Osservazioni in tema di internet e telelavoro
Riccardo Ionta
1. Aspetti generali e profili evolutivi
Con Internet anche il lavoro perde le sue caratteristiche di fisicità e
materialità per acquistare in qualche misura la caratteristica più affascinante
della Rete, di essere ovunque e in nessun luogo.
Si tratta di un fenomeno innovativo strettamente legato allo sviluppo delle
tecnologie informatiche e, come tale, in continua evoluzione.
Il telelavoro presenta molteplici aspetti e influisce su campi diversi
dell'attività umana. Per questi motivi è difficile fornire una definizione
univoca di telelavoro. Elementi comuni e imprescindibili del telelavoro sono
l'utilizzo di strumenti informatici e l'esistenza di una certa distanza fisica
tra il telelavoratore e la sede dell'impresa, ma presentano aspetti divergenti
sotto altri punti di vista.
Una definizione ampia di telelavoro che abbracci tutte le diverse manifestazioni
del fenomeno potrebbe perciò essere configurata in questi termini: qualsiasi
rapporto di lavoro o prestazione di servizio di tipo gerarchico o cooperativo,
abituale e reiterata nel tempo, che utilizzi strumenti di ICT ( Information and
Communication Technologies).
Il telelavoro non è semplicemente cambiamento del posto in cui si svolge il
lavoro esistente; è anche scomparsa di vecchi mestieri, nuove opportunità di
lavoro svolte ovunque. Grazie a questa nuova modalità di produzione del lavoro,
il fattore produttivo statico per eccellenza, può partecipare al processo di
globalizzazione dell'economia.
Si pensi, ad esempio, ai programmatori di una regione indiana che lavorano per
aziende americane dell'informatica, così come ai lavoratori filippini impiegati
presso alcune compagnie aeree occidentali per delocalizzare l'attività di
prenotazione dei voli.
In tal senso, il telelavoro promuove la delocalizzazione produttiva pur senza
che l'impresa debba realizzare costosi investimenti diretti all'estero
Dal punto di vista giuridico il telelavoro oscilla tra le categorie del lavoro
autonomo, subordinato e parasubordinato.
Essendo privo di una sua specifica categoria legale, il telelavoro é chiamato al
difficile processo di inquadramento nell’ambito delle figure giuridiche
tradizionali: Processo che tende a collocare il telelavoratore in uno degli
status giuridici previsti dall’ordinamento giuridico, in astratto corrispondenti
alla fattispecie concreta.
La questione che si è posta è quella della scelta tra autonomia e
subordinazione.
La distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato è di grande importanza
in relazione alle tutele e garanzie che contraddistinguono il lavoro prestato
alle dipendenze altrui. Diversi possono essere i criteri sui quali si basa la
distinzione tra le due forme di lavoro: l’assoggettamento o meno del lavoratore
ai poteri di direzione, la presenza o l’assenza del coordinamento e del
controllo del datore di lavoro; l’inserimento o meno del lavoratore nella
struttura organizzativa dell’azienda; la presenza o meno delle spese e del
rischio tipico di impresa; la proprietà dei mezzi di produzione; l’osservanza di
un orario di lavoro
Il telelavoro è un fenomeno estremamente difficile da inquadrare in termini
giuridici, perché spazia da chi offre servizi informatici con gestione
pienamente autonoma della propria attività a chi svolge nella sua abitazione lo
stesso lavoro che svolgeva in azienda, in modo ancor più controllato e
vincolante. Le categorie in cui è stato classificato dal diritto del lavoro
sembrano insufficienti a contenere la fattispecie telelavoro, caratterizzato da
una componente tecnologica in continua evoluzione e da una molteplicità di forme
con cui si manifesta.
Allo stato attuale, viene applicata al telelavoro la disciplina che meglio di
attaglia alla fattispecie specifica: lavoro autonomo e di impresa; lavoro
parasubodinato e lavoro a domicilio; lavoro subordinato.
Da punto di vista tecnologico il telelavoro è una combinazione di tecnologie e
servizi che si adatta alle esigenze dell'impresa in modo elastico e flessibile.
Questa combinazione varia a seconda delle esigenze, ma anche delle capacità
tecnologiche e finanziarie dell'azienda.
Lo sviluppo di Internet si è accompagnato alla diffusione del protocollo di trasmissione dati denominato TCP/IP (Transfert Control Protocol/Internet Protocol), il quale è divenuto lo standard de facto per la connessione ad Internet ed è integrabile con tutti i sistemi operativi attualmente in circolazione. Parallelamente al TCP/IP hanno avuto larga diffusione tutta una serie di protocolli di comunicazione funzionanti in ambito TCP/IP.
