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Le rendite vitalizie. Principi generali e disciplina delle fattispecie(*)


DOMENICO RICCIO


(*) Omesse le note di riferimento giurisprudenziale e bibliografico, queste pagine trascrivono una parte di capitolo della recente monografia (G. Di Giandomenico e D. Riccio,I contratti aleatori, Giappichelli editore) che è parte del Trattato di diritto privato diretto da Mario Bessone (**)
 

 

SOMMARIO: 1. Pluricità delle fonti e uniformità del rapporto. - 2. Il rapporto di vitalizio. - 3. L’evoluzione storica dell’istituto. - 4. Il contratto oneroso. - 5. La natura aleatoria del vitalizio oneroso. - 6. Il contratto gratuito. - 7. Il legato e il modus testamentario. - 8. Il contratto a favore del terzo. - 9. Le rendite vitalizie atipiche. - 10. Il contratto di assicurazione sulla vita. - 11. L’assegno vitalizio a favore del coniuge superstite separato nella successione necessaria. - 12. L’assegno vitalizio a favore dei figli naturali non riconoscibili. - 13. Le rendite derivanti da sentenza di condanna al risarcimento del danno permanente alla persona. - 14. La vita contemplata - 15. La rendita costituita su persone già defunte. - 16. Il vitalizio congiuntivo. - 17. L’oggetto della rendita. - 18. La risoluzione del contratto di vitalizio oneroso. - 19. Il divieto di riscatto e onerosità sopravvenuta. - 20. Sequestro e pignoramento della rendita. - 21. Vitalizio alimentare, contratto di mantenimento, vitalizio assistenziale.
 

 

1. Pluricità delle fonti e uniformità del rapporto


La rendita vitalizia, istituto dai precedenti storici piuttosto risalenti, passando indenne dalle variegate temperie politiche e giuridiche, trova collocazione appropriata nell’attuale codificazione.
A costo di apparire paradossali, va espressamente enunciata la vigoria e la floridezza del vitalizio, quale uno dei rapporti tipici oramai tanto socialmente quanto economicamente più importanti. L’erronea sottovalutazione è legata all’equivoca lettera del codice, che esordisce trattando dei modi di costituzione (art. 1872 c.c.), quasi a voler racchiudere la materia negli stretti ambiti del contratto oneroso, donazione e testamento, salvo poi dettare una disciplina del rapporto che ha un’applicazione certamente più ampia del settore cui viene relegata da un’interpretazione troppo angusta. Invece, anche in questa ipotesi - esattamente come pure accade in tema di rendita perpetua - si deve affermare che il legislatore ha voluto, non solo e non tanto disciplinare il singolo contratto costitutivo di rendita, ma il più ampio genus dei rapporti dei rendita vitalizia, quale che ne sia la fonte originante.
Pur sostenendosi l’obsolescenza della figura, si deve considerare che la cosiddetta decadenza della rendita vitalizia ha interessato non certamente l’area delle rendite in senso lato, bensì soltanto gli aspetti più peculiari delle fonti che storicamente si sono affermate per prime, ovvero il contratto oneroso, la donazione ed il testamento. A queste, però, si sono da tempo sostituite nuove fonti generatrici di rapporti vitalizi, quali - a tacer d’altro - le assicurazioni sulla vita.
D’altro canto, la funzione previdenziale, che prima trovava risposta nelle fonti classiche, non solo non si è esaurita, ma ha trovato nel meccanismo della rendita vitalizia, la possibilità di ovviare ad una molteplicità di bisogni - anche non strettamente economici - tanto che la prassi legislativa ha regolamentato una serie di ipotesi di rendite vitalizie, le quali - dati i loro caratteri peculiari - possono sicuramente ritenersi concretare un nuovo genus (quello appunto delle rendite previdenziali).
La molteplicità delle fonti, però, non deve far dedurre una discordanza nei rapporti, i quali pure possono essere regolati dalle norme codicistiche espressamente previste e tutti, qualora non derogati da normativa speciale, trovano nel dettato codicistico la disciplina comune applicabile ordinariamente.
La fonte sostanzialmente non muta il rapporto. Infatti gli elementi comuni qualificano la struttura del rapporto e ne danno un profilo unitario. Pur essendo diversi gli elementi genetici, il rapporto che ne scaturisce è sempre un’obbligazione di rendita con caratteristiche costanti a prescindere dalla fonte, per cui le norme codicistiche dedicate alla rendita vitalizia, se hanno un vizio, non è certamente quello di essere dettate per un istituto oramai desueto, ma, al contrario, di non riuscire a regolamentare una fattispecie che, data anche la enorme diffusione e la conseguente importanza economica, appare essere particolarmente complessa. Pertanto tali norme, non solo non devono essere caducate, ma il legislatore, presa coscienza del mutamento dell’istituto, le deve riproporre appropriatamente riformulate affinché le stesse possano meglio ricomprendere quelle nuove forme nelle quali attualmente si manifesta il vitalizio.

