Società di capitali e conflitti di interesse. Regulatory strategies,
governance strategies (*).
MARIO BESSONE
Avviare una riflessione in materia di governance delle
società di capitali non davvero cosa semplice. A fare la necessaria chiarezza
tuttavia provvedono quanti per documentare e portare a razionale soluzione i
problemi del governo societario si avvalgono del modello principal agent,
guardando alla contrapposizione (e al conseguente conflitto) di interessi
caratterizzante le complesse trame di rapporto tra (i) amministratori e insieme
degli azionisti, (ii) azionisti di comando e azionisti di minoranza
(segnatamente gli azionisti "risparmiatore"), (iii) shareholders e altre
constituencies dell’impresa così denominandosi i suoi dipendenti e
creditori. Anche nel caso italiano, come già si sa una ormai consistente
letteratura in materia societaria si avvale appunto di tal modello, essendo poi
del maggior rilievo la serie delle analisi in prospettiva di comparazione. In
apertura del Seminario sarà perciò utile riferire dei risultati per tal via
conseguiti,e sarà bene per l‘appunto semplicemente riferire indicando in via
breve materiali per una più approfondita riflessione
Senza aggiungere inutili divagazioni in astratto a quanto si
legge nelle pagine degli studiosi più accreditati (e adesso molto proficuamente
nelle pagine degli specialisti di materia che sono autori di The Anatomy of
Corporate Law.A Comparative and Functional approach, Oxford 2004 : pagine
che qui e soltanto in parte si riassumono ma sono davvero da leggere per
intero). Invariabilmente si muove dall’assunto ormai condiviso da una intera
letteratura di economisti e di giuristi sensibili al tema delle possibili
forms of opportunism, che con riferimento ad un ambito di relazioni
negoziali ben più esteso del contesto societario documentano i perversi effetti
del "conflitto" di interessi là dove è invece atteso un risultato "cooperativo"
al giusto punto di equilibrio tra gli interessi in gioco. E una volta di più
(lasciando sullo sfondo le pur interessanti elaborazioni di una ampia
letteratura) non sarà necessario lungo discorso perché gli agency problems così
come la loro estensione di campo hanno immediata evidenza
Comportano agency problems tutte le situazioni tali
che un soggetto (l’agent) in linea di principio (e per il suo ruolo)
tenuto ad operare nell’interesse di un altro (il principal) altrimenti
agisce, opportunisticamente privilegiando invece un suo interesse così da
trasformare congegni di "cooperazione sociale" in strumenti di abuso. Per fare
gli esempi ricorrenti in ogni, si pensi all’interesse del principal
imputato che nel processo attende dall’avvocato agent la miglior difesa
in tempi brevi se il suo difensore dovesse invece scegliere la linea "tempi
lunghi e parcelle elevate". O si pensi al principal elettore che dall‘eletto
suo agent attende la miglior politica in funzione dell’interesse generale
se mai dovesse accadere che opportunisticamente risulti invece privilegiato ben
altro interesse. Da ciò l’intera serie delle analisi di economisti e giuristi
che se guardano allo scenario generale degli agency probems molto spesso
comprensibilmente concentrano poi la loro attenzione sulla materia societaria.
In materia societaria (e tanto più quando si tratti della
imprenditorialità a grande dimensione attiva sul mercato di raccolta del
capitale di rischio e dei fenomeni di "gruppo" di società); le possibili
fattispecie di conflitto di interesse e comunque la serie degli agency
problems si presentano con la frequenza e la (grande) estensione di campo
documentate già dalle pagine del manuale universitario che non sarà davvero il
caso di ripetere. Si ricorderà infatti quali i peculiari caratteri della
situazione di oggettiva divergenza di interessi tra (i) soci di maggioranza che
dispongono degli strumenti di comando della società e (ii) quanti sono invece
soci di minoranza esclusi dal governo della compagine azionaria ,dovendosi poi
naturalmente distinguere tra (iii) minoranze di consistente rilievo e (iiii)
posizione del "piccolo" azionista risparmiatore. E si ricorderà ciò che si era
diffusamente rilevato con riguardo alla organizzazione dei rapporti che
intercorrono tra (i) azionisti (fossero anche i soci di maggioranza) e (ii)
amministratori della società, nella complessa dinamica delle relazioni
intercorrenti tra azionisti principal e amministratori agent così
spesso prefigurandosi situazioni di un possibile conflitto di interessi.
