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Accesso al mercato delle prestazioni sanitarie in Sicilia - autorizzazione accreditamento istituzionale ed accordi contrattuali

 

Avvocato Rosario CALANNI

 

 

Il d.lgs. 502/92, come modificato dal d.lgs. 517/93 prima e dal decreto delegato numero 229/1999 poi, ha riordinato l'assetto istituzionale del Servizio Sanitario Nazionale prevedendo un sostanziale mutamento della posizione delle strutture sanitarie private e di quelle pubbliche in rapporto al servizio medesimo.


Le principali finalità della riforma vanno ricercate, nel perseguimento di obiettivi di contenimento della spesa e nella equiparazione degli operatori sanitari muniti dei necessari requisiti, indipendentemente dalla loro natura pubblica o privata, nonché, correlativamente, nel principio di libera scelta degli stessi operatori sanitari da parte degli assistiti.


Nell'assetto definitivo della riforma scaturito dalle norme citate, anche alla luce dell'atto di indirizzo e coordinamento approvato col D.P.R. 14 gennaio 1997, l'accesso al mercato delle prestazioni sanitarie con oneri a carico del servizio sanitario nazionale risulta così articolato.


L'articolo 8 bis, comma 3 del d. leg.vo numero 502/1992 e successive modificazioni prevede espressamente che, "…la realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie, l'esercizio di attività sanitarie per conto del servizio sanitario nazionale e l'esercizio di attività sanitarie e carico del servizio sanitario nanzionale sono subordinate, rispettivamente, al rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 8 ter, dell'accreditamento istituzionale di cui all'articolo 8 quater, nonché alla stipulazione di accordi contrattuali di cui all'articolo 8 quinquies. La presente disposizione vale anche per le strutture e le attività sociosanitarie…".


L'articolo 8 ter del Decreto Legislativo numero 502/1992, come modificato dal Decreto delegato numero 229/1999 disciplina, innanzitutto, l'autorizzazione alla realizzazione delle strutture quale presupposto necessario per l'erogazione di prestazioni sanitarie.


Il conseguimento dell'autorizzazione non comporta il riconoscimento a far parte dei soggetti erogatori di prestazioni per conto ed a carico del servizio pubblico.


L'autorizzazione è subordinata alla verifica di compatibilità del progetto da parte della Regione in relazione al fabbisogno di assistenza e alla articolazione territoriale delle altre strutture presenti in ambito regionale; l'esercizio dell'attività in concreto invece, presuppone il possesso dei requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi, sia generali che specifici, stabiliti con l'atto di indirizzo e coordinamento di cui al DPR 14.01.1997, in relazione alla tipologia di prestazioni per le quali esso viene richiesto (art. 8 ter comma 4).


Il secondo momento in cui si articola l'accesso al SSN è costituito dall'accreditamento previsto dall'articolo 8 quater del d. lgs. 502/1992 e successive modificazioni, che deve essere esplicitamente richiesto alla propria Regione di appartenenza da tutte le singole strutture e da tutti i singoli soggetti sia pubblici che privati, già autorizzati all'esercizio delle attività sanitarie ove intendano erogare prestazioni di assistenza sanitaria per conto e a carico dello stesso SSN. La facoltà di erogare prestazioni a carico del SSN è, dunque, riconosciuta unicamente alle strutture ed ai professionisti accreditati con i quali siano stati instaurati gli "appositi accordi contrattuali" (articolo 8, quinquies d.lgs. 502/92 e succ. modifiche).


Infine, gli accordi contrattuali tra Regione e ASL-acquirente da una parte, e singoli erogatori accreditati dall'altra, ai sensi dell'articolo 8 quinquies d. lgs numero 502/1992 e successive modificazioni, costituiscono il terzo momento del processo di regolamentazione dell'accesso al SSN.


