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Previdenza pensionistica e fondi pensione nella prospettiva di  riforma del welfare state
 

Antonino Sgroi

 

Guardando al dibattito politico e sindacale si può ben dire che il tema dei fondi pensione, della previdenza pensionistica integrativa e complementare sia letteralmente esploso nel nostro Paese fino ad acquistare un peso e un rilievo dominante nella riforma del sistema della sicurezza sociale, cioè del pezzo più importante del Welfare State.

Tant'è che, ormai, l'approccio da tempo prevalente oltralpe di un regime articolato su due gambe, è divenuto l'unico praticabile, per assicurare standard complessivamente tollerabili di prestazioni pensionistiche alle giovani e future generazioni.

La Relazione annuale Covip per il 2003 informa che gli iscritti a fondi pensione di nuova generazione a fine 2003 sono 1,4 milioni, un più 3,5 a fronte del 2002 essendo 42 i fondi negoziali , 96 i fondi pensione aperti con 365 mila iscritti, e 510 con 680 mila iscritti i fondi pensione <presistenti > al nuovo regime. Se poi si considera l'avvio della previdenza complementare del settore pubblico ,per fine 2004 la Relazione annuale della Covip prevede un assai consistente incremento del comparto delle forme pensionistiche complementari.

In tutti i casi a problematica dei fondi pensione è sempre più al centro della attenzione politica e del mondo del lavoro. Da qui l'interesse sia dei contributi di riflessione affidati agli studiosi della materia sia di un dialogo fra studiosi e parti sociali, queste ultime destinate ad essere le autentiche co-protagoniste della riforma in itinere.

Co-protagonismo che, a quel che consta, sta mancando nell'ultimo intervento legislativo sulla materia in itinere, quello approvato con modifiche dal Senato nella seduta il 13 maggio 2004 (A.S. 2058), dove si è intervenuto anche nella nostra materia, in specie, per il rilievo economico e non solo, con riguardo al modello di allocazione delle risorse provenienti dal T.F.R.

La legge delega approvata come si sa affida, all'art. 1, secondo comma, al Governo il compito di emanare una legislazione delegata finalizzata, fra l'altro, ad "e) adottare misure finalizzate ad incrementare l'entità dei flussi di pagamento alle forme pensionistiche complementari, collettive e individuali, con contestuale incentivazione di nuova occupazione con carattere di stabilità.

E a tal fine si prevede il conferimento, salva diversa esplicita volontà espressa dal lavoratore, del trattamento di fine rapporto maturando alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.

Si garantisce che il lavoratore stesso abbia una adeguata informazione , sulla tipologia, le condizioni per il recesso anticipato, i rendimenti stimati dei fondi di previdenza complementare per i quali è ammessa l'adesione, nonché sulla facoltà di scegliere le forme pensionistiche a cui conferire il trattamento di fine rapporto.E tutto questo previa omogeneizzazione delle stesse in materia di trasparenza e tutela, e anche in deroga alle disposizioni legislative che già prevedono l'accantonamento del trattamento di fine rapporto e altri accantonamenti previdenziali presso gli enti di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, per titoli diversi dalla previdenza complementare di cui al citato decreto legislativo n. 124 del 1993.

E ancora si prevede l'individuazione di modalità tacite di conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche o a partecipazioni pubblica all'uopo istituite, oppure in base ai contratti e accordi collettivi di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 e al comma 2 dell'articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, nonché ai fondi istituiti in base alle lettere c) e c-bis) dell'articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo, nel caso in cui il lavoratore non esprima la volontà di non aderire ad alcuna forma pensionistica complementare e non abbia esercitato la facoltà di scelta in favore di una delle forme medesime entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del relativo decreto legislativo, emanato ai sensi del comma 1 e del presente comma, ovvero entro sei mesi dall'assunzione.

