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Appunti in materia di condono edilizio nel processo penale

Giovanni De Marco


Con l’art. 32 del d.l. 269/2003, nel testo risultante a seguito della legge di conversione 24/11/2003 n. 326, viene introdotto il terzo condono edilizio degli ultimi venti anni. Il legislatore, peraltro, si avvale di una tecnica legislativa assai infelice dal momento che, piuttosto che disciplinare in maniera autonoma ed organica l’istituto, ai fini della sua definizione realizza un tortuoso meccanismo di rinvii alle due leggi preesistenti: e cioè ai capi IV e V della legge 47/85 ed all’art. 39 della legge 724/94. Proprio tale meccanismo di rinvii e di reciproche integrazioni, a prescindere dalla legittimità costituzionale del provvedimento – cosa per la quale è stata già reiteratamente investita la Corte Costituzionale – ne rende piuttosto ardua la comprensione.
 

Ambito applicativo.

Innanzitutto deve evidenziarsi come, secondo quanto stabilito dal comma 25, le leggi summenzionate possono trovare applicazione esclusivamente con riferimento alle opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003.

Oltre al limite temporale viene posta una limitazione con riferimento alla tipologia di intervento suscettibile di sanatoria. Infatti la disciplina del condono è applicabile a qualunque ampliamento dell’esistente, sempre che questo sia contenuto nel limite del 30 per cento della volumetria originaria o, in alternativa, non sia superiore a 750 mc.
Sicchè, per un verso, sarà suscettibile di condono anche un ampliamento superiore a 750 mc, quando questo sia inferiore al 30% della volumetria originaria; per altro verso sarà suscettibile di condono anche un ampliamento superiore al 30% della volumetria originaria se, comunque, inferiore a 750 mc.
È poi applicabile la disciplina del condono anche alle costruzioni integralmente nuove, ma in questo caso solo se aventi natura residenziale, e sempre che il volume non sia superiore a 750 mc. per singola richiesta, ed 3.000 mc. per l’opera nel suo complesso.

In proposito va osservato che la legge non definisce cosa intendere per natura residenziale. Pertanto, in assenza di altri elementi, appare logico riferirsi a quanto desumibile dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, il quale distingue tra insediamenti residenziali, insediamenti industriali e assimilati, insediamenti agricoli, insediamenti destinati ad interesse generale. Con la conseguenza che il condono potrà considerarsi ammissibile anche per quelle costruzioni non aventi diretto carattere residenziale (quali un garage, una cantina, ecc.), purchè non aventi destinazione industriale, artigianale, commerciale o agricola.

Il nuovo condono, poi, presenta una portata significativamente più ampia di quello operato nel 1994, dal momento che la sanatoria viene estesa a tutte le costruzioni aventi consistenza fino a 3.000 mc., mentre il precedente, nella rigorosa interpretazione giurisprudenziale prevalsa, trovava il limite assoluto nella volumetria di 750 mc.

Infine occorre soffermarsi sul concetto di “ultimazione”. In proposito deve ritenersi che il richiamo alla l. 47/85 (v. tra l’altro i commi 25 e 28) – così come è stato ritenuto a suo tempo con la l. 724/94 – renda applicabile la disciplina eccezionale dettata da tale normativa. Sicchè, come disposto dall’art. 31 cpv. l. 47/85, ai fini del condono si devono considerarsi ultimati gli edifici in cui sia stato eseguito il rustico e completata la copertura o, nel caso di interventi su opere già esistenti, quando essi siano stati completati funzionalmente.
In tal senso deve ritenersi che per copertura debba intendersi il solaio di copertura e non eventuali piani prodromici ad ulteriori innalzamenti in corso di realizzazione e, dunque, eventuali solai di interpiano.
Secondo il disposto dell’art. 43 c. 5, poi, la sanatoria deve ritenersi applicabile anche a quelle costruzioni non ultimate per l’intervento – ovviamente entro il 31/3/2003 – di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali (ed in particolare il sequestro). In tal caso il condono è limitato alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità, a nulla rilevando, però, le ipotizzate o ipotizzabili intenzioni dell’autore.

Quando gli interventi abusivi non presentino le predette caratteristiche non potrà trovare applicazione in alcun modo la disciplina del condono. Ne consegue che non sarà applicabile la disciplina della sospensione dei processi, e nessun effetto potrà spiegare il silenzio serbato dall’amministrazione sulla eventuale domanda di condono, silenzio che, in particolare, non potrà produrre la formazione del silenzio accoglimento.


Condizioni di operatività del condono.

