Brevi note sulla illegittimità costituzionale della normativa che condiziona la concessione della pensione di reversibilità alla durata minima del vincolo matrimoniale
ANTONINO SGROI
Il giudice delle legge continua la sua opera di pulizia del sistema
ordinamentale da tutte quelle disposizioni che condizionano l'erogazione
della pensione di reversibilità.
Nel caso di specie la disciplina della pensione di reversibilità dei consulenti
del lavoro (art. 21 legge 23 novembre 1971, n. 1100) escludeva, al terzo comma,
il diritto alla pensione di reversibilità nell'ipotesi che il matrimonio fosse
stato contratto "…posteriormente alla data di inizio del pensionamento per
vecchiaia dell'iscritto…"
Tale esclusione cadeva, e riprendeva espansione il principio generale di
riconoscimento del beneficio, qualora dal matrimonio fosse "…nata prole, anche
postuma."
La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di questa
disposizione sulla scorta dell'affermazione che: "principio acquisito alla
giurisprudenza costituzionale, (è quello) della spettanza della pensione di
reversibilità anche al coniuge superstite che abbia contratto matrimonio
posteriormente alla data del pensionamento dell'assicurato…"
L'affermato principio è corroborato dal richiamo dell'ultima delle sentenze in
argomento la n. 187/00(1),
ma in realtà la Corte era stata investita della legittimità costituzionale di
norme di tal sorta sin dal lontano 1975.
Con la sentenza n. 3 del 1975(2),
la Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del secondo
comma dell'art. 6 della l. n. 1646/1962, degli artt. 11/2° c. e 19, l. n. 46/58,
nella parte in cui escludono il diritto alla pensione di reversibilità della
vedova qualora il matrimonio, da cui non siano derivati figli, sia stato
contratto dal pensionato dopo il compimento del settanduesimo anno di età,
qualora la differenza di età fra i coniugi superi i venti anni o qualora il
matrimonio sia durato meno di due anni, ha ritenuto legittime le disposizioni.
I giudici hanno salvato le norme sottoposte al loro vaglio in quanto:
- le stesse non riguardano il campo dei diritti e doveri reciproci tra i membri
della famiglia(3);
- alle stesse non può riconoscersi una valenza negativa sulla possibilità di
contrarre matrimonio e su quest'aspetto osserva che "L'istituto della famiglia,
costituzionalmente tutelato, ha contenuti e risponde a scopi etico-sociali più
pregnanti di quella che sarebbe dato rinvenire in un rapporto istituito con
finalità così limitate e ristrette(4);
- il diritto della vedova alla pensione di reversibilità, è da considerarsi un
diritto autonomo e sono pertanto ammissibili le condizioni dettate dal
legislatore con l'intento cautelativo di ovviare alle frodi presunte a difesa
del pubblico erario(5);
- è legittimo che il legislatore, "…sia pure in via eccezionale…" adotti misure
cautelari ispirate alla tutela di interessi generali dallo stesso adeguatamente
valutati(6).
Ma nella successiva sentenza sul tema, la n. 139/79(7)
la Corte assume atteggiamento diametralmente opposto ed espunge le disposizioni
sottoposte al vaglio di costituzionalità.
Il Collegio, verificata innanzi tutto una non uniformità di trattamenti
all'interno del sistema precedentemente inesistente(8),
ritiene che questa non omogeneità debba essere eliminata in quanto "La ratio
della norma derogatrice ne esige la estensione…, non potendosi individuare alcun
elemento idoneo a giustificare una diversa disciplina del requisito per la
concessione delle pensioni di reversibilità."(9).
Un anno dopo la Corte chiamata a pronunciarsi su disposizioni di identico tenore
ne dichiarava l'illegittimità con la sentenza n. 15 del 15.2.1980(10).
In questa sentenza la Corte rinviene, come nel precedente caso, una violazione
del principio di eguaglianza, ma compie un passo ulteriore e constata che la
disposizione da verificare è il frutto di una scelta legislativa che "…esprimeva
la diffidenza del legislatore verso i matrimoni cosiddetti tardivi, presumendosi
che l'avanzata età (tale secondo i dati all'epoca emergenti) del pensionato al
momento del matrimonio, una notevole differenza di età fra i coniugi e la durata
men che biennale del matrimonio stesso, in mancanza di prole anche postuma,
fossero indici di una volontà diretta più ad assicurare il diritto a pensione di
riversibilità in favore di un determinato soggetto che ad assumere gli obblighi
ed esercitare i diritti coniugali…"(11).
Il trend giurisprudenziale trova ulteriore corroborazione nella sentenza n. 587
del 31.5.1988(12)
ove si aggiunge un ulteriore tassello di grande rilievo rappresentato
dall'affermazione "…che il potere legiferante dello Stato non può certo
spingersi sino a incidere nella sfera, personale di chi siasi risolto a
contrarre il vincolo familiare, così comprimendo valori costituzionalmente
protetti."
