AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica -
Electronic Law Review
- Copyright © AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti
Reg. n. 197 del 19/07/2006
Vedi
altra:
DOTTRINA
Appunti sulla figura
dell'ispettore ambientale
CRISTIANO BRUNO*
1 - L’ispettore ambientale è un pubblico ufficiale? Fuorviante accostamento
alla figura dell’ausiliare del traffico nell’ambito di una rigorosa ricerca di
una soluzione al quesito.
Si diffonde sempre più la tendenza da parte di enti locali (in particolare,
Comuni e loro Consorzi) di istituire corpi con finalità di controllo
sull’osservanza di norme sanzionate in via amministrativa in materie fortemente
specializzate1.
Il modello preso a riferimento, in modo più o meno consapevole, per la creazione
di tali organi, è spesso quello degli ausiliari del traffico di cui alla L. c.d.
Bassani bis n. 127 del 1997.
Fonti talvolta autorevoli2
individuano, anzi, in modo esplicito nella figura degli ausiliari del traffico
il prototipo dei controllori “di nuova generazione”, tra cui il soggetto
del cui profilo ci si vuole in questa sede occupare: il c.d. ispettore
ambientale.
E’ pienamente legittimo un accostamento siffatto tra le due figure? Il quesito è
suscettibile di tradursi nel seguente interrogativo fondamentale: possono gli
ispettori ambientali, alla stregua degli ausiliari del traffico, considerarsi
pubblici ufficiali dotati di propri ed autonomi poteri di accertamento,
redazione e contestazione dei verbali?
Una rigorosa impostazione del problema mette in luce che tra gli ausiliari del
traffico e gli ispettori ambientali non vi è alcuna diretta discendenza.
Sotto un certo punto di vista, l’ausiliare del traffico, in quanto figura oggi
tipizzata dal legislatore, è infatti la negazione della possibile esistenza di
soggetti che, al contrario, sono privi di una specifica legge istitutiva .
Neppure è lecito sostenere, come talora impropriamente si dice, che il ruolo
dell’ispettore ambientale trovi giustificazione normativa nell’articolo 13 della
L. 689/1981.
Quand’anche sia certamente esatto ritenere che gli “organi addetti al
controllo” di cui al precitato articolo costituiscono una categoria aperta
nella quale possono riconoscersi anche figure di nuovo conio, resta insoluto,
all’evidenza, il problema di risalire alla norma (o al principio) che legittima
l’istituzione di tali soggetti.
Si ribadisce che l’articolo 13 della L. 689/1981 non è la norma che legittima la
creazione di nuove figure ispettive, ma è, in modo assai più limitato, una
disposizione tesa a disciplinare e regolare i poteri degli organi deputati
all’accertamento degli illeciti amministrativi: una norma, in sostanza, che, per
l’individuazione delle categorie di organi addetti al controllo, non può che
rinviare implicitamente ad altre norme o principi.
Quanto sopra chiarito, tra l’ausiliare del traffico e l’ispettore ambientale
corre una differenza di natura considerevole, che preme da subito sottolineare.
Infatti, mentre al primo è assegnata una funzione di vigilanza in un ambito di
competenza prettamente statale, vale a dire in materia di polizia stradale
(materia attinente all’ordine pubblico e alla sicurezza), l’ispettore ambientale
svolge funzioni di controllo in una materia invece di competenza locale: la
tutela del territorio e la gestione dei rifiuti.
Il terreno elettivo in cui ausiliari del traffico e ispettori ambientali
esercitano le funzioni loro proprie segnala il diverso fondamento e la diversa
origine dei rispettivi poteri, come in seguito verrà meglio evidenziato.
Per ora interessa avvertire che l’accostamento della figura degli ispettori
ambientali a quella degli ausiliari del traffico fa sorgere immediati dubbi e
difficoltà, soprattutto allorché ci si interroga sulla natura e sui poteri di
accertamento dei primi.
Tornando, dunque, al quesito di partenza: sono, dunque, gli ispettori ambientali
pubblici ufficiali, così come si tende ad ammettere con riferimento agli
ausiliari del traffico?
Richiamata nuovamente all’attenzione la circostanza che i poteri e le competenze
degli ausiliari del traffico sono regolamentati dalla legge, è utile rammentare
che gli stessi venivano e impiegati ed operavano già in epoca anteriore alla
legge Bassanini bis.