Fermi restando i predetti, invalicabili, limiti esterni, la legge prevede una serie di condizioni perché il condono possa essere concesso.
Innanzitutto, secondo il comma 27 dell’art. 32 cit., sono escluse dal condono, tra l’altro, le opere realizzate dal proprietario condannato per taluni reati (416 bis, 648 bis, 648 ter c.p.); le opere non suscettibili di adeguamento sismico; quelle realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale; quelle realizzate in zone in cui il comune subordina il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria alla verifica che le stesse non insistano su aree boscate o su pascolo i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco; quelle realizzate nelle aree appartenenti al demanio marittimo e classificate come di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima in base all’apposito elenco formato con d.p.c.m. a norma del d.P.R. 616/77.

Poste dette esclusioni il comma 26 dell’art. 32 cit. dichiara suscettibili di sanatoria edilizia: tutte le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio, siano esse o meno conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, ivi comprese le opere di ristrutturazione edilizia, di restauro e risanamento conservativo e di manutenzione straordinaria, nonché tutte quelle altre opere o modalità di esecuzione, che non abbiano determinato variazioni di superficie o di volume. La norma, peraltro, in maniera apparentemente contraddittoria, rinvia alle leggi regionali per la disciplina del condono relativo agli interventi di ristrutturazione, risanamento e manutenzione eseguite in zone non soggette a vincoli.
In pratica, dunque, è suscettibile di condono qualunque tipologia di intervento edilizio. Dubbi si pongono con riferimento agli interventi di lottizzazione abusiva. Ferma restando l’insuscettibilità di sanatoria con riferimento alla lottizzazione negoziale – che non determina realizzazione di opere – ci si deve domandare se la disciplina del condono sia applicabile con riferimento alla lottizzazione reale. Sul punto, nel silenzio della legge, appare utile evidenziare come il reato di lottizzazione abusiva implichi qualcosa di più che la semplice realizzazione di un’opera abusiva, determinando un’illecita trasformazione urbanistica. Sicchè, poiché la legge non si estende a ricomprendere simili interventi, dovrebbe escludersi la condonabilità della lottizzazione e, dunque, l’estinzione del relativo reato. Del resto già sotto la vigenza dei precedenti condoni la giurisprudenza si era orientata proprio in tal senso, ritenendo suscettibile di condono il singolo manufatto edilizio, ma non la complessiva lottizzazione. Accogliendo tale interpretazione, non essendo il reato nemmeno astrattamente suscettibile di sanatoria, non potrebbe trovare applicazione nemmeno la disciplina della sospensione dei processi.


Opere realizzate su terreno pubblico

Se le opere abusive sono realizzate su aree di proprietà dello Stato o facenti parte del demanio statale, ad eccezione del demanio marittimo, a norma del comma 14 la sanatoria è subordinata alla disponibilità dello Stato a cedere in proprietà o in uso l’area in questione. A tal fine deve essere presentata entro il 31 marzo 2004 apposita domanda alla filiale dell’Agenzia del demanio territorialmente competente con attestazione del pagamento della somma dovuta a titolo di indennità per l’occupazione pregressa. Detta Agenzia, quindi, dovrebbe esprimere la disponibilità alla cessione dell’area entro il successivo 31 dicembre. Va da se che la mancata presentazione dell’istanza e della quietanza, così come la indisponibilità alla concessione della stessa (come si desume dal comma 27 lett. c) è condizione ostativa per la sanatoria. Per contro si desume dal tenore del comma 18 che la effettiva cessione dell’area non sia condizione per il perfezionamento del condono.

Analoga procedura deve essere seguita, secondo il disposto del novellato art. 32 l. 47/85, se le opere sono realizzate su area di proprietà di altri enti pubblici territoriali. In tal caso, infatti, deve essere inoltrata all’Ente territoriale competente richiesta di disponibilità all’uso dell’area, sulla quale l’ente si dovrebbe pronunciare entro 180 giorni.
In tale circostanza, pur in assenza di un espresso richiamo, deve ritenersi operante il termine del 31 marzo per la presentazione dell’istanza, dal momento che questa, unitamente alla conseguente dichiarazione di disponibilità, costituiscono condizioni per il condono.

In entrambi i casi, poi, il legislatore non chiarisce le conseguenze della mancata pronuncia in ordine alla disponibilità in concessione dell’area, e, in particolare, se questa debba intendersi come silenzio rigetto. Nel silenzio della legge deve ritenersi, pertanto, che il termine sia solo ordinatorio e, comunque, privo di conseguenze dirette sulla procedura per il condono, sulla quale può incidere esclusivamente l’accoglimento o il diniego espressi.

