AmbienteDiritto.it 

Legislazione  Giurisprudenza

 


 Copyright ©  Ambiente Diritto.it

 

 Fondi pensione chiusi, fondi pensione aperti, piani pensionistici individuali. Le nuove discipline del TFR (*)

 

 

MARIO BESSONE



 

1. Le norme stabilite con le disposizioni della legge 243 del 23 agosto 2004 presentano caratteri di significativo rilievo per l‘intero insieme delle forme di previdenza pensionistica. Ma come si sa rilievo assolutamente particolare hanno quante si riferiscono a forme pensionistiche "complementari" recando "deleghe al Governo" che prefigurano una assai forte riforma di sistema. Per indicazione del primo comma dell’art. 1 della legge dell’agosto 2004 , più precisamente al Governo compete l’ esercizio della delega "ad adottare", entro un termine in linea generale stabilito in "dodici mesi dalla data di entrata in vigore" della nuova disciplina, " uno o più decreti " recanti disposizioni intese a conseguire risultati di sostegno e di incentivo allo "sviluppo" delle possibili e diverse "forme pensionistiche complementari".
    E se a tal fine anche molto altro rileva in modo particolare rilevano i "principi" e "criteri direttivi" in materia di allocazione del Tfr ,il "trattamento di fine rapporto" da sempre al centro di qualsiasi realistica policy di sostegno e di incentivo delle possibili forme di previdenza privata con finalità pensionistica. Come si è ormai infinite volte documentato (e non sarà davvero più il caso di ripetere) "lo sviluppo" di queste forme pensionistiche è infatti una variabile in grande parte dipendente dalle "misure finalizzate ad incrementare l‘entità dei flussi di" loro "finanziamento".
    Perciò appunto dal "conferimento (...) del trattamento di fine rapporto maturando" che la normativa dell’agosto 2004 disciplina secondo una regola di silenzio "assenso" concisamente riassunta in una formula di estrema sintesi, dove ci si riferisce alla sua acquisizione "alle forme pensionistiche" complementari con la sola esclusione della eventualità di una "diversa" e "esplicita" volontà "espressa dal lavoratore". Un principio in apparenza univoco e in realtà all’origine di una intera serie di (gravi) problemi. Problemi oggettivamente complessi investono la previdenza complementare dei comparti del pubblico impiego che tuttavia non saranno qui considerati. Ma anche a considerare soltanto la previdenza pensionistica complementare del settore privato sono in evidenza (gravi) problemi che la normativa di delega non sembra aver valutato per intero .
    Cosa che adesso impegna il legislatore delegato ad una assai difficile operazione di elaborazione di una disciplina per intanto consegnata a "criteri direttivi" massimamente lacunosi. E a veder bene all’origine di ogni difficoltà è il loro mancato coordinamento con le disposizioni del decreto legislativo 124 del 21 aprile 1993,che (a suo tempo ampiamente integrato da successive prescrizioni) come si sa già comprende in sé una organica disciplina delle diverse forme pensionistiche complementari. Ne derivano distinzioni di posizione previdenziale che non possono essere trascurate e che il legislatore delegato verosimilmente considererà con tutta la dovuta attenzione .
    Là dove con dizione di assoluta indeterminatezza al punto 1 della lettera e) del secondo comma della legge dell’agosto 2004 prefigura conferimento delle quote di tfr maturando "alle forme pensionistiche (....) di cui" appunto "al decreto legislativo 21 aprile 1993" ,il legislatore delegante non ne passa in rassegna le particolarità di regime e non distingue (come e’ invece con ogni evidenza necessario ) tra fondi pensione negoziali e chiusi di nuova generazione e fondi comuni "preesistenti" (perché già attivi alla data del 15 novembre 1992 ),tra fondi comunque "chiusi" o fondi pensione invece "aperti" e piani pensionistici individuali dell’ art. 9 ter del decreto legislativo 124.
    Né la normativa di delega (come e’ invece con ogni evidenza necessario) distingue tra posizioni soggettive ben diverse tra loro quali sono la condizione di lavoratori già iscritti ad una forma pensionistica privata e lavoratori invece non o non ancora iscritti. Nel caso di lavoratori iscritti non segnala poi le differenze di regime talvolta immediatamente conseguenti alla differenza nei tempi della iscrizione. Al legislatore delegato il non facile compito di derivare da imprecisati "criteri direttivi" la esauriente regolazione di fattispecie ben diverse tra loro.
    E si devono considerare" anche altri particolari connotati di singole fattispecie .In considerazione delle disposizioni a suo tempo stabilite dal secondo e terzo comma dell‘art. 8 del decreto legislativo 124 , sarà comunque agevole constatare in che misura possa rilevare la distinzione che (che davvero non può essere ignorata e) separa lavoratori    "di prima occupazione,successiva alla data" del 28 aprile 1993 e lavoratori invece entrati nel mondo del lavoro in data anteriore. Una volta di più saranno i decreto legislativi "delegati" a dover disegnare puntuali e diversificate discipline.


