Responsabilità
civile dei genitori,dei tutori, degli insegnanti e dei maestri d’arte o mestiere
(*)
ALBERTO FIGONE
(*) Le pagine che seguono sono parte di capitolo della
monografia Atto illecito e responsabilità civile che è primo dei tomi dedicati
alla materia della responsabilità civi-le nel Trattato di diritto privato
diretto da Mario Bessone per la casa editrice Giappichelli (**).
SOMMARIO: 1. Una premessa. – 2. Fondamento della responsabilità. – 3. Solidarietà passiva tra genitori e figli. – 4. I soggetti responsabili. – 4.1. Generalità. – 4.2. I genitori. – 4.3. Gli affidatari. – 4.4. Concorso dei genitori con terzi. – 5. La convivenza. – 6. Prova liberatoria. – 7. Precettori e maestri: generalità. – 8. In particolare: gli insegnanti. – 9. I maestri di mestiere o d’arte. – 10. Prova liberatoria.
1. Una premessa
L’art. 2048 c.c., al 1° co., prevede a carico dei genitori (e dei soggetti
ad essi espressamente equiparati: tutore ed affiliante) un regime di
responsabilità piuttosto rigoroso per il fatto illecito commesso dai figli (o da
persone sottoposte alla loro vigilanza) se minorenni1.
Come si è già anticipato in precedenza trattando del danno cagionato
dall’incapace, il presupposto per l’applicazione di questa norma è che i minori
siano capaci, dal punto di vista naturale, di intendere e di volere; in caso
contrario, il genitore, il tutore o l’affiliante possono ugualmente rispondere,
ma nella veste di sorveglianti di un incapace, in base all’art. 2047 c.c. Tra
l’art. 2047 e l’art. 2048 c.c. sussiste un rapporto di genere a specie, che il
precedente codice del 1865 non contemplava: l’art. 1153 c.c. allora in vigore
regolava infatti in un’unica previsione i casi di responsabilità dei genitori,
tutori, ecc., prescindendo, ai fini dell’affermazione di responsabilità, dal
profilo della capacità naturale dell’autore del danno2.
L’art. 2047 c.c. contiene, quindi, una previsione di carattere generale,
derogata dalla disposizione successiva, ove ne ricorrano gli estremi. Tale
conclusione è confermata anche dalla diversa formulazione delle due disposizioni
richiamate: l’art. 2047 c.c., come si è visto, si esprime semplicemente in
termini di «danno cagionato dall’incapace», evidenziando come non possa
qualificarsi «illecito» (almeno sotto il profilo soggettivo) il comportamento di
colui che, al momento del fatto, non aveva la capacità di intendere e di volere;
l’art. 2048 c.c., di contro, fa uso della diversa espressione «danno cagionato
dal fatto illecito» dei figli minori, presupponendo in tal modo nell’autore del
danno il requisito della capacità3.
Ne consegue che la responsabilità dei genitori (e dei soggetti ad essi
equiparati) si aggiunge a quella dei minori, chiamati a rispondere in base alla
clausola generale dell’illecito aquiliano di cui all’art. 2043 c.c.
Per quanto riguarda i criteri che devono guidare l’accertamento della capacità
di intendere e di volere del minore ai fini della sua eventuale responsabilità,
non può che rinviarsi a quanto già osservato in precedenza. Va qui appena
ricordato che, nella materia civilistica, non trovano applicazione i criteri
rigidi previsti in sede di imputabilità penale (artt. 97, 98 c.p.), i quali
stabiliscono una presunzione assoluta di non imputabilità per il minore degli
anni quattordici, restando invece affidata al giudice la valutazione caso per
caso circa la sussistenza, o meno, nel minore ultraquattordicenne, della
capacità in questione4.
Si è così più volte precisato in giurisprudenza, per quanto qui rileva, che, al
fine di accertare se il minore sia incapace di intendere e di volere, il giudice
non può limitarsi a tener presente l’età dello stesso e le modalità del fatto,
ma deve anche considerare lo sviluppo intellettivo del soggetto, quello fisico,
l’assenza di malattie ritardanti, nonchè la capacità del minore di rendersi
conto del disvalore della sua azione. Ne consegue che anche bambini di età
inferiore ai quattordici anni ben potrebbero essere ritenuti capaci di intendere
e di volere, in relazione a fatti illeciti parametrati alla loro peculiare
situazione personale5.
