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Circolare 15 Febbraio 2008, n. 1
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Ulteriori chiarimenti ed indicazioni sulle modalita' applicative previste dal decreto 30 agosto 2000. Regolamento CE n. 1760/2000 - Titolo II etichettatura delle carni bovine.
(GU n. 53 del 3-3-2008)
Alle
Organizzazioni autorizzate ad etichettare carni bovine
Agli Organismi indipendenti accreditati
Alle Associazioni nazionali allevatori razze bovine
All'Assocarni
Alla Confederazione nazionale coltivatori diretti
Alla Confederazione generale dell'agricoltura italiana
Alla Confederazione italiana agricoltori
Alla Confederazione produttori agricoli - COPAGRI
Alla Associazione generale cooperative italiane AGCI
All'Anca-Lega
Alla Federazione nazionale cooperative agricole
All'Assalzoo
Al Consorzio italiani macellatori
Alla Confesercenti
Alla Confcommercio
All'Agea
Alla Commissione ministeriale etichettatura carni bovine
Alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano - Assessorati
agricoltura
Al Ministero dello sviluppo economico D.G.S.P.C.
Al Ministero della salute - Dipartimento per la sanita' pubblica
veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti
All'Ispettorato Centrale per il controllo della qualita' dei prodotti
agroalimentari - ICQ
Alla Direzione generale delle politiche agricole
1. Premessa.
Con circolare n. 5 del 15 ottobre 2001 (1) e circolare n. 1 del 9
aprile 2003 (2) sono stati forniti chiarimenti sulla predisposizione dei
disciplinari di etichettatura delle carni bovine e sulle modalita'
applicative degli stessi nell'ambito dell'etichettatura facoltativa
introdotta dal regolamento CE n. 1760/2000 (3) (titolo II) e dal decreto
ministeriale 30 agosto 2000 (4).
(1) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 250 del 26 ottobre
2001.
(2) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 93 del 22 aprile
2003.
(3) ;Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 204 dell'11 agosto
2000.
(4) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 268 del 16 novembre
2000.
A seguito dell'applicazione dei disciplinari approvati per
l'etichettatura delle carni bovine con informazioni facoltative ed all'attivita'
di monitoraggio esercitata dal Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, al fine di una piu' puntuale e corretta
applicazione della normativa sopra richiamata, si rende necessario
fornire ulteriori chiarimenti.
2. Alimentazione zootecnica priva di grassi animali aggiunti
questione UNIFEED.
Con le precedenti circolari n. 5/2001 e n. 1/2003 sono stati fissati
i metodi di analisi ed i limiti di accettabilita' che le organizzazioni
e gli organismi indipendenti, nell'ambito della rispettiva attivita' di
autocontrollo e di controllo, devono utilizzare per garantire
l'informazione di alimentazione zootecnica priva di grassi animali
aggiunti.
Gli stessi organismi ed organizzazioni, hanno evidenziato che i limiti
di accettabilita' del colesterolo, fissati e confermati dalle predette
circolari n. 5/2001 e n. 1/2003, pari a «percentuale di colesterolo
minore o uguale a 1% sulla frazione sterolica e/o contenuto di
colesterolo minore o uguale a 50 mg/kg sul grasso estratto», vengono di
norma superati e che la percentuale di colesterolo supera i limiti sopra
indicati nel caso di alimentazione zootecnica sotto forma di UNIFEED.
La stazione sperimentale per le industrie degli oli e dei grassi (SSOG),
investita del problema, ha evidenziato, sulla base di nuovi dati
sperimentali, che la percentuale relativa di colesterolo nella frazione
sterolica inferiore od uguale all'1.5% puo' essere confermato anche nel
caso in cui nella razione alimentare si utilizzano gli UNIFEED, mentre
l'alto contenuto di colesterolo espresso in mg/kg, presente in alcune
materie prime (ad es. olio di palma, alcune farine di estrazione di
soia, granella di mais, ecc.) utilizzate per la preparazione proprio
degli UNIFEED, evidenzia difficolta' di rispettare il limite
precedentemente stabilito di 50 mg/kg di colesterolo sul grasso
estratto. Infatti, il colesterolo, nella fascia piu' significativa dei
campioni esaminati, raggiunge valori fino 600 mg/kg. Il nuovo limite del
valore assoluto di colesterolo, pertanto, puo' essere fissato fino a 600
mg/kg.