Allo stesso modo è prevista la possibilità che, qualora il lavoratore abbia diritto ad un contributo del datore di lavoro da destinare alla previdenza complementare, detto contributo affluisca alla forma pensionistica prescelta dal lavoratore stesso o alla quale egli intenda trasferirsi ovvero alla quale il contributo debba essere conferito ai sensi del numero 2), la costituzione, presso enti di previdenza obbligatoria, di forme pensionistiche alle quali destinare in via residuale le quote del trattamento di fine rapporto non altrimenti devolute; l'attribuzione ai fondi pensione della contitolarità con i propri iscritti del diritto alla contribuzione, compreso il trattamento di fine rapporto cui è tenuto il datore di lavoro, e la legittimazione dei fondi stessi, rafforzando le modalità di riscossione anche coattiva, a rappresentare i propri iscritti nelle controversie aventi ad oggetto i contributi omessi nonché l'eventuale danno derivante dal mancato conseguimento dei relativi rendimenti; la subordinazione del conferimento del trattamento di fine rapporto, di cui ai numeri 1) e 2), all'assenza di oneri per le imprese, attraverso l'individuazione delle necessarie compensazioni in termini di facilità di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro e di eliminazione del contributo relativo al finanziamento del fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto;…"

In questa sede può procedersi a una serie di considerazioni di primo impatto di tal fatta:

non si comprende il prospettato nesso di causalità fra incremento dei flussi di finanziamento alla previdenza complementare e incentivazione di nuova occupazione con carattere di stabilità;
a) la destinazione del trattamento di fine rapporto ha quale suo "necessario", così testualmente, contrappasso, e si deve ritenere che il tutto debba porsi in essere contestualmente, non solo l'individuazione da parte del legislatore delegato "…delle necessarie compensazioni in termini di facilità di accesso al credito…", ma anche l'eliminazione del contributo posto a carico dei datori di lavoro al fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto previsto e disciplinato dall'ottavo comma, dell'art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297 (dimenticandosi però che lo stesso Fondo, ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, garantisce il pagamento delle ultime tre mensilità e pertanto la contribuzione versata non attiene esclusivamente al T.F.R.);
b) il conferimento automatico a tutte le forme di previdenza complementare, senza distinzione di sorta al loro interno, del trattamento di fine rapporto, "salva diversa esplicita volontà espressa dal lavoratore", tale regola, quella più nota e discussa, fa sorgere dubbi con riguardo alla legittimità di un modello incardinato sul silenzio, allorché dal silenzio da solo, come noto, in ambito giuridico, non può sorgere alcun onere a carico di un soggetto (nel nostro caso si ha la perdita della possibilità di riscuotere il t.f.r.), e con riguardo al fatto che la stessa veda come suoi beneficiari indistintamente tutti gli operatori del sistema previdenza complementare, mentre se tale regola può al più avere un suo limitato spazio di operatività limitatamente ai fondi chiusi;
c) l'individuazione di modalità tacite di conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi - istituiti o promossi dalle regioni o ai fondi istituiti in forza di contratti e accordi collettivi, anche aziendali, ovvero in mancanza, accordi fra lavoratori, promossi da sindacati firmatari di C.C.N.L. (art. 3, primo comma, lett. a), d. lgs.vo n. 124 del 1993) o ai fondi aperti secondo quanto disposto nel secondo comma dell'art. 9 decreto legislativo cit. - nell'ipotesi che il lavoratore non esprima, entro un termine fissato, la volontà di non aderire (inutile evidenziare la forma barocca di costruzione con la doppia negativa di una proposizione di per sé di non facile lettura) ad alcuna forma pensionistica complementare e non abbia esercitato la facoltà di scelta in favore di una delle forme medesime.
d) Questa ulteriore ipotesi di allocazione del t.f.r. passa anch'essa attraverso il silenzio del lavoratore, la mancata comunicazione di non adesione, e una scelta autoritativa del legislatore delegante e, anche in questo caso non pare da condividere un'opzione legislativa di tal fatta che, si rammenti, non è condivisa dalle parti sociali quelle chiamate a far decollare la previdenza complementare con il loro fattivo impegno teso a un coinvolgimento di tutti i lavoratori;
e) la creazione di un modello che consenta l'afflusso o il conferimento del contributo posto a carico del datore di lavoro, all'interno del quale rientra la quota di t.f.r. maturata e maturanda, direttamente alla forma pensionistica privata. Ma il legislatore delegante non prevede l'ipotesi di inadempimento da parte del datore di lavoro e non dice pertanto alcunché su quali siano le forme di tutela del lavoratore con riguardo specifico alle quote di t.f.r. non versate. In breve è da chiedersi se trattandosi sempre di contribuzione t.f.r., si possa ipotizzare l'intervento del Fondo di garanzia che si sostituisca al datore di lavoro nel pagamento della contribuzione dovuta a tale titolo e da versare al fondo di previdenza integrativa;
f) il riconoscimento del potere in capo agli enti di previdenza obbligatoria della costituzione di forme pensionistiche dove collocare, in via residuale, le quote di trattamento di fine rapporto non altrimenti devolute, se ben si intende, il legislatore consente la creazione di quel che si potrebbe definire una terza forma di previdenza anomenclata, gestita dagli enti di previdenza obbligatoria, ove far confluire le quote di t.f.r. non utilizzate per alimentare la seconda gamba del sistema di previdenza nazionale. Sembra di essere davanti a un legislatore prigioniero di un sogno, sogno dove esiste un lavoratore medio talmente ricco da potere destinare di scegliere quote del trattamento t.f.r. non solo ai fondi di previdenza privata ma anche a un altro fondo previdenziale;
g) il legislatore delegante nel prevedere la destinazione delle quote di t.f.r., maturato e maturando in capo ai lavoratori, a finanziamento della previdenza complementare non opera alcuna distinzione all'interno della categoria dei lavoratori, dimenticando che la categoria non è unitaria ma che al suo interno occorre distinguere fra lavoratori per i quali persiste il modello previdenziale obbligatorio di tipo retributivo, lavoratori nei confronti dei quali convive con riguardo alla previdenza obbligatoria il sistema retributivo e quello contributivo, e infine lavoratori che ricadono sotto la vigenza del modello contributivo,essendo legittimo ritenere che il delineato modello di allocazione delle risorse scaturite dal t.f.r. possa avere una sua ratio limitatamente a quest'ultima categoria di lavoratori e al più con riguardo alla seconda categoria di lavoratori, retro evidenziata, limitatamente alle quote di t.f.r. maturate e maturande dopo il passaggio al metodo contributivo.