2. Fondamento della responsabilità
Assai discusso è il fondamento della responsabilità dei genitori. Secondo la
dottrina più tradizionale la fattispecie di cui all’art. 2048 c.c. rientrerebbe
nel sistema generale della responsabilità per colpa. Più precisamente si
tratterebbe di una duplice presunzione di colpa (in educando o in vigilando)
che avrebbe per effetto un’inversione dell’onere della prova a favore del
danneggiato, in deroga ai comuni principi vigenti in tema di illecito aquiliano6;
tale presunzione potrebbe essere vinta con la prova, a carico dei genitori
stessi, di «non aver potuto impedire il fatto» come dispone il 3° co. della
norma in esame. La giurisprudenza, con una vera e propria opera di libera
creazione del diritto, identifica peraltro la colpa non già nel non aver
impedito il fatto, come potrebbe argomentarsi dalla disposizione sopra
richiamata, ma in un comportamento antecedente la commissione dell’illecito e,
più precisamente, nella violazione dei doveri correlati all’esercizio della
potestà, in particolare i doveri di educazione e di vigilanza7.
Come si vedrà meglio in prosieguo, la prova liberatoria, cui la norma
attribuisce un contenuto negativo, ha assunto così un contenuto positivo, per di
più duplice: si chiede infatti ai genitori di dimostrare – per andare esenti da
responsabilità – di aver convenientemente educato il minore e di aver vigilato
la sua condotta in modo da prevenire la commissione dell’illecito; non è
pertanto sufficiente al genitore provare di non aver potuto materialmente
impedire la commissione del fatto.
Si tratta di una prova liberatoria quanto mai rigorosa e che assai difficilmente
riesce ad essere fornita, tanto più ove si consideri che – secondo alcune
pronunce – la commissione dell’illecito da parte del minore dimostrerebbe ex se
l’insufficienza di educazione e controllo8.
In tale prospettiva la responsabilità prevista dall’art 2048 c.c. si avvicina
molto a quella del successivo art. 2049 c.c., ove si configura la posizione del
datore di lavoro per l’illecito commesso dai dipendenti e preposti, senza
ammettersi prova liberatoria. Mentre peraltro il datore di lavoro trae vantaggio
dalle prestazioni di colui nei cui confronti deve rispondere, ciò non accade per
i genitori; per questi ultimi, infatti, nemmeno è invocabile il principio «ubi
commoda, ibi incommoda»9.
Tale atteggiamento di estremo rigore sembra dettato dall’esigenza di offrire
comunque tutela risarcitoria al soggetto danneggiato, posto che, di regola, i
minori non hanno patrimonio (ed il danno potrebbe, in ultima analisi, rimanere a
carico di chi lo ha subito).
In giurisprudenza permane tuttora costante il riferimento alla «culpa in
vigilando» o «in educando» ed alla relativa presunzione, ancorchè
alcune pronunce più recenti si esprimano in termini di presunzione di
«responsabilità» piuttosto che di «colpa». Come è stato puntualmente osservato,
la questione non è solo terminologica: presumere la colpa significa consentire
l’effetto liberatorio, dimostrando la diligenza; presumere la responsabilità
invece comporta lo spostamento della prova liberatoria sul piano della
causalità, rendendo così sostanzialmente oggettivo il criterio di imputazione10.
La dottrina tende tuttavia a ricercare un diverso fondamento della
responsabilità dei genitori, che prescinda dalla colpa. Si afferma così che i
genitori sarebbero chiamati a rispondere in forza del proprio status11,
ovvero di una «relazione qualificata» che li lega ai figli12;
ancora si è individuata nell’art. 2048 c.c. più che una presunzione di colpa, la
fonte di «una serie di autentici doveri legali di garanzia verso i terzi esposti
al rischio di un illecito del minore»13.
In tale prospettiva la responsabilità dei genitori tende ad assumere connotati
di oggettività, ancorchè sia la stessa norma ad ammettere la possibilità di una
prova liberatoria. Pare quindi superfluo analizzare sul piano sostanziale se la
responsabilità dei genitori debba qualificarsi diretta per fatto proprio (come
ritengono la dottrina e la giurispru-denza prevalenti)14,
piuttosto che indiretta per fatto altrui15,
ovvero in altro modo16.
La differenza rileva se mai, come si vedrà, sul terreno processuale,
relativamente alla natura, scindibile (o meno) delle cause e alla
configurabilità di un litisconsorzio, facoltativo piuttosto che necessario, tra
genitori e figli minori.
L’individuazione del titolo in base al quale i genitori sono chiamati a
rispondere assume, se mai, particolare importanza sotto altro aspetto: non è
infatti chiaro dalla formulazione normativa se la responsabilità dei genitori
possa essere invocata solo in relazione a fatti illeciti dei quali il minore
capace debba rispondere quanto meno a titolo di colpa, ovvero anche nelle
ipotesi in cui il minore sia incorso in responsabilità oggettiva (ad es. per
vizi di costruzione o per rovina di un suo immobile, ovvero di manutenzione di
un veicolo di sua proprietà)17.
