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Radiazioni ionizzanti: evoluzione normativa, tutela della salute ed elementi di criticità.
GERARDO GUZZO*
Sommario: 1. Premessa; 2. L’evoluzione legislativa e l’attuale disciplina paradigmatica; 3. Considerazioni finali.
1. Premessa
La radioprotezione costituisce un argomento di forte attualità nel quadro
generale di una adeguata tutela complessiva della Salute, proprio a causa della
oggettiva difficoltà di creare un sufficiente reticolo di protezioni in grado di
prevenirne gli effetti dannosi che possono prodursi sull’uomo e sull’ambiente
circostante. L’importanza del tema ha generato, nel corso degli ultimi quindici
anni, diversi interventi anche da parte del legislatore europeo. Infatti, dal
1989 al 1994, sono state adottate ben sei direttive EURATOM, tutte recepite nel
nostro sistema ordinamentale attraverso tre decreti legislativi, a loro volta
attuativi di tre deleghe parlamentari. Il primo provvedimento legislativo
delegato risale al lontano 1995. Proprio la particolare attenzione dedicata alla
tematica in parola dal legislatore domestico e comunitario ha conferito alle
radiazioni ionizzanti una importanza di assoluto rilievo, considerato il
carattere trasversale della materia. Si tratta, infatti, di una aspetto che
investe diversi ambiti della vita comune (sanità, ambiente, lavoro), tutti
aventi riconoscimento e cittadinanza all’interno della Carta costituzionale.
L’odierno scritto, dunque, vuole atteggiarsi a contributo teso ad evidenziare,
senza alcuna presunzione di completezza, il portato degli interventi normativi
che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni, mostrando al lettore i
profili che si ritengono di maggiore interesse scientifico, soprattutto alla
luce degli innumerevoli fattori di rischio ad essi collegati e ai rimedi
codificati dal legislatore europeo e nazionale per scongiurarli.
2. L’evoluzione legislativa e l’attuale disciplina paradigmatica.
La particolare materia delle radiazioni ionizzanti risulta, attualmente,
disciplinata dal d.lgs. n. 230 del 17 marzo 19951,
attuativo delle Direttive 89/618/EURATOM, 90/641/EURATOM, 92/3/EURATOM e
96/29/EURATOM. Il corpus normativo segnalato si atteggia a vero e proprio
paradigma legislativo, attesa l’ampiezza longitudinale dell’oggetto normato
dalle disposizioni in esso contenute. Più nel dettaglio, il d.lgs. n. 230/95 ha
introdotto delle significative novità all’interno del sistema ordinamentale
italiano, dal momento che l’art. 163 del citato testo di legge ha abrogato il
precedente d.p.r. del 13 febbraio 1964 n. 1852,
prima vigente, recante norme in tema di protezione dei lavoratori e della
popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti. L’importanza e la
complessità dell’argomento disciplinato con il provvedimento legislativo de
quo viene confermata dalla circostanza che esso risulta essere attuativo di
ben tre leggi delega (l. n. 212/90; l. n. 142/92; l. n. 146/1994)3,
strumentali al recepimento di ben sei direttive EURATOM. In particolare, con la
legge 30 luglio 1990, n. 212 (art. 4)4,
fu conferita la prima delega per l’attuazione delle direttive EURATOM 80/836,
84/466 e 84/467, tutte riguardanti il tema della tutela delle radiazioni
ionizzanti per i lavoratori, la popolazione e le persone sottoposte ad esami e
trattamenti medici. Successivamente, per effetto dell’art. 41 della legge n.
142, del 19 febbraio 19925,
l’oggetto della delega subì un ampliamento, nel senso che il Governo fu
investito anche del compito di dare attuazione alla direttiva 89/618. Infine,
l’art. 6 della legge n. 146 del 22 febbraio 19946
dilatò, ulteriormente e definitivamente, l’oggetto della delega, fino a
comprendervi anche l’attuazione delle direttive 90/641 e 92/3, adottate,
rispettivamente, la prima, in materia di protezione operativa dei lavoratori
esterni dai rischi di radiazioni ionizzanti; la seconda, in tema di sorveglianza
e controllo delle spedizioni transfrontaliere dei residui radioattivi. Il
Ministero della Sanità, in seguito, tra il febbraio e il dicembre del 1997,
dando attuazione alla disciplina generale, introdusse alcune prescrizioni di
dettaglio, costituite da ben sei decreti ministeriali, di mero completamento,
oggi abrogati per effetto delle modifiche che hanno riguardato l’impianto
generale del d.lgs. n. 230/95, nel corso degli anni 2000 e 20017
.
In sostanza, si può affermare che quest’ultimo provvedimento abbia soddisfatto
la duplice esigenza di garantire sia un’adeguata protezione alla popolazione nei
confronti dei rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti (Capo IX, Sezione I),
che quella di tutelare le persone che svolgono attività lavorative “nelle quali
la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo
aumento dell’esposizione dei lavoratori e di persone del pubblico, che non può
essere trascurato sotto il profilo della radioprotezione” (art. 10 – bis).
Le norme contenute nel d.lgs. n. 230/95 e s. m. e i., dunque, vanno lette ed
applicate in combinato disposto con i precetti del d.lgs. n. 626, del 19
settembre 1994, in seguito modificato ed integrato dal d.lgs. n. 242 del 19
marzo 1996. Pare opportuno ricordare che lo stesso d.lgs. n. 230/95 ha subito
nel corso degli anni diverse modifiche ed integrazioni. Esse sono state
apportate dal d.lgs. n. 187 del 26 maggio 2000, attuativo della direttiva
97/43/EURATOM, in tema di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli
delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche, e dal d.lgs. n.
241, del 26 maggio 2000, emanato, a sua volta, in attuazione della direttiva n.
