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Le Prospettive di Sviluppo Sostenibile per la Regione Sardegna

 


Salvatore Casu


 



Cagliari, 25 giugno 2005



1. Sintesi del quadro normativo relativo alla Tutela del paesaggio
Negli ultimi anni è notevolmente cambiata la considerazione del concetto di paesaggio.
Mentre in precedenza il concetto di paesaggio era riferibile alle sole ”bellezze naturali” in seguito la Convenzione Europea del Paesaggio ha indicato un criterio molto più ampio identificando il paesaggio come.: “……una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni ” ;
Con la legge 29 giugno 1939,n 1497 il legislatore ha costituito un quadro organico di riferimento per tutto il territorio nazionale relativo a tutti gli obblighi e misure da rispettare per le bellezze naturali. Tale legge , con le successive modifiche introdotte particolarmente con la legge n 431/1985, è stata trasfusa sostanzialmente nel Testo unico 490/1999.
Di recente il legislatore ha provveduto a riconsiderare l’intera materia con il Dl 42/2004 ( Codice Urbani) che ha dettato una disciplina innovativa soprattutto per quanto concerne il piano paesaggistico regionale.
Gli strumenti previsti dal legislatore per la tutela del Paesaggio sono due: Il vincolo generico e il Piano Territoriale Paesistico.
Il Vincolo generico è consistito per lungo tempo nella sola dichiarazione di interesse pubblico di determinati beni o aree più o meno vaste.
La individuazione di tali territori era fatta mediante una procedura amministrativa che si concludeva con un decreto attraverso il quale si individuava l’area. Tale funzione di individuazione è stata in seguito delegata alla regione

( viene fatto salvo il potere ministeriale di integrare gli elenchi regionali).1
Con la l 431/1985 è cambiata radicalmente l’impostazione precedente prevedendo delle vaste zone del territorio nazionale vincolate per legge. Queste aree comprendono, tra l’altro : la fascia costiera e le rive dei laghi per una profondità di 300 metri ; le rive dei corsi d’acqua pubblici per una fascia di 150 metri; i boschi e le foreste; i territori montani per la parte eccedente i 1200 metri( Appennini ed isole) o i 1600 metri ( catena alpina); i parchi e le riserve nazionali e regionali; i vulcani, etc
L’emanazione di questa legge o, per le altre aree, la pubblicazione del decreto che individua i territori determinano quindi la sottoposizione di tale aree a vincolo generico.
Tale vincolo non comporta necessariamente l’inedificabilità ma determina l’obbligo per il proprietario dell’area di sottoporre qualsiasi progetto di modifica alla preventiva e motivata autorizzazione dell’autorità amministrativa competente salvo per gli interventi di sola manutenzione ordinaria.
Una importante novità è stata introdotta dall’art. 143 , comma terzo, lett.h D.L 42/2004 il quale prevede che il Piano Paesaggistico Regionale possa individuare , ai sensi dell’art 134, lettera c), eventuali categorie di immobili o di aree, diverse da quelle indicate agli articoli 136 e 142 , da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione.
Il legislatore ha così previsto la possibilità di individuare nel piano paesaggistico ulteriori aree da sottoporre a vincolo rispetto a quelle già indicate con legge o con atto amministrativo.
Secondo la precedente normativa Il Piano Paesaggistico costituiva lo strumento per stabilire una “ specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale” ( art 1 bis l 431/1985) del territorio considerato.
Con l’art 143 D.l 42/2004, I comma, il legislatore ha notevolmente ampliato il contenuto del Piano Paesaggistico Regionale prevedendo che si applichi all’intero territorio regionale, suddiviso in ambiti territoriali omogenei da quelli di elevato pregio paesaggistico fino a quelli significativamente compromessi e degradati
Il Piano paesaggistico ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo( Art 143, III comma, D.l 42/2004). Non ha quindi soltanto carattere coercitivo ma “ definisce le prescrizioni generali ed operative per la tutela e l’uso del territorio compreso negli ambiti individuati” (Art 143 , terzo comma lett. d) Dl142/2004) e, individua “ gli interventi di recupero e riqualificazione” delle aree significatamene compromesse e degradate” (Art 143 , terzo comma, lett. f) D.1 42/2004
Il Piano Paesaggistico ha quindi una forte componente “positiva” di promozione di azioni per il raggiungimento degli obiettivi di qualità paesaggistica: ciò comporta l’esigenza di ripensare gli strumenti di attuazione del Piano costituendo nuovi strumenti per realizzare tali finalità.


