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LA GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA IN

TEMA DI CAMPI ELETTROMAGNETICI

Vittorio Mirra




L’inquinamento da campi elettromagnetici(1), con le conseguenze sulle persone, è argomento di attualità, come dimostra la pubblicistica di questi ultimi tempi, impegnata in dibattiti, relazioni e convegni, attività dominate dalla ricerca di un nuovo intervento legislativo che, pur in considerazione delle ancora non del tutto chiare ed identificate problematiche e conseguenze, tuteli la salute delle persone soggette ad un’eccessiva esposizione a tali campi.


Sulla Terra è da sempre presente un fondo elettromagnetico naturale, le cui sorgenti principali sono la Terra stessa, l’atmosfera ed il sole, che emette radiazioni IR, luce visibile e radiazioni UV. Gli esseri viventi hanno da sempre convissuto con tali radiazioni, evolvendosi in modo da adattarsi ad esse, proteggersi o utilizzare al meglio questi agenti fisici.


Al naturale livello di fondo si sono però aggiunti, al passo con il progresso tecnologico, i campi prodotti dalle sorgenti legate all’attività dell’uomo, innalzando così il fondo naturale di centinaia e migliaia di volte.


Imputati sono innanzitutto i grandi conduttori di energia elettrica (elettrodotti ad alta, media e bassa tensione), gli impianti radar e di emittenza radio televisiva, i ponti radio televisivi e per telefonia mobile (stazioni radio base), nonché, anche se in misura minore, gli elettrodomestici ed i telefoni cellulari.


A completare la panoramica si sono aggiunti in questi ultimi anni i satelliti in orbita geostazionaria per telecomunicazioni e non e, negli ultimi tempi, i 66 satelliti per la telefonia cellulare satellitare globale.


La Terra è avvolta da un’immensa regnatela di onde elettromagnetiche che trasportano energia di diversa intensità e diversa lunghezza d’onda che coinvolge tutti in un abbraccio più o meno intenso, che crea sviluppo e progresso, ma sul quale non possiamo fare a meno di interrogarci.


NORMATIVA :

La materia inerente i campi elettromagnetici è stata oggetto di numerosi interventi normativi sia a livello nazionale che europeo che internazionale.

Normativa internazionale:


A livello internazionale l'ICNIRP (International Commission on Non Ionizing Radiation Protection), che costituisce il principale riferimento mondiale in tema di protezione dagli effetti delle radiazioni non ionizzanti (campi elettromagnetici), ha emanato nel 1998 il documento dal titolo "Guidelines for limiting exposure to time – variyng electric, magnetic and electromagnetic fields (up to 300 Ghz)" . La pubblicazione stabilisce criteri per limitare l’esposizione della popolazione e dei lavoratori ai campi elettromagnetici in modo da ottenere la massima protezione contro gli effetti negativi noti sulla salute umana. Le linee guida si basano su un’attenta valutazione di tutta la documentazione scientifica esistente sui possibili effetti sanitari acuti e fissano limiti di esposizione individuati come segue:


Limiti di base: limitazioni all’esposizione ai campi elettromagnetici variabili nel tempo che si fondano direttamente su effetti accertati sulla salute e su considerazioni di ordine biologico. Vengono espressi tramite grandezze fisiche strettamente correlate agli effetti sanitari.


Livelli di riferimento: sono indicati a fini pratici di valutazione dell’esposizione in modo da determinare se siano probabili superamenti dei limiti di base. Alcuni sono derivati dai limiti di base attraverso misurazioni e/o tecniche informatiche; altri si riferiscono alla percezione e agli effetti nocivi indiretti dell’esposizione. Sono definiti mediante identificazione di livelli di campo elettromagnetico misurabili con una strumentazione adeguata(2).


Normativa comunitaria:

A livello comunitario le istituzioni sono intervenute con raccomandazioni per invitare gli Stati membri a regolamentare il settore in maniera adeguata.


In particolare la Raccomandazione 1999/512/CE del 12 luglio 1999 ("Raccomandazione del Consiglio relativa alla limitazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 a 300 GHz") riprende integralmente le linee guida dell’ICNIRP. Il Consiglio dell’Unione Europea raccomanda che gli Stati membri adottino un quadro di limiti fondamentali e di livelli di riferimento .Inoltre, i limiti di base ed i livelli di riferimento, riprendono quelli proposti dall’ICNIRP, fermo restando che gli Stati membri hanno facoltà di fornire un livello di protezione più elevato di quello indicato nella Raccomandazione stessa(3).


Successivamente la raccomandazione 1999/519/CE del 12 luglio 1999(4) sin dalle premesse(5) esprime l’intento di fornire un quadro concertato per assicurare un elevato livello di protezione contro gli effetti nocivi derivanti dall’ elettrosmog. Questo perché le misure riguardanti i campi elettromagnetici dovrebbero offrire a tutti i cittadini della Comunità un elevato livello di protezione(6); le disposizioni degli Stati membri in questo settore si dovrebbero basare su un quadro normativo concordato, in modo da contribuire a garantire una protezione uniforme in tutta la Comunità(7).


L’esigenza è quella di un contemperamento tra la necessità di proteggere adeguatamente la popolazione dai rischi connessi ai campi elettromagnetici e quella di assicurare l’efficiente funzionamento delle moderne economie(8).

Normativa nazionale:

Per quanto riguarda la normativa italiana , questa si presenta piuttosto frammentaria(9).


Per ciò che concerne la distanza minima  fino all'aprile 1992, gli elettrodotti italiani erano costruiti osservando le apposite norme tecniche emanate dal CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano),spesso richiamate espressamente in leggi o decreti ministeriali.


In questo ambito si collocano innanzitutto la legge 28 giugno 1986, n.339 e il decreto interministeriale 21 marzo 1988, n.449 che recepivano la normativa CEI 11-4. Esse ripartivano innanzitutto le linee elettriche aeree nelle seguenti quattro classi:

Classe 0
Linee telefoniche, telegrafiche, di segnalazione o comando a distanza.

Classe I
Linee di trasporto o distribuzione di energia elettrica la cui tensione nominale è inferiore o uguale a 1000 V.

Classe II
Linee di trasporto o distribuzione di energia elettrica la cui tensione nominale è superiore a 1000 V ma inferiore o uguale a 30 kV.

Classe III
Linee di trasporto o distribuzione di energia elettrica la cui tensione nominale è superiore a 30 kV.


Inoltre, in queste disposizioni venivano specificate le distanze minime dei conduttori dal terreno e dagli edifici mediante formule, nelle quali la tensione nominale di esercizio compariva come parametro; questo approccio sarà conservato anche nella normative successive. E’ importante osservare che le distanze erano basate esclusivamente sulla necessità di evitare il cosiddetto rischio di scarica, cioè la possibilità di innesco di una scarica elettrica tra il conduttore sotto tensione ed un oggetto a tensione zero.


All'inizio del 1991, un Decreto del Ministero dei Lavori Pubblici (DMLP 16 gennaio 1991) ha introdotto un'importante novità: riconoscendo la necessità di apportare modifiche al decreto interministeriale 449 del 1988 in riferimento a possibili effetti sulla salute derivanti dai campi elettromagnetici prodotti dalle linee elettriche aeree .


Il decreto del 1991 ha fissato nuovi valori minimi per "l'altezza dei conduttori sul terreno e sulle acque non navigabili" (articolo 2.1.05) e per le "distanze di rispetto dai fabbricati" (articolo 2.1.08)(10).


La situazione à restata questa fino al sopraggiungere di un importante D.P.C.M. (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 1992) che ha fissato i "limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno".


Questo decreto ha stabilito le seguenti intensità massime di campo elettrico e di induzione magnetica "in aree o ambienti in cui si possa ragionevolmente attendere che individui della popolazione trascorrano una parte significativa della giornata" (art.4):

 

 

Campo elettrico

Induzione magnetica

5 kV/m

0,1 mT


 


Mentre "nel caso in cui l'esposizione sia ragionevolmente limitata a poche ore al giorno", il decreto ha stabilito i seguenti limiti :

 

 

Campo elettrico

Induzione magnetica

10 kV/m

1 mT


 


Oltre a ciò il DPCM del 1992 ha fissato le seguenti nuove distanze minime tra i conduttori delle linee elettriche aeree ed i "fabbricati adibiti ad abitazione o ad altra attività che comporta tempi di permanenza prolungati" (art.5):

 

 

380 kV

220 kV

132 kV

28 m

18 m

10 m


 


Quest’aspetto del decreto è stato oggetto di numerose critiche, basate sulla considerazione che lo specificare sia limiti di intensità dei campi sia distanze minime non solo avrebbe potuto portare a situazioni di possibile contraddizione, ma soprattutto avrebbe mortificato qualunque tentativo di innovazione tecnologica che mirasse ad abbattere le emissioni di campo elettrico e magnetico degli elettrodotti, a parità di tensione e corrente sulla linea.


Le critiche hanno forse portato qualche risultato, visto che pochi anni dopo (DPCM 28 settembre 1995) è stata pubblicata una norma tecnica secondo la quale (Art. 3) nell'eseguire il risanamento degli elettrodotti esistenti non in regola con il decreto del 1992, è sufficiente (almeno nella prima fase di attuazione del DPCM 23 aprile 1992) limitarsi al solo rispetto dei valori delle intensità dei campi ed ignorare la questione delle distanze minime, purché queste siano conformi alle normative precedenti(11).


Successivamente in attuazione della legge 249/97, nel settembre 1998 il Ministero dell’Ambiente, d’intesa con il Ministero della Sanità e il Ministero delle Comunicazioni, ha emanato il DM 381/98 "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana" . I limiti di esposizione fissati dall’articolo 3 del decreto,sono molto più restrittivi rispetto a quelli internazionalmente riconosciuti (12).


E’ opportuno comunque chiarire che il DM 381/98 ha un ambito di applicazione diverso dal DPCM 28/9/1995.Infatti quest’ultimo “si applica ai campi elettromagnetici generati dagli elettrodotti e dalle relative stazioni e cabine elettriche”(13), mentre il suddetto DM fa espresso riferimento al funzionamento ed all’esercizio dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi(14).


