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DIRITTO PENALE DELL’EDILIZIA:
INTRODUZIONE STORICA E QUADRO SANZIONATORIO VIGENTE TRA PRASSI E GIURISPRUDENZA.
LEO STILO
SOMMARIO:
1. L’evoluzione
storica dell’impianto sanzionatorio; 1.1 La Legge sulle espropriazioni de 1865;
1.2 La Legge di Napoli e i primi interventi in materia di edilizia popolare;
1.3
La Legge urbanistica n. 1150 del 1942; 1.4 Gli anni ’50 , ‘ 60 e il progetto
“Sullo”; 1.5 La “Legge Ponte” del 1967;
1.6 Corte Costistituzionale, sentenza
del 29/5/1968, n. 55; 1.7 La Legge “Bucalossi” e la Corte Costituzionale,
sentenza del 30/1/1980, n. 5; 1.8 ... il tempo del condono...;1.9 Il T.U.
dell’edilizia D.P.R. 380/2001; 2. I reati edilizi (art. 44 T.U. DPR 380/2001);
2.1 L’art. 44, lett. a): difformità parziale, totale e variazione essenziale;
2.2 L’Art. 44 lett. b) T.U. D.P.R. 380/2001; 2.3 Art. 44 lett. c) del T.U.
D.P.R. 380/2001.
1. L’evoluzione storica dell’impianto sanzionatorio
Il vigente impianto sanzionatorio penale posto a tutela di una corretta attività
edilizia ed urbanistica è il frutto di una complessa evoluzione normativa
strettamente legata alle situazioni storiche, di natura contingente e
strutturale, del nostro Paese.
Per questo motivo un breve esame storico della materia può rappresentare un
punto di partenza privilegiato per meglio comprendere gli aspetti più
caratteristici della vigente disciplina sanzionatoria.
1.1 La Legge sulle espropriazioni de 1865
Risalgono al 1865 le prime rilevanti ed organiche normative in materia
urbanistica. In tali fonti, tuttavia, l’edilizia occupò un ruolo secondario
rispetto al perseguimento di altri scopi, in particolare sanitari, ritenuti di
maggiore importanza. La prima legge degna di nota è la n. 2359 del 1865
intitolata “Legge sulle espropriazioni per causa di utilità pubblica” che
nel prevedere da un lato dei piani regolatori per l’edilizia e dall’altro dei
piani di ampliamento manifestò chiaramente una visione dell’intervento pubblico
diretto esclusivamente al controllo edilizio all’interno degli abitati. La
legislazione di questi anni non ebbe molto successo e la sua applicazione fu
estremamente ridotta.
1.2 La Legge di Napoli e i primi interventi in materia di edilizia popolare
Il legislatore continuò negli successivi ad intervenire adottando, con
provvedimenti speciali, i piani urbanistici per le città più rilevanti e il 15
gennaio 1885 venne adottata la legge n. 2892 «Risanamento della città di
Napoli», più conosciuta come "Legge di Napoli", con l’obiettivo di predisporre
il risanamento dell’abitato attraverso la dichiarazione di pubblica utilità e
attraverso un nuovo approccio alla questione espropriativa. Nel frattempo,
iniziarono ad emergere le problematiche connesse al fenomeno
dell’industrializzazione e dell’urbanesimo. Risalgono a questi anni, infatti, i
primi interventi pubblici organici in materia di “edilizia popolare”. Tale
iniziative legislative vennero adottate con cospicuo ritardo rispetto agli altri
Paesi d’Oltralpe dove la rivoluzione industriale aveva già profondamente
modificato le vecchie città trasformandole in centri urbani di enormi dimensioni
andando ad influenzare in modo sensibile il già fiorente marcato edilizio1.
Negli anni successivi l’ambiente assunse sempre più un ruolo di rilievo tanto da
essere approvate alcune leggi dirette a tutelare ed individuare i beni di
interesse storico, artistico o paesistico, controllarne l’uso ed eventualmente
reprimerne gli abusi. Gli argomenti affrontati, naturalmente, rispecchiavano gli
interessi storici contingenti strettamente connessi al tipo di economia del
tempo (si pensi ad esempio ad argomenti come le miniere o l’agricoltura)2.
1.3 La Legge urbanistica n. 1150 del 1942
Il 17 agosto 1942, durante la seconda guerra mondiale ed in un periodo di
estrema difficoltà per l’Italia, venne varata la Legge n. 1150, c.d. “Legge
urbanistica” con l’ambizioso obiettivo, indicato nell’art. 1, di disciplinare
l'intero assetto ed incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo
urbanistico nel territorio del Regno ed, inoltre, di porre sotto la vigilanza
del Ministero dei lavori pubblici l'attività urbanistica allo scopo di
assicurare, nel rinnovamento ed ampliamento edilizio delle città, il rispetto
dei caratteri tradizionali. La Legge n. 1150 del 1942 nacque, così, all’ombra
dell’ampio fermento culturale e scientifico che ruotò attorno alla progettazione
e realizzazione di ambiziose opere urbanistiche che avrebbero dovuto
rappresentare il simbolo più visibile di un’intera epoca della storia italiana.
Andando ad analizzare il dato tecnico normativo, si può rinvenire che il cuore
della legge del 1942 si trova all'interno del Titolo II "Disciplina
urbanistica" sintetizzato nel principio sancito nell'art. 3 "La
disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei
piani regolatori comunali e delle norme sull'attività costruttiva edilizia,
sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti". Con la
predetta legge, infatti, vennero istituiti i Piani Regolatori Generali che
dovevano prendere in considerazione la totalità del territorio comunale e non
solo l’abitato urbano. Un ulteriore aspetto di novità della legge n. 1150 del
1942 è l’introduzione dell’istituto della licenza edilizia per mezzo del quale
chiunque avesse voluto eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare
quelle esistenti o modificarne la struttura o l'aspetto nei centri abitati ed
ove esista il piano regolatore comunale avrebbe dovuto chiedere apposita licenza
al podestà del comune3. La legge urbanistica del 1942 introdusse, inoltre,
nell’ordinamento giuridico italiano alcune fattispecie penali che trasfuse,
anche con modifiche nelle leggi successive, divennero le figure tradizionali
dell’illecito edilizio, si tratta dei casi di cui alla lett. a) e b)4 dell’art.