L'HTTP è il protocollo utilizzato per la navigazione in Internet, muovendosi attraverso le pagine Web. Un'azienda può costruire un proprio sito Web, il cui contenuto è aggiornabile in continuazione, per mettere a disposizione dei suoi telelavoratori tutta una serie di documentazione e di servizi.
Il telelavoratore (così come ogni altro utente di Internet) accede al sito Internet dell'azienda dotandosi di un PC su cui è installato un browser Web, ossia un programma di navigazione via Web, e digitando l'indirizzo http del sito stesso(cfr. CONFAPI, Il telelavoro, aspetti economici, giuridici, sociali e tecnologici, www.galileo.it/crypto/telelavoro).
Il telelavoro nel pubblico impiego è disciplinato dall’art.4, della Legge 16 Giugno 1998, n.191, dal regolamento attuativo della stessa (D.P.R. 8 marzo 1998, n.70) e dal Contratto Collettivo NazionaleQuadro (CCNQ) valido per tutti i comparti di contrattazione collettiva, sottoscritto in data 23.3.2000dall’ARAN e dalle Confederazioni sindacali rappresentative.
Esistono poi CCNL di comparto che disciplinano il telelavoro come il CCNL del 14/02/2001 che integra il CCNL per il personale non dirigente degli Enti pubblici non economici stipulato il 16/2/1999. il CCNL del 9/08/2000 relativo al quadriennio normativo 1998/2001 ed al biennio economico 1998-1999 del personale non dirigente del Comparto Università; il CCNL per il personale non dirigente del comparto Regioni ed Autonomie Locali, stipulato in data 14 settembre 2000.
Ai sensi dell’art.4, comma 5, della legge n. 191/1998, la contrattazione
collettiva adegua alle specifiche modalità della prestazione la disciplina
economica e normativa del rapporto di lavoro dei dipendenti interessati.
In sintesi, i principali aspetti demandati alla contrattazione collettiva sono:
l’adeguamento della disciplina normativa ed economica del rapporto di lavoro dei
dipendenti che telelavorano, l’accesso al domicilio del dipendente, il controllo
a distanza dell’attività, i rientri periodici in sede, la conformitàdei locali,
la comunicazione con i colleghi, la tutela della riservatezza, i diritti
sindacali, l’orario di lavoro, i criteri di assegnazione dei dipendenti.
L’art.2, del D.P.R. cit. definisce «“telelavoro»” la prestazione di lavoro
eseguita dal dipendente delle amministrazioni pubbliche in qualsiasi luogo
ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione
sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie
dell’informazione e della comunicazione, che consentano il collegamento con
l’amministrazione cui la prestazione stessa inerisce.
L’art.5, comma 1, del CCNQ dispone che il telelavoro si realizza secondo diverse
modalità, quali il telelavoro nella Pubblica Amministrazione, il lavoro a
domicilio, il lavoro mobile,decentrato in centri satellite (c.d. telecentri), i
servizi in rete o altre forme flessibili anche miste, ivi comprese quelle in
alternanza, comunque in un luogo idoneo diverso dalla sede dell’ufficio al quale
il dipendente è assegnato, e dove sia tecnicamente possibile la prestazione
In relazione al telelavoro si parla anche di servizi in rete o altre forme
flessibili anche miste.
Con la prima espressione si ha riguardo a una delle modalità di svolgimento
della teleprestazione, che può appunto utilizzare le reti telematiche per
fornire servizi ai cittadini. La seconda espressione sta a significare che il
telelavoro può adattarsi alle molteplici forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale, di cui le pubbliche amministrazioni
possono avvalersi ai sensi dell’art. 36 del D.lgs. 29/1993: contratto a termine,
contratto formazione lavoro , lavoro temporaneo, part-time. Per forme flessibili
in alternanza, invece, si intende una modalità di telelavoro parziale, svolto in
parte fuori e in parte all’interno della sede di lavoro. Il D.P.R. cit. prevede
esplicitamente, all’art.3, comma 6, tale modalità per il dirigente: questi può,
dunque, svolgere in telelavoro solo parte della sua attività.
Infine, il telelavoro può essere caratterizzato dal continuo scambio di
informazioni e direttive impartite dal datore di lavoro, recepite dal
telelavoratore grazie all’ausilio di un elaboratore collegato in rete con il
computer-madre dell’ente di appartenenza.
In questa tipologia di telelavoro, al contrario di quelle precedenti, sono
possibili la direzione e il controllo effettuati in tempo reale ed in modo
interattivo. Tale modalità è quella più significativa e, infatti, è in fase di
espansione grazie soprattutto alla evoluzione rapida della telematica e
dell’informatica.