 


2. Il rapporto di vitalizio


Per la rendita vitalizia il legislatore non ha indicato una formula definitoria, come per la rendita perpetua. Comunque per rendita vitalizia deve intendersi il rapporto obbligatorio, con cui una parte (vitaliziante) corrisponde ad un’altra (vitaliziata) una prestazione periodica di denaro o di altre cose fungibili per la durata della vita di un soggetto (vita contemplata), che può essere tanto il beneficiario della rendita, quanto il debitore, quanto ancora un terzo.
Anche la rendita vitalizia come la rendita perpetua appartiene alla categoria delle obbligazioni di durata ad esecuzione periodica. Nella categoria delle obbligazioni ad esecuzione continuata la rendita vitalizia si distingue per proprie caratteristiche. Mentre la durata illimitata della prestazione periodica è l’elemento essenziale e inconfondibile della rendita perpetua, nella rendita vitalizia la durata è collegata ad un termine incerto.
Il legislatore anche in tema di rendita vitalizia, così come per la rendita perpetua, ha accumunato modalità costitutive tra loro eterogenee in un tipo negoziale più ampio rispetto al contratto oneroso. In tema di rendita vitalizia, poi, la generalizzazione dello schema di rapporto è ancor più evidente. È lo stesso codice che afferma che la rendita esorbita dall’ambito strettamente negoziale e si rinvengono, infatti, altre ipotesi legali (artt. 548, c. 2°; 580 e 594 c.c.) e giudiziali (ad esempio, art. 2057 c.c.) nonché numerose altre ipotesi previste dalla legislazione sociale che vanno progressivamente assumendo maggior importanza rispetto alla rendita tipica.
Nell’ambito delle rendite possiamo vedere tre tipi di norme: quelle comuni che prescindono dal titolo, quelle specifiche del contratto oneroso ed infine quelle tipiche del contratto gratuito. L’insieme normativo richiama una prospettiva unitaria, almeno nel senso della disciplina del rapporto di rendita vitalizia, quale che ne sia la fonte. Tale volontà legislativa si palesa tanto nel¬l’art. 1872 c.c., allorquando implicitamente ammette che un indentico rapporto possa sorgere da fonti negoziali tra loro eterogenee, quali il contratto oneroso, la donazione e il testamento, quanto nell’art. 1874 c.c. dove, nel richiamare la fattispecie del contratto a favore di terzo come uno dei modi di costituzione della rendita, intende solo ribadire che pure la rendita conseguente alla applicazione di tale congegno negoziale non deroga alla disciplina propria del rapporto tipico di rendita vitalizia.

 


3. L’evoluzione storica dell’istituto


La rendita vitalizia ha certamente un’origine antica. Era, infatti, nota al diritto romano, che la considerava piuttosto che per il rapporto che ne scaturiva, soprattutto per il negozio che ne era fonte. Da questo punto di vista si distingueva tra legato e stipulazione di rendita, mentre rimaneva incerta la durata del rapporto che poteva essere tanto commisurata alla vita del beneficiario quanto perpetua. Quest’ultima determinazione della durata era preferita e doveva considerarsi perpetua una rendita cui non era espressamente attribuito un termine. Per evitare tale conseguenza furono ideati appositi espedienti, diversi a seconda della fonte della rendita.
Ad ogni modo nel diritto romano la disciplina della rendita fu frammentaria e disorganica mentre ebbe maggiore sistematicità nell’epoca successiva. Nel medio evo si sviluppò e progredì nella figura del precario, che consisteva nell’alienazione di una cosa mobile o immobile o cessione di una somma di danaro ad un ente ecclesiastico il quale, in corrispettivo, si obbligava verso l’alienante ad una prestazione annua per tutta la durata della sua vita.
Il primo elemento legislativo in questa materia, il Capitolare di Carolo il Calvo dell’846, si preoccupava di difendere i venditori contro gli abusi delle chiese e dei conventi, ai quali i privati cedevano i propri beni per sottrarli alle rapine ed alle imposte (dalle quali erano esentati gli enti ecclesiastici) stabilendo che le chiese dovevano corrispondere un usufrutto di valore pari al doppio del reddito del bene, se questo restava nel possesso precario dell’alienante, e pari al triplo, nel caso vi fosse stata la consegna.
Un nuovo ostacolo fu frapposto dalla dottrina dei canonisti, i quali vi intravedevano una elusione del divieto di usura. Ma contro tale tesi si opponeva il carattere eminentemente aleatorio della stipulazione.
L’opinione dell’aleatorietà si è radicata nella legislazione seguente, di tal che il codice albertino (art. 2010), quello parmense (art. 1845) e quello estense (art. 1829), stabilivano che la rendita doveva superare il frutto di cui era capace la cosa data come corrispettivo; d’altro canto l’art. 2009 del codice albertino seguendo l’esempio dell’art. 1975 del codice Napoleone (il quale contemplava il caso di malattia già esistente al momento del contratto) dichiarava nullo il vitalizio quando la rendita fosse stata costituita sulla vita di una persona che poi fosse morta entro quaranta giorni dalla conclusione del contratto.
Tali statuizioni non trovarono ingresso nel codice del 1865, benché la Commissione senatoria avesse proposto di subordinare la validità del contratto oneroso alla condizione che la rendita superasse il frutto di cui la cosa è capace. Si osservò in contrario che se la misura fosse stata così tenue da fare della rendita vitalizia una donazione mascherata, essa si sarebbe potuta sempre impugnare per questo motivo. La proposta di escludere la validità del contratto oneroso, se la morte avvenga entro un breve periodo di tempo, riaffiorava nel progetto italo-francese sulle obbligazioni, ma non veniva accolta nel testo del codice.