2. Le disposizioni del decreto legislativo 124 tuttavia già di per sé a veder bene consentono di fare chiarezza quanto al settore dei fondi pensione di nuova generazione "negoziali" e "chiusi" che hanno fonte costitutiva in un accordo collettivo del mondo del lavoro, i fondi pensione appunto in considerazione della loro appartenenza riservati ai lavoratori appartenenti alla "categoria" professionale ,al "raggruppamento",al "comparto" o ad una delle altre aggregazioni del mondo del lavoro dipendente enumerate dall’ art. 2 del decreto legislativo 124.
    Per questo settore di previdenza pensionistica privata vale senz’altro la differenza di regime già conseguente alle disposizioni del terzo comma dell‘art. 8 del decreto, che soltanto con riguardo ai lavoratori "di prima occupazione" in data posteriore al 28 aprile del 1993 prevede obbligatoriamente "la integrale destinazione" al fondo pensione degli "accantonamenti al tfr" maturati in tempi successivi alla loro iscrizione alla forma pensionistica complementare, ad essa conferendosi anche "le quote di contributo" al fondo pensione "a carico del datore di lavoro e del lavoratore".
    E considerato che il terzo comma dell’art. 8 si riferisce in linea generale alle "forme pensionistiche complementari su base contrattuale collettiva" medesimo regime sembra dover valere per il caso della adesione collettiva a fondi pensione aperti resa possibile dal secondo comma dell’art. 9 del decreto legislativo 124 . Per quanti sono entrati nel mondo del lavoro dopo l’aprile del 1993 o vi entreranno in futuro a veder bene si configurano perciò le fattispecie che in via breve possono essere così rappresentate.
    Se già iscritti ad una delle indicate forme pensionistiche nulla di nuovo perché questi lavoratori continueranno ad obbligatoriamente versare Tfr al fondo pensione di appartenenza,essendo esclusa qualsiasi possibilità di manifestare volontà contraria al conferimento delle quote di tfr maturando. Quanti invece sono lavoratori (di prima occupazione dopo la data dell’aprile 1993 ) non ancora iscritti ad una forma pensionistica complementare trovano necessariamente altro regime nella nuova disciplina.
    Con il lessico del punto 2 della lettera e ) del secondo comma della legge di delega dell’agosto 2004 ,nei termini di tempo stabiliti dalle sue disposizioni questi lavoratori saranno ammessi ad "esprimere" la volontà "di non aderire ad alcuna forma pensionistica complementare" cosa che naturalmente lascia le quote di Tfr accantonate presso il datore di lavoro. Naturalmente sarà possibile che invece i lavoratori decidano di aderire ad una forma pensionistica complementare con la conseguente dislocazione delle loro quote di Tfr al fondo pensione.
    E infine per il caso di loro "silenzio" vale la regola che allo stesso modo comporta conferimento delle quote di Tfr maturando ,occorrendo tuttavia che il legislatore delegato precisi se in tal caso al fondo pensione pervengono anche  "le quote di contributo a carico del datore di lavoro e del lavoratore" indicate dal terzo comma dell’ art. 8 del decreto legislativo 124 (e si tratta di questione assai rilevante che come si preciserà più avanti è necessario discutere muovendo dalla incerta disposizione del punto 3 della lettera e del secondo comma della legge di delega).
    Diversa la disciplina a valere per i lavoratori già attivi in data anteriore all’ aprile del 1993 che anche in questo senso fanno parte a sé nel più ampio contesto del sistema previdenziale. Come si sa per essi il secondo comma dell’ art. 8 del decreto legislativo 124 non stabilisce alcuna disciplina di obbligo di finanziamento della forma pensionistica complementare mediante il conferimento di (quote di) Tfr lasciando invece residuare uno spazio di libertà statutaria che il legislatore delegato dovrà pur considerare.
    La norma del decreto legislativo 124 a tutt’oggi in vigore dispone infatti che "le fonti istitutive delle forme pensionistiche complementari" attivate "su base contrattuale collettiva",ancora una volta fondi pensione negoziali e chiusi (e medesimo regime vale per le fattispecie di adesione collettiva a fondi aperti del secondo comma dell‘art. 9 del decreto),possono qualora così ritengano e soltanto se così ritengono "prevedere la destinazione al finanziamento" del fondo pensione "di una quota dell‘accantonamento annuale al Tfr" .
    Per questo (così ampio e rilevante) settore del mondo del lavoro le nuove normative comportano variazioni di regime in ampia misura tutte da precisare. E soltanto gli attesi interventi del legislatore delegato consentiranno di fare davvero chiarezza. Ma nella prospettiva delineata dalle disposizioni del decreto legislativo 124 (e naturalmente guardando a quanto adesso prescrivono i criteri della legge di delega dell’agosto 2004) sembrano prefigurarsi le situazioni e il regime finale che in via breve si segnalano.
    Con riguardo ai lavoratori (già attivi in data anteriore all’ aprile del 1993 e) già iscritti alla forma pensionistica complementare, le nuove normative di silenzio <assenso> operano nel senso che la "esplicita volontà" espressa dal lavoratore consente di continuare a partecipare alla forma pensionistica senza conferimento del Tfr maturando. Conferimento che invece si concreterà (e per l’ intero importo del Tfr maturando) secondo regola di silenzio "assenso" se il lavoratore non manifesta quella contraria volontà.
    E va considerato il caso dei lavoratori (già attivi in data anteriore all’ aprile del 1993 ma) non ancora iscritti alla forma pensionistica complementare che in futuro scelgano l’adesione a fondi pensione o altri programmi pensionistici privati. In caso di loro "silenzio" si darà conferimento del Tfr alla forma pensionistica complementare. Ma il secondo comma dell‘art. 8 del decreto legislativo 124 è norma ancora in vigore e (se le fonti istitutive non dispongono diversamente) sarà pur sempre possibile la iscrizione alla forma previdenziale conservando tuttavia il Tfr accantonato presso il datore di lavoro.

