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Prime riflessioni sulla tutela del paesaggio alla luce del nuovo Codice dei beni culturali e sul paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004)

  Giacomo Vivoli


1 – Sulla ratio di un nuovo Codice sui beni culturali e sul paesaggio; 1.1 – I nuovi riferimenti costituzionali sulla tutela dell’ambiente; 1.2 – Sulla mancanza di novatività del D.Lgs. n. 490/1999; 2 - Il nuovo Codice; 2.1 – Riflessioni generali sul quadro costituzionale alla luce del nuovo Codice; 2.2 - Il concetto di patrimonio culturale; 2.3 - Beni ambientali e beni paesaggistici; 2.4 - Tra tutela e valorizzazione; 3 – Cenni alle principali novità apportate dal nuovo Codice alla normativa sul paesaggio; 3.1 - I nuovi piani paesaggistici; 3.2 – L’iter per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica “a regime”; 4 - Considerazioni conclusive

1 – Sulla ratio di un nuovo Codice sui beni culturali e sul paesaggio

Il 1 maggio del 2004 è entrato in vigore il nuovo Codice dei beni culturali e del paesaggio che abroga integralmente il Testo unico sui beni culturali ed i beni ambientali del 1999, salvandone alcuni effetti nella fase transitoria.
In via preliminare occorre individuare la ratio di un nuovo testo unico a pochi anni di distanza da un precedente intervento normativo in materia e rintracciabile in 2 motivazioni.

La prima, e decisamente la più rilevante, è che la legge costituzionale n. 3 del 2001, com’è noto, ha modificato il titolo V della parte II della Costituzione inerente la forma di Stato. Per ciò che interessa ai fini del presente contributo rilevano in special modo le variazioni apportate agli art. 117 e 118 della Costituzione, il primo dedicato alla ripartizione di competenza legislativa tra Stato e Regioni a statuto ordinario, il secondo alla distribuzioni di funzioni amministrative tra centro e periferia di cui cerco di tracciare, in sintesi, gli elementi rilevanti in ordine all’oggetto di indagine.

1.1 - I nuovi riferimenti costituzionali sulla tutela dell’ambiente

Con il nuovo art. 117 sono sostanzialmente cambiati i criteri di ripartizione tra i livelli territoriali nelle materie individuate in Costituzione. Seguendo un intento di rafforzamento del ruolo regionale viene abbandonata la logica ante-riforma, che prevedeva un elenco esplicito di materie con potestà concorrente ed una attribuzione allo Stato per le non espresse, sostituendola con un “doppio” elenco di materie, uno per quelle esclusive statali ed uno per le concorrenti, ma con l’attribuzione delle non espresse agli enti territoriali regionali.

I possibili riferimenti in materia ambientale sono i seguenti:
a) “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”1 , tra le materie2 esclusive statali
b) “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, tra le materie concorrenti3
Al di là di questi riferimenti, chiaramente espressi, e che innegabilmente rappresentano centri di gravità costituzionali per i beni culturali ed il paesaggio, ce ne sono altri che quantomeno interagiscono con essi.
In particolare “governo del territorio”, l’espressione moderna dell’urbanistica, e “tutela della salute”4 sono 2 materie che da sempre e in maniera a volte vistosa ed impattante, interagiscono e configgono, soprattutto la prima, con il paesaggio.
Nell’analisi complessiva dei riferimenti costituzionali andrebbero considerate le eventuali materie che non rientrano negli elenchi e che quindi, per previsione costituzionale, sono di competenza esclusiva regionale: a titolo esemplificativo possiamo pensare all’agricoltura5 e al turismo.

Per ciò che concerne le funzioni amministrative, ai sensi del novellato art. 118, le funzioni sono attribuite “ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”.
L’intento perseguito dalla riforma è quello di localizzare il più possibile vicino ai cittadini il centro amministrativo referente salvo eventuali riallocazioni a livelli territoriali più estesi, laddove i canoni di riferimento, sopra citati, lo ritengano opportuno.

Anche se il presente contributo è focalizzato sulla tutela del paesaggio, è da notare, per maggior completezza d’analisi, come nell’art. 118 vi sia una disposizione appositamente dedicata ai beni culturali laddove è disposto che la legge statale disciplina “forme di intesa e coordinamento nella materia delle tutela dei beni culturali” tra Stato e Regioni6.

Si rileva quindi una attenzione particolare a tale ambito da parte del legislatore con una menzione espressa in Costituzione e sottintendendo l’esigenza di “leale collaborazione”7 e cooperazione tra i vari livello di governo per raggiungere l’obiettivo di una efficace tutela dei beni culturali.

1.2 - Sulla mancanza di novatività del D.Lgs. n. 490/1999

Ulteriore elemento da considerare per maggiormente comprendere l’apparente paradosso di un Testo unico del 1999 già vecchio dopo pochi anni è la sua mancanza di novatività.
Infatti il D.lgs. n. 490/1999 se da un lato ha avuto l’innegabile effetto positivo di razionalizzare il corpus normativo di settore in un unico testo, dall’altro non ha apportato nessuna modifica ai pilastri della normativa recependo pedissequamente la legge del 1939 e quella del 1985, nota come “Galasso”.