 


4. Il contratto oneroso


Il contratto oneroso costitutivo di rendita vitalizia è un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa è unica nonostante la ripetitività della prestazione. Essa consiste nello scambio tra un bene e la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa quantità di cose fungibili. Anche in questo contratto come in quello oneroso di rendita perpetua, le due controprestazioni non hanno la stessa natura: ad una prestazione istantanea fa riscontro una prestazione ad esecuzione continuata.
La figura tipica del contratto di rendita vitalizia fondiaria ha natura consensuale. Ciò non esclude che l’autonomia delle parti possa prevedere che la conclusione del contratto si verifichi nel momento della consegna del danaro, in tale ipotesi il contratto posto in essere sarà un contratto atipico di rendita.
Le parti del rapporto di rendita sono il vitaliziato ed il vitaliziante.
Il vitaliziato o costituente è colui che cede l’immobile o la cosa mobile o il capitale, mentre chi si obbliga a corrispondere la prestazione periodica è il vitaliziante. La posizione di entrambe le parti è di creditore e debitore insieme, come nella totalità dei contratti onerosi a prestazioni corrispettive. Gli obblighi che sorgono a carico dell’una o dell’altra parte a seguito della conclusione del contratto importano il compimento di atti di disposizione eccedenti l’ordinaria amministrazione, che richiedono la capacità di agire e di disporre sia da parte del vitaliziante che del vitaliziato.
Il vitaliziante può essere sostituito nel debito per atto inter vivos attraverso i normali meccanismi della novazione soggettiva passiva dell’obbligazione. Nel caso in cui il debitore della rendita premuoia al vitaliziato, subentreranno nel¬¬l’obbligo gli eredi, tenuti pro quota al pagamento (art. 752 c.c.).
Alla prestazione di rendita possono essere tenuti sin dall’origine una pluralità di soggetti passivi. In questi casi l’obbligo può essere stabilito anche pro quota, poiché l’oggetto della prestazione è una somma di denaro o una quantità di cose fungibili. In ogni caso, la solidarietà deve essere esclusa dal titolo, il quale deve pure precisare l’entità delle singole quote, che altrimenti si presumono uguali.
Per converso, il vitaliziato è il titolare della rendita, creditore della prestazione periodica convenuta quale corrispettivo di quanto corrisposto al vitaliziante. Nel vitalizio oneroso, il vitaliziato è pure parte del contratto, mentre nel caso di vitalizio a favore di terzo non ha la qualifica di parte contrattuale.
Il credito alla rendita è pure trasmissibile similmente a quanto accade sul lato passivo e secondo le regole generali previste per la cessione dei crediti, per cui - per effetto della cessione - il credito si trasferisce al cessionario con le garanzie reali e personali allo stesso connesse (art. 1263 c.c.).
Il mutamento del creditore può avvenire anche mortis causa, ovvero con la morte del vitaliziato, ma solo nelle ipotesi, ovviamente, in cui la vita contemplata sia relativa a persona diversa dal vitaliziato. Il caso segue le norme generali, per cui al vitaliziato subentreranno gli eredi.
Non si discosta dalla disciplina della rendita perpetua la materia del corrispettivo, che può essere costituito dalla proprietà di un immobile ovvero dalla cessione di un diritto reale immobiliare, come l’usufrutto o la servitù, o un capitale; nel vitalizio, inoltre, può essere costituito anche dall’alienazione di un bene mobile.
Analogamente a quanto previsto in tema di rendita perpetua anche nella rendita vitalizia al trasferimento della proprietà del bene si applicano le norme sulla vendita. Il contratto, se si tratta di immobile o mobile registrato, deve essere trascritto ai fini della pubblicità. Vale per il creditore la garanzia ipotecaria legale dell’alienante. Quando, invece, la prestazione del vitaliziato consiste nella trasmissione di una somma di danaro, non vi è ipoteca legale ma il debitore deve concedere ipoteca volontaria, pena la ripetibilità del capitale.
La rendita costituita a titolo oneroso non può essere dichiarata impignorabile o insequestrabile dalle parti (art. 1881 c.c.).
Quanto alla forma, il contratto di rendita vitalizia onerosa richiede la forma scritta ad substantiam sia nella forma della scrittura privata sia nella forma del¬l’atto pubblico (art. 1350, n. 10, c.c.).
Il contratto oneroso di rendita vitalizia differisce dalla vendita perché, se in entrambe le ipotesi vi è un trasferimento della titolarità di un bene, il corrispettivo nella vendita è dato dal prezzo e nella rendita dalla prestazione periodica vitalizia, il che è esclude ogni possibilità di assimilazione.
La rendita costituita mediante il trasferimento di un capitale si distacca dal mutuo ad interesse. La prima differenza è data dalla definizione stessa di mutuo per cui il mutuante consegna al mutuatario una determinata quantità di danaro o altre cose fungibili e questi si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e quantità (art. 1813 c.c.); il vitaliziato, invece, corrisponde al vitaliziante un capitale in corrispettivo del diritto ad una prestazione periodica che cesserà soltanto colla morte della vita contemplata, ma non potrà il vitaliziato chiedere la ripetizione del capitale, salva l’ipotesi, ovviamente, dell’inadempimento (art. 1878 c.c.).
Il contratto di vitalizio non può essere confuso con la scommessa pura, pur rappresentandone una specie e pur se entrambi i tipi contrattuali appartengono alla categoria dei contratti aleatori, atteso che nella scommesse il rischio è creato artificialmente ed è collegato ad un evento del tutto estraneo all’interesse delle parti, per cui l’ordinamento giustamente presta solo una limitata tutela; nel caso di vitalizio, l’assunzione del rischio ha una natura chiaramente previdenziale sicché è scontato il giudizio di meritevolezza da parte dell’ordinamento.
Differisce, infine, il contratto oneroso costitutivo di rendita dalla assicurazione sulla vita (sebbene entrambe le fattispecie generino una rendita vitalizia), essendo diversa la natura dei contraenti. Nel secondo caso, infatti, il contraente che si assume l’obbligo della corresponsione della rendita è un assicuratore, ovvero un soggetto che deve ex lege avere una struttura volta alla contrattazione uniforme ed in serie di contratti di assicurazione sulla vita, cioè indirizzata non all’assunzione di un rischio, ma al suo annullamento attraverso la distribuzione dello stesso su un numero indefinito di singoli contraenti secondo la legge dei grandi numeri. Ciò comporta la evidente difformità ontologica tra il vitalizio (che è un contratto aleatorio) e l’assicurazione sulla vita (che è un contratto commutativo) e ne giustifica le differenze di disciplina.
La costituzione di rendita per contratto oneroso differisce, infine, dalla costituzione di usufrutto o di enfiteusi, perché in tali ultime ipotesi il diritto ai frutti è collegato all’immobile al quale inerisce il diritto, di tal che il perimento dell’oggetto del diritto reale estingue il diritto stesso, mentre nel vitalizio il diritto alla corresponsione della rendita è indifferente alle vicende del bene alienato.