2. La pianificazione paesaggistica in Sardegna
La pianificazione paesaggistica in Sardegna si è realizzata con i 14 Piani Territoriali Paesistici regionali tredici dei quali ( con l’esclusione del solo Piano del SINIS) sono stati annullati per effetto dei decreti del Presidente della Repubblica del 29 luglio 1998 e 20 Ottobre 1998 e a seguito delle sentenza del T.A.R Sardegna dal n 1203 al n 1208. Rimane quindi in vigore soltanto il Piano Territoriale Paesistico del SINIS che rappresenta quindi il solo atto di pianificazione paesaggistica vigente in Sardegna.
Ma vediamo le ragioni che hanno portato all’annullamento di tutti gli altri piani Territoriali Paesistici. . Il Piano Paesaggistico costituisce uno strumento per stabilire una “ specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale” ( art 1 bis l 431/1985) del territorio considerato: non può quindi disporre della coercività del vincolo ma deve specificarne i contenuti precettivi indicando gli usi compatibili con il valore paesistico del bene; ha nel vincolo il suo titolo ed il suo limite e non può modificare o derogare ad esso in quanto “ si colloca tra provvedimento d’apposizione del vincolo che presuppone ed il provvedimento con il quale vengono consentiti usi nella zona vincolata disciplinando l’esercizio del potere autorizzatorio, in modo da fornire parametri certi agli interessati” 2.
Mediante l’esclusione dal regime autorizzatorio di interventi previsti nella lettera “B” della Tabella degli usi compatibili i vecchi P.T.P hanno snaturato la funzione del Piano conferendogli delle competenze del legislatore statale 3. Tale rilievo ha assunto valenza prioritaria nelle valutazioni del Consiglio di Stato tanto che il T.A.R Sardegna ha proceduto all’annullamento dei P.T.P facendo proprie le considerazioni di cui sopra, senza esaminare ulteriori censure in quanto assorbite dalla fondatezza della prima.
Per l’analisi degli ulteriori motivi di annullamento si deve invece fare riferimento ai pareri del Consiglio di Stato del 13 maggio 1998 e del 20 maggio 1998, con riferimento ai ricorsi contro il presidente della Repubblica avverso rispettivamente il P.T.P n 2 ( Capo Falcone, Argentiera e Porto Ferro) ed il P.T.P n 9 ( Golfo di Oristano).
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che i P.T.P debbano inoltre ritenersi viziati per:
- Carenza di motivazione, in quanto carenti della documentazione di studio a supporto delle scelte di trasformabilità operate su un territorio sottoposto a pianificazione paesistica;
- Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, laddove consentivano la realizzazione di opere pubbliche e private particolarmente impattanti in ambiti di conservazione integrale; 4
- Illegittimità laddove consentivano la trasformazione di aree costituenti usi civici 5, o sottoposte a vincoli idrogeologici o aree protette.
- Eccesso di potere per omessa valutazione dei dati relativi all’ edificabilità e in quanto nell’individuazione delle singole aree non vi è la pronuncia del tetto massimo delle volumetrie compatibili.
In merito ai ricorsi presentati dai privati si rileva che in genere essi lamentano la eccessiva limitazione dei propri diritti sostenendo di essere sottoposti a dei vincoli sostanzialmente “ espropriativi ”.
La legittimità di tali rilievi non è stata oggetto di decisione del T.A.R Sardegna ma rimane il problema di capire fino a che punto il piano paesistico possa prevedere dei vincoli alla proprietà privata a tempo indeterminato non indennizzabili.
. Prima di tutto è necessario distinguere tra vincoli urbanistici e vincoli paesistici in quanto “I vincoli paesistici, a differenza di quelli urbanistici, non vengono costituiti in funzione della espropriazione, ma sono un semplice riconoscimento del valore paesistico per una circostanza che dipende dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale la qualità indicata dalla legge”,quindi in ragione della loro natura conformativa non sono indennizzabili cfr. C.S., VI Sez., 20.10.1999, n. 1509, in Riv. giur. edilizia, 2000, I, 83; tale orientamento giurisprudenziale è stato recepito dal legislatore che ha previsto la non indenizzabilità dei vincoli paesaggistici nell’art 145, 4 comma D.L 42/2004.
La mancanza di strumenti di pianificazione paesaggistica ha comportato la necessità di predisporre degli strumenti d’urgenza per la tutela del territorio come la delibera della giunta regionale n. 33/A del 10 agosto 2004, avente ad oggetto “ Provvedimenti cautelari e d’urgenza per la salvaguardia e la tutela del paesaggio e dell’ambiente in Sardegna ”, impugnata davanti al T.A.R Sardegna e adottata nelle more di un intervento legislativo concretizzatosi con la l.r n. 8 del 25 novembre 2004, avente ad oggetto “ Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale ” sottoposta di recente al vaglio del giudice costituzionale. L’ art. 1 della l.r n. 8 del 25 novembre 2004 ha abrogato l’art 10 della l.r n. 45/1989 (che prevedeva i contenuti dei piani territoriali paesistici) e l’art 11 (che ne determinava la procedura di approvazione) introducendo invece il piano paesaggistico regionale e stabilendone la procedura di approvazione ( art. 2 l.r n. 8/2004).
Tale riforma si è resa necessaria a causa della sopravvenuta normativa introdotta dal D.l 42/2004 a cui infatti la l.r n. 8/2004 fa esplicito riferimento, disponendo che il piano paesaggistico regionale assume i contenuti di cui all’art 143 del D.L 42/2004.
Occorre porre termine a tale normativa d’emergenza dotandosi di quelle regole che possano definire in via definitiva la normativa di tutela paesaggistica in modo da dare dei punti certi agli operatori. Il Piano Paesaggistico riduce infatti notevolmente la discrezionalità dell’autorità amministrativa preposta al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. L’ufficio competente deve infatti verificare la rispondenza tra la richiesta di autorizzazione paesaggistica e le norme di attuazione del Piano Paesaggistico: La necessità di dotarsi del Piano Paesaggistico deriva anche dal fatto che, in mancanza di una programmazione paesaggistica, il pregiudizio al paesaggio viene spesso determinato dal sommarsi di diverse autorizzazioni paesaggistiche che, singolarmente erano del tutto legittime ma che, autorizzandosi numerosi interventi nel tempo, possono arrecare una danno al paesaggio assommandosi l’una all’altra . L’ufficio competente, in mancanza di una programmazione e autorizzando singoli interventi, non ha quella visione d’assieme che gli possa permettere di valutare tale tipo di pregiudizio.