In questa prospettiva di analisi meritano attenzione i contributi degli specialisti della disciplina giuridica della previdenza integrativa (da ultimo, G. Zampini,La previdenza complementare. Fondamento costituzionale e modelli organizzativi, Cedam 2004; M. Bessone,Previdenza complementare ,rist. 2003, Giappichelli editore). E nella discussa materia adesso il Commentario di diritto del lavoro edito per i tipi della U.T.E.T. si arricchisce di un nuovo volume, il quarto, La previdenza complementare" a cura di Mario Bessone e Franco Carinci, che dirige l'importante Commentario e al quale si deve un interessante prefazione in tema di Aspetti problematici e prospettive de iure condendo nello scenario delle forme pensionistiche complementari.

L'opera dedicata a un'unitaria ricognizione del sistema di previdenza privata in ambito nazionale e comunitario si compone di tre parti. La prima compie un inquadramento generale della previdenza privata all'interno del sistema previdenziale scaturente dall'art. 38 della Costituzione e, sotto altro punto di osservazione, all'interno del sistema delle fonti, in specie a seguito delle modifiche apportate all'art. 117 della Carta costituzionale.

La seconda passa in rassegna le più rilevanti questioni attinenti ai fondi pensioni privati posti all'interno del reticolato legislativo comunitario. Legislazione comunitaria che è utilizzata quale parametro di raffronto con riguardo a temi peculiari, quali: i principi di parità di trattamento e di non discriminazione, la trasferibilità della posizione previdenziale all'interno della Comunità.

