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Legislazione  Giurisprudenza

 


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Sull'esclusione automatica dei concorrenti in situazione di controllo, collegamento o intreccio societario. La rilevanza degli intrecci parentali.

 


Francesco Marascio (*)




Sommario: 1. Le situazioni di controllo.  2. Le situazioni di collegamento. 3. Situazioni di collegamento sostanziale atipiche. 4. La rilevanza dei rapporti di parentela.


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La disciplina della esclusione automatica e del divieto di partecipazione alle gare per l’aggiudicazione di contratti pubblici si rinviene nelle fonti legislative ed, eventualmente, nelle ulteriori previsioni della lex specialis che governa la procedura di affidamento.


1. LE SITUAZIONI DI CONTROLLO.


Con riferimento alle situazioni di controllo tra imprese, rileva la previsione contenuta all’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94. La norma stabilisce che “non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in situazioni di controllo di cui all’art. 2359 del codice civile”.


Tale articolo, riferito agli intrecci societari, individua sia situazioni di controllo che situazioni di collegamento societario. Tuttavia, la lettera della legge n. 109/1994 rimanda alla previsione codicistica con esclusivo riferimento alle situazioni di controllo.


Queste, descritte dai commi I e II dell’articolo, si hanno in tre casi:


1) quando una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea di altra società;
2) quando una società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante sull’assemblea ordinaria di altra società;
3) quando una società è sotto l’influenza dominante di altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali.
E’ evidente come un’assoluta mancanza di forme di controllo legislativamente rilevanti determina, di per sé, l’illegittimità della automatica esclusione dell’impresa.


Infatti, con l’introduzione del comma 1 bis all’art. 10 della legge Merloni, il legislatore ha inteso evitare una eccessiva penalizzazione del fenomeno economico del gruppo di società. Tant’è che non si è vietata in radice la partecipazione alle gare di imprese collegate.


Al contrario, essa in principio è lecita. L’eventuale illiceità dovrà essere ravvisata in concreto attraverso adeguati riscontri.

 


2. LE SITUAZIONI DI COLLEGAMENTO.


La più recente giurisprudenza, confermando un orientamento già delineato nelle pronunce più risalenti, ha ribadito la legittimità della partecipazione di imprese collegate o comunque legate da particolari vincoli. Soltanto se ricorrano ulteriori elementi idonei a comprovare la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, si potranno adottare provvedimenti sanzionatori (cfr.: TAR Lombardia, Sez. III, 30 aprile 2003, n. 1097; TAR Lazio, Sez. III, 6 aprile 2001, n. 8032).


Inoltre, pur ammettendosi la facoltà delle Stazioni appaltanti di prevedere nel bando cause ulteriori di collegamento rilevante rispetto a quelle indicate dalla legge, si è ritenuto che il divieto di partecipare e la esclusione automatica, previsti dalla legge Merloni, non siano comunque suscettibili di applicazione estensiva.


Inequivocabilmente, l’Autorità di Vigilanza sui LL.PP., con Atto di Regolazione n. 27 del 9 giugno 2000, ha precisato che “la disposizione contenuta nell’art. 10, comma 1 bis della legge n. 109/94, pone il divieto di partecipazione solo per quelle imprese che si trovino tra loro in situazioni di controllo, né può esserne fatta applicazione in modo estensivo”.


Conformemente, anche la giurisprudenza ha ritenuto “illegittima l’introduzione di clausole che vietino in modo automatico la partecipazione o prevedano l’esclusione automatica per il solo fatto dell’esistenza di forme di collegamento” (cfr. TAR Milano, Sez. III, 30 aprile 2003, n. 1097).


E’ poi doveroso precisare come la figura del collegamento societario, prevista dal III comma dell’art. 2359 c.c., ricorre allorchè una società eserciti una notevole influenza nei confronti di un’altra società.


Peraltro, si noti come nello stesso articolo venga tipizzata una forma di collegamento. Questo, infatti, si presume quando nell’assemblea ordinaria di una società si possa esercitare almeno un quinto dei voti ovvero un decimo, se la società è quotata in borsa.


Diversamente, qualora la Stazione appaltante intenda attribuire rilevanza a forme atipiche di collegamento, essa ha l’onere di farne esplicita previsione nel bando di gara.


Il Consiglio di Stato, infatti, reputa la previsione delle stesse nel bando come il presupposto legittimante “l’introduzione di previsione di fatti e di situazioni che, pur non integrando ipotesi del collegamento o del controllo civilistico, siano capaci ed idonei ad alterare la serietà, indipendenza, compiutezza e completezza delle offerte presentate da imprese diverse e che ne determinano l’esclusione dalla partecipazione alla gara” (cfr. Cons. St., Sez. VI, 27 dicembre 2001, n. 6424).


