, passaggi aventi larghezza e sistemazioni tali da permettere il transito pedonale senza pericolo.
2.11 I piani inclinati devono essere provvisti di dispositivo di sicurezza atto a provocare il pronto arresto dei carrelli o dei convogli in caso di rottura o di allentamento degli organi di trazione, quando ciò sia necessario in relazione alla lunghezza, alla pendenza del percorso, alla velocità di esercizio o ad altre particolari condizioni di impianto, e comunque quando siano usati, anche saltuariamente, per il trasporto delle persone.
Quando per ragioni tecniche connesse con le particolarità dell'impianto o del suo esercizio, non sia possibile adottare il dispositivo di cui al primo comma, gli organi di trazione e di attacco dei carrelli devono presentare un coefficiente di sicurezza, almeno uguale a otto; in tal caso è vietato l'uso dei piani inclinati per il trasporto delle persone.
In ogni caso, gli organi di trazione e di attacco, come pure i dispositivi di sicurezza devono essere sottoposti a verifica mensile.
2.12. I serbatoi del carburante liquido e le bombole di gas compressi destinati all'azionamento dei veicoli devono essere sistemati in modo sicuro e protetti contro le sorgenti di calore e contro gli urti.
2.13 I mezzi di trasporto meccanici, se per determinati tratti di percorso sono mossi direttamente dai lavoratori, devono essere provvisti di adatti elementi di presa che rendano la manovra sicura.
2.14 I veicoli nei quali lo scarico si effettua mediante ribaltamento devono essere provvisti di dispositivi che impediscano il ribaltamento accidentale e che consentano di eseguire la manovra in modo sicuro.
2.15 All'esterno delle fronti di partenza e di arrivo dei vagonetti alle stazioni delle teleferiche devono essere applicati solidi ripari a grigliato metallico atti a trattenere una persona in caso di caduta. Tali ripari devono essere disposti non oltre m 0,50 sotto il margine del piano di manovra e sporgere da questo per almeno m 2.
2.16 Le teleferiche da cui posti di manovra non sia possibile controllare tutto il percorso devono avere in ogni stazione o posto di carico e scarico, un dispositivo che consenta la trasmissione dei segnali per le manovre dalla stazione principale.
2.17 L'ingrassatura delle funi portanti delle teleferiche e degli impianti simili deve essere effettuata automaticamente mediante apparecchio applicato ad apposito carrello.
3. Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all'immagazzinamento di carichi.
3.1. Prescrizioni generali
3.1.1. Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere costruite in modo da assicurare la solidità e la stabilità durante l'uso tenendo in considerazione innanzi tutto i carichi da sollevare e le sollecitazioni che agiscono sui punti di sospensione o di ancoraggio alle strutture.
3.1.2. Per le gru a ponte ed apparecchi assimilabili la freccia massima di deformazione elastica, sotto il carico di prova, deve risultare contenuto nei limiti di seguito indicati:
- per travi ad anima piena laminate con argani per azionamento meccanico: f < 1/750 luce;
- per travi ad anima piena, composite, con argani ad azionamento meccanico con velocità di manovra < 25 m/min: f < 1/750 luce;
- per travi ad anima piena, composite, con argani ad azionamento meccanico con velocità di manovra > 25 m/min: f < 1/1000 luce;
- per travi a struttura reticolare: f < 1/1000 luce.
Nel caso di travi a mensola si considera una luce teorica pari alla lunghezza della mensola; nel caso di travi con aggetto (e simili) si assume come luce teorica la lunghezza complessiva somma dell'aggetto e della distanza tra i due punti di appoggio più vicini all'aggetto: la distanza maggiore tra la trave in flessa e la linea retta passante per le due estremità della trave rappresenterà la freccia da rilevare che dovrà risultare compresa nei limiti precedentemente indicati.
Il carico di prova deve corrispondere a quello dichiarato dal costruttore, per le diverse condizioni di impiego, aumentate del:
- 25% per le autogrù;
- 20% per le gru a torre ed apparecchi assimilabili;
- 10% per tutti gli altri apparecchi.
Il carico di prova deve essere staticamente applicato per un tempo di 15 min.
31.3. Le macchine adibite al sollevamento di carichi, escluse quelle azionate a mano, devono recare un'indicazione chiaramente visibile del loro carico nominale e, all'occorrenza, una targa di carico indicante il carico nominale di ogni singola configurazione della macchina.
Gli accessori di sollevamento devono essere marcati in modo da poterne identificare le caratteristiche essenziali ai fini di un'utilizzazione sicura.
I ganci utilizzati nei mezzi di sollevamento e di trasporto devono portare in rilievo o incisa la chiara indicazione della loro portata massima ammissibile.
Se l'attrezzatura di lavoro non è destinata al sollevamento di persone, una segnalazione in tal senso dovrà esservi apposta in modo visibile onde non ingenerare alcuna possibilità di confusione.
3.1.4. Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre il rischio che i carichi:
a) urtino le persone,
b) in modo involontario derivino pericolosamente o precipitino in caduta libero, ovvero
c) siano sganciati involontariamente.
3.1.5. I mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere provvisti di dispositivi di frenatura atti ad assicurare il pronto arresto e la posizione di fermo del carico del mezzo e, quando è necessario ai fini della sicurezza, a consentire la gradualità dell'arresto.