Il ricorso a forme di telelavoro è subordinato alla redazione ed approvazione di
un progetto in perfetta coerenza con il criterio di programmazione che ormai
caratterizza l’attività delle amministrazioni.
Tre sono gli elementi che caratterizzano una prestazione di telelavoro:
– elemento topografico, inteso come delocalizzazione dell’attività lavorativa;
– elemento tecnico, inteso come sistema di utilizzazione di tecnologie di
informazione e comunicazione, definita anche come postazione di telelavoro;
– elemento finalistico, inteso come legame con l’amministrazione per la quale
viene svolta la prestazione.
Per «delocalizzazione dell’attività lavorativa» si intende che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni possono svolgere il proprio lavoro in qualsiasi luogo, collocato topograficamente al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile.
Sia l’art.4, comma1, della legge 191 del 1998, sia l’art.1, comma 1, del D.P.R. 70/98 evidenziano che le pubbliche amministrazioni, attraverso l’impiego flessibili delle risorse umane e quindi attraverso ’utilizzo di forme di lavoro a distanza, possono razionalizzare l’organizzazione del lavoro e realizzare economie di gestione.
Lo scopo è quello di creare, attraverso lo strumento del telelavoro, un modello
organizzativo dinamico, funzionale al raggiungimento degli obiettivi prefissati,
sulla base delle disponibilità di bilancio di ogni amministrazione.
Per quanto attiene alla disciplina relativa all’orario di lavoro nello
svolgimento della prestazione di telelavoro l’art. 6, comma 1, del CCNQ, in via
generale, ha disposto che “avendo riguardo agli obiettivi e alle modalità
attuative del progetto, allo scopo di valorizzare l’autonomia nella gestione del
tempo e dell’attività lavorativa, la prestazione del telelavoro è orientata a
modelli innovativi di distribuzione dell’orario di lavoro” ferma restando la
stessa quantità oraria globale prevista per il personale che presta la sua
attività nella sede.
Per ciò che attiene la specifica disciplina dell’orario di lavoro, l’art.3,
comma 5 dello stesso CCNQ demanda esclusivamente alla contrattazione di comparto
la definizione dei criteri generali per l’articolazione del tempo di lavoro e
per la determinazione delle fasce di reperibilità telematica .
L’istituto della reperibilità viene disciplinato, con carattere di generalità,
dall’art. 3, comma 5, lett. b) del CCNQ che attribuisce alla contrattazione,
nell’ambito di ciascun comparto, la definizione dei criteri generali non solo
per l’articolazione del tempo di lavoro (vedi risposta n° 31) ma anche “per la
determinazione delle fasce di reperibilità telematica”, prevista più
specificatamente nei CCNL che fissano periodi di reperibilità definiti. Poiché
l’esecuzione dell’attività di telelavoro viene prestata al di fuori della sede
di lavoro, si rende indispensabile, al fine di assicurare necessari contatti con
il datore di lavoro, che il dipendente garantisca la propria reperibilità per un
certo numero di ore al giorno durante le quali il lavoratore deve essere
rintracciabile telefonicamente o telepaticamente.
Per quanto concerne esperienze concrete di delocalizzazione del lavoro una
testimonianza è data dall'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale come è
stato evidenziato dagli alti vertici dell'Istituto
«Il telelavoro non costituisce un evento del tutto nuovo per l'Inps. L'Istituto
ha anticipato più volte soluzioni tecnologiche poi realizzate anche da altri.
Inoltre, ha percorso tappe significative di un processo di riorganizzazione e
modernizzazione delle proprie strutture, che consentono adesso di trarre
vantaggio dalla flessibilità e dalla economicità che derivano dall'introduzione
del telelavoro.
Già negli anni '70, l'Inps ha adottato una filosofia di gestione basata su
alcuni presupposti di fondo, quali la lavorazione in tempo reale, la
capillarizzazione delle strutture produttive sul territorio, l'attenzione alla
qualità dei prodotti e dei servizi forniti al l'utenza, valendosi di modalità
assimilabili, per analogia, a forme semplificate di telelavoro.
L'Istituto, quindi, ha maturato gradualmente esperienze su forme interne di
telelavoro, cioè sul la remotizzazione di attività e funzioni resa possibile
dall'utilizzo delle tecnologie di rete, non ché dall'ammodernamento delle
proprie strutture organizzative. Automazione e decentramento hanno
caratterizzato la strategia di cambiamento dell'Istituto negli anni '70, quando
tutte le sedi sono state collegate in rete e sono state dotate di
apparecchiature interagenti con il sistema centrale.