In conclusione per garantire l'assenza di grassi animali aggiunti
vengono fissati i nuovi limiti analitici di accettabilita' di
colesterolo nel controllo dei prodotti destinati alla alimentazione
zootecnica sottoforma di UNIFEED:
a) percentuale relativa di colesterolo nella frazione sterolica: minore
o uguale a 1,5%;
b) contenuto assoluto di colesterolo nel grasso estratto: minore o
uguale a 600 mg/kg.
3. Controllo di rintracciabilita' attraverso analisi del DNA.
Alcune organizzazioni hanno manifestano l'interesse a riportare in
etichetta, nell'ambito del proprio disciplinare di etichettatura,
l'informazione sull'esito del processo di rintracciabilita' adottato e
garantito attraverso un controllo genetico effettuato con analisi del
DNA degli animali e delle loro carni. Tale controllo si basa sul
confronto dei genotipi definiti per campioni di materiale biologico
dello stesso animale prelevati in momenti differenti e la verifica della
coincidenza dei genotipi stessi.
In generale, la procedura operativa proposta mirerebbe a prelevare e
conservare un campione biologico degli animali allevati da utilizzare
per l'analisi del DNA e l'esecuzione del confronto con campioni di carne
post-macellazione per la stessa.
L'indicazione di questo tipo potrebbe rientrare tra le informazioni che
possono essere apposte in etichetta purche' le organizzazioni
interessate sviluppino apposito protocollo operativo nell'ambito di un
disciplinare di etichettatura approvato, precisando:
1) i metodi ufficiali di campionamento;
2) i metodi ufficiali di catalogazione e conservazione;
3) i metodi di analisi del DNA per la determinazione del genotipo del
campione;
4) calcolo della stima dell'incertezza associata al metodo;
5) la significanza statistica del numero dei siti e del numero di
analisi per sito per garantire con ragionevole certezza che il sistema
di rintracciabilita' e' garantito attraverso il confronto dei genotipi
ottenuti da campioni biologici dello stesso soggetto prelevati in
momenti diversi (soggetto vivo/soggetto macellato). Nel disciplinare
vanno conseguentemente sviluppati gli aspetti relativi a tale
informazione e precisamente:
a) l'esecuzione del prelievo di un campione biologico sul 100% dei capi
attraverso il prelievo di un campione (tissutale o ematico o di pelo
ovvero altro materiale biologico) idoneo all'analisi del DNA, attraverso
metodi definiti;
b) la spedizione dei campioni prelevati ad un laboratorio accreditato
SINAL;
c) le modalita' di stoccaggio e conservazione dei campioni biologici,
prelevati nei siti, presso il laboratorio idoneo ed accreditato SINAL
per la prova di rintracciabilita' genetica delle carni di origine
animale ed in grado, pertanto, di procedere alla estrazione del DNA e
alle operazioni di confronto e verifica sui campioni in comparazione;
d) la tempistica di consegna e conservazione dei campioni biologici
presso il laboratorio di stoccaggio:
1) consegna del campione prelevato nell'arco delle 48 ore;
2) conservazione del campione per un minimo di 48 ore dopo l'esaurimento
della carne di quel bovino sul mercato;
e) il riscontro analitico su almeno un campione casuale dei capi (random)
estrapolato secondo le modalita' indicate dalle linee guida EAC per
l'applicazione delle Norme europee EN 45012:
=====================================================================
Numero di siti | Numero di siti da visitare
=====================================================================
3 | 100%
4-7 | 3, 3, 4, 4 (1)
8-11 | 4, 4, 5, 6 (1)
12-19 | 40%, minimo 6
20-29 | 30%, minimo 6
30-39 | 25%, minimo 9
40-99 | 20%, minimo 10
100-199 | 15%, minimo 21
200-399 | 10%, minimo 31
400-699 | 7%, minimo 40
700-999 | 6%, minimo 50
> 1000 | 5%, minimo 60
(1) Per 4, 5, 6,
7 siti rispettivamente il numero di siti da visitare vale 3, 3, 4, 4. La
stessa notazione viene utilizzata nel caso di un numero di siti da 8 a
11.
f) la ripartizione del riscontro analitico all'interno delle varie fasi
di lavorazione almeno nella seguente misura minima calcolata sul
campione casuale di cui alla lettera e):
- 20% nella fase di macellazione;
- 30% nella fase di sezionamento;
- 50% nella fase di vendita.