96/29/EURATOM, riguardante la specifica materia della protezione della
popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti sempre dalle radiazioni
ionizzanti. Tale provvedimento legislativo, da ultimo, è stato modificato dal
decreto legislativo del 9 maggio 2001, n. 2578,
anch’esso attuativo della direttiva n. 96/29/EURATOM. Le modifiche segnalate si
sono rese indispensabili in ragione del fatto che nel corso di quegli anni
(1995-1996) l’Ue aveva avviato un processo di rivisitazione della materia alla
luce delle nuove conoscenze scientifiche acquisite. Ciò aveva determinato la
pubblicazione delle menzionate direttive EURATOM n. 96/29 e 97/43. La
conseguenza di questo rinnovato quadro normativo fu quella di indurre il
legislatore nazionale con legge n. 25, del 5 febbraio 19999,
a conferire la delega al Governo perché adottasse, entro un anno dall’entrata in
vigore della stessa legge delega, alcuni decreti legislativi attuativi delle
direttive, su proposta dei ministeri competenti. La delega attribuita
all’Esecutivo portò al varo di due decreti legislativi: il n. 187 del 26 maggio
2000, di “Attuazione della direttiva 97/43/EURATOM in materia di protezione
sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse
ad esposizioni mediche”; il d.lgs. n. 241, sempre del 26 maggio 2000, di
“Attuazione (della) direttiva 96/29/EURATOM in materia di radioprotezione
sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti da
radiazioni ionizzanti”. Si ritiene utile evidenziare che la direttiva n.
97/43/EURATOM aveva abrogato la precedente direttiva 84/466/EURATOM, mentre la
n. 96/29/EURATOM aveva abrogato, a sua volta, le precedenti direttive 2/2/1959,
5/3/1996, nonché le direttive 66/45/EURATOM, 76/579/EURATOM, 79/343/EURATOM,
80/836/EURATOM, 84/467/EURATOM. Di indubbia importanza per il comparto sanitario
è proprio la direttiva 96/29/EURATOM che ha introdotto nuove norme per una
migliore protezione sanitaria delle persone contro i pericoli che possono
derivare dalle radiazioni ionizzanti connesse a trattamenti medici. L’aspetto da
ultimo evidenziato svela l’applicabilità della disciplina in esame anche nei
confronti degli operatori sanitari, i quali rientrano, a pieno titolo, nello
spettro di applicazione della normativa in esame, essendo equiparati a tutti gli
effetti ai lavoratori subordinati. A tal proposito, pare opportuno segnalare
come l’art. 61 del d.lgs. n. 230/9510
elenchi, analiticamente, gli obblighi che gravano in materia di
utilizzo di radiazioni ionizzanti sui datori di lavoro, dirigenti e preposti,
nello svolgimento delle loro attribuzioni e competenze. Si tratta di un precetto
di indubbia importanza, dal momento che, prima dell’inizio di ogni attività,
viene posto in capo al datore di lavoro l’obbligo di dotarsi di una relazione
scritta, formulata da un “esperto qualificato”, contenente le valutazioni e le
indicazioni di radioprotezione ad essa inerenti. Nell’adempimento degli obblighi
sopra elencati sia il datore di lavoro, che i dirigenti e i preposti, devono
avvalersi di “esperti qualificati”, indicati nell’art. 7711,
e dei “medici” di cui all’art. 8312
.
I principi ispiratori, caratterizzanti la disciplina del 1995, originariamente
erano individuati in quelli fissati dagli artt. 109 (“adeguatezza e congruenza”)
e 111 (“indispensabilità”). Di seguito tali norme sono state abrogate dall’art.
15 del d.lgs. n. 187 del 26 maggio 2000, norma, quest’ultima, che ha espunto dal
sistema ordinamentale l’intera Sezione II del Capo IX del d.lgs. n. 230/95
(artt. 109 –114), rubricato “Protezione dei pazienti”. Tuttavia, il precetto
legislativo del 2000, appena citato, all’art. 3, riproduce sotto altra forma, il
precedente principio della congruenza, rubricandolo “principio di
giustificazione”. Non costituisce aspetto di poco momento la circostanza che il
d.lgs. n. 187/2000 non si sia limitato a modificare il d.lgs. n. 230/95 nei
termini segnalati, ma abbia introdotto una disciplina specifica in materia di
“Protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni
ionizzanti connesse ad esposizioni mediche”. Di assoluto rilievo, in
particolare, appare la lettera proprio del citato art. 3, comma 113,
che stabilisce un principio generale di fondamentale importanza, vale a dire il
divieto dell’”esposizione non giustificata”. In sostanza, per effetto di tale
previsione normativa, non sono possibili tutte quelle esposizioni mediche che
risultano “non sufficientemente efficaci” all’esito della “valutazione dei
potenziali vantaggi diagnostici o terapeutici complessivi da esse prodotti,
inclusi i benefici diretti per la salute della persona e della collettività,
rispetto al danno alla persona che l’esposizione potrebbe causare”.
Il successivo art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 187/00, fissa, a completamento del
precedente, un altro principio, anch’esso di essenziale importanza: “il
principio di ottimizzazione”. Secondo tale norma, “le dosi dovute a esposizioni
mediche per scopi radiologici…(…) devono essere mantenute al livello più basso
ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento dell’informazione
diagnostica richiesta, tenendo conto di fattori economici e sociali”.
Lo scopo perseguito dalla disposizione è quello di ottimizzare la protezione del
paziente, garantendo allo stesso la massima sicurezza tecnologicamente
possibile. La tutela dei pazienti, dunque, avviene lungo tre coordinate:
a) “scelta delle attrezzature, produzione adeguata di un’informazione
diagnostica appropriata o del risultato terapeutico”;
b) “delega di aspetti pratici, nonché programmi per la garanzia di qualità”;
c) “esame e valutazione delle dosi o delle attività somministrate al paziente”.
