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Tra T.U. ambientale, decreti attuativi nuovi e vecchi, deroghe, errori e geroglifici giuridici, un pacchetto normativo per una casta di iniziati con linguaggio criptico da sacerdoti e vestali del diritto
LEGISLAZIONE SUI RIFIUTI ORMAI FUORI CONTROLLO:
RISCHI DI BLOCCO DI FATTO DELLE ATTIVITA' DI VIGILANZA SUL TERRITORIO A VANTAGGIO DELLA CRIMINALITA' AMBIENTALE
Appello al neo Ministro dell'Ambiente:
la giungla fitta e impenetrabile delle nuove norme
rappresenta una insormontabile difficoltà per gli operatori di polizia
ed il paese dei
balocchi per chi delinque
Editoriale
di MAURIZIO SANTOLOCI
Diciamolo francamente: la nuova normativa sui rifiuti è diventata ormai un rebus
dai contenuti totalmente impazziti. Ed ogni giorno che passa l’innesto
incontrollato ed incontrollabile di nuove regole e controregole del tutto
disarmoniche, tra loro e rispetto al testo base, aumenta la non penetrabilità
reale di tutti i principi normativi.
Questo impianto ormai è solo per una ristretta casta di iniziati, e di fatto è
incomprensibile per tutti coloro che – controllati e controllori – sono tenuti
comunque a decifrare i pezzi sconnessi di questo puzzle impazzito alla ricerca
di un logica giuridica e procedurale che – semplicemente – non esiste.
Sia chiaro, noi su queste pagine abbiamo sempre tenuto un atteggiamento
responsabile a livello redazionale ed espositivo. Siamo sempre stati contrari
ab origine a questa riforma e credo che ciò è chiaro e noto; abbiamo
espresso critiche e riserve, sempre su un piano rigidamente scientifico e
tecnico. Ma siamo sempre stati consci del fatto che le colpe del legislatore non
potevano ricadere poi su chi le leggi deve comunque applicarle, ognuno secondo
il proprio ruolo, veste e funzione, e dunque in qualche modo – dopo la critica
scientifica – abbiamo sempre cercato responsabilmente di offrire comunque
strumenti di lettura e pratica applicazione corretta.
Non ne abbiamo mai condiviso i principi, ma non abbiamo mai operato un
disfattismo di principio a vuoto, consapevoli da un lato che – realisticamente –
questa è comunque una legge vigente e che sarà difficile cancellare con un colpo
di spugna, e dall’altro che la nostra funzione - a livello personale per molti
di noi volontari della redazione e per la testata giornalistica in se stessa – è
stata anche sempre quella di offrire a tutti coloro che vogliono applicare
correttamente le norme ambientali qualche modesto contributo proposito e non
distruttivo. Come sempre, per i controllati ed i controllori. Ma – inutile
negarlo – essendo il nostro target principale di vita e di editoria costituito
in gran parte da forze di polizia statali e locali e da personale della pubblica
amministrazione tecnico o comunque attivo a livello preventivo/autorizzatorio e
di controllo nel settore, abbiamo sempre cercato di non demotivare queste larga
fetta di pubblici operatori per dare loro comunque ed in ogni caso qualche
chiave di lettura per svolgere con chiarezza e dinamismo il loro lavoro. A
vantaggio dell’ambiente, della salute pubblica e di tutti noi.
E dunque anche sul nuovo T.U. – con le storiche riserve iniziali da noi
pubblicamente manifestate sempre con rigore scientifico – abbiamo poi scelto di
tenere comunque attivi e lucidi alcuni canali informativi per evitare crisi di
rigetto collettive e paralisi operative devastanti. E con un certo sforzo
abbiamo tentato - e tentiamo ancora ogni giorno - di offrire il nostro modesto
contributo nelle scuole di polizia, e su queste pagine che oggi contano un
pubblico vastissimo ed in continua crescita.
Ma il nostro posizionamento è sempre stato sul merito, siamo cioè stati
dall’inizio contrari a questa riforma perché non ne abbiamo condiviso i
contenuti sostanziali e soprattutto le deregulation palesi ed occulte. Ma oggi
l’evoluzione sta prendendo un piega diversa.