Il disegno architettonico consentiva, già allora, di svolgere de terminate
attività in rete senza vincoli di tempo e di spazio. In particolare, l'operatore
accedeva ai sistemi centrali, non soltanto per interrogare gli archivi, ma
utilizzando le risorse elaborative per chiedere calcoli, estrarre dati,
manipolare informazioni, attivare programmi. Al cune applicazioni erano eseguite
con modalità cooperative tra l'elaboratore centrale e quelli periferici.
Inoltre, alcune attività erano delocalizzate rispetto alla sede abituale di
lavoro e non richiedevano la disponibilità del sistema: ad esempio,
l'acquisizione dei bollettini relativi ai versamenti dei lavoratori domestici e
dei prosecutori volontari era eseguita localmente off-line, durante il giorno,
su apposito terminale intelligente, e proseguiva on-line, la sera per la
trasmissione al Centro dei dati raccolti.»
(TRIZZINO, Automazione e telelavoro, on web all’URL: www.inps.it/Doc/Professionista/Telelavoro/05_
articoli/0501a.htm).
Le esperienze più significative vengono segnalate per ciò che concerne
l'attività di sviluppo dei programmi, da circa 20 anni decentrata in periferia.
«L'Inps ha avuto l'idea di far lavorare i programmatori presso la sede di
appartenenza, lontano dal Centro, sperimentandola nelle regioni Emilia Romagna e
Toscana con l'obiettivo strategico di coinvolgere le sedi periferiche nella
produzione del software e mantenere all'interno dell'Ente lo sviluppo dei
programmi.
In questo modo, l'Inps ha informatizzato oltre il 90% della sua attività
istituzionale, producendo direttamente la maggior par te del software
applicativo, ed ha utilizzato risorse specialistiche di sede, senza attivare
processi di mobilità del personale. Sotto l'aspetto dell'organizzazione del
lavoro, sono state crea te due nuove realtà operative: l'Isola di Sviluppo
Software e la Software House Regionale.
L'Isola di Sviluppo Software è una micro struttura informatica allocata presso
la sede di residenza del programmatore, il quale sviluppa localmente pezzi di
procedura, che vengono poi unificati al centro in fase di assemblaggio;
la Software House Regionale è una struttura di coordinamento delle isole di
sviluppo e delle attività di programmazione sul territorio.
Il programmatore realizza presso l'Isola l'intero ciclo di sviluppo delle
applicazioni, gestisce l'ambiente locale di prova programmi e attiva la
comunicazione con il sistema centrale. Dal punto di vista logistico ed
organizzativo, egli opera presso la propria sede, mentre sul piano funzionale
dipende dal la "Software House regionale", cui e assegnato un budget per la
produzione del software che viene ripartito tra gli sviluppatori delle
applicazioni in base ai risultati raggiunti.
La produttività viene valutata secondo coefficienti variabili, che costituiscono
la quota di produttività, in base alla quale viene erogato al programmatore un
compenso per gli obiettivi conseguiti sotto forma di salario accessorio di
produttività. Questo sistema, unico nella PA., con sente anche di "certificare"
il lavoro svolto a distanza in via telematica.
Allo stato attuale sono operative 300 isole di sviluppo software, con circa 500
addetti. :il progetto ha consentito di raggiungere livelli apprezzabili di
produttività individuale e notevoli risparmi sulle esigenze di connettività
remota con gli elaboratori centrali.
Lo scambio di lavoro a distanza tra sedi può essere considerato come una
ulteriore esperienza significativa per diffondere nel l'Inps la cultura della
delocalizzazione. Al riguardo, vi sono al cune iniziative di lavoro a di stanza
svolto da sedi diverse da quelle territorialmente competenti, quali per esempio
l'acquisizione di dati o elaborazioni, effettuate da una sede di produzione per
conto di un'altra sede. Una ulteriore esperienza di remotizzazione, inserita
negli interventi di miglioramento dei servizi agli utenti è rappresentata da
forme di External computing quali i "punti cliente" e i servizi Inps-Banche.