41. Il caso della lett. a) fu diretto a sanzionare con l'ammenda la violazione
del divieto stabilito nell'art. 28, primo comma5, relativo alla lottizzazione
senza autorizzazione ovvero per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e
modalità esecutive disposte nell'art. 32, primo comma6. E’ necessario chiarire
che la “lottizzazione senza autorizzazione” del vecchio articolo 28 non
corrisponde alla “lottizzazione abusiva” come oggi viene intesa. «L’articolo 28
diceva che non era possibile lottizzare senza autorizzazione, ma aveva in mente
una lottizzazione - come diceva anche il manuale di Testa - a valle della
strumentazione urbanistica: quindi era un’operazione tecnica di dettaglio,
di scarsa importanza, se vogliamo, di minore importanza, e quindi sanzionabile
anche con una semplice ammenda»7. Il caso della lettera b) era, invece, diretto
a punire con l'arresto e l'ammenda chiunque avesse iniziato dei lavori senza
licenza o proseguito gli essi nonostante l'ordine di sospensione dato
dall’autorità nei casi preveduti dall'art. 32, terzo comma8.
1.4 Gli anni ’50 , ‘ 60 e il progetto “Sullo”
Il periodo successivo alla seconda guerra mondiale non rappresentò per l’Italia
un’occasione di razionalizzazione dello sviluppo urbano ma divenne, al
contrario, un periodo di crescita selvaggia e non controllata dell’attività
edilizia. Gli anni ’50 rappresentarono un periodo di speculazione edilizia e di
perdita di controllo del territorio da parte dello Stato che con la Legge 27
ottobre 1951, n. 1402 “Modificazioni al decreto legislativo 1° marzo 1945, n.
154, sui piani di ricostruzione degli abitati danneggiati dalla guerra” non
fece altro che aggravare ulteriormente una situazione già esasperata9. Per
quanto riguarda l’edilizia economica e popolare nel dopoguerra si sono succedute
diverse fonti legislative con l’obiettivo di porre rimedio ai gravi disagi
arrecati dalla guerra10. Nel 1962 il Ministro dei Lavori Pubblici Fiorentino
Sullo propose un nuovo ed originale progetto di riforma teso ad affrontare e
risolvere l’annosa questione della rendita fondiaria11. Tuttavia, il progetto
naufragò a causa di una dura campagna di stampa diretta contro Sullo che portò
lo stesso partito di appartenenza del Ministro a dissociarsi da tale proposta. I
due successivi ministri dei lavori pubblici realizzarono anch’essi delle
proposte che, tuttavia, si rivelarono meno innovative rispetto alla proposta
“Sullo”. Entrambe le proposte naufragarono assieme ai governi prima di essere
valutate ed approvate dal Parlamento. E mentre la politica temporeggiava alla
ricerca di una soluzione ottimale, tra la fine di un governo e l’inizio di un
altro, in tutto il Paese vennero rilasciate un numero elevatissimo di licenze
edilizie12 che andarono ad aggravare ulteriormente il fenomeno di un’attività
edilizia sempre più selvaggia ed incontrollata. Il 18 aprile 1962, venne
approvata la Legge n. 167 diretta a favorire l'acquisizione di aree fabbricabili
per l'edilizia economica e popolare. Tuttavia, l’indennità prevista per
l’acquisizione dei terreni13venne ritenuta non conforme ai dettami della
Costituzione da parte della Corte Costituzionale14.
1.5 La “Legge Ponte” del 1967
Nella seconda metà degli anni ’60
divenne evidente che il “miracolo economico”15 italiano si stava per concludere e
che la crisi avrebbe colpito profondamente il settore dell’edilizia che tanto in
passato aveva contribuito al rilancio economico del Paese. Sono gli anni in cui
gli scandali edilizi occupano un ruolo di primaria rilevanza nell’opinione
pubblica e nei discorsi parlamentari. La speculazione edilizia, soprattutto
nelle regioni meridionali, aveva raggiunto dimensioni non più contenibili e la
già fitta rete di collusioni tra i controllati e i controllori divenne ancora
più intricata ed impenetrabile. In questo clima di diffusa illegalità edilizia
ed incertezza politica venne approvata la Legge 6 agosto 1967, n. 765, “Modifiche
ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150”, meglio
conosciuta con il nome di “Legge Ponte”. Lo scopo di questa nuova legge fu
quello di rappresentare, non solo metaforicamente, un vero e proprio ponte per
consentire un passaggio non traumatico tra la legge urbanistica del 1942 e le
future riforme. Tra gli aspetti più rilevanti della Legge Ponte si può
individuare innanzitutto il tentativo di snellimento delle procedure di adozione
dei piani urbanistici, l’estensione dell’obbligatorietà della licenza edilizia
nel territorio comunale ed un significativo inasprimento dell’impianto
sanzionatorio penale per le violazioni delle norme urbanistiche16. L’art. 13
della Legge Ponte modificò profondamente anche l’impianto sanzionatorio penale
contenuto nell’art. 41 della legge 1150 del 194217. Dall’ipotesi di reato di cui
alla lett. a) venne espunta la lottizzazione abusiva che ricevette dalla stessa
legge una diversa collocazione ed una nuova formulazione. Inoltre, la sanzione
della predetta fattispecie venne elevata da lire 10.000 a lire 1.000.000. Anche
l’ipotesi di cui alla lett. b), delineante il reato di costruzione abusiva o di
inosservanza dell’ordine di sospensione, subì un inasprimento della pena. La
disciplina della lottizzazione venne compiutamente riorganizzata ad opera
dell’art. 8 della Legge Ponte che riformulò il primo e secondo comma dell'art.
28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
1.6 Corte Costistituzionale, sentenza del 29/5/1968, n. 55
Nel 1968 la Corte Costituzionale con la sentenza del 29 maggio, n. 55 (Presidente
Sandulli e Relatore Oggioni) giunse a dichiarare l'illegittimità
costituzionale dei numeri 2, 3, 4 dell'art. 7 (Contenuto del piano generale)
della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e dell'art. 40 (Oneri e vincoli non
indennizzabili) della stessa legge, nella parte in cui non prevedono un
indennizzo per l'imposizione di limitazioni operanti immediatamente e a tempo
indeterminato nei confronti dei diritti reali, quando le limitazioni stesse
abbiano contenuto espropriativo. Le conclusioni raggiunte nella storica
sentenza furono di estremo interesse giuridico. La Corte Costituzionale affermò,
infatti, che le garanzie poste a tutela della proprietà privata vengono meno
quando i singoli diritti in essa ricondotti sono compressi o soppressi senza
indennizzo attraverso atti di imposizione che determinino una traslazione totale
o parziale degli stessi. Il principio della necessità dell’indennizzo, aggiunse
la Corte Costituzionale, non trova applicazione nell’ipotesi in cui le
disposizioni siano dirette ad intere categorie di beni sottoponendo gli stessi
ad un particolare regime di appartenenza; la proprietà privata, infatti, non può
essere intesa come un dominio pieno, assoluto ed illimitato sui propri beni, ma
è sottoposta ad un regime determinato dalla legge ordinaria. Quest’ultima può
legittimamente escludere la proprietà privata di determinate categorie di beni
ed imporre limitazioni che tuttavia «non possono mai eccedere, senza
indennizzo, quella portata al di là della quale il sacrificio imposto venga ad
incidere sul bene oltre ciò che è connaturale al diritto dominicale, quale viene
riconosciuto nell'attuale momento storico, assumendo così carattere
espropriativo». Infine, la Corte Costituzionale, puntualizzò che i beni
immobili sottoposti alla disciplina della legge urbanistica devono essere
considerati di pertinenza del proprietario nonostante la proprietà venga ad
essere sottoposta a dei limiti in ragione della loro funzione sociale e tra i
limiti legittimi alla proprietà dei beni immobili vi sono quelli connessi e
connaturati a detta proprietà, «in quanto hanno per scopo una disciplina
dell'edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti, ivi compresi, in particolare,
i vincoli di immodificabilità (per la limitata durata, purché ragionevole, dei
piani particolareggiati) di quelle aree che i piani stessi destinano al
trasferimento in vista delle programmate trasformazioni a diverse utilizzazioni
in considerazione della particolare natura e funzione dei piani stessi».