Un arresto su questa strada avviene con l'ordinanza n. 674 del 16 giugno 1988(13)
ove i giudici rigettano in quanto infondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 7 n. 2 l. n. 1338/62 riallacciandosi alle motivazioni
del precedente del 1975.
Due anni dopo, con la sentenza n. 123/90(14),
riprende l'opera di demolizione con un duplice argomentare: uno di tipo
tecnico-giuridico, l'altro di tipo sociologico.
Innanzi tutto la Corte esamina i lavori preparatori della legge da vagliare e
rileva come in essi non traspaia la volontà del legislatore di regolare ipotesi
limite ma, all'opposto la volontà di disciplinare "…la normalità dei casi < >.
Tale rilievo è ulteriormente corroborato con il mutamento del quadro
naturalistico di riferimento che riverbera, secondo la Corte, i suoi effetti sul
piano giuridico.
Infatti i giudici costatano che l'aumento dell'età media della popolazione porta
anche soggetti meno giovani a vedere il matrimonio quale rimedio alla solitudine
e fonte di reciproco conforto per affrontare nelle migliori condizioni di vita
le esigenze quotidiane(15).
Il richiamo al diritto di contrarre matrimonio, come libera scelta del singolo
riappare nella successiva sentenza del 1991, la n. 189(16).
La Corte ritiene che il diritto menzionato "… a cui si riconnettono valori
costituzionalmente protetti, è e deve rimanere frutto di una libera scelta
autoresponsabile, attenendo ai diritti intrinseci ed essenziali della persona
umana e alle sue fondamentali esigenze…esso si sottrae a ogni forma di
condizionamento indiretto ancorché eventualmente imposto, in origine,
dall'ordinamento."(17).
Le stesse affermazioni in tema di scelta autoresponsabile non condizionabile
dall'ordinamento si rinvengono nelle sentenze n. 450/91(18),
n. 135/94(19)
e n. 1/92(20).
Il cerchio cronologico si chiude con la sentenza n. 110 del 1999(21)
e la n. 187 del 2000.
Nella prima da un lato si reitera l'affermazione che i limiti fissati incidono
sulla libertà matrimoniale a cui si riconnettono valori di rilevanza
costituzionale e dall'altro si prende atto del mutamento dei costumi sociali che
porta persone non più giovani a contrarre matrimonio(22).
Nella seconda oltre a menzionare i propri precedenti la Corte prende atto
dell'adeguamento al proprio insegnamento da parte del legislatore che nella
legge n. 136 del 1991 ha evitato di far dipendere il diritto alla pensione da
una durata minima del matrimonio(23).
Note
1) La sentenza è pubblicata in Foro It.,
2000, I, c. 2770.
2) In riv. ult. cit., 1975, I, cc. 253 - 255.
3) Riv. cit., c. 254.
4) Passim.
5) Riv. cit., u. c.
6) Passim.
7) In Giur. It., 1980, I, 1, cc. 957 - 959. La sentenza è stata
successivamente corretta con ordinanza n. 118 del 16.7.1980, in Giur. Costit.,
1980, pp. 1037 - 1038.
8) La Corte prende atto dell'esistenza dell'art. 32 l. n. 160/75
che rimuove, per la concessione della pensione di reversibilità, l'esistenza
della condizione della durata minima di due anni del vincolo matrimoniale
nell'ipotesi di matrimoni celebrati successivamente alla sentenza di
scioglimento del precedente matrimonio di uno dei coniugi pronunciata ex lege n.
898/70, ma non oltre il 31.12.75.
9) Riv. cit., c. 958.
10) Foro It., 1980, I, cc. 877 - 879.
11) Riv. cit., c. 878.
12) Riv. cit., 1988, I, c. 3489.
13) Riv. cit., 1988, I, c. 3488.
14) Giur. It., 1991, I, 1, cc. 266 - 268.
15) Riv. cit., cc. 267 - 268.
16) Foro It., I, cc. 2997 - 2999, con nota redazionale di V.
Ferrari.
17) Riv. cit., u. c.
18) Foro It., 1992, I, cc. 1 - 3.
19) Riv. cit., 1994, I, cc. 1299 - 1300.
20) Giur. It., 1992, I, 1, cc. 986 - 993, con nota di A.
Celotto, L'eliminazione dei limiti al riconoscimento della pensione di
riversibilità al coniuge superstite: l'affermazione della non condizionabilità
neanche indiretta del matrimonio.
21) Foro It., 1999, I, cc. 1371 - 1373).
22) Riv. cit., u. c.
23) Riv. cit., retro nota 1.