Né sarà più il caso di ripetere che in una prospettiva di
migliore governance societaria allo stesso modo massimamente rilevano i
problemi di giuridica protezione dei prestatori di lavoro e dei terzi creditori
della società. Sarà semmai bene segnalare fino da ora che la crescente domanda
di una politica del diritto a sufficiente tutela di queste altre
constituencies dell’impresa (e sue controparti) a veder bene costituisce
emblematico punto di emersione di una più generale problematica di corporate
social responsibility, la responsabilità sociale dell’impresa ormai così
spesso segnalata anche da posizioni ufficiali di autorità di governo concordi
nel che va respinta l’idea erronea secondo la quale agire di impresa e
"obiettivi sociali" inevitabilmente "si trovano" in obbligato "conflitto". E
sempre più spesso appare condiviso l ‘assunto che in tempi di capitalismo maturo
le imprese "devono" essere anche "socialmente attive" con un forte impegno nelle
"comunità" di loro appartenenza,prefigurandosi iniziative di "prevenzione" dei
fenomeni di degrado ambientale, modalità di erogazione di servizi che migliorano
la "qualità del lavoro", policies di promozione e sostegno delle attività
che favoriscano i processi di "contenimento" dei fattori di separatezza e
antagonismo tra mondo dell’impresa e "società civile".
Da ciò le grandi linee di una politica del diritto dove le
possibili garanzie di corporate social responsibility sono consegnate ad
un crescente numero di indicazioni in via di moral suasion, così come a
normative di self regulation o comunque di soft law che impegnano
imprenditori e imprese a "tener conto dell’impatto economico,sociale e
ambientale" del loro operare "sulle comunità" da loro coinvolte. E anche di
tutto questo sarà necessario discutere nel corso di un Seminario che pure si è
assegnato come oggetto primario l’’ analisi dei problemi di governo societario
appartenenti al contesto dei già segnalati agency problems. Perciò
materia principale ne sono le possibili forms of opportunism, i conflitti
di interesse e il conseguente contenzioso tra soggetti principal e loro
agents. L’evidenza empirica conferma che si tratta di conflitti di
interesse e di un contenzioso ricorrenti in medesime forme nella generalità
degli ordinamenti dei paesi ad evoluto capitalismo di mercato.E ampia
letteratura di comparazione giuridica avverte che in ognuno operano normative e
legal strategies di consimile genere.
Sono le "legal strategies" intese "to mitigate the
vunerability of principals to the opportunism of their agents" (adesso
utilmente passate in rassegna da Henry Hansmann e Reinier Kraakman nelle già
segnalate pagine di The Anatomy of Corporate Law. A Comparative and
Functional approach). Nel loro più ampio contesto sarà poi bene
immediatamente distinguere tra regulatory strategies e governance strategies.
E più precisamente tra normative che configurano regulatory strategies
consistendo in prescrizioni che disciplinano (i) la formazione (ma anche
l‘eventuale dissolution) del rapporto attivato tra principal e
agent, (ii) così come i suoi contenuti e tutt’altro genere di normative, le
governance strategies invece intese a conseguire in via indiretta
risultati di protezione del principal , mediante (i) un incremento dei poteri
che gli competono o (ii) incentivando l‘agent ad un agire appunto nell’
esclusivo interesse del principal. E si tratta di strategie di politica
del diritto che valgono per la generalità delle situazioni di possibile
agency problem in materia societaria .
Occorre tuttavia provvedere ad ulteriori precisazioni
avvertendo che nel contesto delle regulatory strategies massimamente
rilevano le prescrizioni di divieto. Prescrizioni che all‘agent domandano
di non assumere decisioni (e di non intraprendere iniziative) che possano
indebitamente pregiudicare l’interesse dell‘agent, essendo poi di
immediata evidenza la distinzione tra rules e standards già ampiamente
indagata da Louis Kaplow in un suo importante contributo dei primi anni Novanta.
Una cosa sono infatti le disposizioni a contenuto puntuale, altra cosa le
normative sul modello delle clausole generali.E se per l’ intera serie delle
fattispecie indicate più avanti sono pensabili rules consegnate ad un enunciato
normativo che si definisce in modo puntuale e circostanziato, per una
altrettanto numerosa serie di fattispecie occorrono invece disposizioni che
costituiscano open standard inevitabilmente consegnato al prudente (e
discrezionale) apprezzamento di chi valuterà case-by-case le particolari
circostanze di ogni singola vicenda.
