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Il regime di tutela giurisdizionale avverso provvedimenti di sanzione della Consob


SALVO VITALE


 

Il controllo giurisdizionale sulle sanzioni della Consob è uno dei problemi più dibattuti dalla giurisprudenza e dalla dottrina di settore. Il Legislatore non ha dato prova di chiarezza e coerenza, regolando questa materia con un susseguirsi, anche a breve distanza, di più provvedimenti legislativi, anche di segno marcatamente opposto fra loro.
 

Il tema maggiormente dibattuto è quello del riparto di giurisdizione, non essendosi ancora affermata una soluzione pacificamente riconosciuta su quale sia il giudice legittimato a sindacare le sanzioni amministrative della Consob. A testimonianza dell'incertezza in materia, valga un esame dei dati statistici circa i ricorsi contro le sanzioni proposte dalla Consob, che denota come le impugnazioni vengano spesso proposte contemporaneamente dinanzi alle Corti d'Appello (o i Tribunali, nei casi previsti) e presso il Tribunale amministrativo del Lazio, per tutelarsi contro eventuali pronunce di difetto di giurisdizione.
 

Una panoramica della tutela giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti delle Authorities nel recente passato, tuttavia, mostra come la materia versasse in uno stato di confusione persino maggiore, dal momento che ogni legge istitutiva prevedeva diversi meccanismi di tutela. E così, avverso gli atti della Banca d'Italia si ricorreva al giudice amministrativo (mentre per le sanzioni da essa proposte, ma formalmente irrogate dal Ministero dell' Economia e delle Finanze, la competenza spettava al giudice ordinario, cioè alla Corte d'Appello di Roma, in unico grado). L'Autorità Antitrust vedeva invece sindacare i propri provvedimenti dal giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, restando però escluse le azioni di risarcimento danni, proponibili dinanzi alla Corte d'Appello competente per territorio. Per l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, così come per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, era disposta, dalle rispettive leggi istitutive, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Caso a parte costituiva l'Autorità garante per la protezione dei dati personali, sui cui atti aveva competenza il giudice ordinario (tranne che per le questioni in tema d'accesso a documenti amministrativi riguardanti dati "sensibili", ex art. 25, legge sul procedimento amministrativo e diritto d'accesso). Per i provvedimenti dell'Istituto Statale di Vigilanza sulle Assicurazioni Private il controllo giurisdizionale avveniva, a seguito del normale criterio di riparto, ad opera del giudice amministrativo se essi incidevano su interessi legittimi, del giudice ordinario quando venivano in rilievo dei diritti soggettivi; lo stesso valeva per gli atti della Consob.
 

Dal 1996, il c.d. "decreto Eurosim" prevedeva per gli atti amministrativi della Consob, la giurisdizione del giudice amministrativo, disponendo specificatamente per i ricorsi avverso i provvedimenti sanzionatori, la possibilità di proporre reclamo, in unico grado, presso la Corte d'Appello di Roma. Con l'entrata in vigore del TUF, la disciplina dei ricorsi giurisdizionali avverso le sanzioni della Commissione viene compiutamente rivisitata dai commi 4, 5, 6 e 7, dell'art. 195 TUF.
 

Contro il provvedimento sanzionatorio possono ricorrere tutti gli interessati, cioè i soggetti in concreto incisi dalla sanzione. Al riguardo deve notarsi come la Pubblica Amministrazione, mossa da un interesse ad avere come controparte un soggetto di sicura solvibilità, pur infliggendo la sanzione alle singole persone fisiche, ne ingiunge solitamente il pagamento alle società di appartenenza, che provvederanno in seguito ad esercitare il diritto di rivalsa.
 

Per quanto riguarda il foro competente, il comma 4, stabilisce che l'"opposizione" deve essere presentata alla Corte d'Appello del luogo dove la società o l'ente cui appartiene l'autore della violazione ha la sua sede, o, nel caso non sia possibile applicare questo criterio, nel luogo in cui la violazione è stata commessa. Le controparti cui notificare l'opposizione sono individuate nel Ministero del Tesoro (attualmente Ministero dell'Economia e Finanze), e nell'Autorità che ha proposto l'applicazione della sanzione. La notificazione deve essere effettuata entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento sanzionatorio, per poi provvedere al deposito dell'opposizione nella cancelleria della Corte d'Appello competente entro i successivi trenta giorni.
 