Infatti un conto è un principio non condiviso ma chiaro. Possiamo non essere
d’accordo giuridicamente e concettualmente, ma se il principio è leggibile ed
attuabile lo abbiamo poi sempre proposto in pratica operatività sotto i diversi
punti di vista degli interessati operanti nei diversi settori. Una legge può
avere un contenuto che l’interprete con condivide, ma poi è legge e va
applicata. Punto basta. E su questa linea ci siamo sempre mossi sul nuovo T. U.
ambientale. Finchè è stato possibile.
Ma oggi non si tratta più di una legge non condivisibile in parecchi contenuti
ma comunque chiara nei concetti espressi, ma di un sovrapporsi di regole e norme
dentro e collateralmente al T.U. che hanno creato una monade normativa
impenetrabile con contenuti e concetti che sono totalmente incomprensibili.
Attenzione: non più non condivisibili, ma non decodificabili, non leggibili,
fuori di ogni regola di media logica e percepibilità. Per tutti.
Un corpo alieno di regole e controregole che si evolvono di giorno in giorno, di
ora in ora in una massa mostruosa di principi intrecciati, dove i precetti sono
frantumati dentro il T.U. in aree diverse e poi fuori e poi di nuovo le sanzioni
decentrate in altre aree; dove le definizioni viaggiano su binari virtuali
rispetto poi alle regole alle quali si dovrebbero ricollegare, e le
interpretazioni sono soggettive e mutevoli secondo l’incasellamento di vari
pezzi di precetti e regole pescati qua e là. Ogni incastro dà un quadro di
puzzle diverso. Ed infine lo stillicidio dei decreti attuativi nuovi ma anche ed
addirittura vecchi ha fatto implodere questa monade in un sordo boato interno
che ha decretato la soluzione finale per regole già in se stesse scritte per
vestali del diritto ed oggi da pura astrazione teorica senza collegamento alcuno
con la realtà delle cose concrete di tutti i giorni.
Un esempio? Il clamoroso caso del decreto sulla fertirrigazione… Che vale per
tutti ed è l’icona di questo sistema impenetrabile….
Nel nostro sistema giuridico (e non solo ambientale) ormai succede di tutto. E
non ci meravigliamo più di nulla. Confusione alimenta confusione. A tutto
vantaggio di chi poi rimesta nel torbido e trae vantaggi per non rispettare
nessun regola.
A tutti è noto che il 29 aprile 2006 il sistema normativo basato sul decreto
22/97 e sul decreto 152/99 è stato abrogato e sostituito in blocco dal nuovo
T.U. ambientale. Dunque dal 29 aprile su tutto il territorio nazionale la legge
vigente in materia ambientale (rifiuti ed acque in primo luogo) è questo nuovo
testo. Il quale in via transitoria - va precisato – richiama alcuni
provvedimenti tecnici pregressi che vivranno nelle more della emanazione de
nuovi decreti attuativi. I quali sono in gran numero già stati resi noti e molti
già pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Ma solo per alcuni espressi e solo in
via transitoria, giacchè le nuove regole sono basate – logicamente – su nuovi
decreti attuativi.
Ebbene, sulla Gazzetta Ufficiale del 12 maggio 2006 (e dunque ormai in piena e
certa vigenza ed applicazione generale de nuovo T.U. che ha abolito anche il
pregresso decreto/acque 152/99) viene pubblicato (per farlo entrare in vigore)
il decreto 7 aprile 2006 ministero delle politiche agricole e forestali dal
titolo “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale
dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui
all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152. (GU n. 109
del 12-5-2006- Suppl. Ordinario n. 120)”.
Dunque, un decreto redatto in vigenza ed in applicazione di una norma nazionale
(d.lgs n. 152/99) in una data nella quale ancora tale norma era valida e
spiegava i suoi affetti, viene pubblicato in G.U. e reso vigente dopo che la
medesima norma da cui trae origine applicava è stata abrogata! E sostituita con
altra norma che regola ex novo la materia specifica e che pretende decreti
attutivi nuovi ed in sintonia formale e sostanziale con il nuovo dettato…
A questo punto ci si chiede: ma questo decreto è applicabile o no?