Da ciò le rules operanti in via di prevenzione
dell’agire deviante di soggetti agent che si riscontrano con così grande
frequenza nella disciplina della materia societaria, tanto nel contesto delle
disposizioni a tutela degli azionisti di minoranza quanto a giuridica tutela dei
creditori dell’impresa e delle altre sue constituencies. Ma insieme con
esse, e per medesime finalità di da possibili forme di opportunism anche
standards clausola generale costituiti da criteri di valutazione
dell’agire dell’agent operanti in tempi successivi al suo attivarsi,che
un soggetto adjudicator ( giudice in abito contenzioso o altro
adjudicator) è legittimato ad impiegare per stabilire se il comportamento
dell’agent si è uniformato ai doveri di correttezza e fairness che
costituiscono modello del suo ruolo istituzionale( e per fare soltanto un
esempio ,si pensi al modello del to act "in good faith" che caratterizza
il contegno atteso dagli amministratori di ogni impresa societaria).
Si preciserà più avanti con quali modalità nell’ambito delle
regulatory strategies si collocano terms of entry ovvero
regole relative alla attivazione del rapporto che intercorre tra principal
e agent , così come terms of exit che operando ex post
consentono al principal di sciogliersi dal vincolo che lo lega all’agent.
E se ancora una volta si tratta di policies a valere per un contesto di
rapporti che non riguardano in via esclusiva la materia societaria,sarà chiaro
che la materia societaria di queste regulatory strategies offre
esemplificazione assolutamente emblematica. Con riguardo a terms of entry,
si pensi alle normative che (nel caso italiano ma come si sa dovunque) vincolano
ad un rigoroso regime di trasparenza dei soggetti emittenti e di informazione
quanto agli strumenti finanziari oggetto di "offerta" di titoli al mercato di
capitale di rischio,in questo modo operando ex ante e per così dire
"all’ingresso" una protezione dell’investitore interessato all’acquisto di
partecipazioni azionarie. E con riguardo poi alla fattispecie dei terms of
exit sarà sufficiente un richiamo delle norme che (nel caso italiano ma come
si sa dovunque ) in circostanze di speciale rilievo all’azionista principal
assicurano diritto di recesso così da non dover condividere gli effetti di
decisioni assunte dal management societario che fossero (ritenute) in contrasto
con il suo individuale interesse.
Altro lo scenario , e le modalità operative delle
governance strategies. Negli ordinamenti di civil law così come negli
ordinamenti del common law anglosassone e nord-americano, a veder bene si
impiegano medesimi che sarà utile passare in veloce rassegna riassumendo quanto
con preciso riferimento alla materia societaria si legge nelle circostanziate
pagine di Hansmann e Kraakman. Va da sé che massimamente rilevano i diritti di
voto. Con ogni evidenza sono infatti core strategies quante in punto di
governance societaria concretano appointments rights che
(con notevole varietà di regimi in ordinamenti in altro senso spesso assai
diversi tra loro) per l’appunto attribuiscono ad un principal (azionista
ma non soltanto) poteri di concorso alla nomina di soggetti agent, cosa
che se opera in funzione di garanzia con riguardo alla scelta (ma anche alla
revoca) degli amministratori della società allo stesso modo garantisce tutela
degli azionisti di minoranza a fronte dei soci in posizione di comando
societario (e in taluni ordinamenti al tempo stesso tutela dei dipendenti
dell’impresa a fronte della "shareholder class as a whole").
Non sarà poi il caso di ricordare in quali e quante
situazioni la titolarità di diritti di voto consente al soggetto principal
di apprestare una sua prima linea di difesa in presenza di iniziative di
soggetti agent intese a privilegiare opportunistically il loro
interesse con inevitabile e naturalmente ingiusto pregiudizio degli altri
soggetti partecipanti alla vicenda societaria. Sarà semmai utile completare
questa sommaria rassegna di governance strategies rimarcando fino da ora
la sicura incidenza di quante (preso atto dei limiti pur sempre caratterizzanti
le policies già segnalate) aggiungono al possibile incremento dei poteri
del soggetto principal il fattore positivo (e certamente efficace) degli
incentivi ad un corretto operare di soggetti agent. Sono davvero forte
incentivo al bene operare di soci di comando e amministratori della società
azionaria tutte le regole di reward strategy. E perciò regole che
stabiliscano un obbligato rapporto di continuità tra incrementi di ricchezza del
principal e "massimizzazione" degli utili di portafoglio degli altri
stakeholders dell’impresa. Né va trascurato il sicuro rilievo dei
pay-for-performance regimes. E perciò regimi normativi che operano
assicurando a soggetti agent un ritorno economico espressamente
congegnato come una variabile nella sua grandezza senz’altro dipendente dai
risultati utili che dal loro agire possano derivare i soggetti loro principal.