Non è chiara, invece, la condonabilità delle opere realizzate su suolo demaniale marittimo. Per un verso, infatti, il comma 14 del decreto legge è stato modificato in sede di conversione, escludendosi dalla possibilità di sanatoria delle occupazioni dei suoli pubblici il demanio marittimo, lacuale e fluviale, nonché i terreni gravati da usi civici; contestualmente il modificato art. 32 l. 47/85 non prevede più le aree di proprietà dello Stato tra quelle per le quali possa essere concessa la disponibilità ai fini della sanatoria. Per altro verso, però, il comma 27 cit. esclude espressamente dal condono solo le costruzioni ricadenti in alcune aree del demanio marittimo, con il che implicitamente ammettendo il condono nelle altre aree. Ma in tal caso occorrerebbe domandarsi con quale procedura.


Opere realizzate in zona soggetta a vincolo

Stante la disciplina di cui agli artt. 32 e 33 l. 47/85, richiamata dal d.l. 269/03, nonché in virtù del comma 27 lett. d), deve ritenersi che ove l’opera abusiva venga realizzata in zona soggetta a vincolo paesaggistico questa è insuscettibile di condono nell’ipotesi in cui il vincolo sia stato apposto prima dell’esecuzione dell’opera e determini l’inedificabilità assoluta (art. 33 cit.); oppure, ferma restando l’anteriorità del vincolo, qualora l’intervento sia stato realizzato in difformità da titolo abilitativo e sia in contrasto con le norme urbanistiche e con gli strumenti urbanistici (comma 27 lett. d); o, infine, quando il vincolo, ancorchè imposto successivamente alla realizzazione dell’opera, derivi da fascia di rispetto delle strade, ed il mantenimento dell’opera costituisca minaccia alla sicurezza del traffico (art. 32 c. 2 lett. c l. 47/85).
In tutti gli altri casi il condono è subordinato al parere favorevole dell’autorità competente alla tutela del vincolo secondo le procedure del novellato art. 32 l. 47/85. A tal fine deve essere presentata l’apposita richiesta all’amministrazione competente, la quale deve esprimere il parere entro 180 giorni, trascorsi i quali si forma il silenzio rigetto, avverso il quale può essere proposto ricorso giurisdizionale.


La procedura

Dall’entrata in vigore del decreto legge e fino alla scadenza del 31/3/2004 (termine che molto probabilmente verrà prorogato), tutti i procedimenti penali restano sospesi, salvo che le parti non richiedano la prosecuzione del processo. L’effetto discende dalla disciplina di cui all’art. 44 l. 47/85, sostanzialmente richiamata dal comma 28 dell’art. 32 d.l. 269/03. Deve osservarsi, peraltro, come la omessa sospensione del processo, e dunque la pronuncia di sentenza pur in pendenza del termine di cui all’art. 44 cit. (come di quello di cui all’art. 38 di cui si dirà), non determina alcuna nullità, non essendo questa prevista dalla norma, così come riconosciuto da costante giurisprudenza formatasi in ordine ai precedenti condoni.
Come sopra osservato, inoltre, la sospensione può operare solo con riferimento agli abusi astrattamente suscettibili di condono a norma del summenzionato comma 25, sicchè deve riconoscersi, comunque, un potere di accertamento del giudice circa l’epoca di ultimazione dell’opera e circa la consistenza della stessa.
Opera, inoltre, la sospensione non solo con riferimento ai reati propriamente urbanistici ed edilizi (con l’eccezione sopra evidenziata della lottizzazione abusiva), ma anche con riferimento ai reati in materia di violazione dei vincoli (in particolare, ovviamente, il vincolo paesaggistico), anch’essi suscettibili di condono, come precisato dalla disciplina del novellato art. 32 l. 47/85.
La sospensione del processo, inoltre, può essere estesa anche agli altri reati, non suscettibili di condono (per esempio reati in materia di violazione dei sigilli, di occupazione abusiva di suolo pubblico o demaniale), legati ai primi dal vincolo della continuazione. Ne consegue che, ove effettivamente sospeso il processo, la sospensione dei termini di prescrizione opererà anche con riferimento a detti reati.

Entro la data del 31/3/2004 (termine che, come già detto, verrà probabilmente prorogato), a pena di decadenza, a norma del comma 32 d.l. 269/03, deve essere presentata al comune competente la domanda di condono unitamente alla dichiarazione redatta sul modello previsto dalla legge, con l’attestazione dell’avvenuto pagamento dell’oblazione e dell’anticipazione degli oneri concessori, oltre alla ulteriore documentazione richiesta a norma del comma 35 (dichiarazione con la documentazione fotografica dalla quale risulti la descrizione delle opere; perizia giurata ove l’opera superi i 450 mc., ulteriore documentazione eventualmente richiesta dalla normativa regionale).
La mancata verificazione di tale condizione rende inapplicabile l’ulteriore disciplina relativa al condono e determina la ripresa del processo penale. Ne consegue che la stessa dovrà essere documentata dinanzi al giudice penale procedente.