Introducendo una decisa quanto ingiustificata innovazione rispetto alla normativa internazionale, il DM 381/98 fa riferimento al rischio implicito rappresentato da eventuali malattie connesse con un’esposizione prolungata nel tempo anche a livelli molto bassi del campo elettromagnetico. In seguito a tale assunzione vengono introdotti, accanto ai limiti fissati dall’art.3, valori "di cautela" da rispettare nel caso di situazioni in cui è prevedibile un’esposizione(15) continua della popolazione per più di quattro ore al giorno anche a livelli molto bassi di campi elettromagnetici.


Secondo il dettato del DM 381/98, la realizzazione, la progettazione e l’adeguamento degli impianti deve avvenire in modo da produrre valori di campi elettromagnetici più bassi possibili, compatibilmente con la qualità del servizio svolto, al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione. Le motivazioni di questo approccio al problema sono sintetizzate in un documento congiunto ISPELS–ISS del 29 gennaio 1998 relativo alla protezione dall’esposizione a campi elettromagnetici tra 0 e 300 GHz, nel quale si osserva testualmente: "in una comunità nella quale si sospetti un danno alla salute a causa di determinate esposizioni ambientali, il rapporto di fiducia con i tecnici potrà rompersi se l’incertezza sarà invocata per giustificare la mancanza di azioni a carattere preventivo. In campo ambientale, infatti, sono la regola, e non l’eccezione, le situazioni in cui i dati scientifici sono insufficienti per sostenere una conclusione definitiva, e nonostante questo una decisione va presa. L’adozione di questo tipo di approccio comporta l’abbandono del limite di esposizione inteso come limite sanitario, a favore dell’adozione di obiettivi di qualità, da raggiungere in un certo arco di tempo in modo differenziato per diversi scenari di esposizione ".


Uno degli interventi normativi più recenti che ha nuovamente regolato il settore è dato dalla “ Legge quadro sull’inquinamento elettromagnetico “ (legge 22 febbraio 2001 n. 36 )(16) (17) che ha cercato di considerare in via  unitaria vari aspetti del fenomeno dell’inquinamento elettromagnetico: tutela del lavoro,della salute dell’ambiente e del paesaggio(18) (19)  (20).


Ciò anche perché già la Corte Costituzionale nella sentenza 28 maggio 1987 n. 210 aveva proposto un’interpretazione evolutiva dei principi costituzionali della tutela del patrimonio storico e artistico e della tutela della salute (art 9 e 32 cost.)(21), sostenendo una concezione oggettivamente e soggettivamente unitaria dell’ambiente ,sia come bene giuridico che come diritto fondamentale della persona.


Il fine della norma è quello di dare un assetto coerente alla materia(22), infatti tra le finalità della legge elencate all’art 1 ci sono la tutela dei lavoratori e della popolazione dagli effetti dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici magnetici ed elettromagnetici, la promozione della ricerca scientifica, la tutela dell’ambiente e del paesaggio, la promozione dell’innovazione tecnologica e delle azioni di risanamento volte a minimizzare l’intensità e gli effetti dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici(23).


La disciplina si applica sia alle basse che alle alte frequenze, infatti l’art 2 della citata legge estende l’ambito di applicazione a tutti gli impianti,sistemi ed apparecchiature destinate a qualsiasi uso, con frequenze comprese tra 0 Hz e 300GHz.Le funzioni di Stato e regioni sono elencate dagli articoli 4 e 8. (24) Tale ripartizione è però problematica e non risolve i conflitti tra Stato e regioni verificatisi in materia di definizione dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, soprattutto in vista della recente legge costituzionale n.3 del 2001 che modifica il titolo V della costituzione ed in particolare modificando la tecnica di ripartizione delle competenze legislative.Tale legge costituzionale all’art.3 dispone che rientra nella competenza esclusiva dello Stato la tutela dell’ambiente,dell’ecosistema e dei beni culturali, mentre rientra nella competenza legislativa concorrente la tutela della salute nonché la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia(25). Tale ultima soluzione è stata vivacemente criticata dalla dottrina che nota l’incongruenza di tale disposizione, perché non si comprende a quale titolo le regioni sarebbero chiamate a stabilire la disciplina di dettaglio relativamente agli aspetti nazionali dell’approvvigionamento e dell’erogazione delle risorse energetiche(26).


Importanti sono anche le disposizioni che istituiscono il Comitato interministeriale per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico (art.6), quelle riguardanti l’educazione ambientale (art.10),nonché l’art.12 nel quale il legislatore si è anche preoccupato della tutela dei consumatori e dei lavoratori che ogni giorno utilizzano apparecchi generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, vuoi appunto per uso domestico, individuale o lavorativo(27), sancendo che entro 120 giorni dall'entrata in vigore della legge con decreto del Ministro dell'ambiente sono stabilite (considerando anche gli orientamenti e gli atti dell'Unione europea in materia di CEM, tutela dei consumatori e istruzioni per l'uso dei prodotti) le informazioni che i fabbricanti di apparecchi e dispositivi, in particolare di uso domestico, individuale o lavorativo, generanti campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sono tenuti a fornire agli utenti e ai lavoratori, mediante apposite etichettature o schede informative. In particolare le informazioni devono attenere ai livelli di esposizione prodotti dall'apparecchio/ dispositivo, la distanza di utilizzo consigliata per ridurne l'esposizione e le principali prescrizioni di sicurezza(28).


Per effetto della legge-quadro 36/01, sono attualmente in corso di elaborazione alcune bozze di DPCM, su proposta del Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero della Sanità, riguardanti:
 
i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la tutela della salute della popolazione nei confronti dei campi elettromagnetici generati a frequenze non contemplate dal D.M. 381/98, ovvero i campi a bassa frequenza (ELF) e a frequenza industriale (50 Hz) e i campi statici.


i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità per la tutela della salute dei lavoratori professionalmente esposti nei confronti dei campi elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 0 Hz e 300 GHz (esposizione professionale ai campi elettromagnetici).


Infine,l’ultimo recentissimo intervento normativo è stato il decreto legislativo 4 settembre 2002 n. 198(29), che ha tra gli obiettivi “la agevolazione della liberalizzazione del settore delle comunicazioni” nonché “la razionalizzazione delle procedure autorizzatorie per l’installazione di impianti di telecomunicazioni sul territorio nazionale,secondo i principi di efficienza, pubblicità, concentrazione e speditezza”(30). In particolare tale intervento legislativo ha come effetto positivo quello di dare certezza e maggiore rapidità ai conseguenti procedimenti autorizzativi, demandati agli enti locali. E’ previsto inoltre che le istanze di autorizzazione e le denunce di attività si intendano accolte se entro 90 giorni dalla presentazione del progetto non sia stato comunicato un provvedimento di diniego.


Nonostante tali effetti positivi,però, tale decreto ha suscitato critiche da parte di chi vede sacrificati controlli più stringenti per dare eccessiva importanza all’esigenza di rapidità(31); senza poi dimenticare alcuni soggetti istituzionali che si sentono “scavalcati” e depotenziati nei poteri.

GIURISPRUDENZA :

Anche la giurisprudenza risente delle incertezze interpretative che hanno caratterizzato le leggi in materia di esposizione ai campi elettromagnetici. A ciò si aggiungono le difficoltà ad accertare il nesso di causalità in assenza di univoci indirizzi scientifici(32), e il fatto che a volte le valutazioni giuridiche sono messe in secondo piano, soppiantate da quelle ideologiche e soprattutto economiche(33).


Già dopo l’emanazione del D.P.C.M 23 aprile 1992(34), la regione Veneto emanava la legge regionale 30 giugno 1993 n.27 , fissando limiti per i campi elettromagnetici e distanze di rispetto dagli elettrodotti notevolmente più restrittivi di quelli stabiliti con il ricordato D.P.C.M. In seguito alla questione di legittimità costituzionale sollevata dal governo ex art.127 cost(35), veniva emanata la legge della regione Veneto 26 gennaio 1994 n.7(36). Al TAR del Veneto fu portato un giudizio vertente su di una sospensione del procedimento di autorizzazione di un elettrodotto dell’Enel, adducendo il mancato rispetto dei vincoli posto dalla citata legge n. 27/1993; atto che veniva impugnato dall’Enel ,che proponeva anche la questione di illegittimità costituzionale della legge regionale(37). Il TAR dichiarò la cessazione della materia del contendere, nonché l’obbligo dell’amministrazione di riattivare il predetto procedimento ; e ciò proprio a seguito dell’emanazione della legge Regione Veneto n.7/1994 , che differì al primo gennaio 1995 l’applicazione del predetto atto legislativo , prevedendo la caducazione degli effetti nel frattempo prodotti.


Anche col tempo i contrasti giurisprudenziali non sono cessati.


In particolare, per ciò che riguarda i parametri di legittimità degli impianti si scontrano due filoni giurisprudenziali.


Il primo fa leva sulla semplice verifica della conformità degli impianti e del loro utilizzo ai limiti astrattamente previsti dalle norme in materia. In tale senso il TAR della Lombardia con sentenza 3 novembre 1994 n.618(38) afferma che “ ai fini della tutela del diritto alla salute dai campi elettromagnetici derivanti dagli elettrodotti ad alta tensione, il rispetto del D.P.C.M 23 aprile 1992, che ha fissato normativamente i limiti massimi di esposizione ai campi elettrici e le condizioni che devono essere rispettate per la costruzione di nuovi elettrodotti, è sufficiente ai fini della legittimità dell’atto autorizzativo che approva il tracciato dell’elettrodotto “.Sulla stessa linea il TAR della Basilicata che con sentenza 24 giugno 1996 n.147(39) sostiene che “ con riguardo alla presunta nocività dei campi elettromagnetici di un elettrodotto ad alta tensione, laddove siano rispettate le previsioni del D.P.C.M. 23 aprile 1992, non sussiste un pericolo per l’interesse tutelato(40). Come momento riassuntivo di tali concezioni giurisprudenziali si pone il TAR Campania 21 dicembre 1994 n.485(41) il quale sancisce che “con il rispetto delle prescrizioni limitative dettate dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 si esauriscono i doveri imposti, in materia di localizzazione degli elettrodotti, dalla tutela della salute dai rischi generati dai campi elettromagnetici “.