Il comma 5 prevede l'immediata esecutività del provvedimento, nonostante la presentazione dell'opposizione. Tuttavia, sulla scorta del modello dell'art. 22, legge n. 689/1981 concernente i ricorsi avverso sanzioni amministrative, è fatta salva la possibilità, per la Corte d'Appello, di sospendere la sanzione con decreto motivato, in presenza di "gravi motivi". Si tratta di un classico rimedio cautelare conservativo, volto cioè ad evitare che, nelle more del giudizio di opposizione, si modifichi negativamente la posizione dell'istante. I requisiti per la concessione della sospensione dell'esecuzione sono il fumus boni juris ed il periculum in mora: essendo richiesto al giudice l'accertamento di "gravi motivi", per accogliere la domanda cautelare non basterà rilevare un eventuale vizio inficiante il provvedimento sanzionatorio, ma si dovrà comparare l'illegittimo pregiudizio cui potrebbe andare incontro il ricorrente con quello astrattamente patibile dalle amministrazioni resistenti.
 

Il controllo giurisdizionale si conclude, secondo il dettato del comma 7, con un decreto motivato, adottato dopo una trattazione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero. Il provvedimento è ovviamente inappellabile, essendo ammessa soltanto la possibilità di esperire il ricorso straordinario per Cassazione, assicurato dal comma 7 dell'art. 111 Cost. contro ogni provvedimento giurisdizionale, in caso di violazione di legge, a prescindere dal nomen juris, purchè abbiano un contenuto sostanziale assimilabile a quello di una sentenza.
 

Il 31 marzo 1998, poco più di un mese dopo l'entrata in vigore del TUF, il Legislatore ha, di fatto, riscritto la disciplina del riparto di giurisdizione in materia di sanzioni amministrative della Consob, tramite l'art. 33 del D.Lgs. 80/1998. La norma, infatti, ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare". La scelta è stata adottata per consentire all'autorità giudiziaria amministrativa un sindacato più completo rispetto al semplice giudizio di legittimità e relativo potere d'annullamento, secondo la logica di semplificazione del "blocco di materie" piuttosto che della "situazione giuridica soggettiva". E' evidente, in relazione alla nostra analisi, il problema di coordinamento con la disciplina dettata dall'art. 195 TUF, e cioè la previsione della Corte d'Appello in unico grado, quale giudice competente a conoscere delle opposizioni ai decreti ministeriali sanzionatori, adottati su proposta della Consob.
 

La dottrina si è sforzata di risolvere l'antinomia applicando diversi principi giuridici, e pervenendo a soluzioni opposte. Ove si scelga di applicare il principio della successione cronologica (lex posterior derogat priori), si perverrà al risultato di devolvere al giudice amministrativo non solo le questioni in tema d'impugnazione ex art. 195 TUF, ma tutte quelle riguardanti il mercato mobiliare, stante l'ampia disposizione dell'art. 33, D.Lgs. n. 80/98. Il Legislatore infatti, affermando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti al credito, alla vigilanza sulle assicurazioni, al mercato mobiliare", sembra voler limitare l'ambito di competenza del giudice all'attività di vigilanza, solo in materia di assicurazioni, dovendosi intendere invece illimitata in materia di pubblici servizi in ambito di mercato mobiliare. Tuttavia la difficoltà di individuare esattamente quali attività dovessero essere considerate "servizio pubblico" in questo settore, avrebbe comportato il rischio che il giudice amministrativo sconfinasse in ambiti esclusivamente privatistici, e come tali ancora sottoposti alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria.
 

Per ovviare a questo inconveniente si potrebbe scegliere di risolvere l'antinomia tramite il principio di specialità (lex specialis derogat generali): considerando quindi la natura settoriale delle disposizioni del TUF, giungere ad affermare una loro prevalenza sul successivo D.Lgs. 80/1998, relativo alla giurisdizione amministrativa.
 