Il presente punto non si applica ai mezzi azionati a mano per i quali, in relazione alle dimensioni, struttura, portata, velocità e condizioni di uso, la mancanza del freno non costituisca causa di pericolo.
3.1.6. Nei casi in cui l'interruzione dell'energia di azionamento può comportare pericoli per le persone, i mezzi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi che provochino l'arresto automatico sia del mezzo che del carico.
In ogni caso l'arresto deve essere graduale onde evitare eccessive sollecitazioni nonchè il sorgere di oscillazioni pericolose per la stabilità del carico.
3.1.7. I mezzi di sollevamento e di trasporto quando ricorrano specifiche condizioni di pericolo devono essere provvisti di appropriati dispositivi acustici e luminosi di segnalazione e di avvertimento, nonchè di illuminazione del campo di manovra.
3.1.8. Gli apparecchi e gli impianti di sollevamento e di trasporto per trazione, provvisti di tamburi di avvolgimento e di pulegge di frizione, come pure di apparecchi di sollevamento a vite, devono essere muniti di dispositivi che impediscano:
a) l'avvolgimento e lo svolgimento delle funi o catene o la rotazione della vite, oltre le posizioni limite prestabilite ai fini della sicurezza in relazione al tipo o alle condizioni d'uso dell'apparecchio (dispositivo di arresto automatico di fine corsa);
b) la fuoriuscita delle funi o catene dalla sede dei tamburi e delle pulegge durante il normale funzionamento.
Sono esclusi dall'applicazione della disposizione di cui alla lettera a) i piccoli apparecchi per i quali in relazione alle loro dimensioni, potenza, velocità e condizioni di uso, la mancanza dei dispositivi di arresto automatico di fine corsa non costituisca causa di pericolo.
3.1.9. I tamburi e le pulegge degli apparecchi ed impianti indicati al punto 2.1.8. devono avere le sedi delle funi e delle catene atte, per dimensioni e profilo, a permettere il libero e normale avvolgimento delle stesse funi o catene in modo da evitare accavallamenti o sollecitazioni anormali.
Quando per particolari esigenze vengono usati tamburi o pulegge in condizioni diverse da quelle previste dal comma precedente, devono essere impiegate funi o catene aventi dimensioni e resistenza adeguate alla maggiore sollecitazione a cui possono essere sottoposte.
3.1.10 I tamburi e le pulegge motrici degli apparecchi ed impianti indicati nel punto 2.7 sui quali si avvolgono funi metalliche, salvo quanto previsto da disposizioni speciali, devono avere un diametro non inferiore a 25 volte il diametro delle funi ed a 300 volte il diametro dei fili elementari di queste. Per le pulegge di rinvio il diametro non deve essere inferiore rispettivamente a 20 e 250 volte.
3.1.11 Le funi e le catene degli impianti e degli apparecchi di sollevamento e di trazione, salvo quanto previsto al riguardo dai regolamenti speciali, devono avere, in rapporto alla portata e allo sforzo massimo ammissibile, un coefficiente di sicurezza di almeno 6 per le funi metalliche, 10 per le funi composte di fibre e 5 per le catene.
3.1.12 Gli attacchi delle funi e delle catene devono essere eseguiti in modo da evitare sollecitazioni pericolose, nonchè impiglianti o accavallamenti.
Le estremità libere delle funi, sia metalliche, sia composte da fibre, devono essere provviste di piombatura o legatura o morsettatura, allo scopo di impedire lo scioglimento dei trefoli e dei fili elementari.
3.1.13 I posti di manovra dei mezzi ed apparecchi di sollevamento e di trasporto devono:
a) potersi raggiungere senza pericolo;
b) essere costruiti o difesi in modo da consentire l'esecuzione delle manovre, i movimenti e la sosta, in condizioni di sicurezza;
c) permettere la perfetta visibilità di tutta la zona di azione del mezzo.
3.1.14 Gli organi di comando dei mezzi di sollevamento e di trasporto devono essere collocati in posizione tale che il loro azionamento risulti agevole e portare la chiara indicazione delle manovre a cui servono.
Gli stessi organi devono essere conformati, protetti o disposti in modo da impedire la messa in moto accidentale.
3.1.16 Le modalità di impiego degli apparecchi di sollevamento e di trasporto ed i segnali prestabiliti per l'esecuzione delle manovre devono essere richiamati mediante avvisi chiaramente leggibili.
3.2. Gru, argani, paranchi e simili
3.2.1. I piani di posa delle rotaie di scorrimento delle gru a ponte utilizzabili per l'accesso al carro ponte e per altre esigenze di carattere straordinario relative all'esercizio delle gru medesime devono essere agevolmente percorribili e provvisti di solido corrimano posto ad altezza di circa un metro dagli stessi piani e ad una distanza orizzontale non minore di 50 centimetri dalla sagoma di ingombro del carro ponte.
Detti piani devono avere una larghezza di almeno 60 centimetri oltre la sagoma di ingombro della gru.
3.2.2. Le gru a ponte, le gru a portale e gli altri mezzi di sollevamento-trasporto, scorrenti su rotaie devono essere provvisti alle estremità di corsa, sia dei ponti che dei loro carrelli, di tamponi di arresto o respingenti adeguati per resistenza ed azione ammortizzante alla velocità ed alla massa del mezzo mobile ed aventi altezza non inferiore ai 6/10 del diametro delle ruote.