In altri giudizi tali parametri astratti non sono considerati sufficienti e ci si basa su accertamenti del caso concreto, ritenendo che i limiti sanciti dalla normativa vigente siano semplicemente previsti in via cautelativa(42).


Emblematiche in questo senso sono due pronunce del TAR della Toscana e del TAR dell’ Umbria , entrambe nel 1998.


Con la prima il TAR Toscana con sentenza 1 dicembre 1998 n.1066(43) stabilì l’illegittimità del diniego di concessione edilizia motivato dalla violazione dell’art. 5 del D.P.C.M. 23 aprile 1992, qualora l’immobile in questione sia destinato ad essere costruito nei pressi di un elettrodotto ad una distanza che, benché inferiore a quella di rispetto normativamente prescritta, sia comunque tale da garantire l’osservanza dei limiti di esposizione ai campi elettromagnetici previsti dall’art. 4 del citato decreto. Tale sentenza si basa su una relazione peritale nella quale si conclude che : ” i campi potenzialmente nocivi presenti nel sito dove dovrebbe sorgere l’edificio in causa risultano minori dei valori limiti di sicurezza stabiliti dall’art. 4 del D.P.C.M. 23 aprile 1992 e un edificio,per quanto riguarda i limiti posti dal citato art. 4 potrebbe essere collocato a distanza di 7 m. dal conduttore di linea più prossimo, nel caso della peggiore situazione immaginabile…”.


Inoltre il TAR dell’Umbria con sentenza 28 dicembre 1998 n.1175(44) evidenzia come l’esposizione prolungata e continuativa ai campi elettrici e magnetici generati da elettrodotti ad alta tensione (380000 Volt) possa comportare rischi per la salute delle persone , a distanze superiori ai limiti (altamente prudenziali) stabiliti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 , rimane indimostrato(45). Ciò che rimane è un “rischio statistico” verificabile solo nei grandi numeri (non presente nel caso specifico dato che erano solo 15 i fabbricati che si trovavano a meno di cento metri dall’elettrodotto, e non tutti destinati ad abitazione o comunque ad ospitare permanentemente persone).


I parametri stabiliti dagli articoli 4 e 5 del D.P.C.M. 23 aprile 1992 divengono così meri parametri indicativi, incapaci di adattarsi alle circostanze del caso concreto, e che, anche se rispettati, non garantiscono in tutti i casi la sicurezza dell’impianto.


Molte pronunce hanno addirittura evidenziato come sia possibile allontanarsi da tali parametri; tutto ciò alimentato sicuramente dall’incertezza scientifica sui possibili rischi di danni alla salute derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici e dalla crescente considerazione per il diritto alla salute garantito costituzionalmente.


In particolare, il TAR del Veneto con ordinanza 29 luglio 1999 n.927(46) stabilisce che nonostante il rispetto dei limiti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 in materia di esposizione delle persone ai campi elettromagnetici, un elettrodotto può comunque essere ritenuto in concreto pericoloso per la salute, tenuto conto che detti limiti non escludono la possibilità che si producano effetti nocivi a lungo termine. Il caso specifico riguardava una scuola situata nelle vicinanze delle linee elettriche e tale fattispecie concreta ha portato a nuove pronunce.


Di particolare rilievo è la vicenda di una scuola di Mirano(47), su cui il TAR Veneto si è espresso il 29 luglio,e che parte da un ricorso presentato da un comitato di genitori e dal Conacem (Coordinamento nazionale per la tutela dai campi elettromagnetici): le due associazioni si erano opposte alla decisione del Comune di utilizzare un nuovo edificio scolastico vicino a un elettrodotto le cui emissioni, pur essendo entro i livelli attualmente in vigore (definiti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992), venivano giudicate troppo elevate per essere a contatto con bambini(48). La questione verteva dunque essenzialmente, in termini generali, sui limiti da applicarsi in materia di emissione di campi elettromagnetici in presenza di edifici destinati alla permanenza prolungata di soggetti c.d. sensibili e, con riguardo al caso specifico, sulla complessiva valutazione dei presupposti di fatto e di diritto che hanno indotto l'amministrazione comunale intimata a ritenere legittimo ed opportuno il contestato trasferimento di sede della scuola stessa(49).


Si stabilì che il valore di 0,5 microtesla, come media, rappresenta il valore di attenzione che non può essere superato in alcun caso di esposizione continua in edifici adibiti a permanenza non inferiore a quattro ore giornaliere; che il valore di 0,2 microtesla, era da intendersi come valore medio annuale di esposizione, non poteva essere superato in tutti i nuovi insediamenti che presentano date caratteristiche, tra cui vi rientrano le scuole(50).


Sembra dunque che il grosso dubbio riguardi il problema della sicurezza degli impianti (basta solo la conformità ai limiti normativamente previsti o bisogna in ogni caso verificare la pericolosità in concreto, tenendo conto della tutela di beni eventualmente confliggenti ? ).


Fino ad allora, la giurisprudenza aveva scelto degli obiettivi cosiddetti sensibili, ovvero luoghi che devono essere “risparmiati” dall’influsso delle onde elettromagnetiche, indicando quelli nei quali si trovano quei soggetti, che, per le loro caratteristiche fisiche, giovane o giovanissima età e malattia, necessitano, più di altri, di una tutela rafforzata ed adeguata al loro stato, ovvero gli asili, le scuole e gli ospedali(51).


Le antenne ed i loro apparati devono stare ben lontani da queste aree.


In senso più generico ed a protezione della salute di tutta la popolazione si pone il TAR Friuli Venezia Giulia 18/01/1999 n.17(52), il quale stabilisce che “le disposizioni contenute nella legge 349/1986 non sono applicabili in Friuli Venezia Giulia, in quanto la regione, in base alla sua competenza legislativa primaria,ha introdotto un’apposita disciplina, conferendo alle Amministrazioni comunali il potere di stabilire nei propri strumenti urbanistici dei vincoli di inedificabilità a salvaguardia di potenziali situazioni di pericolo per l’incolumità di persone o cose, non essendo, peraltro, a tal fine necessaria la dimostrazione di certezza del danno, ma bastando la possibilità ovvero il pericolo di pregiudizi alla salute pubblica per supportare le limitazioni suddette “.


In altri casi vengono in rilievo anche esigenze di produzione che confliggono con la tutela della salute(53).


Spesso si è riconosciuto la priorità dell’uso dell’area per esigenze della produzione, nonostante si fosse in presenza di una potenziale violazione del diritto alla salute(54).


Più rispettose del bilanciamento dei beni giuridici e degli interessi in conflitto mi sembrano, però, quelle pronunce che conciliano le esigenze della produzione col diritto alla salute.


Si adottano a questo scopo cautele ed accorgimenti indispensabili. In particolare,di rilievo è la sentenza del TAR dell’Emilia Romagna n.704 del 1995(55) secondo la quale “ nel caso di un provvedimento sindacale che ordina la rimozione di un’antenna ricetrasmittente per ragioni d’inquinamento elettromagnetico, misurato da competente laboratorio, ove da una successiva verificazione compiuta dallo stesso laboratorio emerga un forte abbassamento di tale inquinamento (entro i valori di campo elettrico di 20 V/m), sussistono le condizioni per valutare l’interesse pubblico alla tutela del diritto alla salute in comparazione con l’interesse imprenditoriale fatto valere dall’emittente e per individuare il punto di equilibrio tra i due interessi nella sospensione dell’atto impugnato ordinante la rimozione, ma condizionatamente al mantenimento delle modalità di esercizio degli impianti accertato dalla verificazione tecnica indicata in precedenza “.


Sicuramente un approccio di questo genere è più attuale tenuto conto che il settore dell’ambiente sembra essere uscito dal disinteresse legislativo degli ultimi anni e che ultimamente molto maggiori sono gli sforzi tesi alla creazione ed allo sfruttamento di energie alternative.


Lo sviluppo della tecnologia ha ,inoltre, aperto ulteriori problemi. Basterà ricordare :


il passaggio dalla televisione analogica a quella digitale; molto probabilmente avverrà con tecniche di simulcast. Questo vuol dire che si continuerà ad irradiare il territorio con i vecchi impianti ai quali si aggiungeranno i nuovi che trasmetteranno su nuove frequenze e in un numero di canali che sarà, molto probabilmente, moltiplicato per quattro o per otto;


l’arrivo dell’UMTS. Cinque licenze delle quali si parla solo in virtù di quanto daranno in termini di gettito alle casse dello Stato. Ma saranno cinque reti che si andranno a sommare a quelle esistenti (tacs, GSM, 1800 MHz), nella banda che va dai 1900 ai 2300 MHz(56);


sviluppo del W.L.L. (Wireless Local Loop) o sistemi punto-multipunto nella banda 24.4 – 26.5 GHz. Si tratta di servizi per fornire l’accesso locale a larga banda in sostituzione della fibra ottica, del cavo coassiale e dei sistemi ADSL su rame. Saranno immediatamente concorrenti perché non richiedono implementazioni onerose, passaggio di cavi nelle strade (ma soprattutto nei palazzi e negli appartamenti), e, quindi, consentono un risparmio, sia nella realizzazione, sia nella gestione, notevole(57).


La telefonia mobile è sicuramente quella più diffusa, tanto che la sua enorme espansione non smette di suscitare critiche per il continuo proliferare di antenne, anche nelle vicinanze di case abitate. I timori insorti concernono, in particolare, le possibili correlazioni epidemiologiche tra le radiazioni non ionizzanti e gli effetti biologici rilevanti sull’organismo umano.


Ed in effetti, mentre sono noti gli “effetti acuti” (cioè a breve termine) sulla salute umana, sussistono allo stato incertezze circa i possibili effetti “cronici” (o a lungo termine) conseguenti ad esposizioni prolungate nel tempo alle radiazioni non ionizzanti prodotte dai campi elettromagnetici.


