Note semi-brevi in tema di bonifiche.
Analisi delle principali novità portate dal D.Lgs. n.
152/2006.
Salvo Renato CERRUTO *
§ 1. Premessa.
§ 2. Il procedimento.
§ 3. L'obbligato
§ 4. Il profilo soggettivo.
§ 5. L’ordinanza di bonifica: la comunicazione dell’avvio del procedimento.
§ 6. L’ordinanza di bonifica: il destinatario.
§ 7. Gli effetti negativi indiretti a carico del proprietario incolpevole:
l’onere reale ed il privilegio speciale immobiliare.
§ 8. Le acque di falda.
§ 9. Gli accordi di programma.
§ 10. Le sanzioni penali.
* ° * ° * ° *
Il presente contributo intende esaminare l’istituto giuridico della bonifica dei
siti inquinati alla luce delle modifiche più importanti introdotte dal D.Lgs.
03/04/2006 n. 152 “Norme in materia ambientale” (in G.U. n. 88 del 14/04/2006 –
S.O. n. 96/L), c.d. T.U. ambientale, in vigore dal 29/04/20061.
§ 1. Premessa.
Al fine di una maggiore chiarezza espositiva si reputa opportuno, in via
preliminare, illustrare il significato delle espressioni che più di frequente
ricorrono nel D.Lgs. n. 152/2006 in tema di bonifiche dei siti inquinati.
Una delle innovazioni più significative del nuovo T.U. ambientale è stata
l’introduzione delle nozioni di “concentrazioni soglia di contaminazione (Csc)”
e di “concentrazioni soglia di rischio (Csr)”, attorno alle quali si
articola la disciplina delle bonifiche.
I valori di Csc nel suolo e sottosuolo figurano nell’allegato 5 al titolo V della parte quarta del T.U. ambientale e precisamente nella Tabella 1 la quale, come già avveniva nell’allegato 1 del previgente D.M. n. 471/1999, distingue detti valori a seconda che il sito sia ad uso verde pubblico, privato e residenziale (colonna A) ovvero ad uso commerciale ed industriale (colonna B)2.
Quanto alle
concentrazioni soglia di rischio (Csr) esse vengono definite dall’art. 240 lett.
c) T.U. ambientale come i livelli di contaminazione delle matrici ambientali da
determinare caso per caso con l'applicazione della procedura di analisi di
rischio sito specifica3
e sulla base del piano di caratterizzazione.
Si noti che ben differenti sono le conseguenze derivanti dal superamento dei due
livelli di contaminazione.
I livelli di concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) esprimono un valore
di attenzione superato il quale occorre procedere alla caratterizzazione del
sito e, sulla base di essa, all’analisi di rischio (art. 240 lett. b) e art.
242).
In base alle risultanze dell’analisi di rischio si possono profilare due
diverse situazioni.
- Se l’analisi di rischio evidenzia che non sono stati superati i livelli di
concentrazione soglia di rischio (Csr), significa che il sito non è contaminato
ed il procedimento si conclude.
- Se, al contrario, in base all’analisi di rischio si accerta il superamento dei livelli di concentrazione soglia di rischio (Csr), occorre procedere con le operazioni di messa in sicurezza e bonifica, trattandosi di sito contaminato (per maggiori approfondimenti sul punto si rinvia al paragrafo seguente).
Ai sensi dell’art. 240 T.U. ambientale, si definisce:
“sito non contaminato” quello nel quale non vengono superati i valori di
Csr (lett. f);
“sito potenzialmente contaminato” quello nel quale vengono superati i
valori di Csc, detti anche valori tabellari, e si è in attesa di espletare le
operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio (lett. d);
“sito contaminato” quello nel quale risultano superati i valori di Csr.
Vengono così abbandonate le definizioni contenute nell’art. 2 D.M. n. 471/1999
che definiva sito inquinato (lett. b) il “sito che presenta livelli di
contaminazione o alterazioni chimiche, fisiche o biologiche del suolo o del
sottosuolo o delle acque superficiali o delle acque sotterranee tali da
determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o
costruito. Ai fini del presente decreto è inquinato il sito nel quale anche uno
solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti nel suolo o nel
sottosuolo o nelle acque sotterranee o nelle acque superficiali risulta
superiore ai valori di concentrazione limite accettabili stabiliti dal presente
regolamento”; e sito potenzialmente inquinato (lett. c) quello “nel
quale, a causa di specifiche attività antropiche pregresse o in atto, sussiste
la possibilità che nel suolo o nel sottosuolo o nelle acque superficiali o nelle
acque sotterranee siano presenti sostanze contaminanti in concentrazioni tali da
determinare un pericolo per la salute pubblica o per l'ambiente naturale o
costruito”.
La nozione di “bonifica” è stata oggetto di modifica, ora definita dall’art. 240 lett. p) come “l'insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (Csr)”.
La recente riforma ha introdotto anche una nuova definizione di “messa in
sicurezza d’emergenza” consistente in “ogni intervento immediato o a
breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla
lettera t)4 in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura,
atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione,
impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in
attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza
operativa o permanente”; e di “messa in sicurezza permanente”
costituente
“l'insieme degli interventi atti a isolare in modo definitivo le fonti
inquinanti rispetto alle matrici ambientali circostanti e a garantire un elevato
e definitivo livello di sicurezza per le persone e per l'ambiente. In tali casi
devono essere previsti piani di monitoraggio e controllo e limitazioni d'uso
rispetto alle previsioni degli strumenti urbanistici”.
Inoltre è stata introdotta la nozione di “messa in sicurezza operativa”
i.e. “l'insieme degli interventi eseguiti in un sito con attività in
esercizio atti a garantire un adeguato livello di sicurezza per le persone e per
l'ambiente, in attesa di ulteriori interventi di messa in sicurezza permanente o
bonifica da realizzarsi alla cessazione dell'attività. Essi comprendono altresì
gli interventi di contenimento della contaminazione da mettere in atto in via
transitoria fino all'esecuzione della bonifica o della messa in sicurezza
permanente, al fine di evitare la diffusione della contaminazione all’interno
della stessa matrice o tra matrici differenti. In tali casi devono essere
predisposti idonei piani di monitoraggio e controllo che consentano di
verificare l'efficacia delle soluzioni adottate” (art. 240, lett. n).5
§ 2. Il procedimento.
La disciplina previgente delle bonifiche era incentrata sul superamento (o sul
pericolo, concreto ed attuale, di superamento) dei limiti di accettabilità della
contaminazione del sito.
