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Mercato mobiliare, pubblica vigilanza, diritto
giurisprudenziale in tema di responsabilità della Consob


GIOVANNA SARA RUSSO

 

 Il problema della pubblica vigilanza in materia di mercati mobiliari è oggi al centro della attenzione in tutti gli ordinamenti del contesto europeo In anni recenti sono stati numerosi gli interventi legislativi. E si pensi alla francese Loi de sécurité financière dell'agosto 2003 che ha attivato la nuova Autorité des Marchés Financiers (AMF) ma anche un Haut Conseil du Commissariat aux Comptes.


E nell'ordinamento spagnolo opera la CNMV,la Comisión Nacional del Mercado de Valores con tutte le attribuzioni ora accresciute dalla recente legge 26 del luglio 2003 che per una parte opera modificazioni di talune disposizioni del texto refundido de la Ley de Sociedades Anónimas del 22 dicembre 1989 e per altra parte aggiunge nuove competenze alla Comisión Nacional del Mercado.


O ancora si pensi alle competenze assegnate a Bafin,Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht quale "regolatore unico" dell'economia finanziaria ( e al programma del Finanzmarktforderplan 2006 ) dovunque essendo in esame il problema della eventuale responsabilità delle autorità di controllo.


Problema anche nel caso italiano assai discusso. L'interesse per il così rilevante tema delle possibili responsabilità della Consob ha origini recenti, ravvisabili nell'evoluzione giurisprudenziale in materia di responsabilità civile da prospetto.


Almeno fino alla sentenza della Suprema Corte del 22 luglio 1999, n. 500, che riconosce per la prima volta il diritto al risarcimento dei danni sofferti in conseguenza della violazione di interessi legittimi ex art. 2043 c. c., oltre che di diritti soggettivi, l'orientamento prevalente in materia di responsabilità dell'organo di controllo per dati non veritieri contenuti nel prospetto informativo o nel documento di offerta riconosceva agli investitori solo una posizione di interesse legittimo non tutelabile sul piano risarcitorio.


Il ribaltamento della indicata tesi, in relazione al mercato finanziario, si è verificato con la sentenza della Corte di Cassazione, del 3 marzo 2001, n. 3132. In essa, la Suprema Corte affronta il problema degli standard di controllo che la Consob deve rispettare, soprattutto in relazione alla completezza e alla veridicità dei dati trasmessi dagli intermediari.



1. La sentenza della Cassazione n. 3132 del 3 marzo 2001

La Suprema Corte, nella sentenza in esame, ha ritenuto colposamente negligente il comportamento della Consob per il mancato esercizio dei suoi poteri di vigilanza. In particolare, il Giudice di legittimità ha affermato che la discrezionalità amministrativa attribuita all'organo di vigilanza non può concretarsi nella assoluta omissione di controllo, in quanto ad esso è connesso il diritto soggettivo dei risparmiatori all'integrità del patrimonio. Il suddetto patrimonio, infatti, viene ad essere danneggiato dall'affidamento generato nei privati dalla presenza di attività pubblica di vigilanza, posta però in essere, come nel caso di specie, con grave negligenza.


Per far luce sulla questione, la Cassazione reputa opportuno analizzare l'effettivo contenuto del potere di controllo affidato alla Consob, al fine di escludere o meno l'illegittimità del comportamento tenuto dall'autorità medesima. In particolare, "ritiene il Collegio, accingendosi all'esame delle rilevanti questioni poste dalla affermazione di responsabilità civile di un organo pubblico di vigilanza (…), che, una volta accertato (…) che ex actis risultava (…) la falsità di essenziali dati della prescritta comunicazione e della necessaria informazione pubblica (il prospetto), l'organo pubblico istituzionalmente preposto ad assicurare l'effettività di minimi standards informativi avesse la potestà legale di intervenire con iniziative istruttorie, integrative, repressive su operazioni che, prima facie, quel livello di veridica informazione non fornivano". (Cass., 3 marzo 2001, n. 3132).


Tale potere di controllo della completezza-veridicità, aggiunge in seguito la Suprema Corte, è "espressivo della scelta legislativa di assegnare alla Consob la massima funzione di garante della legalità dell'agire delle società e tradotto in plurime potestà di intervento". (Cass., 3 marzo 2001, n. 3132). Pertanto, "è indiscutibile - trattandosi di strumenti assegnati all'organo pubblico per l'esercizio di una funzione di vigilanza - che l'omissione di alcuna iniziativa funzionale allo scopo assegnato non può trovare esimente nell'appartenenza anche di tale omissione all'ambito della funzione stessa, tal funzione avendo oltre i noti limiti esterni della imparzialità, correttezza e buona amministrazione (Sezioni Unite n. 500/99 cit.) il vincolo interno costituito dalla attivazione della vigilanza nell'interesse pubblico, quello che questa Corte ha già avuto occasione di definire come l'interesse alla trasparenza del mercato dei valori mobiliari (Cass. n. 10976/96)". (Cass., 3 marzo 2001, n. 3132).