In definitiva, il d.lgs. 230/95, come successivamente modificato e integrato dai
d.lgs. n. 187 e 241, entrambi del 26 maggio 2000, rappresenta a tutt’oggi una
disciplina omogenea nel campo dell’utilizzo delle radiazioni ionizzanti, dal
momento che essa ha finito per abrogare il precedente d.p.r. n. 185/64, ancora
parzialmente in vigore al momento dell’entrata a regime del d.lgs. n. 230/95. Si
tratta, pertanto, di prescrizioni che trovano puntuale applicazione anche in
ambito lavorativo. Infatti, l’art. 61 del citato provvedimento legislativo
delegato, impone una serie di obblighi a carico sia del datore di lavoro che dei
dirigenti. In particolare, la norma prevede che gli organi datoriali e quelli
dirigenziali, rispettivamente, esercitino e dirigano le attività previste
dal provvedimento legislativo richiamato, mentre “i preposti che vi
sovrintendono devono, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze,
attuare le cautele di protezione e di sicurezza previste nel presente capo e dai
provvedimenti emanati in applicazione di esso”.
Quanto al datore di lavoro, esso va identificato, all’interno delle p.a. di cui
all’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 165/01, nel dirigente cui spettano i poteri di
gestione, ovvero nel funzionario privo di qualifica dirigenziale qualora, quest’ultimo,
sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale. Tale identificazione
opera anche all’interno delle aziende salutari. In questo caso, tuttavia,
occorre compiere un distinguo. Infatti, nell’ipotesi in esame, la gestione
complessiva della struttura spetta al direttore generale il quale, pertanto, ne
assume la relativa responsabilità. Una specifica annotazione va fatta con
riferimento alla individuazione della figura del datore di lavoro per come essa
emerge dalla disciplina dettata dal d.lgs. n. 626, del 19 settembre 1994,
modificato, successivamente, dal d.lgs. n 242 del 19 marzo 1996, recante la
disciplina in tema di tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori
operanti in tutti i settori di attività privata o pubblica.
Il d.lgs. n. 242/96, che ha modificato il d.lgs. n. 626/94, all’art. 3014
ha separato gli organi di direzione politica (o di governo delle amministrazioni
pubbliche), dai dirigenti. Il precetto segnalato impone ai primi l’obbligo di
individuare il dirigente o funzionario, cui trasferire l’esercizio delle potestà
datoriali ai soli fini della sicurezza, nel rispetto della “ubicazione e
dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività”. In
ordine all’individuazione del funzionario, in luogo del dirigente, è necessario
precisare che la legge si riferisce a quei funzionari che, pur non essendo
dotati di una qualifica dirigenziale, sono preposti ad uffici caratterizzati da
autonomia gestionale.
Più nel dettaglio. Nelle aziende salutari per datore di lavoro si intende
pacificamente il direttore generale, non solo perché legale rappresentante, ma
anche in quanto soggetto cui viene conferita la complessiva gestione della
struttura, di cui ne assume, conseguentemente, la responsabilità diretta. La
responsabilità del direttore generale, infatti, può essere oggetto di
valutazione sia del giudice contabile che di quello ordinario.
Nello specifico, quanto agli adempimenti in materia di igiene e sicurezza sul
lavoro, occorre precisare che dirigenti e preposti rispondono del corretto
esercizio di compiti e funzioni che d’ordinario rientrano nel loro patrimonio di
attribuzioni. Il trasferimento dell’esercizio di altre funzioni, mediante lo
strumento della delega, comporta un’assunzione di responsabilità in capo a
questi ultimi, soltanto se la delega possiede tutti i requisiti formali e
sostanziali richiesti dalla giurisprudenza per liberare il datore di lavoro
delegante (il direttore generale). Tuttavia, è indispensabile ricordare che a
mente del d.lgs. n. 626/94, vi sono alcuni compiti che non possono affatto
essere delegati dal datore di lavoro, compiti espressamente indicati nel comma 4
– ter dell’art. 115.
Per effetto di tanto, lo stesso d.lgs. n. 230 ha subordinato la delegabilità
dell’esercizio di taluni compiti e funzioni ai dirigenti all’acquisizione da
parte del datore di lavoro di una relazione scritta, redatta da un esperto
qualificato, che contenga valutazioni e indicazioni di radioprotezione inerenti
le attività stesse.
Ad ogni modo, perché la delega possa sortire gli effetti previsti, occorre che
al delegato venga assegnato un budget sufficiente a consentirgli di fare fronte
agli interventi di sicurezza ritenuti necessari in sede di valutazione dei
rischi.
Il controllo della qualità delle apparecchiature, così come l’individuazione del
cosiddetto “esperto” responsabile - proprio perché obblighi che per loro stessa
natura non possono gravare sul datore di lavoro - devono essere delegati
mediante specifico incarico scritto da conferirsi al fisico specialista e/o
all’esperto qualificato della struttura, affinché esercitino il controllo
medesimo.
Per quanto attiene l’individuazione della figura del dirigente, destinatario
dell’obbligo di garantire la sicurezza, occorre precisare che nelle strutture
sanitarie pubbliche esso viene identificato, generalmente, nelle figure apicali
che coadiuvano il direttore generale: il direttore sanitario e il direttore
amministrativo. Si tratta di quegli organi che danno luogo alla cosiddetta “alta
amministrazione” i quali sono chiamati a collaborare con il direttore generale
nell’opera di direzione e gestione dell’azienda salutare.
Quanto al preposto, esso è quel dipendente fornito di particolari cognizioni
tecniche chiamato a sovrintendere ad un settore, divisione o ufficio di ente
pubblico, in grado, pertanto, sia di esercitare un controllo diretto sulle
modalità esecutive delle prestazioni, che di coordinare l’attività dei singoli
operatori.
Un discorso a parte va fatto con riferimento al responsabile delle attrezzature.