I "punti cliente" sono stazioni di lavoro dislocate presso altre P.A., collegate
agli archivi centrali del l'Istituto, tramite personal computer, da cui possono
essere rilasciati numerosi servizi, quali gli estratti conto, la stampa dei
libretti e del prospetto di calcolo della pensione, i duplicati di certificati,
i calcoli automatici di con tributi per la prosecuzione volontaria e per
riscatti. In merito ai servizi Inps-Banche, sono in corso accordi per
l'erogazione, da parte del sistema bancario, di servizi Inps, quali estratto
conto contributivo e i duplicati del mo dello 201» (TRIZZINO op cit )
Dal punto di vista privatistico la tematica del telelavoro è stata esaminata
sotto diversi profili
«Per l’impresa le motivazioni che stanno alla base della scelta di introdurre il
telelavoro sono connesse essenzialmente ai vantaggi derivati da una maggiore
flessibilità nell'utilizzazione delle capacità di lavoro disponibili, in quanto
è possibile far fronte a picchi di lavoro senza costi addizionali ed è più
facile ridurre la produzione quando la domanda di mercato è debole.
Questa flessibilità può risultare di notevole interesse per aziende che debbono
fronteggiare una domanda strutturalmente instabile, talvolta dispersa
capillarmente su tutto il territorio nazionale. In questi casi il telelavoro può
diventare un'importante strumento per una strategia flessibile di marketing e
viene così ad assumere nel funzionamento dell'azienda una dimensione non solo
operativa ma anche strategica;
una maggiore efficienza e produttività del lavoro (e quindi minor costo del
lavoro per unità di output), in quanto vi sono minori tempi morti nel periodo di
lavoro ed è possibile, almeno sul piano teorico, l'introduzione di sistemi di
remunerazione del lavoro collegati più direttamente (rispetto agli attuali)
all'output prodotto (che tramite gli strumenti informatici utilizzati può essere
meglio quantificato);una riduzione dei benefits e dei servizi addizionali (quali
mense, ecc.) che vengono forniti ai lavoratori; la possibilità di ridurre il
turn over trattenendo le maestranze più qualificate con l'offerta di un benefit
come il telelavoro; un minor costo per lo spazio utilizzo per uffici, poiché è
possibile sia ridurre lo spazio complessivamente occupato (in quanto in certi
casi gli uffici rimangono comunque vuoti per una gran parte della giornata) sia
fare ricorso a soluzioni decentrate in aree con un minor costo di acquisto 0 di
affitto per unità di superficie.
La dimensione dei vantaggi economici ottenibili dall'impresa mediante l'utilizzo
del telelavoro è testimoniata dai risultati conseguiti dalle aziende
internazionali che finora lo hanno sperimentato e che hanno effettuato analisi e
valutazioni quantitative» (CAMPODALL’ORTO-GORI, Telelavoro e flessibilità: due
sinonimi nell’odierna società dell’informazione, in Regole giuridiche ed
evoluzione tecnologica Milano, 1999 323-324).
Sull’impatto del telelavoro in dottrina vi è stato chi ha analizzato altri
aspetti inerenti la posizione dei lavoratori
«Il telelavoro favorirà la creatività personale e l’inserimento nel mercato del
lavoro. Attraverso il telelavoro, il lavoratore potrà lavorare sia da solo che
"in rapporto" con gli altri, utilizzando al meglio le tecnologie telematiche.
Inoltre il telelavoro consentirà una maggiore socializzazione delle conoscenze
possedute, sia all'interno di un'organizzazione, sia tra più organizzazioni.
Infatti il telelavoro alimenterà gli scambi di esperienze culturali e le
collaborazioni all'interno delle comunità scientifiche e professionali nazionali
e internazionali.
I lavoratori che potranno avvantaggiarsi dell’uso del telelavoro saranno in generale quelli professionalmente più qualificati, che trattano informazioni e forniscono servizi ad alto contenuto professionale e che non necessitano di attrezzature costose e complesse per il loro lavoro, e quelli che, per la natura stessa della loro professione (consulenziale/di ricerca/formazione) o funzione (direzionale), possono godere di maggiore autonomia. Inoltre il telelavoro interesserà particolarmente gli operatori di call center e di help desk, di telemarketing, i tecnici informatici e i dipendenti che impiegano molto tempo a raggiungere il posto di lavoro.
Non si prevedono svantaggi specifici per categorie di persone, ne’ tra le
diverse categorie di lavoratori, in quanto il telelavoro non verrà utilizzato
come discriminante tra i sessi e neanche come benefit per taluni privilegiati,
ovvero come modalità per isolarne degli altri, particolarmente difficili da
coinvolgere nelle ordinarie attività.» (CIACIA -DI NICOLA, Manuale sulle best
practice del telelavoro, on web all’URL: www. telelavoro.rassegna.it/libri/Manuale.pdf)
Per quanto riguarda l’impatto occupazionale, tale dottrina ritiene
«Più che di un processo di job creation, assisteremo ad un vero e proprio
rinnovamento del mercato del lavoro, a cui il telelavoro contribuirà
positivamente. Il telelavoro, in tutte le sue forme, incrementerà la
flessibilità, l'elevamento qualitativo della prestazione e la produttività,
equiparerà i lavoratori appartenenti a diverse categorie e favorirà una maggiore
partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
Nei prossimi anni si creeranno nuovi lavori, non esclusivamente legati al
telelavoro ma, più in generale, alla flessibilità e all’uso delle ICT.
