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L’organizzazione dei servizi pubblici locali, in particolare del servizio idrico integrato, secondo l’art. 113 D.Lgs. 267/2000: alcune riflessioni.

 

 

Luchetti Morena


Sebbene il quadro normativo sino ad oggi tracciato dal legislatore sia piuttosto complesso e di difficile interpretazione, credo si possano comunque individuare alcuni punti fermi nelle leggi di settore dei servizi pubblici locali attualmente vigenti.
L’art. 113 del D.Lgs. 267/2000 (T.U.EE.LL.) rappresenta il dato normativo essenziale al quale fare riferimento nell’individuazione della disciplina dei s.p.l.; tale articolo è stato più volte oggetto di modifiche ed integrazioni, anzi, esso stesso è frutto di aggiustamenti avvenuti nel corso del tempo a seguito dell’emanazione della prima Legge sulle Autonomie (L. 142/90) che, per la prima volta nell’ordinamento giuridico italiano, ha racchiuso in modo organico, in un unico corpus normativo, l’intera disciplina degli Enti Locali.
Tale Legge sulle Autonomie, infatti, all’art. 22 si è occupata dei servizi pubblici locali e delle loro forme di gestione attraverso alcune disposizioni che abbiamo ritrovato, pressoché immutate, nel disposto dell’art. 113.
Lo spirito di tale articolo, nella sua formulazione originaria, non era propriamente comunitario; il legislatore lasciava esistere forme di gestione dei servizi pubblici provenienti dal passato, quali l’azienda speciale, l’istituzione, la gestione in economia, la società mista e quindi non si preoccupava più di tanto della politica dell’Unione Europea che sembrava progredire in senso contrario. Da tempo, infatti, l’Unione, nel suo Trattato, e la CEE, nelle sue Direttive, avevano affermato il principio di libera concorrenza e la necessità per i Paesi membri di avvalersi, attraverso lo strumento della gara pubblica, di società operanti sul mercato per gestire i servizi fruibili dagli utenti.

Con la Legge Finanziaria 2002 (L. 448/2001) ed in particolare con l’art. 35 è stato ridisegnato il modello gestionale dei servizi pubblici locali proveniente dal vecchio art. 113 T.U.EE.LL. e sono stati introdotti concetti quali “s.p.l. con rilevanza industriale” (e quelli privi di tale rilevanza – art. 113 bis - ), “regime di concorrenza nell’erogazione del servizio” ecc…
Soprattutto si è introdotto il principio della gara come unico strumento per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, ad eccezione del servizio idrico.
Il del servizio idrico integrato è stato infatti considerato meritevole di una speciale attenzione dal momento che all’art. 35 il comma 5 si è interamente ed esclusivamente dedicato agli affidamenti compiuti dai soggetti competenti a norma dell’art. 9 della Legge 36/94 (Legge Galli), ossia dalle Autorità d’Ambito per il servizio idrico integrato.
Tali soggetti, in base al comma 5, hanno potuto affidare il s.i.i. direttamente, entro il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore della legge, a società di capitali partecipate unicamente da enti locali facenti parte dello stesso ambito territoriale ottimale, a condizione che il periodo massimo di durata dell’affidamento non fosse superiore a cinque anni e vi fosse l’obbligo per le società di gestione di dismettere a mezzo gara, entro due anni dall’affidamento stesso, almeno il 40% del patrimonio in favore di soggetti privati.

Dal comma 5 dell’art. 35 sono dunque emersi tempi e modalità di affidamento della gestione del s.i.i. totalmente diversi da quelli previsti in generale per gli altri servizi pubblici locali; in sostanza, si è introdotto un principio di gradualità nella libera concorrenza del settore idrico consentendo a tutti gli operatori di abituarsi lentamente all’idea di un “mercato unico”, comunque inevitabile.

In pratica, guardando più da vicino le date di riferimento del comma 5, il legislatore ha imposto alle Autorità d’Ambito, una volta intrapresa la strada dell’affidamento diretto, di realizzarlo (in concreto deliberarlo con opportune decisioni del competente organo assembleare) entro il 30 giugno 2003 e di stabilirne la durata per un periodo non superiore ai 5 anni e quindi al massimo fino al 30 giugno 2008, dando atto però che le società di gestione entro il 30 giugno 2005 dovevano consentire l’ingresso del partner privato nella compagine sociale.