  
3. Linee guida per l’elaborazione del piano paesaggistico in Sardegna
Le linee guida per la predisposizione del piano Paesaggistico Regionale sono state approvate di recente dal Consiglio Regionale. Indicano i principi, gli obiettivi e la struttura del Piano paesistico regionale che l’amministrazione Regionale dovrà realizzare entro il mese di Novembre del corrente anno. Costituiscono quindi il “canovaccio” al quale ci si dovrà rapportare nella stesura del Piano paesaggistico. Oltre alle linee guida bisogna poi fare riferimento alla normativa di cui agli artt 143ss D.L 42/2004 che viene richiamata dalla stessa l.r n 8/2004.
In riferimento ai principi che dovrebbero orientare la politica paesaggistica Regionale il paesaggio viene considerato come una realtà dinamica che vive un processo di formazione e trasformazione continua, un struttura relazionale , un campo di interazioni tra fattori naturalistici ed antropici i cui equilibri sono provvisori. E’ forte il richiamo al paesaggio come produttore e prodotto dell’identità culturale sarda. L’idea dell’identità viene posta a base della pianificazione paesaggistica. Un’identità però non statica ma ripensata continuamente nel confronto con la contemporaneità capace di coniugare la conservazione con l’innovazione , la tutela con la ricostruzione. Il paesaggio costituisce quindi il principale riferimento alle politiche di governo del territorio che devono puntare allo sviluppo sostenibile del territorio muovendo dalla considerazione che la protezione non và più considerata un limite allo sviluppo economico e sociale ma come un suo presupposto fondamentale. Al fine di rendere il paesaggio e la sua tutela il principale riferimento per il governo del territorio è necessario che si tratti di un paesaggio partecipato condiviso dalle comunità locali. Si tratta dell’esigenza di un’opera di sensibilizzazione verso questi valori per rendere il paesaggio un valore condiviso.
Il P.P.R sarà formulato sulla base di due orientamenti essenziali:
Identificare le grandi invarianti del paesaggio regionale , i valori irrinunciabili e non negoziabili sui quali fondare il progetto di tutela del territorio;
Ricostruire e risanare i luoghi delle grandi trasformazioni;
In merito alla procedura di formazione del piano Paesaggistico Regionale le linee guida enunciano che si tratta di un processo aperto di costruzione sociale e di collaborazione istituzionale che dovrà portare entro il 2005 alla predisposizione di un duplice prodotto:
Lo Schema direttore del piano paesaggistico regionale , esteso a tutto il territorio;
Il Piano paesaggistico della fascia costiera che, coerente con lo schema direttore e relativo a tutta la fascia oggetto del provvedimento di salvaguardia assunto dal Consiglio Regionale, rappresenterà la prima tappa della pianificazione,
Lo Schema Direttore costituisce lo schema concettuale che funge da orientamento per lo sviluppo del successivo P.P.R.. In particolare deve indicare:
1.gli obiettivi di qualità paesaggistica e i problemi e le criticità da affrontare per conseguirli
2.il quadro delle strategie da attuare con il P.P.R
3.gli scenari di contesto, nei quali il P.P.R dovrà situare le proprie scelte
4.i sistemi di governance e i criteri valutativi con cui sviluppare i processi attuativi.
Per quanto concerne la procedura di pianificazione lo schema direttore individuerà tre grandi aree di intervento:
1.aree di conservazione
2.aree di ricostruzione
3.aree di trasformazione

