Gli orientamenti legislativi della Legge “delega ambientale” 15 dicembre 2004 n. 308.
ADELE DE QUATTRO(*)
SOMMARIO: 1. Profili di legittimità e ampiezza della legge delega. – 2. Principi direttivi della legge delega (commi 8 e 9). – 3. La c.d. “compensazione ambientale” (commi da 20 a 24). – 4. Disciplina dei rottami ferrosi e non ferrosi qualificabili come rifiuti (commi da 25 a 31). – 5. Depenalizzazione dei reati paesaggistici (commi da 36 a 39). – 6. Prima versione dei testi unici in materia ambientale.
1. Profili di
legittimità e ampiezza della legge delega.
Dopo un faticoso e complesso iter parlamentare, durato tre anni e con ben cinque
passaggi parlamentari e tre voti di fiducia (due al Senato e uno alla Camera dei
Deputati), è stata approvata la Legge 15 dicembre 2004 n. 308 recante “Delega al
Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in
materia ambientale e misure di diretta applicazione”.
Le materie oggetto di “delega ambientale”, che dovranno essere riscritte entro
diciotto mesi dalla entrata in vigore della legge, riguardano : a) gestione dei
rifiuti e bonifica dei siti contaminati; b) tutela delle acque dall’inquinamento
e gestione delle risorse idriche; c) difesa del suolo e lotta alla
desertificazione; d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo
sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna; e) tutela
risarcitoria contro i danni all’ambiente; f) procedure per la valutazione di
impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per
l’autorizzazione ambientale integrale (IPPC); g) tutela dell’aria e riduzione
delle emissioni in atmosfera.
Tale riforma ha suscitato non poche polemiche sia sul piano politico sia da
parte delle associazioni ambientaliste, creando attese e aspettative sociali
tali da salvaguardare una materia in continua evoluzione qual è l’ambiente,
anche se, per lunghi anni abbiamo assistito, in tale ambito, ad una
iperproduzione normativa o di norme lacunose, e addirittura contrastanti tra
loro.
Lo scopo della citata legge è proprio quello di voler fare fronte a tali
problematiche, riorganizzando la materia ambientale, recependo adeguatamente le
direttive comunitarie, distribuendo le competenze con razionalità: quindi
disciplinare materie non in seguito a situazioni emergenziali, ma di semplice
attuazione delle direttive comunitarie.
Tuttavia, è opportuno analizzare i punti salienti che caratterizzano la legge
delega, da cui si evince che risultano oggetto di modifiche materie o
recentemente riordinate (es: rifiuti) o risultato di lunghi e faticosi lavori
legislativi (es: aree protette).
Appare innanzitutto criticabile l’utilizzo della legge delega da parte del
Governo che conferisce al Parlamento il ruolo inerente alla sola approvazione
dei singoli decreti, quindi un ruolo palesemente marginale: si tratta infatti di
una vera e propria delega in bianco (peraltro di dubbia costituzionalità) che
affida ad una commissione di 24 esperti esterna al Parlamento la
riorganizzazione dell’intera materia ambientale in soli due anni.
La legge in esame, in realtà, contiene una delega troppo ampia e generalizzata
per poter affrontare argomenti vasti e complessi contenuti nelle leggi
ambientali, emanate in lunghi anni di legislazione. Infatti, rinviando alla
Carta Costituzionale, l’articolo 76 molto chiaramente sancisce che l’esercizio
della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con la
precisa determinazione di principi e criteri direttivi da parte del Parlamento;
la definizione del tempo entro cui la delega può essere esercitata e la
definizione dell’oggetto della delega: tutti criteri che sono rispettati nella
legge in questione.
Ciò vuol dire che lo strumento della delega è disciplinato sulla base di alcuni
limiti e non deve essere vago, ma avere tempi e oggetti precisi: alla luce di
tali considerazioni la legge delega appare, per ampiezza di contenuti e vaghezza
dei criteri, una delega in bianco tendente a riordinare, coordinare ed integrare
tutto ciò che riguarda la materia ambientale.
Sebbene l’ampiezza e la vaghezza della legge è stata oggetto di numerose
critiche, in quanto vengono indicati una serie di principi e criteri direttivi
sia di carattere generale che specifico, è opportuno ricordare che il ricorso
alle clausole generali (opportunamente accompagnate dai principi giuridici di
riferimento) sono sufficienti a delimitare i confini della delega1.