Per contro la rituale presentazione della domanda – a prescindere dalla ammissibilità del condono, ma fermi restando i limiti di cui al comma 25 – determina la produzione degli effetti di cui all’art. 38 l. 47/85, ed in particolare la ulteriore sospensione del processo fino alla pronuncia dell’amministrazione sulla domanda medesima o fino alla estinzione dei reati, dove prevista in conseguenza dell’inerzia dell’amministrazione.

In particolare la legge prevede la possibilità di estinguere sia i reati in materia urbanistica, antisismica e in materia di opere in conglomerato cementizio armato; sia, ma con meccanismi diversi, quelli posti a tutela dei vincoli.

Quanto ai primi, a norma del comma 36, si producono gli effetti dell’art. 38 c. 2 l. 47/85 – cioè l’estinzione dei reati in materia urbanistica, antisismica e in materia di opere in conglomerato cementizio armato – (oltre che con la rituale presentazione della domanda) con il pagamento nei termini dell’oblazione ed il decorso di trentasei mesi da tale pagamento. Per contro, come peraltro espressamente riferito nel comma 37, il mancato pagamento dell’oblazione o la determinazione della stessa in maniera fraudolenta, implica la mancata estinzione dei reati in questione.
Secondo quanto indicato (con modalità espressive non certo felici) nell’allegato 1 al d.l. 269/03 l’oblazione deve essere pagata per intero entro il termine di presentazione della domanda se determinata in quota fissa (per gli interventi di restauro, risanamento, o manutenzione straordinaria) o se, comunque, dovuta in misura inferiore a tali importi (il massimo dovrebbe essere di €. 3.500,00 per le opere di restauro o risanamento in zona omogenea A). Negli altri casi deve essere pagata in tre rate, l’ultima delle quali scadente il 30 settembre 2004.
Ne consegue che il termine di trentasei mesi per l’estinzione del reato in conseguenza dell’inerzia dell’amministrazione dovrebbe maturare, rispettivamente, il 31/3/2007 e il 30/9/2007.

Quanto ai reati in materia di violazione dei vincoli (in particolare, dunque, quello paesaggistico) l’estinzione consegue al rilascio del titolo in sanatoria, in maniera espressa o tacita, come si desume dalla disciplina dell’art. 32 l. 47/85 nel testo novellato. Come sopra osservato tale pronuncia presuppone, comunque, il parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, parere che deve intendersi negato trascorsi 180 giorni dalla presentazione dell’apposita istanza. Deve, dunque, ritenersi che non potranno comunque estinguersi i relativi reati nell’ipotesi di parere contrario dell’Autorità competente, sia esso pronunciato in maniera espressa o tacita. In caso di parere favorevole, invece, il titolo in sanatoria può formarsi anche mediante silenzio assenso da parte dell’amministrazione. Ciò si verifica, in particolare, a norma del comma 37, a condizione che, oltre alla presentazione della domanda e degli altri documenti richiesti a norma dei menzionati commi 32 e 35, ed al pagamento dell’oblazione, vengano corrisposti gli oneri concessori e venga presentata entro il 30 settembre 2004 la denuncia ai fini ICI, RSU e per l’eventuale occupazione del suolo pubblico, e sia decorso il termine di 24 mesi da tale data senza l’adozione di provvedimento negativo da parte del comune.

Non sono suscettibili di estinzione, invece, i reati in materia di occupazione abusiva di suolo pubblico o demaniale, così come il reato di cui all’art. 734 c.p.

Occorre, infine, ribadire quanto a suo tempo osservato dalle Sezioni Unite, secondo le quali al giudice penale compete solo verificare la tempestività della domanda e l’esistenza degli altri presupposti richiesti dalla legge per la produzione dell’effetto estintivo, essendogli, invece, inibita qualunque valutazione circa la sanabilità dell’opera, valutazione esclusivamente demandata all’amministrazione comunale. Tale valutazione indubbiamente corretta, deve, però, essere precisata alla luce dell’attuale disciplina del condono, nel senso sopra specificato, e cioè che il giudice deve altresì verificare che le opere per le quali si procede rientrino tra quelle di cui al comma 25, essendo solo a queste applicabile la disciplina del condono, e, nel caso di zone soggette a vincolo, che sia intervenuto il parere favorevole dell’Autorità competente. Con la conseguenza che, ancorchè presentata la domanda di condono e pagata l’oblazione, non si produrrà alcun effetto estintivo dei reati in relazione, per esempio, alla realizzazione di un’opera residenziale della consistenza di oltre 3.000 mc.