Nel valutare l’esigenza e l’opportunità di un nuovo intervento del legislatore in materia, tale considerazione sembra però di secondo ordine, dovendosi rintracciare la ratio non tanto nella non innovatività del D.Lgs. n. 490/1999 ma piuttosto dalle profonde e sostanziali modifiche al tessuto costituzionale che richiedevano un adeguamento della normativa di settore al mutato scenario.

Si giunge quindi alla legge n.137/2002 "Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici", che ha impegnato il Governo ad adottare un decreto legislativo8 per il riassetto e la codificazione delle disposizioni legislative in materia di beni culturali ed ambientali e al relativo D.Lgs. n. 42 del 2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”9 .

2 – Il nuovo Codice

Il Codice è suddiviso in 5 parti nel modo seguente:
Parte I – Disposizioni generali
Parte II – Beni culturali
Parte III – Beni paesaggistici
Parte IV – Sanzioni
Parte V – Disposizioni transitorie, abrogazioni ed entrata in vigore.

Queste preliminari riflessioni saranno incentrate, prevalentemente, sulla parte prima (disposizioni generali) e sulla parte terza (beni paesaggistici), al fine di focalizzare le scelte terminologiche del nuovo codice ed, in sintesi, le principali modifiche alla legislazione sul paesaggio.

Iniziamo analizzando l’articolo di apertura la cui lettura permette di individuare alcune problematiche terminologiche e interpretative inerenti la coerenza dell’attuale quadro costituzionale, il concetto di patrimonio culturale, il rapporto tra beni ambientali e paesaggistici e i diversi ambiti di tutela e valorizzazione.

“In attuazione dell’art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale in coerenza con le attribuzioni di cui all’art. 117 della Costituzione e secondo le disposizioni del presente codice”


2.1 - Riflessioni generali sul quadro costituzionale alla luce dei principi del nuovo Codice

Esiste in realtà una incoerenza tra quanto disposto dall’art 9 della Costituzione e la lettera dell’art. 1 del nuovo Codice sopra citata.
Infatti l’art 9 della Costituzione sancisce che “la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” ma non parla di valorizzazione come invece dispone l’art. 117 novellato, peraltro esplicitandola soltanto per i beni culturali e ponendo dubbi interpretativi se, tale separazione di ambito, sia valevole anche per i beni ambientali.

Sembra che il nuovo Codice per alcuni aspetti riapra, ammesso che si possa considerare poi mai completato, il dibattito sull’interpretazione dell’art 910 . Il primo orientamento della dottrina11 sul concetto di “paesaggio”, richiamandosi al criterio esegetico della “pietrificazione”, ritenne di interpretare tale espressione limitandola alle bellezze naturali - a ciò che quindi è solo bello da vedere -, dovendosi ritenere tale l’intento dei costituenti.

Tale visione restrittiva è stata poi superata dalla dottrina, con la nozione di paesaggio da intendersi come “forma del paese”12 , dalla giurisprudenza13 e dalla legislazione successiva, in particolare con la legge n. 431/85 la c.d. “Galasso” attraverso la quale buona parte del territorio italiano viene “coperto” dal vincolo paesaggistico ope legis, a prescindere quindi da un iter amministrativo di individuazione come previsto dalla legge n. 1497/1939 sulle bellezze naturali.

Per inquadrare veramente in maniera “coerente” la previsione del Codice occorre considerare anche il comma 5 dello stesso articolo, in cui viene disposto che le attività concernenti la conservazione, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale “sono svolte in conformità alla normativa di tutela”. Pare di poter rilevare che, indipendentemente dalla bipartizione tra tutela e valorizzazione ai sensi dell’art. 117, l’aspetto della tutela, l’unico previsto nell’art. 9 della Costituzione, resta comunque prevalente, nei principi del nuovo codice.

In ottica storico-comparativa del diritto dell’ambiente si può notare come il tentativo di coniugazione tra esigenze di protezione e di valorizzazione ha un antecedente illustre nella legge quadro sulle aree naturali protette del 1991, disciplina con forti attinenze ed interazioni con la tutela del paesaggio, laddove si persegue la finalità di “garantire e di promuovere, in forma coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale del paese”14.

Così come per le aree naturali protette, anche per il paesaggio si pone il delicato problema del modo con cui affrontare, in chiave moderna di sostenibilità, politiche sul territorio che siano in grado da un lato di preservare quegli ambiti paesaggistici unici e fragili e dall’altro forme di sviluppo economico che non comportino eccessive alterazioni all’ecosistema15.

