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Lo Stato e la Regione Emilia litigano per il Metro leggero
 

Commento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 233 del 16.07.2004 sulla leale collaborazione tra Stato e Regione.

Leonardo Salvemini

 

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 233 depositata in Cancelleria il 16 luglio 2004, emessa a conclusione del giudizio per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Emilia - Romagna nei confronti dello Stato interviene sul tema della leale collaborazione evidenziando la violazione da parte dello Stato del principio di leale collaborazione nell'ambito di una procedura che integra l'esercizio secondo il principio di sussidiarietà dei poteri in materie di competenza regionale.
Nei fatti la Regione Emilia Romagna, ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE del 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche - Legge n. 443/2001 - Metro leggero automatico di Bologna), per violazione degli artt. 117, 118 e 136 cost, dell'art. 1, comma 2, lettera c), della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive); dell'art. 3, comma 6, lettera b), del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale), nonché, dulcis in fundo, del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.
La Regione evidenzia come il ricorso non sia rivolto a pregiudicare la realizzazione di un sistema di trasporto rapido diretto a beneficio della collettività per l'area di Bologna, ma si riferisca agli "atti con i quali lo Stato ha unilateralmente proceduto alla ideazione, localizzazione e persino approvazione del progetto preliminare di una specifica opera denominata Metro leggero automatico di Bologna". 
La Regione lamenta il mancato coinvolgimento nell'approvazione del Programma delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale unilateralmente adottato il 21 dicembre 2001.
Non solo ma la impugnata deliberazione del CIPE sarebbe stata assunta avendo invitato alla relativa riunione il Presidente della Regione meno di ventiquattro ore prima e nonostante la Regione avesse già provveduto a manifestare il proprio dissenso.
La Regione ricorrente sottolinea come l'opera in questione si collochi tra le infrastrutture di interesse strategico contemplate dalla legge n. 443 del 2001 e dal decreto legislativo n. 190 del 2002.
La Regione Emilia-Romagna richiama, al riguardo, la sentenza n. 303 del 2003 di questa Corte, con la quale si sarebbe individuata, come elemento essenziale per il rispetto delle competenze costituzionali delle Regioni, nella materia de qua, la previsione di una intesa tra Stato e Regioni alla quale sia subordinata l'operatività della disciplina relativa a questo tipo di opere; si sarebbe inoltre stabilito che l'intesa delle Regioni interessate avrebbe potuto sopraggiungere successivamente alla unilaterale individuazione delle opere da parte del CIPE effettuata con deliberazione del 21 dicembre 2001, ma che in tal caso la Regione non sarebbe stata vincolata sino al raggiungimento dell'intesa stessa.
Ancora, nella già citata decisione della Corte costituzionale sarebbe stato stabilito che l'intesa sul progetto preliminare dell'opera strategica, in effetti contemplata dall'art. 3, comma 5, del d.lgs. 20 agosto 2002, n. 190, deve essere considerata quale elemento cui è subordinata l'efficacia stessa del progetto preliminare dell'opera contenuta nel menzionato programma. 
La regione evidenzia come nessuna intesa sarebbe ancora intervenuta sulla individuazione delle infrastrutture di interesse strategico insistenti sul proprio territorio, con la conseguenza che "nessun atto ulteriore della procedura" avrebbe potuto essere legittimamente compiuto.
Nel caso in questione, invece, la procedura sarebbe andata avanti con l'approvazione del "progetto preliminare di un'opera attuativa di un programma ancora inefficace". 
Questo non potrebbe non condurre alla illegittimità dell'atto in questione, rappresentando peraltro quest'ultimo una "evidente violazione delle prerogative costituzionali della Regione Emilia-Romagna".
La Regione lamenta inoltre la violazione delle proprie prerogative costituzionali anche a causa della tardiva convocazione del Presidente della Regione, in violazione dell'art. 1, comma 2, lettera c), della legge n. 443 del 2001, nonché del principio di leale collaborazione. La disposizione citata, infatti, prescriverebbe la integrazione del CIPE da parte dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome interessate in occasione della approvazione del progetto preliminare e definitivo delle opere. 
La Regione lamenta, infine, la violazione delle proprie prerogative costituzionali a causa dell'approvazione dell'atto impugnato da parte del CIPE, nonostante avesse già formalmente manifestato il proprio dissenso in merito, a causa della mancata attivazione delle procedure volte al superamento del dissenso stesso.