3.2.3 Gli apparecchi di sollevamento-trasporto scorrenti su rotaie, oltre ai mezzi di arresto indicati nel punto 2.16, devono essere provvisti di dispositivo agente sull'apparato motore per l'arresto automatico del carro alle estremità della sua corsa.
3.2.4. Gli elevatori azionati a motore devono essere costruiti in modo da funzionare a motore innestato anche nella discesa.
3.3. Prescrizioni specifiche per attrezzature destinate ad essere usare durante l'esecuzione di lavori costruzione, manutenzione, riparazione e demolizione di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno e in altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro.
3.3.1. Elevatori montati su impalcature di ponteggi
I montanti delle impalcature, quando gli apparecchi di sollevamento vengono fissati direttamente ad essi, devono essere rafforzati e controventati in modo da ottenere una solidità adeguata alle maggiori sollecitazioni a cui sono sottoposti.
Nei ponti metallici i montanti, su cui sono applicati direttamente gli elevatori, devono essere di numero ampiamente sufficiente ed in ogni caso non minore di due.
I bracci girevoli portanti le carrucole ed eventualmente gli argani degli elevatori devono essere assicurati ai montanti mediante staffe con bulloni a vite muniti di dado e controdado; analogamente deve essere provveduto per le carrucole di rinvio delle funi ai piedi dei montanti quando gli argani sono installati a terra.
Gli argani installati a terra, oltre ad essere saldamente ancorati, devono essere disposti in modo che la fune si svolga dalla parte inferiore del tamburo.
3.3.2. - Argani - Salita e discesa dei carichi nei cantieri
Gli argani a motore devono essere muniti di dispositivi di extra corsa superiore; è vietata la manovra degli interruttori elettrici mediante funi o tiranti di ogni genere.
Gli argani o verricelli azionati a mano per altezze superiori a 5 metri devono essere muniti di dispositivo che impedisca la libera discesa del carico.
Le funi e le catene degli argani a motore devono essere calcolate per un carico di sicurezza non minore di 8.
3.3.3. - Trasporti con vagonetti su guide - Il binario di corsa dei vagonetti deve essere posato su terreno o altro piano resistente e mantenuto in buono stato per tutta la durata dei lavori.
Le rotaie debbono risultare saldamente assicurate alle traversine; le piattaforme girevoli devono essere provviste di dispositivo di blocco.
I binari debbono essere posati in modo da lasciare un franco libero di almeno 70 centimetri oltre la sagoma di ingombro dei veicoli.
Le passerelle o le andatoie destinate al transito dei veicoli devono lasciare un uguale franco, avere il piano di posa dei binari costruito da tavole accostate ed essere provviste di normali parapetti nonchè di tavole fermapiede.
Nelle passerelle od andatoie lunghe, qualora il franco sia limitato ad un sol lato, devono essere realizzate delle piazzole di rifugio ad opportuni intervalli lungo l'altro lato.
Deve essere vietato ai lavoratori salire sui vagonetti spinti a mano.
3.3.4. - Pendenza dei binari - E' fatto divieto di disporre in pendenza il binario adducente alle scariche delle materie scavate o demolite.
Quando per esigenze tecniche o per condizioni topografiche non sia possibile evitare la posa del binario in pendenza, l'ultimo tratto deve essere in contropendenza.
Alle estremità del binario deve essere disposto un arresto di sicuro affidamento per la trattenuta del vagonetto.
3.3.5. - Transito e attraversamento sui piani inclinati . E' vietato il transito lungo i tratti di binario in pendenza quando i vagonetti sono in movimento.
Tale divieto deve essere espresso mediante avvisi posti alle due estremità del percorso in pendenza.
Quando si renda necessario un attraversamento, davanti a ciascuno sbocco e parallelamente alle rotaie si devono applicare barriere con la parte centrale mobile di lunghezza pari almeno a tre volte la larghezza dell'attraversamento.
3.4. Elevatori e trasportatori a piani mobili, a tazze, a coclea, a nastro e simili.
3.4.1. I trasportatori verticali a piani mobili e quelli a tazza e simili devono essere sistemati entro vani o condotti chiusi, muniti delle sole aperture necessarie per il carico e lo scarico.
3.4.2 Presso ogni posto di carico e scarico dei trasportatori verticali a piani mobili deve essere predisposto un dispositivo per il rapido arresto dell'apparecchio.
3.4.3. I trasportatori verticali a piani mobili, quelli a tazza e simili ed i trasportatori a nastro e simili aventi tratti del percorso in pendenza, devono essere provvisti di un dispositivo automatico per l'arresto dell'apparecchio quando per l'interruzione improvvisa della forza motrice si possa verificare la marcia in senso inverso al normale funzionamento.
3.4.4. I condotti dei trasportatori a coclea devono essere provvisti di copertura e le loro aperture di carico e scarico devono essere efficacemente protette.
3.4.5. Le aperture per il carico e lo scarico dei trasportatori in genere devono essere protette contro la caduta delle persone o contro il contatto con organi pericolosi in moto.