A cercare di far chiarezza in materia, è intervenuta la citata legge 21 luglio 2000, n. 205, che, al suo art. 7 contiene una nuova formulazione dell'art. 33 D.Lgs. 80/1998. Il nuovo testo reca: "sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza sul credito, sulle assicurazioni e sul mercato mobiliare". L'anteposizione del termine "vigilanza" sta ad indicare che la devoluzione alla giurisdizione esclusive del giudice amministrativo riguarda solamente le controversie in materia di attività di vigilanza, e non l'intero mercato mobiliare come risultava dall'ambiguo testo previgente. Più precisamente, l'art. 7 non parla di vigilanza tout court, ma di servizi pubblici "afferenti alla vigilanza", lasciando intendere che esista anche una funzione di vigilanza non riconducibile ad un pubblico servizio e, come tale, normalmente sindacabile dal giudice ordinario. Per quanto riguarda l'analisi in esame, sembra possibile affermare che l'attività di vigilanza sui mercati mobiliari esercitata dalla Consob, cioè da un ente pubblico, nel perseguimento di un interesse pubblico, possa essere qualificata "pubblico servizio". Per poter affermare con sicurezza la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sulle opposizioni alle sanzioni della Consob, si deve ora tentare di stabilire, in mancanza di una più precisa indicazione dell'art. 7 della legge 205/2000, se l'attività sanzionatoria possa essere effettivamente considerata parte della più amplia funzione di vigilanza della Consob. Considerando infatti il potere sanzionatorio della Consob come un'attribuzione distinta ed esterna all'attività di vigilanza, si risolverebbe l'antinomia fra l'art. 195 TUF e il successivo art. 33 D.Lgs. 80/1998 (così come modificato dall'art. 7 legge 205/2000), ribadendo la giurisdizione del giudice amministrativo in sede esclusiva, per quanto riguarda le controversie legate all'attività di vigilanza della Consob, e continuando a devolvere alle Corti d'Appello (ex art. 195, comma 4, TUF) in unico grado, i giudizi di impugnazione avverso le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dal Ministro dell'Economia su proposta della Consob.
 

La tesi della distinzione fra attività di vigilanza ed attività sanzionatoria non ha incontrato i favori unanimi della dottrina, che ha rilevato una collisione di intenti fra la volontà del Legislatore di ricorrere, nella regolamentazione della giurisdizione alla tecnica del "blocco di materie", e l'artificiosa separazione di due attività delle quali l'una appare come il naturale (anche se eventuale) sbocco dell'altra. In particolare si è sostenuto che non solo l'attività sanzionatoria, ma tutte le potestà delle Authorities, anche se logicamente distinte, sono interconnesse a anche quando i provvedimenti sembrano esplicazione di funzioni differenti, in realtà costituiscono sempre manifestazione della stessa funzione di regulation.
 

La giurisprudenza, pur con alcune voci contrarie, si è dimostrata anch'essa poco propensa ad accettare la tesi per cui rimarrebbero affidate al sindacato del giudice ordinario le controversie in materia di sanzioni amministrative pecuniarie delle Authorities in questione. Con una risalente sentenza in tema di sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato la giurisdizione esclusiva, a norma degli artt. 31 e 33, legge 10 ottobre 1990, n. 287, del giudice amministrativo per i ricorsi contro le sanzioni comminate dall'Antitrust, risolvendo così il problema di coordinamento con la legge 24 novembre 1981, n. 689, che prevede generalmente la devoluzione dei giudizi di impugnazione delle ordinanze-ingiunzione di pagamento, al giudice ordinario. Tale soluzione, sulla cui scia si sono assestate anche altre Magistrature superiori, offre un valido ausilio interpretativo a favore di una lettura che prospetti l'abrogazione dell'art. 195 TUF, almeno per la parte confliggente con la nuova disciplina dettata dall'art. 33, D.Lgs. 80/1998 e dagli artt. 4 e 7, legge 205/2000. Alla stessa tesi ha ritenuto di aderire la Corte d'Appello di Napoli, chiamata a decidere su un'opposizione ad una sanzione amministrativa pecuniaria, ex art. 195 TUF.
 