Gli studi scientifici non sono ancora in grado di individuare con certezza correlazioni ed effetti né si è pervenuti, ad oggi, ad alcuna conclusione che risulti assolutamente univoca. Tale circostanza è dovuta essenzialmente alla relativa novità del fenomeno e quindi alla inesistenza, allo stato, di studi che si basino su un’osservazione degli effetti dell’elettrosmog protratta per periodi di tempo significativamente lunghi. Si è in altri termini adottato, come criterio operativo, il cosiddetto “principio di precauzione”, che trova applicazione ogniqualvolta la scienza, per il livello di conoscenza raggiunto ovvero per l’inesistenza e/o l’insufficienza di osservazioni e studi adeguati, non sia in grado di assicurare che l’innovazione tecnologica sia destinata ad evolvere in direzioni totalmente sicure ed innocue per la salute umana.


Trattasi di principio che trova applicazione nei diversi settori del progresso scientifico e tecnologico ogniqualvolta non siano conosciute le conseguenze per la salute umana e per la sicurezza dei consumatori, dei destinatari o degli utenti dei prodotti dell’innovazione.


Il principio di cautela - ovvero, quel principio che tiene conto del fatto che seppure non sia possibile, in considerazione degli studi scientifici in materia, avere certezza assoluta del nesso di causalità tra l’insorgenza delle malattie e l’esposizione alle onde elettromagnetiche, non si possa escludere  una possibile connessione tra l’esposizione a lungo termine (oltre quattro ore giornaliere) della popolazione alle onde elettromagnetiche di una certa intensità ed il manifestarsi di alcune patologie mediche, alcune delle quali terminali, quali leucemie e cancro - , sembra aver trovato accoglimento anche nella giurisprudenza del Consiglio di Stato(58).

Lo Stato italiano si è dotato di una normativa di settore frammentaria e di dubbia comprensibilità, nel cui ambito risulta non agevole l’individuazione del corretto riparto di competenze tra i vari soggetti pubblici attributari di funzioni in relazione ai vari aspetti (sanitari, di tutela ambientale e paesistica, urbanistici ed edilizi) del fenomeno.


Tra i punti caratterizzati da minor chiarezza rientra l’estensione dei poteri e delle prerogative attribuiti ai Comuni in relazione alla disciplina e alla razionalizzazione delle installazioni nel territorio governato.


In tale contesto di incertezza normativa, testimoniata dalla contraddittorietà della elaborazione giurisprudenziale, gli Enti locali hanno sovente fatto ricorso a soluzioni empiriche, cercando di arginare la proliferazione indiscriminata delle antenne - ed il rilevante allarme sociale ad essa conseguente - mediante l’adozione di misure e di strumenti regolamentari che solo in pochissimi casi hanno superato il vaglio del Giudice amministrativo.


La mancanza di regole certe ha peraltro innescato un regime di accesa conflittualità tra Amministrazioni locali e gestori dei servizi di telefonia, rendendo pressoché inevitabile il ricorso al Giudice quale compositore dei preminenti interessi pubblici e privati contrapposti(59).

Invero, alla disorganicità del quadro normativo in materia de qua si aggiunge l’inesistenza di criteri operativi assolutamente univoci provenienti dalla elaborazione pretoria.


Difatti, data la novità della materia, sulle questioni oggi in esame si registrano quasi esclusivamente pronunce emesse in sede cautelare, necessariamente fondate su una cognizione sommaria delle vicende controverse e inevitabilmente laconiche sotto i profili argomentativi.

Invero, fino ad oggi, in considerazione della univocità delle statuizioni giurisprudenziali rinvenibili sull’argomento, sembrava potersi considerare acclarata quanto meno l’inesistenza, in capo ai Comuni, di competenze in materia di limiti a protezione della salute dai campi elettromagnetici in senso stretto(60).


Di contro, si è concluso per la riconducibilità alla potestà generale urbanistica del potere comunale di disciplinare l’insediamento delle installazioni telefoniche (nella prospettiva di un corretto inquadramento urbanistico e territoriale degli impianti e della minimizzazione dei rischi connessi all’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici), potere contemplato dall’art. 8 l. n. 36/2001, nonché, nell’ordinamento regionale pugliese, dall’art. 21 l.r. n. 17/2000 e dall’art. 6 l.r. n. 5/2002.

Tra gli altri, nei sensi testé illustrati si era pronunciato il TAR Puglia - Sede di Bari, Sezione II, con sentenza n. 3136/2001 del 24.5.2001 (di contenuto pressoché identico a quello della pronuncia del TAR Umbria, n. 426/2001 del 10.8.2001), che costituisce, allo stato, uno dei pochi riferimenti disponibili in un panorama giurisprudenziale caratterizzato da una prevalenza di pronunce emesse in sede cautelare(61).

A mettere in discussione la correttezza di tali conclusioni interviene oggi il TAR Lecce con la recente pronuncia n. 1027/2002 che si fonda su argomentazioni innovative e comunque dissonanti dagli orientamenti giurisprudenziali più recenti.


Ponendosi in contrario avviso rispetto ad orientamento giurisprudenziale pressoché consolidato, il TAR Lecce conclude per la legittimità di prescrizioni regolamentari che - in assenza di ragioni di carattere urbanistico ed in ossequio a finalità di tutela sanitaria - introducano fasce di rispetto e obblighi di distanza dei siti da edifici destinati a permanenze prolungate, ovvero all’uso collettivo da parte di categorie di utenti considerate particolarmente vulnerabili (scuole, ospedali, case di riposo e simili).


Prescrizioni di tale portata, ad avviso del Giudice salentino, troverebbero diretta legittimazione nel principio di precauzione e sarebbero giustificate, anche sotto il profilo tecnico, dall’esigenza di tenere distanti dalla fonte radiante, particolari categorie di recettori ritenute particolarmente “sensibili”. Esigenza resa ineludibile proprio dalla persistente assenza di dati univoci in ordine agli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici sulla salute umana.

Ciò che traspare senza ombra di dubbio, tuttavia, è la accresciuta sensibilità del TAR salentino per le questioni che involgono profili di tutela della salute e dell’habitat; sensibilità sfociata, quanto alla materia delle installazioni telefoniche, in una pronuncia obiettivamente orientata in senso protezionistico ed ispirata alla concreta realizzazione del principio di precauzione.


Non possono tuttavia ignorarsi le rilevanti conseguenze applicative di un mutamento di prospettiva che, innovando la configurazione del potere regolamentare dei Comuni, concorre alla perpetuazione di una ormai pluriennale situazione di incertezza circa gli strumenti, le procedure ed i limiti da considerare in sede di disciplina del fenomeno a livello locale(62).


In tale settore ,inoltre, i beni protetti sono per lo più inconsistenti dal punto di vista corporale (ambiente, salute ) e difficilmente rientrano in un punto di vista esclusivamente economico.


Perciò oltre alle suddette problematiche bisogna aggiungere quella inerente il risarcimento del danno derivante da inquinamento elettromagnetico.


Infatti per tali beni risultano difficoltosi risarcimenti in forma patrimoniale; si ricorre perciò ad una anticipazione della tutela con provvedimenti d’urgenza(63). Il ripristino dello status quo può aversi con l’annullamento delle autorizzazioni alla costruzione di tutti gli impianti in grado di determinare campi elettromagnetici(64).


In determinate situazioni, però, la giurisprudenza opta per forme di tutela di tipo satisfattorio attraverso la modifica delle modalità di esercizio dell’impianto in grado di assicurare comunque la soddisfazione degli interessi tutelati(65).

Anche in tale senso dunque la dottrina dominante mette in evidenza la necessità di un intervento legislativo chiarificatore affinché ognuno sia in grado di scindere le zone del lecito e quelle dell’illecito,così da poter valutare anticipatamente le conseguenze giuridiche della propria condotta.


Ciò anche dal punto di vista penale ,permeato dai principi della riserva di legge, della tassatività o determinatezza della fattispecie e dal divieto di analogia(66), che richiedono la definizione in dettaglio della condotta che si intende punire, che oggi è fatta ricadere ora nel delitto di lesioni personali colpose(67)  ora nella contravvenzione di getto pericoloso di cose(68).


L’importanza dei concetti fin ora esposti risulta più lampante tenendo conto anche del riconoscimento diretto che la costituzione dà al diritto alla salute.


Infatti l’art. 32 della nostra Carta Costituzionale recita :”La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”.


Tale diritto ,poi, è stato riconosciuto come diritto fondamentale, inalienabile, indisponibile, irrinunciabile, in virtù della c.d. teoria della “clausola aperta” dell’art .2 della Costituzione(69).


Il problema è sempre più di attualità e con l’ulteriore prevedibile sviluppo della tecnologia ,al momento risulta lampante come solo una risposta certa, necessariamente proveniente da un ambito scientifico, in merito ai danni per l’uomo, possa aprire un campo d’azione propedeutico alla nascita di un vero e proprio apparato di tutela; fino a quel momento lo sforzo del legislatore, per quanto sentito e volenteroso, sconfinerà sempre nel campo dei forse e dei punti interrogativi; principi, questi, poco consoni alla scienza giuridica.


Da quanto sopra, quindi, emerge prepotente la necessità di una organizzazione a livello europeo che si occupi di analizzare il problema in modo imparziale ,la quale dia risposte certe,in modo tale da mettere il legislatore nelle condizioni ottimali per l’approntamento di un piano di tutela concreto.



 CONCLUSIONI :

Oramai sono diffusissimi vari tipi di apparecchiature che generano campi elettromagnetici. Si va dai più comuni elettrodomestici,ad apparecchi medici, le reti elettriche, apparecchi industriali, radar ecc. Nonostante la indubbia utilità di tutti questi apparecchi, la rilevanza del fenomeno si scontra con il diritto alla salute,che spetta a tutti gli individui ed è un diritto inviolabile garantito dalla costituzione. Anche l’ambiente è oggetto di protezione, data da varie leggi e in maniera più o meno diretta nell’articolo 9 della costituzione.