Una diversa interpretazione, prosegue la Corte, confliggerebbe "in modo macroscopico anche con la razionalità del sistema di garanzie perseguite con la istituzione della Consob. Ed infatti, ipotizzare che l'intero procedimento di comunicazione di dati, di allegazione di documentazione e di pubblicazione del prospetto riassuntivo fosse stato ideato al solo fine di consentire una programmata pubblicità della operazione ed affermare che in tal quadro alla Consob spettasse solo di regolare-integrare i modi di pubblicizzazione, significherebbe ridurre il ruolo dell'Organo di garanzia a quello di un ufficio di deposito atti, con la ineluttabile conseguenza di veder attribuita ad un organo in tesi privo di alcun potere di controllo sulla veridicità degli atti il ruolo di pubblico promotore della genuinità degli atti quale dichiarata dagli interessati". (Cass., 3 marzo 2001, n. 3132)


Dopo aver così inquadrato il potere di controllo all'interno dell'ordinamento giuridico di settore e riconosciuto che l'omesso esercizio dello stesso avesse il carattere dell'illegittimità, la Corte di Cassazione ha altresì riscontrato la sussistenza di un nesso causale tra tale comportamento illegittimo e il danno patito dai sottoscrittori (considerati titolari di posizioni giuridiche riconducibili a quelle del diritto soggettivo). Al riguardo, il Giudice di legittimità afferma che, invero, la Corte di Appello, "indagando sulla causalità tra condotta omissiva e danno patito ha finito per negarla sulla base di rilievi afferenti la mera quantificazione del danno, senza interrogarsi - con specifico riguardo alle date ed alle modalità delle varie sottoscrizioni - sulla possibilità che l'uso dei poteri conferitile dalla legge avrebbe dovuto indurre Consob a far pubblicare sul prospetto, previa le menzionate iniziative ed integrazioni, solo notizie veridiche (nel luglio 1983) ovvero, ed in caso di non ottemperanza alle proprie iniziative, a non autorizzarne affatto la pubblicazione. Avrebbe quindi dovuto il giudice d'appello scrutinare la pretesa causalità, pur nella difficoltà della valutazione e con l'uso di ogni potere assegnato al giudice del merito, ma facendo applicazione dei principi in tema di concorso di cause statuiti dall'art. 41 c.p. ed applicabili anche a regolare la causalità nell'illecito extracontrattuale; ed avrebbe poi dovuto formulare prognosi sulla sorte delle iniziative di sottoscrizione in presenza dei possibili esiti del corretto e tempestivo esercizio della vigilanza Consob".


A conclusione della puntuale analisi della fattispecie così operata , la Suprema Corte ravvisa i presupposti per la configurabilità di una responsabilità civile dell'autorità medesima, ammettendo in modo implicito che tale amministrazione è chiamata a risarcire i danni derivanti dal negligente esercizio dell'attività di vigilanza,atteso che "costituisce comportamento dovuto l'osservanza delle norme che disciplinano la funzione di vigilanza della Consob, sicché l'omissione dello stesso configura illecito aquiliano, che comporta la risarcibilità dei danni riconducibili a lesioni di situazioni protette dei privati".


Per quanto concerne la concreta liquidazione del risarcimento dei danni patiti dai privati per omessa vigilanza, va evidenziato come ai suddetti principi sanciti dalla Corte di Cassazione in tema di violazione dell'obbligo di verifica della veridicità e della completezza delle informazioni agli investitori, non corrisponda automaticamente la condanna dell'organo di controllo: devono essere accertati, infatti, il nesso di causalità, l'esistenza e la consistenza del danno.


In materia di effettiva condanna delle autorità di controllo al risarcimento dei danni per omessa vigilanza, un'altra svolta di grande rilievo è rappresentata dalla pronuncia della Corte di Appello di Milano, del 21 ottobre 2003, alla quale la sentenza di Cassazione n. 3132 aveva rinviato l'individuazione del nesso di causalità e la determinazione del quantum risarcibile a carico dell'autorità di vigilanza.