L’art. 17 c. 2 D.Lgs. 05/02/1997, n. 22, meglio noto come “decreto Ronchi”
(integralmente abrogato dall’art. 264 lett. i)6
del nuovo T.U. ambientale) così disponeva: “Chiunque cagiona, anche in
maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al comma 1, lettera a),
[i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque
superficiali e delle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione
d'uso dei siti n.d.r.] ovvero determini un pericolo concreto ed attuale di
superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli
interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle
aree inquinate e degli impianti dai quali deriva il pericolo di inquinamento.”
I limiti di accettabilità di contaminazione di un sito erano contenuti nel D.M.
25/10/1999, n. 471 composto di 18 articoli e 5 allegati: in particolare
l’allegato n. 1 contemplava i valori di concentrazione limite accettabili per
suolo, sottosuolo ed acque sotterranee nonché i criteri per la valutazione della
qualità delle acque.
Il decreto Ronchi ed il D.M. n. 471/1999, in caso di inquinamento o di pericolo
di inquinamento, contemplavano tre diverse modalità di intervento.
Ovvero:
1. il responsabile dell’inquinamento (o del pericolo di inquinamento) si doveva
attivare entro le 48 ore mediante notifica della situazione a Comune, Provincia
e Regione ed agli organi di controllo sanitario e ambientale; sempre a carico
del soggetto responsabile erano previsti, in sequenza cronologica successiva,
l’obbligo di comunicazione degli interventi adottati (entro le 48 ore successive
alla notifica predetta) e di presentazione del progetto di bonifica (entro 30
giorni dall’evento) Il completamento degli interventi veniva attestato da
apposita certificazione rilasciata dalla Provincia competente per territorio
come previsto dall’art. 17 c. 8 D.Lgs. n. 22/1997 norma da leggersi in combinato
disposto con il successivo art. 20 lett. b).
Ora l’art. 242 c. 1 D.Lgs. n. 152/2006 prevede che al verificarsi di un evento
che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile
dell'inquinamento mette in opera, entro 24 ore, le misure necessarie di
prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui
all'articolo 304, comma 2, i.e. al Comune, alla Provincia ed alla Regione
territorialmente competenti (o alla Provincia autonoma nel cui territorio si
prospetta l'evento lesivo) ed altresì al Prefetto della Provincia il quale,
nelle 24 ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio.7
A mente dell’art. 242 c. 1, secondo periodo, la descritta procedura deve
applicarsi anche alle contaminazioni storiche, ovvero anteriori all’entrata in
vigore del nuovo T.U. ambientale, se possono ancora comportare rischi di
aggravamento della situazione di contaminazione.
Ai sensi dell’art. 242 c. 2, una volta attuate le necessarie misure di
prevenzione, il responsabile dell’inquinamento (rectius del possibile
inquinamento) deve svolgere un’indagine preliminare sul sito.
A) Qualora all’esito dell’indagine preliminare si accerti il mancato superamento
dei livelli di Csc, entro le 48 ore successive alla comunicazione contemplata al
comma 1, il responsabile provvede al ripristino del sito e con
autocertificazione deve notiziare di ciò Comune e Provincia territorialmente
competenti. Il procedimento si considera concluso “ferme restando le attività
di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei
successivi quindici giorni” (art. 242 c. 2).
B) Qualora, al contrario, l’indagine preliminare riveli il superamento dei
livelli di Csc, anche per un solo parametro, il responsabile dell’evento ne dà
immediata notizia al Comune e alla Provincia e provvede alla predisposizione di
un piano di caratterizzazione. La Regione, convocata la conferenza di servizi,
autorizza detto piano di caratterizzazione integrandolo, se del caso, con
prescrizioni integrative. Sulla base dell’approvato piano di caratterizzazione,
si deve procedere con l’analisi di rischio al fine di determinare i livelli di
Csr.
B-1) Se l’analisi di rischio evidenzia il mancato superamento dei livelli di Csr,
la conferenza dei servizi dichiara concluso positivamente il procedimento ex
art. 242 c. 5 e può prescrivere al responsabile l’elaborazione di un piano di
monitoraggio che dovrà essere sottoposto all’approvazione della Regione.
B-2) Se invece i
livelli di Csr risultano superati, il soggetto responsabile dell’inquinamento
deve sottoporre alla Regione il progetto operativo degli interventi di bonifica
o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori
misure di riparazione e di ripristino ambientale al fine di minimizzare e
ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione
presente nel sito.
Mette conto evidenziare che una novità introdotta dal T.U. ambientale consiste
nel fatto che ora l’approvazione del progetto de quo spetta alla Regione
e non più ai Comuni, come era previsto in passato8.
Approvato il piano ne viene autorizzata l’esecuzione: l’autorizzazione regionale
ha un oggetto ed una durata limitati sostituendo, a tutti gli effetti, ogni
altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta, parere o
assenso previsti dalla legislazione vigente “ai soli fini della realizzazione
e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione
del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione
medesima” (così l’art. 242 c. 7, il quale precisa altresì che essa
costituisce “variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica
utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori.”). Analogamente a quanto
previsto dall’art. 20 lett. b) del decreto Ronchi, a norma dell’art. 197 lett.
a) compete alla Provincia il controllo e la verifica degli interventi di
bonifica ed il monitoraggio ad essi conseguenti.
2. Altra possibilità di intervento era prevista per i soggetti e
gli organi pubblici i quali, se nell’esercizio delle proprie funzioni
istituzionali riscontravano il superamento dei valori limite di accettabilità,
ne dovevano dare comunicazione al Comune - che era tenuto a diffidare il
responsabile dell’inquinamento ad attivarsi - alla Provincia ed alla Regione
(art.
17 c. 3 D.lgs. n. 22/1997 e art. 8 D.M. n. 471/1999). L’art. 8 c. 3 D.M. n.
471/1999 precisava che detta ordinanza doveva essere notificata anche al
proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 commi 10 e comma
11 del decreto Ronchi, relativi, il primo, all’onere reale sulle aree inquinate,
ed il secondo, al privilegio speciale immobiliare ed al privilegio generale
mobiliare relativi alle spese di bonifica.
Anche nell’art. 244 c.
1 T.U. ambientale è rimasta la previsione secondo la quale le pubbliche
amministrazioni che, nell'esercizio delle proprie funzioni, individuano siti nei
quali si accerti il superamento dei livelli di Csc, “ne danno comunicazione
alla Regione, alla Provincia e al Comune competenti.”