Allargando il respiro della riflessione occorre notare come il diritto dell’ambiente sta vivendo una fase di forte messa in discussione dettata dalla necessità di adeguarsi ai cambiamenti della realtà moderna. Troppo spesso le normative ambientali sono nate, specie in Italia, in modo estemporaneo, con discussioni parlamentare lunghe e travagliate, per rispondere ad emergenze inattese piuttosto che per scelte normative calcolate e razionali, spesso per adempiere ad obblighi comunitari più che per motivazioni politiche interne, focalizzate su politiche di command and control più che su scelte di tipo volontario.

Alla luce dei grandi processi di sensibilizzazione a livello globale, emersi in convenzioni internazionali, dichiarazioni di principio (c.d. soft law) e nei trattati comunitari, viene da chiedersi se l’attuale art. 9 necessiti di opportune modifiche al fine di rendere anche i principi fondamentali della nostra Costituzione maggiormente espliciti per ciò che concerne la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema .

Infatti, seppur è stato colmato il vuoto costituzionale in materia con l’introduzione nell’art. 117 di “tutela dell’ambiente e dell’ecosistema”, tale spazio giuridico sembra più predisposto per individuazione di ambiti di competenze legislativa che terra di valori.

2.2 - Il concetto di patrimonio culturale

L’articolo di apertura del nuovo Codice non segue esattamente la “lettera” dell’articolo 9 della Costituzione nemmeno per quanto concerne l’oggetto di tutela, scegliendo l’espressione semantica di “patrimonio culturale”, costituito “dai beni culturali e paesaggistici”16 e non di “paesaggio e il patrimonio storico e artistico”.

Il concetto di “patrimonio culturale” sembra però più esteso di “patrimonio storico e artistico” potendo immaginarsi, con una interpretazione riduttivo-minimalista, un qualcosa di culturale che non sia storico o artistico o paesaggistico.
Quindi la scelta di una base concettuale di principio più ampia non può che essere vista in modo positivo, anche se, è bene considerare, che l’estensione in fase prodromica non garantisce di per sé, i contenuti e le valenza delle disposizioni normative applicative.

Tra l’altro, l’espressione “patrimonio culturale” echeggia anche nell’art. 3 del Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, adottato per consenso dalla Convenzione Europea il 13 giugno ed il 10 luglio 2003, dove si propone tra gli obiettivi dell’Unione di vigilare alla “salvaguardia e allo sviluppo del patrimonio culturale europeo”17 .

Ad ogni modo, rispetto al testo previgente, esiste un concetto di fondo che riassume l’ambito di applicazione del Codice, il patrimonio culturale, a prescindere che poi prosegua, inevitabilmente, la bipartizione tra “beni culturali” a cui viene dedicata la Parte II e “beni paesaggistici”, nella parte III.

Stabilito che il “patrimonio culturale” è costituito dai beni culturali e paesaggistici, i primi sono “le cose immobili che, ai sensi degli art. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”18 , mentre i secondi sono “gli immobili e le aree indicati all’articolo 13419 , costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge”20 .

2.3 - Beni ambientali e beni paesaggistici

Una rilevante ambiguità è rintracciabile, sempre a livello terminologico, nel nuovo codice.
Infatti mentre il testo del ’99 suddivideva tra “Beni culturali” e “Beni paesaggistici ed ambientali”, peraltro poi individuando esplicitamente solo quelli ambientali, il nuovo Codice disponendo che il patrimonio culturale è composto dai beni culturali e dai beni paesaggistici non riutilizza l’espressione “bene ambientale”.

Si nota quindi una asimmetria con le espressioni costituzionali, tra le quali, come già detto, troviamo “valorizzazione dei beni culturali ed ambientali” tra le materie concorrenti.
In pratica, ammesso che stiamo parlando dello stesso oggetto di tutela, paradossalmente il “vecchio” testo unico (1999) utilizzava un espressione che successivamente è stata introdotta in Costituzione (2001), mentre il neo-codice (2004) non utilizza quella attuale riproponendo quella antecedente ma non dettagliata dal vecchio codice…

Premesso ciò, mentre il Testo unico del 1999 individuava i beni ambientali come somma dei beni individuati tramite iter amministrativo (le bellezze naturali del 1939) e delle zone “Galasso”, ai sensi del nuovo codice i beni paesaggistici sono21 :
a) gli immobili e le aree indicati all’articolo 13622 , individuati ai sensi degli articoli da 138 a 14123 ;
b) le aree indicate all’articolo 14224 ;
c) gli immobili e le aree comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156.

A prescindere dai paradossi terminologici sopra richiamati l’alveo dei neo-beni paesaggistici risulta essere potenzialmente ridotto rispetto a quello degli ex-beni ambientali in quanto la lettera c) non risulta, come potrebbe sembrare, un qualcosa in più rispetto alle zone “Galasso”, ma un richiamo ad una disposizione successiva inerente i nuovi piani paesaggistici (vedi punto 3.1).