g) l'analisi di rintracciabilita' delle carni mediante confronto dei
genotipi anche di eventuali lavorazioni per lotti di carni attribuibili
a due o piu' animali;
h) le procedure previste nel caso in cui si rilevi il mancato
abbinamento del DNA rilevato sulla carne con quello presente in archivio
relativo al capo vivo. In particolare, e' necessario prevedere
l'immediata segnalazione all'ASL competente per territorio del mancato
abbinamento, alla identificazione, isolamento e blocco alla vendita
delle carni oggetto del mancato abbinamento eventualmente ancora
presenti nella filiera. Successivamente, e' necessario prevedere
l'immediato avvio di un'indagine per comprendere la natura dell'errore e
mettere in atto le relative procedure correttive. Si deve, inoltre,
prevedere il rafforzamento della frequenza dei controlli sul punto ove
si e' verificata la problematica ed in tutti i punti a monte dello
stesso. L'intensificazione del controllo sul sito del problema si
continua fino all'individuazione dello stesso e la si conserva fino alla
verifica della bonta' dei correttivi applicati. La chiusura della non
conformita' riavvia il processo di etichettatura facoltativa;
i) la comunicazione dell'attivazione e conclusione della procedura
prevista alla precedente lettera h), entro quindici giorni, segnalando
l'accaduto alla regione o provincia autonoma competente per territorio e
al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Il macello, i laboratori di sezionamento, i punti vendita ed eventuali
altri siti che aderiscono all'organizzazione devono consentire il
prelievo di campioni di carne e/o altro tipo di tessuto al fine di poter
procedere al controllo del sistema per mezzo dell'analisi del DNA.
L'informazione da apporre in etichetta, con l'adozione di detta
procedura operativa, puo' essere del tipo: «sistema controllato a
campione attraverso il metodo di rintracciabilita' della carne mediante
analisi del DNA».
Nel caso in cui l'organizzazione miri invece a rafforzare le procedure
di autocontrollo piuttosto che a garantire al consumatore la certezza
dell'informazione «sistema controllato a campione attraverso il metodo
del DNA», e' possibile prevedere, nell'ambito del proprio piano di
autocontrollo una operativita' basata sul prelievo parziale di campioni
tissutale dagli animali e delle loro carni, anche limitatamente ad
alcuni segmenti delle filiere, e successivo controllo genetico
attraverso analisi del DNA. Detta verifica parziale, pertanto,
effettuata in autocontrollo, consentirebbe di ridurre la pressione
dell'autocontrollo medesimo esercitato dalla stessa organizzazione nelle
varie fasi della filiera produttiva medianti sistemi ispettivi e
documentali.
4. Conservazione documentazione.
In merito al periodo di tempo minimo per il quale un operatore od
una organizzazione e' tenuta alla conservazione della documentazione
necessaria a garantire la rintracciabilita' prevista dal regolamento CE
n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30 agosto 2000, va chiarito che
il limite dei due anni indicato all'art. 16 del decreto ministeriale 30
agosto 2000, si applica indifferentemente sia per l'etichettatura
obbligatoria che facoltativa. Non vi e', infatti, alcun motivo, ne'
tecnico, ne' amministrativo per differenziare le procedure di
rintracciabilita' tra il sistema obbligatorio e quello facoltativo di
etichettatura delle carni bovine.
La conservazione della «... documentazione cartacea e informatica
necessaria allo svolgimento di quanto previsto dal disciplinare ...»
stabilita per l'etichettatura facoltativa all'art. 16, non puo'
prescindere da quella concernente il sistema di identificazione e di
registrazione delle carni che ciascun operatore o organizzazione deve
implementare per poter fornire le informazioni obbligatorie previste da
regolamento CE n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30 agosto 2000.
Sono fatte salve, in ogni caso, le disposizioni che prevedono piu' ampi
termini per la conservazione della documentazione e dei registri di cui
alle vigenti normative sanitarie e fiscali.