Gli accordi in questione, specificano l'insieme dei termini degli scambi relativamente a volumi e tipologie di prestazioni da erogare, livelli tariffari, modalità di pagamento, livelli qualitativi, controlli e sanzioni.


Le Regioni inoltre, ai sensi del comma 5 dell'articolo 8 ter del Decreto Legislativo 502/1992 citato, determinano; a) le modalità ed i termini per il rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione di strutture e delle autorizzazioni all'esercizio di attività sanitarie prevedendo la possibilità del riesame dell'istanza in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente; b) gli ambiti territoriali in cui si riscontrano carenze di strutture o di capacità produttiva.


Il D.P.R. 14 gennaio 1997, nelle more che le Regioni provvedessero agli adempimenti di loro competenza, ha stabilito i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, ovvero per il rilascio dell'autorizzazione regionale. Il medesimo decreto ha inoltre stabilito i criteri generali cui le Regioni dovevano attenersi nella determinazione degli standard di qualità che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento delle strutture pubbliche e private già autorizzate.


Tale DPR tuttavia, non ha fornito alcuna indicazione per l'ulteriore decisione di stipulare accordi ai fini dell'erogazione di prestazioni in regime di SSN essendosi limitato a prevedere, in negativo, che la qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del SSN a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate.


Orbene, a distanza di quasi cinque anni, l'obiettivo del contenimento della spesa cui la riforma del 1999 era sottesa non sembra essere stato raggiunto; né può dirsi raggiunto l'altro l'obiettivo di equiparazione degli operatori sanitari privati a quelli pubblici - da intendersi come strumento finalizzato alla realizzazione di un più elevato livello di efficienza nel sistema sanitario attraverso l'introduzione di meccanismi che garantiscano la parità delle condizioni di accesso al mercato di tutti gli operatori - e, correlativamente, di tutela della libera scelta del cittadino.


Tali obbiettivi sono stati spesso compromessi anche in sede di attuazione del decreto delegato 229/1999.


Il processo di attuazione della riforma del 1992 nelle diverse Regioni infatti, per tale aspetto, è apparso ispirato a principi e criteri disomogenei.


Da una valutazione comparata dei principi ispiratori delle politiche sanitarie elaborate da alcune Regioni sembra emergere, nell'attuazione della riforma sanitaria, una inconciliabile alternativa tra i due principi fondamentali della stessa: il rispetto del vincolo della spesa e la libera scelta delle strutture erogatrici dei servizi da parte degli utenti finali.


In sostanza, sembrano delinearsi, in via generale, due sistemi alternativi di attuazione della riforma sanitaria, ai quali possono essere ricondotte, in maggiore o minore grado, le politiche sanitarie adottate dalle diverse Regioni: a) un sistema basato sulla libera erogazione delle prestazioni sanitarie in regime di SSN da parte dei soggetti accreditati; b) un sistema basato sulla programmazione delle prestazioni sanitarie.


Il primo appare caratterizzato dalla competizione tra strutture offerenti e dalla libertà di scelta del paziente. Il numero di erogatori attivi nel mercato coincide con il numero delle strutture accreditate, con la conseguente riduzione della funzione programmatrice della ASL. Il principale limite di questo sistema tuttavia, sta nel fatto che l'andamento della spesa sanitaria diventa il prodotto della sola domanda, con la conseguenza che l'obiettivo del contenimento della spesa sanitaria risulta difficilmente conseguibile. Inoltre, l'estensione dei potenziali soggetti erogatori comporta un aumento dei costi - non solo di natura economica - derivanti soprattutto dalla contrattazione con un maggior numero di strutture da parte dell'ASL.