Le aree di conservazione comprendono gli spazi che, per il loro elevato pregio naturalistico o paesaggistico, sono sottoposti a tutela e sottratti agli interventi di trasformazione, ad eccezione di quelli limitati ad un’adeguata fruizione e valorizzazione del territorio, al fine del mantenimento delle caratteristiche, degli elementi costitutivi e delle morfologie del paesaggio.
Le aree di ricostruzione si distinguono in ambiti da armonizzare e ambiti da ristrutturare
Gli ambiti da armonizzare ricomprendono tutti gli ambiti a basso livello di compromissione e degrado per i quali sarà necessario predisporre dei piani operativi specifici.
Gli ambiti da ristrutturare comprendono gli spazi che, per il loro elevato livello di degrado o compromissione, necessitano di interventi di riqualificazione e recupero, al fine di reintegrare i valori paesaggistici preesistenti ovvero di realizzare nuovi valori paesaggistici.
Tale distinzione richiama quella del Codice Urbani secondo il quale prevede che il pianificatore individui gli ambiti di particolare pregio da conservare fino a quelli degradati da sottoporre a riqualificazione e recupero.
Le aree di trasformazione comprendono gli spazi che, sulla base delle prescrizioni contenute nel presente Piano, sono suscettibili di trasformazione e intervento sia pubblico che privato.
Coerentemente con il disposto normativo dell’art 143 D.L 42/2004 il P.P.R dovrà: a) individuare nel territorio sardo degli ambiti territoriali omogenei in considerazione di comuni caratteri geomorfologici, storici, culturali, naturalistici; b) identificare dei livelli di qualità paesaggistica a seconda del pregio paesaggistico delle aree interessate. L’individuazione di tali livelli di qualità è strumentale alla formulazione di obiettivi di qualità paesaggistica e alle azioni per il loro ottenimento che potranno essere di conservazione, di trasformazione regolata dalle norme del Piano., di riqualificazione e di recupero dei valori paesistici perduti.