I giudici, pur evidenziando la singolarità del ritorno del Legislatore sulla stessa materia a distanza di poco più di un mese, hanno riconosciuto che l'art. 33 D.Lgs. 80/1998, modificato dall'art. 7, legge 205/2000, si inserisce nella successione temporale delle leggi secondo il generale principio dello jus superveniens, a nulla valendo invocare il principio di specialità, dal momento che la legge 205/2000 è una legge generale di riforma della giustizia amministrativa, ed ha stabilito un nuovo riparto di giurisdizione "per blocchi" in determinate materie. La Corte d'Appello ha quindi dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, a favore del giudice amministrativo, riconoscendo implicitamente che l'attività sanzionatoria deve essere ricondotta nell'alveo della funzione di vigilanza della Consob.
 

Più espliciti sono stati i giudici del TAR Lazio che, investiti dell'impugnazione avverso sanzioni amministrative comminate ex art. 144 TUB, hanno affermato che il momento sanzionatorio deve essere considerato parte dell'attività di vigilanza, un potere che con questa "si integra e forma sistema munendo la vigilanza di effettività".
 

D'altra parte, un supporto legislativo a favore dell'inclusione dell'attività sanzionatoria in quella di vigilanza, ci perviene dall'analisi dell'art. 6, legge 5 marzo 2001, n. 57, in tema di ricorsi avverso provvedimenti sanzionatori. La disposizione stabilisce che nei confronti delle sanzioni in materia di assicurazioni private e attività connesse, la giurisdizione è del giudice amministrativo, che provvederà "a norma degli articoli 33 comma 1 e 45 comma 18 del decreto legislativo n. 80/1998". Sembrerebbe strano che il Legislatore abbia voluto includere nell'ambito dell'attività di vigilanza solo le sanzioni emanate nel settore assicurativo, e non anche in quello del credito e del mercato mobiliare. Se a ciò si aggiungono i rilievi già svolti sulla forte strumentalità del potere sanzionatorio a quello di controllo dei mercati mobiliari, si avranno elementi sufficienti ad affermare che, essendo l'attività sanzionatoria integrata nella funzione di vigilanza, i ricorsi contro le sanzioni adottate dalla Consob, ricadono pienamente nell'ambito della nuova disciplina di cui agli artt. 33, D.Lgs. 80/1998, 4 e 7, legge 205/2000, e dunque sono attribuiti al sindacato del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva.

A dirimere la questione è intervenuta, nel giugno 2004, la sentenza della Cassazione n. 9731, con la quale si è giunti ad una soluzione opposta a quella abbracciata dalla dottrina e dai giudici di merito. I magistrati di legittimità, investiti della questione a seguito della declaratoria di difetto di giurisdizione ad opera dei giudici della Corte d'Appello di Napoli, hanno, infatti, riconosciuto che spetta al giudice ordinario la cognizione delle controversie circa le opposizioni contro le sanzioni irrogate dal ministero dell'Economia su proposta della Consob.
 

La Cassazione ha dunque ritenuto che la previsione dell'art. 33, D.Lgs. 80/1998, così come modificata dalla l. 205/2000, non abbia modificato l'originaria competenza diffusa delle Corti d'Appello, prevista dall'art. 195 del D.Lgs. n. 58/1998, e ciò in virtù della specialità delle disposizioni del TUF.
 

La ratio della sentenza è da ricercarsi nella asserita non assimilabilità della attività sanzionatoria e di quella di vigilanza, dal momento che nella prima sarebbe esclusa la possibilità di valutazioni discrezionali, e nella seconda una predeterminata sequenza causa/effetto.
 

La sentenza della Suprema Corte appare comunque idonea ad inaugurare un trend di pronunce uniformi in materia, dal momento che si inserisce nella scia legislativa inaugurata dal D.Lgs. n. 5/2003, che aveva ribadito la competenza del giudice ordinario in ordine ai provvedimenti sanzionatori adottati in materia bancaria, creditizia e di intermediazione finanziaria.