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Due punti della
Circolare 6 settembre 2004 sui limiti differenziali di rumore (*)
SILVANO DI ROSA (**)
SOMMARIO: - 1. Premessa; - 2. La circolare ed il D.P.C.M.; - 3. Il "differenziale" per i circoli privati, centri sociali, centri sportivi e ricreativi - 4. "Il differenziale" per gli impianti a ciclo produttivo continuo - 5. Conclusioni
1 - Premessa
Questa volta preferiamo soffermarci su due aspetti specifici dei limiti
differenziali di rumore, affrontati ai punti
3
e
6
della circolare MinAmbiente 6 settembre 2004 (rubricata
Interpretazione in materia di inquinamento acustico: criterio differenziale e
applicabilità dei valori limite differenziali)1, con riferimento a: "Circoli privati, centri sociali, centri sportivi e
ricreativi: art. 4, comma 3, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
14 novembre 1997" (punto 3) e "Impianti a
ciclo produttivo continuo " (punto 6).
Eviteremo, pertanto, di ripetere2 che cosa e quali sono i limiti differenziali
attualmente vigenti, limitandoci ad annoverarli fra quegli strumenti
giuridici diretti alla valutazione dell'inquinamento acustico3 (tipico delle discipline pubblicistiche);
ben diversi, quindi, da quegli altri di cui solitamente ci si avvale per
apprezzare il cosiddetto disturbo da rumore4 (tipico delle discipline
privatistiche). Distinzione da non considerare come discrasia
dell'ordinamento giuridico, bensì come mera sussistenza di due forme di tutela
diverse, che obbedendo a distinte esigenze, richiedono mezzi di tutela
differenti5 .
2 - La Circolare ed il D.P.C.M.
Presso il Dicastero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio si è pensato di
ricorrere ad una circolare per fornire chiarimenti sui limiti
differenziali di rumore.
Riguardo a tale scelta ci limiteremo ad evidenziare che lo strumento
impiegato non può essere considerato -
nell'ambito della gerarchia delle fonti del diritto
- come autonoma figura di atto amministrativo, trattandosi, nella sostanza, di
un semplice mezzo per….. La dottrina, su tale scorta, ha individuato
circolari: interpretative6, normative7, organizzative8, meramente informative9, intersoggettive10, regolamento11, di cortesia12 ; ai nostri fini, però, sarà
sufficiente ricordare che si tratta sempre di un mero strumento di conoscenza e
niente di più!
La circolare 6 settembre 2004, nello specifico, non si dedica ad interpretare o
illustrare una legge, in quanto si rivolge ad atti a contenuto amministrativo:
i DD.P.C.M. 1° marzo 1991 e 14 novembre 1997, oltre che il D.M. Ambiente 16
dicembre 1996.
Abbiamo già avuto modo di salutarla con favore13, quale possibile fonte di
interpretazione autentica di certe disposizioni contenute in tali decreti.
Tuttavia - nonostante l'autorevolezza della sua provenienza - l'argomento con
essa affrontato non può assolutamente considerarsi del tutto chiarito, tanto che
la questione del limite differenziale resta ancora "totalmente aperta"14 .
Spendiamo "due parole" anche sul D.P.C.M. in senso lato. Se non altro per
ricordare che si tratta di un decreto governativo avente contenuto
amministrativo15 e quindi non di una norma di legge primaria, né tantomeno
di un atto avente forza di legge. Come tale, invero, privo di un proprio
apparato sanzionatorio.
In Italia, come noto, la prima normazione operativa in materia di inquinamento
acustico è stata attuata proprio con un D.P.C.M.: il decreto 1° marzo 1991 "Limiti
massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e
nell'ambiente esterno"16, emanato17 "in via transitoria" come preludio alla
legge-quadro 447/199518 .
3 - Il differenziale per i circoli
privati, centri sociali, centri sportivi e ricreativi
Il
punto 3
della circolare 6.09.2004 affronta il tema della verifica dei
valori limite differenziali di immissione
(quindi del limite differenziale)
in caso di rumorosità prodotta da circoli privati, centri sociali, centri
sportivi
(tra questi anche il tiro a volo)
e ricreativi.