3. Se queste sono le grandi linee del regime verosimilmente a valere per i fondi pensione negoziali e "chiusi" di nuova generazione (e si ricordi la previsione del secondo comma dell’art. 9 del decreto legislativo 124), sarà tuttavia appena il caso di far presente che essi non esauriscono per intero il mondo della previdenza privata con finalità pensionistica. E ancora guardando al settore dei fondi pensione di appartenenza professionale naturalmente merita la maggior e più circostanziata attenzione anche il settore dei fondi pensione "preesistenti".
    Come si sa così si denominano le forme pensionistiche complementari (già "istituite alla data di entrata di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992 n. 421" e perciò) già attive alla data del 15 novembre 1992. Forme pensionistiche di varia natura e comunque di assai notevoli consistenze patrimoniali, essendo di notevole consistenza anche la popolazione dei lavoratori ad esse interessati in quanto lavoratori "attivi" iscritti a fondo pensione o "pensionati" già destinatari di prestazioni previdenziali.
    Più risalenti nel tempo e di maggior grandezza sono i fondi pensione preesistenti attivati presso enti creditizi .Nel lungo periodo dovevano tuttavia essere frequenti e rilevanti le iniziative avviate in altri rami di industria,talvolta organizzate in forma di fondo aziendale o di un gruppo societario. Egualmente rilevanti talune iniziative maturate nel mondo del commercio e del settore terziario. Da ciò forme pensionistiche che continuano a costituire parte importante del sistema della previdenza pensionistica privata per esse valendo la speciale disciplina dell‘art. 18 del decreto legislativo 124 .
    A tutto ciò i principi e "criteri direttivi" della legge di delega non si riferiscono in modo espresso cosa che determina l’ insorgere di una ulteriore serie di interrogativi. Si tratta di interrogativi numerosi e complessi che nei decreti delegati dovranno tuttavia trovare pur sempre la precisa e univoca risposta che non è qui possibile formulare in modo esauriente. Ma quale che possa essere l’orientamento del legislatore delegato sembra di comprendere che le normative già adesso in vigore finiscano per indicare linee di percorso in certa misura obbligate.
    Se è vero che il numero 2 della lettera e) del secondo comma della legge di delega richiama gli artt. 3 e 9 del decreto legislativo 124 ma non il suo art. 18 , sarà infatti chiaro che anche i fondi pensione preesistenti appartengono al numero dei fondi pensione attivati per regola di appartenenza professionale e "su base contrattuale collettiva" del primo comma dell’art. 3 del decreto legislativo 124 . Il silenzio dei "criteri direttivi" della legge di delega dell’agosto del 2004 va perciò ragionevolmente interpretato.
    Il numero 1) della lettera e del secondo comma della legge di delega si riferisce alle "forme pensionistiche" disciplinate dal decreto legislativo dell‘aprile del 1993 senza fare alcuna distinzione tra fondi pensione di nuova generazione e fondi pensione "preesistenti", di modo che anche per questi sicuramente vale la nuova disciplina dell’agosto 2004, occorrendo tuttavia stabilire quali ne possano essere le conseguenze applicative. E in presenza della estrema varietà di fattispecie che caratterizza il comparto dei fondi pensione preesistenti come si avvertiva non è qui pensabile una compiuta ricognizione di campo.