Un’innovazione che merita di essere segnalata consiste nel fatto che ora compete
alla Provincia, e non più al Comune (come previsto in precedenza dall’art. 17 c.
3 del decreto Ronchi e dall’art. 8 c. 2 D.M. n. 471/1999) diffidare con
ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere
ai sensi di legge (art. 244 c. 2).
Ai sensi del comma 3 dell’art. 244 viene confermato che l’ordinanza di diffida
deve comunque essere notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per
gli effetti dell’art. 253 (disposizione che sarà oggetto di disamina infra).
3. Infine nella disciplina previgente era previsto che, al di fuori delle ipotesi sopra menzionate, le procedure relative agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale potessero essere attivate ad iniziativa degli interessati, ed in primis dal proprietario incolpevole del sito inquinato (art. 17 c. 13-bis D.lgs. n. 22/1997 e art. 9 D.M. n. 471/1999).
Ora detta possibilità di intervento è contemplata all’art. 245 c. 1 T.U. ambientale secondo il quale le procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale “possono essere comunque attivate su iniziativa degli interessati non responsabili.”
§ 3. L’obbligato.
In materia di bonifica dei siti, la normativa nazionale si ispira al principio
“chi inquina paga”:
trattasi di principio di derivazione comunitaria già sancito dall’art. 174 c. 2
del Trattato CE9,
affermato altresì dall’art. III-233 del Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa, firmato a Roma il 29/10/2004 e, da ultimo, ribadito all’art. 15 della
direttiva quadro in materia di rifiuti 2006/12/CE del 05/04/2006, in vigore dal
17/05/2006.10
L’art. 17 c. 2 del decreto Ronchi poneva l’obbligo di attuare gli interventi di
messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale del sito inquinato a carico
del responsabile dell’inquinamento (“Chiunque cagiona...”).
Coerentemente un consolidato orientamento giurisprudenziale ha escluso che il
proprietario incolpevole del sito inquinato potesse essere il destinatario di un
ordine di messa in sicurezza, bonifica o ripristino ambientale qualora non fosse
anche responsabile, o corresponsabile, dell’inquinamento. Sul punto vedasi, tra
le sentenze più recenti, T.A.R. Veneto, 25/05/2005, n. 2174; T.A.R. Toscana,
15/11/2005, n. 6156; T.A.R. Lombardia, 08/11/2004, n. 5681; T.A.R. Valle
D’Aosta, 20/02/2003, n. 17; T.A.R. Veneto, 02/02/2002, n. 320; T.A.R. Lombardia,
13/02/2001, n. 987 la quale, da un lato, ha ribadito che il proprietario
incolpevole non può essere direttamente destinatario dell’ordine di bonifica e,
dall’altro, ricollegandosi ai principi generali in materia di illecito civile,
ha precisato che sarebbe ipotizzabile una responsabilità diretta del
proprietario qualora esso svolgesse un'attività pericolosa ai sensi dell'art.
2050 c. c., o se fosse configurabile una sua culpa in vigilando ai sensi
dall'art. 2051 c. c. (danno cagionato da cosa in custodia).
Il D.Lgs. n. 152/2006 conferma, in linea di principio, che l’obbligo degli
interventi di bonifica grava solo sul responsabile dell’inquinamento (art. 242 e
257).
Tuttavia si segnala una disposizione che, prima facie, sembrerebbe introdurre
un’eccezione al principio testé affermato.
Trattasi dell’art. 245 c. 2 che così recita: “Fatti salvi gli obblighi del
responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il
proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo
concreto e attuale del superamento delle concentrazione soglia di contaminazione
(CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune
territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la
procedura di cui all'articolo 242. La provincia, una volta ricevute le
comunicazioni di cui sopra, si attiva, sentito il comune, per l'identificazione
del soggetto responsabile al fine di dar corso agli interventi di bonifica.
[…]”.
Una interpretazione che volesse privilegiare il dato letterale della norma (“..
devono darne comunicazione […] e attuare le misure di prevenzione...”),
potrebbe indurre a ritenere che il proprietario ed il gestore dell’area
contaminata siano tenuti ad effettuare la comunicazione e ad attuare le misure
di prevenzione ogni qualvolta si verifichino episodi di contaminazione, anche
solo potenziale. Soluzione che sembrerebbe troverebbe una conferma nella stessa
rubrica dell’art. 245 recante: “Obblighi di intervento e di notifica da parte
dei soggetti non responsabili della potenziale contaminazione.”
Tuttavia siffatta
opzione ermeneutica non pare, a chi scrive, del tutto convincente.
Volendo valorizzare da un lato l’intenzione del legislatore, in ottemperanza al
disposto dell’art. 12 disp. prel. c.c., e dall’altro anche la collocazione della
norma (inserita nel corpo dell’art. 245 che disciplina l’intervento facoltativo
su iniziativa degli interessati), appare preferibile ritenere che il
proprietario o il gestore dell’area incolpevoli siano tenuti ad effettuare la
comunicazione e ad attuare le misure di prevenzione unicamente nel caso in cui
decidano di attivarsi (analogamente a
quanto prevedeva in passato, peraltro in maniera meno equivoca, l’art. 9 del
D.M. n. 471/1999).
Detta interpretazione, oltre ad essere maggiormente in sintonia con la voluntas legis, consente di fare salvo il principio generale, ribadito costantemente anche dalla giurisprudenza, per cui l’inquinamento di un’area non può far sorgere obblighi a carico del proprietario del sito né tanto meno a carico di terzi se costoro non sono responsabili o corresponsabili dell’evento. Quanto alla rubrica dell’articolo in rassegna, è agevole obiettare che essa non fa parte del contenuto imperativo della legge come ci insegna l’antico brocardo “rubrica legis non est lex” e, conseguentemente, non può costituire uno strumento esegetico sicuro e risolutivo.
§ 4. Il profilo soggettivo.
L’art. 17 c. 2 del decreto Ronchi poneva a carico del soggetto responsabile
l’obbligo di bonifica anche quando il superamento, o il pericolo di superamento,
dei limiti di accettabilità della contaminazione era stato cagionato “in
maniera accidentale”; veniva così contemplata un’ipotesi di responsabilità
oggettiva11
che poteva dirsi sussistente per effetto della mera esistenza del nesso causale
tra la condotta e l’evento senza che avesse alcun rilievo il nesso psichico tra
l’agente ed il fatto.