Balza subito agli occhi il fatto che sia stata fornita una peculiare
esemplificazione soltanto per i centri sportivi (riferendosi, nello specifico,
alle attività di tiro a volo), senza sentire il bisogno di fare
altrettanto anche per le restanti fattispecie: circoli privati e/o i
centri sociali e/o ricreativi.
Ciò premesso, in tale punto, la circolare ribadisce l'esigibilità del rispetto
dei valori limite differenziali di immissione -
per tutte e quattro le anzidette fattispecie
-, salvi i casi di rumorosità prodotta da attività e comportamenti
non connessi
con esigenze produttive, commerciali e
professionali. Fin qui, tutto conforme con quanto previsto dall'art. 4,
comma 3, del D.P.C.M. 14.11.1997, ove è stabilito che se
(non)
sono connesse con tali esigenze
(non) debbono rispettare il
limite differenziale. Il Ministero, però, va ben oltre, avendo cura di
specificare che le attività (fra quelle di cui sopra) che prevedono quote
d'iscrizione associative e/o regolari canoni periodici "possono" essere
considerate come "espletanti funzioni commerciali e/o professionali",
anche nel caso in cui non abbiano finalità di lucro. Da ciò
deriverebbe -
con un bel condizionale d'obbligo!-
che le quote d'iscrizione ed i regolari canoni periodici, previsti e versati,
"potrebbero" far considerare commerciali e/o professionali anche delle attività
"non a scopo di lucro", sol perché le stesse (attività) "…presuppongono una
struttura organizzativa tale da garantire un'attività ricorrente che
produce conseguentemente emissioni acustiche…"
(così si legge nella circolare).
Al di là del fatto che: "possono" e "devono" sono coniugazioni di
verbi significativamente diversi -
di cui solo il secondo impone, mentre il primo si limita a non
escludere -,
non si comprende come mai la "produzione" di emissioni acustiche sia
stata considerata come "conseguenza" dello svolgere un'attività
ricorrente ; dal momento in cui non è certamente la ciclicità di
un'attività a determinarne la rumorosità, bensì la sua tipologia, le
attrezzature impiegate ecc.. Vogliamo dire che, se anche non fosse ricorrente,
quell'attività produrrebbe ugualmente rumore!
Dopo questa osservazione non ci resta che cercare di capire quale sia il motivo
che ha condotto il Ministero a fornire così tante specificazioni per assicurare
l'assoggettabilità al limite differenziale di queste attività - anche sportive
-, quando poi, con l'art. 3.2 del D.P.R. 3 aprile 2001 n. 30419, si prevede "de
plano" che agli autodromi, alle piste motoristiche di prova ed a
quelle per attività sportive, NON si applichi il disposto
dell'articolo 4 del DPCM 14 novembre 1997 e quindi non si possa
in tali casi esigere il rispetto dei valori limite differenziali di
immissione. Quasi che queste non fossero attività "ricorrenti"!
Dal momento in cui anche quest'ultime attività sportive producono rumore, come
quelle di tiro a volo o dei circoli privati affollati (provare
per credere!) ecc., quello
che ne risulta è un contesto tipicamente "schizofrenico"; caratterizzato dal
fatto che solo per gli "auto-moto-dromi"20 -
e ci riferiamo all'art. 11, comma 1, della legge quadro
n. 447/95
- è stata prevista l'emanazione di regolamenti di esecuzione contenenti una
particolare disciplina dell'inquinamento acustico da questi prodotto, senza
averne contemplata -
a torto o a ragione
- l'emanazione anche per altre attività sportive in genere. Il prenderne atto
rattrista un po', non potendoci affatto rallegrare di una norma -
contaminata dal "virus della ambiguità"21- che rischia di discriminare certe occupazioni (rispetto ad altre); così come
non possiamo esser fieri dell'ennesima conferma che la nostra è, di fatto, una
cultura della norma e non del risultato. Da questo punto di vista - ahimè -
siamo davvero messi male! Ma cerchiamo di tornare in tema.