    Occorrerà tuttavia comunque muovere dalla speciale disposizione del settimo comma dell‘art. 18 del decreto legislativo 124, dove in ogni caso si stabilisce diversificato regime per gli iscritti a fondo pensione "preesistente", a seconda che la loro iscrizione alla forma pensionistica sia precedente o successiva alla data del 28 aprile del 1993 . Con riguardo al "finanziamento" della forma pensionistica ne risulta stabilito che ai lavoratori iscritti a fondo pensione "preesistente" entro tale data non si applica il regime disposto dall’art. 8 del decreto legislativo 124 .
    Perciò può ben essere che usando della sua autonomia regolamentare lo statuto della forma pensionistica preveda espressamente allocazione al fondo pensione di quote del Tfr.Ma se così non fosse per questo comparto di lavoratori a tutt’oggi deve ritenersi senz’altro escluso un vincolo di conferimento di Tfr al fondo pensione. Ma anche altro occorre considerare atteso che la norma dell‘art. 8 del decreto legislativo 124 invece si applica ai lavoratori iscritti a fondo pensione "preesistente" in data successiva al 28 aprile del 1993 .
    Se poi si leggono con la dovuta attenzione secondo e terzo comma di questa disposizione , sarà chiaro che a    tutt‘oggi neppure per essi si configura obbligo di finanziamento della forma pensionistica mediante "trattamento di fine rapporto", se si tratta di lavoratori occupati in data anteriore all’aprile del 1993 per la già indicata logica di sistema il conferimento di Tfr essendo dovuto soltanto dai lavoratori che (iscritti al fondo pensione in data successiva) appartengano al numero dei lavoratori di "prima occupazione" dopo l‘aprile del 1993 .
    Le medesime disposizioni del decreto legislativo 124 avvicinano infine ad una razionale definizione del regime che per i fondi pensione preesistenti dovrebbe essere precisato dai decreti delegati adesso prefigurati dalla legge dell’ agosto 2004 sempre che non si ritenga di abrogare il settimo comma dell’art. 18 del decreto legislativo 124 . Ancora una volta disposizioni di un riferimento che mi sembra obbligato sono questa norma di speciale disciplina dei fondi pensione "preesistenti" e la disposizione del terzo comma dell‘art. 8 del decreto legislativo 124 .
    Né sembra necessario un lungo discorso (anche se certamente necessarie sono più circostanziate analisi di singole fattispecie). Per forza delle indicate normative in linea di principio è infatti davvero difficile immaginare un regime diverso dalla conferma dell’obbligo di conferimento del Tfr senza alcuna possibilità di manifestare contraria volontà, quanto ai lavoratori già iscritti alla forma pensionistica complementare o che in futuro decidano di iscriversi ad essa qualora si tratti appunto di lavoratori "di prima occupazione" dall’ aprile del 1993 .
    E tuttavia lo scenario ancora una volta multiforme e diverso regime , perciò regola di conferimento del Tfr alla forma pensionistica mediante silenzio "assenso" ma anche facoltà di manifestare invece diversa volontà conservando quindi il Tfr maturando presso il datore di lavoro , sembra dover valere per i lavoratori iscritti al fondo pensione in data anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo 124 oppure non iscritti ma già occupati a quella data .Molto altro naturalmente occorre poi precisare .