La legge prevede indistintamente per tutte le materie la redazione di testi
unici, anche per quelle materie che sono state oggetto di recente coordinamento
e semplificazione sulla base delle direttive comunitarie: da un lato si vogliono
riordinare materie di recente definizione legislativa (quali quella dei rifiuti
e bonifica dei siti contaminati, Dlgs. N. 22/97; Codice dei beni culturali e del
paesaggio, Dlgs. N. 42/2004; legge quadro sulle aree protette L. n. 394/1991);
dall’altro lato viene tralasciato, inspiegabilmente, il tema della tutela,
difesa e valorizzazione del mare e delle sue risorse, disciplinato dalla ormai
datata legge del 1982 n. 979.
L’art. 1 stabilisce dei termini molto rigidi circa l’emanazione dei decreti
legislativi e l’integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione nonché
dei decreti ministeriali per specificare le norme tecniche, individuando gli
ambiti nei quali la potestà regolamentare è delegata alle regioni: si tratterà
dunque di testi unici in grado, non solo di coordinare e riordinare la normativa
ambientale, ma di determinarne innovazioni sostanziali2.
2. Principi direttivi della legge delega (commi 8 e 9).
Il provvedimento legislativo consta di un solo articolo composto da 54
commi, diviso in due parti: i principi dettati nei commi 1-19 tendono a
conferire una delega legislativa al Governo per il riordino della materia
ambientale mentre i commi 20-54 contengono una serie di misure specifiche di
diretta applicazione che riguardano vari settori dell’ambito del Ministero
dell’Ambiente.
In particolare, tra i criteri direttivi generali, sanciti dal comma 8 della
legge, vanno evidenziati quelli che tendono ad agevolare la diffusione dei
sistemi di gestione ambientale, al fine di prevedere specifiche agevolazioni per
le imprese che ne sono dotate; confermare l’applicazione dei principi enunciati
dalla Costituzione europea in materia di politiche ambientali3; prevedere misure
che tutelino l’applicabilità dei programmi di azione ambientale, secondo quanto
previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443; rivalutare il ruolo delle regioni
nell’ambito delle nuove competenze previste dalla riforma del titolo V della
Costituzione.
Tra i criteri direttivi specifici, sanciti dal comma 9 della legge delega, vi
sono quelli inerenti alla gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti
contaminati al fine di promuovere il riciclo e il riuso dei rifiuti,
razionalizzare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi
urbani, promuovere incentivi e forme di sostegno ai soggetti riciclatori dei
rifiuti, incentivare il ricorso a risorse finanziarie private per la bonifica ed
il riuso anche a fini produttivi dei siti contaminati4, promuovere gli
interventi di messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati da amianto5.
Pertanto, nei commi 8 e 9 vengono indicati una serie di principi sulla base dei
quali devono essere emanati i decreti legislativi: quelli riferiti al rispetto
delle norme comunitarie, alla certezza delle sanzioni in caso di violazione
delle disposizioni a tutela dell’ambiente, alla maggiore efficienza e
tempestività dei controlli ambientali, nonché ai principi di garanzia e
salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell’ambiente,
all’affermazione dei principi di prevenzione, precauzione e del principio “chi
inquina paga”.
Tali criteri sono pienamente accoglibili se non ci fosse una palese
contraddittorietà con le norme di diretta applicazione contenute nei successivi
commi.
Infatti, tali contraddizioni emergono, innanzitutto, al comma 8 dove si parla di
efficienza e tempestività dei controlli ambientali, ma ciò non sembra in
concreto possibile se non possono essere sostenuti in termini di risorse,
strumentali e di personale: si pensi per esempio alla carenza di stanziamento di
sufficienti fondi a sostegno delle strutture di controllo del nostro Paese;
oppure il caos in cui versano gli uffici giudiziari e i conseguenti effetti sui
tempi dei processi, pur parlandosi di certezza della pena.
Anche riguardo alla lettera i) dello stesso comma 86, bisogna precisare che la
tutela dell’ambiente non dipende dalla disciplina del sistema sanzionatorio
nella misura in cui viene oggi esercitata l’azione penale o amministrativa, che
è pressoché fine a sé stessa in quanto priva di contenuti di tipo
ripristinatorio: per esempio i processi terminano per prescrizione e la
situazione riguardo un sito contaminato non viene risolta; oppure si pensi ai
tempi di istruzione dei fascicoli.
Va denunciata in tutte le sedi non solo la carenza di uomini, mezzi, risorse
economiche, ma anche l'ipocrita ambiguità e le carenze istituzionali che
l'opinione pubblica ormai percepisce.
Nel quadro programmatico di questo Governo, dove la ricerca di soluzioni reali
al problema disoccupazione è quanto mai importante, devono trovare spazio le
proposte, avanzate da più parti, di investimenti occupazionali nella gestione
dell'ambiente
Riguardo invece al comma 9, si stabiliscono criteri di massima economicità e
razionalità per le legislazioni settoriali, e il risultato finale che si
raggiunge non è di ricomponimento delle leggi ma di improvvisazione.