2.4 - Tra tutela e valorizzazione

Come già affermato, la riforma della Costituzione del 2001 ha realizzato uno split tra tutela e valorizzazione25 espresso chiaramente per i beni culturali, prevedendo per la prima la competenza esclusiva statale e per la seconda una potestà concorrente.

Rebus sic stantibus, in merito ai beni ambientali, il fatto che sia previsto tra le materie concorrenti solo la “valorizzazione” potrebbe portare a concludere, vista la bipartizione tutela/valorizzazione, che la loro tutela sia da attribuire esclusivamente alle Regioni in quanto non espressa. D’altro canto è previsto “tutela dell’ambiente” tra le esclusive statali e da qui, l’ulteriore questione su come debbano rapportarsi “tutela dell’ambiente” e “tutela dei beni ambientali” non ritenendosi percorribile l’ipotesi sopra accennata di una attribuzione di competenza esclusiva alle Regioni in tale ambito, risultando palesemente eccessiva e basata su di una interpretazione letterale e non sistematica del novellato testo costituzionale.

Del resto, ritornando all’art 9, essendo la Repubblica il soggetto chiamato in causa è difficile credere che un livello territoriale possa reclamare la competenza esclusiva sulla tutela del paesaggio. Si ricorda inoltre come la stessa Corte Costituzionale26 , esprimendosi a riguardo della materia “tutela dell’ambiente”, di competenza esclusiva statale alla lettera della novellata Costituzione, ha ritenuto di non doverla interpretare in senso tecnico ma come valore trasversale dell’ordinamento giuridico e quindi, come deduzione logica, difficilmente attribuibile ad unico referente istituzionale.

Entrando nel merito dei 2 ambiti, la tutela consiste “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione”27, mentre la valorizzazione “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale.28

Quindi, in sostanza, ai fini della tutela del paesaggio, la tutela è attività di ricognizione sul territorio al fine di individuare gli ambiti paesaggistici da proteggere e conservare29 , mentre la valorizzazione è orientata alla promozione e all’ottimizzazione della fruizione pubblica, sempre che ciò non comporti “pregiudizio alle esigenze di tutela”30 , ribadendo l’enunciazione di principio vista in precedenza all’art. 1 comma 5.

Per ciò che concerne la tutela, al fine assicurarne l’esercizio unitario31, richiamando l’articolo 118 della Costituzione32, le funzioni sono attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali, che le esercita direttamente o può conferirne l’esercizio alle Regioni tramite forme di intesa e di coordinamento.

Analizzando separatamente però la disciplina che il Codice detta a riguardo della tutela dei beni culturali e dei beni paesaggistici si rileva la differenza delle 2 discipline in attuazione dell’art. 117. Infatti mentre per i primi le funzioni sono prevalentemente accentrate presso il Ministero dei Beni e delle attività culturali (BAC) - mentre vengono previste per gli altri enti pubblici territoriali forme di cooperazione in conformità al Titolo I della Parte II del Codice dedicati alla Tutela dei beni culturali33 -, per i beni paesaggistici le funzioni amministrative sono conferiti alle Regioni , rimandando alle disposizione contenute nella Parte III del Codice34 e mantenendo salve le funzioni già conferite alla Regioni, riferendosi al D.P.R. n. 616 del 1977 con il quale sono state “delegate alle Regioni le funzioni amministrative esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato per la protezione delle bellezze naturali per quanto attiene alla loro individuazione, alla loro tutela e alle relative sanzioni”35.

Nel merito della valorizzazione invece il codice la considera a tutti gli effetti una materia concorrente disponendo esplicitamente di fissare “i principi fondamentali”36 lasciando alle regioni la propria potestà legislativa nel rispetto di essi. A tutti gli effetti quindi il nuovo codice è da considerarsi, nelle intenzioni del legislatore, una legge quadro per la valorizzazione del paesaggio.


3 – Cenni alle principali novità apportate dal Codice alla normativa sul paesaggio

Doverosa premessa. Per analizzare in modo appropriato il nuovo codice ed esprimere una valutazione complessiva delle scelte legislative, dei potenziali effetti, delle ricadute concrete sul territorio e delle interrelazioni con le altre discipline di settore occorrerebbe un approfondimento che va al di là del presente contributo37 .
Mi limito quindi a sintetizzare le principali innovazioni apportate dal legislatore in merito di tutela e valorizzazione del paesaggio al fine di complementare le riflessioni a livello di coerenza costituzionale e di scelte terminologiche con aspetti più concreti, considerandone due: i nuovi piani paesaggistici e l’iter per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica “a regime”.