L’art. 8 del d.lgs. n. 187 del 26 maggio 2000 prevede, al comma 2, che il
responsabile dell’impianto radiologico, avvalendosi dell’esperto in fisica
medica, verifichi che “siano intrapresi adeguati programmi di garanzia della
qualità, compreso il controllo di qualità, nonché di valutazione della dose o
dell’attività somministrata ai pazienti”. Lo stesso comma 2, alla lettera b),
codifica non solo la preliminare effettuazione di specifiche “prove di
accettazione” volte a verificare la funzionalità delle “attrezzature
radiologiche”, ma anche quella effettuata sia con cadenza periodica che in
seguito a rilevanti interventi di manutenzione. E’ proprio all’esito delle
menzionate prove che il responsabile dell’impianto esprime il giudizio di
idoneità all’uso clinico delle attrezzature. Si tratta di un giudizio che
deve essere compiuto nel rispetto di specifiche linee guida fissate dal
Ministero della Salute, “sentito il Consiglio superiore di sanità e tenendo
conto dell’evoluzione tecnico scientifica, nonché degli orientamenti dell’Unione
europea e internazionali”. Il responsabile dell’impianto radiologico,
nell’ipotesi in cui accerti la necessità di un adeguato intervento correttivo
che faccia sorgere la necessità di mettere fuori servizio l’attrezzatura, è
tenuto a segnalarlo all’esercente. Tale figura professionale,
nell’accezione tecnica attribuitagli dall’art. 2, comma 1, lettera h)16,
può identificarsi all’interno dell’azienda salutare nel Direttore generale o in
un dirigente all’uopo delegato. Il precedente art. 6 dello stesso decreto
legislativo n. 187/00 prevede che l’esercente e il responsabile dell’impianto
radiologico, in riferimento delle rispettive competenze, sono tenuti a garantire
che lo specialista nell’ambito delle procedure relative la radioterapia si
avvalga di un esperto in fisica medica. La ratio della norma va rinvenuta
nell’esigenza di osservare le linee guida relative le pratiche radiologiche,
clinicamente sperimentate, per come definite dal Ministero della Salute.
Importante, inoltre, è la prescrizione contenuta nel comma 5 dell’art. 6 del
d.lgs. n. 187 del 2000, per effetto della quale il responsabile dell’impianto
radiologico è tenuto a verificare ogni due anni “i livelli diagnostici di
riferimento utilizzati nelle procedure di cui all’allegato II”.
Un ulteriore aspetto particolarmente significativo e caratterizzante del d.lgs.
n. 230/95 è certamente costituito dalle previsioni contenute nella sezione I del
Capo IX, denominato “Protezione sanitaria della popolazione”. L’insieme delle
norme contenute nel predetto Capo disciplinano tutte quelle attività che
“espongono la popolazione ai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti”.
Dalla lettura delle norme che lo compongono ne discende, in prima battuta, che
la “tutela sanitaria della popolazione spetta la Ministero della Sanità (rectius:
Salute) che si avvale degli organi del Servizio sanitario nazionale”. La
ratio che ha ispirato il legislatore è quella di garantire un’attività
preventiva nei confronti di “tutte le sorgenti di radiazioni ionizzanti”,
consistente nell’imposizione di una serie di divieti, di seguito elencati
dall’art. 98 del citato decreto17.
Tale opzione legislativa dovrebbe consentire di ridurre il rischio di
esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti, così come di contrarre
il pericolo di “contaminazione delle matrici ambientali, delle sostanze
alimentari e delle bevande, ad uso sia umano che animale, o di altre matrici
rilevanti” (art. 97, comma 3). In particolare, pare opportuno segnalare come tra
i divieti posti dall’art. 98 venga confermato anche quello di “uso sulle persone
di sorgenti di radiazioni ionizzanti che non sia effettuato a scopo diagnostico,
terapeutico o di ricerca scientifica clinica in conformità alle norme vigenti”.
L’ultimo comma del citato art. 98, infine, introduce una norma di chiusura a
tenore della quale “nel caso di comprovata giustificazione, con decreto del
Ministro della sanità sono concesse deroghe specifiche ai divieti contenuti
nello stesso articolo ai commi 1 e 2, nel rispetto dei principi generali di cui
all’art. 2”. Di forte attualità è anche la fattispecie regolata dall’art. 100.
Tale norma disciplina l’ipotesi in cui venga a determinarsi una contaminazione
radioattiva non prevista, che comporti il significativo incremento del rischio
di esposizione delle persone. Il legislatore distingue l’ipotesi in cui questa
si manifesti “all’interno del perimetro di installazione o nel corso di
un’operazione di trasporto”. Nel primo caso, l’esercente è tenuto a darne
comunicazione al prefetto perché questi chieda “l’ausilio delle strutture della
protezione civile” al fine di evitare che il rischio si propaghi; nel secondo
caso, invece, l’esercente è tenuto a darne notizia non solo al prefetto del
luogo ma anche agli organi del servizio sanitario nazionale, affinché questi
informino l’ANPA. Il successivo art. 104 riconosce al Ministero dell’ambiente
una competenza residuale in tema di controllo sulla radioattività ambientale,
mentre il controllo sugli alimenti e bevande per consumo umano e animale è
esercitato dal Ministero della Salute.