Segue…Problematiche di attuazione

Nei precedenti P.T.P l’adeguamento alla normativa di attuazione avveniva mediante l’adozione di varianti al Piano Urbanistico Comunale; tale strumento sembra presupporre una considerazione dell’adeguamento come mero recepimento di contenuti sovraordinati e una valutazione del paesaggio subordinata rispetto a quella urbanistica; non è quindi applicabile, a giudizio dello scrivente, nell’attuale contesto normativo che prevede l’adozione di politiche attive di tutela, valorizzazione e riqualificazione ambientale. Se il compito dei comuni deve essere quello di modificare ed adattare zone e norme al fine di adeguarle alle esigenze di tutela e valorizzazione delle realtà locali ed adottare dei progetti operativi di tutela e riqualificazione e conversione, è palese che tali compiti non possano essere realizzati con gli strumenti vigenti. Si pone quindi l’esigenza di prevederne di nuovi.
Tale necessità è avvalorata dalla situazione della pianificazione comunale in cui versa la Regione Sardegna, soprattutto nella fascia costiera. Solo venti degli ottanta comuni costieri della Sardegna hanno adottato il Piano Urbanistico Comunale, mentre gli altri hanno un piano regolatore o programma di fabbricazione. Sebbene la l.r n 45 /1989 abbia dato al P.U.C dei contenuti ambientali e di tutela paesistica, nei fatti tali disposizioni sono state disattese.. Il problema centrale rimane quindi quello di valutare l’opportunità di adattare il piano paesaggistico con degli strumenti aventi carattere esclusivamente urbanistico e facenti riferimento ad una normativa urbanistica desueta non adeguata alla distinzione” Piano strutturale –Piano operativo” presente ormai nel 60 % degli ordinamenti regionali.
Sulla base di tali considerazioni, tenendo conto della realtà amministrativa della Sardegna che a nostro avviso non consente una delega generale a favore dei comuni, spesso con mezzi limitati, si ritiene necessario incentivare le forme di copianificazione e la formazione di accordi territoriali.
In sintesi l’attuazione della normativa paesaggistica dovrebbe realizzarsi mediante:
1.promozione di accordi di pianificazione tra i vari comuni e formazione di uffici del piano decentrati per la gestione e l’elaborazione della pianificazione paesaggistica;
2.realizzazione di progetti mirati anche in forma associativa per il raggiungimento di obiettivi di qualità paesaggistica predisposti anche mediante la previsione di Piani di Sviluppo Sostenibile locali, finanziati con fondi regionali messi a bando secondo scadenze prefissate;
3.considerazione di un sistema aperto per la pianificazione , in virtù della considerazione del paesaggio come bene modificabile nel tempo, attraverso la previsione di un Tavolo Permanente di Concertazione, con Regioni, Province, Comuni, Associazioni ambientaliste, Ministero dei Beni Culturali, a cui sottoporre eventuali modifiche motivate del piano;
4.previsione di organismi di concertazione e copianificazione come la Conferenza di pianificazione prevista in diversi ordinamenti regionali
Uno spazio rilevante dovrebbe essere dato alla promozione di accordi territoriali:
1.per “ concordare obiettivi e scelte strategiche comuni, ovvero per coordinare l’attuazione delle previsioni del piano paesaggistico, in ragione della sostanziale omogeneità delle caratteristiche e del valore naturale, ambientale e paesaggistico dei territori comunali, ovvero della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali ” (l.r, Emilia Romagna, n 20/2000, art 15 );
2. per la costituzione di un apposito ufficio di piano o di altre strutture per la redazione e gestione dei piani paesistici comunali o, nel caso, sovracomunali;
3.definire, anche con riguardo alle risorse finanziarie disponibili, gli interventi di livello sovracomunale da realizzare in un arco temporale definito e che attengono:
a) ad interventi di rinaturazione e di riequilibrio ecologico ovvero alla realizzazione di dotazioni ecologiche ed ambientali;
b) a progetti di tutela, recupero e valorizzazione delle risorse paesaggistiche e ambientali del territorio.
L’attuazione delle politiche paesaggistiche e delle azioni strategiche dovrebbe essere sottoposta ad un periodico monitoraggio che coinvolga tutti i soggetti pianificatori oltre che le direzioni regionali dei beni culturali e ambientali. L’azione degli enti locali deve da ultimo essere supportata da un Sistema Informativo dei Beni Paesaggistici al fine di diffondere i caratteri e i valori del paesaggio regionale.
 