Il secondo sistema si fonda sulla regolamentazione del servizio e sulla programmazione che viene svolta a livello regionale. In tale contesto, è la Regione che negozia ogni anno piani di attività e volumi di prestazioni con le ASL, le aziende ospedaliere e le altre strutture sanitarie, rivolgendosi agli erogatori privati soltanto in via residuale, nei limiti del fabbisogno che le strutture già operanti in regime di SSN non riescono a soddisfare. Nell'adottare questo modello, molte Regioni tra cui la Sicilia hanno utilizzato l'istituto dell'accreditamento in via selettiva, accreditando, all'interno dei soggetti che possiedono i prescritti requisiti di qualità, esclusivamente le strutture sanitarie con le quali l'ASL effettivamente contratta. Tale ultimo sistema, privilegiando il rispetto del vincolo di spesa, limita la libera scelta dell'utente alle sole strutture cui le Regioni hanno consentito di operare in regime di SSN.
 

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La Regione Siciliana, com'è noto, dopo l'emanazione del Decreto delegato numero 229/1999 che ha modificato il Decreto Legislativo numero 502/1992, non ha legiferato in materia essendosi limitata a regolare il nuovo sistema di disciplina del servizio sanitario regionale fondato sull'accreditamento istituzionale coi Decreti dell'Assessorato per la Sanità numero 890 del 17 Giugno 2002 e numero 463 del 17 Aprile 2003.


Il Decreto Assessoriale numero 890 del 17 Giugno 2002 d'un canto ha dato attuazione al DPR 14.01.1997 approvando i requisiti minimi strutturali, tecnologici ed organizzativi generali e specifici richiesti per l'autorizzazione, quali requisiti imprescindibili per l'esercizio dell'attività sanitaria (art. 3), nonché gli ulteriori requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi generali e specifici previsti dall'Allegato 1 ai fini dell'accreditamento (art. 4); dall'altro, ha disciplinato l'accesso al nuovo sistema delle sole strutture già autorizzate ed in esercizio e di quelle che al momento della sua entrata in vigore operavano in regime di indiretta accreditandole provvisoriamente (art. 14) prevedendo la creazione di un albo unico regionale delle strutture accreditate (art. 16).

 

Con la pubblicazione del Decreto Assessoriale 890/2002 le strutture di nuova realizzazione devono da subito attenersi ai nuovi requisiti specificati, così pure quelle che attuano ampliamenti o modifiche; le altre strutture a loro volta, debbono adeguarsi entro i termini massimi previsti dall'articolo 12 pari a 2 anni per i requisiti organizzativi generali e specifici e 5 anni per l'adeguamento agli ulteriori requisiti strutturali e tecnologici generali e specifici.


Sono interessate tutte le strutture sanitarie, da quelle che erogano prestazioni in regime di ricovero a ciclo continuativo e/o diurno (day surgery day hospital), o anche assistenza specialistica in regime ambulatoriale, prestazioni riabilitative di diagnostica strumentale e di laboratorio, a quelle che operano in regime residenziale (CTA - RSA).


Il decreto assessoriale numero 890/2002, nelle more della definitiva emanazione delle direttive afferenti i procedimenti e le competenze in materia di rilascio dell'autorizzazioen sanitaria e dell'accreditamento (art. 17), ha anche regolato il regime transitorio di accesso al nuovo sistema delle strutture già realizzata al momento della sua entrata in vigore oltre che di quelle già autorizzate all'esercizio alla medesima data.


Le prime, ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 2, lett. a), unitamente alle strutture con posti letto per post-acutiae, lungodegente e riabilitazione sino al raggiungimento degli standards previsti dalla Legge 405/2001, sono state ammesse all'autorizzazione unitamente a tutte le strutture di oncologia qualificate di altissima specialità purchè avessero già iniziato l'iter autorizzativo presso l'Assessorato per la Sanità.


Le seconde invece, ai sensi dell'articolo 9, sono state ammesse al processo di accreditamento, previa verifica della loro funzionalità rispetto alla programmazione regionale e al fabbisogno di assistenza definito dall'articolo 8 quater del d. leg.vo 502/1992e successive modificazioni.