5. Allevamenti che aderiscono a piu' disciplinari.
A seguito dell'attivita' di monitoraggio, esercitata dal Ministero
delle politiche agricole alimentari e forestali sulle organizzazioni
autorizzate ad etichettare le carni bovine con informazioni facoltative,
e' emerso che alcuni allevamenti aderiscono, per ragioni economiche, a
piu' organizzazioni di etichettatura. E' intuitivo che detti allevamenti
devono garantire e soddisfare contestualmente le condizioni previste da
tutti i disciplinari a cui aderiscono. Il protocollo operativo approvato
nel contesto di un disciplinare di etichettatura deve prevedere, quindi,
l'obbligo da parte dell'allevatore di allevare tutti i bovini presenti
nella propria azienda secondo le norme previste dal disciplinare di
etichettatura che prevede i maggiori vincoli per l'allevatore stesso o
che soddisfino contestualmente i vincoli dei disciplinari a cui
aderiscono, indipendentemente dalla destinazione degli animali allevati.
In particolare, le procedure riguardanti le tecniche di allevamento e
l'alimentazione devono interessare indistintamente tutti i bovini
presenti in azienda e non solo quelli destinati ad una organizzazione
piuttosto che all'altra. Di contro, nelle aziende dotate di strutture
indipendenti, e' possibile suddividere l'azienda medesima sulla base
delle norme previste dai vari disciplinari. In quest'ultimo caso, le
stalle e le relative pertinenze, nonche' le attrezzature utilizzate (es.
carro UNIFEED) devono essere ben delimitate e preventivamente
individuate.
6. Marchi privati e certificazioni volontarie.
Ad integrazione di quanto gia' indicato nella circolare n. 5 del 15
ottobre 2001 e nella circolare n. 1 del 9 aprile 2003, allorche'
l'organizzazione voglia applicare un sistema di qualita' aziendale o di
prodotto, e' ammesso l'utilizzo, sulle confezioni, di informazioni
relative a certificazioni volontarie regolamentate attestate da
organismi terzi.
6.1. Certificazioni di prodotto e di processo.
Relativamente alle certificazioni di prodotto e di processo si richiama
quanto segue:
1) certificazioni volontarie di prodotto che non prevedono requisiti
specifici ma prevedono la certificazione di aspetti che riguardano
principalmente l'implementazione di un sistema organizzativo/gestionale
dell'organizzazione che si fa carico della gestione/controllo della
filiera produttiva per uno specifico prodotto (es. UNI 10939:01, ISO
22005 ecc. ) sono ammesse a condizione di riportare chiaramente sulla
confezione gli estremi della certificazione (ente, tipo di
certificazione, n. certificato);
2) certificazioni volontarie di sistema (es. ISO 9001:00, ISO 22000
etc.) possono essere comunicate sulla confezione;
3) certificazioni volontarie di prodotto che prevedono, da parte
dell'organizzazione certificata, il controllo centralizzato di requisiti
igienico sanitari aggiuntivi rispetto a quelli normalmente previsti
dalla normativa vigente sono ammesse a condizione di riportare
chiaramente sulla confezione gli estremi della certificazione (ente,
tipo di certificazione, n. certificato);
4) non possono, invece, essere citate in etichetta certificazioni
volontarie di prodotto relative a requisiti specifici (es. NO OGM,
alimentazione vegetale, omega 3, benessere animale) in assenza di un
disciplinare di etichettatura facoltativa approvato ai sensi del
regolamento CE n. 1760/2000 e del decreto ministeriale 30 agosto 2000.
6.2. Marchi privati e collettivi.
L'uso di marchi privati e collettivi registrati sulle confezioni delle
carni e' ammesso a condizione che i marchi medesimi non siano tali da
fornire informazioni che dovrebbero essere invece previste in un
disciplinare di etichettatura facoltativa approvato ai sensi del
regolamento CE n. 1760/2000 e del decreto ministeriale 30 agosto 2000.
Qualora il marchio in questione sia riferito alla denominazione/logo
dell'organizzazione autorizzata dal Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, il marchio puo' comparire nell'etichetta tra le
informazioni obbligatorie.
6.3. Ulteriori modalita' di comunicazione marchi privati e
certificazioni volontarie.
Le suddette certificazioni e marchi privati e/o collettivi, al fine di
facilitare l'operativita', possono essere contenute anche in unica
etichetta con le informazioni previste dal regolamento CE n. 1760/2000 e
del decreto ministeriale 30 agosto 2000, purche' sia evidente una
separazione fisica tra le certificazioni e marchi e le informazioni
medesime. La separazione fisica puo' essere realizzata graficamente,
raggruppando le informazioni relative alla etichettatura in un apposito
spazio in etichetta. In ogni caso, l'etichetta unica deve essere
espressamente prevista ed approvata nell'ambito del disciplinare di
etichettatura.