3.4.6. Le aperture di carico dei piani inclinati (scivoli) devono essere circondate da parapetti alti almeno un metro, ad eccezione del tratto strettamente necessario per l'introduzione del carico, purchè il ciglio superiore di inizio del piano inclinato si trovi ad una altezza di almeno cm. 50 dal piano del pavimento. Gli stessi piani devono essere provvisti di difese laterali per evitare la fuoriuscita del carico in movimento e di difese frontali terminali per evitare la caduta del carico.
3.4.7 Lo spazio sottostante ai trasportatori orizzontali o inclinati deve essere reso inaccessibile, quando la natura del materiale trasportato ed il tipo del trasportatore possono costituire pericoli per caduta di materiali o per rottura degli organi di sospensione, a meno che non siano adottate altre misure contro detti pericoli.
4 Prescrizioni applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di persone e di persone e cose.
4.1 Le macchine per il sollevamento o lo spostamento di persone devono essere di natura tale:
a) da evitare i rischi di caduta dall'abitacolo, se esiste, per mezzo di dispositivi appropriati;
b) da evitare per l'utilizzatore qualsiasi rischio di caduta fuori dall'abitacolo, se esiste;
c) da escludere qualsiasi rischio di schiacciamento, di intrappolamento oppure di urto dell'utilizzatore, in particolare i rischi dovuti a collisione accidentale;
d) da garantire che i lavoratori bloccati in caso di incidente nell'abitacolo non siano esposti ad alcun pericolo e possano essere liberati.
Qualora, per ragioni inerenti al cantiere e al dislivello da superare, i rischi di cui alla precedente lettera a) non possano essere evitati per mezzo di un dispositivo particolare, dovrà essere installato un cavo con coefficiente di scurezza rinforzato e il suo buono stato dovrà essere verificato ad ogni giornata di lavoro.
4.2. - Ponti su ruote a torre e sviluppabili a forbice
4.2.1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere, con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui possono essere sottoposti durante gli spostamento o per colpi di vento e in modo che non possano essere ribaltati.
Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato: il carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con tavoloni o altro mezzo equivalente.
Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate con cunei dalle due parti.
I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno ogni due piani.
La verticalità dei ponti su ruote deve essere controllata con livello o con pendolino.
I ponti sviluppabili devono essere usati esclusivamente per l'altezza per cui sono costruiti, senza aggiunte di sovrastrutture.
I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano lavoratori o sovraccarichi.
4.3. - Scale aeree su carro
4.3.1. Il carro della scala aerea deve essere sistemato su base non cedevole, orizzontale, ed in modo che il piano di simmetria della scala sia verticale e controllabile mediante pendolino applicato sul lato posteriore del carro stesso.
Le scale aeree non possono essere adoperate con pendenza minori di 60° nè maggiori di 80° sull'orizzontale; la pendenza deve essere controllata mediante dispositivo a pendolo annesso al primo tratto della scala.
I pezzi delle scale a tronchi distaccati, che compongono la volata, devono portare un numero progressivo nell'ordine di montaggio.
Prima che la scala sia montata, alle ruote devono essere applicate robuste calzatorie doppie per ogni ruota, sagomate e collegate con catenelle o tiranti.
4.3.2. Qualunque operazione di spostamento e di messa a punto deve essere eseguita a scala scarica.
Durante la salita devono essere evitate scosse ed urti; il lavoratore ed eventuali carichi in ogni caso non superiori a 20 chilogrammi a pieno sviluppo della scala, devono gravare sulla linea mediana della stessa.
E' vietato ogni sforzo di trazione da parte di chi lavora in cima alla scala, la quale non deve poggiare con la estremità superiore a strutture fisse.
Quando sia necessario spostare una scala aerea in prossimità di linee elettriche, si deve evitare ogni possibilità di contatto, abbassando opportunamente la volata della scala.
4.4. - Ponti sospesi
4.4.1 Sui ponti sospesi leggeri, che hanno una fune di sospensione ed un argano di manovra per ciascuna estremità, non devono gravare sovraccarichi, compreso il peso dei lavoratori, superiori a 100 chilogrammi per metro lineare di sviluppo.
Essi non devono avere larghezza superiore a m.1.
Detti ponti, sui quali non è consentita la contemporanea presenza di più di due persone, devono essere usati soltanto per lavori di rifinitura, di manutenzione, o altri lavori di limitata entità.
I ponti pesanti che hanno quattro funi di sospensione per ogni unità (ponte singolo) e quattro argani di manovra non devono avere larghezze maggiori di metri 1,50.
Detti ponti possono essere collegati e formare ponti continui purchè le unità di ponte siano allo stesso livello.
Su ciascuna unità di ponti pesanti non è consentita la contemporanea presenza di persone in numero superiore a quello indicato nelle targhette prescritte dal successivo art. 42.
Gli argani di ogni unità di ponte devono essere dello stesso tipo e della stessa portata.
4.4.2. L'unità di ponte deve essere costituita da due telai metallici, che sono collegati da correnti sostenenti i traversi, sui quali viene fissato il tavolame. I due telai devono essere montati con distanza di non più di tre metri; i correnti devono avere un franco a sbalzo, oltre ciascun telaio, di 50 centimetri e devono essere muniti di sicuro sistema di trattenuta contro il pericolo di sfilamento dai telai.