Nel vigente art. 242 T.U. ambientale non è più prevista la responsabilità per
superamento, anche solo accidentale, dei livelli di contaminazione. Si è così
eliminata l’anomalia rappresentata dalla responsabilità oggettiva che,
nell’ambito della responsabilità per fatto illecito, costituisce pur sempre
un’eccezione: invero una delle componenti essenziale di ogni illecito, accanto
al fatto materiale e all’antigiuridicità, è la colpevolezza la quale, come noto,
presuppone la capacità di
intendere o di volere del soggetto ed esige che costui abbia agito con dolo o
con colpa. Come regola generale se il fatto non è qualificabile doloso o
colposo, è esclusa la colpevolezza e, conseguentemente, la responsabilità per
fatto illecito.
La responsabilità oggettiva era uno degli elementi che valeva a distinguere la
fattispecie della bonifica dei siti inquinati da quella dell’abbandono di
rifiuti contemplata dall’art. 14 D.Lgs. n. 22/1997 norma che presupponeva un
comportamento quantomeno colposo dell’autore materiale dell’abbandono (così come
degli obbligati in solido, ovvero il proprietario ed i titolari di diritti reali
o personali di godimento sull'area).
Ristabilita la regola generale della responsabilità fondata sulla colpevolezza
anche per la bonifica dei siti inquinati, la distinzione con l’ipotesi
dell’abbandono di rifiuti emerge sotto diversi profili. Come acutamente
osservato in dottrina, detta distinzione la si può cogliere, a monte, sulla base
della diversa ratio legis delle due fattispecie: invero, la norma relativa
all’abbandono di rifiuti (art. 14 D.Lgs. n. 22/1997, ora art. 192 D.Lgs. n.
152/2006) vuole prevenire l’inquinamento da scarico di rifiuti ed il ripristino
costituisce solo una fase successiva ed eventuale, mentre la finalità principale
perseguita dalle norme dettate in tema di bonifica è proprio il ripristino
dell’area inquinata12.
Per completezza di esposizione si evidenzia che, mentre in caso di abbandono di rifiuti è previsto che spetti al Sindaco disporre con ordinanza le operazioni necessarie ed il termine entro cui provvedere, per l’ordinanza di bonifica, invece, manca un riferimento esplicito in tal senso e, pertanto, a norma del vigente art. 107 T.U.E.L. deve ritenersi che la sua adozione spetti al dirigente responsabile di settore (così T.A.R. Veneto, 25/05/2005, n. 2174 ed analogamente T.A.R. Veneto, 27/06/2005, n. 2661).
§ 5. L’ordinanza di bonifica: la comunicazione dell’avvio del procedimento.
Ad avviso di un consolidato filone giurisprudenziale, l’ordinanza di bonifica è
illegittima se non è stata preceduta dalla comunicazione dell’avvio del
procedimento in ottemperanza agli artt. 7 ss. Legge n. 241/1990 che dettano le
norme generali sulla partecipazione degli interessati al procedimento
amministrativo (ex multis T.A.R. Calabria, 19/07/2004, n. 1640; T.A.R.
Toscana, 25/05/2004, n. 1607; T.A.R. Liguria, 19/04/2004, n. 444; T.A.R.
Abruzzo, 27/06/2003, n. 467; C.d.S. 08/04/2003, n. 1882; T.A.R. Veneto,
18/03/2002, n. 1104).
E’ pur vero, si afferma, che l’art. 7 legge
n. 241/1990 consente di omettere la comunicazione di avvio del procedimento
laddove sussistano esigenze di celerità del procedimento, ma l’urgenza non può
essere intesa in maniera generica ed astratta ma, al contrario, deve essere
“qualificata” tale cioè da non consentire detta comunicazione senza che ne
risulti compromesso il soddisfacimento dell'interesse pubblico cui il
provvedimento finale è rivolto13;
in altri termini, l’urgenza deve ancorarsi ad una situazione concreta e
contingente che occorre illustrare adeguatamente nella motivazione del
provvedimento.
Né si può sostenere che tutti i provvedimenti in materia di rifiuti rivestano un
carattere di urgenza essendo destinati a tutelare l’ambiente, poiché in tale
materia non vi è obbligo di adottare unicamente provvedimenti urgenti anche in
considerazione della grande eterogeneità di tipologia di rifiuti che non
presentano tutti il carattere della pericolosità (in questi termini T.A.R.
Veneto, 19/01/2002, n. 133). Mette conto evidenziare che, a seguito dell’entrata
in vigore della legge
11/02/2005 n. 15, l’art. 7 cit. deve essere letto in combinato disposto con il
nuovo art. 21 octies c. 2 il quale esclude che il provvedimento amministrativo
possa essere annullato per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento “qualora
l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non
avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.”
§ 6. L’ordinanza di bonifica: il destinatario.
In base al tenore letterale dell’art. 17 c. 3 D.Lgs. n. 22/1997 e dell’art. 8 c.
2 D.M. n. 471/1999, (ora art. 244 c. 2 T.U. ambientale) ed alla luce del
principio “chi inquina paga”, si afferma che destinatario di un’ordinanza di
bonifica può essere unicamente il soggetto responsabile dell’inquinamento14.
Conseguentemente si esclude che il proprietario incolpevole, solo perché
titolare del diritto dominicale sul sito inquinato, possa essere obbligato ad
attivarsi per effetto della notifica di un’ordinanza di bonifica; a costui
l’ordinanza viene notificata in quanto subisce effetti negativi indiretti
costituiti dall’onere reale sul sito e dai privilegi che assistono le spese di
bonifica (art. 8 c. 3 D.M. n. 471/1999; analogamente ora dispone l’art.
244 c. 3 T.U. ambientale).
L’art. 244 c. 4 T.U. ambientale impone al Comune territorialmente competente -
e, ove questo rimanga inerte, alla Regione - di provvedere d’ufficio qualora il
responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda, e non
provveda (di propria iniziativa15)
neppure il proprietario del sito o altro soggetto interessato.
A tal proposito si segnala che in base ad un certo orientamento
giurisprudenziale, ribadito anche di recente, l’obbligo a carico della pubblica
amministrazione di attivarsi non esclude che, per la particolare situazione
concreta, il Sindaco possa emettere ordinanze contingibili ed urgenti
indirizzate al proprietario incolpevole ordinando al medesimo di attivarsi
prontamente per fronteggiare la riscontrata situazione di pericolo. Tra le
decisioni che aderiscono a tale indirizzo interpretativo si menzionano C.d.S.