3.1 - I nuovi piani paesaggistici

I nuovi piani paesaggistici ripartiscono il territorio in “ambiti omogenei, da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi o degradati”, ed in funzione dei vari livello di valori paesaggistico individuato attribuiscono a ciascun ambito un obiettivo di qualità paesaggistica che debbono prevedere in particolare38 :
a) il mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, nonché delle tecniche e dei materiali costruttivi;
b) la previsione di linee di sviluppo urbanistico ed edilizio compatibili con i diversi livelli di valore riconosciuti e tali da non diminuire il pregio paesaggistico del territorio, con particolare attenzione alla salvaguardia dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO e delle aree agricole;
c) il recupero e la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, al fine di reintegrare i valori preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati con quelli.
Il piano paesistico ha contenuto descrittivo, prescrittivi, propositivo e la sua elaborazione prevede i seguenti steps39 :
a) ricognizione dell’intero territorio, attraverso l’analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;
b) analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l’individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo;
c) individuazione degli ambiti paesaggistici e dei relativi obiettivi di qualità paesaggistica;
d) definizione di prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio compreso negli ambiti individuati;
e) determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico;
f) individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate;
g) individuazione delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate;
h) individuazione, ai sensi dell’articolo 134, lettera c), di eventuali categorie di immobili o di aree, diverse da quelle indicate agli articoli 136 e 142, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione.

Le Regioni hanno 4 anni di tempo, a decorrere dal 1 maggio 2004, per verificare la congruenza tra i piani paesistici attualmente vigenti (laddove siano approvati) e i nuovi contenuti richiesti dal codice e provvedere agli opportuni adeguamenti se necessari.

Ai fine della comprensione dei nuovi piani paesaggistici e per chiarire quanto prima affermato che i beni paesaggistici del nuovo codice potenzialmente siano un concetto ridotto rispetto ai beni ambientali del Testo unico del 1999 rileva il comma 5 dell’art. 143, dove si dispone che il piano possa prevedere:
a) le aree, tutelate ai sensi dell’articolo 142, nelle quali la realizzazione delle opere e degli interventi consentiti, in considerazione del livello di eccellenza dei valori paesaggistici o della opportunità di valutare gli impatti su scala progettuale, richiede comunque il previo rilascio dell’autorizzazione di cui agli articoli 146, 147 e 159;
b) le aree, non oggetto di atti e provvedimenti emanati ai sensi degli articoli 138, 140, 141 e 157, nelle quali, invece, la realizzazione di opere ed interventi può avvenire sulla base della verifica della conformità alle previsioni del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico, effettuata nell’ambito del procedimento inerente al titolo edilizio e con le modalità previste dalla relativa disciplina, e non richiede il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica
c) le aree significativamente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi di recupero e riqualificazione non richiede il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

In sintesi adesso le Regioni, a differenza del Testo unico del 1999 hanno un potere di escludere la richiesta per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di opere ed interventi sia nelle zone “Galasso” (ma non per ciò che è tutelato in seguito ad iter amministrativo) ed individuabile nella lettera b) ritenendo in tal caso sufficiente la verifica di conformità tra piano paesaggistico e strumento urbanistico, sia nelle zone compromesse e degradate, come da lettera c).
Peraltro, il fatto che l’autorizzazione pare diventare più una eccezione che una regola nelle zone “Galasso” sembra chiaramente rinvenibile sia nel disposto della lettera a), sia nell’apertura dell’art. 142, elencante le zone Galasso con l’aggiunta, rispetto al testo unico del 1999, delle parole “fino all’approvazione dei piani paesaggistici”.

Per ciò che concerne il coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione, le previsioni dei piani paesaggistici sono “cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresì vincolanti per gli interventi settoriali”40 .

Al massimo entro 2 anni dalla approvazione o entro la data prevista nel piano, “i comuni, le città metropolitane, le province e gli enti gestori delle aree naturali protette conformano e adeguano gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica alle previsioni dei piani paesaggistici”41 , introducendo, se necessario, le ulteriori previsioni conformative che risultino utili alla luce delle caratteristiche del territorio.

Se è condivisibile l’idea che il piano paesaggistico conformi gli strumenti “classici” di governo del territorio è sollevabile invece qualche perplessità laddove si richieda l’adeguamento agli enti di gestione di aree protette - peraltro espressione un po’ vaga - alla luce della particolare forza del piano del parco che, ai sensi della legge quadro sulle aree naturali protette, nel caso dei parchi nazionali42 “ha effetto di dichiarazione di pubblico generale interesse e di urgenza e di indifferibilità per gli interventi in esso previsti e sostituisce ad ogni livello i piani paesistici, i piani territoriali o urbanistici e ogni altro strumento di pianificazione”43 .

3.2 - L’iter per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica “a regime”

E’ da intendersi “a regime” la fase dopo l’approvazione dei nuovi piani paesaggistici con relativi adeguamenti degli strumenti urbanistici in quanto le disposizioni transitorie44 confermano in sostanza il sistema del testo unico del 1999.