I problemi iniziano dal fatto che gli studi scientifici non sono in grado di stabilire un nesso di condizionamento necessario tra emissione di campi elettromagnetici e danni alla salute. Non c’è una legge di copertura che si basi su solide basi scientifiche e che possa così legare indiscutibilmente la condotta ai danni eventualmente provocati.


Il quadro normativo sia a livello internazionale che comunitario, ma soprattutto nazionale, è molto variegato e frammentario.


Gli interrogativi di dottrina e giurisprudenza sono molti, ed è difficile trovare indirizzi univoci. Il principio richiamato dalla nostra normativa europea e anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità - il principio precauzionale- non è recepito pienamente nel nostro ordinamento, per cui non si proibisce di fare qualcosa se non si è più che certi che questa stessa cosa sia dannosa per l'uomo. Se non si proibisce una cosa perché non si è certi che sia pericolosa, chiaramente si consente di farla, e, allora, tutti quegli effetti che avvengono in un tempo molto, molto lungo - quando parliamo di patologie tumorali parliamo di situazioni che possono verificarsi da dieci a venti anni - di fatto, non vengono previsti; questo è realmente un grave problema. Noi sappiamo che chiunque viaggi in aereo sa che non si possono usare i telefoni cellulari, perché potrebbero innescare, nell'apparato elettrico, qualche conseguenza che potrebbe alterare comandi; ma non c'è una documentazione che affermi che l'uso del cellulare può essere pericoloso.Si pensa possa esserci un rischio, e pensando a ciò che potrebbe succedere si previene mettendo in atto un comportamento precauzionale (in questo caso invitando la gente a non usare l'apparecchio cellulare sull'aereo). Per quale ragione lo stesso comportamento precauzionale non si assume rispetto alla possibilità che alcune malattie tumorali subentrino là dove si è esposti a campi elettromagnetici? Molti vorrebbero che questo principio che non è assunto solo degli ambientalisti - non si tratta solo del buon senso -, ma è assunto anche dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre che dall'Unione Europea, sia applicato nella nostra normativa(70).


Non mancano i suggerimenti per evitare il più possibile gli effetti dannosi di questi campi elettromagnetici(71):


per lo più sono regole di buon senso, anche se sono presenti leggi che stabiliscono le distanze ed i limiti di esposizione ai campi elettrici e magnetici (D.P.C.M. 23 aprile 1992).


Al fine di minimizzare l’esposizione della popolazione il DM 381/98 ha cercato poi di adottare obiettivi di qualità differenziati a seconda dei vari scenari di esposizione.


La legge nazionale più recente che regola unitariamente tutti gli aspetti di tale fenomeno è, infine, la legge 22 febbraio 2001 n. 36  “Legge quadro sull’inquinamento elettromagnetico “.


Tale quadro unitario deve però fare i conti con l’ancor più recente legge costituzionale n. 3 del 2001 che fa rientrare la tutela della salute nella competenza legislativa concorrente e quella dell’ambiente nella competenza esclusiva dello Stato.


Tuttora in elaborazione sono bozze dei Ministeri di sanità ed Ambiente su vari aspetti riguardanti la tutela della salute e quella del lavoro.


Le incertezze interpretative si sono riversate anche sulla giurisprudenza, in particolare su quella amministrativa.


Più specificamente, per ciò che riguarda i limiti stabiliti legislativamente, in alcune pronunce si stabilisce che per la legittimità degli impianti ne basta il rispetto in astratto (TAR Campania 21 dicembre 1994 n.458 ; TAR Basilicata 24 giugno 1996 n.147 ; TAR Lombardia 3 novembre 1994 n.618), per altre pronunce,invece, tali limiti sono solo indici cautelativi e dunque bisognerà di volta in volta valutare la situazione concreta, tenendo conto dei tempi di esposizione ai campi elettromagnetici, di eventuali soggetti c.d. sensibili e degli effetti nocivi a lungo termine (TAR Toscana 1 dicembre 1998 n.1066 ; TAR Umbria 28 dicembre 1998 n. 1175 ; TAR Veneto ordinanza 29 luglio 1999 n.927 )(72).


Recentemente anche il Consiglio di Stato ha recepito il principio secondo il quale non è possibile escludere una possibile connessione tra esposizione a lungo termine ad onde elettromagnetiche ed il manifestarsi di alcune malattie (in particolare tumori e leucemia). (Consiglio di Stato, sez. V, ordinanza 7 marzo 2000 n.1211).


Lo sviluppo della tecnologia ha poi portato allo scontro tra esigenze di produzione e diritto alla salute.


Molte pronunce cercano un equilibrio tra questi due interessi cercando di non interrompere la produzione,ma subordinandola a condizioni che ne garantiscono l’esercizio in modo da non recare danno alla salute della produzione e all’ambiente (TAR Emilia Romagna n.704 del 1995).


Varie sono anche le disposizioni cautelari adottate dai giudici amministrativi per cercare di arginare la proliferazione indiscriminata delle antenne di telefonia mobile (TAR Puglia, Bari, sez. II, sentenza n.3136/2001 ;TAR Umbria sentenza 10 agosto 2001 n.426).


Sicuramente è un dato innegabile la accresciuta sensibilità per i profili attinenti alla tutela della salute e dell’ambiente; ne è ultimo esempio l’assegnazione del 10% dei ricavi derivanti dall’asta per la concessione delle licenze per l’UMTS alla prevenzione ed alla riduzione dell’inquinamento elettromagnetico (art. 112 della legge n.398 del 2000).


Ciò che occorre per eliminare i contrasti e le incongruenze giurisprudenziali, sono certezze sulla connessione tra esposizione a campi elettromagnetici e malattie, una nuova protezione a livello legislativo ed una presa di posizione a livello sociale che per una volta faccia mettere da parte la priorità delle esigenze economiche a favore di quelle umane.


Se riusciremo a mettere insieme tutti questi elementi,probabilmente avremo una vita meno inquinata dai campi elettromagnetici, più certezza riguardo i rischi che incorrono sulla nostra salute e una tutela giurisdizionale più uniforme, coerente ed efficace.
 



BIBLIOGRAFIA :


Per la dottrina :


Per la legislazione :

Per la giurisprudenza :

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(1) Campo elettromagnetico:Un campo elettrico variabile nel tempo genera, in direzione perpendicolare a se stesso, un campo magnetico pure variabile che, a sua volta, influisce sul campo elettrico stesso. Questi campi concatenati determinano nello spazio la propagazione di un campo elettromagnetico.
E’ importante la distinzione tra campo vicino e campo lontano.
La differenza consiste essenzialmente nel fatto che in prossimità della sorgente irradiante, cioè in condizioni di campo vicino, il campo elettrico ed il campo magnetico assumono rapporti variabili con la distanza, mentre ad una certa distanza, cioè in campo lontano, il rapporto tra campo elettrico e campo magnetico rimane costante.


Campo magnetico: Il campo magnetico può essere definito come una perturbazione di una certa regione spaziale determinata dalla presenza nell’intorno di una distribuzione di corrente elettrica o di massa magnetica.
Tale perturbazione si può verificare constatando che ponendo in tale regione spaziale un corpo magnetizzato, questo risulta soggetto ad una forza.
L’unità di misura del campo magnetico è l’A/m.
 
Campo elettrico: Il campo elettrico può essere definito come una perturbazione di una certa regione spaziale determinata dalla presenza nell’intorno di una distribuzione di carica elettrica.
Tale perturbazione si può verificare constatando che ponendo in tale regione spaziale una carica elettrica, questa risulta soggetta ad una forza.
L’unità di misura del campo elettrico è il V/m.

 

(2)  Limiti di base per la popolazione per le alte frequenze (ICNIRP, 1998)
Gamma
di frequenza fDensità
di corrente
(mA/m2 rms)SAR mediato
(corpo intero)
(W/Kg)SAR localizzato
(capo e tronco)
(W/Kg)SAR localizzato
(arti)
(W/Kg)Densità di potenza s
(W/m2)100 kHz – 10 MHzf / 5000.0824-10 MHz – 10 GHz-0.0824-10 – 300 GHz----10

Livelli di riferimento per la popolazione per le alte frequenze (ICNIRP, 1998)
Intervallo di frequenza fIntensità di campo E
(V/m)Intensità di campo H
(A/m)Campo B
(mT)Densità di potenza
onda piana equivalente
(W/m2)0,15 – 1 MHZ870.73 / f0.92 / f-1 – 10 MHZ87 / f 1/20.73 / f0.92 / f-10 – 400 MHZ280.0730.0922400 – 2000 MHz1.375 f 1/20.0037 f 1/20.0046 f 1/2f / 2002 – 300 GHz610.160.4510 

 

(3)  Livelli di riferimento per i campi elettromagnetici (0 Hz-300 GHz, valori efficaci rms non perturbati)
Intervallo di frequenza
fIntensità del campo elettrico E (V/m)Intensità del campo magnetico H (A/m)Campo di induzione magnetica B (µT)Densità di potenza onda piana equivalente
0-1 Hz-3,2 x 1044x104-1 - 8 Hz100003,2 x 104 / f24x104 / f2-8 - 25 Hz100004000 / f5000 / f-0,025 - 0,8 kHz250 / f4 / f5 / f-0,8 - 3 kHz250 / f56,25-3 - 150 kHz8756,25-0,15 - 1 MHz870,73 / f0,92 / f-1 - 10 MHz87 / f1/20,73 / f0,92 / f-10 - 400 MHz280,0730,0922400 - 20001,375 f1/20,0037 f1/20,0046 f1/2f / 2002 - 300 GHz610,160,2010

 

(4)  Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunita’ Europea n. L 199 del 30 luglio 1999

 

(5)  Vedi ottavo considerando della raccomandazione

 

(6) Si ricorda altresì il paragrafo 2 dell’art 174 del trattato istitutivo dell’Unione europea che recita : “ La politica della Comunità mira ad un elevato livello di tutela , tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione in via prioritaria alla fonte dei danni causati all’ambiente nonché sul principio “chi inquina paga”.
In tale contesto , le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comportano , nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere , per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura comunitaria di controllo “.