A nostro avviso certamente no! Perché il DLgs 152/1999 (quindi anche l'articolo
38 che genera poi il decreto attuale) è stato abrogato integralmente dal Dlgs
152/2006. Questo significa che è venuta meno la base giuridica in virtù della
quale il Governo ha esercitato il potere esecutivo attribuitogli dalla
Costituzione. Per giunta, pur recando la data del 7 aprile è entrato in vigore
il 12 maggio (data di pubblicazione in G.U.) cioè a fonte primaria (Dlgs
152/1999) già abrogata dal 29 aprile 2006. In pratica uno "zombie" normativo.
Carta inutile, che vale solo affinché possa essere copiato dal nuovo Governo
perché la previsione di cui all'articolo 38 del Dlgs 152/1999 è presente anche
nel TU. E dunque è verosimile che detto decreto sarà “riciclato” o nuovamente
pubblicato sotto altra sigla formale aggiornata al nuovo T.U. Ma a nostro avviso
non vi è dubbio che adesso detto testo sia inoperante.
E questo aumenta la confuione. Perchè - naturalmente – forti dell’apparentemente
inevitabile sistema tutto nostrano di creare leggi, che poi vanno deroga e in
richiamo esterno, e poi pescano atti vitali ed applicativi in provvedimenti e
regole pregresse, anche in questo caso si sta sostenendo che le vecchie regole
adesso valgono anche nelle nuove basi normative. Mettiamoci nei panni
dell’operatore di polizia che su strada oggi ferma un mezzo che trasporta
liquami zootecnici per andarlo a spargere sui terreni. Cosa deve fare? Quai
regole passate, presenti e future deve applicare? E quale collage di leggi,
regolamenti e decreti deve attivare per capirci qualcosa? Insomma, una macedonia
di principi vecchi e nuovi entro la quale c’è chi oggi sta trovando il paese dei
balocchi per azzerare ogni rispetto di tutte le regole e spandere rifiuti a
tutta forza senza controlli. E le recenti inchieste di questi ultim giorni con
decine di arresti anche per reati associativi per crimini connessi ai rifiuti ci
confermano questo stato di cose.
Ed ancora il Decreto 5 aprile 2006, n. 186, Regolamento recante modifiche al
decreto ministeriale 5 febbraio 1998 «Individuazione dei rifiuti non pericolosi
sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai sensi degli articoli 31 e
33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22». Per carità, atto dovuto
dopo censura europea sul punto, per cui il nostro legislatore, nelle more
dell’emanazione di un prossimo D.M. di regolamentazione delle procedure
semplificate in attuazione del nuovo D.L.vo n. 152/2006, si è visto costretto ad
aggiornare un provvedimento legislativo che tra qualche mese dovrebbe già essere
superato, e che comunque, allo stato attuale, fa riferimento ad una normativa
formalmente abrogata. Tuttavia, dalla lettura del decreto n. 186/2006, emerge
come il legislatore, con questo nuovo atto, non si è limitato a correggere la
normativa limitatamente agli aspetti sanzionati dall’Europa, ma è intervenuto in
modo deciso con riferimento all’intera disciplina sull’ammissione dei rifiuti
non pericolosi alle procedure semplificate.
Infatti, oltre a modificare l’art. 7 sulle “quantità impiegabili” di rifiuti
ammesse alle procedure semplificate (in ottemperanza a quanto indicato dal
giudice europeo), si è provveduto - tra le altre cose - a riscrivere
completamente anche: l’art. 6 (Messa in riserva), l’art. 8 (Campionamenti
ed analisi), l’art. 9 (Test di cessione), nonché ad apportare tutta
una serie di modifiche, anche significative, alle varie voci degli allegati al
testo normativo; in quella parte, cioè, dove sono definite le norme tecniche
generali che individuano i tipi di rifiuti non pericolosi e fissano - per
ciascun tipo di rifiuto e per ogni attività e metodo di recupero degli stessi -
le condizioni specifiche in base alle quali l’esercizio di tali attività è
sottoposto alle procedure semplificate.
Un intervento quindi “pesante” di riscrittura dell’intera disciplina in parola,
in merito al quale bisognerà vedere anche quale riflesso potrà avere sul
previsto decreto ministeriale di attuazione relativo al nuovo D.L.vo n. 152/2006
(che dovrà sostituire, proprio, il D.M. 5 febbraio 1998).