7. Denominazione di vendita «Vitello» e «Vitellone».
Con il regolamento (CE) n. 700/2007 del Consiglio dell'11 giugno
2007 (5) «relativo alla commercializzazione della carne da bovini di
eta' non superiore a dodici mesi» e' stata approvata la fissazione delle
denominazioni di vendita che devono essere utilizzate in ogni Stato
membro per la commercializzazione delle carni ottenute da animali delle
categorie di eta' 0 a 8 mesi e da 8 a 12 mesi, con l'obbligo di indicare
la categoria di eta' dei capi al momento della macellazione.
In Italia per le carni della prima categoria la denominazione di vendita
sara' «vitello» o «carne di vitello», mentre per quelle della seconda
categoria e' prevista la denominazione «vitellone» o «carne di
vitellone».
(5) Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 161 del 22 giugno 2007.
Per quanto concerne l'indicazione in etichetta delle categorie dei
bovini adulti, stabilite dal regolamento CEE n. 1208/81 (6), attualmente
sostituito dal regolamento CE n. 1183 del 24 luglio 2006 (7), valgono le
indicazioni fornite con circolare n. 5 del 15 ottobre 2001 e circolare
n. 1 del 9 aprile 2003.
Piu' precisamente, in caso di bovini di eta' superiore ai dodici mesi,
qualora si intendono riportare in etichetta le terminologie commerciali
riferite alle categorie di cui al citato regolamento CE n. 1183/2006, e'
fatto obbligo di disporre di un disciplinare di etichettatura
facoltativo.
Per quanto concerne la classificazione merceologica delle carni
provenienti da animali di eta' superiore ai dodici mesi rimane validi
quanto disposto dalla legge 4 aprile 1964, n. 171 (8) cosi' come
modificata dall'art. 22 della legge 22 dicembre 1969, n. 964 (9).
8. Modalita' di emissione della documentazione nell'ambito
dell'etichettatura facoltativa.
Alcune organizzazioni prevedono, tra la documentazione predisposta
nelle forniture di carne bovina ad operatori non appartenenti alla
propria organizzazione di etichettatura facoltativa, anche documenti
riepilogativi o vere e proprie etichette «informazioni per i
consumatori», nelle quali riportano sia le informazioni obbligatorie che
quelle facoltative previste dal proprio disciplinare di etichettatura
approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Il trasferimento di informazioni facoltative ad altro operatore esterno
all'organizzazione medesima presuppone il possesso da parte di
quest'ultimo di un disciplinare di etichettatura autorizzato dal
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. In mancanza
di detto disciplinare non e' possibile l'utilizzo in alcun modo delle
informazioni facoltative, anche se queste ultime sono apposte in
etichette direttamente sulla carne. Di contro si possono trasferire,
secondo le prescrizioni del Regolamento (CE) n. 1760/2000,
esclusivamente le informazioni obbligatorie.
L'illecito uso delle informazioni facoltative e' sanzionato dall'art. 5
del decreto legislativo 29 gennaio 2004, n. 58 (10) e coinvolge anche le
organizzazioni che incautamente le hanno fornite.
Le organizzazioni autorizzate ad etichettare le carni bovine con
informazioni facoltative vengono pertanto invitate a non fornire
documentazioni con informazioni facoltative medesime ad operatori non
appartenenti alla stessa organizzazione o associati ad altra
organizzazione che non sia in possesso di un disciplinare autorizzato.
Se cio' non fosse possibile per ragioni organizzative, le stesse
organizzazioni devono prevedere (6) Gazzetta Ufficiale della Comunita'
europea L 141 del 14 febbraio 1991.
(7) Gazzetta Ufficiale della Comunita' europea L 214 del 4 agosto 2006.
(8) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 92 del 13 aprile
1964.
(9) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 327 del 30 dicembre
1969.
(10) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 51 del 2 marzo
2004. opportune avvertenze sulla documentazione di accompagnamento in
questione che, in ogni caso, diffidi l'uso diretto o indiretto delle
informazioni facoltative in mancanza di disciplinare autorizzato dal
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
9. Indicazione per riportare in etichetta informazioni riguardanti
l'allevamento, l'alimentazione e la tecniche di allevamento.