Se nella responsabilità contemplata dall’art. 2048 c.c. si ravvisa la
conseguenza sanzionatoria del mancato od inadeguato assolvimento degli obblighi
che incombono ai genitori di controllo e di vigilanza sui figli, non
sembrerebbero esservi ragioni per addebitare loro il risarcimento di danni che,
non essendo stati cagionati da una condotta colposa del minore, non possono in
alcun modo essere ricondotti ad omissioni ad essi imputabili. Nel caso in cui si
dovesse invece ritenere che il legislatore abbia dettato l’art. 2048 c.c. allo
scopo di incrementare le probabilità che i terzi danneggiati ottengano
effettivamente il risarcimento dei danni patiti, le conclusioni sarebbero
opposte, in forza dei vincoli di solidarietà familiare derivanti dal rapporto di
filiazione18.
Se si tratta di illeciti per i quali il criterio di imputazione della
responsabilità è costituito dalla colpa, perché possa operare il disposto della
norma in questione è comunque necessario che il danno ingiusto sia stato
cagionato da una condotta dolosa o quantomeno colposa del minore; in caso
negativo, sarà da escludere qualsiasi responsabilità in capo al minore e, di
conseguenza, ai suoi genitori19.
L’individuazione di criteri di responsabilità dei genitori per il fatto illecito
del figlio minore diversi dalla colpa (presunta) permette di giustificare la
perduranza dell’art. 2048 c.c. in una realtà profondamente mutata rispetta a
quella in cui la norma fu pensata e redatta. Nel codice del 1865 (che, come si è
visto, conosceva un corrispondente art. 1153) e nel successivo del 1942, nella
sua versione originaria, il rapporto tra genitori e figli era impostato in
termini di potestà-soggezione. I genitori, infatti, erano tenuti ad educare la
prole secondo i principi della morale, mentre i figli avevano l’obbligo di
«rispettare» i genitori. L’illecito posto in essere dal minore ben poteva far
pensare ad un’omissione, da parte dei genitori, degli obblighi educativi e di
vigilanza, di spiccato contenuto autoritario, siccome finalizzati al
perseguimento anche di interessi collettivi. L’entrata in vigore della Carta
Costituzionale, prima, e della riforma del diritto di famiglia, poi, hanno
profondamente modificato il quadro normativo; se i genitori sono oggi tenuti ad
adempiere ai loro obblighi educativi secondo le inclinazioni e le capacità
naturali dei figli minori (art 147 c.c. novellato), questi sono divenuti, a
tutti gli effetti, soggetti di diritto, cui l’ordinamento riconosce spazi di
autonomia e di libertà in funzione di uno sviluppo completo ed armonico della
personalità20.
Autonomia e libertà che tendono sempre più ad espandersi man mano che il minore
si avvicina alla maggiore età, con una corrispondente acquisizione della
naturale capacità di intendere e di volere21.
L’art. 2048 c.c. non introduce alcuna distinzione fra i minori a seconda della
loro età, sicché il regime di responsabilità che deriva dall’illecito di un
diciassettenne è uguale a quello che consegue dal me-desimo fatto di un
dodicenne (sempre che entrambi siano capaci di intendere e di volere nella
singola fattispecie). Manca quindi una graduazione della responsabilità che
tenga conto della figura del «grande minore»; né la giurisprudenza ha saputo
individuare criteri interpretativi specifici in funzione dell’età del minore
prossimo ormai ad acquisire la piena capacità di agire, diversamente da quanto
accade in altri ordinamenti (ad es. quello francese e tedesco) che contemplano
una normativa assai simile alla nostra. In tale contesto non è certo
fondatamente pensabile far rispondere i genitori per l’illecito del figlio
vicino alla maggiore età (si pensi soprattutto ad incidenti stradali, cagionati
dalla circolazione di ciclomotori o motorini) invocando un difetto presunto di
educazione, ovvero di vigilanza. Delle due l’una: o si ampliano i margini della
prova liberatoria (come hanno cercato di fare alcune pronunce, su cui v. infra),
ovvero si perviene alla conclusione che la responsabilità dei genitori è
finalizzata a garantire un ristoro al danneggiato, con una traslazione del danno
in capo a coloro che, comunque, sono legati da un rapporto giuridico qualificato
con l’autore dell’illecito.
3. Solidarietà passiva tra genitori e figli
Una delle conseguenze del fatto che, nella fattispecie in esame, il minore
ha la capacità naturale di intendere e di volere è che questi risponde in
proprio del fatto commesso in base all’art. 2043 c.c.; la sua responsabilità si
aggiunge e concorre con quella dei genitori e, dal punto di vista del
risarcimento, i due illeciti danno luogo alla medesima obbligazione. Si è,
dunque, in presenza di un’ipotesi di re-sponsabilità solidale ex art. 2055 c.c.22.
