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Calcolo dell'ICI e qualificazione edificatoria delle aree incluse in strumenti urbanistici non ancora perfetti.
Bianchi Giuliana
In materia di imposizione comunale sugli immobili (ICI), la distinzione tra aree a vocazione edificatoria ed aree a vocazione agricola, priva di rilievo ai fini della determinazione del presupposto d'imposta (possesso di fabbricati, di aree fabbricabili, e di terreni agricoli), diviene invece rilevante ai fini della determinazione della base imponibile. E' invero diverso il criterio di calcolo dell'imposta, in un caso legato al valore venale del bene registrato nel mercato degli scambi, nell'altro legato al reddito dominicale [1] risultante in catasto moltiplicato per un coefficiente predeterminato (art. 1, comma 2 ed art. 5, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 504 del 1992). E' dunque di interesse comprendere la reale natura, agricola o edificatoria, di un'area attesa anche la significativa valenza rivestita dalla logica pianificatoria delle amministrazioni comunali in questo caso espressa attraverso l' adozione del Piano Regolatore Generale (PRG) e degli altri strumenti urbanistici che vi danno attuazione. E sulla modifica dei criteri di calcolo dell'ICI sulle aree che - originariamente inedificabili - sono incluse nel nuovo PRG tra quelle a suscettività edificatoria, torna a pronunciarsi la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza del 30 novembre 2006, n. 25506.
Secondo l' art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992 (recante norme per il riordino
della finanza degli enti territoriali), mentre per fabbricati si
intendono definite unità immobiliari il cui valore risulta iscritto (o
iscrivibile) nel catasto edilizio urbano ( lett. a, si dicono invece
fabbricabili le aree suscettibili di sfruttamento edificatorio alla
stregua degli strumenti urbanistici generali, o attuativi ovvero in
base alle possibilità effettive di edificazione (lett. b). Non
soggiungendo altro la norma non chiarisce se per considerare fabbricabile una
data area sia sufficiente che la sua utilizzabilità a scopo edificatorio risulti
dal PRG quand' anche non siano ancora intervenuti la delibera regionale
approvativa ed i piani urbanistici attuativi ( cioè i piani particolareggiati ed
i piani di lottizzazione) . Più in particolare, la norma non chiarisce se sia
necessaria - una volta che un' area in origine agricola (lett. c) risulti
introdotta nel nuovo PRG tra quelle utilizzabili a scopo edificatorio -
l'ulteriore adozione degli strumenti urbanistici attuativi per l'applicazione,
ai fini del calcolo dell' ICI, del criterio del valore venale in comune
commercio in luogo di quello, più benevolo, del reddito risultante in
catasto [2] .
L'art. 36, comma 2 della legge n. 248 del 2006 [3]
chiarisce che per l'utilizzabilità edificatoria di un'area è sufficiente che
essa risulti dallo stesso PRG, non rilevando invece le vicende relative
all'adozione degli strumenti urbanistici attuativi. La norma si colloca così a
metà strada tra due diversi indirizzi interpretativi sino ad oggi consolidatisi
in materia che rispettivamente affermano, e negano, il rilievo della normativa
attuativa delle prescrizioni del PRG ai fini dell'utilizzabilità edificatoria di
un'area. Nell' un caso, si afferma che il PRG non sarebbe di per sé sufficiente
a vincolare la destinazione delle aree che vi sono incluse: unitamente alla
delibera regionale approvativa, ai piani di lottizzazione e a quelli
particolareggiati, il PRG concorrerebbe - in un contesto procedimentale a
formazione progressiva [4] - alla
predisposizione delle condizioni per un ordinato assetto del territorio e per un
ragionevole sviluppo del medesimo. Nell'altro caso, diversamente, si evidenzia
come l'adozione di un nuovo PRG produca in realtà effetti propri, autonomi,
rispetto a quelli che conseguono alla successiva adozione degli strumenti
urbanistici attuativi: l' attivazione dei meccanismi di salvaguardia
[5], l' esautoramento della prelazione
agraria [6], il mutato apprezzamento
dell'area, divenuta tra l'altro, in ragione della sua acquisita edificatorietà,
potenziale oggetto di redditizie speculazioni nel mercato immobiliare. Un
significato particolare assumerebbero al riguardo le possibilità effettive di
edificazione richiamate dallo stesso art. 2, lett. b)
[7] ed alla cui stregua pure si è voluto
introdurre un ulteriore elemento di distinguo basato sul diverso grado di
urbanizzazione delle aree. Esistono invero aree ubicate in zone dove lo sviluppo
edificatorio è tale che l'adozione degli strumenti urbanistici attuativi si pone
come teoricamente ultronea rispetto alla suddivisione del territorio realizzata
dallo stesso PRG [8]; in queste
condizioni di esaustività del piano regolatore generale, l'amministrazione
comunale potrebbe - già prima della pianificazione attuativa - rilasciare le
richieste concessioni edilizie sulle aree che si prestino all'immediato ed
effettivo utilizzo edificatorio, nonché calcolare l'ICI, su aree non più
inedificabili, applicando un criterio di calcolo diverso da quello del reddito
dominicale. Diversamente però, esistono anche aree che, ubicate in zone ove non
esiste un processo di urbanizzazione in corso (ove ad esempio il grado di
urbanizzazione primaria è minimo, con un insufficiente sistema di fognature, di
illuminazione o di viabilità), sono caratterizzate non solo da un'attuale stato
giuridico di inedificabilità (a salvaguardia del rinnovata pianificazione del
territorio ed in attesa dell'approvazione regionale della normativa di dettaglio
può restare sospesa ogni determinazione del Sindaco sulle istanze di rilascio
della concessione edilizia confliggenti con il nuovo piano ), ma anche da una
fattuale, potenziale, futura inedificabilità o quanto meno da uno stato di
incerta edificabilità; in questo caso diviene impensabile il rilascio di
concessioni edilizie o la modifica dei criteri di calcolo dell'ICI rispetto ad
aree di cui resta - prima dell'adozione della normativa di dettaglio -
sostanzialmente incerta la reale vocazione .