Il capitolo si conclude con una parte dedicata alla disamina della legislazione sul tema di altri Stati membri della Comunità. L'ultimo, il più ampio dei capitoli, è dedicata all'esame della legislazione nazionale, il decreto legislativo n. 124 del 21 aprile 1993.

Sono esaminati analiticamente, con l'apporto di numerosi e autorevoli specialisti della materia, i più rilevanti profili della disciplina della previdenza pensionistica privata, quali sono il sistema delle fonti, i modelli di creazione dei fondi e le loro vicende, le vicende della posizione previdenziale del singolo iscritto dal momento della sua iscrizione al fondo al momento finale dell'uscita del lavoratore dal fondo medesimo, passando attraverso l'eventuale trasferimento o riscatto della citata posizione, i modelli di gestione del risparmio previdenziale e le garanzie apprestate dall'ordinamento nel momento in cui il risparmio entra nel mercato finanziario divenendo una fondamentale risorsa di sistema.

Allo stesso modo si documentano il regime tributario fatto ai fondi, le reazioni approntate dall'ordinamento per contrastare le patologie di sistema e il ruolo istituzionale della Covip, autorità amministrativa preposta alla gestione e vigilanza di questo settore dell'ordinamento pensionistico Da ultimo, ma non per questo meno importanti, sono da menzionare le parti del capitolo dedicate rispettivamente ai pip o fip forme pensionistiche individuali e a comparto a tuttoggi così rilevate dei fondi pensione preesistenti.

E a far prova della completezza del volume curato da Bessone e Carinci provvede già l'indice del Commentario che sembra utile segnalare per esteso.

INDICE
 

Prefazione: Aspetti problematici e prospettive de jure condendo (F. Carinci)

Capitolo I - Previdenza privata e Stato sociale in Italia: principi generali ed evoluzione storica.

1.1. La previdenza complementare nel sistema previdenziale (T. Treu).
1.2. Principio di sussidiarietà e competenza regionale in materia di previdenza complementare (L. Francario).

Capitolo II - I fondi pensionistici privati nell'ordinamento comunitario

2.1 Stato sociale e ordinamento comunitario: principi generali (M. Cinelli).
2.2. I fondi pensione e il principio di parità di trattamento nell'ordinamento comunitario (D. Izzi).
2.3. La trasferibilità della posizione previdenziale individuale nel mercato comune (A. Sgroi).
2.4. Fondi pensione e competition rules comunitarie (S. Giubboni).
2.5. I fondi pensione nelle esperienze nazionali europee (R. Vianello).

Capitolo III - La previdenza complementare nel d. lgs. n. 124/1993

3.1. Previdenza privata e fondi pensione. Il sistema delle fonti normative di un nuovo ordinamento di settore (M. Bessone).
3.2. Destinatari e sistema delle fonti (G. Zampini).
3.3. La configurazione soggettiva delle forme pensionistiche (A. Tursi).
3.4. Le vicende modificative delle fonti istitutive (G. Dondi).
3.5. Trasferimento e riscatto della posizione individuale (A. Pandolfo).
3.6. Il finanziamento (G. Zampini).
3.7. Fondi pensione e mercato finanziario. Le attività di investimento, le garanzie di tutela del risparmio con finalità previdenziale (M. Bessone).
Sezione I - L'ordinamento delle attività dei fondi pensioni negoziali e "chiusi"
Sezione II - Fondi pensione aperti. L'offerta di mercato e le regole di gestione del portafoglio previdenziale.
3.8. Le prestazioni (G. Ciocca)
3.9. Le forme pensionistiche individuali (G. Volpe Putzolu).
3.10. Il sistema di vigilanza. La Covip come autorità amministrativa indipendente (L. Francario).
3.11. Il regime tributario della previdenza complementare (F. Marchetti).
3.12. I fondi preesistenti al d. lgs. n. 124/1993 (M. Bessone).
3.13. Le fattispecie incriminatici previste dalla normativa sulla previdenza complementare (E. Amati).