Il piano di calpestio deve essere costituito da tavole di spessore non inferiore a 4 centimetri, bene accostate fra loro ed assicurate contro eventuali spostamenti. Il legname impiegato nel ponte deve essere a fibre longitudinali dirette e parallele, privo di nodi.
Gli elementi in legno possono essere sostituiti da elementi metallici di resistenza non minore.
Il collegamento di più unità di ponti pesanti deve essere effettuato rendendo direttamente connesse fra di loro le unità contigue, senza inserzione di passerelle tra l'una e l'altra.
I bulloni usati nel montaggio devono essere assicurati con rondelle elastiche e con controdadi.
4.4.3. Sui lati prospicienti il vuoto, il ponte deve essere munito di normali parapetti e tavola fermapiede. Il corrente superiore del parapetto esterno dei ponti leggeri deve essere formato con tubo di ferro di 4 centimetri di diametro; gli altri correnti possono essere di legno; le distanze libere verticali fra la tavola fermapiede ed il corrente intermedio e tra questo ed il superiore non devono essere maggiori di 30 centimetri.
Gli elementi costituenti il parapetto devono essere assicurati solidamente alla parte interna dei ritti estremi del ponte in corrispondenza degli argani.
I ponti leggeri devono avere il parapetto anche nel lato prospiciente la costruzione.
Sull'intavolato dei ponti pesanti deve essere applicata lungo il lato prospiciente la costruzione e privo di parapetto una sponda di arresto al piede di altezza non inferiore a 5 centimetri.
4.4.4. Gli argani devono essere rigidamente connessi con i telai di sospensione. Essi devono essere a discesa autofrenante e forniti di dispositivo di arresto.
Il tamburo di avvolgimento della fune deve essere di acciaio ed avere le flange laterali di diametro tale da lasciare, a fune completamente avvolta, un franco pari a due diametri della fune.
Il diametro del tamburo deve essere non inferiore a 12 volte il diametro della fune.
Le parti dell'argano soggette a sollecitazioni dinamiche, devono avere un grado di sicurezza non minore di otto.
Su ciascun argano deve essere fissata in posizione visibile una targhetta metallica indicante il carico massimo utile ed il numero delle persone ammissibili riferite all'argano stesso. La targhetta deve anche indicare la casa costruttrice, l'anno di costruzione e il numero di matricola.
4.4.5. Le funi devono essere di tipo flessibile, formate con fili di acciaio al crogiuolo, con un carico di rottura non minore di 120e non maggiore di 160 kg per mm2 e devono essere calcolate per un coefficiente di sicurezza non minore di 10.
Le funi ed i fili elementari devono essere protetti contro gli agenti corrosivi esterni mediante ingrassatura.
L'attacco al tamburo dell'argano deve essere ottenuto con piombatura a bicchiere o in altro modo che offra eguale garanzia contro lo sfilamento.
L'attacco alla trave di sostegno deve essere ottenuto mediante chiusura del capo della fune piegato ad occhiello con impalmatura, o con non meno di tre morsetti a bulloni;
nell'occhiello deve essere inserita apposita redancia per ripartire la pressione sul gancio o anello di sospensione.
4.4.6. Le travi di sostegno devono essere in profilati di acciaio e calcolate, per ogni specifica installazione, con un coefficiente di sicurezza non inferiore a 6 ed essere assicurati contro lo scivolamento lungo la trave stessa verso l'esterno.
4.4.7. - L'accesso e l'uscita dal ponte devono avvenire, a seconda delle varie condizioni di impiego, da punti e con mezzi tali da rendere sicuri il passaggio e la manovra.
Nel caos di ponti pesanti ad unità collegate, si può fare uso di scale a mano, sempre che sia stato assicurato l'ancoraggio del ponte e della scala.
4.4.8. Ad ogni livello di lavoro, i ponti sospesi devono essere ancorati a parti stabili della costruzione.
La distanza del tavolato dei ponti pesanti della parete della costruzione non deve superare 10 centimetri.
Ove per esigenze della costruzione tale distanza non possa essere rispettata, i vuoti risultanti devono essere protetti fino alla distanza massima prevista dal comma precedente.
I ponti sospesi non devono essere usati in nessun caso come apparecchi di sollevamento e su di essi non devono essere installati apparecchi del genere.
Nei ponti leggeri il punto di attacco delle funi di sospensione ai ponti stessi deve essere situato ad altezza non inferiore a metri 1,50 dal piano di calpestio.
4.4.9. - Manovra dei ponti - Prima di procedere al sollevamento o all'abbassamento del ponte, deve essere accertato che non esistano ostacoli al movimento e che non vi siano sovraccarichi di materiali.
Durante la manovra degli argani devono rimanere avvolte sul tamburo almeno due spire di fune.
La manovra deve essere simultanea sui due argani nei ponti leggeri; nei ponti pesanti la manovra deve essere simultanea sui due argani di una estremità dell'unità di ponte, procedendo per le coppie di argani successive con spostamenti che non determinano sull'impalcato pendenze superiori al 10 per cento.
4.4.10. La manutenzione e l'efficienza del ponte, la lubrificazione delle funi e degli argani devono essere costantemente curate.
Le funi non devono essere più usate quando su un tratto di fune lungo quattro volte il passo dell'elica del filo elementare nel trefolo il numero dei fili rotti apparenti sia superiore al 10 per cento dei fili costituenti la fune.
