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Il servizio di gestione su base individuale
di portafogli di investimento "per conto terzi"

 

  GIOVANNA SARA RUSSO

 

 


    L’attività di gestione individuale di portafoglio è qualificata come servizio di investimento dall’art. 1, 5° comma lett. d) del D. Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico dell’intermediazione finanziaria (di seguito il T.u.f.). Si tratta dell’incarico affidato da un cliente all’intermediario di adottare, entro margini di discrezionalità più o meno ampi, decisioni di investimento, mediante operazioni su strumenti finanziari finalizzate alla valorizzazione del patrimonio gestito ed i cui risultati positivi o negativi ricadono direttamente sul patrimonio del cliente (1).


    Il termine “portafoglio”, che trascorre nel lessico legislativo dal vocabolario degli economisti, trova corrispondenze nella direttiva comunitaria n. 93/22/CEE, relativa ai servizi di investimento in valori mobiliari (cd. ISD)(2) nel testo italiano, inglese (portfolio of investiment) e francese (portefeuille). Il legislatore italiano, già dal d.lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (cd. Decreto Eurosim), ha preferito adeguarsi alla scelta terminologica della direttiva, accogliendo la nozione di portafoglio, meno “compromettente” da un punto di vista dogmatico di quella di patrimonio presente nella legge del 2 gennaio 1991, n. 1 (cd. Legge sulle SIM), giacché non allude ad una categoria civilistica, ma semplicemente alla “composizione strutturale di un investimento” (3).


    Nonostante la presenza di fattispecie di confine, le gestioni individuali si distinguono da quelle collettive, o “in monte”, per il carattere potenzialmente personalizzato della gestione; questa viene svolta nell’interesse del singolo cliente che ha conferito l’incarico, sia pure con la standardizzazione derivante dal ricorso a “linee” di gestione predeterminate, e non indifferenziatamente, nell’interesse della collettività degli investitori, come negli organismi di investimento collettivo del risparmio su base contrattuale (fondo comune di investimento) o societaria (SICAV). Indice di questa distinzione è il potere di impartire istruzioni vincolanti, spettante al cliente nelle gestioni individuali e che incide necessariamente sull’individuazione degli obblighi del gestore e sulle relative responsabilità.


    Le modalità di svolgimento dell’attività di gestione individuale hanno creato da sempre rilevanti problemi nella elaborazione della disciplina del mercato finanziario, come testimoniato dal sofferto iter normativo da cui è stata contrassegnata. Solo il testo unico finanziario ha posto definitivamente in luce la vera natura del fenomeno gestorio, consistente nell’investimento a carattere finanziario e nel corrispondente interesse del cliente alla redditività dell’investimento (4).


    Nell’impostazione del d.lgs. 58/1998, il legislatore ha previsto, accanto alle regole generali di comportamento dettate per tutti i servizi di investimento nell’art. 21 t.u.f., regole specifiche ed ulteriori per l’attività di gestione di portafogli di investimento.


    Le motivazioni di tale speciale disciplina sono di immediata evidenza. I poteri che si conferiscono all’impresa di intermediazione con il relativo contratto e le prestazioni di servizio che se ne ricevono presentano caratteri del tutto peculiari. Infatti, l’investitore consegna all’intermediario denaro (o denaro e valori), chiedendo una allocazione di risorse e una loro successiva movimentazione; si tratta, dunque, di attività ampiamente discrezionali dell’impresa “gestore” (5).


    Tale disciplina speciale, però, costituisce il frutto di un’autonoma elaborazione del nostro legislatore, mancando nella direttiva n. 93/22/CEE una particolare normativa per la gestione di patrimoni (6).


    Ai fini di un’esaustiva definizione del servizio in esame occorre, tuttavia, rilevare la diversità, almeno formale, fra la nozione comunitaria e quella interna di gestione individuale: nella direttiva n. 93/22/CEE, e oggi nella successiva direttiva n. 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari (nota anche come Mifid o ISD2), la gestione individuale è definita come “gestione, su base discrezionale ed individualizzata, di portafogli di investimento nell’ambito di un mandato conferito dai clienti, qualora tale portafogli includano uno o più strumenti finanziari”.


    Ad un’attenta analisi della nozione su riportata, da un lato, sembrano assoggettate alla disciplina comunitaria le sole gestioni discrezionali e non quelle esercitate con il preventivo assenso dell’investitore; dall’altro, si ammette la possibilità di gestioni di portafogli misti, che comprendono (“includono”) strumenti finanziari, ma anche altri beni. Invece, come detto, nella disciplina italiana rientrano nell’ambito dei servizi di investimento soggetti a riserva di attività tutte le gestioni individuali, più o meno discrezionali, mentre è dubbia l’ammissibilità di gestioni di portafogli misti. La questione della suddetta difformità è stata rimessa in via pregiudiziale (7) alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee.    