4. Sviluppo sostenibile e Turismo sostenibile
Il concetto di sviluppo sostenibile costituisce uno dei principi fondamentali nella gestione delle politiche economiche e territoriali..
Già nel 1987 la “ Relazione Bruntland” afferma che le attività umane dovrebbero attenersi ad un modello di sviluppo che sostenga il loro sviluppo per un futuro lontano. Le conferenze mondiali di Rio de Janeiro (1992) e di Kyoto(19989 hanno ribadito tale principio evidenziandola le necessità di uno sviluppo che soddisfi le esigenze del presente senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze. Tali principi sono stati recepiti anche dall’Unione europea che con il V programma del 1993 e successivamente con il VI Programma di azione per l’ambiente della Comunità europea” del 2001, e le ISO ( Intenational organization for standardization del 1996, ha promosso lo sviluppo di SISTEMI DI GESTIONE AMBIENTALE (SGA): strumenti economici e culturali importanti al fine di ottenere una riconversione in senso maggiormente rispettoso dell’ambiente delle attività industriali e di servizio. Nell’industria turistica l’azione regionale dovrebbe tendere quindi a riconfigurare l’industria dell’accoglienza indirizzando l’offerta turistica verso obiettivi e modalità di gestione a minore impatto ambientale. A tal fine si ritiene che l’amministrazione regionale dovrebbe incentivare l’adozione di sistemi di gestione ambientale. La norma UNI EN ISO 14001, introdotta dalla IAO ed il Regolamento CEE 761/2001 (EMAS II) sono strumenti volontari adottabili da qualsiasi organizzazione, che comportano un miglioramento continuo delle prestazioni ambientali.
La metodologia di lavoro su cui si basano questi sistemi è molto simile anche se EMAS si fa preferire in quanto ha un riconoscimento legato alla Comunità europea ed inoltre ha una matrice prevalentemente pubblica in quanto non prevede soltanto la realizzazione di un sistema di gestione ambientale ma di due ulteriori fasi rispetto al primo costituite da un’attenta analisi ambientale iniziale delle situazione di partenza ed inoltre la “Dichiarazione Ambientale” con la quale i risultati ottenuti dall’applicazione del sistema sono resi noti: quest’ultima fase permette una maggiore spendibilità del sistema di gestione ambientale qualificando l’organizzazione nei confronti dei consumatori.
Le fasi per l’adozione di un sistema di gestione ambientale si possono quindi così definire:
1.Verifica iniziale dello stato ambientale di tutte le aree e le attività che compongono la struttura recettiva (ANALISI AMBIENTALE PRELIMINARE). Senza questa fase diventa difficile effettuare la pianificazione successiva.
2.Pianificare ( POLITICA E PROGRAMMA AMBIENTALE). In tale fase si determinano gli obiettivi della politica ambientale dell’organizzazione e si determinano gli impegni in un piano di azione ambientale da effettuarsi in un tempo che secondo il Regolamento non può essere superiore a i tre anni;
3.Fare (STRUTTURA ORGANIZZATIVA E SISTEMA PROCEDURALE) :Si mette in opera ciò che si è prefissato definendo metodo di lavoro per il personale che deve essere istruito al riguardo;
4.Verificare ed agire (AUDIT AMBIENTALE): si fa un monitoraggio ad intervalli di tempo definiti, sull’esecuzione e i risultati conseguiti e si agisce tempestivamente sul sistema se esso non riesce a raggiungere gli obiettivi previsti.
5.Comunicazione all’esterno dei risultati ottenuti ( DICHIARAZIONE AMBIENTALE) Si costituisce in tal modo una canale di comunicazione fra tessuto imprenditoriale e popolazione
………..si ricomincia dal primo punto
Si costituisce in tal modo un sistema di lavoro per cicli in quanto gli obiettivi devono essere raggiunti entro un definito orizzonte temporale al fine del quale vengono effettuate le valutazioni per definire altri obiettivi all’interno di un intervallo temporale determinato.
E’ importante rammentare che Emas riconosce la validità dei contenuti del sistema di gestione ambientale ISO 14001. Questo comporta che si possano ottenere entrambe le certificazioni o che prima si ottenga una e poi l’altre venga richiesta successivamente
I vantaggi dell’adozione di un sistema di gestione ambientale sono diversi.
Il turista , nello scegliere il luogo dove trascorrere le proprie vacanze stabilisce come prima cosa la località e solo in seguito la struttura ricettiva ove alloggiare. In tale scelta assume un valore determinante il capitale naturale della zona. Bisogna quindi tener presente che, con l’aumento della sensibilità ambientale dei turisti, verranno sempre più predilette strutture ricettive certificate..
L’attenzione verso le tematiche ambientali è particolarmente forte da parte dei turisti tedeschi che costituiscono la maggior parte dei turisti stranieri che vengono in Italia.
Nel 1992 è stato istituito dalla comunità Europea il marchio Ecolabel
Negli ultimi dieci anni, il fiore dell’Ecolabel è diventato un simbolo riconosciuto in tutta Europa, che fornisce ai consumatori indicazioni chiare e semplici. Tutti i prodotti con il marchio Ecolabel sono stati controllati da organismi indipendenti che ne hanno verificato la conformità a rigorosi criteri ecologici e prestazionali. Il marchio comunitario di qualità ecologica è un sistema semplice ed efficace per aiutare i consumatori ad effettuare scelte consapevoli al momento dell’acquisto dei prodotti: il logo con il fiore, assegnato a vari gruppi di prodotti e riconosciuto in tutta Europa, facilita il riconoscimento dei prodotti di qualità meno nocivi per l’ambiente. L’Ecolabel è assegnato soltanto a prodotti che possono garantire almeno la stessa efficacia dei prodotti convenzionali.
Anche se nessuna attività umana è completamente ecocompatibile, è sempre possibile ridurre l’impatto di determinati prodotti sull’ambiente.
Per consentire la valutazione dei prodotti ai fini dell’assegnazione dell’Ecolabel sono stati definiti alcuni criteri ecologici e prestazionali. Soltanto i prodotti che soddisfano tutti i criteri possono ottenere l’assegnazione dell’Ecolabel. Tali criteri tengono conto di tutti gli aspetti del ciclo di vita di un prodotto, dalla produzione all’uso fino allo smaltimento finale (“dalla culla alla tomba”).
Attualmente l’Ecolabel può essere assegnato a 23 gruppi di prodotti. Finora sono state rilasciate più di 250 licenze che riguardano varie centinaia di prodotti. La gestione dell'Ecolabel è affidata al Comitato dell'Unione europea per il marchio di qualità ecologica (CUEME), con il sostegno della Commissione europea e di tutti gli Stati membri dell'Unione europea e dello Spazio economico europeo (SEE). Il Comitato è composto da rappresentanti dell'industria, delle associazioni ambientaliste e delle organizzazioni per la tutela dei consumatori.
L’assegnazione del marchio ecolabel ad una struttura ricettiva attesta che ;
il consumo energetico è limitato
il consumo idrico è limitato
la produzione di rifiuti è ridotta
è favorito l’utilizzo di risorse rinnovabili e di sostanze meno pericolose per l’ambiente
sono previste iniziative per promuovere l’educazione e la comunicazione ambientale
A nostro giudizio la Sardegna non può che puntare che alla qualità della risorsa ambientale come strumento di attrattiva turistica caratterizzando in tal modo la propria offerta turistica. E’necessario considerare il concetto di sviluppo sostenibile non solo come limite alle trasformazioni del territorio ma come opportunità di sviluppo.