La materia del servizio idrico e più in generale quella dei servizi pubblici locali è stata nuovamente modificata con il Decreto Legge 269/03 convertito con la Legge 326/03; il provvedimento ha innovato la disciplina contenuta nell’art. 113 dando questa volta connotazione economica e non più industriale ai servizi pubblici oggetto dello stesso articolo.
Il distinguo tra “servizi pubblici locali di rilevanza industriale” contenuti nell’art. 113, come sostituito dall’art. 35 della Legge Finanziaria 2002, e quelli “di rilevanza economica” inclusi nello stesso articolo, questa volta modificato dal Decreto Legge 269/03, non è di poco conto anche perché, mentre l’individuazione dei primi veniva demandata ad un regolamento governativo onde permettere l’esatta applicazione ed attuazione della legge, i sevizi di carattere economico sono individuati a discrezione dell’interprete.

Con il Decreto 269 pare che il legislatore italiano abbia voluto proseguire e rimarcare la strada degli affidamenti “in house”, delle regole elastiche, della “scarsa” concorrenza.
Il principio della procedura ad evidenza pubblica e della erogazione dei servizi da parte di società di capitali in regime concorrenziale è, con tale Decreto, fortemente attenuato; lo si evince innanzi tutto dalla nuova struttura dell’art. 113 che al comma 5 prevede l’erogazione del servizio secondo discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione Europea ed inoltre statuisce il conferimento della titolarità del servizio a tre tipologie di imprese:

1. società di capitali individuate con gara;
2. società miste con partner privato scelto con gara;
3. società a capitale interamente pubblico dove l’ente o gli enti esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente/enti che la controllano (affidamento in house).

Dalla lettura dell’articolo emerge prima di tutto il rimando operato nei confronti delle normative settoriali e della normativa europea, rimando che nel caso del servizio idrico vuol dire Legge Galli e Direttive e, meglio ancora, Decreti di recepimento delle stesse quale ad esempio il D.Lgs. 157/95 (in materia di appalti di pubblici servizi nei settori cosiddetti “esclusi”).
Il riferimento a tali normative è certamente posto in maggiore evidenza nel Decreto 269/03 piuttosto che nella precedente versione dell’art. 113, ma è soprattutto la diversa indicazione delle tipologie societarie a fare la differenza tra la norma precedente e quella attuale.
Se prima, infatti, il principio da applicare era quello della gestione del servizio pubblico attraverso società di capitali scelte con gara, oggi è quello della gestione mediante non solo società di capitali scelte con gara ma anche società miste (punto 2.) e società interamente pubbliche (punto 3.).

Il Decreto 269 non dimentica quegli affidamenti diretti, resi possibili dall’art. 35 comma 5 della Finanziaria 2002, effettuati dalle Autorità d’Ambito in virtù proprio di quel disposto legislativo che ha rappresentato l’eccezione alla regola generale dell’affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica.
Sebbene tale comma 5 sia stato espressamente abrogato dal Decreto 269, l’ipotesi delle concessioni rilasciate dalle Autorità competenti senza espletare la gara è presa in considerazione nel comma 15 bis (introdotto proprio dal Decreto) nel quale si prevede una modifica alla durata di tali affidamenti (prima possibili fino ad un massimo di 5 anni) destinati a cessare entro e non oltre il 31 dicembre 2006 (senza peraltro apposita deliberazione dell’Ente).
Le sole eccezioni alla suddetta scadenza sono date dagli affidamenti decisi in favore delle società miste e delle società partecipate interamente da enti pubblici (di cui ai precedenti punti 2. e 3.), cioè di quelle società possibili titolari dell’erogazione del servizio ai sensi della vigente normativa.

Così, le Autorità d’Ambito, che alla data del 30 giugno scorso hanno deliberato di affidare a società con capitale pubblico, sono oggi in grado di mantenere le decisioni assunte se le affidatarie danno prova di “apertura” nella gestione del servizio loro concesso attraverso l’ingresso, secondo i principi della gara, del socio privato nella struttura societaria, oppure se, laddove il capitale continui ad essere detenuto interamente dagli enti pubblici, l’affidataria realizzi con questi ultimi la parte più importante della propria attività.

In definitiva, il legislatore, nella vigente formulazione dell’art. 113, ha inteso affiancare alla procedura di espletamento della gara quella dell’affidamento diretto per il conferimento della titolarità dei servizi pubblici locali in capo alle varie società, e, così facendo, ha permesso la sopravvivenza di quegli affidamenti specifici, svolti nel settore dei servizi idrici, che sono avvenuti lo scorso giugno in virtù del vecchio comma 5 art. 35 Legge finanziaria 2002.

L’abrogazione espressa di questo comma, quindi, a parere di chi scrive, non va interpretata nel senso di una disapplicazione degli affidamenti ormai disposti poichè, se davvero fosse stato questo l’intento del legislatore, non ci sarebbe stata la possibilità di conferimento alle società miste e a quelle in house ma soltanto la procedura di gara. Siccome così non è stato, gli affidamenti decisi sono destinati a sopravvivere al comma 5 dell’art. 35 e a rimanere per sempre, quindi oltre la scadenza del 31.12.2006, semprechè vengano pienamente rispettate le condizioni dettate dall’art. 15 bis al quale si faceva riferimento poc’anzi.