Tre sono i “soggetti” coinvolti nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica: la Commissione per il paesaggio, la soprintendenza e l’autorità competente alla decisione.
La Commissione per il paesaggio dovrà essere istituita entro il 1 maggio 2005 presso ogni ente locale, dovrà esser composta da “soggetti con particolare e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio”45, a titolo però gratuito46, e dovrà esprimere parere obbligatorio in merito al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Per ciò che concerne la Soprintendenza, l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, una volta accertata la compatibilità paesaggistica dell’intervento e acquisito il parere della Commissione per il paesaggio, deve trasmetterle entro 40 gg la proposta di autorizzazione corredata del progetto e della relativa documentazione e darne notizia agli interessati47 .

Salvo richiesta di integrazione, la soprintendenza ha 60 gg di tempo per far pervenire il suo parere dalla data di ricezione della proposta di autorizzazione48, trascorso il quale l’autorità competente assume comunque posizione in merito.

In ogni caso, l’autorizzazione paesaggistica è rilasciata o negata entro 20 gg dalla data di ricezione del parere della soprintendenza, “costituisce atto distinto e presupposto della concessione o degli altri titoli legittimanti l’intervento edilizio”, diventa efficace “trascorsi 20 gg dalla sua emanazione”49 e, viene precisato, che i lavori non possono essere iniziati in difetto di essa.
I lavori non possono essere iniziati in difetto dell’autorizzazione paesaggistica ma essa può non rispettare l’eventuale parere negativo della Soprintendenza. Ciò viene evidenziato in particolare nel comma 12 dell’art. 143 che prevede una interessante forma di pubblicità per le autorizzazioni rilasciate tramite un elenco, aggiornato almeno ogni 7 gg e liberamente consultabile, dove vengono indicate le date di rilascio di ognuna di esse corredate di un annotazione sintetica inerente l’oggetto e con la precisazione “se essa sia stata rilasciata in difformità del parere della Sopraintentenza”.

Nella valutazione complessiva del reale peso dei 3 soggetti nell’iter di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica il dominus appare sostanzialmente l’autorità competente, in quanto il parere della Commissione sul paesaggio è obbligatorio ma non vincolante, mentre quello della soprintendenza è un ibrido tra un parere obbligatorio – anche se l’obbligo è in realtà per l’autorità competente all’invio della proposta – ed un parere facoltativo, potendo proseguire l’iter in caso di non espressione e potendo anche essere disatteso.


4 - Considerazioni conclusive

L’articolo di apertura del codice mette in rilievo, ma sembra una esigenza percepita da tempo, la necessità di una modifica dell’art. 9 della Costituzione in chiave moderna e tenendo conto del mutato approccio alle politiche ambientali con le relative problematiche emerse negli ultimi decenni. L’assenza di un riferimento esplicito tra i principi fondamentali resta un evidente anacronismo, seppur sia stato colmato in qualche modo il vuoto costituzionale con la modifica dell’art. 117 e anche se in via implicita non è più da considerarsi un dubbio il fatto che l’ambiente o l’ecosistema sia un valore costituzionale.

Il nuovo codice riconsidera la normativa sul paesaggio alla luce dei nuovi riferimenti della Costituzione e sembrano di tutta evidenza l’aumento dei poteri sia delle regioni, in merito ai nuovi piani paesaggistici, sia degli enti locali, con il nuovo iter per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica tenuto conto dello scarso potere concreto dei 2 pareri espressi dalla Commissione sul paesaggio e dalla Soprintendenza; quest’ultima peraltro, concluso il periodo transitorio, perde la possibilità di annullare con parere motivato l’autorizzazione entro 60 gg dalla ricezione della completa documentazione .

A livello di scelte terminologiche l’espressione “patrimonio culturale” rappresenta un contenitore potenzialmente più esteso del dettato costituzionale anche se, come ribadito, ciò non esime dal valutare le ricadute oggettive e concrete. Qualche perplessità può nascere sull’espressione terminologica di “beni paesaggistici” laddove la Costituzione novellata parla di “beni ambientali”; ammesso che si parli delle stesse cose era forse preferibile riutilizzare l’espressione adesso prevista nel testo costituzionale.


Ultima riflessione sulla bipartizione fatta dal Codice – ma il Codice non segue altro che il dettato costituzionale - tra tutela e valorizzazione che potrebbe, almeno a mio parere, comportare più problemi di quanti ne risolva. Se a livello intuitivo tale diversificazione pare “decifrabile” non sembra infatti altrettanto semplice decifrarne la portata in ambito applicativo contingente.
Del resto, laddove il principio dello sviluppo sostenibile venga adeguatamente assimilato nelle scelte degli operatori economici sul territorio, pubblici e privati, forse la migliore forma di tutela sarebbe la valorizzazione.


1 Art 117 comma 2 lettera s) Cost.
2 E’ da ricordare come la Corte Costituzionale sia già intervenuta nel merito di tutela dell’ambiente interpretandola non come materia in senso tecnico ma come valore trasversale, vedi Sent. 407/2002
3 Art 117 comma 3 Cost.
4 Si ricorda che la tutela dell’ambiente prende la mosse in Italia, seppur in via mediata, da un sentenza della Corte di Cassazione che riconosce il diritto dell’individuo ad un ambiente salubre in virtù dell’art. 2 e 32 della Costituzione, vedi Sent. n.5172 del 1979 in “Giur. it.”, 1980, I,1,464
5 Anche se il centro decisionale sostanziale appare Bruxelles attraverso le disposizioni sulla Politica Agricola Comune.
6 Art 118 comma 3 Cost.