Come spunto di riflessione, intanto, vorremmo escludere che le
precisazioni contenute in una circolare "debbano", per se stesse, far
ritenere come produttive o commerciali o
professionali alcune attività sportive, sociali o ricreative. Non solo
perché è stato utilizzato il termine "possono"
(e non "devono"),
ma anche perché una tale potestà tipizzante deve necessariamente trovar sede
altrove: non certamente in una circolare, bensì in vere e proprie norme vigenti,
con cui effettuare una formale ed adeguata verifica della possibilità, o meno,
di considerare la rumorosità di cui trattasi come prodottasi da attività
e comportamenti effettivamente connessi con esigenze
produttive, commerciali e professionali.
Ove, da tale riscontro, le attività o i comportamenti de quibus risultassero
connessi ad esigenze diverse da quelle appena adesso
enumerate, i limiti differenziali di rumore non sarebbero
applicabili ex-lege alle fattispecie trattate dal punto 3 della circolare
in oggetto.
Non riteniamo che qualcuno possa scandalizzarsi per la soluzione or ora
indicata, in quanto è del tutto evidente come non si tratta
affatto di una questione sostanziale, bensì solo e soltanto di un
mero aspetto "formale"; con il quale -
a dire il vero
- ha ben poco a che fare la tutela dal: fastidio o disturbo al riposo ed
alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli
ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell'ambiente abitativo o
dell'ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli
ambienti stessi22. Se fossero aspetti sostanziali, allora, anche
gli autodromi e le piste motoristiche dovrebbero essere obbligati a rispettare
il limite differenziale, perché quello che emettono: rumore è…. e rumore resta!
Viceversa, il fatto che -
per scelta - sia
stata trovata una ragione ufficiale per "risolvere"23
i problemi determinati dallo
svolgimento di queste attività sportive, fa capire come se ne possa benissimo
trovare una anche per le fattispecie trattate dal punto 3 della circolare in
esame; se non altro per ragioni di equità. Incaponirsi solo su queste ultime e
lasciarne immuni le prime, cozza con qualsiasi logica ed è in controtendenza
rispetto alla volontà di mantenere uniformità nella diversità. Auspicando
comunque che ogni eventuale intervento venga sempre attuato utilizzando gli
strumenti più adeguati, fra i quali non possono annoverarsi "le circolari".
Niente da obiettare, invece, sul fatto che "nel calcolo"
(rectius: nella misura)
dei livelli di rumorosità non venga escluso il rumore antropico
prodotto nell'ambito delle attività succitate; sempre che, ovviamente,
sussistano le condizioni per poter pretendere da queste il rispetto del
limite differenziale.
4
- Il differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo
Il punto 6 della circolare 6.09.2004, fornisce una precisazione "creativa"
in tema di applicabilità del limite differenziale agli impianti a ciclo
produttivo continuo. Nello specifico, si afferma che, nel caso di
impianto esistente divenuto oggetto di modifica
(ampliamento, adeguamento ambientale, etc.),
l'interpretazione corrente della norma debba tradursi nella applicabilità
del criterio differenziale
(sic!)24
limitatamente ai nuovi impianti che costituiscono la
"modifica".
Vorremmo muovere una prima osservazione sul bisticcio di termini: impianto,
impianti. Riferirsi a "nuovi" impianti installati all'interno di un
impianto a ciclo produttivo continuo "esistente", implica il
rischio di ottenebrare la chiarezza di una affermazione che, tutto sommato,
potrebbe anche essere ragionevole. Si potevano chiamare "nuovi allestimenti"
realizzati nel contesto di un impianto a ciclo continuo esistente; per quanto,
anche così, non si sarebbero eliminati del tutto i dubbi25. La circolare sarebbe
risultata più incisiva, pur residuando il dubbio che, con tale strumento, sia
legittimamente possibile "creare" ex-novo statuizioni
precedentemente inesistenti nell'ordinamento giuridico.