È importante capire il senso dell’espressione “obiettivi di massima economicità”7
posti alla base dei futuri decreti legislativi: per ciò che concerne i rifiuti,
la differenza della disciplina attuata con la legge delega e il “decreto Ronchi”
si ravvisa nella particolare attenzione che viene data al recupero energetico ed
alle bonifiche, peraltro citando solo la direttiva europea 2000/76/CE sugli
inceneritori e senza alcun riferimento alla direttiva 75/442 che ha istituito
una definizione comune di rifiuto applicabile a qualsiasi Stato membro; così
come riguardo alla acque non è stata citata neanche la direttiva 2000/60/CE che
dovrà essere recepita entro la prossima primavera.
Ma quel che è più paradossale, è il completo silenzio sul VI Programma europeo
dell’ambiente 2002 – 2012 (Dec. 22 luglio 2002, n. 1600, in GUUE 10.9.02),
strumento di programmazione pluriennale delle attività dell’UE in campo
ambientale. Esso rappresenta la dimensione ambientale della strategia europea
per lo sviluppo sostenibile e contribuisce all’integrazione delle tematiche
ambientali in tutte le politiche comunitarie fissando fra l’altro priorità
ambientali. Gli obiettivi del programma rientrano in 4 settori prioritari: 1)
cambiamento climatico, 2) natura e biodiversità, 3) ambiente, salute e qualità
dell’aria, 4) risorse naturali e rifiuti. Il programma prevede che siano
elaborate 7 strategie tematiche per problemi ambientali prioritari che
richiedano un approccio di ampia portata.
Emergono ulteriori contraddizioni se il comma citato fa riferimento alla
necessità di contrastare l’elusione e la violazione degli obblighi di
smaltimento dei rifiuti e poi nei successivi commi 25 e 26 si dà tutt’altra
disciplina ai rottami ferrosi.
Pertanto, solo utilizzando in modo obiettivo la legge delega, già di per sé
ampia e non sempre chiara, si potranno raggiungere i risultati attesi dal
legislatore.
3. La c.d. “compensazione ambientale” (commi da 20 a 24).
Esaminando, poi, le disposizioni di immediata attuazione, nel comma 20 viene
stabilita l’aggiunta, al comma primo dell’art. 36 D.Lv. 30 luglio 1999, n. 3008,
di un comma 1bis nel quale si prevede che, nei processi di elaborazione degli
atti di programmazione del Governo aventi rilevanza ambientale, sia garantita la
partecipazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio allo
scopo di rappresentare e confermare l’esplicitazione, in sede normativa, del
principio dello sviluppo sostenibile, secondo il quale l’ambiente è uno degli
elementi di sviluppo, di cui tenere conto nella programmazione e nella
esecuzione delle attività umane. Quindi viene attribuito al Ministero un ruolo
preminentemente programmatorio, in virtù del quale risulta necessario un suo
maggiore coinvolgimento negli interventi di programmazione e di decisione
relativi al territorio e a tutte le tematiche ambientali.
Nell’esame critico della legge delega, ciò che ha suscitato maggiori perplessità
sono le “misure di diretta applicazione”, in quanto ritenute non solo scollegate
dal “riordino”, ma, come nel caso dei rifiuti, contribuenti all’aggravamento del
disordine normativo, presente in tale vasta materia.
Nei commi da 21 a 24 viene introdotta la c.d. compensazione ambientale, in base
alla quale, in caso sopravvengano determinati vincoli, di natura diversa da
quella urbanistica9, il diritto di edificare già concesso al cittadino, non è
più esercitabile; ma il titolare del diritto può chiedere di esercitarlo su
altra area del territorio comunale, di cui abbia acquisito la disponibilità a
fini edificatori.
Circa le misure di compensazione si è fatto riferimento al trasferimento su aree
diverse del diritto di edificare, con cessione gratuita al Comune dell’area
sottoposta a vincolo: in questo caso, il Comune, per rendere possibile il
trasferimento del diritto di edificare, può approvare le necessarie varianti al
PRG.
Ma poiché non è il Comune che appone il vincolo, il quale comunque dovrà
compensare il soggetto in modo oneroso, oppure dovrà “convincere” altrettanti
proprietari di suoli non edificabili ad ospitare la nuova volumetria,
inducendoli o attraverso l’acquisto dei suoli (acquisto evidentemente sopportato
dal Comune), oppure dando la possibilità di aumentare le volumetrie
precedentemente edificabili.