Segue…I Piani di Utilizzo dei Litorali

Riguardo l’utilizzo degli arenili le criticità derivano dalla mancata realizzazione dei Piani di Utilizzo dei Litorali volti a razionalizzare il rilascio delle concessioni demaniali marittime e a disciplinarne l’uso dei concessionari.
La mancata attuazione di tale programmazione è in massima parte dovuta al fatto che il rilascio delle concessioni demaniali marittime è stato in passato gestito in maniera politica con provvedimenti “ad hoc” a favore di potenziali elettori. In questo contesto la realizzazione di un sistema di pianificazione per gli arenili era un impedimento invalicabile a questo tipo di gestione politica. Per tali motivi si è preferito non portare avanti un’azione politica forte per la formazione dei P.U.L
Questa amministrazione si stà adoperando per la realizzazione di tale pianificazione che costituisce lo strumento necessario per fare un uso coscienzioso dei litorali.
Le funzioni amministrative relative al demanio marittimo per scopi turistico ricreativi sono state delegate dallo Stato alla regione Sardegna con l’art. 76 del D.P.R n. 348/79. L’esercizio di tali funzioni è stato attribuito all’assessorato agli enti locali con delibera della giunta 28.11.1991 n. 42/1998.
Il legislatore nazionale ha poi provveduto con la legge n 494 del 4-12-1993 a redigere le disposizioni per la determinazioni dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime prevedendo l’obbligo in capo alle regioni di predisporre “il Piano regionale di utilizzazione del demanio marittimo”.
Con delibera n 17/20 del 23.03.99, la Giunta ha approvato il piano in questione conferendogli, oltre le finalità di quantificazione ed incremento degli introiti nelle casse statali mediante la rivalutazione dei canoni per le concessioni demaniali suddette, anche diversi obiettivi: 1) Ampliare e qualificare l’offerta turistica nei vari territori costieri dell’isola mediante un incremento delle concessioni e una razionale disciplina delle stesse; 2) Dare un ulteriore impulso allo sviluppo turistico destinando le maggiori entrate dovute dall’aumento delle concessioni demaniali marittime al sostegno di quelle nuove attività imprenditoriali funzionali all’utilizzazione e valorizzazione delle aree date in concessione. Con la stessa delibera è stato poi previsto che la realizzazione delle finalità di cui sopra, avvenisse mediante la predisposizione dei piani urbanistici dei litorali da approvarsi dalla giunta regionale.
Con deliberazione di giunta n 24/56 del 27/5/2004 si è determinato l’iter procedurale per l’approvazione di tali piani. Tale iter è il seguente: 1) Il piano viene predisposto dagli uffici della direzione generale per la pianificazione urbanistica territoriale e della vigilanza edilizia competenti in materia, i quali si avvalgono dei comuni interessati al piano; 2) tali uffici indicono la conferenza dei servizi alla quale partecipano, oltre agli assessori coinvolti per gli aspetti di loro competenza, anche le autorità previste dall’art. 6 della l n. 494/1993; 3) L’assessore trasmette il piano alla giunta per la sua approvazione così come scaturito dalle suddette conferenze di servizi con i relativi verbali.
Il piano di utilizzazione del litorale non è quindi un piano urbanistico ma è uno strumento di programmazione volto a razionalizzare la concessione a privati del demanio marittimo nell’ambito di una finalità di sviluppo turistico.
Si ritiene che sia necessaria una riconsiderazione complessiva della materia alla luce della delega per l’esercizio delle funzioni amministrative in aree demaniali marittime ed in zona del mare territoriale conferite con il Dl 112/1998, recepito in Sardegna con il D.L 17 Aprile 2001, n 234.
Nel quadro normativo ipotizzato il PUL costituisce uno strumento attuativo del P.P.R volto a pianificare la gestione di tutto il demanio marittimo. Con riferimento allo specifico uso turistico- ricreativo il PUL dovrebbe costituire il principale strumento per l’adozione di un modello di turismo sostenibile a livello locale. In questa funzione dovrebbe essere sorretto da “azioni strategiche” determinate dalla Giunta regionale volte ad incentivare l’adozione di sistemi di gestione ambientale certificati (Vedi Sopra) .
Sarebbe quindi necessario caratterizzare maggiormente il P.U.L come strumento di tutela ambientale e paesaggistica. In questo senso il P.U.L dovrebbe:A) assicurare la libera fruizione e l’uso pubblico delle aree demaniali; B) assicurare la salvaguardia del litorale dall’erosione prevedendo i possibili interventi; C) promuovere la tutela, la valorizzazione, la riqualificazione ed il recupero di aree demaniali marittime mediante la predisposizione dei progetti specifici; D) armonizzare l’urbanizzato con il litorale circostante; E) individuare le dotazioni ecologiche necessarie per limitare gli effetti negativi del carico antropico e delle urbanizzazioni esistenti sugli arenili. Si intendono per dotazioni ecologiche l’insieme degli spazi, delle opere e degli interventi che concorrono a migliorare la qualità ambientale degli arenili limitando in particolare gli effetti negativi del carico antropico e delle urbanizzazioni esistenti.
Solo procedendo nella predisposizione dei P.U.L si può uscire dalla logica dei provvedimenti d’emergenza e della gestione clienterale.