Il risarcimento potrà essere richiesto congiuntamente sia ai genitori (a loro
volta legati dal vincolo della solidarietà) sia ai figli minori (rappresentati
dai genitori stessi) con due domande proponibili tanto nel medesimo, quanto in
separati procedimenti23;
ma la domanda potrà essere proposta anche solo nei confronti dei genitori (e
questa è per lo più la regola, atteso che assai raramente i minori possiedono un
patrimonio tale da garantire il soddisfacimento delle ragioni del danneggiato).
Se con il minore coabitano entrambi i genitori, padre e madre sono
corresponsabili dell’illecito e, quindi, obbligati in solido nei confronti del
terzo, a prescindere dall’entità e dal grado delle rispettive colpe24.
Eventuali assenze di culpa in vigilando o in educando di uno dei due genitori,
in relazione alla ripartizione tra loro concordata dei compiti di educazione e
di vigilanza sul figlio, potranno rilevare solo nei rapporti interni attraverso
l’esercizio dell’azione di regresso. Il vincolo di solidarietà esclude la
sussistenza di un litisconsorzio necessario, mentre determina la scindibilità
delle cause, che restano distinte, con una propria individualità, in relazione
ai rispettivi contradditori25.
Ovviamente, condizione per poter affermare la responsabilità dei genitori è
l’illiceità del fatto del figlio minore: ne consegue che, se convenuti siano
soltanto i genitori, la loro responsabilità non potrà essere affermata senza il
previo accertamento di tale illiceità, la prova della quale incombe sul soggetto
danneggiato, secondo i principi generali. Ove la condotta del minore non si
presti ad essere considerata colposa (fuori dei casi di responsabilità oggettiva
di cui si è già detto), l’obbligazione risarcitoria non grava né sui genitori,
né sul minore. La solidarietà passiva tra l’obbligazione risarcitoria del minore
e quella del genitore si estende anche al risarcimento del danno non
patrimoniale ex art. 2059 c.c., configurabile, di regola, quando il fatto
illecito integri gli estremi di reato26.
Come è noto, l’art. 2055 c.c., al 2° co., disciplina l’azione di regresso tra
condebitori solidali: chi ha risarcito il danno può ripetere dagli altri la
rispettiva quota, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa
e dall’entità delle conseguenze che ne sono derivate; nel dubbio (come prevede
il 3° co. della norma in questione) le singole colpe si presumono uguali. Si
discute se, nella specie, sia ammissibile l’azione di regresso dei genitori (che
abbiano provveduto al risarcimento) nei confronti dei figli minori27.
La risposta pare strettamente dipendere dal fondamento che si intende attribuire
alla responsabilità dei genitori. Se, in conformità all’orientamento più
tradizionale, si ritengono i genitori responsabili per fatto proprio a titolo di
colpa, dovrebbe escludersi l’azione di regresso, tranne che si dimostri una
maggior incidenza del comportamento illecito del figlio nella causazione
dell’evento, valutabile a norma dell’art. 2043 c.c. (quindi sarebbe
configurabile un regresso quantomeno parziale). Di contro il regresso sembra
ammissibile, ove si assuma la natura sostanzialmente oggettiva della
responsabilità in questione; in questo caso il minore convenuto in giudizio con
l’azione di regresso potrebbe ottenere una riduzione dell’importo della somma da
rimborsare soltanto dimostrando che il genitore aveva concorso alla commissione
dell’illecito con una condotta colposa o dolosa che lo rende responsabile ex
art. 2043 c.c. del danno ingiusto cagionato al terzo.
La giurisprudenza, per parte sua, ha ritenuto ammissibile il regresso, pur
fondando la responsabilità di cui all’art. 2048 c.c. sulla colpa28
(CONTINUA)
NOTE
1 La disciplina in esame è stata esaminata
dalla prevalente dottrina nel più ampio contesto delle pro-blematiche sottese
alla responsabilità civile ed ai fatti illeciti: cfr., per tutti, A. DE CUPIS,
Dei fatti il-leciti, in Commentario del codice civile Scialoja e Branca, (sub
art. 2048), Bologna-Roma, 1971, p. 37; G. ALPA-M. BESSONE-V. ZENO ZENCOVICH, I
fatti illeciti, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 14,
Torino, 1995, p. 336 ss.; M. FRANZONI, Dei fati illeciti, in Commentario del
co-dice civile Scialoja-Branca, a cura di F. GALGANO (artt. 2043-2059),
Bologna-Roma, 1993, p. 346 ss.; G. ALPA, Responsabilità civile e danno, Bologna,
1991, p. 135 ss.; M. MANTOVANI, La respon-sabilità dei genitori e dei tutori, in
La responsabilità civile, diretta da G. Alpa e M. Bessone, Giuri-sprudenza
sistematica di diritto civile e commerciale W. Bigiavi, II, 1, Torino, 1987, p.