 


5. La natura aleatoria del vitalizio oneroso


La prestazione periodica è destinata a durare fino alla morte della persona o delle persone contemplate, il che rende incerta la misura e il rapporto tra le due prestazione e ne determina l’aleatorietà. L’alea permea il contratto e ne diviene elemento essenziale.
Si ritiene, pertanto, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza che la mancanza dell’alea determina la nullità del contratto.
Nel vitalizio oneroso l’alea è voluta dai contraenti ed inerisce alla struttura del contratto. Da questo punto di vista (ovvero relativamente alla struttura) l’incertezza della durata maggiore o minore della vita contemplata comporta l’incertezza delle prestazioni. Pertanto la giurisprudenza ravvisa la mancanza di alea quando sia possibile prevedere anticipatamente l’entità dei vantaggi e delle perdite per i contraenti. Tale principio ha consentito la formulazione di due modelli giurisprudenziali costanti secondo i quali l’elemento dell’alea, con riferimento al momento della conclusione del contratto, deve essere esclusa in due ipotesi: quando l’entità della rendita sia inferiore o pari al frutto dei beni alienati in corrispettivo o sia ad esso superiore in misura così ridotta da poter escludere, considerata la probabile durata della vita contemplata, ogni alternativa di guadagno o di perdita; quando il beneficiario della rendita sia affetto da grave malattia al momento della conclusione del contratto e muoia entro breve tempo dalla costituzione della rendita stessa.
Relativamente al secondo dei descritti modelli giurisprudenziali va anche rilevata la malafede del vitaliziante, ai sensi degli artt. 1337 ss. c.c., che, appunto, influisce sulla onerosità del contratto.
D’altro canto il requisto della aleatorietà non viene meno nel caso in cui il vitaliziato, a fronte delle prestazioni del vitaliziante differisca il trasferimento a quest’ultimo dei beni alla propria morte; lo subordini alla condizione risolutiva della sopravvenienza di una situazione di assoluta necessità di alienare in tutto o in parte i beni promessi; riconosca in tal caso al vitaliziante un compenso adeguato alle prestazioni già effettuate.
La mancanza di alea, ovviamente, non comporta la nullità del contratto ogni qual volta risulti la volontà di porre in essere non un contratto a titolo oneroso ma una donazione, quando cioè la sproporzione tra le due prestazioni e lo spirito di liberalità siano noti alle parti e da queste accettati.
L’essenzialità dell’alea nella rendita vitalizia e pertanto la sua stessa riconducibilità alla categoria dei contratti aleatori è stata vivacemente contestata da una parte della dottrina. A tale proposito si è fatto leva in primo luogo sul¬l’argomento letterale della mancata ripetizione espressa della necessità del¬l’alea per la costituzione della rendita vitalizia (ubi lex voluit dixit, ubi tacuit noluit). Invero già sotto la vigenza del c.c. del 1865 vi erano voci di dissenso sebbene l’art. 1102 menzionava espressamente il vitalizio tra i contratti aleatori. La dottrina più recente ha evidenziato l’esigenza che l’indagine deve essere fatta caso per caso in relazione all’interesse concreto del vitaliziato. Ovverosia se manca completamente l’incertezza sulla determinazione delle prestazioni, il contratto deve ritenersi nullo (a meno che non si provi che si sia voluto procedere alla stipula di un contratto atipico gratuito od oneroso e che la causa di questo sia meritevole di tutela); se poi vi è incertezza nella misura delle prestazioni certamente si è in presenza di un elemento aleatorio, ma deve distinguersi se si tratti di alea economica (alea normale) o alea giuridica (alea in senso stretto).
Premessa la non esatta corrispondenza tra onerosità ed aleatorietà sarebbe opportuno chiedersi, nel quadro delle concrete operazioni costitutive del vitalizio oneroso, quale posto spetti effettivamente alla descritta situazione di incertezza nello schema causale globale del contratto. In altri termini, ci si dovrebbe domandare se l’incertezza abbia necessariamente forza determinante primaria nella intenzione delle parti, nel senso che senza di essa le parti non avrebbero posto in essere il contratto, oppure se essa possa ritenersi conseguenziale e secondaria per essere stata accettata soltanto in relazione alla mera durata del rapporto senza finalità speculative ed economiche.