4. Al legislatore delegato in ogni caso si domanda di fare chiarezza quanto alla posizione dei lavoratori che hanno assegnato o assegneranno risparmio con finalità pensionistica a fondi pensione aperti o ai piani pensionistici individuali, i pip o fip dell’impresa assicurativa. Con riguardo a fondi pensione aperti già il terzo comma dell‘art. 9 del decreto legislativo 124 avvertiva che anche per essi valevano le disposizioni del decreto "in tema di finanziamento" della forma pensionistica. E considerata la formulazione dell’art. 8 del decreto legislativo dell’aprile 1993 doveva ritenersi che la normativa del conferimento di Tfr al fondo pensione fosse da applicarsi soltanto nel caso di adesione "prevista (...) su base contrattuale collettiva", e soltanto per i lavoratori di "prima occupazione" alla data dell’ aprile del 1993 a tutt’oggi nessun vincolo normativo di destinazione di quote di Tfr al fondo pensione esistendo per lavoratori in posizione diversa da quella indicata.
    E sembra di comprendere che in linea con i principi e i "criteri direttivi" della legge di delega dell’agosto del 2004 il regime precisato dai decreti delegati dovrebbe configurare un regime del genere che in via breve si segnala. Occorre comunque e in primo luogo necessariamente distinguere tra adesione a fondi aperti "su base collettiva" e adesione "individuale" a tale forma pensionistica. Nel caso della adesione "su base collettiva" (che il punto 4 della lettera e del secondo comma della legge di delega intende incentivare ) la disciplina da osservarsi ancora una volta è a veder bene già prefigurata dalle prescrizioni del decreto legislativo dell’aprile del 1993 .
    In osservanza del terzo comma dell’ art. 8 del decreto legislativo 124 ne viene infatti conferma dell’ obbligo di conferimento di Tfr al fondo pensione aperto quanto ai lavoratori di prima occupazione in data successiva al 28 aprile del 1993 che già aderiscano o aderiranno in futuro alla forma pensionistica. Ma una volta di più occorre considerare la varietà delle possibili posizioni previdenziali perchè si tratti di lavoratori già iscritti alla forma pensionistica o che decideranno di iscriversi in futuro occorrerà immediatamente precisare il diverso regime a valere per i lavoratori a quella data già occupati.
    Per essi la normativa del decreto legislativo 124 (che la legge di riforma dell’agosto del 204 non ha abrogato) non stabiliva obbligo di concorrere con quote di Tfr al finanziamento della forma pensionistica. Perciò (con la sola esclusione del caso di altro regime previsto da una "base contrattuale collettiva" che nella sua autonomia negoziale statutariamente vincoli al conferimento di quote di Tfr alla forma pensionistica complementare) dovrà applicarsi la regola del silenzio "assenso" con esiti che mi sembrano di segno assolutamente univoco.
    Avvalendosi della facoltà loro offerta ai punti 1 e 2 della lettera e) del secondo comma della legge di delega , se hanno scelto o decideranno di scegliere il fondo pensione aperto questi lavoratori saranno infatti ammessi a manifestare la contraria volontà che lascia il Trf presso il datore di lavoro senza che a ciò consegua la loro esclusione della forma previdenziale fondo pensione aperto . Si darà invece il previsto conferimento del Tfr al fondo pensione in caso di un "silenzio" che vale loro "assenso" all’indicato trasferimento di risorse previdenziali.
    Diverso discorso da fare per piani pensionistici individuali del fondo pensione aperto e pip o fip di genere assicurativo. Quanto alle fattispecie di adesione individuale a fondi pensione aperti o di possibile preferenza per il piano pensionistico individuale offerto dall’impresa assicurativa nel regime dell’ art. 9 ter del decreto legislativo 124 , come si sa in oggi non opera alcuna normativa di riferimento a possibili conferimenti di quote di Tfr , per tali forme previdenziali occorrendo perciò guardare soltanto ai principi e "criteri direttivi" della legge di delega dell’agosto 204 .
    E sia pure in via di prima approssimazione è pur sempre possibile prefigurare le grandi linee di una razionale disciplina. Ancora una volta avvalendosi della facoltà loro offerta ai punti 1 e 2 della lettera e) del secondo comma della legge, i lavoratori che già hanno scelto o in futuro sceglieranno queste tipologie di forma pensionistica saranno ammessi a liberamente determinarsi. Una "esplicita volontà espressa" così orientata confermerà la allocazione del Tfr presso il datore di lavoro mentre invece il loro "silenzio" avrebbe effetto di suo "conferimento" alla forma pensionistica complementare.