 

(7)  Vedi quinto considerando della raccomandazione

 

(8)  C. Nardone “Elettrodotti e tutela della salute”

 

(9)  Si tenga presente che debbono essere prese in considerazione varie leggi regionali che hanno disciplinato la materia motivando che le norme statali prevedendo limiti massimi di esposizione , non impediscono di introdurre disposizioni più restrittive. ( vedi : per il Piemonte legge 23 gennaio 1989 n. 6 recante “nuova disciplina in materia di teleradiocomunicazioni; per il Lazio legge 11 settembre 1989 n. 56 recante “piano regionale degli insediamenti radiotelevisivi ; per l’ Abruzzo legge 4 giugno 1991 n. 20 recante “normativa regionale in materia di prevenzione dall’inquinamento da onde elettromagnetiche “ ; per il Veneto legge 9 luglio 1993 n. 29 recante “ tutela igienico-sanitaria della popolazione dalla esposizione a radiazioni non ionizzanti generate da impianti per teleradiocomunicazioni “ )

 

(10)  380 kV220 kV132 kVAltezza minima sul terreno e su specchi d'acqua non navigabili [m]7.786.826.29Altezza minima sul terreno in aree adibite ad attività ricreative, impianti sportivi, luoghi d'incontro, piazzali di deposito e simili [m]11.346.826.29Distanza minima dai fabbricati [m]6.805.204.32Altezza minima su terrazzi e tetti piani [m]11.344.004.00

 

(11)  Vedi pure D. Andreuccetti “Protezione dai campi elettromagnetici a bassa frequenza, radiofrequenza e microonde “ convegno “Dal rumore ai rischi fisici “ Modena 17-19 settembre

 

(12)  Limiti di esposizione per la popolazione ai campi elettromagnetici (DM 381/1998)
Frequenza f
(MHz)Valore efficace
del campo elettrico E
(V/m)Valore efficace di intensità
del campo magnetico H
(A/m)Densità di potenza
dell’onda piana equivalente
(W/m2)0.1 – 3600.2-3 - 3000200.0513000 - 300000400.14

 

(13)  Art. 1 DPCM 28/9/1995

 

(14)  vedi  art. 1 DM 381/98

 

(15)  Valori di cautela in corrispondenza di edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore (DM 381/1998)
Valore efficace del campo elettrico
(V/m)Valore efficace del campo magnetico
(A/m)Densità di potenza media
(W/m2)60.0160.10 

 

(16)  La legge 22 febbraio 2001 N. 36, legge quadro di iniziativa governativa sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, è stata presentata al Parlamento in data 24 aprile 1998, è stata approvata dalla Camera dei Deputati il 14 ottobre del 1999 , dal Senato il 24 gennaio 2001e dalla Camera il 14 febbraio 2001

 

(17)  La legge quadro è composta da 17 articoli ed ha indicato i principi ispiratori (art. 1), l'oggetto e le definizioni (artt. 2 e 3), prescritto gli obblighi e le competenze dello Stato, delle regioni, dei comuni, delle province e dei gestori (artt. 4; 5; 6; 7; 8; 9; 10; 12; 13), nonché il regime sanzionatorio (artt. 9.6 e 15).

 

(18)  Le definizioni riportate nella legge sono le seguenti: 
Limite di esposizione: valore che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione, ai fini della tutela della salute dagli effetti acuti.
Valore di attenzione: valore che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate. Esso costituisce la misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo termine.
Obiettivo di qualità: valore determinato dai singoli impianti da conseguire nel breve, medio e lungo periodo attraverso l’uso di tecnologie e metodi di risanamento disponibili per minimizzare l’esposizione della popolazione e dei lavoratori e realizzare gli obiettivi di tutela, anche con riferimento alla protezione da possibili effetti a lungo termine.

 

(19)  I commenti della dottrina su tale legge non sono stati positivi. Per i più ,infatti, La Legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36, si pone come primo segnale del Legislatore per fornire al cittadino una risposta certa in merito ai tanti interrogativi che la materia suscita; ma, pur rappresentando la legge un importante passo in avanti, non si può negare una certa superficialità di fondo; un carattere che induce fortemente a ritenere come tale legge sia stata approntata per fini "propagandistici" e come ideale barriera per allontanare il problema, in attesa di più confortanti relazioni da parte del mondo scientifico internazionale. Una risposta, quindi, all’incalzante e sempre più diffusa preoccupazione da parte del tessuto sociale e dell’opinione pubblica, culminata nel recente passato, da una aspra polemica che ha coinvolto l’Italia – rappresentata dall’allora Ministro dell’ambiente Willer Bordon, e lo Stato del Vaticano, in ordine ai livelli di emissione elettromagnetiche dei ripetitori della radio pontificia, e che è culminata con le dimissioni del ministro .

 

(20)  L’art. 9 Cost recita : ” La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione “
L’art. 32 Cost. recita : “ La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della comunità ,e garantisce cure agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

 

(21)  La Legge Quadro si pone come la necessaria risposta, da un lato, alla richiesta dei cittadini sempre più preoccupati di essere esposti ad un fattore inquinante poco conosciuto e non visibile (considerato pertanto ancor più subdolo), e dall'altro, alla necessità di riordinare una materia sino ad oggi trattata in modo disorganico.

 

(22)  La Legge Quadro si pone come la necessaria risposta, da un lato, alla richiesta dei cittadini sempre più preoccupati di essere esposti ad un fattore inquinante poco conosciuto e non visibile (considerato pertanto ancor più subdolo), e dall'altro, alla necessità di riordinare una materia sino ad oggi trattata in modo disorganico.

 

(23)  Per la prima volta il legislatore esplicita chiaramente tra le finalità di una normativa il "principio di precauzione di cui all'art. 174, paragrafo 2, del trattato istitutivo dell'Unione Europea".
Si noti come il legislatore, sempre in suddetta materia, avesse già dato riconoscimento al principio di precauzione o cautela con il D.M. 10 settembre 1998 n. 381 "Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza compatibili con la salute umana", adottando la tripartizione limiti-misure di cautela-obiettivi di qualità (poi ripresa dalla legge quadro, nella quale "misure di cautela" vengono chiamate "valori di attenzione") ed in particolare all'art. 4, primo comma ove prescrive che "Fermi restando i limiti di cui all'art. 3, la progettazione e la realizzazione dei sistemi fissi delle telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell'intervallo di frequenza compresa fra 100 kHz e 300 GHz e l'adeguamento di quelle preesistenti, deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibili, compatibilmente con la qualità del servizio svolto dal sistema stesso al fine di minimizzare l'esposizione della popolazione" (c.d. principio di minimizzazione del rischio).

 

(24)  Le competenze e gli obblighi dello Stato sono descritte in particolare dall'art. 4, nonché dall'art. 5.

L'art. 4 precisa in apertura che lo Stato determina i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità (previsti questi ultimi dall'art. 3, co. I, lett. d), n. 2), "in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizione di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all'articolo 1 (tutela della salute)." (primo comma, lett. a)).
Di tutto rilievo è l'istituzione del catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e delle zone territoriali interessate, al fine di rilevare i livelli di campo presenti nell'ambiente (art. 4, co. I, lett. c)).
Altro compito riservato allo Stato è la determinazione dei criteri di elaborazione dei piani di risanamento (prescritti dall'articolo 9, co. II).
Tuttavia certamente l'impegno più gravoso assunto dallo Stato è quello indicato all'art. 9, co. IV ove si legge l'imperativo "Il risanamento degli elettrodotti deve essere completato entro dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge." pur precisando che il risanamento é effettuato con onere a carico dei proprietari degli elettrodotti.
Per quanto riguarda le competenze e gli obblighi posti in capo alle regioni, province e comuni va richiamato l'art. 8, il quale precisa subito che la competenza delle regioni è riconosciuta nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché dei criteri e delle modalità fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti.
Tale legge,in particolare, affida alla competenza delle regioni l'individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile, degli impianti radioelettrici e degli impianti per radiodiffusione. Sempre alle regioni, spetta la realizzazione e la gestione di un catasto delle sorgenti fisse dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici al fine di rilevare i livelli dei campi, con riferimento alle condizioni di esposizione della popolazione

 

(25)  Vedi il nuovo art. 117 della Cost., che specifica come nelle materie di legislazione concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa ,salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

 

(26)  Per tutti vedi A. D’Atena : “ L’Italia verso il federalismo “ 2001

 

(27)  Non v'è dubbio tuttavia, va ricordato, che l'inquinamento elettromagnetico indoor rientra nell'"esposizione volontaria o consapevole", al contrario di fonti quali elettrodotti o impianti per telecomunicazioni che rientrano nell'"esposizione involontaria o inconsapevole".

 

(28)  Il decreto individuerà anche le tipologie di apparecchi e dispositivi per i quali non vi è emissione di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, o per i quali tali emissioni sono da ritenersi così basse da non richiedere alcuna precauzione.

 

(29) “Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell’articolo 1,comma 2, della legge 21 dicembre 2001 n. 443 “ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 13 settembre 2002

 

(30)   Amplius nell’art.1 del d.lgs. 198/2002

 

(31)  Non si deve però dimenticare che l’art. 4 di detto decreto fa salvo l’accertamento della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della legge 22 febbraio 2001 n. 36 e relativi provvedimenti di attuazione.