Il vuoto causato dalla sentenza in esame determinò una serie di problemi e
rallentamenti al processo di pianificazione urbanistica che lentamente si era
andato formando nel territorio nazionale18. Gli anni dal 1968 al 1971 sono
caratterizzati da forti tensioni sociali che per quanto riguarda la materia
dell’urbanistica e dell’edilizia si manifestarono nelle difficoltà legate a
quella che comunemente è ricordata come la “vertenza nazionale della casa”19.
Nell’anno successivo con il D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 avviene il
trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative
statali in materia di urbanistica e di viabilità, acquedotti e lavori pubblici
di interesse regionale e dei relativi personali ed uffici. Le Regioni ereditano
così piena competenza in materia urbanistica e le consequenziali problematiche
connesse.
1.7 La Legge “Bucalossi” e la Corte Costituzionale, sentenza del 30/1/1980,
n. 5
Nel 1977, anno di forte crisi del settore edilizio, entrò in vigore la Legge 28
gennaio 1977, n. 10, “Norme per la edificabilità dei suoli” (c.d. Legge
Bucalossi), riformando profondamente la normativa vigente. Tra gli aspetti più
innovativi vi è l’introduzione del principio dell’onerosità del rilascio del
titolo abilitativo e della sostituzione della licenza edilizia con la
concessione edilizia. Tale ultimo passaggio non rivestì solo una funzione
puramente formale ma al contrario rappresentò, anche solo nominalmente, il
simbolo di una diversa e più autoritaria concezione dello ius aedificandi
non più strettamente connesso al diritto di proprietà ma da esso distinto. Per
poter esercitare tale diritto il privato deve rimuovere l’ostacolo di ordine
amministrativo attraverso, appunto, una richiesta di concessione20. Nella
prospettiva della Legge Bucalossi si doveva così prendere atto dello scorporo
dal diritto di proprietà del diritto di edificare attraverso l’impiego della
concessione edilizia a titolo oneroso. L’obiettivo del legislatore naufragò tre
anni dopo grazie ad un nuovo intervento della Corte Costituzionale che nel 1980,
con la sentenza n. 5 del 30 gennaio (Presidente Amadei, Relatore Maccarone),
giunse a dichiarare che «il diritto di edificare continua ad inerire alla
proprietà e alle altre situazioni che comprendono la legittimazione a costruire
anche se di esso sono stati tuttavia compressi e limitati portata e contenuto,
nel senso che l'avente diritto può solo costruire entro i limiti, anche
temporali, stabiliti dagli strumenti urbanistici. Sussistendo le condizioni
richieste, solo il proprietario o il titolare di altro diritto reale che
legittimi a costruire può edificare, non essendo consentito dal sistema che
altri possa, autoritativamente, essere a lui sostituito per la realizzazione
dell'opera. Ne consegue altresì che la concessione a edificare non è attributiva
di diritti nuovi ma presuppone facoltà preesistenti, sicché sotto questo profilo
non adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella dell'antica licenza,
avendo lo scopo di accertare la ricorrenza delle condizioni previste
dall'ordinamento per l'esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema
normativo ne riconosce e tutela la sussistenza»21.
Di fatto la “concessione” edilizia perse la sua valenza autoritaria continuando
ad esplicare la valenza di una “licenza”. Dal punto di vista delle sanzioni
penali la Legge Bucalossi inasprì le pene senza apportare significative
modifiche al sistema delle sanzioni. La fattispecie di cui alla lett. a)
prevedeva l'ammenda fino a lire 2 milioni per l'inosservanza delle norme,
prescrizioni e modalità esecutive previste dalla presente legge, dalla legge 17
agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni, in quanto
applicabile, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla
concessione. Una prima importante novità, rispetto alla normativa previgente, è
presente nella nuova fattispecie di cui alla lett. b) che prevedeva «l'arresto
fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire 5 milioni nei casi di esecuzione dei
lavori in totale difformità o in assenza della concessione o di prosecuzione di
essi nonostante l'ordine di sospensione o di inosservanza del disposto dell'art.
28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni». Il
legislatore equiparò così l’ipotesi di assenza di concessione edilizia a quella
di totale difformità.
1.8 ... il tempo del condono...
Trascorsi gli ultimi anni ’7022 si giunse agli ’80 nella consapevolezza che la
dimensione dell’abusivismo edilizio aveva ormai raggiunto dimensioni
incontrollabili ed irrecuperabili. Davanti ad un così smisurato patrimonio
edilizio abusivo e semiabusivo «…con un’opzione del tutto singolare il
legislatore ritenne di sanare le situazioni di illegalità urbanistico-edilizie,
presenti sul territorio, rendendo legittime le situazioni illegali»23.