Soluzione che sembra comunque complessa perché presupporrebbe o l’esborso di
denaro da parte del Comune o continue variazioni al proprio PRG (Piano
Regolatore Generale)10
Quindi, con le disposizioni della legge delega, la compensazione consiste nel
trasferimento di volumetria, peraltro non applicabile per quelle aree sottoposte
a vincoli ambientali, mentre precedentemente le forme di compensazione
consistevano nel miglioramento degli insediamenti o incentivi di attività
compatibili.
4. Disciplina dei rottami ferrosi e non ferrosi qualificabili come rifiuti
(commi da 25 a 31).
La legge n. 308, nei commi successivi, prevede un’ulteriore modifica riguardante
le materie prime secondarie per l’industria metallurgica, riguardo ai rottami
ferrosi e non ferrosi, facendo intendere una palese esclusione di questi ultimi
dal regime dei rifiuti, in netto contrasto con quanto disposto dalla normativa
comunitaria e rendendo ancora più difficile un adeguato controllo11.
Infatti, si prevede la sottoposizione al regime delle materie prime secondarie e
non a quello dei rifiuti, dei rottami ferrosi e non ferrosi dei quali il
detentore non si disfi, non abbia deciso o non abbia l’obbligo di disfarsi, e
che pertanto sono destinati all’effettivo impiego nei cicli produttivi
siderurgici o metallurgici12.
In sostanza il comma 25 dell’articolo 1 della legge delega riguarda
indistintamente tutti i rottami, prescindendo dal modo in cui gli stessi si
siano originati.
Rientrano, ancora, nella categorie di rottami ferrosi e non ferrosi le materie
prime derivanti dal recupero se dichiarati tali dai fornitori o produttori dei
Paesi esteri, purché le imprese in questione siano iscritte nell’Albo nazionale:
ciò attraverso un’interpretazione autentica dell’art. 14 del decreto legge 138
del 2002 (che modificava la nozione di rifiuto contenuta nel D. Lgv. 22/97),
norma peraltro censurata dalla Corte di Giustizia Europea ritenendola
illegittima rispetto alle Direttive europee13.
In sintesi, i rottami sono considerati materie prime secondarie per l’industria
metallurgica, solo quando a) il detentore non se ne disfi, non abbia deciso o
non abbia l’obbligo di disfarsene; b) non siano conferiti a sistema di raccolta
o trasporto ai fini del recupero o smaltimento; c) siano conformi a specifiche
CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o altre specifiche nazionali e internazionali; d)
siano destinati effettivamente all’impiego nei cicli produttivi siderurgici o
metallurgici: tutto ciò modifica l’art. 6 del Decreto Ronchi 22/97 e dalla
lettura dei commi 25 e 29 si può facilmente desumere che sono sottoposti al
regime delle materie prime tout court tutti i rottami, comunque generati, purché
possano essere considerati materie prime secondarie per l’industria
metallurgica.
Ulteriore contraddizione emerge chiaramente dal comma 26, in cui è esclusa la
definizione di rifiuto purché da un lato i rottami non siano conferiti a fini di
recupero; e dall’altro siano tuttavia destinati all’impiego nei cicli produttivi
siderurgici o metallurgici: non vi è pertanto alcuna distinzione tra la
definizione di recupero e ciò che invece sia impiego in un ciclo produttivo.
Inoltre, nei commi 2714 e 2815, sono indicati dei criteri affinché i rottami
importati dall’estero siano considerati come materie prime secondarie per
l’industria siderurgica e metallurgica, in particolare è necessario che siano
riconosciuti e dichiarati, dai fornitori o produttori di Paesi esteri, come
materie prime secondarie derivanti da operazioni di recupero; che tali fornitori
o produttori siano iscritti nell’Albo nazionale dei gestori dei rifiuti in cui
dovranno iscriversi le imprese europee ed extraeuropee che effettuano operazioni
di recupero dei rottami ferrosi e non ferrosi; che la produzione delle materie
prime sia stata effettuata nel rispetto delle condizioni e delle norme tecniche
contenute nel D.M. 5 febbraio 1998; e infine che l’autorità competente estera
abbia attestato la conformità del recupero alle condizioni e alle norme tecniche
previste dal predetto D.M.
Un ulteriore punto, che appare certamente rilevante nell’ambito di questa
ambiziosa riforma, riguarda il comma 29, con cui il Parlamento ha introdotto il
nuovo “certificato di avvenuto smaltimento” dei rifiuti, il quale aggiunge un
comma 3 bis all’art. 10 del D. Lgs. N. 22/199716.