E' un'altra, però, la questione fondamentale che andava chiarita e che vorremmo
affrontare! Ci riferiamo al fatto che qualcuno, ragionando a contrario
sull'indicazione fornita, potrebbe dedurre un'inapplicabilità del limite
differenziale di rumore estesa a tutti gli impianti a ciclo produttivo
continuo esistenti. Così non è! Quindi, al fine di evitare
possibili quiproquo, riteniamo necessario sottolineare che, per
considerare inapplicabile il limite differenziale alla rumorosità
prodotta da un impianto a ciclo produttivo continuo "esistente", debbono potersi
considerare verificate alcune condizioni, sulla cui scorta possono
determinarsi situazioni a dir poco alternative fra loro:
1) E' scontato che, se l'impianto non possiede le caratteristiche individuate
quali criteri identificativi26 di un cosiddetto "impianto a ciclo produttivo
continuo" (non potendo, in tal caso, essere così qualificato), lo stesso debba
rispettare il limite differenziale27 .
2) Pur essendo effettivamente un impianto "a ciclo produttivo continuo", nel
caso in cui lo si debba considerare "nuovo" (ai sensi dell'articolo 2 del D.M.
11 dicembre 1996), non soltanto risulterà applicabile il
limite differenziale,
ma il suo rispetto costituirà addirittura condizione necessaria per il rilascio
della relativa concessione (art. 3, comma 2, D.M. 11.12.1996).
3) Se, viceversa, può considerarsi come "impianto a ciclo produttivo continuo"
effettivamente "esistente" all'epoca dell'entrata in vigore del D.M. 11 dicembre
1996 (19 marzo 1997: in quanto pubblicato sulla G.U. 04.03.1997, n°52), allora
non è escluso che lo stesso possa avvalersi della facoltà di derogare dal
rispetto del citato limite differenziale, senza però alcun automatismo. Anche
qui esiste una condizione da soddisfare, in base alla quale:
a) dovrà comunque uniformarsi ai vigenti limiti differenziali28, se ed in quanto
non sia possibile dimostrare che, alla data del 19.03.1997, quell'impianto
rispettava concretamente i valori limite assoluti di immissione (così come
definiti dall'art. 2, comma 1, lettera f, della legge 26 ottobre 1995, n. 447).
Requisito necessario e sufficiente per potersi avvalere, ancora oggi, della
deroga di cui all'art. 3.129 stesso decreto.
b) potrà, invece, derogare dall'obbligo di osservanza dei vigenti "limiti
differenziali", se ed in quanto risulti "dimostrato" che,
all'epoca dell'entrata
in vigore del D.M., quell'impianto avesse veramente rispettato i valori limite
assoluti di immissione.
Risulta essenziale ricordare che l'onere della prova del citato rispetto
pregresso non compete all'Autorità, ma grava direttamente sul gestore
dell'impianto a ciclo produttivo continuo; il quale, infatti, già all'epoca (fra
le varie incombenze) era tenuto30 ad attestare31,
ove e se realmente riscontrata,
di trovarsi nella predetta condizione32 - ex-art. 3.1 del DM del 96 -,
trasmettendo al competente ufficio comunale apposita certificazione (di cui
all'art. 4, comma 5, del D.M. 11.12.1996), redatta con le modalità e per gli
effetti della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
A ben vedere, pertanto, è proprio l'esistenza -
agli atti - di tale
certificazione che costituisce condizione di efficacia per poter
usufruire della deroga prevista dal predetto articolo 3.1, senza
alcun automatismo insito nell'essere qualificabile come impianto esistente.
5 - Conclusioni
Risulta acclarato che sul limite differenziale di rumore c'è ancora molto da
dire, così come è evidente quanto sia grande la difficoltà di potervi riuscire
senza contare sulla c.d. "certezza del diritto". A tal riguardo, esiste
l'alternativa33 di accontentarci -
quali obiettivi meno utopistici
- di diminuire la dilagante incertezza fino ad un "livello
accettabile", oppure di riuscire ad evitare perlomeno quelle
incertezze "non necessarie". Riteniamo non sia possibile far di
meglio, sapendo bene che, se è fraintendibile la realtà oggettiva, ancor
più lo sarà una realtà giuridica. La conclusione in cui confidare -
nutrendosi dei soliti spiedini di ovvietà - è piuttosto diffusa: la perfezione non è di questo mondo! Non si può
sempre avere tutto.