7 Sulla “leale collaborazione” tra Stato e Regioni in materia ambientale vedi, B.Caravita, Diritto dell’ambiente, 2001, Il Mulino, pp. 142-147

8 Si riporta integralmente, limitatamente all’oggetto di indagine, l’art. 10 della legge delega “ 1. Ferma restando la delega di cui all'articolo 1, per quanto concerne il Ministero per i beni e le attività culturali il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e, limitatamente alla lettera a), la codificazione delle disposizioni legislative in materia di:
a) beni culturali e ambientali…
2. I decreti legislativi di cui al comma 1, senza determinare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, si attengono ai seguenti princípi e criteri direttivi:
a) adeguamento agli articoli 117 e 118 della Costituzione;
b) adeguamento alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali;
c) miglioramento dell'efficacia degli interventi concernenti i beni e le attività culturali, anche allo scopo di conseguire l'ottimizzazione delle risorse assegnate e l'incremento delle entrate; chiara indicazione delle politiche pubbliche di settore, anche ai fini di una significativa e trasparente impostazione del bilancio; snellimento  e abbreviazione dei procedimenti; adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche
d) quanto alla materia di cui alla lettera a) del comma 1: aggiornare gli strumenti di individuazione, conservazione e protezione dei beni culturali e ambientali, anche attraverso la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, senza determinare ulteriori restrizioni alla proprietà privata, né l'abrogazione degli strumenti attuali e, comunque, conformandosi al puntuale rispetto degli accordi internazionali, soprattutto in materia di circolazione dei beni culturali; riorganizzare i servizi offerti anche attraverso la concessione a soggetti diversi dallo Stato mediante la costituzione di fondazioni aperte alla partecipazione di regioni, enti locali, fondazioni bancarie, soggetti pubblici e privati, in linea con le disposizioni di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, e successive modificazioni; adeguare la disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali, modificando le soglie per il ricorso alle diverse procedure di individuazione del contraente in maniera da consentire anche la partecipazione di imprese artigiane di comprovata specializzazione ed esperienza, ridefinendo i livelli di progettazione necessari per l'affidamento dei lavori, definendo i criteri di aggiudicazione e prevedendo la possibilità di varianti oltre i limiti percentuali ordinariamente previsti, in relazione alle caratteristiche oggettive e alle esigenze di tutela e conservazione dei beni; ridefinire le modalità di costituzione e funzionamento degli organismi consultivi che intervengono nelle procedure per la concessione di contributi e agevolazioni in favore di enti ed istituti culturali, al fine di una precisa definizione delle responsabilità degli organi tecnici, secondo princípi di separazione fra amministrazione e politica e con particolare attenzione ai profili di incompatibilità; individuare forme di collaborazione, in sede procedimentale, tra le amministrazioni per i beni e le attività culturali e della difesa, per la realizzazione di opere destinate alla difesa militare;…”

9 Pubblicato in GG.UU. n. 45 del 24 febbraio 2004, s.o. n. 28

10 Si ricorda come l’art. 9 sia stato uno dei cardini sulla quali la dottrina e la giurisprudenza si è maggiormente appellata per colmare il vuoto della Costituzione che, prima della riforma del titolo V, non prevedeva nessuna disposizione esplicitamente dedicata all’ambiente.
11 A.Sandulli, La tutela del paesaggio nella Costituzione, in “Rivista giur. dell’edilizia”, 1967, II, pp. 62 e ss.
12 A.Predieri, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in “Studi XX Assemblea costituente, 1969, Firenze. Si riporta il passaggio più significativo in cui l’Autore evidenzia l’esigenza del superamento di un criterio estetico in due direzioni. “Nella prima, il paesaggio come forma sensibile dell’ambiente investe non solo le bellezze naturali con riferimento a criteri estetici, ma ogni preesistenza naturale, l’intero territorio, la flora e la fauna, in quanto concorrono a costituire l’ambiente in cui vive e agisce l’uomo. Nella seconda (e più ricca di implicazioni e di conseguenze) la tutela del paesaggio come forma del paese, plasmata dall’azione della comunità investe ogni intervento umano che operi nel divenire del paesaggio, qualunque possa essere l’area in cui viene svolto”

13 Nel 1976 la Corte Costituzionale prima rigetta l'utilizzo del criterio della pietrificazione nell'interpretazione delle norme costituzionali sulla tesi che "il senso delle disposizioni costituzionali si evolve con il tempo a causa delle modificazioni introdotte nell'ordinamento normativo complessivo in cui sono inserite e del divenire storico della società in cui quelle sono applicate" (Sent. n. 106 del 1976) e poi avalla, in linea con l'interpretazione estensiva "Predieriana" del paesaggio, una legge della Val d'Aosta che dichiara la flora spontanea bene da tutelare, cfr Sent. n. 210 del 1976
14 Art 1 comma 1 Legge n. 394/1991