Prima con la legge n. 248 del 2005 (art. 11- quaterdecies, comma 16), poi
più incisivamente con la legge n. 248 del 2006 (art. 36, comma 2), il
legislatore definisce conclusivamente la questione stabilendo invero che - ai
fini dell'applicazione della disciplina normativa dell'ICI, nonché della
disciplina normativa dell' imposta di registro, dell'IVA e delle imposte sui
redditi - sufficiente perchè le aree si dicano fabbricabili è che esse
siano considerate utilizzabili a scopo edificatorio dallo strumento
urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall'approvazione
della Regione e dall'adozione di strumenti attuativi del medesimo . Come
osserva la stessa Corte, il legislatore con un chiaro intervento interpretativo
[9] ha inteso così evitare ogni
ulteriore commistione tra questioni che attengono alle vicende perfezionative
degli strumenti urbanistici e quelle che invece attengono alla valutazione di un
immobile in funzione della concreta determinazione di un debito d'imposta.
L'adozione dei piani attuativi, la conferma attuativa o meno delle previsioni
del PRG, la facoltà dei singoli di chiedere il rilascio di un titolo abilitativo
all'edificazione sono questioni che, disarticolate in un arco temporale più o
meno lungo, attengono ai rapporti del Comune con gli apparati amministrivi delle
Regioni o con i propri cittadini . E' invece ben diverso, di oggettivo ed
immediato riscontro, quello che rileva ai fini del calcolo del quantum
debeatur : se è vero che l'ICI è un imposta che insiste sui patrimoni nella
misura in cui sono l' espressione della capacità dei singoli di concorrere alle
spese pubbliche, è evidente che la mutata qualificazione di un' area quand'
anche non definitivamente consacrata dall' esaurimento della procedura
urbanistica, si risolve in una variazione di un valore patrimoniale, dunque
della capacità contributiva del singolo. In questo generale contesto di
rinnovata pianificazione del territorio quali che siano le vicende
perfezionative del relativo iter procedimentale
[10], l'amministrazione finanziaria - che
non può non prendere atto della diversa qualificazione assunta nel PRG da aree
percepite dalla stessa collettività come non più inedificabili - solo
irrealisticamente potrebbe continuare a calcolare l'ICI sulla base di un
criterio diverso da quello legato alle dinamiche oscillazioni del valore venale
( o se si vuole del prezzo ) cui quelle aree possono essere vendute in una
libera contrattazione di mercato.
________________________________________
[1]
Cfr., articoli 22, 24 e 29 del d.P.R. n. 917 del 1986
[2] Per la Corte infatti, una volta che l' area
agricola risulti inserita dal PRG tra quelle a capacità edificatoria, tale
ultima qualificazione deve ritenersi prevalente su ogni altra, salvo che sulla
medesima area permanga l'utilizzazione di chi (coltivatore diretto o
imprenditore agricolo) eserciti effettivamente su di essa attività
agro-silvo-pastorale. In questo caso deve ritenersi permanga la vocazione
agricola dell'area e dunque l'applicazione tanto del criterio di calcolo legato
al reddito dominicale, quanto dei connessi benefici di riduzione d'imposta di
cui all' art. 9 del d.lgs. n.504 del 1992. V., ancora, Cassazione, sentenza n.
16751 del 2004
[3] La legge n. 248 del 2006 è la legge di
conversione del d.l. n. 223 del 2006 (c.d. decreto legge Bersani) recante
disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e
la razionalizzazione della spesa pubblica, e per la lotta all'evasione fiscale.
[4] V., Cassazione, sez. I, n. 10406 del 1994;
Cassazione, sez. V, n.16202 del 2001
[5] Cfr., l. n. 1902 del 1952; art.3, ultimo comma,
l. n.765 del 1967 ; art. 4, comma 1, l. n. 271 del 1971
[6] Cfr., art. 8, comma 2, l. n.590 del 1965
[7] Sulle possibilità effettive di edificazione (le
stesse prese in considerazione per il calcolo delle indennità di espropriazione
per pubblica utilità), cfr. art. 5 bis, comma 3, d.l. n.333 del 1992 convertito
dalla l. n. 359 del 1992 ; v., inoltre, Cassazione, sez. V, sentenza n. 21573
del 2004 ; Corte Costituzionale, sentenza n.261 del 1997
[8] V., Consiglio di Stato, sez. IV, n.3253 del
2002
[9] La Corte tuttavia esprime le proprie
perplessità per una soluzione interpretativa poco vantaggiosa per i contribuenti
chiamati ad adempiere la propria obbligazione tributaria calcolata - in anticipo
rispetto al perfezionamento degli strumenti urbanistici - sulla base del
criterio del valore venale in comune commercio; non è così escluso che il
legislatore abbia perduta una singolare occasione per valorizzare in questo
contesto, quella buona fede e lealtà collaborativa che dovrebbe ordinariamente
permeare i rapporti tra l'amministrazione finanziaria ed i contribuenti.
[10] Salvo poi ad effettuare, una volta
intervenuti i piani attuativi, le successive verifiche ed eventualmente ad
effettuare gli opportuni rimborsi ove non restino confermate le previsioni del
PRG (cfr., art. 59, comma 1, lett. f, d.lgs. n. 446 del 1997 in relazione all'
art. 13, comma 1, d.lgs. n. 504 del 1992).
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 20/02/2007