(**) AVVOCATO
CONSULENTE LEGALE AMBIENTALE in Vinci (FI)
silvanodiros@email.it
_____________________
(*)
Pubblicato su LexItalia.it n. 2/2006 Rivista internet di diritto pubblico - Anno
VII -
1 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 217 del
15.09.2004
2 DI ROSA SILVANO, Ancora enigmatica l'applicabilità del
livello differenziale di rumore, nei comuni "non zonizzati" ?!, in
"L'Amministrazione Italiana", 2003, fasc. 01, pag. 50-62 - PRIMA PARTE - e fasc.
02, pag. 210-223 - SECONDA PARTE -; in "RivistAmbiente", La Tribuna, Piacenza,
2003, fasc. 2, pag. 133 - 147; nel sito www.leggiweb.it (nella sezione
articoli del "MENÙ PRINCIPALE"); nel sito www.ambientediritto.it (nella
sezione dottrina); nel sito www.altalex.it (nella sezione articoli &
riviste dal 12 febbraio 2003); nel sito www.lexambiente.it.
3 Legge 26 ottobre 1995, n. 447 "Legge quadro inquinamento
acustico" art. 2, comma 1, lettera a): INQUINAMENTO ACUSTICO: l'introduzione
di rumore nell'ambiente abitativo o nell'ambiente esterno, tale da
provocare
" fastidio o " disturbo al riposo ed alle attività umane, " pericolo per la
salute umana," deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei
monumenti, dell'ambiente abitativo o dell'ambiente esterno o tale da
interferire
con le legittime fruizioni degli ambienti stessi.
4 Leggasi, ad esempio, il parametro della normale
tollerabilità di cui all'art. 844 c.c.
5 A tal riguardo, comunque, occorre richiamare la discussa
proposta di Legge n°5951 del 28 giugno 2005, rubricata "Modifica all'articolo
844 del codice civile in materia di inquinamento acustico", la quale prevede
l'inserimento nell'articolo 844 del codice civile di un ulteriore comma di cui
si riporta il testo: "I limiti di normale tollerabilità dei rumori sono
quelli indicati dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri 14 novembre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
280 del 1° dicembre 1997, che definisce i rumori rientranti entro tali limiti
come trascurabili".
6 Strumento con cui, l'organo situato al vertice della piramide,
indica - agli uffici inferiori - quale sia l'interpretazione corretta di
determinate norme, al fine di assicurarne un'applicazione conforme al diritto,
nell'ambito dell'apparato amministrativo, evitando sperequazioni o divergenze
fra i vari uffici.
7 Con le quali si può esplicare quello che comunemente viene
detto "potere di indirizzo politico amministrativo" e quindi la facoltà,
dove c'è un attività discrezionale (cioè laddove c' è la possibilità di
scegliere), di fornire determinate "direttive" con cui indicare il comportamento
che devono tenere determinati uffici, o determinati soggetti; con valore
limitato all'interno della struttura di emanazione, ma pur sempre espressione
del potere di indirizzo politico amministrativo.
8 Contenente disposizioni sull'organizzazione degli uffici.
9 Sono "strumenti di conoscenza" tesi ad informare su
determinati atti e problemi.
10 Aventi forza ed efficacia diverse e dipendenti dai soggetti
che vengono presi in esame, a seconda del tipo di rapporto che li lega agli
organi che interagiscono.
11 Questa figura, dopo l'entrata in vigore della legge 400 del
1988, non può più considerarsi esistente, in quanto tutti i regolamenti devono
assumere il nome proprio di "regolamento".
12 Contenente voti augurali, saluti, attestati di stima.
13 Con la Relazione "Valore limite differenziale : prima,
durante e dopo l'emanazione della Circolare del Ministero dell'Ambiente del 6
settembre 2004" presentata al Seminario di approfondimento "La gestione
delle emissioni sonore in ambiente esterno: normativa vigente e prossime
innovazioni" - Associazione degli Industriali della Provincia di Lucca - Palazzo
Bernardini, Lucca, 15 dicembre 2004;.