Tra questi predomineranno quelli basati sull'immagine e l'inventiva, su prodotti
o servizi "telematicamente accattivanti" e le attività legate all’offerta di
servizi, assistenza e aiuto dirette ai telelavoratori.
Allo stesso tempo, assisteremo alla scomparsa di vecchie professioni, come
quelle "porta a porta", dei rappresentanti o venditori dei prodotti, così come
dei compiti costituiti da frammenti di processi di produzione e all’accentuarsi
dello spostamento di alcune attività e la dislocazione di lavori ripetitivi
verso i paesi del Terzo Mondo: si prevede, infatti, che al 2005 esploderà il
telelavoro “transfrontaliero”, che dislocherà attività come il data entry là
dove costa meno farlo (Albania, Malta, India, Est europeo).
Con il telelavoro i livelli retributivi medi non diminuiranno e saranno legati
alle conoscenze/competenze e ai risultati raggiunti » (CIACIA - DI NICOLA, op.
cit 31
Questo dunque il quadro principale in tema di telelavoro riguardo al quale
valgano le considerazioni della dottrina dinanzi citata «Lo studio dei casi
analizzati porta a vedere il telelavoro sotto una dimensione tutto sommato
ancora di tipo sperimentale e limitata, essendo rivolta in generale a una massa
di lavoratori circoscritta, in ogni caso difficilmente capace di modificare
l’organizzazione in modo significativo nella sua struttura, nelle sue modalità
di funzionamento, nelle modalità gestionali e nella cultura. Seguire questo
approccio, attraverso lo studio di casi “istituzionali” di telelavoro,
probabilmente finisce per mettere in ombra la vera rivoluzione che si è
manifestata in questi anni, relativa al cambiamento straordinario delle modalità
di lavoro che interessa gran parte delle persone. Sfuggono a questa casistica,
ad esempio, i molti professionisti organizzati sotto forma di minuscole imprese
che telelavorano. Si tratta di lavori autonomi, come giornalisti, traduttori,
consulenti, ecc. che per il tipo di attività che svolgono e per abbattere i
costi, prediligono il telelavoro. Ma a sfuggire alle casistiche di ogni tipo
sono ormai la maggior parte delle attività quotidiane svolte da un impiegato
statale come da un dipendente d’azienda, da un progettista come da un addetto al
marketing, attività per la cui realizzazione si prescinde sempre più spesso dai
vincoli spazio temporali, senza per questo definirle telelavoro. Invece, è
proprio questa l’essenza del telelavoro: consentire di spostare il lavoro e non
chi lavora, concedendo ai soggetti di agire in uno spazio fisicamente distante
ma Collegato attraverso gli strumenti informatici, consentendo una vicinanza
virtuale, permettendo di lavorare insieme pur essendo lontani. per molti
aspetti, dunque, le aziende e parte della P.A., spesso in modo inconsapevole,
hanno già avviato una pratica diffusa di telelavoro, utilizzando l’informatica e
la telematica per intrattenere relazioni o per sostenere nuove forme di
organizzazione del lavoro. Spesso, tuttavia, in questo tipo di relazioni prevale
il semplice scambio di informazioni e dati mentre è scarsamente sviluppata
l’interazione cooperativa. L’interesse dimostrato dalle aziende e dalla P.A.
indica, comunque, che il momento è maturo per sostenere questo tipo di
iniziative. Occorre ora concentrare gli sforzi al fine di fare crescere la
consapevolezza delle opportunità offerte dal telelavoro ma anche che stanno
cambiando tutte le dimensioni di quello che solitamente viene chiamato il posto
di lavoro e la stessa concezione di lavoro. Occorre prevedere una nuova
dimensione negoziale, con alla base la flessibilità dell’orario di lavoro e, più
in generale, predisporre un contesto economico ed educativo appropriato »
(CIACIA - DI NICOLA, op. cit. 68).
2. La tutela del lavoro on-line. Applicabilità della normativa
giuslavoristica tradizionale.
Le peculiarità del telelavoro che, per le caratteristiche di svolgimento, non ne
consentono un 'inquadramento in nessuna categoria precisa, pone problemi anche a
livello di applicazione delle norme a tutela dei lavoratori.