4 ss. e I (agg.), Torino, 1997. Meno frequenti le opere di carattere generale
dedicate specificamente all’argomento, v. per tutte S. PATTI, Famiglia e
responsabilità civile, Milano, 1984; L. MOROZZO DELLA ROCCA, Responsabilità
civile e minore età, Napoli, 1994; A. VENCHIARUTTI, La protezione civilistica
dell’incapace, in Il diritto privato oggi, a cura di P. CENDON, Milano, 1995; ma
v. altresì, da ultimo, G. DE CRISTOFARO, La responsabilità dei genitori per il
danno cagionato a terzi dal mi-nore, in Trattato di diritto di famiglia, diretto
da P. Zatti, Filiazione, II, Milano, 2002, p. 1213 ss. Assai numerosi invece si
presentano gli articoli o i commenti ispirati da pronunce che, di volta in
volta, si segnalano per profili di originalità o di interesse: tra i più
recenti, cfr. A. CHIANALE, Responsabili-tà dei genitori (sintesi di
informazione), in Riv. dir. civ., 1988, II, p. 277; M.R. FISCHETTI, La
respon-sabilità extracontrattuale dei genitori, in Arch. civ., 1996, p. 773; R.
PARDOLESI, Danni cagionati dai minori: pagano sempre i genitori?, in Fam. e
dir., 1997, p. 221; F. FERRI, La responsabilità dei genitori ex art. 2048 c.c.,
in Giur. it., 2000, p. 1409; F. DI CIOMMO, Figli, discepoli e discoli in una
giurisprudenza «bacchettona»?, in Danno e resp. civ., 2001, p. 257; F. DI CIOMMO,
La responsabili-tà contrattuale della scuola (pubblica) per il danno che il
minore si procura da sè: verso il ridimen-sionamento dell’art. 2048, in Foro it.,
2003, I, c. 2635; ma v. già L. ROSSI CALEO, La responsabilità dei genitori ex
art. 2048, in Riv. dir. civ., 1979, II, p. 120.
2 Cfr. al riguardo A. DE CUPIS, Il danno, II, Milano, 1979, p.
140.
3 V. al riguardo F.D. BUSNELLI, Nuove frontiere della
responsabilità civile, in Jus, 1976, p. 65; M. FRANZONI, op. cit., p. 348; in
giurisprudenza v., per tutte, Cass. 3 marzo 1995, n. 2463, in Mass. Giur. it.,
1995; Cass. 25 marzo 1997, n. 2606, ivi, 1997.
4 Cfr. C. SALVI, La responsabilità civile, in Trattato
Iudica-Zatti, Milano, 1998, p. 105; C.M. BIAN-CA, Diritto civile, 5, La
responsabilità civile, Milano, 1994, p. 690; ma v. altresì G. VISINTINI,
Trat-tato breve della responsabilità civile, Padova, 1999, p. 637.
5 Cfr. al riguardo Cass. 26 giugno 2001, n. 8740, in Foro it.,
2001, I, c. 3098, con nota di F. DI CIOMMO, L’illiceità (o antigiuridicità) del
fatto del minore come presupposto per l’applicazione dell’art. 2048 (o 2047) c.c..
La pronuncia si riferisce ad una fattispecie di responsabilità degli
inse-gnanti, pur contenendo principi generali, riferibili anche alla posizione
dei genitori: nella specie, si trattava di lesioni cagionate da un dodicenne ad
un compagno, nel corso di un gioco a squadre con-dotto con una certa veemenza.;
cfr. altresì in termini Cass. 18 giugno 1975, n. 2525, in Rep. Foro it., 1976,
voce Responsabilità civile, nn. 167, 168; Cass. 5 aprile 1965, n. 597, in Mass.
Giur. it., 1965. In diversa prospettiva si è peraltro affermato che non sarebbe
necessario svolgere di volta in volta un accertamento concreto della capacità di
intendere e di volere del minore, ben potendo fondare il giu-dice tale
valutazione anche su presunzioni concernenti l’età o gli studi condotti: Cass.
30 gennaio 1985, n. 565, ivi, voce cit., 1985, n. 105. Non mancano peraltro,
specie nella giurisprudenza di merito meno recente, rari casi in cui i minori di
quattordici anni sono stati reputati incapaci di intendere e di volere,
indipendentemente da qualsiasi accertamento di fatto, sulla base di una mera
presunzione (cfr. ad es. Trib. Reggio Emilia, 18 marzo 1982, in Riv. giur.
scuola, 1983, p. 511).
6 Cfr. ad es. A. DE CUPIS, Dei fatti illeciti, cit., p. 58; L.
CORSARO, Funzioni e ragioni della respon-sabilità del genitore per il fatto
illecito del figlio minore, in Giur. it., 1988, IV, c. 225.