Attorno al progetto iniziale del condono si viene affermando da un lato
l’esigenza di creare i presupposti normativi per la realizzazione di un’attività
vigilanza in materia edilizia e dall’altro la presa l’esigenza di una riforma
del sistema sanzionatorio, amministrativo e penale. Venne varata così la legge
28 febbraio 1985, n. 47 “Norme in materia di controllo dell'attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive” grazie
alla quale vennero regolarizzate le costruzioni e le altre opere abusive
ultimate entro la data del 1° ottobre 1983”24. Per quanto riguarda l’impianto
sanzionatorio penale, nell’art. 20 della legge n, 47 del 198525 sono presenti le
“classiche” ipotesi di cui alla lett. a) e b) con significative modifiche e con
l’aggiunta di nuove fattispecie. In entrambe le ipotesi le sanzioni sono
aumentate, ma la vera novità è rappresentata dall’autonoma valenza penale
assunta dalla lottizzazione abusiva e dall’equiparazione ai fini della pena
anche al caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico,
artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in
totale difformità o in assenza della concessione. Numerose fonti normative in
materia urbanistica ed ambientale sono entrate in vigore dal 1985 al 2000
modificando profondamente il tessuto normativo dell’ordinamento giuridico
adattando lo stesso alle nuove esigenze derivanti da una sostanziale modifica
del sistema produttivo ed economico italiano. Tuttavia, l’esame anche
superficiale di ciascuna fonte condurrebbe oltre l’oggetto della presente
trattazione dedicata in modo precipuo alle sanzioni penali nel campo
dell’urbanistica26. In questa prospettiva, infatti, assume estremo rilievo il
D.P.R. del 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia”27 con cui si è proceduto alla riorganizzazione
della normativa in materia di edilizia attraverso un’ampia ricognizione della
disciplina vigente ed un’attenta opera di sistemazione organica della stessa.
1.9 Il T.U. dell’edilizia D.P.R. 380/2001
Il T.U. D.P.R. 380/2001, contenendo
in sé le disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia28, ha una
chiara funzione cognitiva ma anche e soprattutto un indiscutibile valore
innovativo.
Gli obiettivi perseguiti dal legislatore possono essere così sinteticamente
individuati:
1. una maggiore semplificazione delle procedure, il T.U. D.P.R. n.
380/2001 innova profondamente le procedure per il rilascio dei titoli
abilitativi attraverso una vasta opera di semplificazione e di snellimento
burocratico ed in ossequio a tale intento istituisce, inoltre, lo sportello
unico;
2. una riduzione dei titoli abilitativi29, il legislatore del T.U. riduce
a due il numero dei titoli abilitativi avendo come punto di riferimento la
“trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio”; se gli interventi
determinano la suddetta trasformazione, il regime a cui sottoporre tali
operazioni è quello del permesso di costruire altrimenti se si tratta di
interventi edilizi minori, definiti tali perché non determinano una
trasformazione del territorio, questi sono sottoposti al regime della denuncia
di inizio attività (D.I.A.);
3. una maggiore attenzione all’attività di vigilanza e repressione degli
illeciti edilizi, nel T.U. infatti l’intero Titolo IV è dedicato alla
vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, alla determinazione delle
responsabilità ed alla descrizione delle sanzioni amministrative e penali.
In merito ai titoli abilitativi è necessario aggiungere che l’art. 1, comma 630,
della Legge 21 dicembre 2001, n. 44331 ha previsto la possibilità per alcuni tipi
di interventi edilizi soggetti alla disciplina del permesso di costruire di
essere realizzati facoltativamente anche mediante la denuncia di inizio attività
(c.d. superdia)32.
2. I reati edilizi (art. 44 T.U. DPR 380/2001)
In merito alle sanzioni penali, sinteticamente, si può affermare che il T.U. non
innova profondamente la precedente normativa alla luce del fatto che la
formulazione delle fattispecie di reato rimane sostanzialmente immutata rispetto
al contenuto dell’art. 20 della legge n. 45 del 198533.
Tuttavia, la complessità delle suddette figure di reato ha dato origine ad una
vasta casistica giurisprudenziale che rappresenta un imprescindibile punto di
riferimento per il corretto ed attuale inquadramento delle diverse ipotesi di
reato.
Dall’esame dell’art. 44, nella versione attualmente vigente, si desume
chiaramente che la norma contiene al suo interno diverse e distinte fattispecie
penali dotate di un autonomo valore offensivo.
Le ipotesi di reato previste possono così sinteticamente riassumersi:
1. difformità parziale, totale e variazione essenziale (art. 44, lett. a);
2. esecuzione di lavori in assenza del permesso di costruire (art. 44, lett. b);
3. esecuzione di lavori in totale difformità del permesso di costruire (art. 44,
lett. b);
4. prosecuzione di lavori nonostante l'ordine di sospensione (art. 44, lett. b);
5. lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio (art. 44 lett. c, prima
parte)34;
6. interventi abusivi nelle zone vincolate (art. 44 lett. c, seconda parte).
2.1 L’art. 44, lett. a): difformità parziale, totale e variazione essenziale
La prima ipotesi di reato, di natura contravvenzionale, è quella contenuta
all’art. 44, lett. a) del T.U. 380/2001. Tale fattispecie sanziona, salvo che il
fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, con
l'ammenda fino a 20.658 euro l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità
esecutive previste dal titolo IV del T.U. D.P.R. 380/2001; dai regolamenti
edilizi; dagli strumenti urbanistici; dal permesso di costruire. Si tratta di
una figura di reato di cui è difficile tracciare i confini a causa del suo
contenuto estremamente generico e di difficile ricostruzione letterale in netto
contrasto con il principio di tassatività della fattispecie penale35. La suddetta
ipotesi rappresenta un chiaro esempio di norma penale in bianco36 la cui
formulazione si risolve nell’indicazione delle fonti la cui inosservanza
determina la venuta in essere del reato non soffermandosi sull’individuazione
dei soggetti attivi e della condotta37. L’astratta ampiezza della fattispecie non
ha determinato però nel tempo un frequente ricorso alla norma da parte della
giurisprudenza38.
Nella ricostruzione dell’elemento oggettivo il primo problema da superare è
quello relativo all’ampiezza del richiamo operato alle quattro fonti elencate
dalla stessa fattispecie. La Corte di Cassazione39 ha puntualizzato che il ruolo
del giudice penale nella materia in esame deve consistere esclusivamente nel
procedere ad un’esatta e concreta verifica tra l’opera realizzata o in corso di
esecuzione e la fattispecie legale ricostruibile attraverso gli elementi
extrapenali indicati dalla norma.
Al giudice penale non è affidato alcun c.d. sindacato sull'atto amministrativo,
ma - nell'esercizio della potestà penale - è tenuto ad accertare la conformità
tra ipotesi di fatto e fattispecie legale in vista dell'interesse sostanziale
che tale fattispecie assume a tutela. L’ambito applicativo dell’art. 44 lett. a)
deve essere così calibrato su uno specifico contesto normativo. Per questo
motivo, le norme, prescrizioni e modalità esecutive di cui all'art. 44 lett. a)
devono intendersi riferite esclusivamente a quelle regole di condotta che sono
direttamente afferenti all'attività edilizia40. A questa considerazione
preliminare si deve aggiungere anche una valutazione in senso negativo41 del
contenuto della fattispecie in esame. In altre parole, non rientrano
nell’ipotesi di cui alla lett. a): 1. le ipotesi di reato più gravi previste
alla lett. b), e cioè i casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o
assenza del permesso e di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di
sospensione; 2. le ipotesi di cui alla lett. c), come il caso di lottizzazione
abusiva di terreni a scopo edilizio e il caso di interventi edilizi nelle zone
sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale,
in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso. Da
quanto osservato si può tentare di definire sinteticamente le qualità positive e
negative presenti nelle ipotesi astrattamente riconducibili alla fattispecie di
cui all’art. 44 lett. a) T.U. D.P.R. 380/200: le ipotesi devono essere calibrate
esclusivamente sulle violazioni di regole di condotta che sono direttamente
afferenti all'attività edilizia e non possono coincidere con quelle descritte
dalle ipotesi di cui alla lett. b) e c).