16/11/2005, n. 640616;
C.d.S. 02/04/2003, n. 1678 e C.d.S. 02/04/2001, n. 1904 secondo cui: “Una
seconda ipotesi è invece quella in cui non risulta accertata una specifica
responsabilità del soggetto. In questo caso, di regola spetta
all'amministrazione il compito (con i relativi oneri organizzativi ed economici)
di avviare le idonee procedure di ripristino della situazione ambientale. A meno
che non emerga, con sufficiente chiarezza, l'indifferibilità di un'apposita
attività, volta ad eliminare il pericolo per la tutela della salute pubblica.”
La disposizione generale che disciplina il potere di adottare ordinanze
contingibili ed urgenti è l’art. 54 c. 2 T.U.E.L. (che ha sostituito l’abrogato
art. 38 c. 2 legge n. 142/1990) il quale così recita: “Il Sindaco, quale
ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi
generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti al
fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini”17.
Trattasi di un potere del Sindaco extra ordinem per il cui esercizio è
necessario che ricorra una situazione urgente di grave pericolo della quale
occorrerà dare contezza nella motivazione del provvedimento.
Ad avviso dell’approdo giurisprudenziale in rassegna, dette ordinanze possono
legittimamente essere indirizzate al proprietario incolpevole, in quanto hanno
carattere ripristinatorio e non sanzionatorio nel senso che sono rivolte
essenzialmente ad ottenere la rimozione dell’attuale stato di pericolo ed a
prevenire ulteriori danni all’ambiente circostante ed alla salute pubblica, e
non ad individuare e punire i responsabili. Resta fermo che, eseguiti tutti gli
interventi che gli sono stati ordinati, il proprietario incolpevole potrà agire
in rivalsa nei confronti dell’effettivo responsabile.
In argomento, un’ultima notazione.
Il proprietario dell’area inquinata subisce alcuni effetti negativi indiretti, anche se non è il soggetto responsabile dell’inquinamento: per tale ragione a norma dell’art. 244 c. 3 T.U. ambientale l’ordinanza di bonifica deve essere notificata anche a lui (nel medesimo senso disponeva, in precedenza, l’art. 8 c. 3 D.M. n. 471/1999). Egli, per effetto di tale notifica, avrà non l’obbligo ma semmai l’onere di attivarsi se vorrà evitare il prodursi degli effetti negativi.18
§ 7. Gli effetti negativi indiretti a carico del proprietario incolpevole: l’onere reale ed il privilegio speciale immobiliare.
Gli effetti negativi che gravano in capo al proprietario incolpevole erano
contemplati all’art. 17,commi 10 e 11, del D.Lgs. n. 22/1997.
A) Ai sensi del comma 10 gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di
ripristino ambientale nonché la realizzazione delle eventuali misure di
sicurezza costituivano onere reale sulle aree inquinate, onere che doveva essere
indicato nel certificato di destinazione urbanistica19.
Ora dispone in senso analogo l’art. 253 c. 1 T.U. ambientale il quale precisa che l’onere reale viene iscritto a seguito dell’approvazione del progetto di bonifica20.
L’onere reale può
definirsi come la prestazione che grava su un soggetto per il semplice fatto che
costui si trovi nel godimento di quel bene, in genere immobile; detta
prestazione può consistere in un dare21
o in un fare.
L’onere si dice “reale” in quanto l’obbligo sorge per effetto della relazione
del soggetto con il bene:
secondo autorevole
dottrina, “si potrebbe quasi dire che obbligata sia la cosa relativamente
alla quale esiste l’onere. Infatti colui che si trova nel godimento del bene
gravato da onere reale risponde non soltanto delle prestazioni il cui obbligo si
è maturato dal momento del suo possesso, ma anche di quelle maturate in
precedenza.” (A. Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, Cedam ed. 1997,
pag. 479). Tale figura giuridica è molto affine a quella dell’obbligazione
reale, altrimenti detta obbligazione propter rem. Senza volersi dilungare
ad esaminare funditus la controversa distinzione tra oneri reali e
obbligazioni propter rem (in quanto del tutto estranea al presente
lavoro), ci si limita ad osservare, per quanto qui di interesse, che secondo la
migliore dottrina uno degli elementi di differenziazione è dato dal fatto che
l’obbligazione collegata all’onere reale è limitata al valore del bene, mentre
il debitore dell’obbligazione reale, secondo la regola generale,
risponde con tutto il suo patrimonio (A. Trabucchi, ibidem22).
Coerentemente il comma 10 in esame è stato interpretato nel senso che, una volta
attuati gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale,
l’ente che ha provveduto (il Comune o, in sua vece, la Regione) potrà agire per
il recupero delle spese sostenute, oltre che contro il responsabile, anche
contro il proprietario incolpevole ma, nei confronti di costui, limitatamente al
valore del sito stesso.
Il legislatore della riforma ha inteso recepire tale assunto, affermato
concordemente da giurisprudenza e dottrina23,
inserendo nell’art. 253 T.U. ambientale la previsione che il proprietario
incolpevole possa essere tenuto al rimborso delle spese sostenute dalla pubblica
autorità “soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a
seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi.” E così prosegue: “Nel
caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia
spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di
rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese
sostenute e per l’eventuale maggior danno subito.”
B) Secondo il comma 11
dell’art. 17 cit., le spese sostenute per effettuare gli interventi di messa in
sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, erano assistite da privilegio
speciale immobiliare ex art. 2748 c. 2 c.c.24,
esercitabile anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi
sull’immobile, e da privilegio generale mobiliare.
La recente riforma ha eliminato il riferimento al privilegio generale mobiliare,
non più menzionato dall’art. 253 T.U. ambientale, mentre è rimasta la previsione
del privilegio speciale immobiliare ai sensi e per gli effetti dell’art. 2748 c.
2 c.c.; potendo essere esercitato anche in pregiudizio dei diritti acquistati
dai terzi sull’immobile, detto privilegio consente al creditore (nel caso di
specie, l’ente pubblico) di soddisfarsi sul bene immobile anche quando ne sia
stata trasferita la titolarità.