Appare evidente l’impossibilità di formulare una risposta univoca al di fuori di un’indagine sul contratto singolo. Con riferimento al tipo negoziale di vitalizio attualmente si scorge una certa componente previdenziale ed assistenziale privata. D’altro canto la supposta componente assistenziale non contraddice alla componente aleatoria del contratto e si combina con essa in proporzioni variabili caso per caso.
Pertanto il problema non si pone in termini alternativi tra onerosità-aleatorieta e gratuità-non aleatorietà, essendo di fatto possibile tutta una serie di situazioni intermedie connesse al variegato combinarsi del momento assistenziale-previdenziale con quello aleatorio e speculativo. E non si tratta di un criterio meramente quantitativo quale quello proposto da parte della dottrina al fine di discriminare il carattere oneroso o gratuito del vitalizio e constatarne la mancanza dell’alea, quanto piuttosto, di una valutazione attinente al momento funzionale del negozio.
Non sembrano sussistere ostacoli concettuali all’ammissibilità di un contratto, sia pure atipico, di vitalizio oneroso non aleatorio, qualora ciò corrisponda alla comune intenzione delle parti. D’altro canto se non è escluso che le parti inseriscano elementi aleatori in contratti tipicamente commutativi (alea convenzionale) non si vede perché esse non possano disporre convenzionalmente della componente aleatoria del vitalizio, del resto finalizzato anche alla realizzazione di interessi che ontologicamente prescindono dall’alea (componente assistenziale).
Peraltro, è agevole rendersi conto che la comune intenzione delle parti potrebbe voler mantenere un sostanziale equilibrio tra le prestazioni e ciò a scapito della componente aleatoria. Il momento previdenziale e assistenziale, d’altro canto, non renderebbe inapplicabile tutta la disciplina prevista per il vitalizo, ma solamente quella parte connotata dall’elemento aleatorio. Per il resto il vitalizio onoeroso così costituito sarebbe soggetto a quei rimedi (rescissione per lesione, risoluzione per eccessiva onerosità) propri dei contratti commutativi.
Così opinando si tende a distinguere il momento strutturale dal momento funzionale, si assume sostanzialmente che il contratto di rendita vitalizia rimarrebbe strutturalmente aleatorio, ovvero rimarrebbe l’incertezza della misura delle prestazioni, la quale ultima non potrebbe essere eliminata, ma esso non sarebbe posto in essere in funzione di rischio, bensì in funzione assistenziale e previdenziale.
A tale proposito si deve chiarire che la funzione assistenziale del contratto non dovrebbe appartenere alla sfera dei motivi (singolari ed interni ad ognuno dei contraenti) i quali non sarebbero sufficienti a mutare la destinazione della pattuizione, ma proprio al momento causale, ovvero il contratto deve ritenersi posto in essere da entrambe le parti in funzione solo previdenziale.
Sicuramente in tale ipotesi ci si troverebbe di fronte ad un contratto atipico, poiché il tipo previsto dal codificatore quale contratto di rendita vitalizia non ha l’elasticità necessaria per contenere un siffatto scostamento causale, tale contratto dovrebbe essere pertanto sottoposto all’imprescindibile giudizio di meritevolezza, che - nel caso concreto - difficilmente potrebbe superare, atteso che la utilizzabilità concreta del modello sarebbe inficiata dalla applicabilità, ad esempio, della risoluzione per eccessiva onerosità (si pensi all’ipotesi di richiesta di risoluzione perché il vitaliziato ha superato ampiamente i limiti previsti dalle tavole di mortalità) ovvero ancora dalla possibilità di far valere in giudizio una «presupposizione» (nel senso che si potrebbe dare per scontato che, una volta stipulato un vitalizio oneroso, il vitaliziato dovrebbe avere almeno il buon gusto di decedere in stretti termini o quanto meno di non vivere troppo a lungo!).