Il successivo Decreto numero 463 del 17 Aprile 2004 ha, definitivamente, disciplinato il nuovo sistema di accesso al mercato delle prestazioni sanitarie indicando gli organi preposti alla verifica dei requisiti per la realizzazione, l'esercizio e l'accreditamento istituzionale di ciascuna struttura ed i procedimenti sottesi al rilascio delle relative autorizzazioni.


Il nuovo sistema secondo i Decreti Assessoriali citati, risulta così regolato.


L'articolo 1 comma 1, del Decreto Assessoriale numero 463/2003 subordina il rilascio dell'autorizzazione all'apertura e/o alla trasformazione di strutture sanitarie preesistenti alla previa acquisizione dell'autorizzazione regionale da parte degli organi specificati nel successivo articolo 2 secondo le modalità vigenti.


"…Il Comune più precisamente, ai sensi del comma 2 di tale norma, acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni … la verifica di compatibilità del progetto da parte dell'Ufficio speciale dell'Assessorato per la Sanità. L'Ufficio Speciale emanerà il provvedimento di verifica di compatibilità secondo quanto specificato dal comma 3 dell'articolo 8 ter decreto legislativo numero 502/1992 e successive modifiche d' integrazioni…"; e cioè, previa verifica della compatibilità rispetto al fabbisogno complessivo ed alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale anche al fine di meglio garantire l'accessibilità ai servizi e valorizzare la aree di insediamento prioritario di nuove strutture…".
L'autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie, quindi, è acquisita dal Comune ed è basata sulla valutazione da parte della Regione della compatibilità della nuova struttura rispetto al fabbisogno complessivo di assistenza e alla funzionalità della sua collocazione territoriale e cioè alla sua accessibilità.


L'articolo 2 del Decreto Assessoriale 463/2003, in attuazione del comma 5 dell'articolo 8 ter del d. leg.vo numero 502/1992 e successive modificazioni, individua gli organi competenti al rilascio dell'autorizzazione all'esercizio delle attività sanitarie prevedendo che: a) il Direttore Generale dell'ASL continuerà a rilasciare le autorizzazioni sanitarie per gli ambulatori, poliambulatori specialistici, consultori familiari, CTA SERT, strutture sociosanitarie che ergono prestazioni in regime residenziale o semiresidenziale, presidi di chirurgia ambulatoriale autonomi e di chirurgia estetica; b) il Sindaco provvederà al rilascio dell'autorizzazione per gli studi dei liberi professionisti; c) l'Assessorato per la Sanità provvederà al rilascio delle autorizzazioni relative alle strutture ospedaliere pubbliche e/o private, ivi compresi gli IRCCS, delle fondazioni, dei day hospital, day surgery autonomi etc.


L'accertamento e la verifica dei requisiti minimi essenziali strutturali, tecnologici ed organizzativi richiesti per l'apertura e l'esercizio, ai sensi dell'articolo 3 del medesimo decreto, spetta al Dipartimento di prevenzione delle AA.SS.LL. per le strutture indicate alle lettere a) e b); mentre rimane dell'Assessorato per la Sanità per quelle indicate alla lettera c) dell'articolo 2 citato.


La disciplina richiamata ha, per tutta evidenza, sdoppiato i procedimenti insiti al sistema autorizzatorio prevedendone uno necessario a realizzare le strutture, ai sensi dell'articolo 1 del Decreto Assessoriale numero 463/2003 il quale richiama l'articolo 8 ter comma 3 del d. legv.o numero 502/1992, sino ad ora non differenziato rispetto al normale regime del rilascio delle concessioni edilizie; ed un altro per l'esercizio dell'attività ai sensi del successivo articolo 2 del Decreto Assessoriale 463/2003 il quale è riferito al comma 4 del medesimo articolo 8 ter del decreto leg.vo 502/1992 e successive modificazioni.