Per passare dall’astratto al concreto è necessario, in questa materia più che in
altre, esaminare i casi giurisprudenziali più rilevanti e paradigmatici:
- in tema di inosservanza dei regolamenti edilizi si applica l’art. 44 lett. a)
nei casi di mancata esposizione del cartello contenente gli estremi del titolo
abilitativo esclusivamente nel caso in cui il regolamento edilizio o il titolo
prescrivano espressamente tale obbligo42
e d’inosservanza delle distanze tra i
confini dei fabbricati previste nei regolamenti locali43;
- in tema di inosservanza delle modalità esecutive indicate nel permesso di
costruire si applica l’art. 44 lett. a) nel caso di realizzazione di un’opera
concretamente realizzata in difformità al permesso di costruire44;
- in tema di inosservanza dalle prescrizione previste dagli strumenti
urbanistici si applica l’art. 44 lett. a) alle ipotesi di apertura e
coltivazione di cava45 quando non avvenga nel rispetto della pianificazione
territoriale comunale46 e di localizzazione di un fabbricato in luogo diverso da
quello indicato nel progetto assentito all’autorità comunale47;
- in tema di violazione delle leggi regionali si applica l’art. 44 lett. a)
nelle ipotesi di violazione di norme che costituiscono integrazione o modifica
delle norme per il controllo dell’attività urbanistica ed edilizia48.
2.2 L’Art. 44 lett. b) T.U. D.P.R. 380/2001.
Le successive fattispecie sanzionatorie, anch’esse contravvenzionali, da
esaminare sono quelle contenute nell’art. 44 lett. b) del T.U. D.P.R. 380/2001.
Il predetto articolo è diretto a punire con l'arresto fino a due anni e
l'ammenda da 10.328 a 103.290 euro tre distinte ipotesi:
1) l’esecuzione di lavori in assenza del permesso di costruire;
2) l’esecuzione di lavori in totale difformità del permesso di costruire;
3) la prosecuzione dei lavori nonostante l'ordine di sospensione.
L’ambito di applicazione di tale norma è piuttosto ampio ed, infatti, la
casistica dei casi affrontati dalla giurisprudenza è vasta.
Per ricostruire il quadro delle ipotesi riconducibili alla fattispecie relativa
all’esecuzione del permesso di costruire è necessario brevemente ripercorrere la
disciplina dei titoli abilitativi introdotta dal T.U. 380/2001. Una delle
maggiore novità di tale normativa, infatti, è stata quella della riduzione a due
del numero dei titoli abilitativi e la conseguente semplificazione delle
procedure amministrative avendo come punto di riferimento la “trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio”. In questa nuova prospettiva, se gli
interventi determinano la suddetta trasformazione, il regime cui sottoporre tali
operazioni è quello del permesso di costruire (si tratta dell’evoluzione
normativa della vecchia “concessione edilizia” della legislazione previgente)
altrimenti se si tratta di interventi edilizi minori, definiti tali perché non
determinano una trasformazione del territorio, questi sono sottoposti al regime
della denuncia di inizio attività (D.I.A.). La fattispecie in esame, in estrema
sintesi, è diretta a sanzionare l’esecuzione di lavori in assenza del permesso
di costruire nell’ipotesi in cui tale permesso è necessario. Il permesso di
costruire diventa così nell’economia della fattispecie l’elemento essenziale per
la venuta in essere dell’illecito. Il permesso di costruire può essere definito,
sinteticamente, come un titolo abilitativo che deve essere necessariamente
acquisito per poter svolgere gli interventi edilizi che determinano una
trasformazione urbanistica del territorio. E’ lo stesso legislatore ad
individuare i casi in cui è necessario richiedere il permesso di costruire
all’art. 10 del TU D.P.R.380/2001. Riassumendo il suddetto elenco, il permesso
di costruire è necessario per: a) gli interventi di nuova costruzione49; b) gli
interventi di ristrutturazione urbanistica50; c) gli interventi di
ristrutturazione edilizia51 che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari,
modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che,
limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti
della destinazione d’uso. «Occorre ricordare che quando si fa riferimento al
permesso di costruire si intende richiamare un atto formale completo di tutti i
suoi elementi non essendo questo sostituibile per equipollenti come, per
esempio, da dichiarazioni verbali rilasciate da organi comunali o da pareri
interlocutori favorevoli»52.
Per quanto riguarda il momento di
inizio dell’attività edificatoria la giurisprudenza ha affermato che si
configura l’inizio dei lavori di costruzione ogni volta che le opere intraprese,
di qualsiasi tipo esse siano e quale che sia la loro entità, manifestino
oggettivamente un'effettiva volontà di realizzare un manufatto53. Anche per la
fattispecie in esame diviene essenziale esaminare i casi pratici più
significativi affrontati dalla giurisprudenza per delinearne i confini.
Nelle pronunce giurisprudenziali è possibile intravedere alcune linee
argomentative ricorrenti che nel tempo sono divenute dominanti relative
all’identificazione dei casi pratici riconducibili alla fattispecie di
esecuzione dei lavori in assenza del permesso di costruire. Rientrano, ad
esempio, nell’ipotesi di cui all’art. 44 lett. b) i casi di manufatti che
presentano connotazioni di stabilità, sostanziale e/o funzionale, realizzati in
assenza del permesso di costruire54. Di particolare interesse, inoltre, è
l’annosa questione relativa al possibile utilizzo per l'intervento di
ricostruzione di un edificio della concessione edilizia (oggi permesso di
costruire) rilasciata per la ristrutturazione (per la demolizione o) dello
stesso55. Le correnti giurisprudenziali che negli anni si sono formate possono
essere sinteticamente suddivise in due posizioni56. Da un lato, si collocano le
posizioni giurisprudenziali che possono essere definire “rigorose” in quanto
esigono che per la ricostruzione di un edificio in precedenza distrutto per
volontà o per altra causa sia necessario un’apposita concessione
edilizia/permesso di costruire non essendo sufficiente l’eventuale titolo abilitativo conseguito per la ristrutturazione dello stesso edificio57.