A margine di tale nuovo evento normativo, non possiamo non rilevare come ormai
l’evoluzione della normativa sui rifiuti è diventata una storia infinita, per
seguire la quale serve un aggiornamento praticamente ora dopo ora…
Da quando è stato varato il nuovo T.U. ambientale che doveva rielaborare tutta
la materia in modo compatto ed unitario, è stato ed è tutt’oggi tutto un
susseguirsi di microemanazioni di norme e normette satelliti che - soprattutto –
vanno ad innestarsi su un regime transitorio affatto chiaro e chiarito,
modificando ora il vecchio ed ora il nuovo in un geroglifico legislativo che
diventa sempre più incomprensibile. Per questo provvedimento, non si poteva a
questo punto aspettare il nuovo decreto e riformulare tutto ex novo in modo
ordinato e chiaro? E poi: oltre ad incidere su un DM vivente solo in modo
transitorio e virtuale, le modifiche “pesanti” che sono state – con la proficua
occasione – apportate al merito ed alla sostanza del regime in generale, come
vanno lette adesso in relazione al nuovo T.U.? Si parte da un DM pregresso in
fin di vita, vissuto sotto regole pregresse, si innestano una modifica-base
(dovuta) ed una serie di modifiche profonde collaterali (affatto dovute,
impreviste e imprevedibili), e si rimpasta tutto con le nuove regole dettate dal
T.U. ambientale che sta per abolire il DM così novellato.
All’interno del T.U. – poi – alcuni concetti sono incomprensibili. A parte gli
errori di base (esempio: nell'art. 258 comma 5° del D. Lgs. 152/06 c'è il
richiamo, palesemente errato, ad un fantomatico comma 43), a parte i principi
occulti incomprensibili ma fonte di rivoluzione copernicana come il deposito
temporaneo irregolare da autorizzare (sic!), soffermiamoci nella palude del
nuovo concetto di “rifiuto” e “non rifiuto” e nei connessi “sottoprodotti”, “MPS
fin dall’origine” e “MPS” ordinarie. Siamo veramente border line…
Per carità, tutti ci stiamo sforzando di capire, decodificare, leggere e
trasferire concetti e nozione connesse. Ma dove sta oggi una logica ed una
certezza su questo punto basilare, che poi è la chiave di tutto, l’architrave
sulla quale poggia tutta la costruzione del monolite?
In una scuola di polizia dello Stato, tra un folto gruppo di giovani e candidi
nuovi agenti che seguono il corso di formazione di base, e che saranno i futuri
controllori su strada e sul territorio, ad un certo punto – dopo una estenuante
maratona per spiegare i geroglifici giuridici delle concettualità sopra espresse
– un partecipante mi ha chiesto, semplicemente e naturalmente: “Mi scusi,
dottore, ma in pratica quando troveremo un camion che trasporta rifiuti o un
cumulo in una azienda come facciamo a distinguere con certezza ad un posto di
blocco un carico di rifiuti dalle altre materie; e se sono rifiuti, come
facciamo a capire se sono pericolosi o no?”. Dopo qualche giorno la stessa
domanda in una assise di vecchi operatori di polizia specializzati nel crimine
organizzato. Come si fa su strada a riconoscere, qualificare, decidere,
scegliere quale regole applicare e quale no?
Ecco, come si fa? Come fanno oggi migliaia e migliaia di operatori di polizia su
strada e sul territorio e tecnici della P.A. che non sono affiliati alla
ristretta casta degli eletti in grado di recitare il linguaggio criptico del
coacervo di norme, ad agire in pochi minuti ed a decidere?
Ed i controlli su strada e sul territorio sono effettuati non da superman del
diritto ma da comuni mortali che, tra un furto ed un incidente stradale, si
devono pure occupare del trasporto illegale di rifiuti e delle discariche
abusive…
Signor neo ministro dell’Ambiente, siamo veramente convinti che sia umanamente
possibile che questa larga fetta di operatori di polizia – sui quali poggia
tutto l’asse del controllo contro gli illeciti quotidiani e contro la malavita
ambientale associata ed organizzata – sono oggi veramente posti in condizione di
agire? Come faranno? Andranno in giro con un trolley di testi unici,
allegati, decreti attuativi vecchi e nuovi, circolari, deroghe e durante ogni
controllo si tufferanno nei meandri delle regole disarticolate dei vari testi e
troveranno caso per caso una chiave di azione?