Prima di questa riforma, il produttore dei rifiuti, dopo aver consegnato i
rifiuti ad un terzo per il trasporto, aveva solo l’obbligo di verificare
l’esatta restituzione del formulario di identificazione entro novanta giorni,
per verificare la regolare destinazione dei rifiuti.
Ma, se i rifiuti venivano conferiti ad uno stoccaggio intermedio, i successivi
trasferimenti dei rifiuti fino alla loro definitiva destinazione non dovevano
essere più controllati dal produttore iniziale, dando così la possibilità di
eventuali comportamenti illeciti.
Per questa ragione, il Parlamento ha introdotto l’obbligo del produttore
iniziale di tenere sotto controllo i propri rifiuti sino a quando non si
realizza lo smaltimento definitivo, evidenziando quindi la rintracciabilità dei
rifiuti e la prevenzione di illeciti in materia.
5. Depenalizzazione dei reati paesaggistici (commi da 36 a 39).
Altresì, vanno analizzati gli ultimi commi della legge delega (dal comma 31 in
poi) con i quali sono state apportate rilevanti modifiche al nuovo “Codice dei
beni culturali e del paesaggio” (D. Lgv. 22.1.2004, n. 42) peraltro di recente
emanazione.
Da tempo si discute circa la possibilità di applicare l’istituto della sanatoria
agli abusi edilizi in aree vincolate, e nonostante questa tesi fosse sostenuta
da alcuni giuristi, si è sempre riaffermato il principio di escludere la
sanatoria in aree vincolate per evitare che venissero vanificati i diritti posti
a tutela dei cittadini. A sostegno di ciò è stato emanato il nuovo Codice dei
Beni Culturali che vieta tassativamente la possibilità di sanatorie in aree
paesaggisticamente vincolate, applicando pienamente gli artt. 9 e 3217 della
Costituzione sulla tutela del paesaggio, del patrimonio storico – artistico e
dell’ambiente.
Il comma 36 della legge delega introduce, per la prima volta nel nostro Paese,
una norma che prevede la sanatoria paesaggistica comportando la possibilità di
sanare in materia ambientale gli abusi realizzati: infatti, essa è prevista non
solo per le costruzioni edili ma relativamente a qualsiasi intervento o opera in
area vincolata.
Inoltre la concessione della sanatoria è affidata all’autorità competente in
base ad un parere di compatibilità non ben definito: questa funzione spetterà ad
un funzionario comunale discrezionalmente e poiché oltre alla sanatoria è
prevista la depenalizzazione del reato commesso, sarà altrettanto discrezionale
da parte del funzionario stabilire se l’azione penale dovrà proseguire o meno.
In questo caso verrà anche affievolito il principio dell’uguaglianza e
dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Nello stesso comma sono stati inseriti nuovi commi all’articolo 181 del nuovo
Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio18, precisamente:
- comma 1/bis che rafforza le sanzioni penali per i beni o le aree dichiarate di
notevole interesse pubblico ex art 136 del Codice, con apposito provvedimento
emanato in epoca precedente alla realizzazione dei lavori e per le aree tutelate
ope legis ex art. 142 del Codice ed abbiano comportato un aumento dei manufatti
superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o,
in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta
metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una
volumetria superiore ai mille metri cubi;
- comma 1/ter in cui si afferma che ferma restando l’applicazione delle sanzioni
amministrative del precedente art. 167 del Codice, qualora l’autorità competente
accerti la compatibilità paesaggistica delle opere realizzate abusivamente, non
si applica il comma 1 dell’art.181 per i lavori che non abbiano comportato
creazione di superfici o volumi; se sono stati impiegati materiali diversi da
quelli autorizzati; per i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria;
- comma 1/quater in cui si afferma che il titolare dell’immobile oggetto di
abusi presenta istanza all’autorità preposta per l’accertamento della
compatibilità paesaggistica dell’opera abusiva e l’autorità dovrà pronunciarsi
entro 180 giorni, previo parere della Soprintendenza;
- comma 1/quinquies in cui si afferma la rimessione in pristino delle aree o
immobili vincolati per iniziativa del trasgressore, prima che venga ordinata
d’ufficio e prima della condanna “estingue il reato di cui al comma 1”. Questo
comma si applica non solo agli interventi minimi di cui al comma 1/ter ma a
tutti gli abusi in aree vincolate.
Al comma 37 (e successivi commi 38 e 39) la norma prevede che “Per i lavori
compiuti su beni paesaggistici entro e non oltre il 30 settembre 2004 senza la
prescritta autorizzazione o in difformità da essa, l’accertamento di
compatibilità paesaggistica dei lavori effettivamente eseguiti, anche rispetto
all’autorizzazione eventualmente rilasciata, comporta l’estinzione del reato di
cui all’articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, e di ogni altro
reato in materia paesaggistica…”.