Naturalmente, le amministrazioni centrali in questione sono tenute ad un intenso
scambio di informazioni in merito all’esito dei controlli effettuati. Il
legislatore, infine, a conferma della particolare sensibilità dimostrata nei
confronti dello specifico tema trattato, ha anche disciplinato attentamente il
sistema di sorveglianza. L’art. 104, infatti, articola l’intera rete
prevedendone un livello regionale e uno nazionale. Infine, vale la pena
ricordare quanto disposto dall’art. 106, a tenore del quale, l’Agenzia per la
protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici - istituita a seguito della
soppressione dell’ANPA avvenuta ad opera dell’art. 38 del d.lgs. n. 300 del 1999
- in collaborazione con l’ISPESL e l’ISS, tenuto conto dei dati forniti dagli
organi del SSN, elabora una stima dei “diversi contributi finalizzati a ridurre
l’esposizione della popolazione alle radiazioni ionizzanti, dandone notizia ogni
anno al Ministero della salute”. Lo scopo della norma è quello di rendere
possibile l’assunzione di indicazioni capaci a fare in modo che “il contributo
delle pratiche all’esposizione dell’intera popolazione sia mantenuto entro il
valore più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economici
e sociali”. Il Ministero della Salute, da parte sua, è tenuto ad informare la
Commissione europea dei risultati delle stime di cui al comma 1.
3. Considerazioni finali.
La sensazione che può agevolmente trarsi dalla lettura di queste sommarie e
frammentarie nozioni giuridiche è che il tema delle esposizioni alle radiazioni
ionizzanti, nonostante l’evidente condizionamento che può esercitare nel corso
di svolgimento della vita di tutti i giorni, proprio per la sua forte dinamicità
legata alla costante evoluzione della ricerca scientifica, è destinato ad
impegnare cronicamente il legislatore nazionale e comunitario nell’affannosa
ricerca di una regolamentazione che sia il più possibile confinabile nell’ambito
della certezza ed effettività della tutela della Salute. Del resto, il
coinvolgimento di diverse istituzioni - a vario titolo chiamate dalla griglia
normativa in vigore a fornire il proprio apporto istituzionale - certifica la
difficoltà oggettiva di elaborare una piattaforma legislativa statica, capace,
cioè, di disciplinare, nell’immediato e per l’avvenire, in modo esauriente,
fenomeni complessi, sempre più connotati e condizionati dal frenetico progresso
scientifico. Questa situazione di conclamata incertezza finisce per costituire
un limite invalicabile per l’attuale paradigma normativo costretto a fare i
conti con la inarrestabile fluidità delle acquisizioni scientifiche,
indefettibile riferimento per il legislatore nella difficile opera di messa a
punto e taratura di un adeguato sistema di protezione per l’uomo e l’ambiente
circostante. In definitiva, è facile gioco concludere che ogni risposta fornita
sul piano della codificazione legislativa sarà inevitabilmente segnata dal
carattere della relatività proprio in considerazione dell’estrema precarietà del
patrimonio di informazioni acquisibili in un ambito materiale dai confini così
sfumati quale quello della protezione dalle radiazioni ionizzanti. La difficoltà
è vieppiù evidente se solo si consideri la trasversalità della materia che
involge non solo la tutela della salute, ma anche “la tutela e la sicurezza del
lavoro “ e quella dell’ambiente, tutte materie – valori costituzionalmente
protetti che demandano al legislatore statale e regionale la predisposizione di
efficaci strumenti normativi volti a garantire l’incolumità sia dei singoli
operatori del comparto sanitario che della collettività nella sua interezza.
_____________________________
* Professore di Organizzazione Aziendale presso l’Unical e Partner in New York dello studio legale “Cristofano, Guzzo & Associates”
1 Il d.lgs. n. 230 del 17 marzo 1995 ha abrogato, con l’art.
163, il d.p.r. n. 185 del 13 febbraio 1964 che disciplina l’intera materia;
2 Il d.p.r. n. 185 del 13 febbraio 1964 recava disposizioni in
tema di “Sicurezza degli impianti e protezione sanitaria dei lavoratori e delle
popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti derivanti dall'impiego
pacifico dell'energia nucleare”.
3 Le tre leggi delega 212/90, 142/92 e 146/94 hanno ,
rispettivamente, la prima (legge 30 luglio 1990, n. 212), conferito la “Delega
al Governo per l'attuazione di direttive delle Comunità europee in materia di
sanità e di protezione dei lavoratori”, (in Gazz. Uff., 4 agosto, n. 181); la
seconda - legge comunitaria per il 1991- recato “Disposizioni per l'adempimento
di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee”; la
terza, legge comunitaria 1993, introdotto “Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee”;
4 L’art. 4 della legge n. 212 del 1990, così disponeva:” Tutela
delle radiazioni ionizzanti. 1. Il decreto legislativo in materia di tutela
delle radiazioni ionizzanti sarà informato ai principi e criteri contenuti nelle
direttive da attuare e dovrà comunque garantire con la massima efficacia la
tutela fisica e sanitaria della popolazione e deilavoratori. 2. La delega di cui
all'articolo 1 non si estende alla disciplina in materia di localizzazione degli
impianti nucleari nonché a quella relativa ai rischi di incidenti rilevanti
connessi con le attività nucleari. 3. Sullo schema di decreto legislativo di cui
al comma 1, fermo quanto disposto dall'articolo 1, sono sentiti il Comitato
nazionale per la ricerca e per lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie
alternative (ENEA), l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro (ISPESL), l'Istituto superiore di sanità ed il Consiglio nazionale delle
ricerche (CNR).
5 L’art. 41 della legge n. 142 del 1992, rubricato” Protezione
dalla radioattività: criteri di delega”, disponeva che:” 1. L'attuazione della
direttiva 89/618/EURATOM sarà informata ai principi e criteri direttivi
stabiliti dall'articolo 4 della legge 30 luglio 1990, n. 212, relativo
all'attuazione delle direttive sulla tutela dalle radiazioni ionizzanti di cui
all'allegato B alla legge predetta. 2. Allo scopo di assicurare una organica
attuazione delle direttive di cui al comma 1, il termine di cui all'articolo 1,
comma 1, della presente legge si applica anche ai decreti legislativi di
attuazione delle direttive di cui all'allegato B alla legge 30 luglio 1990, n.
212.”;
6 L’art. 6 della legge n. 146 del 1994, recante “Delega al
Governo per il completamento dell'attuazione delle leggi 29 dicembre 1990, n.