4.5. Ascensori e montacarichi
4.5.0. Le disposizioni della presente sezione si applicano agli ascensori e montacarichi comunque azionati non soggetti a disposizioni speciali.
4.5.1. - Difesa del vano.
Gli spazi ed i vani nei quali si muovono le cabine o le piattaforme degli ascensori e dei montacarichi devono essere segregati mediante solide difese per tutte le parti che distano dagli organi mobili meno di 70 centimetri.
Dette difese devono avere un'altezza minima di m 1,70 a partire dal piano di calpestio dei ripiani e rispettivamente del ciglio dei gradini ed essere costruite da pareti cieche o da traforati metallici, le cui maglie non abbiano ampiezza superiore ad un centimetro, quando le parti mobili distino meno di 4 centimetri, e non superiore a 3 centimetri quando le parti mobili distino 4 o più centimetri.
Se il contrappeso non è sistemato nello stesso vano nel quale di muove la cabina, il vano o lo spazio in cui esso si muove deve essere protetto in conformità alle disposizioni dei commi precedenti.
4.5.2. Accessi al vano.
Gli accesi al vano degli ascensori e dei montacarichi devono essere provvisti di porte apribili verso l'esterno o a scorrimento lungo le pareti, di altezza minima di m. 1,80 quando la cabina è accessibile alle persone, e comunque eguale all'altezza dell'apertura del vano quando questa è inferiore a m. 1,80.
Dette porte devono essere costituite da pareti cieche o da griglie o traforati metallici con maglie di larghezza non superiore ad un centimetro se la cabina è sprovvista di porta, non superiore a 3 centimetri se la cabina è munita di una propria porta e la distanza della soglia della cabina dalla porta al vano è munita di una propria porta e la distanza della soglia della cabina dalla porta non è inferiore a 5 centimetri.
Sono ammesse porte del tipo flessibile, purchè tra le aste costituenti le porte stesse non si abbiano luci di larghezza superiore a 12 millimetri.
4.5.2. Porte di accesso al vano.
Le porte di accesso al vano di cui all'articolo precedente devono essere munite di un dispositivo che ne impedisca l'apertura, quando la cabina non si trova al piano corrispondente, e che non consenta il movimento della cabina se tutte le porte non sono chiuse.
Il dispositivo di cui al precedente comma non è richiesto per i montacarichi azionati a mano, a condizione che siano adottate altre idonee misure di sicurezza.
4.5.3. Installazioni particolari.
Le protezioni ed i dispositivi di cui ai punti 4.5.1., 4.5.2. e 4.5.3., non sono richiesti quando la corsa della cabina o della piattaforma non supera i m.2 el'insieme dell'impianto non presenta pericoli di schiacciamento, di cesoiamento o di caduta nel vano.
4.5.4. Pareti e porte della cabina.
Le cabine degli ascensori e dei montacarichi per trasporto di cose accompagnate da persone devono avere pareti di altezza non minore di m 1.80 e porte apribili verso l'interno od a scorrimento lungo le pareti di altezza non minore a m 1,80.
Le pareti e le porte della cabina devono essere cieche o avere apertura di larghezza non superiore a 10 millimetri.
Le porte possono essere del tipo flessibile ed in tal caso devono presentare fra le aste costituenti le porte stesse luci di larghezza superiore a 12 millimetri.
Le porte o le chiusure di cui ai comma precedenti possono essere omesse quando il vano entro il quale si muove la cabina o la piattaforma è limitato per tutte la corsa da difese continue, costituite da pareti cieche o da reti o da traforati metallici le cui maglie non abbiano una apertura superiore a un centimetro, purchè queste difese non presentino sporgenze pericolose e non siano distanti più di 4 centimetri dalla soglia della cabina o della piattaforma. In tal caso deve essere assicurata la stabilità del carico.
Per i montacarichi per il trasporto di sole cose è sufficiente che le cabine o piattaforme abbiano chiusure o dispositivi atti ad impedire la fuoriuscita o la sporgenza del carico.
4.5.5. Spazi liberi al fondo ed alla sommità del vano.
Quando il vano di corsa degli ascensori e dei montacarichi supera m2 0,25 di sezione deve esistere uno spazio libero di almeno 50 centimetri di altezza tra il fondo del vano stesso e la parte più sporgente sottostante alla cabina. Arresti fissi devono essere predisposti al fine di garantire che, in ogni caso, la cabina non scenda al di sotto di tale limite.
Uno spazio libero minimo pure dell'altezza di cm. 50, deve essere garantito, con mezzi analoghi, al disopra del tetto della cabina nel suo più alto livello di corsa.
4.5.6. Posizione dei comandi.
I montacarichi per trasporto di sole merci devono avere i comandi di manovra posti all'esterno del vano di corsa ed in posizione tale da non poter essere azionati da persona che si trovi in cabina.
4.5.7. Apparecchi paracadute
Gli ascensori ed i montacarichi per trasporto cose accompagnate da persone ed i montacarichi per trasporto di sole cose con cabina accessibile per le operazioni di carico e scarico, nonchè i montacarichi con cabina non accessibile per le operazioni di carico e scarico purchè di portata non inferiore ai 100 chilogrammi, quando la cabina sia sospesa a funi od a catene e quando la corsa della stessa sia superiore a m. 4, devono essere provvisti di un apparecchio paracadute atto ad impedire la caduta della cabina in caso di rottura delle funi o delle catene di sospensione.