L’art. 253 c. 3 puntualizza che il privilegio e la ripetizione delle spese
possono essere esercitati, nei confronti del proprietario del sito incolpevole “solo
a seguito di provvedimento motivato dell'autorità competente che giustifichi,
tra l'altro, l'impossibilità di accertare l'identità del soggetto responsabile
ovvero che giustifichi l'impossibilità di esercitare azioni di rivalsa nei
confronti del medesimo soggetto ovvero la loro infruttuosità.”
L’art. 253 T.U. ambientale si conclude con la previsione, già contenuta
nell’art. 17 c. 6-bis del decreto Ronchi, che gli interventi di bonifica dei
siti inquinati possono essere assistiti da contributi pubblici entro il limite
massimo del 50% delle relative spese, qualora sussistano preminenti interessi
pubblici connessi ad esigenze di tutela igienico-sanitaria e ambientale o
occupazionali. Con la precisazione che a detti contributi pubblici non si
applicano i commi 1 e 2 relativi, come si è visto, all’onere reale ed al
privilegio speciale immobiliare.
Tra i provvedimenti normativi che hanno disposto i finanziamenti in parola si
segnala la legge 09/12/1998, n. 426 la quale ha elencato i siti inquinati di
interesse nazionale necessitanti di interventi di bonifica; l’elenco originario
comprendente 14 aree industriali25
è stato successivamente arricchito con l’indicazioni di altri siti che
richiedono interventi di bonifica di interesse nazionale.
L’art. 252 T.U. ambientale specifica i principi ed i criteri direttivi da
seguire per l’individuazione dei siti di interesse nazionale e attribuisce al
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero
delle attività produttive, la competenza a sovrintendere alla procedura di
bonifica.
§ 8. Le acque di falda.
Volendo risolvere un contrasto interpretativo sorto sotto il vigore del decreto
Ronchi, l’art. 243 T.U. ambientale chiarisce che le acque di falda emunte in
occasione di interventi di bonifica “possono essere scaricate, direttamente o
dopo essere state utilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso,
nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque
superficiali di cui al presente decreto.”
I limiti di emissione delle acque reflue industriali in acque superficiali sono indicati nell’allegato 5 alla parte terza (p.to 1.2 che rinvia alla tabella 3, o alle norme regionali ove esistenti).
§ 9. Gli accordi di programma.
Degna di nota è la previsione contenuta nell’art. 246 T.U. ambientale secondo la
quale i soggetti obbligati agli interventi di bonifica ed i soggetti altrimenti
interessati possono definire modalità e tempi di esecuzione degli interventi
stessi mediante appositi accordi di programma da stipulare, entro sei mesi
dall'approvazione del documento di analisi di rischio26,
con le amministrazioni competenti.
Il nuovo T.U. ambientale, senza dubbio, ha potenziato la figura dell’accordo di
programma estendendone i casi di applicabilità rispetto al passato27.
Dalla lettura degli
artt. 178 c. 4, 180 lett. c), 181 c. 4 e 7, 206 D.Lgs. n. 152/2006, si ricava
l’impressione che il legislatore ha inteso attribuire ad esso un ruolo centrale
nel perseguimento delle finalità poste dalla normativa ambientale.
Espressione del principio di responsabilizzazione e cooperazione di tutti i
soggetti coinvolti nella gestione dei rifiuti28,
l’accordo di programma presenta l’indubbio pregio di essere uno strumento
versatile in grado di adattarsi alle realtà ed alle esigenze dello specifico
contesto locale nel quale esso è destinato ad produrre effetti.
§ 10. Le sanzioni penali.
A norma dell’art. 51 bis del decreto Ronchi, se il responsabile
dell’inquinamento o della situazione di pericolo, concreto e attuale, di
inquinamento non provvedeva alla bonifica secondo le procedure di legge era
sottoposto alla pena dell’arresto da 6 mesi ad 1 anno e dell’ammenda da €
2.582,28 a € 25.822,84; la pena subiva un aggravamento nell’ipotesi di
inquinamento provocato da rifiuti pericolosi. In caso di sentenza di condanna o
in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p.,
il beneficio della sospensione condizionale della pena poteva essere subordinato
alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.
Nella famosa sentenza Cass. pen., sez. III, 28/04/2000 n. 1783 Pizzuti, si è
affermato che l’art. 51 bis D.Lgs. n. 22/1997 contempla un “reato omissivo di
pericolo presunto che si consuma ove il soggetto non proceda all'adempimento
dell'obbligo di bonifica secondo le cadenze procedimentalizzate dall'art. 17 del
medesimo decreto”.
Trattandosi di reato che si perfeziona per il semplice mancato compimento
dell’azione prescritta dalla norma penale, i.e. in seguito alla mera omissione,
esso rientra nel novero dei c.d. reati omissivi propri.
In esso il disvalore penale si incentra sulla mera disubbidienza alla norma che
impone di attivarsi secondo determinate modalità e sequenze.
Sulla scorta di tale ricostruzione, l’inquinamento o il pericolo di inquinamento
rappresentano solo un presupposto di fatto della fattispecie criminosa, un
elemento esterno ad essa e non un suo elemento costitutivo: più precisamente
costituiscono l’elemento fattuale di cui l’art. 51 bis presuppone l’esistenza
perché il fatto di reato possa sussistere. E’ noto che, secondo l’insegnamento
tradizionale, i presupposti del reato consistono in situazioni, di fatto o di
diritto, preesistenti alla condotta che, essendo da essa totalmente
indipendenti, possono essere soltanto conosciute o conoscibili dal soggetto ma
mai volute29.
Le considerazioni testé svolte devono ritenersi estensibili anche al vigente
art. 257 T.U. ambientale il quale ha conservato l’impostazione del precedente
art. 51 bis D.Lgs. n. 22/1997, salvo precisare che ora deve intendersi soggetto
a pena chiunque non provvede alla bonifica nell’ipotesi in cui cagioni
l’inquinamento “…con il superamento delle concentrazioni soglia di rischio
…”.
L’intervento riformatore ha introdotto una nuova ipotesi contravvenzionale,
punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, “in caso di mancata
effettuazione della comunicazione di cui all’articolo 242…”. Attesa la
genericità della locuzione utilizzata dal legislatore, non è ben chiaro a quale
specifica ipotesi con essa il legislatore intenda far riferimento.
Un’interpretazione rigorosamente aderente al dato letterale della norma dovrebbe
indurre ad escludere che si sia voluto sanzionare la violazione del comma 3
dell’art. 242 il quale, in caso di superamento delle Csc, impone al responsabile
di darne immediata “notizia” (e non “comunicazione”) agli enti competenti.