Dall'altro lato, si riscontra una posizione più aperta, che partendo da
un'interpretazione estensiva delle fattispecie di ristrutturazione edilizia che
giunge a ricomprendere la realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente non esigono un'apposita concessione edilizia,
ritenendo sufficiente il provvedimento concessorio/ permesso di costruire
richiesto per la semplice ristrutturazione dell'edificio58.
Per la più recente giurisprudenza,
il concetto di ristrutturazione edilizia evocato dal T.U. D.P.R. 380/2001
postula necessariamente la preesistenza di una res già compiuta59. La Corte di
Cassazione ha più volte chiarito, infatti, che il fabbricato oggetto della
ristrutturazione deve essere sostanzialmente esistente nel suo complesso60 e
quindi dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura. Per questo
motivo, quando ci si trova di fronte ad un rudere o comunque ad un crollo anche
solo parziale del fabbricato non si può evocare il concetto di ristrutturazione61. In questa prospettiva, quindi, quando un edificio viene integralmente demolito62, il permesso rilasciato per la ristrutturazione viene meno e pertanto la
costruzione della nuova struttura può avere legittimamente luogo solo sulla base
di un ulteriore permesso63. Sono stati inoltre considerati soggetti a concessione
edilizia (oggi permesso di costruire), da parte della giurisprudenza, ad
esempio: la realizzazione di piscine64, campeggi con le relative attrezzature65,
campi da tennis con impianti tecnologici connessi66, verande67, serre68, impianti
di golf69 ect.70 .Per concludere sul punto è necessario annotare71 che la
giurisprudenza equipara all’ipotesi di assenza di permesso di costruire il caso
in cui l’opera è ultimata dopo che è trascorso il termine di validità72 del titolo
stresso e l’ipotesi di interventi realizzati nonostante la sospensione del
permesso73.
La seconda ipotesi di reato prevista alla lett. b) dell’art. 44 del T.U. D.P.R.
380/2001 è diretta a punire l’esecuzione dei lavori in totale difformità dal
permesso di costruire. Il discrimine tra questa fattispecie e quella di cui la
lett. a) è segnato dalla distinzione tra l’esecuzione di lavori in difformità
parziale (lett. a) e in totale difformità (lett. b). Prima di affrontare in modo
specifico i casi concreti affrontati dalla giurisprudenza è utile soffermarsi
preliminarmente sul significato di difformità parziale e totale. La figura della
difformità parziale, sanzionata all’art. 44 lett. a), si presenta nell’economia
del T.U. come una categoria residuale poiché in essa confluiscono tutte le
diversità dell’opera che non rientrino nella totale difformità, sanzionata
all’art. 44 lett. b). Per la ricostruzione della definizione di parziale
difformità il primo elemento interpretativo da utilizzare è quindi anche in
questo caso di tipo negativo; ossia, si deve partire dalla definizione di totale
difformità per giungere ad individuare gli esatti confini della fattispecie.
E’ lo stesso legislatore a precisare nell’art. 31 T.U. D.P.R. 380/2001 che sono
interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che
comportano la realizzazione di un organismo edilizio74 integralmente diverso75 per
caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello
oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i
limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte
di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile76». Nella prima
ipotesi di totale difformità, l’organismo edilizio realizzato si differenzia da
quello oggetto del permesso stesso per uno dei seguenti aspetti: tipologia,
superficie e volumetria e utilizzazione. Nella seconda ipotesi, invece, si ha
totale difformità quando vi sia eccedenza volumetrica, creazione di un organismo
edilizio o di parte di esso, rilevanza specifica dell’opera e sua autonoma
utilizzabilità; tutti gli elementi devono sussistere contemporaneamente77. Come
ha testualmente puntualizzato la Corte di Cassazione le variazioni parziali si
verificano, invece, quando gli interventi « ... tendono ad apportare variazioni
circoscritte in senso qualitativo e quantitativo all'opera identificata
nell'atto. In sostanza, si configura una difformità solo parziale quando la
costruzione non venga fondamentalmente immutata nella sua entità, nella sua
struttura, nella sua funzione o destinazione»78. Per riassumere quanto
analizzato, si può affermare che «generalmente la difformità parziale si
verifica allorquando i lavori apportano variazioni circoscritte, in senso
qualitativo e quantitativo, alle opere realizzate rispetto a quelle indicate nel
progetto e nel permesso»79; mentre, la difformità totale dal permesso di
costruire, normalmente, si verifica quando la diversità si riferisce all’intera
opera e sia accompagnata da trasformazioni tipologiche e planovolumetriche di
tale entità da costituire uno stravolgimento complessivo dell’originario
progetto, non più riferibile all’immobile realizzato80. Per quanto riguarda
alcuni esempi di casistica giurisprudenziale, si è ritenuto applicabile la
fattispecie di cui alla lett. b) dell’art. 44 T.U. 380/2001 relativa all’
“esecuzione di lavori in totale difformità del permesso di costruire” nel caso
di: ampliamento di volumetria del fabbricato e di mutamento di destinazione del
capannone81; ampliamento di un seminterrato da destinare a parcheggio
sotterraneo, realizzato in totale difformità della rilasciata concessione82;
trasformazione di un sottotetto in mansarda 83; diversa collocazione di uno
stabile84.
L’ulteriore ipotesi di reato prevista dall’art. 44 lett. b) T.U. D.P.R. 380/2001
è diretta a sanzionare la prosecuzione dei lavori nonostante l'ordine di
sospensione emesso dall’autorità amministrativa. L’art. 27, comma 3, T.U. D.P.R.
380/2001 dispone che qualora sia constatata, dai competenti uffici comunali
d'ufficio o su denuncia dei cittadini, l'inosservanza delle norme, prescrizioni
e modalità di cui all’art. 27, comma 185, il dirigente o il responsabile
dell'ufficio, ordina l'immediata sospensione dei lavori. Tale sospensione ha
effetto fino all'adozione dei provvedimenti definitivi di cui ai successivi
articoli del citato T.U., da adottare e notificare entro quarantacinque giorni
dall'ordine di sospensione dei lavori. Come ha messo ben in evidenza la dottrina
la fattispecie in esame ha riguardo a tutte e soltanto le ipotesi in cui sia
stata adottata un’ordinanza di sospensione dei lavori ed essa non sia stata
rispettata86. Qualunque operazione realizzata sull’opera una volta emesso
l’ordine di sospensione viene considerato un intervento suscettibile di sanzione
ex art. 44 lett. b); la giurisprudenza ha ritenuto sussistente tale reato, ad
esempio, nell’ipotesi di intonacatura, installazione dell’impianto elettrico o
nel montaggio degli impianti idraulici87. Si tratta, quindi, di un’autonoma
figura di reato con la chiara e conseguente possibilità di un concorso con le
altre violazioni di cui all’art. 44. L’ordine di sospensione dei lavori,
infatti, può essere emesso in diverse ipotesi come ad esempio: esecuzioni di
lavori parzialmente diversi dal permesso ex art. 44 lett.a); esecuzione di
lavori in assenza di permesso ex art. 44 lett. b); esecuzioni di lavori
continuati dopo l’annullamento del permesso ex art. 44 lett. b)
88.