 


6. Il contratto gratuito


Fonte della rendita può essere anche la donazione. A differenza di quanto previsto in materia di rendita perpetua, il cui contratto gratuito tipico è costituito da una donazione cum onere, la costituzione della rendita vitalizia per atto di liberalità avviene con donazione diretta.
È evidente che l’oggetto della donazione è il rapporto obbligatorio, ovvero l’attribuzione al donatario vitaliziato del particolare diritto di credito alla rendita vitalizia. Infatti, il c. 2° dell’art. 1872 c.c. indica quale fonte la donazione, senza alcuna ulteriore indicazione, mentre il c. 2° dell’art. 1861 c.c. precisa che la rendita perpetua deve costituire l’onere dell’alienazione gratuita dell’immobile o della cessione gratuita del capitale.
La disciplina della rendita costituita mediante donazione coincide con quella prevista in sedes materiae con i necessari aggiustamenti del caso. Per cui per la costituzione della rendita mediante donazione (semplice o cum onere) è necessario l’atto pubblico ad substantiam (art. 782 c.c.), poiché - analogamente a quanto dedotto per la rendita perpetua - il vitalizio non può essere considerato donazione manuale ai fini dell’applicabilità dell’art. 783 c.c.
L’art. 1791 c.c. del 1865 espressamente comminava la nullità della rendita vitalizia costituita a favore di persona incapace di ricevere per donazione. Più genericamente l’art. 1872 c.c. richiama le norme dettate per la donazione. Si applicano perciò gli artt. 779, 780, 599 c.c.
Alla figura della donazione modale si contrappone quella del negotium mixtum cum donatione che, pur presentando la struttura di un rapporto oneroso è, al tempo stesso, inteso a realizzare una liberalità. Perché si possa configurare tale ipotesi deve venir meno in concreto l’elemento dell’alea. L’esempio che se ne può trarre è la rendita in cui la rata sia inferiore al frutto che darebbe in un anno l’immobile alienato o la somma sborsata per la costituzione della rendita. Una situazione analoga si verificherebbe nel caso opposto in cui la rata stessa fosse superiore al valore dell’immobile o alla somma sborsata.
In simili ipotesi è necessario distinguere la costituzione di rendita simulata relativamente (nella quale il vitalizio non è voluto, ma è voluto un diverso negozio) dalla costituzione di rendita per contratto oneroso misto con donazione, nel quale le parti intendono realizzare, accanto allo scambio di attribuzioni patrimoniali, anche un vantaggio a favore di una di esse.
La rendita, inoltre, può essere costituita mediante donazione indiretta, ovvero qualunque atto che pur non configurando una donazione tipica realizzi l’arricchimento di una persona senza sacrificio da parte di questa. Le rendite costituite con donazione indiretta sono soggette alla disciplina generale stabilita per tale tipo di atto. Non è richiesta, però, la forma dell’atto pubblico ad substantiam, ma sono soggette a revocazione per causa di ingratitudine e per sopravvenienza di figli, a riduzione per lesione di legittima, a collazione (art. 809 c.c.).
Non si applicano neanche queste norme, invece, alle liberalità che si sogliono fare in occasione di servizi resi o in conformità agli usi (artt. 809 e 770, c. 2°, c.c.). I vitalizi così costituiti non sono soggetti a tali incombenti neanche per la parte che esorbita la misura dell’adeguata remunerazione. Non vi sono soggetti neanche le liberalità aventi per oggetto spese non sottoposte a collazione (art. 742 c.c.), come il vitalizio costituito per mantenere uno dei figli, per l’educazione, per le cure mediche per una malattia cronica, ecc..
Le rendite costituite a titolo gratuito sono soggette ai principi generali in materia di riduzione e collazione (artt. 555 ss., 737 ss. c.c.).
Le disposizioni degli artt. 1791 e 1794 c.c. del 1865, che stabilivano rispettivamente il primo, che la rendita vitalizia costituita per donazione era soggetta a riduzione se eccedeva la quota di cui è permesso di disporre; il secondo, che la stessa norma valeva in tema di donazione a favore del terzo. Entrambe le norme non sono state riprodotte, ma solo perché le disposizioni di carattere generale sopra richiamate sulla riduzione e sulla collazione sono ampiamente comprensive di tali ipotesi e, quindi, la mancata riproduzione vale ad evitare una inutile duplicazione di norme.
È certamente cedibile la rendita gratuita costituita sulla vita del donatario o di un terzo. Ai fini del calcolo del valore della rendita ceduta bisogna tener presente che esso non è costituito dalla somma delle rate, ma dal complesso unitario dell’obbligazione, che può essere superiore o inferiore alla somma delle rate, tenendo conto che la misura fisica delle prestazioni nei contratti aleatori è funzione dell’elemento incerto (in questo caso, il complesso delle rate da versare è in funzione del lasso di tempo intercorrente tra la costituzione della rendita ed il decesso del vitaliziato).
La valutazione più esatta deve basarsi sulla probabilità di durata della vita del donatario o del terzo in relazione alla sua età.
È ovvio che se il vitalizio è costituito sulla durata della vita del donante, non può trovare applicazione né la collazione né la riduzione. Infatti il vitalizio costituito sulla vita del donante si estingue alla morte di questi e non ha pertanto valore alcuno.
 