Tale articolo, infatti, come del resto l’art. 5 che elenca la terna degli affidamenti validi, si sofferma sui requisiti delle società stesse per stabilirne l’idoneità e l’aderenza al dettato normativo; in tal senso si dispone che le società miste debbono garantire la scelta del socio privato mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza mentre, per le società a capitale interamente pubblico, la condizione è che gli enti pubblici titolari esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.

Peraltro, il tenore di tali disposizioni fa pensare non solo a meccanismi di assegnazione dei servizi secondo strumenti di carattere amministrativo, ma anche a istituti propri del diritto commerciale e finanziario.
In buona sostanza, i problemi che l’interprete oggi si pone alla luce delle recenti riforme sui servizi pubblici locali sono di diversa natura e vanno affrontati a livello trasversale attingendo da fonti di tipo amministrativo-procedurale, commerciale, soprattutto in riferimento alla riforma del diritto societario, e finanziario.
Al di là comunque di queste considerazioni, alle quali bisogna però prestare attenzione soprattutto quando si vuol stabilire il significato di espressioni quali “…garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza…” oppure “…controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi…”, il ragionamento sin qui seguito credo possa risultare utile per affermare che la riforma dei servizi pubblici, tra i quali il servizio idrico, se da un lato, con il Decreto 269, ha soppresso il principio guida dell’affidamento con gara, dall’altro lato, nell’ottica della salvaguardia del principio della trasparenza, ha posto condizioni e limiti agli affidamenti alternativi ritenuti comunque modelli gestionali efficaci ed efficienti.

L’ultima novità legislativa relativa all’art. 113 del T.U.EE.LL. è rappresentata dalla Legge Finanziaria 2004 (Legge 350/2003) la quale apporta al detto articolo alcuni commi aggiuntivi tra i quali il 5 bis che testualmente recita: “Le normative di settore, al fine di superare assetti monopolistici, possono introdurre regole che assicurino concorrenzialità nella gestione dei servizi da esse disciplinati prevedendo, nel rispetto delle disposizioni di cui al comma 5, criteri di gradualità nella scelta delle modalità di conferimento del servizio”.
Il riferimento alle normative di settore rappresenta un rafforzativo del principio di specialità e quindi di prevalenza delle norme settoriali su quelle generali e soprattutto rimarca l’espressione già utilizzata e fatta propria dal Decreto 269 a proposito delle modalità di erogazione del servizio pubblico (art. 5).
Anzi, la questione dell’affidamento e le sue possibili varianti, tanto nel Decreto 269 quanto nella Finanziaria 2004, sembra appartenere esclusivamente, al di là di alcuni principi-base, alle norme di settore e a quelle dell’Unione Europea.
D’altra parte ciò non deve stupire dal momento che, secondo i più recenti contributi avvenuti in sede di dibattito politico-istituzionale sul tema del riparto di competenze tra Stato e Regioni alla luce del nuovo testo costituzionale, pare che la materia dei s.p.l. appartenga alle Regioni ex art. 117 comma 4, mancando tra quelle di competenza statale sia esclusiva che concorrente, anche se, indubbiamente, essa ha natura trasversale e investe più settori.

A tal proposito va brevemente ricordato che molte delle previsioni aventi ad oggetto la disciplina del servizi pubblici rientrano nella materia della tutela della concorrenza (art. 117 lett. e), che è ricompresa tra quelle di competenza legislativa esclusiva dello Stato ed anche la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117 lett. m) è di competenza statale; questi settori, a ben vedere, alimentano e sono essi stessi alimentati dalla materia dei servizi pubblici rappresentandone in alcuni casi, come per i livelli essenziali delle prestazioni, il cuore.

In ogni caso è interessante vedere come nella Finanziaria 2004 si faccia riferimento a criteri di gradualità, quasi a introdurre lentamente, ma con costanza, una situazione concorrente in un sistema che ancora non lo è.
Si è tornati sostanzialmente ad assumere una posizione elastica, che c’era prima della manovra finanziaria del 2002 ma che poi, sotto i colpi di quella legge, era parsa vacillare lasciando spazio all’inderogabilità (tranne alcune eccezioni) della procedura ad evidenza pubblica.

L’altro comma nuovo di un certo rilievo introdotto dalla finanziaria 2004 è il 5 ter che prevede l’obbligo per i soggetti gestori, in ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l’erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara, di provvedere all’esecuzione dei lavori connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto aggiudicati a seguito di procedure ad evidenza pubblica; se, invece, l’affidamento è avvenuto in favore di soggetti scelti con gara, essi stessi possono realizzare direttamente i suddetti lavori.

 

Febbraio 2004