2.3 Art. 44 lett. c) del T.U. D.P.R. 380/2001
La fattispecie descritta nella prima parte dell’art. 44 lett. c) del T.U.
380/2001 prevede l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290 euro
nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio. Antecedentemente
alla legge n. 47 del 1985, come già indicato nella parte storica introduttiva,
nell’ordinamento giuridico mancava una chiara nozione di lottizzazione e la
stessa, normalmente era ricondotta in modo esclusivo alla realizzazione di
attività materiali.
Si tratta di una fattispecie autonoma e non di una circostanza aggravante
dell’ipotesi prevista alla lett. b)89. La giurisprudenza ha nel tempo costruito
le premesse per una piena ricostruzione della lottizzazione abusiva generata non
solo da attività materiali ma anche negoziali. Tra le diverse sentenze
pronunciate in materia quella che ha rappresentato un punto di svolta chiaro è
netto rispetto alle incertezze del passato è la sentenza dalla Corte di
Cassazione penale, Sezioni Unite, 8 febbraio 1982, n. 120090. Per la Suprema
Corte «il reato di "lottizzazione abusiva" prevede sia atti giuridici (come
la suddivisione del terreno e l'alienazione di lotti fabbricabili, attività
precedente l'attività edificatoria, ma ad essa finalizzata, e, comunque, già
lesiva del potere pubblico di programmazione del territorio), sia attività
materiali (come la costruzione di edifici, o la delimitazione dei singoli lotti
e delle diverse destinazioni dell'area, o la realizzazione di opere
infrastrutturali, o di urbanizzazione primaria e secondaria, anche rudimentali),
purché gli atti citati siano univocamente ad un nuovo insediamento urbano, e,
quindi, limitino e condizionino (con ostacoli di fatto o di diritto, anche se
superabili) la riserva pubblica di programmazione territoriale, rendendo le
opere di urbanizzazione»91. L’art. 30, comma 1, del T.U. 380/2001, tenendo in
considerazione le conclusioni raggiunte dalla giurisprudenza, delinea la figura
di tale illecito disponendo che si ha lottizzazione abusiva di terreni a scopo
edificatorio quando: vengono iniziate opere che comportino trasformazione
urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni
degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle
leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione (lottizzazione
materiale)92 oppure quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il
frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le
loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e
alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione
o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi
riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo
edificatorio(lottizzazione negoziale o giuridica). A queste due ipotesi se ne
aggiunge una terza definita dalla dottrina “lottizzazione mista” poiché l’abuso
è determinato dalla realizzazione congiunta di un complesso di attività
materiali e negoziali93. Infine, come per le altre norme in precedenza descritte
anche per il reato di lottizzazione abusiva l’esame della casistica
giurisprudenziale più significativa rappresenta un momento di estrema rilevanza
per la stessa delimitazione della stessa fattispecie. In argomento di
lottizzazione materiale la giurisprudenza ha ritenuto che la condotta possa
consistere, ad esempio, nella costruzione di edifici94 o nella realizzazione di
opere di urbanizzazione95 mentre ha individuato casi di lottizzazione negoziale
nella condotta di trasformazione urbanistica predisposta attraverso il
frazionamento e la vendita o atti equivalenti96 del terreno in lotti. Per
concludere, brevemente, si accenna alla previsione del secondo comma dell’art.
44 che impone al giudice penale di disporre la confisca dei terreni,
abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite pronunciando la
sentenza definitiva che accerta la realizzazione di lottizzazione abusiva. Per
effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al
patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La
sentenza definitiva, infine, costituisce il titolo per la immediata trascrizione
nei registri immobiliari.
L’art. 44 lett. c), seconda parte, T.U. 38072001 sanziona con l'arresto fino a
due anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290 euro gli interventi edilizi nelle zone
sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico97, paesistico, ambientale,
in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso. La
ratio della norma è quella di apprestare una maggiore tutela a beni ritenuti di
valore ambientale e culturale. Si deve, tuttavia, precisare che l’elenco dei
vincoli, data la natura penale della sanzione, è tassativa e non meramente esemplicativa. Da questo deriva che non rientrano nelle ipotesi previste dal
reato de quo i vincoli non espressamente indicati.
La giurisprudenza ha affermato che nell'ipotesi di costruzione abusiva eseguita
in una zona assoggettata a vincolo storico, artistico, paesistico o ambientale,
per la configurabilità del reato è sufficiente che l'attività abusiva venga
operata in una delle zone anzidette, e non occorre un'effettiva lesione
materiale del vincolo, né alcun accertamento della violazione del bene protetto,
poiché la lesione dell'interesse tutelato è in "re ipsa"98. Oltre alla totale
difformità e l’assenza del permesso99 la fattispecie in esame sanziona gli
interventi edilizi realizzati in variazione essenziale.
Con tale definizione si indicata una tipologia di abuso edilizio a livello
intermedio tra la difformità totale e la difformità parziale100. Anche la norma in
esame costituisce una figura autonoma di reato101 che presenta sotto il profilo
strutturale un elemento caratterizzante rispetto al fattispecie di cui alla
lett. b) in precedenza esaminata: la violazione del vincolo102.
LEO STILO
___________________________________________
1. La Legge del 31 marzo 1903,
n. 254, cd. “Legge Luzzati” dettò le linee programmatiche per la creazione dei
primi istituti per le case popolari. Successivamente un altro provvedimento
fondamentale in materia di edilizia popolare fu il R.D. 28 aprile1938, n. 1165
“Approvazione del testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed
economica”. Di notevole rilievo storico e sistematico furono anche tre
successivi testi unici adottati a poco tempo di distanza l’uno dall’altro: R.D.
del 3 marzo 1934, n. 383
“Approvazione del testo unico della legge comunale e provinciale”; R.D.
27-07-1934, n. 1265, “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”; R.D.
28 aprile 1938, n. 1165 “Approvazione del Testo unico delle disposizioni
sull'edilizia popolare ed economica”.