7 V., per tutte, Cass. 26 giugno 1984, n. 3726, in Arch. resp.
civ., 1985, p. 51; Cass. 18 giugno 1985, n. 3664 e 6 maggio 1986, n. 3031,
entrambe in Giur. it., 1986, I, 1, c. 1527; Cass. 24 ottobre 1988, n. 5751, in
Foro it., 1989, I, c. 98; Cass. 29 maggio 1992, n. 6484, in Giur. it., 1993, I,
1, c. 588; Cass. 9 giugno 1994, n. 5619, in Mass. Giur. it., 1994.
8 Cfr. ad es. Cass. 16 maggio 1984, n. 2995, in Mass. Giur. it.,
1984.
9 Cfr. in proposito G. ALPA-M. BESSONE-V. ZENO ZENCOVICH, op.
cit., p. 337; G. ALPA, op. cit., p. 303.
10 M. FRANZONI, op. cit., p. 370.
11 Cfr. BRASIELLO, Responsabilità del genitore per il fatto
commesso dal minore capace o incapace, in Foro pad., 1954, I, p. 377 ss.; TABET,
Questioni in tema di fatti illeciti dei minori, in Foro it., 1953, I, c. 1431
ss.
12 Cfr. già R. SCOGNAMIGLIO, voce Responsabilità per fatto
altrui, in Noviss. Dig. it. , XV, Torino, 1968, p. 693 ss.; S. RODOTÀ, Il
problema della responsabilità civile, Milano, 1964, p. 156 ss.; più di recente
v. F. GIARDINA, La condizione giuridica del minore, Napoli, 1984, p. 132 ss.; S.
PATTI, op. cit., p. 256 ss.
13 Così M. BESSONE, Fatto illecito del minore e regime della
responsabilità per mancata sorveglian-za, in Dir. fam. e pers., 1982, p. 1011.
14 Cfr. A. DE CUPIS, Il danno, cit., p. 133 ss.; M. POGLIANI,
Responsabilità e risarcimento da illecito civile, Milano, 1969, p. 130; L.
CORSARO, Funzione e ragioni della responsabilità del genitore per il fatto
illecito del figlio minore, in Giur. it., 1988, IV, c. 225; Cass. 6 luglio 1962,
in Resp. civ. prev., 1962, p. 443; Trib. Milano, 20 marzo 1970, in Mon. trib.,
1970, p. 703; C. app. Venezia, 27 ottobre 1974, in Corti Brescia, Venezia, e
Trieste, 1975, p. 209 ss.
15 Cfr. R. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 694; M. FRANZONI, op. cit.,
p. 348 ss.
16 Cfr. U. MAJELLO, Responsabilità dei genitori per il fatto
illecito del figlio minore e valutazione del comportamento del danneggiato ai
fini della determinazione del contenuto della prova liberatoria, in Dir. e giur.,
1960, p. 45, il quale si esprime in termini di responsabilità indiretta, ma per
fatto proprio.
17 V. sul punto G. DE CRISTOFARO, op. cit., p. 1224.
18 Così C. SALVI, op. cit., p. 265. In giurisprudenza v. Cass.
9 luglio 1998, n. 6686, in Mass. Giur. it., 1998, secondo cui il genitore
risponde pure quando la responsabilità del figlio non sia accertata in concreto,
ma sia stata presunta ex art. 2054, 2° co., c.c.
19 Cfr. S. PATTI, op. cit., p. 265.
20 Cfr, al riguardo M. BESSONE, in Commentario alla
Costituzione, a cura di G. BRANCA, sub art. 29, Bologna-Roma, 1976, p. 31 ss.;
G. FERRANDO, voce Filiazione (rapporto di), in Enc. giur. Treccani, XIV, Roma,
1989; ma v. altresì in prospettiva più generale M. DOGLIOTTI-A. FIGONE-F. MAZZA
GALANTI, Codice dei minori, Torino, 1999.
21 Cfr., per tutti, M. BESSONE, Garanzie costituzionali di
autonomia della famiglia, educazione del minore e regime dell’art. 147 c.c., in
Giur. it., 1980, I, 2, c. 35.
22 Cfr. al riguardo, M. POGLIANI, op. cit., p. 130; M.
MANTOVANI, op. cit., 1987, p. 13 ss.; in giuri-sprudenza, v. tra le pronunce più
recenti Trib. Frosinone 12 giugno 2002, in Gius., 2002, p. 2365.
23 Cfr. Cass. 5 dicembre 1974, n. 4027, in Mass. Giur. it.,
1974.
24 V. Cass. 19 dicembre 1978, n. 6104, in Mass. Giur. it.,
1978.
25 Cfr. Cass. 21 dicembre 1968, n. 4046, in Giur. it., 1969, I,
1, c. 1084; Cass. 20 aprile 1978, n. 1895, in Mass. Giur. it., 1978; Cass. 1°
agosto 1995, n. 8384, in Mass. Giur. it., 1995.