Gli odierni ispettori ambientali, privi come sono di una disciplina di
riferimento, dunque, apparirebbero simili più agli addetti alla sosta operanti
prima della legge sopra citata che alle attuali figure sorte ex art. 17, commi
132 e 133 L.127/1997.
Occorre però altresì ricordare che la giurisprudenza antecedente alla legge n.
127/1997 attribuiva agli ausiliari del traffico solo una limitata (e
giuridicamente debole, dal punto di vista probatorio) facoltà di segnalazione
degli illeciti agli organi competenti, ponendo tali operatori press’a poco sullo
stesso piano di qualsiasi privato cittadino dallo spirito volenteroso e
collaborativo4.
Neppure si revocava in dubbio che gli stessi soggetti non avessero alcuna
competenza in punto di contestazione degli illeciti e redazione dei verbali ai
sensi di cui all’articolo 2700 c.c.
E’ davvero a questo tipo di figura, antecedente alle innovazioni introdotte con
la Bassanini bis, che si vuole assimilare l’ispettore ambientale?
Non v’è chi non veda che una soluzione siffatta, da un punto di vista funzionale
e organizzativo, sarebbe poco utile e poco soddisfacente per l’ente che decida
di istituire il profilo professionale in esame.
Vale dunque la pena di accantonare il parallelo poco proficuo (ai fini che
interessano) tra l’ispettore ambientale e l’ausiliare del traffico, virando in
un’altra direzione.
2- Alla ricerca del fondamento normativo della figura: spunti dalla decisione
della Corte costituzionale n. 28 del 12 febbraio 1996.
L’irrintracciabilità di una norma che disciplini espressamente funzioni e
compiti dell’ispettore ambientale pone la questione di stabilire in che modo sia
possibile altrimenti attribuire alla figura in esame dignità di pubblico
ufficiale, con conseguenti autonomi poteri di accertamento e contestazione dei
verbali ex artt. 13 e 14 L. 689/1981.
A tal fine, trattandosi di una di una figura di emanazione degli enti locali,
sarà importante ed anzi decisivo stabilire se le funzioni affidate al tale
soggetto rientrino o meno nella titolarità (o quantomeno nella sfera di
competenza delegata) delle pubbliche amministrazioni di riferimento.
E’ doveroso, dunque, partire dalla considerazione che la materia della tutela
del territorio e le funzioni relative alle fasi di gestione, raccolta e
smaltimento dei rifiuti appartengono alla competenza degli enti locali (Comuni,
Province, loro Consorzi etc…).
Nella misura in cui tali materie e/o funzioni possano dirsi proprie di questi
enti, si potrà conseguentemente riconoscere in capo agli stessi la possibilità
di creare apposite figure di controllo specializzate
L’affermazione di cui sopra è il risultato del percorso logico-argomentativo
che, di seguito, ci si propone, come meglio saremo capaci, di descrivere.
Stante la complessità delle tematiche trattate, ci si appoggerà, soprattutto,
all’autorevolezza delle riflessioni esposte dalla Corte costituzionale, in
particolare, nella sentenza n. 28 del 12.02.1996, che appare in grado di fornire
- come si vedrà - un’utile traccia di ragionamento.
Con tale sentenza, dunque, la Consulta si preoccupava di censire il problema
relativo alla costituzionalità delle norme degli articoli 4,5,e 6 della legge
regionale 29.01.1987 dell’Emilia Romagna (applicazione di sanzione
amministrativa a carico dei viaggiatori dei servizi pubblici di linea sprovvisti
di valido documento di viaggio) secondo le quali il direttore dell’Azienda
trasporti consorziali, nella cui sfera di attività avviene l’infrazione, riceve
il rapporto ed emette l’atto che irroga la sanzione amministrativa (i cui
proventi sono poi devoluti alla medesima azienda speciale).
Quanto sopra veniva sottoposto al sindacato della Consulta sotto il profilo del
principio di ragionevolezza e di imparzialità amministrativa (articoli 3 e 97
Cost.), nonché alla stregua della ripartizione costituzionale all’epoca vigente
delle competenze statali, regionali e locali.
Con tale decisione, la Corte respingeva le censure di imparzialità del sistema
sanzionatorio configurato dalla normativa regionale suddetta, sulla base dei
seguenti (ed anche per noi, in questa sede) fondamentali rilievi:
1) La legge 689/1981 assurge a normativa fondamentale e di principio in materia
di sanzioni amministrative. Dal sistema in essa delineato ed in particolare
dall’articolo 17 della legge citata (inerente all’individuazione dell’autorità
competente a ricevere il rapporto e ad emettere l’ordinanza ingiunzione di cui
al successivo articolo 18), deriva che la potestà sanzionatrice è, di norma,
conferita alle medesime autorità cui sono affidate funzioni legislative o
amministrative.