5. Grande chiarezza di regole si attende infine dal legislatore delegato in ordine alle "modalità tacite" di eventuale "conferimento del trattamento di fine rapporto", che il punto 2 ) della lettera e ) del secondo comma della legge di delega enumera nel contesto di una proposizione davvero lontana dall’essere esauriente. Ma al legislatore delegato altro ancora si deve domandare essendo per prima cosa comunque necessario (ed è questione assai rilevante) azzerare ogni interrogativo sull’oggetto della indicata e così ambivalente disposizione della legge di delega.
    Qualora "il lavoratore non esprima la volontà di non aderire ad alcuna forma pensionistica complementare", per le fattispecie che si sono passate in veloce rassegna a ciò conseguendo ex legge il conferimento di Tfr a fondi pensione,occorre infatti che il legislatore delegato precisi se a fondi pensione saranno dovute (oppure no) anche le contribuzioni di lavoratori e datori di lavoro ordinariamente previste dal decreto legislativo 124 in caso di adesione volontaria a forme pensionistiche complementari. E al riguardo occorrerà muovere da una ragionata valutazione di quanto si legge al punto 3) della lettera e) dell‘art. 2 della normativa di delega.
    Una volta che sia determinato l’oggetto della indicata disposizione occorrerà medesima chiarezza quanto alla "individuazione" e alla sequenza delle regole di allocazione delle risorse che la legge di delega imperativamente domanda di assegnare a fondi pensione. Più precisamente a fondi pensione "chiusi" di appartenenza professionale o alle forme di adesione collettiva a fondi pensione aperti , perché naturalmente adesione individuale a fondi pensione aperti o sottoscrizione di piani pensionistici individuali non possono che essere materia di personali decisioni,essendo in ogni caso impensabili imperative modalità di assegnazione di Tfr ad una o altra di queste forme previdenziali. Ma anche ciò precisato insorgono gravi interrogativi.
    La legge di delega si riferisce a "modalità tacite di conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi istituiti o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche o a partecipazione pubblica all’uopo istituite oppure in base ai contratti e accordi collettivi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 e al comma 2 dell’articolo 9 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, nonché ai fondi istituiti in base alle lettere c) e c-bis) dell’articolo 3, comma 1, del medesimo decreto legislativo". E sarà necessario mettere in razionale sequenza le possibili "modalità tacite" di allocazione delle risorse (cosa che la legge di delega in questo senso davvero sconcertante manca di fare).
    Tanto più in assenza dei "fondi istituiti o promossi dalle regioni, tramite loro strutture pubbliche o a partecipazione pubblica all’uopo istituite" soltanto immaginati dalla legge di delega , là dove esistano sembra ragionevole ritenere che naturale destinatario delle risorse di Tfr sono le forme pensionistiche di appartenenza professionale dei lavoratori, e perciò fondi pensione "chiusi" di nuova generazione o "preesistenti" così come fondi pensione aperti in caso di adesione collettiva ai sensi del secondo comma dell‘art. 9 del decreto legislativo 124. Quanto alla allocazione presso fondi chiusi di appartenenza professionale notevoli problemi tuttavia residuando nel caso di possibile compresenza di un fondo pensione "nazionale" e fondi pensione "a base territoriale".
    Soltanto in mancanza delle segnalate forme previdenziali ha comunque ragione d’essere la prefigurata allocazione a "fondi istituiti o promossi" da enti pubblici alla scala regionale che la legge di delega nomina senza alcuna indicazione che orienti il legislatore delegato nel modo che occorre per passare dalle enunciazioni in astratto alla progettazione di un operante comparto di previdenza complementare. E se vero che progettazioni istituzionali di questo genere comportano valutazioni di politica del diritto più che non di stretto diritto positivo sembrano essere assai motivate le opinioni di dissenso da una policy che consegni ad apparati pubblici attivazione e gestione di forme di previdenza pensionistica privata.
    Per la serie dei motivi già infinite volte rappresentati infine e tanto più sarà bene considerare estrema ratio il ricorso alla previsione del punto 7) del secondo comma della legge di delega, inteso a prefigurare "la costituzione, presso enti di previdenza obbligatoria, di forme pensionistiche alle quali destinare in via residuale le quote del trattamento di fine rapporto non altrimenti devolute". Dovrà in ogni caso trattarsi di "forme"
da assoggettarsi alle normative di gestione finanziaria del portafoglio previdenziale e di garanzia di tutela dell’investitore di risparmio con finalità pensionistica che come si sa già il decreto legislativo dell‘aprile 1993 puntualmente stabilisce.

(*) Queste pagine costituiscono una parte dell’intervento svolto a settembre del 2004 nel corso di un convegno organizzato da MF Conference .