    Nella relativa pronuncia (8), il giudice comunitario ha evidenziato gli elementi distintivi del rapporto di gestione: l’esistenza di un mandato, l’investimento in valori mobiliari, la possibilità per l’impresa di investimento di svolgere scelte discrezionali, nel rispetto delle linee strategiche scelte dall’investitore. Nulla osta a che il legislatore nazionale adotti una definizione più ampia del servizio in questione.


    Sul punto è intervenuta anche la Consob, precisando che l’attività di gestione patrimoniale individuale si connota principalmente per la finalità di valorizzazione di un determinato patrimonio, perseguita mediante il compimento di una serie di atti unitariamente volti al conseguimento di un risultato utile dell’attività di investimento e disinvestimento in valori mobiliari (9).


    Anche la dottrina ha individuato gli elementi caratterizzanti della gestione individuale di portafogli nella destinazione a terzi del servizio, nella finalità di valorizzazione del patrimonio, nell’attribuzione all’intermediario di uno spazio di discrezionalità, nella natura dei beni oggetto del servizio e nella personalizzazione di quest’ultimo (10).


    Pur nella laconicità delle definizioni normative, risulta chiaro che la gestione consiste in un’attività di investimento e disinvestimento, volta a valorizzare il capitale investito, che si realizza attraverso scelte più o meno discrezionali del gestore, laddove l’ampiezza della discrezionalità dipenda dalle linee strategiche scelte dal cliente (11).


A tal punto, è possibile individuare una concettuale distinzione tra l’attività di gestione individuale e la negoziazione per conto terzi; la prima si caratterizza per l’attribuzione all’intermediario di elementi di discrezionalità (12) nella scelta delle operazioni da porre in essere, tali che, in mancanza di un apporto decisionale dell’intermediario stesso, l’operazione da porre in essere non sarebbe neppure individuabile (13).


    L’attività di gestione si differenzia anche dalla consulenza in materia di investimenti finanziari, poiché l’obbligo di gestire comprende sia quello di effettuare discrezionalmente valutazioni professionali circa le opportunità di investimento, sia quello di predisporre la possibilità che dette valutazioni si traducano in operazioni. In sostanza, è previsto in capo al gestore anche un potere-dovere dispositivo. Se la scelta di tradurre in operatività consigli di investimento rimane in capo al cliente ricorrerà perciò la peculiare fattispecie del servizio di mera consulenza (14).

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(1) MIOLA, M. Commento all’art. 24, in Testo unico della Finanza, Commentario diretto da CAMPOBASSO, G. F., Torino, 2002, 213.

(2) In G.U.C.E., L 141, 11 giugno 1993. Disponibile sul sito www.europa.eu.int
(3) Cfr., sul punto, COSSU, M. La “gestione di portafogli di investimento” tra diritto dei contratti e diritto dei mercati finanziari, Milano, 2002, 197 ss., in cui definito il “portafogli” come insieme di valori fungibili, quali sono il denaro e gli strumenti finanziari, rispetto ai quali coesistono un vincolo di indisponibilità del valore del coacervo e una libertà di alienazione delle specie ivi presenti.
(4) MIOLA, M., Commento all’art. 24, in Testo unico della Finanza, Commentario diretto da CAMPOBASSO, G. F., Torino, 2002, 214.
(5) BESSONE, M., I mercati mobiliari, cit., 154.
(6) Essa, infatti, è definita solo nell’allegato della medesima direttiva (Sezione A, n. 3).
(7) Cfr. TAR Toscana, sez. I, 11 luglio 2000, n. 6225, Giur. Comm., 2001, II, 62, con nota di MINERVINI, G., Gestione di portafogli di investimento con preventivo assenso.
(8) Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, del 21 novembre 2002, C-365/2000, Testa c. Consob.
(9) Comunicazione Consob, n. DAL/RM/95010385 del 5 dicembre 1995.
(10) Cfr., anche per ulteriori riferimenti, SEPE, M., Il risparmio gestito, Bari, 2000, 121.
(11) BASSO, M., Gestioni patrimoniali garantite, in Mondo bancario, 2003, 3, 70.
(12) Da intendere in riferimento al rapporto complessivo, e non alla singola operazione, considerato che nella gestione individuale non è affatto escluso che il cliente dia istruzioni vincolanti al gestore, anzi è un tratto distintivo rispetto alla gestione collettiva.
(13) MACCARONE, M., La regolamentazione e i controlli dell’attività di gestione di patrimoni mobiliari, in Dir. banc., 1989, 56.
(14) Cfr. comunicazione Consob, n. BOR/RM/94005134 del 23 maggio 1994, Bollettino Consob, 1994, fasc. 5, 223. Sul punto, anche De MARI, M., Orientamenti in tema di intermediari e promotori finanziari, in Foro it., 2002, I, 579.