Per montacarichi con cabina non accessibile l'apparecchio paracadute non è richiesto quando, in relazione alle condizioni dell'impianto, l'eventuale caduta della cabina non presenta pericoli per le persone.
4.5.8. Arresti automatici di fine corsa.
Gli ascensori e montacarichi di qualsiasi tipo, esclusi quelli azionati a mano, devono essere provvisti di un dispositivo per l'arresto automatico dell'apparato motore o del movimento agli estremi inferiore e superiore della corsa.
4.5.9. Divieto di discesa libera per apparecchi azionati a motore.
Negli ascensori e montacarichi azionati a motore anche il movimento di discesa deve avvenire a motore inserito.
4.5.10. Carico e scarico dei montacarichi a gravità.
Le cabine o piattaforme dei montacarichi a gravità accessibili ai piani devono essere munite di dispositivi che ne assicurino il bloccaggio durante le operazioni di carico.
4.5.11. Regolazione della velocità dei montacarichi.
I montacarichi azionati a mano e quelli a gravità devono essere provvisti di un dispositivo di frenatura o di regolazione che impedisca che la cabina o piattaforma possa assumere velocità pericolosa.
4.5.12 Ascensori da cantiere a pignone e cremagliera
Ferma restando la previsione di cui al comma 3 del'art. II, si considerano conformi alle disposizioni della presente sezione gli ascensori da cantiere a pignone e cremagliera realizzati secondo le prescrizioni di cui alle pertinenti norme tecniche ovvero della linea giuda Ispesl "Trasporto di persone e materiali fra piani definiti in cantieri temporanei".
5 Prescrizioni applicabili a determinate attrezzature di lavoro
5.1 Mole abrasive
5.1.1 Le macchine molatrici a velocità variabile devono essere provviste di un dispositivo, che impedisca l'azionamento della macchina ad una velocità superiore a quella prestabilita in rapporto al diametro della mola montata.
5.1.2
Le mole a disco normale devono essere montate sul mandrino per mezzo di flange di fissaggio, di acciaio o di altro materiale metallico uguale fra loro e non inferiore ad 1/3 del diametro della mola, salvo quanto disposto al punto 4.1.4. L'aggiustaggio fra dette flange e la mola deve avvenire secondo una zona anulare periferica di adeguata larghezza e mediante interposizione di una guarnizione di materiale comprimibile quale cuoio, cartone, feltro.
Le mole ad anelo, a tazza, a scodella, a coltello ed a sagome speciali in genere, devono essere montate mediante flange, piastre, ghiere o altri idonei mezzi, in modo da conseguire la maggiore possibile sicurezza contro i pericoli di spostamento e di rottura della mola in moto.
5.1.3
Le mole abrasive artificiali devono essere protette da robuste cuffie metalliche, che circondino la massima parte periferica della mola, lasciando scoperto solo il tratto strettamente necessario per la lavorazione. La cuffia deve estendersi anche sulle due facce laterali della mola ed essere il più vicino possibile alle superfici di questa.
Lo spessore della cuffia, in rapporto al materiale di cui è costituita ed i suoi attacchi alle parti fisse della macchina devono essere tali da resistere all'urto dei frammenti di mola in caso di rottura.
Le cuffie di protezione di ghisa possono essere tollerate per mole di diametro non superiore a 25 centimetri, che non abbiano velocità periferica di lavoro superiore a 25 metri al secondo e purchè lo spessore della cuffia stessa non sia inferiore a 12 millimetri.
5.1.4
1. La cuffia di protezione delle mole abrasive artificiali, prescritta nel punto 5.1.3 precedente, può, per particolari esigenze di carattere tecnico, essere limitata alla sola parte periferica oppure essere omessa, a condizione che la mola sia fissata con flange di diametro tale che essa non ne sporga più di 3 centimetri, misurati radialmente, per mole fino al diametro di 30 centimetri, di centimetri 5 per mole fino al diametro di 50 centimetri; di 8 centimetri per mole di diametro maggiore.
2. Nel caso di mole a sagoma speciale o di lavorazioni speciali gli "sporti" della mola dai dischi possono superare i limiti previsti dal comma precedente, purchè siano adottate altre idonee misure di sicurezza contro i pericoli derivanti dalla rottura della mola.
5.1.5
Le macchine molatrici devono essere munite di adatto poggiapezzi. Questo deve avere superficie di appoggio piana di dimensione appropriata al genere di lavoro da eseguire, deve essere registrabile ed il suo lato interno deve distare non più di 2 millimetri, dalla mola, a meno che la natura del materiale in lavorazione (materiali sfaldabili) e la particolarità di questa non richiedano, ai fini della sicurezza, una maggiore distanza.
5.1.6 Le mole abrasive artificiali che sono usate promiscuamente da più lavoratori per operazioni di breve durata, devono essere munite di uno schermo trasparente paraschegge e regolabile, a meno che tutti i lavoratori che le usano non siano provvisti di adatti occhiali di protezione in dotazione personale.