Si tratta quindi di un vero e proprio condono per i reati in materia
paesaggistica che si aggiunge alla legge sull’ultimo condono edilizio (art. 32
D.L. n. 269 del 30.9.2003), per la quale era possibile sottoporre a condono solo
le opere eseguite prima della data di imposizione del vincolo19.
Inoltre viene fatto riferimento ai lavori compiuti su beni paesaggistici,
richiamando sia i materiali realizzati che le tipologie edilizie: ecco perché
sembrano escluse dalla norma la realizzazione dei volumi ex novo e invece sembra
potersi riferire a costruzioni già eseguite.
Pertanto il comma 37 ammette la possibilità di un accertamento postumo, che
estinguerebbe tutti i reati, con la condizione che sia stata pagata la sanzione
pecuniaria ex art. 167 del Codice; inoltre con tale disposizione sarebbe
possibile condonare quasi tutto poiché tutto viene rimesso alla discrezionalità
delle autorità competenti.
Infine va anche precisato, che la nuova sanatoria concerne solo le violazioni
della legge sul paesaggio e non anche sulle opere sottoposte a disciplina
urbanistico – edilizia. Quindi, per gli abusi edilizi rimane ferma la regola
secondo cui se le aree sono vincolate il condono può essere ammesso solo quando
gli abusi siano compatibili con gli strumenti urbanistici locali; mentre non
sarebbe possibile condonare abusi in aree vincolate che siano difformi ai PRG o
alle altre norme urbanistiche.
6. Prima versione dei testi unici in materia ambientale.
In seguito all’approvazione, da parte del Parlamento, del disegno di legge
delega concernente “il riordino, il coordinamento e l’integrazione della
legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione”da parte del
Governo, sono stati approvati lo scorso 7 settembre, i primi cinque testi unici.
In particolare, questo evento, ha scatenato le reazioni di varie Associazioni
ambientaliste in quanto, subito dopo l’approvazione della legge delega, avevano
chiesto al Ministero dell’ambiente un confronto per poter discutere sul
contenuto della legge stessa: confronto peraltro negato in quanto il Ministero
ha rifiutato di fornire gli stralci dei testi unici prima della loro
approvazione da parte del Consiglio dei Ministri.
In effetti, il timore e le preoccupazioni delle Associazioni ambientaliste si
sono verificate, in quanto: a) innanzitutto il modo in cui si sta procedendo
alla “riformulazione” della materia ambientale è lesiva sia dei poteri delle
Camere, quanto dell’equilibrio dei poteri, nonché una palese violazione dei
principi costituzionali; b) in secondo luogo, sebbene la redazione dei testi sia
stata accurata e attentamente vagliata dalla Commissione dei 24 saggi istituita
ad hoc, si rileva la presenza nei testi unici, di ampi stralci delle direttive
comunitarie, riportano interi capitoli delle stesse leggi che dichiarano di
abrogare e poi implicitamente vengono inserite norme che rendono vani o
contraddicono i principi di difesa ambientale citati in precedenza.
In sintesi i cinque testi unici riguardano il danno ambientale; rifiuti e
bonifiche; la Via, Vas e Ippc; l’inquinamento atmosferico e infine la difesa del
suolo e della acque; manca ancora quello sulle aree protette che non è stato
ultimato. In particolare il testo riguardante il danno ambientale, prevede
l’applicazione in Italia della Direttiva Europea sulla responsabilità ambientale
(Dir. 2004/35/CE) ma senza disciplinare né il danno ambientale, né la
responsabilità e il risarcimento e rendendo marginale il ruolo delle regioni e
degli enti locali, rafforzando il ruolo dello Stato e in particolare del
Ministro dell’ambiente e dei prefetti.
Situazione analoga è prevista per le bonifiche, poiché anche in questo testo
manca la definizione di responsabilità , e vengono previsti accordi di programma
che possono stravolgere il procedimento ordinario riguardo agli interventi di
bonifica di aree gravemente inquinate.
Circa l’argomento “rifiuti”, la situazione è abbastanza grave visto che la legge
delega rende riutilizzabili e commerciabili senza controlli molte materie e
sostanze pericolose, tanto che è in corso una procedura di infrazione nei
confronti dell’Italia da parte della Commissione Europea riguardo alla
violazione della Direttiva 75/442.
Il testo unico sulle acque recepisce la direttiva 2000/60 e abroga la legge in
difesa del suolo (L. 183/89), quella sulla tutela delle acque (L. 152/99), e la
“legge Galli” sugli acquedotti (L. 36/94).
Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico, sono previsti degli aumenti di
pena per chi non rispetta i limiti e le regole imposti dalla legge: pertanto chi
è intenzionato a produrre emissioni nocive o pericolose per la salute, rischierà
di subire un semplice aumento di pena!
Infine il testo unico più eclatante è quello che riguarda la Via, cioè lo
strumento che permette di valutare l’impatto delle grandi opere sull’ambiente.
Attualmente nella procedura di Via si dà la possibilità al pubblico e alle
autorità interessate la possibilità di intervenire e dare il loro parere prima
dell’approvazione. Nel nuovo decreto, invece si prevede un termine di intervento
di 90 giorni, trascorsi i quali si sostituisce nella decisione il Consiglio dei
Ministri, e se neanche questo decide il progetto sarà comunque approvato.
Sarà comunque possibile un attento esame ed un’analisi più approfondita dei
testi unici, in seguito alla loro definitiva emanazione che consentirà uno
studio più dettagliato delle tematiche emergenti.
____________________________________
* Adele De Quattro, dottoranda di ricerca in “Diritto ambientale europeo e comparato”.
1 A tal
proposito cfr. Corte costituzionale n. 125/2003 e l’ordinanza n. 134/2003.
2 Inoltre l’art. 1, commi 2 e 3 della Legge delega, sanciscono
che la disciplina emanata dal Governo potrà essere nuovamente oggetto di
modifiche e che i decreti legislativi rechino l’indicazione espressa delle
disposizioni abrogate a seguito della loro entrata in vigore.
3 In particolare si richiama il principio precauzionale,
interpretato come “modello anticipatorio, in base al quale di fronte a rischi
incerti, in situazioni nelle quali non è possibile adoperare il modello
preventivo, basato sulla certezza scientifica, l’ordinamento giuridico è
chiamato comunque a fornire degli strumenti di protezione o ad esprimersi
chiaramente in merito all’accettabilità dei rischi…” cfr. D. Amirante I
principi comunitari di ‘gestione dell’ambiente’ e il diritto italiano: prime
note per un dibattito, in Riv. Diritto e gestione dell’ambiente,
2001, vol. 1, pag. 23.
4 Disciplina sancita dall’articolo 17 del D. Lgs. 22/1997, cfr.
F. Giampietro, Bonifica dei siti inquinati: dal D.Lgs. <<Ronchi>> al <<Ronchi
bis>>, in Ambiente, 1998, p. 67; G. Landi e M. Montini, La
disciplina della bonifica dei siti inquinati. La normativa italiana a confronto
con quella dei principali paesi europei e degli USA, Rapporto di Ricerca n.
1/1999, Fondazione ENI Enrico Mattei, Venezia, 1999.
5 Ancora tra i principi direttivi specifici enunciati nel comma
9 vi sono quelli inerenti: la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione
delle risorse idriche; la difesa del suolo e lotta alla desertificazione; la
gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli
esemplari di specie protette di flora e fauna; la tutela risarcitoria contro i
danni all’ambiente; la VIA, la VAS e la IPPC; la tutela dell’aria e la riduzione
delle emissioni in atmosfera.
6 Lett. i) comma 8, articolo 1 della legge delega “ Delega al
Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in
materia ambientale e misure di diretta applicazione” <<… garanzia di una più
efficace tutela in materia ambientale anche mediante il coordinamento e
l’integrazione della disciplina del sistema sanzionatorio, amministrativo e
penale, fermi restando i limiti di pena e l’entità delle sanzioni amministrative
già stabiliti dalla legge>>.
7 Art. 1 legge delega 15 dicembre 2004 n. 308, comma 9 <<i
decreti legislativi di cui al comma 1 devono essere informati agli obiettivi di
massima economicità e razionalità, anche utilizzando tecniche di raccolta,
gestione ed elaborazione elettronica di dati e se necessario, mediante ricorso
ad interventi sostitutivi…>>.
8 Cfr. “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma
dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59” e successive modifiche.
9 La previsione dei vincoli “diversi da quelli di natura
urbanistica” è una novità dell’ultima versione del provvedimento, rispetto alle
prime versioni: ci si riferisce, soprattutto ai vincoli paesaggistici, che però
non sono di inedificabilità, ma di mera autorizzazione.
10 Il principio della “compensazione ambientale” è introdotto
sulla base della compensazione urbanistica, il quale procedimento se diviene
regola, anziché eccezione, può portare alla conclusione che tutte le cubature
comprese in un PRG approvato parecchio tempo prima, rischino di diventare
“diritti acquisiti” e debbano restare sempre quelle realizzate, tutt’al più in
area diversa da quella prevista, oppure risarcite dal rispettivo Comune.