Le informazioni
da riportare in etichetta relative alle tecniche di allevamento,
all'alimentazione e all'indicazione della denominazione e sede o regione
dell'allevamento devono essere sempre abbinate al «periodo per il quale
detta informazione e' effettivamente garantita». L'assenza di
quest'ultima informazione lascerebbe intendere che le informazioni in
questione sono state garantite dalla nascita del bovino. Cio' non e' in
linea con l'obiettivo di fornire ai consumatori un'informazione corretta
e trasparente ed e' in contrasto con gli obiettivi fissati dal
Regolamento (CE) n. 1760/2000 e con il decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 109 (11) cosi' come modificato dall'art. 2 del decreto
legislativo 23 giugno 2003, n. 181 (12).
Pertanto, i disciplinari di etichettatura che prevedono informazioni
relative alle tecniche di allevamento, all'alimentazione e
all'indicazione della denominazione e sede o regione dell'allevamento
devono sempre prevedere anche l'indicazione del periodo al quale fanno
riferimento e per il quale sono garantite, periodo che non puo' essere
inferiore ai quattro mesi.
10. Indicazioni per riportare in etichetta informazioni riguardanti
«razza», «tipo genetico» e «meticcio».
Tra le informazioni facoltative relative all'animale hanno acquisito
un rilevante interesse quelle concernenti il genotipo dell'animale
medesimo ed in particolare l'indicazione di «razza» o di «tipo
genetico».
Mentre per la definizione di «razza» la pratica attualmente seguita e'
soddisfacente, il bovino deve risultare iscritto al relativo libro
genealogico, le definizioni di «tipo genetico» o «incrocio» o ancora
«meticcio» lasciano ampio spazio ad equivoci ed incertezze.
Ora, poiche' la legge 15 gennaio 1991, n. 30 (13), recante disciplina
della riproduzione animale e successive modificazioni, prevede che i
riproduttori bovini maschi debbono essere iscritti ad un L.G. di razza
italiano o estero, la razza del padre di qualunque bovino e' l'unico
elemento certo e verificabile.
Pertanto, tutte le fattispecie riguardanti bovini non di razza pura
possono essere individuate con la dizione «tipo genetico: incrocio di
(seguito dalla razza del padre)».
(11) Supplemento ordinario n. 31 alla Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana n. 39 del 17 febbraio 1992.
(12) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 167 del 21 luglio
2003.
(13) Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 24 del 29 gennaio
1991.
Le organizzazioni in possesso di un disciplinare di etichettatura
autorizzato, che prevedono la possibilita' di riportare in etichetta,
tra le informazioni facoltative, le diciture «razza», «tipo genetico» o
«meticcio/incrocio» devono attenersi, pertanto, alle seguenti
indicazioni:
a) tipo genetico: in etichetta l'informazione dovra' essere riportata
come «tipo genetico: incrocio di (seguito dalla razza del padre)»;
b) razza: in etichetta l'informazione dovra' essere riportata come
«razza: (seguita dal nome della razza)». Si fa rilevare che per potere
indicare la razza e' necessario che il bovino sia iscritto ad un libro
genealogico.
In tutti i casi dovra' essere garantita la veridicita' delle
informazioni sia in termini di autocontrollo da parte
dell'organizzazione che di controllo da parte dell'organismo
indipendente.
11. Nuove indicazioni per la predisposizione del piano dei controlli
da parte degli organismi indipendenti.
Il sistema di etichettatura facoltativa delle carni bovine esige che
l'operatore o l'organizzazione autorizzata svolga un fondamentale ruolo
di autocontrollo sull'attivita' degli operatori aderenti al
disciplinare. Sulla base di tale presupposto ne deriva che l'attivita'
di controllo svolta dall'organismo di controllo (OdC) incaricato
rappresenta prioritariamente un'azione di verifica dell'efficacia
dell'autocontrollo dell'organizzazione e pertanto deve essere modulata
in funzione delle criticita' legate alla tipologia ed alla struttura
logistica ed organizzativa dell'operatore e dell'organizzazione
medesima, alla natura delle informazioni facoltative previste dal
disciplinare ed alla affidabilita' del piano di autocontrollo. I
risultati delle azioni di controllo evidenziati dai vari organismi di
controllo e la valutazione del ruolo e dell'efficacia degli
autocontrolli messi in atto finora consentono di rivedere le frequenze
di controllo definite nella circolare n. 1 del 9 aprile 2003.