I Decreti Assessoriali del 17.06.2002 e del 17.04.2003, in particolare, per ciò che attiene la disciplina di accesso al mercato delle prestazioni delle case di cura private, vanno letti unitamente alla Legge Regionale numero 39/1988 ancora vigente, recante la determinazione dei requisiti tecnici per l'autorizzazione alla gestione di tali strutture.


L'articolo 2 della Legge Regionale 39/1988 indica l'Assessorato Regionale per la Sanità quale organo deputato all'approvazione sotto il profilo igienico-sanitario del progetto per la costruzione, l'ampliamento o la trasformazione di immobili destinati ad attività di casa di cura; l'apertura e la gestione, quindi, è autorizzata dal medesimo Assessorato Regionale, sentita una apposita commissione della quale fanno parete i rappresentati delle associazioni delle case di cura medesime.


L'articolo 1 del Decreto del 17 Aprile 2003 numero 463, nella parte in cui individua nell'Ufficio Speciale dell'Ispettorato Regionale Sanitario l'organo abilitato a compiere la verifica di compatibilità di cui all'articolo 8 ter comma 3 del d. leg.vo 502/1992, è in contrasto con l'articolo 2 della Legge Regionale numero 39/1988.


Orbene, il contrasto in questione, venendo in rilievo tra una norma legislativa primaria quale è l'articolo 2 della Legge Regionale numero 39/1988 ed un atto di normazione secondaria come il Decreto Assessoriale 463/2003 va risolto facendo applicazione del principio di sovraordinazione di una fonte all'altra.


L'articolo 1 del Decreto Assessoriale numero 463/2003, secondo tale principio, deve ritenersi non idoneo, a causa della maggiore forza dell'articolo 2 della Legge Regionale numero 39/1988, ad innovare sulle statuizioni da questo recate, con la conseguenza che, in Sicilia, la verifica di compatibilità delle Case di Cura private, ossia il parere regionale richiesto per la loro realizzazione, compete ancora alla Commissione all'uopo prevista dall'articolo 2 della Legge Regionale numero 39/1988.


Il Decreto Assessoriale 463/2003 inoltre, con riguardo al regime autorizzatorio, non prevede la possibilità del riesame dell'istanza, espressamente prevista dall'articolo 8 ter comma 5 lett. a) del d. leg.vo 502/1992, in caso di esito negativo o di prescrizioni contestate dal soggetto richiedente.


Come già anticipato, il rilascio dell'autorizzazione non comporta automaticamente il riconoscimento a far parte dei soggetti erogatori di prestazioni per conto del servizio sanitario regionale.


Le strutture sanitarie private autorizzate, infatti, per vedersi riconosciuto l'attestato di qualità ed assumere lo "status" di potenziali erogatori di prestazioni per conto del servizio sanitario regionale, devono ottenere il provvedimento di accreditamento istituzionale di competenza della Regione.


L'articolo 4 del decreto assessoriale numero 463/2003 per tale aspetto, affida all'Ufficio Speciale presso l'Assessorato Regionale per la Sanità tale competenza, previa verifica da parte del Dipartimento di Prevenzione delle AA.SS.LL. della rispondenza di ogni singola struttura a) agli ulteriori requisiti di qualificazione previsti dall'Allegato 1 al Decreto 890/2002; b) alla verifica positiva dell'attività svolta e dei risultati raggiunti; c) alla verifica della funzionalità della struttura rispetto agli indirizzi di programmazione regionale.


La verifica è effettuata dall'unità operativa a tal fine istituita alle dirette dipendenze del Direttore del Dipartimento di Prevenzione delle AA.SS.LL. entro e non oltre il termine di novanta giorni che il richiedente dovrà indicare sull'istanza. Il rapporto di verifica viene inviato all'Ufficio Speciale dell'Assessorato per la Sanità che entro i successivi novanta giorni dal ricevimento emette il provvedimento nei confronti del richiedente.


Il momento conclusivo è rappresentato anche in Sicilia dagli accordi contrattuali di cui all'articolo 8 quinquies del decreto Legislativo numero 502/1992.