5.1.7
1. Le mole naturali azionate meccanicamente devono essere montate tra flange di fissaggio aventi un diametro non inferiore ai 5/10 di quello della mola fino ad un massimo di m. 1 e non devono funzionare ad una velocità periferica superiore a 13 metri al minuto secondo.
2. Quando dette mole sono montate con flange di diametro inferiore ai 5/10 di quello della mola e quando la velocità periferica supera i 10 metri al minuto secondo, esse devono essere provviste di solide protezioni metalliche, esclusa la ghisa comune, atte a trattenere i pezzi della mola in caso di rottura.
5.1.8 Sulla incastellatura o in prossimità delle macchine molatrici deve essere esposto, a cura dell'utente della macchina, un cartello indicante il diametro massimo della mola che può essere montata in relazione al tipo di impasto ed al numero dei giri del relativo albero.
5.1.9
Le macchine pulitrici o levigatrici a nastro, a tamburo, a rulli, a disco, operanti con smeriglio o altre polveri abrasive, devono avere la parte abrasiva non utilizzata nell'operazione, protetta contro il contatto accidentale.
5. 2 Bottali, impastatrici, gramolatrici e macchine simili
5.2.1
Le macchine rotanti costituite da botti, cilindri o recipienti di altra forma che, in relazione all'esistenza di elementi sporgenti delle parti in movimento o per altre cause, presentino pericoli per i lavoratori, devono essere segregate, durante il funzionamento, mediante barriere atte ad evitare il contatto accidentale con dette parti in movimento.
5.2.2
I bottali da concia e le altre macchine che possono ruotare accidentalmente durante le operazioni di carico e scarico, debbono essere provviste di un dispositivo che ne assicuri la posizione di fermo.
5.2.3
1. Le macchine impastatrici devono essere munite di coperchio totale o parziale atto ad evitare che il lavoratore possa comunque venire in contatto con gli organi lavoratori in moto.
2. Le protezioni di cui al comma precedente devono essere provviste del dispositivo di blocco previsto al punto 6.3 parte I.
3. Quando per ragioni tecnologiche non sia possibile applicare le protezioni ed i dispositivi di cui ai commi precedenti, si devono adottare altre misure per elimnaer o ridurre il pericolo.
5.2.4
1. Nelle gramolatrici e macchine simili devono essere protetti:
a) la zona di imbocco tra il cono scanalato e la sottostante vasca girevole, mediante una griglia disposta anteriormente al cono stesso, a meno che questo non sia preceduto da dispositivo voltapasta;
b) il tratto compreso tra la testata del cono ed il bordo superiore della vasca contro il pericolo di trascinamento e cesoiamento delle mani;
c) lo spazio compreso tra il cono e la traversa superiore posteriormente all'imbocco, quando la distanza tra la parte mobile e quella fissa è inferiore a 6 centimetri.
5.3 Macchine di fucinatura e stampaggio per urto
5.3.1
Le macchine di fucinatura e di stampaggio per urto, quali magli, berte e simili, devono essere provviste di un dispositivo di blocco atto ad assicurare la posizione di fermo della testa portastampo, durante il cambio e la sistemazione degli stampi e dei controstampi.
5.3.2
1. Gli schermi di difesa contro le proiezioni di materiali devono, per le macchine di fucinatura e di stampaggio, essere applicati almeno posteriormente alla macchina e quando non ostino esigenze di lavoro, anche sul davanti ed ai lati.
2. Gli schemi possono omettersi quando, in relazione alla ubicazione della macchina od al particolare sistema di lavoro, sia da escludersi la possibilità che i lavoratori siano colpiti da dette proiezioni.
5.4 Macchine utensili per metalli
5.4.1
1. Nei torni, le viti di fissaggio del pezzo al mandrino devono risultare incassate oppure protette con apposito manicotto contornante il mandrino, onde non abbiano ad impigliare gli indumenti del lavoratore durante la rotazione. Analoga protezione deve essere adottata quando il pezzo da lavorare è montato mediante briglia che presenta gli stessi pericoli.
2. Nei torni per la lavorazione dei pezzi alla barra, la parte sporgente di questa deve essere protetta mediante sostegno tubolare.
5.4.2
1. I grandi torni e gli alesatori a piattaforma orizzontale girevole, sulla quale i lavoratori possono salire per sorvegliare lo svolgimento della lavorazione devono essere provvisti di un dispositivo di arresto della macchina, azionabile anche dal posto di osservazione sulla piattaforma.
5.4.3
1. i vani esistenti nella parte superiore del bancale fisso delle piallatrici debbono essere chiusi allo scopo di evitare possibili cesoiamenti di parti del corpo del lavoratore tra le traverse del bancale e le estremità della piattaforma scorrevole portapezzi.
5.4.4
1. I pezzi da forare al trapano, che possono essere trascinati in rotazione dalla punta dell'utensile, devono essere trattenuti mediante morsetti od altri mezzi appropriati.
5.4.5
1. Le seghe a nastro per metalli devono essere protette conformemente a quanto disposto al punto 4.5.2.
5.4.6
1. Le seghe circolari a caldo devono essere munite di cuffia di protezione in lamiera dello spessore di almeno 3 centimetri per arrestare le proiezioni di parti incandescenti.
N.d.R.: la parte residua degli allegati sarà resa disponibile on line nei prossimi giorni.