Non soltanto i monetary incentives tuttavia rilevano.
E una analisi davvero comprensiva dei maggiori agency problems deve
sicuramente considerare anche i fattori non monetari che pure una intera
letteratura ( e comunque un grande numero di economisti) tende a svalutare come
"low –powered incentives". In modo particolare, l’esperienza della
generalità delle economie a capitalismo matura insegna infatti quanto rilevano i
fattori di trusteeship, più precisamente i fattori correlati al valore di
immagine e di reputazione che consigliano a soggetti agent corretto agire
e cura degli interessi di soggetti principal, essendo chiaro che
degradazione di immagine e conseguente perdita di quanto sia buona reputazione
professionale o affidabilità imprenditoriale costituiscono un prezzo spesso non
sufficientemente compensato dai possibili benefici patrimoniali della violazione
delle regole di fairness. Ma se molto conta anche ciò che non sia "norma"
sarà chiaro in che misura finisce per essere determinante il contesto delle
prescrizioni con tutti i caratteri normativi delle rules già in via breve
segnalate, occorrendo poi distinguere tra (i) quante hanno forza di prescrizione
imperativa (e non derogabile) e (ii) altre invece operanti soltanto qualora non
sia stato diversamente disposto in via di autonoma determinazione del soggetti
partecipanti alla vicenda societaria.
Da ciò in ogni ordinamento (di civil law così come
negli ordinamenti del common law anglosassone e nord-americano ) la
ricorrente compresenza di inderogabili mandatory rules e di default
rules che operano soltanto in via sussidiaria . E in ogni ordinamento la
propensione a lasciare ampio spazio a disposizioni operanti soltanto qualora non
si ritenga di disporre altrimenti (in questo senso, default rules)
risulta ampiamente motivata dal sicuro contributo che anche in materia
societaria l’autonomia dei privati è spesso capace di offrire ad una miglior
organizzazione dei rapporti variamente correlati alle attività di impresa quali
si configurano in una moderna economia capitalista di mercato .Ma naturalmente e
dovunque la grande parte delle regole del sistema di corporate law è di
genere mandatory, non essendo lasciato spazio aperto a discrezionalità di
soggetti privati là dove norme con carattere di imperatività si rendono
necessarie in prevenzione (e a sanzione) di un agire deviante di soggetti
agent che le altre strategie di politica del diritto non sono davvero capaci
di contenere. E necessariamente mandatory è la disciplina delle garanzie
di informazione e di trasparenza dell’operare che si è deciso di indicare quale
principale oggetto della discussione da svolgere nel corso del Seminario.
Come sempre più che non discorsi in astratto saranno utili
discorsi di stretto diritto positivo intesi a confrontare il regime stabilito
dalle norme del Tuf, il Testo unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria del febbraio 1998 (e dalle altre a loro
aggregate secondo logica di sistema)con quante si ritrovano in altri ordinamenti
della materia societaria (e segnatamente in quanti per forza di direttive
comunitarie sono parte del nuovo diritto europeo delle società di capitali e del
mercato finanziario). Ma ancor prima sarà bene ricordare quali valutazioni
dovunque motivano un così ampio ricorso a disposizioni con carattere di
imperatività, e perciò a mandatory rules (soltanto nel loro contesto e in
limitata misura essendo praticata la politica del diritto delle default rules).
Assolutamente emblematica appunto la disciplina delle garanzie di trasparenza
che a tutela degli investitori potenziali "azionista risparmiatore" le norme
prefigurano con riguardo al mercato dei capitali di rischio, e perciò con
espresso riferimento alle società going public mediante una offerta di
titoli rivolta "al pubblico" costituito da quanti possano essere interessati ad
un portafoglio azionario (continua).
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Queste pagine trascrivono una parte dell’intervento di apertura di un "seminario
per la didattica" organizzato nell’ambito del corso di Diritto dei mercati
finanziari alla Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Roma "La Sapienza"