428, 19 febbraio 1992, n. 142, e 19 dicembre 1992, n. 489”, prevedeva che: “1.
La disposizione dettata
dall'articolo 1, comma 5, si applica anche ai decreti legislativi emanati in
esercizio delle deleghe conferite al Governo con le
leggi 29 dicembre 1990, n. 428, e successive modificazioni, 19 febbraio 1992, n.
142, e successive modificazioni, e 19 dicembre 1992, n. 489. 2. Il termine di
cui all'articolo 1 della legge 19 dicembre 1992, n. 489, è differito di sei mesi
a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, limitatamente
all'emanazione dei decreti legislativi di attuazione delle direttive del
Consiglio 91/497/CEE e 91/498/CEE del 29 luglio 1991, secondo i criteri ed i
principi direttivi di cui all'articolo 19 della medesima legge. 3. La delega
legislativa conferita ai sensi degli articoli 1, 2 e 41 della legge 19 febbraio
1992, n. 142, e successive modificazioni, è estesa all'attuazione delle
direttive 90/641/EURATOM del Consiglio del 4 dicembre 1990 e 92/3/EURATOM del
Consiglio del 3 febbraio 1992. 4. La delega per l'attuazione delle direttive di
cui all'allegato B della legge 30 luglio 1990, n. 212, non si estende alla
disciplina in materia di localizzazione degli impianti nucleari.
5. Il termine di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 19 febbraio 1992, n.
142, e successive modificazioni, per quanto attiene alle direttive di cui agli
articoli 9, 14, 41, commi 1 e 2, 44, 45 e 65 della legge medesima, è sostituito
dal termine di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge . 6. (Omissis).
7. Il termine di cui all'articolo 43, comma 3, della legge 19 febbraio 1992, n.
142, è prorogato fino a sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente
legge. 8. Restano fermi i criteri di delega di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo
43 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, nonché i princìpi di cui all'articolo
27 della legge 19 dicembre 1992, n. 489.
7 Il d.lgs. n. 230/95 è stato modificato, una prima volta, dal
d.lgs. n. 187 del 26 maggio 2000 e, successivamente, dal d.lgs. n. 241 sempre
del 26 maggio 2000, a sua volta modificato dal d.lgs. n. 257 del 9 maggio 2001;
8 Il d.lgs. n. 257/2001, rubricato “"Disposizioni integrative e
correttive del decreto legislativo 26 maggio 2000, n. 241, recante attuazione
della direttiva 96/29/Euratom in materia di protezione sanitaria della
popolazione e dei lavoratori contro i rischi derivanti dalle radiazioni
ionizzanti", è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4
luglio 2001
9 La legge delega n. 25/1999 ha prodotto il d.lgs. n. 186 del 26
maggio 2000 e il d.lgs. n. 241 del 26 maggio 2000, entrambi attuativi di
Ditettive Euratom (97/43 e 96/29);
10 L’art. 61 del d.lgs. n. 230/95 e s. m. e i., rubricato
“Obblighi dei datori di lavoro, dirigenti e preposti”, così dispone:” 1. I
datori di lavoro ed i dirigenti che rispettivamente eserciscono e dirigono le
attività disciplinate dal presente decreto ed i preposti che vi sovraintendono
devono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, attuare le
cautele di protezione e di sicurezza previste dal presente capo e dai
provvedimenti emanati in applicazione di esso. 2. I datori di lavoro, prima
dell'inizio delle attività di cui al comma 1, debbono acquisire da un esperto
qualificato di cui all'articolo 77 una relazione scritta contenente le
valutazioni e le indicazioni di radioprotezione inerenti alle attività stesse. A
tal fine i datori di lavoro forniscono all'esperto qualificato i dati, gli
elementi e le informazioni necessarie. La relazione costituisce il documento di
cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626,
per gli aspetti concernenti i rischi da radiazioni ionizzanti. 3. Sulla base
delle indicazioni della relazione di cui al comma 2, e successivamente di quelle
di cui all'articolo 80, i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti devono in
particolare: a) provvedere affinché gli ambienti di lavoro in cui sussista un
rischio da radiazioni vengano, nel rispetto delle disposizioni contenute nel
decreto di cui all'articolo 82, individuati, delimitati, segnalati, classificati
in zone e che l'accesso ad essi sia adeguatamente regolamentato; b) provvedere
affinché i lavoratori interessati siano classificati ai fini della
radioprotezione nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto di cui
all'articolo 82; c) predisporre norme interne di protezione e sicurezza adeguate
al rischio di radiazioni e curare che copia di dette norme sia consultabile nei
luoghi frequentati dai lavoratori, ed in particolare nelle zone controllate; d)
fornire ai lavoratori, ove necessari, i mezzi di sorveglianza dosimetrica e di
protezione, in relazione ai rischi cui sono esposti; e) rendere edotti i
lavoratori, nell'ambito di un programma di formazione finalizzato alla
radioprotezione, in relazione alle mansioni cui essi sono addetti, dei rischi
specifici cui sono esposti, delle norme di protezione sanitaria, delle
conseguenze derivanti dalla mancata osservanza delle prescrizioni mediche, delle
modalità di esecuzione del lavoro e delle norme interne di cui alla lettera c);
f) provvedere affinché i singoli lavoratori osservino le norme interne di cui
alla lettera c), usino i mezzi di cui alla lettera d) ed osservino le modalità
di esecuzione del lavoro di cui alla lettera e); g) provvedere affinché siano
apposte segnalazioni che indichino il tipo di zona, la natura delle sorgenti ed
i relativi tipi di rischio e siano indicate, mediante appositi contrassegni, le
sorgenti di radiazioni ionizzanti, fatta eccezione per quelle non sigillate in
corso di manipolazione; h) fornire al lavoratore esposto i risultati delle
valutazioni di dose effettuate dall'esperto qualificato, che lo riguardino
direttamente, nonché assicurare l'accesso alla documentazione di sorveglianza
fisica di cui all'articolo 81 concernente il lavoratore stesso. 4. Per gli
obblighi previsti nel comma 3 ad esclusione di quelli previsti alla lettera f),
nei casi in cui occorre assicurare la sorveglianza fisica ai sensi dell'articolo
75, i datori di lavoro, dirigenti e preposti di cui al comma 1 devono avvalersi
degli esperti qualificati di cui all'articolo 77 e, per gli aspetti medici, dei
medici di cui all'articolo 83; nei casi in cui non occorre assicurare la
sorveglianza fisica, essi sono tenuti comunque ad adempiere alle disposizioni di
cui alle lettere c), e), f), nonché a fornire i mezzi di protezione
eventualmente necessari di cui alla lettera d). 4-bis. I soggetti di cui al
comma 1 comunicano tempestivamente all'esperto qualificato e al medico addetto
alla sorveglianza medica la cessazione del rapporto di lavoro con il lavoratore
esposto. 5. Tutti gli oneri economici relativi alla sorveglianza fisica e medica
della radioprotezione sono a carico del datore di lavoro.