(** ) GIOVANNI DI GIANDOMENICO e DOMENICO RICCIO

I CONTRATTI ALEATORI

Volume del Trattato di diritto privato diretto da Mario Bessone
G. Giappichelli editore, Torino pp. 419





 

INDICE



PARTE PRIMA
LA CATEGORIA DEI CONTRATTI ALEATORI



CAPITOLO I
INTRODUZIONE ALLO STUDIO DEI CONTRATTI ALEATORI
Giovanni Di Giandomenico

1. Premessa al concetto di alea
2. Ricerca della sicurezza e del rischio
3. L’atteggiamento dell’ordinamento nei confronti dell’alea
4. L’incerto e ampliamento della sfera giuridica dell’uomo
5. L’aleatorio come categoria di passaggio


CAPITOLO II
L’ORIGINE STORICA DEL CONTRATTO ALEATORIO
Giovanni Di Giandomenico

1. Il periculum
2. L’emptio spei
3. La rescissione per lesione
4. La concettualizzazione moderna della categoria del contratto aleatorio e il pensiero di Pothier
5. Il code Napoléon
6. La legislazione italiana preunitaria
7. Il codice del 1865


CAPITOLO III
LA LEGISLAZIONE ATTUALE
Giovanni Di Giandomenico

1. Il codice penale
2. La legge fallimentare
3. La disciplina del codice civile
4. La vendita di cosa futura
5. Il gioco e la scommessa
6. Le rendite


CAPITOLO IV
IL RISCHIO
Giovanni Di Giandomenico

1. Il rischio economico
2. Il rischio contrattuale
3. Economia dell’affare
4. Ripartizione del rischio
5. Tutela delle aspettative ragionevoli e principio comunitario di proporzionalità
6. Valutazione di congruità dell’allocazione del rischio
7. Il rischio nel codice civile
8. Il rischio giuridico


CAPITOLO V
LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL CONTRATTO DI ASSICURAZIONE
Giovanni Di Giandomenico

1. I precedenti storici dell’assicurazione
2. Il contratto moderno di assicurazione
3. La legge dei grandi numeri e la teoria del contratto d’impresa
4. La dottrina attuale
5. La «copertura assicurativa» come causa del contratto di assicurazione
6. Inapplicabilità intrinseca al contratto di assicurazione dei rimedi della rescissione e della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta


CAPITOLO VI
L’ALEA
Giovanni Di Giandomenico

01. L’atteggiamento della dottrina dopo l’emanazione del codice del 1942
02. Il criterio storico
03. Il criterio filologico
04. Il criterio sistematico
05. La teoria dello scambio di rischi (commutatio periculi)
06. Il criterio funzionale
07. Il criterio strutturale della misurazione quantitativa della prestazione
08. Il criterio strutturale del rapporto di soggezione-aspettativa
09. Sintesi tra criterio strutturale e criterio funzionale
10. Essenzialità dell’alea
11. Differenza tra alea e rischio
12. I contratti aleatori per volontà delle parti (alea convenzionale)
13. I contratti commutativi per volontà delle parti
14. Onerosità e gratuità dei contratti aleatori
15. Aleatorietà e collegamento negoziale


CAPITOLO VII
L’INVALIDITÀ DEL CONTRATTO ALEATORIO
Giovanni Di Giandomenico

1. La rescissione per lesione
2. La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta
3. Inapplicabilità dei rimedi della rescissione e della risoluzione
4. La nullità
5. L’annullabilità per errore
6. L’annullabilità per dolo


CAPITOLO VIII
L’ALEA NORMALE
Giovanni Di Giandomenico

1. L’alea normale
2. Individuazione pratica del contenuto dell’alea normale
3. Rilevanza della distinzione tra alea economica ed alea giuridica
4. Rischio contrattuale e alea normale
5. Rischio convenzionale ed alea convenzionale
6. Alea normale ed eccessiva onerosità
7. Il concetto di «normalità» dell’alea
8. L’alea normale illimitata


 

PARTE SECONDA
IL GIOCO E LA SCOMMESSA




CAPITOLO IX
IL FENOMENO LUDICO
Domenico Riccio

1. La rilevanza economica del gioco. Il gioco extragiuridico e il gioco giuridico. Il gioco patrimonializzato
2. Precedenti storici
3. Il contratto di gioco
4. La gara. Il vincitore e il vinto. Il premio
5. Gioco interessato e gioco disinteressato
6. Distinzione tra gioco e scommessa
7. Le lotterie


CAPITOLO X
IL GIOCO GIURIDICO
Domenico Riccio

01. Nozione e natura giuridica
02. Il gioco giuridico
03. La tutela delle obbligazioni dedotte in contratto
04. Il contratto e i giochi vietati
05. Il contratto e la soluti retentio
06. Gli elementi del contratto
07. La causa
08. Le regole del gioco
09. I giochi plurilaterali
10. I giochi bilaterali

 


CAPITOLO XI
LA DISCIPLINA DEI DEBITI DI GIOCO
Domenico Riccio

01. L’evoluzione della concettualizzazione del debito di gioco
02. La classificazione dei giochi
03. Il gioco pienamente tutelato
04. La soluti retentio
05. I giochi vietati
06. Giochi vietati e soluti retentio
07. Condizioni per l’applicabilità della soluti retentio: mancanza di frode
08. Condizioni per l’applicabilità della soluti retentio: spontaneità del pagamento
09. Condizioni per l’applicabilità della soluti retentio: capacità del solvens
10. Condizioni per l’applicabilità della soluti retentio: posteriorità del pagamento all’esito del gioco
11. Il debito di gioco quale obbligazione naturale
12. I modi di adempimento del debito di gioco diversi dal pagamento


CAPITOLO XII
I NEGOZI COLLEGATI AL GIOCO
Domenico Riccio

1. Il collegamento negoziale con il gioco
2. Mutuo a causa di gioco e mutuo in occasione di gioco
3. Acquisto di gettoni
4. Deposito anticipato della posta
5. Associazione a scopo di gioco e mandato a giocare
6. I negozi sull’obbligazione da gioco non proibito
7. Rilascio di cambiale o assegno in pagamento del debito di gioco
8. Novazione e transazione