 

(32)  Infatti la dottrina dominante opta per il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche ( Stella : “ Leggi scientifiche e spiegazione causale in diritto penale “ 1975 ).
Secondo tale modello un antecedente può essere configurato come condizione necessaria solo a patto che rientri nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica (c.d. legge generale di copertura ) portano ad eventi del tipo di quello verificatosi in concreto.
(Riguardo alla manualistica, per tutti: Fiandaca- Musco: “ Diritto penale – parte generale “ 2001 )

 

(33)  Emblematica è la sentenza del TAR Sicilia sentenza 14 novembre 2000 che così recita : “Il Collegio ben conosce l’ampio ed interessantissimo dibattito dottrinario e scientifico che negli ultimi anni si è sviluppato in ordine agli effetti biologici delle cosiddette "radiazioni non ionizzanti" (definite con l’acronimo "NIR" - no ionizing radiation -) che hanno energia talmente bassa da non essere in grado di ionizzare la materia, cioè di rompere i legami interni delle molecole; dibattito che non è ancora pervenuto a conclusioni scientifiche generalmente accettate, per cui di notevole complessità si presenta l’azione pubblica - autorizzativa, di controllo e sanzionatoria - relativa all’installazione e gestione di dispositivi trasmittenti (stazioni radio, antenne, postazioni fisse, ponti radio ecc.).
Ma, essendo questo Tribunale giudice di legittimità, il Collegio è ben consapevole dei limiti della propria giurisdizione che non può certamente tenere conto di convinzioni scientifiche fondate su tesi quanto mai controverse né tanto meno di discutibili opinioni personali, dovendo le sue decisioni fondarsi esclusivamente sulla vigente normativa che mira a contemperare i diritti alla salute, alla tutela dell'ambiente, all'ordinato uso del territorio con le moderne esigenze relative alle telecomunicazioni ed esulando, quindi, dalla funzione giurisdizionale apprezzare la mera possibilità di un pericolo per la salute

 

(34)  Tale decreto ,quale provvedimento normativo di carattere nazionale, è volto ad assicurare condizioni e garanzie di salute conformi sull’intero territorio nazionale

 

(35)  Per le questioni di legittimità costituzionale, in materia di energia vedi pure Corte Cost. 22 luglio 1976 n. 190 in “Le Regioni”1977 pag.168; Corte Cost. 27 dicembre 1991 n.482 in “Le Regioni”1991 pag.1407 : Corte Cost. 27 dicembre 1991 n.483 in “Le Regioni”1992 pag.1469 ; Corte Cost. 27 ottobre 1988 n.999 in “Le regioni” 1990 pag.90

 

(36)  Tale legge all’art 1 prevede: “ Al fine di consentire un più adeguato,approfondito ed omogeneo quadro di riferimento sull’intero territorio nazionale in materia di tutela della salute dai danni derivati dai campi elettromagnetici generati da elettrodotti, la legge regionale 30 giugno 1993 n.27, come modificata dall’art.18 della legge regionale 1 settembre 1993 n.43 , si applica a partire dall’1 gennaio 1995 e sono caducati gli effetti nel frattempo prodotti ”

 

(37)  In dottrina vedi pure G. Gentile : “ Manuale di diritto dell’energia “ 1994, il quale rileva come il D.P.C.M. 23 aprile 1992 sia espressione di una competenza sanitaria riservata allo Stato dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale, sottolineando,quindi, gli evidenti dubbi di legittimità costituzionale della legge della Regione Veneto.

 

(38)  In Rass. Giur. Energia elettrica 1995 pag. 954

 

(39)  In Rass. Giur. Energia elettrica 1996 pag. 1006

 

(40) Analogamente il TAR Lombardia 14 maggio 1994 n.302 per il quale “ il rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992 è sufficiente ai fini della legittimità dell’atto autorizzativi delle linee stesse “ .
Per la giurisprudenza civile vedi il Tribunale di Marsala: ordinanza del 25 luglio 1995 secondo cui “ il rispetto delle previsioni del D.P.C.M. 23 aprile 1992 esclude in radice l’esistenza di un pericolo per l’interesse tutelato “

 

(41)   In Rass. Giur. Energia elettrica 1995 pag. 508

 

(42)  Vedi N. Lugaresi “Limiti di esposizione ai campi elettrici e magnetici generati da elettrodotti: profili di competenza normativa “ per il quale “la tutela approntata dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 si fonda,dal punto di vista scientifico,sugli studi dell’IRPA ( International Radiation Protection Association )- INIRC ( International Non Ionizing Radiation Committee )vale a dire della più autorevole organizzazione internazionale in materia di radioprotezione, in collaborazione con l’organizzazione mondiale della sanità. Tali studi non hanno riscontrato alcuna associazione tra campi elettrici e magnetici e la salute umana, ma hanno comunque consigliato in via cautelativa, una serie di valori limite di esposizione per la popolazione,poi recepiti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992.

 

(43)  In Rass. Giur.energia elettrica 2000 pag. 244 ss.
 

(44)  In Rass. Giur. Energia elettrica 1998 pag. 243

 

(45)  Ciò si ricava dalla relazione dell’Istituto Superiore della Sanità del 7 dicembre 1998

 

(46)  In Rass.giur. energia elettrica 200 pag. 244 ss.

 

(47)  vedi “ Il Sole 24 Ore “ del 7 agosto 1999

 

(48)  Il Comune veneto aveva completato nel ’98 la costruzione della scuola in prossimità della linea elettrica da 132 KV; nonostante i limiti di emissione elettromagnetica fossero nella norma, l’amministrazione aveva sospeso precauzionalmente l’uso dei locali, chiedendo all’Ispesl ulteriori rilevazioni. Da queste emerse che i valori del campo magnetico erano inferiori ai 2 microtesla (cioè 50 volte meno di quanto previsto dal Dpcm, che rappresenta la normativa più restrittiva in Europa e forse nel mondo); l’Ispesl però consigliò che, trattandosi di un nuovo insediamento, non venisse superato il limite di 0,5 microtesla. Perciò il Comune fece effettuare all’Enel lavori straordinari di risanamento della linea elettrica, con i quali si raggiunse l’obiettivo consigliato dall’Ispesl.
A questo punto il comitato dei genitori e il Conacem presentarono il ricorso, accolto dal Tar Veneto e confermato dal Consiglio di Stato, chiedendo che fosse rispettato, invece, il limite di 0,2 microtesla previsto da una legge regionale del Veneto che sarebbe entrata in vigore dal 1° gennaio 2000.
Sulla scorta di questa decisione, il 3 agosto 1999 il presidente della Commissione interministeriale per la valutazione dei progetti di risanamento dall’inquinamento elettromagnetico del ministero dell’Ambiente, Corrado Clini, aveva inviato alle società che gestiscono le linee elettriche ad alta tensione una lettera in cui chiedeva loro di presentare dei progetti di risanamento delle tratte di elettrodotti "situate in prossimità di spazi dedicati all’infanzia", in modo da portare le emissioni elettromagnetiche al di sotto degli 0,2 microtesla. L’ordinanza del Tar Veneto, confermata dal Consiglio di Stato, ha avuto un ulteriore seguito. Il difensore civico regionale della Campania, ad esempio, ha invitato le società esercenti linee elettriche ad alta tensione della regione a rispettare, nelle zone frequentate da bambini, i nuovi limiti cautelativi stabiliti dalla decisione del tribunale amministrativo, che, spiega un comunicato, "costituisce un preciso riferimento per la tutela in tutti gli spazi destinati all’infanzia, in virtù dei principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della salute, e si tratta quindi di un limite inderogabilmente invalicabile per la nostra Regione".
 

(49) Di questa esigenza di maggiore cautela si sono fatte interpreti negli ultimi anni, principalmente, alcune amministrazioni regionali.
In particolare il legislatore veneto, sin dal 1993 ha introdotto una disciplina (si tratta della l.r. 27/93), caratterizzata da esplicite finalità cautelari, che, proprio con riguardo agli effetti a lungo termine dell'esposizione al campo elettrico, prevede limiti di emissione e distanze di rispetto tra linee elettriche ad alto voltaggio ed abitazioni assai superiori a quelle fissate dal DPCM del 1992, uno di questi è il limite di campo magnetico che non può essere superiore a 0,2 microtesla.
Tuttavia tali limiti erano noti ed era noto anche, che per quanto non sussistano ancora certezze scientifiche in ordine alla soglia di rischio, gli organismi competenti in materia sanitaria suggeriscono (e ciò ha fatto l'ISPEL di Venezia su richiesta del Comune di Mirano) di collocare prudenzialmente: in 0,5 microtesla il massimo livello di esposizione da consentire nelle aree destinate all'infanzia, alle strutture sanitarie e nelle aree residenziali a seguito della costruzione di nuovi elettrodotti e in 0,2 microtesla l'obiettivo di sicurezza da raggiungere con riferimento alle nuove linee elettriche ed alla costruzione di nuovi edifici rispetto a linee elettriche già presenti sul territorio.

 

(50)  Vedi Tar del Veneto 13 febbraio 2001 n. 236
 

(51) Nel caso di specie, tale principio, seppur favorito dal fatto che il soggetto interessato era portatore di handicap, (apparecchio pace-maker), è stato applicato oltre i confini dei cosiddetti obiettivi sensibili, che, spesso, la giurisprudenza ha considerato come i soli meritevoli di tutela.
 

(52)  In “Giurisprudenza amministrativa del Friuli” 1999 pag. 11

 

(53)  Per ciò che riguarda la giurisprudenza civile vedi Tribunale di Padova 9 giugno 1999.

Per profili inerenti il diritto alla salute vedi pure Tribunale di Torino sentenza 6 novembre 1993; tribunale di Milano ordinanza 20 maggio 200; Tribunale di Pesaro ordinanza 20 gennaio 2000; Tribunale di Milano ordinanza 7 ottobre 1999; Tribunale di Padova ordinanza 17 novembre 1998 n. 465

 

(54)  Amplius in C. Nardone : “ Elettrodotti e tutela della salute “

 

(55)  In “Giurisprudenza di merito” 1995 III pag. 149

 

(56)  Recentemente la legge finanziaria per l’anno 2001 ha stabilito all’art 112 che una quota non inferiore al 10 per cento della dotazione del fondo costituito con le risorse dell’asta per la concessione delle licenze per l’UMTS sia destinata alla prevenzione ed alla riduzione dell’inquinamento elettromagnetico, testimoniando così il crescente impegno assunto dal legislatore in tale materia.