La Regione, infatti, avrebbe affermato "l'inaccettabilità, allo stato attuale, del progetto per una pluralità di ragioni"; in particolare, sarebbero stati svolti rilievi critici in relazione ai profili dei "percorsi previsti", della "stima della domanda potenziale" (ritenuta decisamente sopravvalutata), della "analisi e valutazione economica del progetto", dei "parcheggi di interscambio", nonché in relazione a quello denominato "infrastruttura", lamentandosi la distanza eccessiva tra le fermate. La delibera impugnata, viceversa, secondo la ricorrente si limiterebbe ad affermare che quest'ultima si sarebbe "espressa sfavorevolmente sulla localizzazione della linea 2", nonché che avrebbe "fatto proprie le osservazioni formulate dalla Provincia di Bologna in ordine ad alcuni profili di carattere ambientale".
In base alle argomentazioni esposte, la Regione Emilia-Romagna chiede che venga dichiarato che non spetta allo Stato, e per esso al CIPE, di approvare, in assenza dell'intesa con la Regione stessa sul Programma delle infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare nel territorio della Regione e nonostante l'espresso motivato dissenso di quest'ultima, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna; conseguentemente, nel ricorso si chiede di annullare la impugnata delibera del CIPE.
L'avvocatura generale dello Stato, richiedeva il rigetto del ricorso della Regione sostanzialmente per i seguenti motivi:
1. tardività del ricorso in quanto, "avendo la Regione partecipato alla delibera CIPE attraverso il proprio Assessore", il termine per la proposizione del conflitto decorrerebbe dalla data della delibera e non dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
2. successivamente alla suddetta delibera è intervenuta la formale intesa tra lo Stato e la Regione ricorrente, sottoscritta il 19 dicembre 2003, determinandosi perciò la sostanziale acquiescenza al provvedimento CIPE impugnato".
3. la deliberazione del CIPE possa essere legittimamente adottata anche in mancanza dell'intesa, "ancorché la sua definitiva efficacia sia subordinata al riconoscimento, da parte della Regione, del preminente interesse statale dell'opera"in applicazione del principio di sussidiarietà.
4. La doglianza regionale concernente il "ridotto preavviso" della riunione del CIPE, inoltre, non assumerebbe "particolare rilevanza": ciò in quanto, comunque, la Regione avrebbe avuto la possibilità di partecipare, "come in effetti si è verificato".
5. Quanto al mancato consenso della Regione, la difesa erariale ritiene puntualmente rispettato il disposto della legge n. 443 del 2001 e del d.lgs. n. 190 del 2002: ciò in quanto il CIPE avrebbe "stralciato dal progetto tutte le parti dell'opera sulle quali era stato manifestato dalla Regione un dissenso riguardo alla localizzazione". Gli "ulteriori motivi di dissenso", invece, sarebbero stati "superati" dalla proposta avanzata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla quale "non è stato formalmente rilevato un dissenso regionale".
La Regione Emilia-Romagna , a causa del progredire delle attività ministeriali di attuazione della deliberazione impugnata, malgrado alcune proposte della Regione di riaprire la procedura concertativi, depositava una istanza di sospensione cautelare dell'atto impugnato, istanza ritenuta infondata dall'avvocatura di Stato e confermata dalla Corte con ordinanza n. 195 del 2004, per l'"assenza del periculum in mora", a causa della inidoneità dell'atto impugnato a produrre effetti pregiudizievoli irreversibili, anche "alla luce della già avvenuta fissazione della trattazione del merito del ricorso".
La Corte, malgrado il rigetto dell'istanza di sospensione proposta dalla regione, ritiene fondate le ragioni della Regione Emilia - Romagna .
Infatti la Corte con la sentenza n. 303 del 2003 ha affermato che l'attrazione al livello statale di funzioni amministrative in forza dei principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione di cui all'art. 118, primo comma, Cost., nelle materie di competenza concorrente, comporta anche che tali funzioni possano essere organizzate e regolate solo dalla legge statale. 
Nella stessa sentenza si afferma anche che "i principi di sussidiarietà e di adeguatezza", in forza dei quali si verifica la ascesa della funzione normativa sulla base del meccanismo appena richiamato, "convivono con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono giustificarne una deroga solo se:
a. la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata,
b. non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità,
c. e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata".
Pertanto, "per giudicare se una legge statale che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali o non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarietà ed adeguatezza, diviene elemento valutativo essenziale "la previsione di un'intesa fra lo Stato e le Regioni interessate, alla quale sia subordinata l'operatività della disciplina".
In applicazione di questo principio, la Corte, nella sentenza sopra richiamata, ha anche chiarito che non può essere riconosciuta "efficacia vincolante a quel programma su cui le Regioni interessate non abbiano raggiunto un'intesa per la parte che le riguarda, come nel caso della deliberazione CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121".