11 Cfr. Cass. Sez. III n. 291 2432003, Mortellaro; Cass. Sez.
III 27112002, Ferretti in Foro It. 2003, Ii p. 116 con nota di Amendola “interpretazione
autentica di rifiuto: le prime sentenze della Cassazione” in Rivistambiente
n. 62003 pag. 691.
12 Il comma 25 dell’art. 1 della legge n. 308/2004, prevede che
“In attesa di una revisione complessiva della normativa sui rifiuti che
disciplini in modo organico la materia, alla lettera a) del comma 29, sono
individuate le caratteristiche e le tipologie dei rottami che, derivanti come
scarti di lavorazione oppure originati da cicli produttivi o di consumo, sono
definibili come materie prime secondarie per le attività siderurgiche e
metallurgiche, nonché le modalità affinché gli stessi siano sottoposti al regime
delle materie prime e non a quello dei rifiuti”.
13 Corte di Giustizia UE, Sent. 457/2004 “Direttive 75/442/CEE
e 91/156/CEE” secondo cui “La definizione di rifiuto contenuta nell’art.1,
lett. A), primo comma, della direttiva 75/442 non può essere interpretata nel
senso che essa ricomprenderebbe tassativamente le sostanze o i materiali
destinati o soggetti alle operazioni di smaltimento o di recupero menzionate
negli allegati A e B della detta direttiva, oppure in elenchi equivalenti, o il
cui detentore abbia l’intenzione o l’obbligo di destinarli a siffatte operazioni”.
14 Il comma 27 prevede che “I rottami ferrosi e non ferrosi
provenienti dall’estero sono riconosciuti a tutti gli effetti come materie prime
secondarie derivanti da operazioni di recupero se dichiarati come tali da
fornitori o produttori di Paesi esteri che si iscrivono all’Albo nazionale delle
imprese che effettuano la gestione dei rifiuti con le modalità specificate al
comma 28”.
15 Il comma 28 prevede che “E’ istituita una sezione
speciale dell’Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei
rifiuti, di cui all’art. 30, comma 1, del D. Lgvo. 22/97 alla quale sono
iscritte le imprese di Paesi europei ed extraeuropei che effettuano operazioni
di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi, elencate nell’allegato C annesso
al medesimo decreto legislativo, per la produzione di materie prime secondarie
per l’industria siderurgica e metallurgica, né rispetto alle condizioni e delle
norme tecniche riportate nell’allegato 1 al decreto del Ministro dell’ambiente 5
febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
88 del 16 aprile 1998. L’iscrizione è effettuata a seguito di comunicazione
all’Albo da parte dell’azienda estera interessata, accompagnata
dall’attestazione di conformità a tali condizioni e norme tecniche rilasciata
dall’autorità pubblica competente nel Paese di appartenenza. Le modalità di
funzionamento della sezione speciale sono stabilite dal Comitato nazionale
dell’Albo; nelle more di tale definizione l’iscrizione è sostituita a tutti gli
effetti dalla comunicazione corredata dall’attestazione di conformità
dell’autorità competente”.
16 Il comma 29 prevede che “Nel caso di conferimento di
rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento,
ricondizionamento e deposito preliminare di rifiuti, indicate rispettivamente ai
punti D 13, D 14, D 15 dell’allegato B, la responsabilità dei produttori dei
rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi,
oltre al formulario di trasporto, di cui al comma 3, lettera b), abbiano
ricevuto il certificato di avvenuto smaltimento rilasciato dal titolare
dell’impianto che effettua le operazioni di cui ai punti da D 1 a D 12 del
citato allegato B. le relative modalità di attuazione sono definite con decreto
del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio”.
17 L’articolo 9 della Costituzione italiana sancisce che “
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e
tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”;
mentre l’articolo 32 sancisce che “La Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce
cure gratuite agli indigenti”.
18 Cfr. A. Mansi, La tutela dei beni culturali e del
paesaggio – Analisi e commento del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42
“Codice dei beni culturali e del paesaggio” e delle altre norme di tutela con
ampi riferimenti di dottrina e giurisprudenza; nonché sulla circolazione delle
opere d’arte nel diritto interno, in quello comunitario ed in quello
internazionale e sul commercio dei beni culturali, CEDAM, 2004; nonché Il
Codice dei beni culturali e del paesaggio, a cura di Camelli M., il Mulino,
2004.
19 Cons. Stato – Adunanza Generale dell’11 aprile 2002 n.
2340/2001, loc. cit.; sul punto, ancora cfr. Brambilla, L’autorizzazione
ambientale c.d. in sanatoria. Gli ultimi approdi del giudice amministrativo,
in Cons. Stato, 2004, 2, 472.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 28/10/2005