Tale momento è necessario alle strutture autorizzate ed accreditate per stipulare i rapporti con il sistema istituzionale e passare da semplici potenziali erogatori a soggetti esercenti il pubblico servizio.


Esso è disciplinato in ambito regionale dall'articolo 28 della Legge Regionale 26 Marzo 2002 numero 2, nonché dall' articolo 25 commi 1 e 4 della legge regionale 16 marzo 2003 numero 4 ed infine, dal Decreto dell'Assessorato per la Sanità del 7 Novembre 2002, oltre che dal vigente piano sanitario regionale.
Le norme indicate distinguono un modello di rapporti contrattuali articolato in due fasi, una programmatica ed unilaterale affidata alla competenza regionale ed una contrattuale e/o negoziale in senso proprio affidata alle Aziende Sanitarie Locali.


La Regione secondo tale modello di rapporti determina e controlla il fabbisogno epidemiologico territoriale, detta i criteri qualitativi per l'accreditamento, determina le tariffe massime delle prestazioni erogabili dalle strutture accreditate ed criteri di abbattimento su base regionale, determina i tetti di spesa per ciascuna Azienda Sanitaria Locale cui ripartisce le quote del fondo sanitario nazionale e di quello regionale.


I Direttori Generali delle AA.SS.LL., a loro volta, ai sensi dell'articolo 28 della Legge Regionale 26 Marzo 2002 numero 2, nonché ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 16 aprile 2003 numero 4, negoziano preventivamente con le strutture pubbliche e private accreditate, il volume di prestazioni massimo erogabili ed il corrispettivo preventivato (il cosiddetto "budget"), nonché quello relativo ad eventuali prestazioni eccedenti il programma ammesso, tenendo conto della qualità delle prestazioni erogate, della programmazione regionale e del fabbisogno di assistenza individuato dalla Regione.


Il sistema delineato subisce, tuttavia, nella sua concreta applicazione, a causa della rigidità della disciplina indicata e dell'ampio potere discrezionale rimesso alla Regione tanto in sede di preventiva autorizzazione che di accreditamento, alcune gravi distorsioni le quali si riflettono sul servizio pubblico.


La prima di tali distorsioni attiene, la mancata determinazione da parte delle amministrazioni regionali, in via preventiva, della quantità di prestazioni acquistabili dal servizio sanitario da ogni singola struttura accreditata.


La regione siciliana in particolare, è solita provvedere con notevole ritardo a tale adempimento, allorché la contrattazione si appalesa inutile ed ultronea.


Le Aziende aggravano tale situazione, imponendo comunque, i tetti di spesa alle singole strutture sanitarie, unilateralmente e tardivamente, eliminando definitivamente qualunque ipotesi di negoziazione.


Sicchè, non vi è alcuna contrattazione preventiva dei tetti di spesa, i quali vengono unilateralmente e tardivamente fissati senza alcuna istruttoria né motivazione delle scelta operate.


In tale contesto, gli accordi tra Regione e ASL-acquirente, da una parte, e soggetti erogatori di prestazioni sanitarie, dall'altra, sembrano configurarsi non tanto come strumento di contemperamento tra il diritto di libera scelta degli assistiti e gli obiettivi di contenimento della spesa sanitaria, fondato su criteri oggettivi di equiparazione tra strutture pubbliche e strutture private; quanto e, piuttosto, come una sorta di patteggiamento che può dar luogo a violazioni del principio di eguaglianza tra i soggetti accreditati, in contrasto con i principi essenziali della riforma sanitaria del 1992.


L'utilizzo improprio dello strumento degli accordi contrattuali ha spesso affievolito le caratteristiche dell'istituto dell'accreditamento individuate dalla riforma privilegiando, al contrario, criteri non oggettivamente determinabili e sostanzialmente rimessi alla mera discrezionalità, e in taluni casi addirittura all'arbitrio, di Regioni e ASL nella determinazione dei soggetti legittimati ad erogare prestazioni sanitarie per conto ed a carico del SSN.