26 Cfr. Cass. 20 gennaio 1997, n. 540, in Fam. e dir., 1997, p.
287; Cass. 9 giugno 1994, n. 5619, in Mass. Giur. it., 1994; Cass. 22 novembre
1978, n. 5464, ivi, 1978. In dottrina v. G. DE CRISTOFARO, op. cit., p. 1225; M.
FRANZONI, op. cit., p. 352.
27 V. al riguardo R. SCOGNAMIGLIO, op. cit., p. 693 ss.; M.
FRANZONI, op. cit., p. 352; G. DE CRI-STOFARO, op. cit., p. 1245; M. MANTOVANI,
op. cit., p. 16.
28 V. ad es. Trib. Roma, 28 maggio 1987, in Riv. giur. circ.
trasp., 1988, p. 635.
29 Cfr. A. DE CUPIS, Il danno, cit., p. 139; R. SCOGNAMIGLIO,
op. cit., p. 694; in diversa prospettiva v. invece P.G. MONATERI, La
responsabilità civile, in Trattato Sacco, Torino, 1998, p. 954, secondo cui
risponderebbe ex art. 2048 c.c. pure colui che eserciti di fatto le funzioni di
genitore in forza dell’in¬staurarsi di una consuetudine di vita comune con il
minore.
30 C.M. BIANCA, op. cit., p. 698; P.G. MONATERI, op. cit., p.
954.
31 Cfr. Cass. 8 luglio 1954, n. 2394, in Resp. civ. prev.,
1955, p. 32; Cass. 22 luglio 1962, n. 2125, ivi, 1963, p. 281; Trib. Ravenna, 13
novembre 1964, in Giur. it., 1965, I, 2, c. 541.
32 Cfr. sul punto M. MANTOVANI, op. cit., 1987, p. 16.
33 Trib. Firenze, 17 luglio 1954, in Giur. tosc., 1954, p. 807.
34 Cfr. al riguardo, tra i contributi più recenti, M. BESSONE-G.
ALPA-A. D’ANGELO-G. FERRANDO-M.R. SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto,
Bologna, 2002, p. 249 ss.
35 V. al riguardo M. DOGLIOTTI, Separazione e divorzio, Torino,
1995, pp. 78 ss., 206 ss.; M. GIOR-GIANNI, Della potestà dei genitori, in
Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di G. CIAN-G. OPPO-A.
TRABUCCHI, Padova, 1992, p. 353.
36 Cfr. Cass. 20 maggio 1958, n. 1662, in Resp. civ. prev.,
1959, p. 102; Trib. Sanremo, 7 dicembre 1960, in Rep. Giur. it., 1960, voce
Responsabilità civile, n. 124.
37 Cfr. M. MANTOVANI, op. cit., p. 25; Trib. Milano, 20 marzo
1970, in Mon. trib., 1970, p. 703.
38 V. in prospettiva più generale M. DOGLIOTTI, Separazione e
divorzio, cit., p. 21 ss.
39 C. app. Napoli, 7 novembre 1966, in Riv. dir. matr., 1967,
p. 312.
(**)
INDICE
C. SCOGNAMIGLIO,A. FIGONE,C. COSSU,G. GIACOBBE,P.G. MONATERI
ILLECITO E RESPONSABILITA’ CIVILE
G. Giappichelli editore - Torino
Primo dei volumi dedicati alla disciplina della responsabilità civile nel
Trattato di diritto privato diretto da Mario Bessone ,e risultato della
collaborazione tra ben noti cultori della materia, quest’opera svolge esauriente
analisi delle normative e delle problematiche in dicate con chiarezza già dal
circostanziato indice del volume.
Indice
L’INGIUSTIZIA DEL DANNO (ART. 2043)
di Claudio Scognamiglio
1. Premessa: ingiustizia del danno e problema della responsabilità civile
1
2. L’ingiustizia del danno ed il sistema della responsabilità civile
12
2.1. La nozione dogmatica di danno ed il concetto di «ingiustizia» del danno: le
posizioni della dottrina
12
2.2. L’ingiustizia del danno: tra «clausola generale» di responsabilità e
«tipicità progressiva» degli illeciti civili
23
3. Il giudizio di ingiustizia del danno
31
3.1. La struttura formale del giudizio di ingiustizia
31
3.2. Il giudizio di ingiustizia: la struttura della situazione giuridica
rilevante
36
3.3. Il giudizio di ingiustizia del danno: il «bilanciamento degli interessi»
42
3.3.1. Giudizio di ingiustizia del danno e regola di buona fede
48
3.4. Giudizio di ingiustizia del danno e norma costituzionale
54
3.4.1. La tutela degli interessi riferibili alla persona umana
54
3.4.2. La tutela degli interessi «meramente patrimoniali»
60
3.4.2.1. Tutela aquiliana e disciplina del mercato: il caso dell’illecito
antitrust
65
ARTT. 2044-2045
di Giovanni Giacobbe
I.