«Lo Statuto dei Lavoratori, nelle disposizioni finali, afferma che le norme di
tutela in esso contenute sono applicabili alle imprese industriali e commerciali
con un numero di dipendenti almeno pari a quindici.
Il legislatore del 1970 aveva timore che le imprese reagissero all'introduzione
dello statuto avviando un processo di decentramento produttivo che avrebbe
portato alla creazione di tante unità con meno di quindici dipendenti ciascuna.
Per questo motivo introdusse una disposizione finale al fine di imporre
l'applicazione dello statuto anche a quelle sedi, stabilimenti, filiali, uffici
o reparti autonomi con più di quindici dipendenti; ma si spinse oltre disponendo
che lo statuto valesse anche per quelle imprese che nell'ambito dello stesso
comune occupassero più di quindici dipendenti.
La previsione del legislatore non è stata sufficiente a frenare il decentramento
delle imprese italiane.
Questo fenomeno, negli ultimi venti anni, ha fatto registrare una cospicua
crescita, superando i confini geografici del comune fino ad interessare gli
ambiti della provincia e della regione (alimentando lo sviluppo dei distretti
industriali italiani).
Il telelavoro porta agli estremi limiti la tendenza al decentramento produttivo
delle imprese e ripropone in termini amplificati il problema dell'applicazione
dello statuto dei lavoratori a soggetti facenti parte della stessa impresa ma
disgiunti fisicamente dalla sede centrale.
Poiché l'art. 35 dello Statuto dei Lavoratori fa riferimento a "ciascuna sede,
stabilimento, filiale, ufficio e reparto autonomo" non deve ritenersi come unità
produttiva autonoma ogni luogo in cui il telelavoratore esegua la propria
prestazione. Se così fosse lo Statuto dei Lavoratori si avvierebbe verso la
completa inapplicabilità.
Il luogo di telelavoro, stante il necessario collegamento con la sede
dell'impresa, non rappresenta che solo una parte dell'intero ciclo produttivo di
impresa e, perciò, non può essere considerato come sede o ufficio autonomo alla
stregua dell'art. 35.
Il problema che si fatica di più a risolvere è quello relativo alle modalità di
computo dei dipendenti dell'unità produttiva, visto che l'art. 35 non fissa
alcun criterio per la sua determinazione.
Il problema non è di poco conto se si considera che, la computabilità è
condizione necessaria per applicare ai lavoratori le tutele sindacali.
L'art. 1 della L. n. 108 del 1990 (Disciplina dei licenziamenti individuali)
stabilisce che, ai fini dell'applicabilità della disciplina di tutela dei
lavoratori, vanno computati i lavoratori subordinati, compresi quelli assunti
con contratto di formazione lavoro, mentre non fa menzione dei lavoratori a
domicilio.
L'assimilazione del lavoratore parasubordinato a quello subordinato rappresenta
una novità. Alcuni sostengono che anche i lavoratori a domicilio vadano
considerati nel computo dei lavoratori decentrati, visto che lo stesso disposto
della L. n. 877/1973 (art. 1) li definisce lavoratori subordinati dipendenti
dell'impresa committente, mentre altri interpretano il disposto della L. 108
considerando che la specialità del rapporto di lavoro a domicilio vale ad
escludere la computabilità dei lavoratori decentrati. Non mancano soluzioni
intermedie, come quella che fa riferimento ad una valutazione da effettuarsi
caso per caso sulla base di un rapporto numerico fra lavoratori a domicilio e
lavoratori interni all'impresa o quella secondo la quale la computabilità vi è
solo in caso di committenza rilevante in termini quantitativi e di continuità.»
(CONFAPI, Il telelavoro, aspetti economici, giuridici, sociali e tecnologici, on
web all’URL: www.galileo.it/crypto/telelavoro)
Dal punto di vista delle tutele previdenziali, invece, non sorgono particolari
questioni relativamente alla distinzione tra lavoro autonomo e lavoro
subordinato dal momento che queste tutele riguardano sia i lavoratori
subordinati e parasubordinati che i lavoratori autonomi.
«Con riferimento agli infortuni del telelavoratore a domicilio si può ipotizzare
una certa difficoltà a distinguere tra infortuni sul lavoro ed infortuni
domestici. In realtà la questione è più teorica che pratica, visto che fino ad
oggi non ci sono stati contenziosi giudiziari riguardanti gli infortuni
nell'ambito del telelavoro domiciliare.