15 De iure condendo si segnala la proposta di revisione costituzionale dell'art. 9, Testo unificato C. 4307 cost. Sen. Specchia ed altri, approvata dal Senato, C. 705 cost. Rocchi, C. 2949 cost. Lion, C. 3591 cost. Schmidt, C. 3666 cost. Colucci, C. 3809 cost. Milanese, C. 4181 cost. Calzolaio, C. 4423 cost. Cima e C. 4429 cost. Mascia
16 Art 2 comma 1 D.Lgs. n. 42/2004
17 Per un'ampio studio in merito al Progetto di Costituzione europea vedi, F.Bassanini-G.Tiberi (a cura di), Una Costituzione per l'Europa, Quaderni di Astrid, Il Mulino, 2003

18 Art 2 comma 3 D.Lgs. n. 42/2004
19 Ai sensi dell'art. 134 "Sono beni paesaggistici: a) gli immobili e le aree indicati all'articolo 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141; b) le aree indicate all'articolo 142; c) gli immobili e le aree comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156."
20 Art 2 comma 3 D.Lgs. n. 42/2004
21 Art 134 D. Lgs. n. 42/2004
22 Che riporta l'art. 1 della legge n. 1497/1939 poi art. 139 D.Lgs. 490/1999 intitolato "Beni soggetti a tutela"
23 Tali articoli contengono la nuova procedura di identificazione parzialmente difforme dalla precedente
24 In cui viene trasposta la legge "Galasso" ma con 2 modifiche, una alla lettera g) aggiungendo il riferimento al D.Lgs. n. 227/2001 ed una alla lettera m) inerente le zone di interesse archeologico precisando "quelle individuate alla data del presente codice". La seconda modifica è da coordinarsi con l'art. 138 e con l'art. 157 comma 2.
25 Tale separazione di ambito non è una novità essendo stata precedentemente proposta dall'art. 143 del D.Lgs. n. 112/98 in attuazione della legge n. 59/98, c.d. Bassanini che viene comunque abrogata esplicitamente dal nuovo codice assieme agli artt. 150,152 e 153 come disposto dall'art 184 comma 1.

26 Sent. 407/2000, per un commento alla sentenza vedi T.Marocco, Riforma del Titolo V della Costituzione e ambiente: ovvero come tutto deve cambiare, perché non cambi niente, in "Rivista giuridica dell'ambiente", 2002, n. 6, pp. 937-946
27 Art 3 comma 1, D.Lgs. n. 42/2004
28 Art. 6 comma 1, D.Lgs. n. 42/2004
29 Anche se l'espressione "per fini di pubblica fruizione" sembra creare un "ponte" con l'attività di valorizzazione la quale prevede, inevitabilmente, anche la fruizione collettiva del bene.
30 Art 6 comma 2, D.Lgs. n. 42/2004
31 Art 4 comma 1, D.Lgs. n. 42/2004
32 Il rimando è all'art. 118 comma 3 che peraltro dispone che la legge statale disciplina forma di coordinamento e d'intesa per la tutela dei soli beni culturali.

33 Art. 5 comma 1, D.Lgs. n. 42/2004
34 Art. 5 comma 6, D.Lgs. n. 42/2004
35 Art 82 comma 1 DPR 616/1977. E' noto poi come la scelta delle Regioni, salvo il Piemonte, sia stata quella di sub-delegare ai comuni tale funzione.
36 Art 7 comma 1, D.Lgs. n. 42/2004
37 A titolo puramente esemplificativo il nuovo Codice richiederebbe analisi complementari con il Testo Unico sull'edilizia, entrato in vigore dopo alcune proroghe il 31 giugno 2003 e modificato dal D.lgs. n. 301/2002 per adeguarlo alle disposizione della c.d. legge "obiettivo".
38 Art 143 comma 2, D.Lgs. n. 42/2004
39 Art 143 comma 3, D.Lgs. n. 42/2004

40 Art. 145 comma 3 D.Lgs. n. 42/2004
41 Art. 145 comma 4, D.Lgs. n. 42/2004
42 Ma anche nel caso dei parchi regionali, cfr art. 22 comma 2 legge n. 394/1991
43 Art 12 comma 7 legge n. 394/1991
44 Art. 159 D.Lgs. n. 42/2004
45 Art 148 comma 2, D.Lgs. n. 42/2004
46 Art 183 comma 3 D.Lgs. n. 42/2004
47 Tale comunicazione costituisce avviso di inizio procedimento ai sensi della legge n. 241/1990
48 Art 146 comma 7, D.Lgs. n. 42/2004
49 Art 146 comma 10, D.Lgs. n. 42/2004