2. La concreta liquidazione del danno: la sentenza della Corte d'Appello di Milano del 21 ottobre 2003

Alla luce delle statuizioni e dei principi di legge enunciati dalla Cassazione nella suddetta sentenza n. 3132 del 2001, il giudice di rinvio ha effettuato il nuovo esame della controversia, concernente, come noto, l'accertamento della responsabilità extracontrattuale della Consob per l'omesso esercizio dei propri poteri di vigilanza.


Premesso il riconoscimento, in termini generali, della responsabilità aquiliana della pubblica amministrazione per omessa vigilanza in caso di violazione dei principi di imparzialità, legalità e buona amministrazione, la Corte di Appello di Milano riporta in sintesi e nei termini seguenti le conclusioni raggiunte dal Giudice di legittimità in relazione al potere di controllo della Consob: "Pur escludendosi che l'autorità di vigilanza possa effettuare una valutazione sul merito dell'operazione, valutandone la convenienza o meno, è tuttavia compito della Consob effettuare una valutazione di completezza ed esattezza dell'informazione fornita, cioè di veridicità, in base ai dati in possesso della commissione e ai poteri di intervento che devono essere coordinati con i principi costituzionali in materia di iniziativa economica (art. 41 Cost.)>


E ancora la pronuncia avverte che "La Consob è garante, quindi, non della convenienza dell'operazione, ma della genuinità dell'operazione di sottoscrizione del pubblico risparmio, al fine di consentire ai risparmiatori una valutazione corretta e ponderata delle scelte d' investimento, in base ad un prospetto informativo veritiero, il cui controllo è rimesso alla Consob. La mancanza, da parte dell'organo di controllo, di qualsiasi attività di verifica e accertamenti, in presenza di rilevanti e significativi elementi di sospetto, pubblicizzati dalla stessa stampa nazionale ed in presenza di falsità facilmente rilevabili, costituisce violazione della diligenza minima connessa alle funzioni attribuite all'organo di controllo e costituisce fonte di responsabilità extracontrattuale della commissione stessa".


In conformità ai principi enunciati dalla Suprema Corte, il giudice di rinvio accerta l'esistenza del nesso di causalità materiale intercorrente tra il comportamento omissivo colposo della Consob ed il danno subito dai sottoscrittori, concludendo che il tempestivo e corretto esercizio dei poteri di vigilanza della Commissione avrebbe dissuaso gli investitori dall'operazione.


In particolare, la Corte di Appello evidenzia che "gli investitori hanno sottoscritto le quote anche e soprattutto in base alle informazioni pubblicate nel prospetto, facendo affidamento sulla veridicità delle stesse, passate al vaglio della vigilanza della Consob"; inoltre, a rafforzare il rapporto causale, la Corte sottolinea che, ove fosse stato esercitato il potere della Consob di vietare l'operazione in presenza di gravi anomalie e inesattezze del prospetto informativo, "l'operazione di sottoscrizione non avrebbe avuto neanche inizio e non avrebbe, quindi, causato alcun danno ai risparmiatori - investitori".

 
Così esclusa l'effettuazione delle sottoscrizioni da parte degli investitori in presenza della doverosa attività di controllo della Consob, il giudice di rinvio quantifica il danno sopportato dai sottoscrittori in misura pari ad euro 6.301.291,63, importo corrispondente all'esborso sostenuto dai sottoscrittori medesimi, oltre gli interessi legali dalle singole sottoscrizioni.


La sentenza in parola non solo apre una definitiva breccia nel sistema di impunibilità delle condotte illegittime della pubblica amministrazione, ma soprattutto può costituire un elemento fondamentale per ridare fiducia ai risparmiatori, in termini di trasparenza degli investimenti, per la maggiore informazione che ne deriva, e di certezza nella possibilità di individuare comunque un soggetto responsabile nei cui confronti far valere le proprie ragioni nell'ipotesi di irregolarità e illegittimità nella gestione del pubblico risparmio.



3. La responsabilità per omesso controllo: conseguenze e limiti

Parte della dottrina, tuttavia, tende a dare una lettura decisamente restrittiva dell'ambito di incidenza della sentenza n. 3132/2001, affermando che le ipotesi di responsabilità civile della Consob sarebbero da circoscrivere esclusivamente ai casi di colpevole inerzia a fronte di elementi di falsità della comunicazione risultanti dalla documentazione disponibile. Ad avviso di questi autori, interpretando in tal modo il dispositivo della sentenza, si evita il rischio, insito nell'affermazione di responsabilità extracontrattuale, di un rallentamento dell'operatività dell'autorità di controllo, incompatibile con le esigenze di un moderno mercato finanziario.