2) Infatti, la legge 689/1981 “deve intendersi alla luce del principio,
numerose volte affermato anche nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il
quale la competenza sanzionatrice non attiene a una materia a sé, ma accede
alle materie sostanziali rispetto alle quali svolge una funzione rafforzatrice
dei precetti stabiliti dal legislatore (sent. n. 115 del 1995; sent. n. 60 del
1993; sent. n. 401 del 1992; sent. n. 123 del 1992; sent. n. 365 del 1991; sent.
n. 1034 del 1988 e sent. n. 740del 1988)”. Come dire che la competenza
sanzionatrice rappresenta un aspetto strumentale della funzione di
amministrazione attiva.
3) Pertanto, “è nella logica della “depenalizzazione” operata con la legge n.
689 del 1981 che le sanzioni amministrative, un tempo di natura penale e quindi
di competenza dell’autorità giudiziaria, essa sì collocata in posizione
disinteressata di “terzietà”, siano oggi di competenza dell’autorità
amministrativa alla quale, per definizione, non è estraneo l’interesse al
rafforzamento, tramite l’applicazione delle sanzioni, delle prescrizioni alla
cui osservanza essa è preposta”.
A questo punto, se la potestà sanzionatrice accede alle funzioni primarie di
amministrazione attiva, in quanto strumentale al rafforzamento di dette
funzioni, allo stesso modo (e a fortiori) pare possibile sostenere che
anche la funzione di vigilanza e il connesso potere di accertamento (che della
prima costituisce l’aspetto applicativo) presentino una stretta correlazione con
le materie sostanziali cui si riferiscono.
Tanto più che il potere di accertamento è legato da un nesso di strumentalità
necessaria all’esercizio della potestà sanzionatrice.
Dire, quindi, che la potestà sanzionatrice e il potere di accertamento spettano
in via accessoria all’ente cui appartiene (in proprio o in via delegata) la
funzione di amministrazione attiva, significa ammettere poi che, di norma, non
occorre alcuna previsione di legge che conferisca tali funzioni e poteri
all’ente medesimo.
2.1 L’ispettore ambientale quale organo dell’ente locale
Da quanto sopra discende un’ulteriore importante sviluppo: se gli enti locali
sono, di norma, titolari (nelle materie di competenza) di funzioni di vigilanza
e corollari poteri di accertamento, può allora sostenersi che appartenga alla
sfera della loro potestà regolamentare, ex art. 117, comma 6 Cost., statuire in
ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento di
dette funzioni e poteri.
Si rinviene, a questo modo, nella potestà regolamentare degli enti locali il
fondamento normativo della figura dell’ispettore ambientale, quale organo
strumentale cui i medesimi enti possono dar vita nell’ambito della disciplina
dell’organizzazione di quelle funzioni di vigilanza accessorie alle funzioni
primarie, di amministrazione attiva, demandate alla loro cura.
Tale conclusione non pare potersi revocare in dubbio, ove si consideri lo stesso
significato semantico del termine “organizzare”, che rinvia direttamente
alla creazione ed emanazione di organi per lo svolgimento di compiti e funzioni.
E pare, inoltre, trovare un’indiretta conferma nelle parole della Corte
costituzionale sopra citata, secondo cui “le ragioni generali che
giustificano l’unione della competenza sanzionatrice a quella amministrativa cui
la prima accede” comportano altresì “l’opportunità di non gravare su
altre autorità amministrative, accollando loro una attività certamente onerosa
sul piano organizzativo e, data la separazione dalle funzioni amministrative
primarie, non facilmente raccordabile con esse”.
3- Conseguente accreditamento della qualifica di pubblico ufficiale
Alla luce dei risultati sopra raggiunti, può darsi certamente risposta positiva
all’interrogativo inizialmente postoci, relativo alla attribuibilità della veste
di pubblico ufficiale alla figura dell’ispettore ambientale.
Tale soggetto, all’evidenza, svolge le funzioni pubbliche di vigilanza e di
accertamento proprie dell’ente da cui dipende.