 

(57)  Vedi pure S. Bellucci : “Inquinamento elettromagnetico: che fare ? “
 

(58)  Vedi Consiglio di Stato , sez. V, ordinanza del 7 marzo 2000 n. 1211

 

(59)  Vedi TAR Puglia ordinanza 11 gennaio 2001 n. 56 ; TAR Puglia ,Lecce, sez. I, ordinanza 19 maggio 2000 n. 1135 ; TAR Sicilia Catania, sez. III, 29/01/2002 n.140 ; TAR Sicilia, Palermo; sez. II, del 14/11/2000

 

(60)  Occorre, per contro, ribadire che, in materia di limiti sanitari, i Comuni sono titolari:
    - preventivamente al rilascio della concessione, di una funzione di verifica del rispetto da parte dell’impianto dei limiti vigenti;
    - successivamente all’attivazione dell’impianto, di una funzione di vigilanza e controllo (l.r. 17/2000 e art. 14 della legge 36/2001).
Restano ovviamente ferme le funzioni, attribuite ai Sindaci quali rappresentanti delle comunità locali, ai sensi dell’art. 117 del d.lgs n. 112/98, per interventi d’urgenza “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale” (oggi, cfr. art. 50, d.lgs. 267/2000), o, infine, le residue competenze in tema di disciplina di aspetti igienico-sanitari strettamente locali (agibilità/abitabilità degli edifici, lavorazioni insalubri) altresì previste dagli artt. 216-221 TULS.

 

(61)  Gli argomenti del TAR Bari possono come di seguito sintetizzarsi:
in mancanza di una specifica disciplina regolamentare il Comune non può vietare l’installazione delle antenne in alcuna porzione del territorio comunale né applicare alle s.r.b. prescrizioni edilizie ed urbanistiche relative a differenti tipologie di manufatti (e ciò, data la specificità delle infrastrutture telefoniche, a prescindere dalla circostanza che le stazioni radio base ricadano o meno nel novero delle opere di urbanizzazione primaria);
l’esercizio del potere regolamentare costituisce esplicazione della potestà urbanistica spettante agli Enti locali;
la formazione del regolamento comunale deve seguire le procedure tipiche della pianificazione di livello generale (e tradursi nella formazione di un regolamento autonomo ovvero nell’innesto della specifica disciplina delle installazioni telefoniche all’interno del Piano Regolatore Generale);
l’esplicazione della potestà pianificatoria non può prescindere dalla considerazione delle esigenze correlate al funzionamento delle reti telefoniche;
in ragione di ciò, il Comune:
a.- non può legittimamente introdurre divieti generalizzati di localizzazione di s.r.b. su tutto il territorio comunale;
b.- può introdurre divieti specifici di localizzazione, distanze minime e prescrizioni di specifiche caratteristiche strutturali e funzionali solo ove ciò sia necessario per il soddisfacimento di esigente correlate al corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti (in considerazione di interessi estetici e paesaggistici), ovvero alla minimizzazione delle esposizioni ai campi elettromagnetici sul territorio comunale (che implica la preventiva rilevazione dei livelli di esposizione presenti nelle diverse aree); e ciò compatibilmente con la adeguata funzionalità del servizio pubblico di telefonia radiomobile;
in considerazione di quanto precede, la pianificazione comunale deve contenere la individuazione di aree o siti puntuali dove collocare efficacemente gli impianti, tenendo conto della situazione esistente ma anche delle prospettive di trasformazione previste, o imposte, dalla pianificazione vigente;
l’individuazione di siti di installazione presuppone, peraltro, tanto la conoscenza di elementi tecnici sugli impianti e sul servizio, quanto la conoscenza del territorio sotto il profilo dell’attuale incidenza delle sorgenti dei campi elettromagnetici e dei livelli di esposizione in atto;
a tali esigenze conoscitive può sopperirsi, da un canto, attraverso una dialettica procedimentale con i gestori, da ritenersi imprescindibile anche in ossequio agli istituti di partecipazione al procedimento di cui agli artt. 7 e ss. l. n. 241/1990; dall’altro, mediante una puntuale ricognizione del fondo elettromagnetico in relazione all’intero territorio comunale.

 

(62)  Tra le principali massime giurisprudenziali in materia meritano di essere segnalate le seguenti:
    - il  potere del sindaco,  quale  ufficiale  di governo,  di  emettere provvedimenti  contingibili e  urgenti in materia di sanità e igiene al fine  di prevenire  pericoli per l'incolumità dei cittadini non può  giustificare l'emissione di una  ordinanza  di sospensione  dei lavori  d'installazione,  nel territorio  comunale, d'un elettrodotto d'interesse  statale,  motivata con  generico  riferimento a studi su nesso  di  causalità tra  esposizione  a campi  elettromagnetici  e insorgenza di fenomeni cancerosi (T.A.R. Basilicata 24 giugno 1996, n. 146);
    - con riguardo alla presunta nocività dei campi elettromagnetici di un elettrodotto ad alta tensione, laddove siano rispettate le previsioni del D.P.C.M. 23 aprile 1992, recante una specifica normativa a tutela della salute  umana  in  relazione ai predetti campi, non sussiste un pericolo per l'interesse tutelato, ed è conseguentemente illegittimo il provvedimento  sindacale  contingibile ed urgente ex art. 38 della l. n. 142 del 1990 (T.A.R. Basilicata 24 giugno 1996, n. 147);
    - ai fini della  tutela del diritto alla salute dai campi elettromagnetici  derivanti  dagli elettrodotti  ad alta tensione, il rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992, che ha fissato normativamente i limiti massimi di esposizione dai campi elettrici e le condizioni che devono essere rispettate per la costruzione di nuovi elettrodotti, e' sufficiente  ai  fini della  legittimità dell'atto autorizzativo che approva il tracciato dell'elettrodotto (T.A.R. Lombardia sez. II, Milano, 14 maggio 1994, n. 302; 3 novembre 1994, n. 618);
    - in  presenza del rispetto del D.P.C.M. 23 aprile 1992 - che prevede i limiti di esposizione ai campi elettromagnetici degli elettrodotti ad alta tensione, recependo (al pari del D.P.R. 27 aprile 1992 concernente la V.I.A.) quelli indicati, in via prudenziale, dalle più autorevoli  organizzazioni scientifiche  internazionali e nazionali - va respinto il ricorso volto alla sospensione della realizzazione di una linea in base a presunti pericoli per la salute umana (Tribunale Reggio Emilia, 5 dicembre 1994);
    - con il rispetto delle prescrizioni limitative dettate dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 si esauriscono i doveri imposti in materia di localizzazione degli elettrodotti, dalla tutela della salute dai rischi generati dai campi elettromagnetici (T.A.R. Campania sez. V, Napoli, 21 dicembre 1994, n. 485);
come emerge da una apposita relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, "i risultati della ricerca scientifica attualmente noti non suffragano alcuna ipotesi di effetti a lungo termine dell’esposizione a campi elettromagnetici, che abbiano frequenza ed intensità confrontabili con quelle dei campi generali dei normali ambienti di vita dalle stazioni radio-base". Nel caso in cui siano stati osservati i limiti di esposizione stabiliti dal D.M. n. 381 del 10 settembre 1998 ed anche le raccomandazioni, scaturite dal Convegno internazionale tenutosi a Trento il 25 e 26 novembre 1999, contenute nella "lettera indirizzata all’on. Edo Ronchi", non può essere sospesa una autorizzazione rilasciata per un impianto di telefonia mobile situato nei pressi di una scuola" (Tribunale di Parma, ordinanza 22 luglio 2000).
Nonostante il rispetto dei limiti previsti dal D.P.C.M. 23 aprile 1992 in materia di esposizione delle persone ai campi elettromagnetici, un elettrodotto può comunque essere ritenuto in concreto pericoloso per la salute, tenuto conto che detti limiti non escludono la possibilità che si producano effetti nocivi a lungo termine ( TAR Veneto ordinanza 29 luglio 1999 n.927 )

 

(63)  Vedi TAR Toscana 18 dicembre 1998 n.1091 ; TAR Basilicata sentenza 24 giugno 1996 n.146; TAR Emilia Romagna n. 704 del 1995 ; Tribunale di Avellino ordinanza 26 gennaio 1995

 

(64)   Vedi TAR Veneto 29 luglio 1999 n.927

 

(65) Il danno risarcibile in sede civilistica è il “c.d. danno biologico “ che la dottrina più recente individua nel peggioramento della qualità della vita in seguito a lesione del diritto all’integrità psico-fisica.

 

(66)  Per la manualistica su tutti Antolisei “ Manuale di diritto penale “ 2000 ; Fiandaca- Musco “ Diritto penale –parte generale “ 2001

 

(67)   Art. 590 c.p.

 

(68)   Art.674 c.p.

 

(69)  Teoria che ha preso vigore soprattutto durante la presidenza Baldassarre alla Corte Costituzionale

 

(70)  Per tutti vedi G. Benedetto :”L’Inquinamento elettromagnetico” pubblicato su “Panda” 1997

 

(71)  Ad esempio:non tenere la radiosveglia e le segreterie telefoniche oppure altri apparecchi alimentati elettricamente sul comodino, perché molte ricerche documentano che questi possono dare dei mal di testa; non stazionare a lungo davanti, o nei pressi dei forni a microonde, oppure di lavastoviglie, oppure di lavatrici, oppure di altri elettrodomestici mentre sono in funzione; cercare di non abitare a meno di 50 metri da elettrodotti a media tensione, o a meno di 150 metri da elettrodotti ad alta tensione, specialmente se si hanno dei bambini, o, comunque, se si è in condizioni precarie di salute, o se si è persone anziane; utilizzare i telefoni cellulari il meno possibile, sempre con l'antennina aperta, cioè alzata; evitare che sul proprio palazzo vengano installati impianti di trasmissione di qualunque tipo.

 

(72)  I criteri adottati sono quelli di precauzione e quello di cautela, utilizzati proprio per la mancanza di certezza assoluta inerente il rapporto tra insorgenza delle malattie ed esposizione alle onde elettromagnetiche