Dall'esame delle relazioni pervenute al Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali, sull'attivita' degli anni passati, si
evince che siti operativi quali il macello ed il laboratorio di
sezionamento, nonche' il mangimificio (anche aziendale) in caso di
informazioni riguardanti l'alimentazione degli animali, costituiscono
punti nodali nei quali il verificarsi di una non conformita' rischia di
ripercuotersi in modo determinante su tutta la filiera a valle.
E', pertanto, opportuno differenziare l'intensita' del controllo
dell'organismo di controllo nelle diverse fasi del ciclo produttivo,
privilegiando il rafforzamento delle verifiche nei succitati segmenti
della filiera.
L'obiettivo di ridefinire le frequenze minime da adottare nella
attivita' di controllo da parte degli organismi terzi, pertanto, e'
quello di indicare procedure idonee a correggere situazioni di non
conformita'.
A seguito delle sopra esposte considerazioni gli interventi ispettivi di
controllo effettuati dagli organismi di controllo, presso i diversi
operatori della filiera vanno rimodulati con la frequenza minima annuale
di seguito riportata:
organizzazione => 2 volte sul 100%
mangimifici (1) => 1 volta sul 100%
allevamenti => 1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti
macelli => 1 volta sul 100%
laboratori di sezionamento => 1 volta sul 100%
piattaforme => 1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti
punti vendita => 1 volta sulla radice di Ni (*) dei siti
Il numero di siti da verificare secondo il criterio della radice
quadrata deve essere stabilito arrotondando per eccesso il risultato.
Il controllo, inoltre, deve essere equamente distribuito nel corso
dell'anno e non concentrato solo in alcuni e noti periodi. E' possibile
concentrare i controlli in particolari periodi esclusivamente se l'attivita'
di etichettatura dell'operatore o dell'organizzazione evidenzia dei
picchi di intensita' in particolari periodi dell'anno.
Analogamente si ritiene che nel caso di disciplinari che prevedono
informazioni relative all'alimentazione le verifiche analitiche siano
effettuate dall'organismo di controllo secondo il seguente criterio:
a) presso ogni mangimificio aderente al disciplinare (fatta eccezione
per i mangimifici in possesso di certificazione volontaria di prodotto a
copertura delle informazioni previste dal disciplinare) deve essere
prelevato almeno un campione/anno da sottoporre alla determinazione
analitica di tutti i parametri previsti dal disciplinare;
b) negli allevamenti devono essere effettuati un numero di controlli
analitici pari a radice di Ni (ove Ni e' il numero di allevamenti che
garantiscono informazioni omogenee relative all'alimentazione)
effettuati su campioni di alimento zootecnico prelevato in allevamento
alla mangiatoia;
c) negli allevamenti con mangimificio aziendale si utilizzano gli stessi
criteri stabiliti per i mangimifici aderenti all'organizzazione.
Nel caso in cui il controllo evidenzi delle non conformita' l'organismo
di controllo deve:
1) acquisire tutte le informazioni relative alla causa della non
conformita', al trattamento dell'eventuale prodotto non conforme,
all'azione correttiva che l'organizzazione intende attuare al fine di
evitare il ripetersi della non conformita' ed ai tempi di attuazione
della misura correttiva;
(1) Ad eccezione di quelli in possesso di una certificazione volontaria
a copertura delle informazioni previste dal disciplinare approvato.
(*) Ni e' il numero di siti ascrivibili al gruppo esimo di siti omogenei
compresi nella filiera, secondo il criterio descritto da SINCERT nel
Regolamento tecnico RT 17 - prescrizioni per l'accreditamento delle
certificazioni a fronte della norma UNI 10939:01 «Sistemi di
rintracciabilita' nelle filiere agroalimentari (requisiti minimi)».
2) valutare e approvare gli interventi correttivi proposti
dall'organizzazione;
3) valutare la risoluzione della non conformita' (la verifica della
risoluzione della non conformita' puo' essere effettuata presso il sito
in cui e' stata rilevata o, quando possibile, presso la sede
dell'organizzazione);
4) disporre - in caso di necessita' - anche un aumento della frequenza
dei controlli rispetto a quanto previsto dal piano dei controlli
approvato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
e/o prescrive altre azioni all'organizzazione, quali per esempio:
modifiche procedurali, variazioni al disciplinare (per essere operative
devono essere approvate dal Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali), formazione degli operatori etc.