Pertanto – fermo restando il divieto di interpretazione estensiva dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994 – le stazioni appaltanti hanno la facoltà di individuare altre forme di collegamento rilevante ai fini della procedura di gara. Facoltà che, come detto:


- postula una esplicita previsione della fattispecie rilevante nel bando;
- non può, comunque, dar luogo al divieto di partecipazione ovvero alla esclusione automatica;
- può determinare l’esclusione dalla gara soltanto a seguito del riscontro, in concreto, di ulteriori elementi che comprovino la provenienza delle offerte da un comune centro d’interessi.
Insomma, la disciplina applicabile consente:
- di prevedere il divieto di partecipazione e disporre automaticamente l’esclusione in ipotesi di società in rapporto di controllo;
- di giungere all’esclusione, a seguito di una verifica concreta della rilevanza del collegamento, qualora si verta in un’ipotesi di collegamento espressamente richiamata nel bando di gara.

 


3. SITUAZIONI DI COLLEGAMENTO SOSTANZIALE ATIPICHE.


Va sottolineata la tendenza, nella prassi, ad emettere provvedimenti di esclusione a prescindere dalle norme legislative e dalla lex specialis che governano la procedura di gara.


Infatti, si sostiene che, al di là dei presupposti per l’emanazione, un provvedimento di esclusione potrebbe o, addirittura, dovrebbe essere adottato in presenza di circostanze estrinseche che inducano a sospettare un collegamento.


Dette circostanze, del tutto atipiche, vengono arbitrariamente individuate in rapporti di parentela o, addirittura, in vicinanza geografica tra imprese o in elementi comuni alle offerte.


Siffatte tendenze costituiscono esercizi illegittimi dell’azione amministrativa e, pertanto, meritano di essere fermamente censurati.


Quelli richiamati sono, infatti, elementi indiziari che necessitato – quantomeno per rispetto alla serietà degli offerenti – di diversi ulteriori riscontri per condurre ad un’esclusione.


Come chiarito in più di un’occasione dalla giurisprudenza, si tratta di “circostanze che non comportano, di per sè, il divieto di partecipare ad una stessa gara” (cfr. TAR Lombardia Milano, Sez. III, 27 gennaio 2003, n. 177; TAR Veneto, 28 marzo 2002, n. 1828) e che, in assenza di riscontri oggettivi, “possono, di per sé, provare la provenienza delle offerte da un unico centro d’interesse” (cfr. Cons. St., Sez. V, 1° luglio 2002, n.3601).


Insomma, in nessun caso si potrebbe disporre un’esclusione senza operare controlli diretti a confutare dei meri indizi, come se si fosse in presenza di società controllate e controllanti.

 


4. LA RILEVANZA DEI RAPPORTI DI PARENTELA.


In particolare, non ha autonoma rilevanza l’eventuale rapporto di parentela tra i titolari delle imprese.


Ravvisare un collegamento sostanziale sulla base di tale elemento vorrebbe dire non solo non tenere nel minimo conto il dato normativo, ma porsi in contrasto sia con i principi cui debbono riferirsi le procedure di gara sia con i principi, anche di rango costituzionale, che informano il nostro ordinamento.


Una siffatta interpretazione, infatti, oltre che costituire una seria minaccia per la libertà d’iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Carta Costituzionale, colliderebbe anche con il principio di concorrenzialità posto a tutela dell’interesse pubblico ad assicurare la massima partecipazione alle procedure di gara.


Sulla scorta di queste considerazioni, la giurisprudenza, in assenza di intrecci tra le compagini societarie, non ritiene i meri rapporti parentali sufficienti ad affermare l’esistenza di un’ingerenza nell’attività delle diverse imprese (cfr. TAR Piemonte, Sez. II, 18 dicembre 1998, n. 600).


Addirittura, è stato ritenuto che la circostanza che tre società siano:


- amministrate, rispettivamente, da tre fratelli,
- di proprietà di quattro fratelli, figli e nipoti degli amministratori,
ed, inoltre,
- abbiano la medesima sede legale,
non sia un presupposto idoneo a giustificare – in mancanza dell’accertamento di un accordo specifico o, comunque, di una prassi gestionale tale da far ipotizzare la sussistenza di un unico centro decisionale – l’esclusione da una gara cui tutte e tre le società abbiano preso parte (cfr. Cons. St., Sez. IV, 18 aprile 1994, n. 334).


Pertanto, gli intrecci parentali necessitano, al pari degli altri elementi indiziari estrinseci e formali, di puntuali riscontri obiettivi.


Essi possono essere il punto di partenza di un’indagine diretta ad accertare l’esistenza di un collegamento sostanziale ma, difettando ulteriori elementi obiettivi che palesino l’alterazione della gara, non possono costituire una ragione di esclusione.

 


(*) Consigliere del Vice Ministro alle Infrastrutture e Trasporti

per il contenzioso con le imprese operanti nel settore delle OO.PP.