Inoltre, sempre nella sentenza n. 303 del 2003, nel giudicare sulla legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, ed in particolare della disposizione di cui al quinto comma, relativa alla procedura di approvazione da parte del CIPE del progetto preliminare dell'infrastruttura, la Corte ha condiviso la scelta legislativa di coinvolgere pienamente la Regione interessata tramite la partecipazione alla riunione del CIPE ed il necessario "consenso, ai fini dell'intesa sulla localizzazione, dei Presidenti delle Regioni e Province autonome interessate". Così pure, ha ritenuto idonea ad assicurare alle Regioni una adeguata possibilità di rappresentare la propria posizione, nel rispetto del principio di leale collaborazione, la previsione, di cui al comma 6 dell'art. 3, delle due diverse procedure conseguenti al possibile dissenso regionale, rispettivamente ove l'infrastruttura abbia carattere interregionale o internazionale, ovvero risulti di concorrente interesse regionale.
In questo ultimo caso il maggior interesse della Regione nella realizzazione dell'opera è tutelato al punto che ad essa è consentito di paralizzare l'approvazione del progetto o la localizzazione dell'opera (art. 3, comma 6, lettera b, del d.lgs. n. 190 del 2002).
Invece, la deliberazione del CIPE del 1° agosto 2003, che approva "ai sensi e per gli effetti dell'art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002 con le prescrizioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna", è stata adottata senza che si sia manifestato il necessario consenso della Regione interessata: la Giunta regionale con l'apposita delibera n. 848/2003 del 14 maggio 2003 aveva espressamente manifestato l'impossibilità "di esprimere una valutazione positiva, ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo n. 190 del 2002, in merito al "Progetto preliminare di metropolitana leggera automatica di Bologna" comprendente la linea 1 e la linea 2 nonché le infrastrutture connesse …", nelle stesse premesse della deliberazione impugnata (pur ritenute reticenti dalla ricorrente) si dà atto dell'esistenza di un dissenso della Regione, che peraltro si supera opponendo semplicemente l'affermazione che il Ministero per le infrastrutture "ritiene di non condividere le osservazioni stesse". D'altra parte, nel precedente sintetico verbale della seduta del CIPE del 1° agosto 2003 (la cui completezza viene contestata dalla ricorrente, con particolare riferimento alla mancata attestazione del fatto che l'Assessore regionale intervenuto avrebbe ribadito la opposizione formulata dalla Giunta regionale con la deliberazione del 14 maggio 2003) si dà solo fuggevolmente atto di un dissenso della Regione, senza peraltro alcuna considerazione della necessità legislativa di conseguire il consenso regionale "ai fini della intesa sulla localizzazione".
In realtà, l'art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 disciplina analiticamente la procedura di elaborazione ed adozione del progetto preliminare delle infrastrutture strategiche di rilevante interesse nazionale e, in questo ambito, prevede puntualmente il ruolo ed i poteri delle Regioni e delle Province autonome, nonché le eventuali procedure alternative in caso di loro motivato dissenso. La stessa intesa quadro è chiarissima nello stabilire che, in riferimento ad alcune specifiche opere, tra cui la metropolitana di Bologna, "le Parti concordano che, in caso di motivato dissenso sui singoli progetti da parte della Regione, si proceda come previsto all'art. 3, comma 6, lettera b) del d.lgs. n. 190 del 2002, escluso in ogni caso il rinvio alle procedure di cui alla lettera a)".
La Corte afferma che "il mancato rispetto dell'art. 3 del d.lgs. n. 190 del 2002 costituisce quindi sicura violazione del principio di leale collaborazione, la cui osservanza è tanto più necessaria in un ambito come quello di una procedura che integra l'esercizio in sussidiarietà da parte di organi statali di rilevanti poteri in materie di competenza regionale".
Pertanto, non spetta allo Stato, e per esso al Comitato interministeriale per la programmazione economica, approvare il progetto in assenza del consenso, della Regione Emilia-Romagna, ovvero senza il rispetto delle procedure per il superamento del dissenso regionale. 
La Corte quindi annulla la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE del 1° agosto 2003 (Primo programma delle opere strategiche - Legge n. 443/2001 - Metro leggero automatico di Bologna) ritenendo assorbito ogni altro motivo di censura.
La Corte dichiara in conclusione che non spetta allo stato, e per esso al comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE, approvare il progetto preliminare della linea 1 della metropolitana ad automazione integrale di Bologna in assenza del consenso, ai fini dell'intesa sulla localizzazione, della Regione Emilia-Romagna, ovvero senza il rispetto delle procedure per il superamento del dissenso regionale previste dall'art. 3, comma 6, lettera b), del d.lgs. n. 190 del 2002, e conseguentemente annulla la deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE del 1° agosto 2003, n. 67 (Primo programma delle opere strategiche - Legge n. 443/2001 - Metro leggero automatico di Bologna). 
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