L'organismo di controllo, nella predisposizione del piano dei controlli
deve prevedere, nel caso riscontri non conformita' gravi, che rendono il
prodotto non conforme ai requisiti previsti dal disciplinare di
etichettatura, non rilevate dal sistema di autocontrollo, un incremento
della frequenza del controllo sugli elementi esaminati, secondo uno
schema prefissato, stabilito dell'organismo di controllo medesimo, in
base ad un calcolo dei rischi. Le eventuali ulteriori non conformita'
rilevate a seguito dell'incremento del controllo si cumulano con le
precedenti, determinando una ulteriore intensificazione della frequenza
del controllo. La frequenza del controllo, potra' essere riportata a
quella iniziale prevista dal piano dei controlli solo dopo la verifica
dell'assenza di non conformita' nei siti campionati.
Come previsto dal decreto 30 agosto 2000 tutte le non conformita'
riscontrate (corredate della causa della non conformita', del
trattamento e della relativa azione correttiva definita
dall'organizzazione e/o prescritta dall'organismo di controllo) devono
essere comunicate entro quindici giorni al Ministero delle politiche
agricole alimentari e forestali e alla regione dove ha la sede
l'organizzazione medesima. Sulla base della gravita' delle non
conformita' riscontrate il Ministero delle politiche agricole alimentari
e forestali puo' stabilisce ulteriori eventuali azioni.
Almeno in occasione della relazione annuale l'organismo terzo deve
comunicare al Ministero delle politiche agricole e forestali lo stato
delle non conformita' riscontrate.
12. Comunicazione inizio attivita' etichettatura.
Le organizzazioni e gli organismi di controllo designati,
autorizzati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e
forestali, rispettivamente, ad etichettare le carni bovine con
informazioni facoltative e ad esercitare i controlli di conformita'
sulla corretta gestione del disciplinare di etichettatura, devono
comunicare, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali
medesimo e alla regione o provincia autonoma, la data di attivazione del
disciplinare approvato entro quindici giorni dall'inizio dell'attivita'
di etichettatura facoltativa. Devono essere, inoltre, comunicate
tempestivamente eventuali sospensioni dell'attivita' di controllo. In
tal caso, risulta evidente, che non sono soddisfatte le condizioni
previste dal regolamento CE n. 1760/2000 e dal decreto ministeriale 30
agosto 2000 e, pertanto, l'attivita' di etichettatura prevista dal
disciplinare approvato deve essere sospesa fintanto che non saranno
ripristinate tutte le condizioni previste dalla normativa vigente.
13. Predisposizione piani di autocontrollo e piani dei controlli.
Per facilitare la lettura dei piani di autocontrollo e dei piani di
controllo da parte degli incaricati alla vigilanza esercitata dalla
pubblica amministrazione, e' stata evidenziata la necessita' che detti
piani siano redatti in un unico documento, da assemblare a cura
dell'organizzazione autorizzata, cosi' come previsto dalla circolare n.
1/2003. Fermo restando che la stesura del piano di autocontrollo e del
piano di controllo devono essere effettuata, rispettivamente,
dall'organizzazione e dall'organismo di controllo sempre secondo lo
schema proposto dalla circolare n. 1/2003 per la parte di propria
competenza.
14. Organismi indipendenti designati ai controlli: autorizzazioni.
La documentazione che deve essere presentata per gli organismi
indipendenti di controllo accreditati SINCERT o gia' autorizzati dal
Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, prevista alla
lettera «E) Organismi indipendenti di controlli, autorizzazioni, della
circolare n. 1/2003, deve essere integrata con i tariffari predisposti
dagli organismi indipendenti medesimi per lo svolgimento dell'attivita'
di controllo previsto. Eventuali variazioni di detti tariffari devono
essere comunicate in occasione della presentazione delle relazioni
annuali predisposte, dagli organismi indipendenti, in ottemperanza a
quanto previsto dal decreto ministeriale 13 dicembre 2001 (14).
15. Adeguamento disciplinari e piani di controllo.
Le procedure previste nei disciplinari e nei piani di controllo
vigenti, non in linea con le istruzioni di cui alla presente circolare,
dovranno essere adeguate e rese operative entro sei mesi dalla data di
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della presente circolare stessa.
Roma, 15 febbraio 2008
Il direttore generale
per la qualita' dei prodotti agroalimentari
La Torre
(14) Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2002.