Ma anche a voler patrocinare detta interpretazione letterale, i dubbi permangono
in quanto l’art. 242 prevede due diverse ipotesi in cui il responsabile
dell’inquinamento è tenuto ad una “comunicazione” agli enti competenti.
- Una prima ipotesi è contemplata al comma 1.
Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il
sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro 24 ore le misure
necessarie di prevenzione e ne dà immediata “comunicazione” agli enti
competenti.
- Altra ipotesi è quella contemplata dal comma 6.
Se l’analisi di rischio evidenzia che i valori di Csr non sono stati superati,
il procedimento si considera concluso ma al soggetto responsabile può essere
prescritto al responsabile un programma di monitoraggio sul sito; alla scadenza
del periodo di monitoraggio il soggetto responsabile ne dà “comunicazione” alla
Regione ed alla Provincia, inviando una relazione tecnica riassuntiva degli
esiti del monitoraggio svolto.
Al pari dell’art. 51 bis D.Lgs. n. 22/1997, anche il vigente art. 257 T.U.
ambientale prevede un aggravamento di pena in caso di inquinamento provocato da
sostanze pericolose ed inoltre la possibilità che, in caso di sentenza di
condanna per la contravvenzione di cui ai commi 1 e 2 o di sentenza emessa ai
sensi dell'articolo 444 c.p.p., il beneficio della sospensione condizionale
della pena venga subordinato alla esecuzione degli interventi di emergenza,
bonifica e ripristino ambientale.
L’art. 257 in rassegna si conclude con la seguente precisazione: “L'osservanza
dei progetti approvati ai sensi degli articoli 242 e seguenti costituisce
condizione di non punibilità per i reati ambientali contemplati da altre leggi
per il medesimo evento e per la stessa condotta di inquinamento di cui al comma
1.”
Salvo Renato Cerruto *
avvocato del Foro di Venezia
avv.cerruto@virgilio.it
* ° * ° * ° *
1 Ai
sensi dell’art. 52, le norme della parte II del decreto relative alle procedure
per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto
ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC), entreranno
in vigore 120 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ovvero in data
12/08/2006.
2 In calce alla Tabella n. 1 (analogamente a quanto era già
previsto in calce alla Tabella n. 1 dell’allegato 1 del D.M. n. 471/1999) viene
precisato che, “per le sostanze non esplicitamente indicate nella Tabella, i
valori di concentrazione limite accettabili sono ricavabili adottando quelli
indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.” Mette conto
evidenziare che in maniera impropria si persiste nel fare riferimento ai valori
di concentrazione limite accettabili, anziché menzionare, come sarebbe stato più
corretto, i valori di concentrazione soglia di contaminazione (Csc).
3
I criteri generali da applicare all’analisi di rischio sanitario e
ambientale sito specifica (detta anche, più semplicemente, analisi di rischio)
sono contenuti nell’allegato 1 al titolo V della parte quarta del T.U.
ambientale.
4 L’art. 240 lett. t) definisce condizioni di emergenza “gli
eventi al verificarsi dei quali è necessaria l’esecuzione di interventi di
emergenza, quali ad esempio 1) concentrazioni attuali o potenziali dei vapori in
spazi confinati prossime ai livelli di esplosività o idonee a causare effetti
nocivi acuti alla salute; 2) presenza di quantità significative di prodotto in
fase separata sul suolo o in corsi di acqua superficiali o nella falda; 3)
contaminazione di pozzi ad utilizzo idropotabile o per scopi agricoli; 4)
pericolo di incendi ed esplosioni.”
5 I
criteri generali da seguire per la selezione ed esecuzione degli interventi di
bonifica e messa in sicurezza sono indicati nell’allegato 3 al titolo V della
parte quarta; ivi si afferma che gli interventi di messa in sicurezza sono
finalizzati alla rimozione ed all’isolamento delle fonti inquinanti ed al
contenimento della diffusione degli inquinanti per impedirne il contatto con
l’uomo e con i recettori ambientali circostanti.
Hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso
accertamento di una situazione di una situazione di contaminazione o di pericolo
di contaminazione (messa in sicurezza d’urgenza), ovvero di continuità e
compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio (messa
in sicurezza operativa), ovvero di definitività nei casi in cui, nei siti
non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere
alla rimozione degli inquinanti pur applicando le migliori tecnologie
disponibili a costi sopportabili (messa in sicurezza permanente).
La messa in sicurezza di un sito inquinato è comprensiva delle azioni di
monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica nel tempo delle soluzioni
adottate ed il mantenimento dei valori di concentrazione degli inquinanti nelle
matrici ambientali interessate al di sotto dei valori soglia di rischio (Csr)
6 Tale disposizione, per evitare un vuoto normativo nel
passaggio dalla vecchia alla nuova normativa, precisa che i provvedimenti
attuativi del c.d. decreto Ronchi “continuano ad applicarsi sino alla data di
entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla
parte quarta del presente decreto”.
Quanto al D.M. 25/10/1999 n. 471 (il regolamento recante i criteri, le procedure
e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale
dei siti inquinati emanato ai sensi dell'art. 17 del decreto Ronchi), esso è
stato oggetto di c.d. “abrogazione implicita” conseguente alla nuova
regolamentazione dell’intera materia (art. 15 disp. prel. c.c.). Si noti che il
nuovo T.U. ambientale all’art. 185 c. 1 lett. h), relativo ai materiali vegetali
non contaminati utilizzabili come prodotto, ed all’art. 186 c. 3, in tema di
terre e rocce da scavo, continua a richiamarsi ai limiti di cui al
D.M. n. 471/1999 sia pur provvisoriamente ovvero sino all’emanazione dei
corrispondenti nuovi decreti ministeriali.
7 Il medesimo art. 304 c. 2 precisa che la comunicazione in parola “deve avere ad oggetto tutti gli aspetti pertinenti della situazione, ed in particolare le generalità dell'operatore, le caratteristiche del sito interessato, le matrici ambientali presumibilmente coinvolte e la descrizione degli interventi da eseguire.”
8 L’art. 17 c. 4 D.Lgs. n. 22/1997 e l’art. 10 D.M. n. 471/1999 attribuivano la competenza ad approvare il progetto di bonifica o di messa in sicurezza alla Regione limitatamente all’ipotesi in cui l’intervento avesse riguardato un’area compresa nel territorio di più Comuni.