1. Premessa
77
2. Presupposti della responsabilità civile: a) il fatto
82
3. b) l’elemento soggettivo
85
4. c) il danno ingiusto
89
5. d) il nesso di causalità
95
6. Gli atti leciti dannosi nella teoria della responsabilità civile
100
II.
7. Legittima difesa e stato di necessità: considerazioni generali
104
8. La legittima difesa nel diritto penale: elementi costitutivi della
fattispecie
109
9. Lo stato di necessità nel diritto penale: elementi costitutivi della
fattispecie
115
10. Lo stato di necessità e la teoria dell’inesigibilità
122
11. La disciplina penale delle scriminanti
125
III.
12. L’art. 2044 c.c.: caratteri della legittima difesa
129
13. Segue. I diritti tutelabili
133
14. Segue. Il pericolo
134
15. La proporzionalità tra l’offesa e la reazione. L’eccesso colposo di
legittima difesa e la provocazione
136
16. La legittima difesa putativa
140
IV.
17. La previsione dello stato di necessità nel codice civile
144
18. Il fondamento dello stato di necessità
147
19. Elementi costitutivi dello stato di necessità: il danno grave alla persona
153
20. Segue. Il pericolo di danno. Attualità, inevitabilità, involontarietà
159
21. Segue. In particolare: lo stato di necessità putativo
164
22. Segue. Il fatto necessitato dannoso
167
23. Il diritto sacrificato ed il criterio della proporzionalità
170
24. Il dovere di esporsi al pericolo
173
25. Il fatto colposo del terzo
176
26. Il soccorso necessitato
183
27. L’obbligazione indennitaria: natura e fondamento
188
28. La rilevanza dello stato di necessità nella responsabilità contrattuale
193
LA RESPONSABILITÀ E IL DANNO CAGIONATO DALL’INCAPACE (ARTT. 2046-2047)
di Cipriano Cossu
Parte prima: DANNO E IMPUTABILITÀ
1. La nozione di imputabilità. Imputabilità e colpevolezza. Le actiones liberae
in causa
199
2. Imputabilità penale. Imputabilità civile
204
3. Incapacità naturale e incapacità legale: il minore d’età e l’infermo di mente
205
4. Il concorso di colpa dell’incapace
208
5. La risarcibilità dei danni non patrimoniali
214
6. Imputabilità e responsabilità oggettiva
215
Parte seconda: IL RISARCIMENTO DEL DANNO CAGIONATO DALL’INCAPACE
7. La responsabilità dei soggetti tenuti alla sorveglianza
218
8. La prova liberatoria
220
9. La responsabilità dell’incapace e la misura dell’indennizzo
224
RESPONSABILITÀ CIVILE DEI GENITORI, DEI TUTORI, DEGLI INSEGNANTI E DEI MAESTRI
D’ARTE O MESTIERE
di Alberto Figone
1. Una premessa
227
2. Fondamento della responsabilità
229
3. Solidarietà passiva tra genitori e figli
233
4. I soggetti responsabili
235
4.1. Generalità
235
4.2. I genitori
236
4.3. Gli affidatari
239
4.4. Concorso dei genitori con terzi
241
5. La convivenza
242
6. Prova liberatoria
244
7. Precettori e maestri: generalità
249
8. In particolare: gli insegnanti
251
9. I maestri di mestiere o d’arte
256
10. Prova liberatoria
257
IL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA
di Pier Giuseppe Monateri
1. Natura e funzione del risarcimento in forma specifica. I rapporti tra
reintegrazione e risarcimento per equivalente 261
2. La prassi evolutiva verso il riconoscimento di una azione generale di
renitegrazione fondata sull’art. 2058 c.c.
264
3. I limiti alla reintegrazione in forma specifica
268
4. Profili processuali
270
5. Risarcimento del danno in forma specifica e Pubblica Amministrazione
273
IL NUOVO DANNO NON PATRIMONIALE LA NUOVA TASSONOMIA DEL DANNO ALLA PERSONA
di Pier Giuseppe Monateri
1. Il nuovo sistema risarcitorio dei danni non patrimoniali
277
2. Le interpretazioni dell’art. 2059 c.c.: la vecchia regola
278
2.1. Segue. Il superamento della “vecchia regola”
280
2.2. Segue. L’abbandono della “vecchia regola”
282
3. Danno biologico, danno morale e danno esistenziale: la nuova tassonomia
286
4. La prova dei danni non patrimoniali
289
5. La quantificazione dei danni non patrimoniali: liquidazione analitica o
liquidazione unica?
290
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 4/12/2005