14 Attenendosi al tema in oggetto non verrà affrontata la
questione della coesistenza del livello differenziale con il D.Lgs. 19
agosto 2005, n. 194 " Attuazione della direttiva 2002/49/Ce relativa alla
determinazione e alla gestione del rumore ambientale "
15 Il quale, su proposta di singoli Ministri, viene emanato dal
Presidente del Consiglio dei Ministri - relativamente a materie in cui gode di
competenza amministrativa - senza alcuna partecipazione attiva del Consiglio nel
proprio insieme.
16 Previsto dall'art. 2, comma 14, dell'atto istitutivo del
Ministero dell'Ambiente - legge 8.07.1986, n. 349 -
17 "stante la grave situazione di inquinamento acustico
attualmente riscontrabile nell'ambito dell'intero territorio nazionale ed in
particolare nelle aree urbane", al fine di adottare "misure immediate e
urgenti della salvaguardia ambientale e della esposizione umana al rumore"
18 Cui hanno fatto seguito, fra gli altri, anche il D.M. 11
dicembre 1996 " Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a
ciclo produttivo continuo " ed il D.P.C.M. 14 novembre 1997
"Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore"
19 " Regolamento recante disciplina delle emissioni sonore
prodotte nello svolgimento delle attività motoristiche, a norma dell'articolo 11
della legge 26 novembre 1995, n. 447"
20 Ci riferiamo agli autodromi, alle piste motoristiche di
prova ed a quelle per attività sportive
21 Erba cattiva che continua a crescere per quanto non la si
annaffi
22 Vds. art. 2, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre
1995, n. 447
23 Poi si tratterà di vedere da quale punto di vista, ma quasi
certamente non da quello dei lamentanti.
24 Che ci permettiamo di tradurre direttamente e più
adeguatamente in: limite differenziale ex-art. 4 DPCM 14.11.1997
25 In quanto quello indicato è, e resta, un impianto a ciclo
produttivo continuo "esistente", in cui dover riuscire a distinguere la
rumorosità prodotta dai "nuovi" allestimenti realizzati
26 Contenute nel D.M. 11 dicembre 1996, articolo 2, comma
primo, e riprese anche al punto 6 della circolare in esame.
27 Sempre che poi si verifichino anche tutte le altre
condizioni di applicabilità di cui all'art. 4 del DPCM 14.11.1997
28 che, per tutto quanto predetto devono prudentemente
considerarsi i valori limite differenziali di immissione di
cui all'art. 4 del DPCM 14.11.1997 e non il criterio differenziale
di cui al DPCM 1.03.1991, ancor meno se riferito al secondo comma dell'articolo
2 di tale decreto
29 Art. 3 : "1. Fermo restando l'obbligo del rispetto dei
limiti di zona fissati a seguito dell'adozione dei provvedimenti comunali di cui
all'art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, gli
impianti a ciclo produttivo continuo esistenti sono soggetti alle disposizioni
di cui all'art. 2, comma 2, del D.P.C.M. 1° marzo 1991 (criterio differenziale)
quando non siano rispettati i valori assoluti di immissione, come definiti
dall'art. 2, comma 1, lettera f), della legge 26 ottobre 1995, n. 447.". Dal
momento in cui, oggi come oggi, viene comunemente negata l'applicabilità del
criterio differenziale di cui al secondo comma dell'articolo 6 del DPCM
1.03.1991 (riguardante la situazione transitoria in attesa della "zonizzazione"),
è ancor più fuori discussione che ci si possa riferire al criterio differenziale
di cui al secondo comma dell'articolo 2 del DPCM 1.03.1991 (riguardante
situazioni acusticamente "zonizzate"). Indipendentemente dalla
zonizzazione acustica, valgono solo i valori limite differenziali di
immissione di cui al decreto del 1997.
30 Art. 4 - Piani di risanamento -…omissis… 5. Gli impianti a
ciclo produttivo continuo che rispettino il disposto di cui all'art. 3 comma 1,
trasmettono al competente ufficio comunale apposita certificazione redatta con
le modalità e per gli effetti della legge 4 gennaio 1968, n. 15…omissis…
31 o, quantomeno, avrebbe dovuto farlo
32 di rispetto dei limiti assoluti
33 citando il Prof. Avv. Marcello Clarich