Di talché, lo svolgimento di tali pubbliche funzioni giustifica pienamente,
anche alla stregua della nozione di cui all’art. 357 del codice penale, le tesi
di coloro che accreditano a tale figura la qualifica di pubblico ufficiale5.
4- Conclusioni.
Per terminare questi brevi appunti così come si è iniziato, è ora possibile
mettere in evidenza, in modo quantomeno sommario, differenze e analogie tra gli
ausiliari del traffico e gli ispettori ambientali.
Orbene, la figura degli ispettori ambientali presenta spesso analogie
strutturali con quella degli ausiliari: in entrambi i casi, si tratta di
soggetti impiegati al servizio dei Comuni in ambiti di controllo altamente
specializzati.
Tuttavia, gli ausiliari del traffico non svolgono, a differenza degli ispettori
ambientali, funzioni in materia di competenza degli enti locali, bensì operano
su un terreno riservato alla competenza dello Stato, in quanto attinente alla
materia della polizia stradale.
Riallacciandoci a quanto già sopra accennato, sarebbe stato assai dubbio che, in
materia riservata allo Stato, i Comuni avessero potuto, con propria autonoma
iniziativa, svincolata da qualsiasi delega legislativa, istituire organi
preposti alla contestazione di illeciti sanzionati dal codice stradale.
Occorreva, per questo, una esplicita autorizzazione legislativa, quale quella di
cui alla precitata legge Bassanini bis.
A differenza degli ausiliari, dunque, gli ispettori ambientali debbono la loro
esistenza (e la loro qualifica) direttamente alla potestà regolamentare propria
degli enti locali in materia di organizzazione delle funzioni di cui gli stessi
sono titolari in via principale o delegata.
E ci pare, questa, differenza di non poco momento.
__________________
* Dottore in
Giurisprudenza, Ufficio Contenzioso Polizia Locale di Treviso
1Nel Comune di Roma,
il fenomeno ha dato vita alle proteste del Comandante della Polizia Locale, che
ha pubblicamente lamentato la proliferazione di corpi paralleli e con competenze
sovrapposte a quelle proprie della polizia municipale (v. articolo apparso su
“il Giornale” n. 194 del 18.08.2006)
2 Francesco Vergine, Comandante della Polizia Locale di Venezia,
nella Relazione al Convegno nazionale di Polizia Locale di Riccione del 14-17
settembre, p. 2, ravvisa nella figura dell’ausiliare del traffico “un
precedente legislativo importante”, non senza, però, mettere esattamente in
rilievo che il soggetto opera “in un settore diverso” e mostrando - nel
prosieguo della sua articolata disamina - di voler adoperare il raffronto in
termini solo superficiali e descrittivi, come spunto per altri ragionamenti.
3 Se ne avvede F. Vergine, op. cit., p. 10.
4 Secondo Cassazione Sez. III, sent. n. 11949 del 25 Ottobre
1999, relativa ad un caso antecedente all’entrata in vigore della legge n.
127/1997: “La legittimità dell'accertamento di una violazione al codice della
strada contestata al trasgressore dal competente comando dei Vigili Urbani non è
in alcun modo inficiata dalla eventuale collaborazione prestata, in sede di
rilevazione e segnalazione della violazione stessa, dai cd. "ausiliari
del traffico",
i quali, senza essere investiti di funzioni di polizia, operano in funzione di
mera collaborazione con l'autorità municipale. Nè risulta a ciò di ostacolo il
disposto, "in parte qua", della l. n. 689 del 1981, ben potendo i verbali
dei pubblici ufficiali attingere il loro contenuto da segnalazioni e denunce
effettuate da privati cittadini, pur senza fare, in tal caso, fede fino a
querela di falso, ex art. 2700 c.c.”
5 Si da atto della spettanza all’ispettore ambientale della
qualifica di pubblico ufficiale nella Bozza del Protocollo d’Intesa tra ANCI e
FEDERAMBIENTE del 07.05.04, all’articolo 2 comma 2 lett. b). Per l’attribuzione
della qualifica di pubblico ufficiale è altresì F. Vergine, op. cit. p. 12
ss. che risale alle medesime conclusioni attraverso un’interpretazione
dell’art. 357 c.p. L’Autore mette altresì opportunamente in luce che non è
sufficiente un qualunque provvedimento amministrativo per il conferimento dei
poteri di accertamento e contestazione degli illeciti (alludendo probabilmente
ai decreti di nomina del Sindaco), ma occorre quanto meno un atto di natura
regolamentare.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 18/09/2006
^