 

 

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1 L’ esercizio delle funzioni amministrative delegate alla Regione Sardegna è stato regolato con la L.R n 28/1998 che ha subdelegato ai comuni la competenza per il rilascio delle autorizzazioni di cui all’art 3 della stessa legge.


2 Sent. Tar Sardegna n 1204 del 6 ottobre 2003 contro il decreto n 271 del 6/8/1993 con il quale il Presidente della Giunta Regionale ha reso esecutivo il Piano Territoriale Paesistico n 6 della Sardegna orientale.

3 Il D.l 42/2004 ( Codice Urbani) ha modificato la precedente normativa prevedendo che la regione possa indicare , laddove il piano Paesistico venga elaborato d’intesa con lo Stato, delle aree in cui la realizzazione di opere ed interventi può avvenire sulla base della verifica di conformità con le previsioni del piano paesaggistico effettuata nell’ambito del procedimento inerente il rilascio del titolo edilizio

4 Nel parere del Consiglio di Stato del 13 maggio 1998 relativo al ricorso al presidente della Repubblica avverso rispettivamente il P.T.P n 2 ( Capo Falcone, Argentiera e Porto Ferro) si rileva l’illegittimità degli art 18 e 22 del P.T.P in quanto individuano degli interventi ammissibili in zone “2a” e “2e” del tutto incompatibili con la primaria esigenza di tutela del paesaggio.

5 Nel parere del Consiglio di Stato del 13 maggio 1998 con riferimento al ricorso presentato al Presidente della Repubblica per l’annullamento del P.T.P n 2 ( Capo Falcone, Argentiera, Porto Ferro) si rileva che la mancata considerazione degli usi civici rivesta un ulteriore profilo di illegittimità costituito dal fatto che le zone gravate da “usi civici” sono sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege 29 giugno 1939,n. 1497, ai sensi dell’art. 82, comma 5, lett.h),del D.P.R 24 luglio 1977,n. 616.