11 L’art. 77 del d.lgs. n. 230/95 e s. m. e i., rubricato
“Esperti qualificati”, dispone che:” 1. Il datore di lavoro deve assicurare la
sorveglianza fisica per mezzo di esperti qualificati. 2. Il datore di lavoro
deve comunicare alla Direzione provinciale del lavoro competente per territorio
e, per le attività estrattive, anche all'ingegnere capo dell'ufficio periferico
competente per territorio, i nominativi degli esperti qualificati prescelti,
allegando altresì la dichiarazione di accettazione dell'incarico. 3. È
consentito che mansioni strettamente esecutive, inerenti alla sorveglianza
fisica della protezione contro le radiazioni, siano affidate dal datore di
lavoro a personale non provvisto dell'abilitazione di cui all'articolo 78,
scelto d'intesa con l'esperto qualificato e che operi secondo le direttive e
sotto la responsabilità dell'esperto qualificato stesso. 4. Il datore di lavoro
è tenuto a fornire i mezzi e le informazioni, nonché ad assicurare le condizioni
necessarie all'esperto qualificato per lo svolgimento dei suoi compiti. 5. Le
funzioni di esperto qualificato non possono essere assolte dalla persona fisica
del datore di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l'attività
disciplinata, né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla
vigilanza di cui all'articolo 59, comma 2”.
12 L’art. 83 del d.lgs. n. 230 e s. m. e i., rubricato “Esperti
qualificati”, prevede che:” 1. Il datore di lavoro deve assicurare la
sorveglianza fisica per mezzo di esperti qualificati. 2. Il datore di lavoro
deve comunicare alla Direzione provinciale del lavoro
competente per territorio e, per le attività estrattive, anche all'ingegnere
capo dell'ufficio periferico competente per territorio, i
nominativi degli esperti qualificati prescelti, allegando altresì la
dichiarazione di accettazione dell'incarico. 3. È consentito che mansioni
strettamente esecutive, inerenti alla sorveglianza fisica della protezione
contro le radiazioni, siano affidate dal datore di lavoro a personale non
provvisto dell'abilitazione di cui all'articolo 78, scelto d'intesa con
l'esperto qualificato e che operi secondo le direttive e sotto la responsabilità
dell'esperto qualificato stesso. 4. Il datore di lavoro è tenuto a fornire i
mezzi e le informazioni, nonché ad assicurare le condizioni necessarie
all'esperto qualificato per lo svolgimento dei suoi compiti. 5. Le funzioni di
esperto qualificato non possono essere assolte dalla persona fisica del datore
di lavoro né dai dirigenti che eserciscono e dirigono l'attività disciplinata,
né dai preposti che ad essa sovrintendono, né dagli addetti alla vigilanza di
cui all'articolo 59, comma 2.
13 L’art. 3 del d.lgs. n. 187 del 2000, rubricato “Principio di
giustificazione”, stabilisce che:” 1. é vietata l'esposizione non giustificata.
2. Le esposizioni mediche di cui all'art. 1, comma 2, devono mostrare di essere
sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali vantaggi
diagnostici o terapeutici complessivi da esse prodotti, inclusi i benefici
diretti per la salute della persona e della collettività, rispetto al danno alla
persona che l'esposizione potrebbe causare, tenendo conto dell'efficacia, dei
vantaggi e dei rischi di tecniche alternative disponibili, che si propongono lo
stesso obiettivo, ma che non comportano un'esposizione, ovvero comportano una
minore esposizione alle radiazioni ionizzanti. In particolare: a ) tutti i nuovi
tipi di pratiche che comportano esposizioni mediche devono essere giustificate
preliminarmente prima di essere generalmente adottate; b ) i tipi di pratiche
esistenti che comportano esposizioni mediche possono essere riveduti ogni
qualvolta vengano acquisite prove nuove e rilevanti circa la loro efficacia o le
loro conseguenze; c ) il processo di giustificazione preliminare e di revisione
delle pratiche deve svolgersi nell'ambito dell'attività professionale
specialistica tenendo conto dei risultati della ricerca scientifica. 3. Il
Ministero della sanità può vietare, sentito il Consiglio superiore di sanità,
tipi di esposizioni mediche non giustificati. 4. Tutte le esposizioni mediche
individuali devono essere giustificate preliminarmente, tenendo conto degli
obiettivi specifici dell'esposizione e delle caratteristiche della persona
interessata.