Tali problematiche, riguardanti l'effettiva operatività dell'istituto dell'accreditamento, non risultano superate neppure dai Decreti Assessoriali numero 890/2002 e 463/2003 i quali confermano la discrezionalità delle Regioni nel disciplinare l'accesso al mercato delle prestazioni sanitarie offerte in regime di Servizio Sanitario Nazionale.


La seconda distorsione riguarda invece, la concorrenza tra gli erogatori delle prestazioni sanitarie ed i criteri di remunerazione delle prestazioni medesime in quanto, la circostanza che ogni singola struttura accreditata riceva - per ogni anno - un budget di spesa determinato, sulla base delle tariffe previste per le prestazioni effettuate nell'anno precedente, comporta che il soggetto erogatore sia incentivato a qualificare le prestazioni sanitarie erogate in modo tale da ottenere la massima remunerazione prevista per ogni tipo di prestazione, qualificando, ad esempio, una prestazione di natura ordinaria come prestazione di natura eccezionale.


Da ciò consegue che le strutture, nella programmazione dei propri volumi di attività, sono incentivate a specializzare la propria offerta non già verso quelle prestazioni erogabili - a parità di qualità - a costi inferiori, bensì privilegiando quelle per le quali, sulla base di una valutazione comparativa, risulta prevista una tariffa maggiormente remunerativa.


La terza distorsione attiene infine, la mancanza di meccanismi concorrenziali tra gli erogatori scaturente dalla introduzione del sistema di remunerazione a tariffa delle prestazioni sanitarie nonché la mancanza di adeguati controlli ed indicatori di qualità.


Per tale aspetto si osserva che, il mercato delle prestazioni sanitarie si configura come un mercato peculiare, nel quale la particolarità del bene oggetto di scambio, ovvero la prestazione sanitaria, è tale da non soddisfare tutte le condizioni che usualmente definiscono il funzionamento dei mercati tradizionali.
Nel sistema di remunerazione a tariffa, i costi di produzione delle prestazioni sanitarie sono determinati a partire dai prezzi delle prestazioni stesse e cioè sulla base dei costi standards di produzione e di quote standards di costi generali calcolati su un campione organizzativo di strutture accreditate e, non al contrario; sicchè, in assenza di opportuni meccanismi concorrenziali tra gli erogatori, vengono meno anche gli incentivi a rivelare i costi effettivi delle prestazioni.


Sarebbe pertanto auspicabile che la Regione, nella prospettiva di introdurre nei mercati interni sanitari meccanismi concorrenziali tra le strutture sanitarie attive nel suo ambito territoriale, operasse una valutazione della capacità produttiva delle singole strutture accreditate, comunicandola a tutti gli operatori, onde consentire loro di elaborare la migliore risposta alle strategie dei propri concorrenti.


Con riguardo ai controlli infine, mancano entrambe i decreti Assessoriali citati di qualunque richiamo a meccanismi di monitoraggio sul rispetto degli accordi contrattuali; né risultano previsti criteri di verifica della qualità ed appropriatezza delle prestazioni.


Per tale aspetto, ferma restando la necessità di uno schema tipo di accordo contrattuale il quale definisca in modo uniforme gli obbiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi, sarebbe opportuno che, nell'ambito delle funzioni di controllo pubblico, si procedesse, come già previste dall'ordinamento vigente, alla costruzione di indicatori di qualità per le prestazioni erogate dalle singole strutture sanitarie (tasso di riuscita degli interventi, tempo medio di visita dedicato al paziente, rapporto personale tra medico e numero dei pazienti, durata delle degenze, tempi effettivi di attesa prima della prestazione, ecc.), anche ai fini di una nuova programmazione, in ordine alla selezione delle strutture erogatrici.

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