Leggere, valutare ed applicare tutto ciò è ormai un lavoro da casta di sacerdoti
iniziati e votati a credi dogmatici con linguaggi e riti di accesso che
riteniamo non accessibili alla massa dei comuni mortali. Tra i quali noi che
scriviamo per primi. Ma è ormai certo che anche la grande maggioranza degli
operatori amministrativi, di vigilanza su strada e dei titolari di aziende
stanno trovando enormi difficoltà in questo meccanismo normativo da decriptare
con frequenza praticamente giornaliera in modo nuovo nella vita quotidiana ed
ordinaria sul territorio.
Prendiamo un caso di trasporto di liquami zootecnici presunto irregolare
controllato su strada. Che deve fare l’agente operante? Quale regola applicare?
E un rifiuto liquido? O - come sta scrivendo qualcuno – uno scarico indiretto? O
non è nulla, ed è come un trasporto di merendine per bambini? Si applica il
decreto “vecchio” pubblicato in G.U. in vigenza del nuovo T.U. o le regole nuove
innestate su quelle vecchie? Serve cosa? Un formulario, una bolla, nulla? Dove
sta la certezza della regola? Dove sta ormai la regola? Dove sta il rifiuto ed
il non rifiuto? Dove stanno i depositi temporanei, come si legge tutto ed il
contrario di tutto?
Caro neo Ministro dell’Ambiente, per favore scenda in strada. Passi qualche ora
a tu per tu con gli operatori di polizia e di vigilanza impegnati “sul campo”.
C’è il forte, immediato, serissimo rischio che i controlli preventivi e
repressivi nonostante lo sforzo immane che tutti gli operatori di controllo
stanno facendo – subiscano un fase di stallo e di blocco, soprattutto a media e
lunga scadenza. Perché le formule di deregulation sostanziale delle quali
è infarcito – in modo chiaro ed espresso – questo nuovo sistema normativo
ispirato dal partito del “non rifiuto”, creano oggi un pacchetto di formule e
stratagemmi perfettamente legali per far passare come “materie prime” o
“sottoprodotti” o altre cose similari partite sistematiche di rifiuti anche
pericolosi, di legalizzare depositi temporanei extraziendali e viaggi di rifiuti
qualificati come spostamenti senza regole e tante altre storie simili. Tutti
strumenti micidiali che – se ben sfruttati – possono già in se stessi essere
idonei per ingannare ed eludere il controllo di organi esperti; tale realtà
perniciosa, unita alla oggettiva difficoltà di lettura, di interpretazione ed
applicazione che sta dilagando tra le forze di polizia che spesso – va detto –
sono benemeritamente autodidatte e senza corsi di formazione ed aggiornamento,
crea veramente il paese dei balocchi per i criminali ambientali. Ma come si può
pretendere che il nostro giovane, seppur bravissimo, agente abbandonato a se
stesso a livello di formazione si aggiorni oggi da solo (sottolineo: da solo)
sul nuovo T.U. e storie connesse e poi vada su strada a contrastare le furbizie
ataviche dei criminali ambientali che sanno sfruttare in modo dogmatico ogni
minima piega del nuovo sistema tutto improntato al non rifiuto”? Ma come si può
pretendere oggi che un equipaggio di una pattuglia su strada ad un posto di
controllo riesca a tenere testa a scaltri artifizi giuridici studiati a tavolino
da chi su quel viaggio illegale lucra da sempre in modo smisurato?
Tutto questo rischia di generare – peraltro - una sottile ma deleteria vena di
scoraggiamento e rassegnazione tra gli organi di controllo che vedono oggi di
fatto la loro azione livello sostanziale e procedurale difficile ed
impenetrabile.
Signor neo Ministro, scenda in strada al nostro fianco. Nel Paese reale. Nel
Paese dei rifiuti liquidi al mercurio con effetti mutogeni scaricati a fianco
delle gestanti. Per vedere insieme a noi a quali deboli armi è oggi affidata lo
lotta contro i fenomeni di criminalità ambientale.
Maurizio Santoloci
23 maggio 2006