Se un tipo di pratica che comporta un'esposizione medica non è giustificata in
generale, può essere giustificata invece per il singolo individuo in circostanze
da valutare caso per caso. 5. Il prescrivente e lo specialista, per evitare
esposizioni non necessarie, si avvalgono delle informazioni acquisite o si
assicurano di non essere in grado di procurarsi precedenti informazioni
diagnostiche o documentazione medica pertinenti alla prevista esposizione. 6. Le
esposizioni mediche per la ricerca clinica e biomedica sono valutate dal
comitato etico istituito ai sensi della norme vigenti. 7. Le esposizioni di cui
all'art. 1, comma 2, lettera e ), che non presentano un beneficio diretto per la
salute delle persone esposte, devono essere giustificate in modo particolare e
devono essere effettuate secondo le indicazioni di cui all'art. 4, comma 6. 8.
Le esposizioni di cui all'art. 1, comma 3, devono mostrare di essere
sufficientemente efficaci per la salute del paziente, tenendo conto dei vantaggi
diretti, dei vantaggi per le persone di cui all'art. 1, comma 3, nonchè del
danno che l'esposizione potrebbe causare, le relative giustificazioni e i
relativi vincoli di dose sono quelli indicati nell'allegato I, parte I. 9. Le
esposizioni di cui all'art. 1, comma 3, sono vietate nei confronti dei minori di
18 anni e delle donne con gravidanza in atto.
14 L’art. 30 del d.lgs. n. 246/96, rubricato “Particolari
disposizioni per l'allontanamento dei rifiuti (1)”, così dispone:”1.
L'allontanamento di materiali destinati ad essere smaltiti, riciclati o
riutilizzati in installazioni, ambienti o, comunque, nell'ambito di attività a
cui non si applichino le norme del presente decreto, se non è disciplinato dai
rispettivi provvedimenti autorizzativi, è comunque soggetto ad autorizzazione
quando detti rifiuti o materiali contengano radionuclidi con tempi di
dimezzamento fisico maggiore o uguale a settantacinque giorni o in
concentrazione superiore ai valori determinati ai sensi dell'articolo 1. I
livelli di allontanamento stabiliti negli atti autorizzatori debbono soddisfare
ai criteri fissati con il decreto di cui all'articolo 1, comma 2, che terrà
conto anche degli orientamenti tecnici forniti in sede comunitaria (2). 2. Con
leggi delle regioni e delle province autonome sono stabilite le autorità
competenti per il rilascio dell'autorizzazione nonché le modalità per il
rilascio medesimo, che dovranno prevedere la consultazione degli organismi
tecnici territorialmente competenti
(3). 3. Nell'autorizzazione possono essere stabilite particolari prescrizioni,
anche in relazione ad altre caratteristiche di pericolosità dei rifiuti, diverse
da quelle di natura radiologica. Copia dell'autorizzazione è inviata ai
Ministeri di cui al comma 1 e all'ANPA (4).
(1) Rubrica così sostituita dall'art. 12, d.lg. 26 maggio 2000, n. 241, a
decorrere dall'1 gennaio 2001.
(2) Comma così sostituito dall'art. 12, d.lg. 26 maggio 2000, n. 241, a
decorrere dall'1 gennaio 2001.
(3) Comma così modificato dall'art. 12, d.lg. 26 maggio 2000, n. 241, a
decorrere dall'1 gennaio 2001.
(4) L'ANPA è stata soppressa dall'art. 38, d.lg. 30 luglio 1999, n. 300 ed i
suoi compiti trasferiti all'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici.
15 L’art. 1, comma 4-ter del d.lgs. n. 626/94 prevede
espressamente che “Nell'ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto,
il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall'art. 4, commi 1, 2, 4,
lettera a), e 11, primo periodo”. Si tratta di un comma aggiunto dall'art. 1,
d.lg. 19 marzo 1996, n. 242.
16 L’art. 2 comma 1, lett. h) del d.lgs. n. 187/2000, rubricato
“Esercente”, stabilisce che l’esercente è: “il soggetto che, secondo il tipo e
l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa ovvero
dell'unità produttiva, intesa come stabilimento o struttura finalizzata alla
produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e
tecnico-funzionale”;
17 L’art. 98 del d.lgs. n. 230/95 e s. m. e i., rubricato
“Divieti”, dispone che “ 1. È vietato mettere in circolazione, produrre,
importare, impiegare, manipolare o comunque detenere, quando tali attività siano
svolte a fini commerciali, i seguenti prodotti o manufatti, ove agli stessi
siano state deliberatamente aggiunte materie radioattive, sia direttamente, sia
mediante attivazione: a) prodotti per l'igiene e cosmesi; b) oggetti di uso
domestico o personale, ad eccezione di quelli destinati ad uso medico o
paramedico; c) giocattoli; d) derrate alimentari e bevande; e) dispositivi
antifulmine. 2. Il divieto, di cui al comma 1, non si applica alle sorgenti di
tipo riconosciuto di cui all'articolo 26. 3. È vietato l'uso sulle persone di
sorgenti di radiazioni ionizzanti che non sia effettuato a scopo diagnostico,
terapeutico o di ricerca scientifica clinica in conformità alle norme vigenti.
4. È altresì vietato produrre, importare, impiegare o comunque
mettere in circolazione apparati elettronici di visione a distanza o comunque
idonei alla riproduzione elettronica di immagini, che emettano radiazioni
ionizzanti a livelli superiori a quelli stabiliti con decreto del Ministro della
sanità, di concerto con il Ministro dell'industria, del commercio e
dell'artigianato e con le altre amministrazioni interessate, sentita l'ANPA. (Vd.
nota 1 e 2) 5. In caso di comprovata giustificazione, con decreto del Ministro
della sanità sono concesse deroghe specifiche ai divieti di cui ai commi 1 e 4,
nel rispetto dei principi generali di cui all'articolo 2 .
(1) Vedi il d.m. 6 marzo 1998 recante procedure per l'inoltro delle istanze di
deroga al divieto di cui al presente articolo. (2) L'ANPA è stata soppressa
dall'art. 38, d.lg. 30 luglio 1999, n. 300 ed i suoi compiti trasferiti
all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 18/09/2006