9 Esso
prevede che la politica ambientale della Comunità europea “è fondata sui
principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della
correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente,
nonché sul principio chi inquina paga.”
10 La direttiva 2006/12/CE è sostanzialmente identica alla
direttiva 75/442/CEE la quale è stata espressamente abrogata.
L’art. 20 della nuova direttiva sui rifiuti precisa che:“I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato IV.”
11
T.A.R. Liguria, 10/02/2004, n. 141 ha aggiunto che detta responsabilità
oggettiva non è assoggettata ad alcun termine di prescrizione e che l’obbligo di
bonifica incombe sul responsabile anche se costui abbia perso la disponibilità
giuridica e/o materiale del sito inquinato.
12 In tal senso G. Amendola “Gestione dei rifiuti e
normativa penale”, Giuffrè ed. 2003, pag. 341 ss..
L’autore evidenzia
altresì che è ben possibile che si inizi secondo la procedura ex art. 14 e
successivamente, una volta rimossi i rifiuti, subentrino le procedure di cui
all’art. 17 per essersi appurato il superamento, o il pericolo di superamento,
dei valori di concentrazione limite accettabili. Ma trattasi di una mera
eventualità ed è escluso che tra le due fattispecie esista un vincolo di
consequenzialità o di serialità procedimentale (in questi termini T.A.R. Valle
D’Aosta, 20/02/2003, n. 17).
13 Così C.d.S. 02/02/2004, n. 330; C.d.S. 04/02/2003, n. 564;
C.d.S. 17/02/1999, n. 168; C.d.S. 09/10/1997, n. 1131.
14 Escludono che il proprietario incolpevole possa essere destinatario dell’ordinanza di bonifica, tra le altre, T.A.R. Lombardia, 08/11/2004, n. 5681; T.A.R. Veneto, 18/03/2002, n. 1104; T.A.R. Veneto, 02/02/2002, n. 320; T.A.R. Lombardia, 07/06/2000, n. 1891 in Riv. Giur. Ambiente 2000, 791 con nota di L. Prati “Il giudice amministrativo “salva” dall’obbligo di bonifica il proprietario estraneo all’inquinamento” - nota a T.A.R. Lombardia n. 1891/2000.
15
Quanto all’obbligatorietà o meno dell’intervento del proprietario incolpevole,
si rinvia alle considerazioni svolte supra al § 3 con riferimento all’art. 245
T.U. ambientale.
16 Rinvenibile sul sito www.dirittoambiente.it con nota di L.
Salvemini.
17 Si noti che mentre il previgente art. 38 c. 2 legge n.
142/1990 circoscriveva le materie in riferimento alle quali era consentito
emettere un’ordinanza contingibile ed urgente (“Il sindaco […] adotta […]
provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e
polizia locale, …”) nel vigente art. 54 c. 2 D.Lgs. n. 267/2000 è caduto
tale inciso, con conseguente estensione dell’ambito di applicabilità della
norma.
18 In questo senso, di recente, T.A.R. Lombardia, 08/11/2004,
n. 5681 ove si legge che il proprietario incolpevole “non ha l’obbligo di
provvedere, ma solo l’onere di farlo se intende evitare le conseguenze derivanti
dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio
speciale immobiliare.”
19 In
dottrina si è espresso apprezzamento per l’onere reale quale ottimo deterrente
di natura non penalistica idoneo a garantire maggiore trasparenza in sede di
compravendite immobiliari (in questo senso F. Cervetti Spriano “La nuova
normativa sui rifiuti”, Giuffrè ed. 1998, pag. 109). Per rilievi critici nei
confronti della scelta legislativa per l’istituto giuridico dell’onere reale si
rinvia a L. Prati “Il giudice amministrativo “salva” dall’obbligo di bonifica
il proprietario estraneo all’inquinamento” in Riv. Giur. Ambiente
2000, 5, 792 - nota a T.A.R. Lombardia n. 1891/2000.
20 Si ricorda che il progetto operativo degli interventi di
bonifica o di messa in sicurezza deve essere predisposto dal soggetto
responsabile qualora gli esiti dell’analisi di rischio evidenzino il superamento
dei livelli di Csr; la Regione, convocata apposita conferenza di servizi e
sentito il soggetto responsabile, approva il progetto con eventuali prescrizioni
ed integrazioni (art. 242 c. 7).
21 Ipotesi classica di onere reale è il pagamento del canone
enfiteutico.
22 Il quale, a proposito dell’onere reale, aggiunge: “Il
titolare del corrispondente diritto si gioverà di un’azione reale:
questa realità ha
più che altro significato di garanzia per cui il creditore può sempre ricavare
forzatamente dal fondo gravato il valore della prestazione che gli è dovuta;
essa viene concessa al titolare del credito in aggiunta all’azione personale
contro il diretto debitore della prestazione scaduta.”
23 In giurisprudenza vedasi T.A.R. Veneto n. 1104/2002 e n.
320/2002; per la dottrina si rinvia a L. Prati “Il giudice amministrativo
“salva” dall’obbligo di bonifica il proprietario estraneo all’inquinamento”,
cit..
24 Il
quale così recita: “I creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono
preferiti ai creditori ipotecari, se la legge non dispone diversamente.”
25 Tra le più note, si menzionano: Venezia (Porto Marghera);
Napoli orientale; Manfredonia; Brindisi; Gela e Priolo. Per un approfondimento
sull’argomento si rinvia a “La protezione ed il risanamento ambientale in
Italia” di M. Giangrasso, F. Paglietti e S. Malinconico, in Ambiente
Italia n. 17/2005, p. 90 ss..
26 Ai
sensi dell’art. 242 c. 4, in caso di superamento dei livelli di Csc, il soggetto
responsabile, entro 6 mesi dall’approvazione del piano di caratterizzazione,
deve presentare alla Regione i risultati dell’analisi di rischio. la conferenza
di servizi, convocata dalla Regione, approva il documento di analisi di rischio
entro il termine di 60 giorni
dalla ricezione dello stesso.
27 Gli accordi di programma erano già previsti dall’art. 4 c. 4
del decreto Ronchi.
28
Principi cui si informa la disciplina ambientale in materia di rifiuti (vedasi
l’art. 178 c. 3 T.U. ambientale; in senso analogo, in passato, disponeva l’art.
2 c. 3 del decreto Ronchi).
29 In questi termini F. Mantovani “Diritto penale – Parte generale”, Cedam ed. 1992, p. 170.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 8/06/2006