CAPITOLO XIII
LE LOTTERIE
Domenico Riccio

1. I singoli giochi giuridici in generale
2. Le lotterie in senso stretto
3. Le lotterie istantanee
4. Il Lotto
5. Il Super Enalotto
6. Il Bingo


CAPITOLO XIV
LE SCOMMESSE SPORTIVE
Domenico Riccio

01. I concorsi a pronostico su base sportiva
02. Totocalcio
03. Il 9
04. Totogol
05. Totobingol
06. Totosei
07. Toto 1X2
08. Totip
09. Le scommesse ippiche
10. Tris
11. Top 6 e Tris trio
12. Le scommesse riservate al Coni
13. Formula 101


CAPITOLO XV
LE ALTRE FATTISPECIE TIPICHE
Domenico Riccio

1. Giochi automatici
2. Concorsi e operazioni a premio
3. Manifestazioni di sorte locali
4. Case da gioco
5. Scommesse telematiche

 


PARTE TERZA
LE RENDITE




CAPITOLO XVI
LE RENDITE IN GENERALE
Giovanni Di Giandomenico

1. Il rilievo economico e sociale attuale delle rendite
2. Unitarietà tipologica delle singole fattispecie di rendita
3. La rendita come rapporto di durata
4. L’equiparazione ai frutti civili
5. L’oggetto della rendita
6. La mobiliarietà della rendita
7. La divisibilità della rendita
8. La personalità dell’obbligazione di rendita


CAPITOLO XVII
LE RENDITE PERPETUE
Giovanni Di Giandomenico

01. I rapporti di rendita perpetua
02. Rendite fondiarie e rendite semplici
03. Rendite antiche e rendite nuove
04. Rendite tipiche e rendite atipiche
05. La rendita fondiaria. Il contratto a titolo oneroso
06. La rendita fondiaria. Il corrispettivo dell’obbligazione di rendita
07. La rendita fondiaria. Il contratto a titolo gratuito
08. La rendita fondiaria. Il contratto a favore del terzo
09. Il contratto di rendita semplice
10. L’essenzialità dell’ipoteca nella rendita semplice e nelle altre prestazioni perpetue
11. La perpetuità
12. La trasferibilità
13. La redimibilità. Il riscatto volontario
14. Il riscatto forzoso e il riscatto per insolvenza del debitore
15. Distinzione tra riscatto forzoso e risoluzione per inadempimento
16. La commutazione delle rendite antiche
17. Le singole ipotesi di riscatto forzoso e per insolvenza del debitore
18. La concreta determinazione quantitativa del riscatto
19. L’obbligo di ricognizione
20. Le altre prestazioni perpetue
21. La rendita costituita con donazione diretta
22. La rendita costituita con atto mortis causa
23. Le rendite pubbliche


CAPITOLO XVIII
LE RENDITE VITALIZIE
Domenico Riccio

01. Pluricità delle fonti e uniformità del rapporto
02. Il rapporto di vitalizio
03. L’evoluzione storica dell’istituto
04. Il contratto oneroso
05. La natura aleatoria del vitalizio oneroso
06. Il contratto gratuito
07. Il legato e il modus testamentario
08. Il contratto a favore del terzo
09. Le rendite vitalizie atipiche
10. Il contratto di assicurazione sulla vita
11. L’assegno vitalizio a favore del coniuge superstite separato nella successione necessaria
12. L’assegno vitalizio a favore dei figli naturali non riconoscibili
13. Le rendite derivanti da sentenza di condanna al risarcimento del danno permanente alla persona
14. La vita contemplata
15. La rendita costituita su persone già defunte
16. Il vitalizio congiuntivo
17. L’oggetto della rendita
18. La risoluzione del contratto di vitalizio oneroso
19. Il divieto di riscatto e onerosità sopravvenuta
20. Sequestro e pignoramento della rendita
21. Vitalizio alimentare, contratto di mantenimento, vitalizio assistenziale


CAPITOLO XIX
LE RENDITE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
Domenico Riccio

01. La categoria delle rendite previdenziali
02. Il meccanismo assicurativo nella previdenza sociale
03. La disciplina legislativa della previdenza integrativa e complementare
04. Il rapporto giuridico previdenziale
05. I contributi previdenziali
06. La natura giuridica delle prestazioni previdenziali
07. Il rischio sociale
08. Le rendite derivanti da infortuni sul lavoro e malattie professionali
09. Le rendite per l’invalidità, la vecchiaia, i superstiti
10. L’assegno di invalidità e la pensione di inabilità
11. La pensione di vecchiaia
12. La pensione di reversibilità
13. Le prestazioni di invalidità e ai superstiti per causa di servizio
14. La pensione di anzianità
15. L’assegno sociale agli anziani in disagiate condizioni economiche
16. La tutela della salute
17. La tutela contro la tubercolosi
18. La tutela contro la disoccupazione
19. La cassa integrazione guadagni
20. L’assegno per il nucleo familiare e per nuclei familiari numerosi
21. L’assegno di maternità
22. Il reddito minimo di inserimento
23. Le pensioni di guerra

 

Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 2/11/2005

 

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