Le norme che disciplinano l'invalidità, la malattia, la maternità e la
disoccupazione non presentano problemi interpretativi particolari se applicate
al telelavoratore» (CONFAPI, Il telelavoro, aspetti economici, giuridici,
sociali e tecnologici, on web all’URL: www.galileo.it/crypto/telelavoro)
La possibilità che il telelavoratore sia sottoposto a controlli che invadono
eccessivamente la sua sfera personale, richiama poi immediatamente il disposto
dell'art. 4 della legge 300/70:
«E' vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per
finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le
apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e
produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la
possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere
installate solo previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali,
oppure, in mancanza di queste, con le commissioni interne».
Delle molteplici opinioni espresse a riguardo, si ritiene opportuno segnalare la
seguente
«Il disposto di questo articolo pone seri problemi all'applicabilità del
telelavoro.
Il problema si ripropone in termini nuovi nella fattispecie del telelavoro
on-line, in cui si configura il potenziale controllo del datore di lavoro
esercitato in corso d'opera, mentre nelle altre fattispecie (telelavoro
one-way-line e off-line) tale controllo non può che essere successivo alla
prestazione d'opera.
Caratteristica del telelelavoro on-line è, infatti, quella di consentire al datore di lavoro di interagire continuamente ed in qualsiasi momento dell'esecuzione della prestazione per impartire direttive al telelavoratore, quasi annullando la distanza che separa il luogo fisico di telelavoro dalla sede dell'azienda madre. E' proprio in questo caso, dunque che si presentano i maggiori problemi legati al citato art 4.
Lo Statuto dei Lavoratori non è applicabile al telelavoratore autonomo, il quale
non è meritorio di tutela sindacale, ma non è certo (né per la dottrina, né per
la giurisprudenza) in che misura lo stesso statuto sia utilizzabile per tutelare
il telelavoratore parasubordinato.
Nei confronti di quest'ultimo, infatti, trovano applicazione pacifica (per
dottrina e giurisprudenza) solo alcune delle norme che l'ordinamento pone a
protezione del lavoratore subordinato.
Per quanto riguarda, invece, la figura contrattuale del lavoratore a domicilio è
la stessa L. 877/1973 che inibisce il controllo da parte del datore di lavoro
durante l'attività lavorativa.
Da parte di taluni si è ipotizzato che basterebbe il consenso del singolo
telelavoratore a rendere inaplicabile il disposto dell'art 4., ma una corrente
di pensiero più garantista ritiene illegittimo lasciare alla volontà del singolo
lavoratore la possibilità di rinunciare ad una garanzia fissata per legge.
Il riferimento che l'art. 4 fa alla contrattazione aziendale ha indotto anche
qualcuno a ritenere che sia possibile rinunciare alla protezione dell'art. 4
attraverso il consenso sindacale, ma in realtà questa soluzione non fa altro che
traslare il problema dal singolo lavoratore alle rappresentanze aziendali, senza
risolverlo in termini convincenti.
Vi è poi un altro aspetto del rapporto tra telelavoro e privacy, sul quale si
focalizza l'art. 8 dello statuto dei Lavoratori.
Questo articolo, infatti, vieta l'effettuazione di indagini sulle opinioni
politiche, religiose e sindacali dei lavoratori, ovvero su fatti non rilevanti
ai fini della valutazione della sua attitudine professionale.
Questo articolo, in apparenza, sembra destare minori problemi nel caso in cui il
lavoratore sia dislocato fisicamente al di fuori della fabbrica rispetto al caso
in cui il lavoratore sia presente nello stabilimento insieme ai suoi superiori.
In realtà anche nel caso di telelavoro a domicilio sono adombrabili ipotesi di
violazione dell'art. 8 da parte del datore di lavoro.
Può accadere, infatti, che gli strumenti di telelavoro vengano utilizzati dal
telelavoratore nella sua vita privata, ove non sia diversamente disposto dal
contratto di lavoro.
Ad esempio, il computer utilizzato per lavoro può essere utilizzato dal
telelavoratore anche per navigare liberamente in Internet, spedire files in FTP
ed e-mail personali. In tal caso, il datore di lavoro che controlli tutte le
connessioni effettuate dal suo subordinato durante l'arco della giornata
potrebbe venire a conoscere automaticamente anche quelle realizzate a soli fini
personali.
Anche per ovviare a questi inconvenienti molte aziende hanno inserito nei
contratti collettivi di telelavoro la clausola sulla base della quale le
attrezzature di telelavoro non possono venire utilizzate a fini personali"»
(CONFAPI, Il telelavoro, aspetti economici, giuridici, sociali e tecnologici.
www.galileo.it/crypto/telelavoro).
Il telelavoro è dunque una realtà già presente ma sottovalutata le cui
potenzialità sono legate all’incremento ed alla familiarizzazione con le nuove
tecnologie informatiche.