Di certo l'interprete ha il delicato compito di individuare fin dove può arrivare la valutazione degli obblighi di vigilanza, senza pregiudicare il meccanismo stesso del controllo. E ciò può avvenire avendo riguardo al livello di conoscibilità esigibile dall'organo di vigilanza "in relazione alla natura del soggetto controllato, dell'operazione e dei dati comunicati".


La "breccia" aperta dalla Cassazione con la sentenza n. 500/1999 e proseguita con la sentenza della medesima Corte n. 3132/2001 ha fatto sì che venissero configurate altre, svariate, ipotesi di responsabilità delle autorità di vigilanza, a corollario dell'intervento dei giudici nell'ambito di taluni noti e recenti fenomeni patologici vissuti dai mercati finanziari.


Dal momento che si tratta di vicende processuali ancora in itinere, ci si limita a darne sinteticamente conto in chiave di supporto ermeneutico alla configurazione di ipotesi di responsabilità delle autorità di vigilanza nel contesto di quanto fin qui argomentato.

 
Si pensi al collocamento delle obbligazioni Cirio e Parmalat, vicende nelle quali i risparmiatori potrebbero agire, in teoria, contro la Consob con un'azione di risarcimento, al pari di quanto è accaduto per il mancato controllo sui prospetti informativi.


Altro profilo di responsabilità delle autorità di controllo è stato configurato in relazione all'emissione dei bond argentini. Anche in questo caso è stata ipotizzata la responsabilità diretta della Consob per non avere correttamente disciplinato l'emissione delle obbligazioni argentine, di fatto collocate sul mercato italiano senza assicurare la dovuta trasparenza per gli investitori. Il che dovrebbe consentire, anche qui, di configurare una responsabilità aquiliana a carico dell'autorità di controllo.


Preme qui ricordare, inoltre, che sono ormai numerosi i casi di prodotti finanziari che hanno causato grave pregiudizio ai risparmiatori, rivelando solo a seguito della sottoscrizione del contratto caratteristiche ben diverse da quelle che erano state dichiarate dall'intermediario collocatore. Le responsabilità degli intermediari sono in corso di accertamento e, con esse, anche gli eventuali spazi per individuare ipotesi di mancato o carente controllo da parte delle autorità di vigilanza.


Non resta che attendere il consolidamento degli orientamenti della giurisprudenza, nell'auspicio che l'affermazione di responsabilità degli intermediari ovvero delle autorità di controllo avvenga nel contesto di un'adeguata ponderazione di tutti gli interessi coinvolti, compreso l'accertamento di eventuali concorsi di colpa.


Quanto alla possibilità di configurare altre ipotesi di responsabilità delle autorità di vigilanza, la stessa Cassazione ne ha escluso espressamente la responsabilità nell'esercizio delle funzioni di controllo in senso lato, poiché la relativa disciplina non potrebbe proteggere l'utilità delle aziende e dei soci senza tradire la finalità stessa della vigilanza, diretta al perseguimento della stabilità del sistema nel suo complesso, e non come della stabilità a livello microeconomico.


In definitiva, l'affermazione della responsabilità delle autorità di controllo non va enfatizzata inducendo ad eccessi di zelo nella vigilanza che porterebbero alla paralisi del mercato, ma non va neanche limitata al ricorrere di un novero di elementi tale da rendere improbabile il concreto verificarsi dell'imputazione di responsabilità agli stessi.


Di certo equilibrata, pertanto, appare la tesi di chi configura la responsabilità della Consob, come "di ultima istanza", ossia residuale rispetto a quelle di altri soggetti titolari di poteri di controllo o autori delle condotte lesive degli interessi degli investitori.
 


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[1] In Foro italiano, 2001, 1140 e ss.

[2] In Foro Italiano, 2004, 2, 584 e ss.

[3] Cfr CICCODICOLA, C. La Consob risponde per omessa vigilanza se il prospetto informativo è falso (commento a Cass., 3 marzo 2001, n. 3132), maggio 2001, Ceradi, Roma; SCOTTI, O. Diffusione di informazioni inesatte e tutela degli investitori: configurazione della responsabilità della Consob per omessa vigilanza (nota a Cass., 3 marzo 2001, n. 3132), in Giurisprudenza Commerciale, 2002, II, 12-33.

[4] Cfr. FALCONE – GRECO – ROTONDO, La responsabilità nella prestazione dei servizi di investimento, Milano, 2004, 428.