2. Alla fine degli anni ’30 il legislatore italiano decise di varare due
importanti leggi dirette alla tutela dei beni culturali ed ambientali: 1) Legge
1 giugno 1939, n. 1089 “Tutela delle cose d'interesse artistico o storico; il
nucleo normativo posto in essere dalla predetta legge diede vita ad un corpo di
regole che vennero inglobate nei provvedimenti legislativi successivi”; 2) Legge
29 giugno 1939, n. 1497 “Protezione delle bellezze naturali, in cui si prevedeva
l’istituzione di un piano territoriale paesistico diretto a salvaguardare i beni
in esso ricompresi "
3 Già prima della legge urbanistica del 1942 erano presenti delle norme che
esigevano un’autorizzazione (in ampio senso intesa) per poter svolgere delle
attività edilizie. Tralasciando le più antiche imposizioni di origine Comunale
di cui si possono scorgere delle tracce nei documenti storici più antichi,
l’obbligo di una licenza edilizia, modernamente intesa, è stata introdotta
nell’ordinamento italiano con il R.D.L. 640 del 1935 (convertito nella Legge
2471 del 1935). La ratio legis fu l’esigenza di controllare l’impiego di
materiali come cemento, ferro ed acciaio intesi dal regime fascista, impegnato
nella guerra di Etiopia, come risorse di rilevante valenza strategica.
4 Art. 41, Legge 17 agosto 1942 n. 1150: «Salvo quanto è stabilito con l'art.
344 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con la legge 27 luglio
1934, n. 1265, per le contravvenzioni alle norme dei regolamenti locali
d'igiene, si applica: a) l'ammenda fino a lire 10.000 per la violazione del
divieto stabilito nell'art. 28, primo comma, ovvero per l'inosservanza delle
norme, prescrizioni e modalità esecutive prevedute nell'art. 32, primo comma; b)
l'arresto fino ad un mese e l'ammenda fino a lire 10.000 nei casi preveduti
dall'art. 32, terzo comma, per l'inizio dei lavori senza licenza o per la
prosecuzione di essi non ostante l'ordine di sospensione dato dal podestà. Per
le contravvenzioni di cui alla lettera a) è ammessa l'oblazione con l'osservanza
delle norme stabilite negli art. 107 e seguenti del testo unico della legge
comunale e provinciale, approvato con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383.»
5 Art. 28, comma 1, Legge 17 agosto 1942, n. 1150: «Fino a quando non sia
approvato il piano regolatore particolareggiato è vietato di procedere a
lottizzazione dei terreni a scopo edilizio senza la prevendita autorizzazione
del comune».
6 Art. 32, comma 1, Legge 17 agosto 1942, n. 1150: «Il podestà esercita la
vigilanza sulle costruzioni che si eseguono nel territorio del comune per
assicurarne la rispondenza alle norme della presente legge e dei regolamenti,
alle prescrizioni del piano regolatore comunale ed alle modalità esecutive
fissate nella licenza di costruzione. Esso si varrà per tale vigilanza dei
funzionari ed agenti comunali e d'ogni altro modo di controllo che ritenga
opportuno adottare».
7 MAUCERI, Reati edilizi, urbanistici, ambientali: modifiche legislative e
condoni. Trascrizione della conferenza tenuta a Sanremo il 16 giugno 2005 in
occasione del quinto incontro del 4° Corso di aggiornamento per la difesa
d'ufficio, organizzato dal Consiglio dell'ordine degli avvocati di Sanremo.
8 Art. 32, comma 3, Legge 17 agosto 1942, n. 1150: «Nel caso di lavori iniziati
senza licenza o proseguiti dopo l'ordinanza di sospensione il podestà può,
previa diffida e sentito il parere della sezione urbanistica compartimentale
ordinarne le demolizioni a spese del contravventore senza pregiudizio delle
sanzioni penali».
9 Con la predetta legge, allo scopo di contemperare, nei paesi danneggiati dalla
guerra, le esigenze relative ai più urgenti lavori edilizi con la necessità di
non compromettere il razionale futuro sviluppo degli abitati, i Comuni inseriti
in appositi elenchi, approvati dal Ministro per i lavori pubblici, dovevano
adottare un piano di ricostruzione. Tale piano assumeva efficacia di un piano
regolatore particolareggiato e doveva indicare al suo interno: le reti stradali
e ferroviarie; le aree da assegnare a sede di edifici di culto, di uffici e
servizi pubblici e a spazi di uso pubblico; le zone destinate a demolizioni,
ricostruzioni e costruzioni di edifici, di stabilimenti, magazzini e depositi
per attività industriali, commerciali, artigianali ed agricole, nonché le zone
sottoposte a vincoli speciali; le zone che, fuori del perimetro dell'abitato,
sono destinate all'edificazione e quelle destinate a stabilimenti, magazzini e
depositi per attività industriali, commerciali, artigianali ed agricole. Grazie
ad una serie di successive proroghe numerosi Comuni poterono usufruire del
regime del piano di ricostruzione per diversi decenni.
10 In questa prospettiva, di aiuto concreto per la ricostruzione, il legislatore
varò la Legge del 28 febbraio 1949, n. 43 “Provvedimenti per incrementare
l'occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori” con
l’obiettivo di incrementare l'occupazione operaia mediante la costruzione di
case per lavoratori. Per il compimento delle operazioni necessarie alla
realizzazione dei piani di costruzione degli alloggi venne costituita, presso
l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni, una gestione autonoma, munita di
propria personalità giuridica, denominata Gestione INA-Casa. Le risorse
economiche necessarie per realizzare gli obiettivi della Legge n. 43 del 1949
furono attinte dai contributi dei datori di lavori pubblici e privati, dei
lavoratori e da finanziamenti diretti dello Stato.
11 In sintesi, il progetto “Sullo” prevedeva che «Il PRG è attuato per mezzo di
Piani Particolareggiati, le cui prescrizioni hanno valore a tempo indeterminato
e nel cui ambito il Comune promuove l'esproprio di tutte le aree inedificate e
delle aree già utilizzate per costruzioni, se l'uso in atto è sensibilmente
difforme a quello del Piano Particolareggiato. Acquisite le aree, il Comune
provvede alle opere di urbanizzazione primaria e vende, con il mezzo dell'asta
pubblica, il diritto di superficie sulle aree destinate ad edilizia
residenziale, che restano di proprietà del Comune». Il brano è tratto da MAJOLI,
Breve storia della legislazione urbanistica in Italia, documento redatto nel
1981 quale introduzione al dibattito “Riforma Urbanistica: la proroga
Costituzione” organizzato dal Centro Culturale Ricerca di Monza con la
partecipazione di Pietro Bucalossi (ex Ministro dei LLPP), Alessandro Tutino
(Presidente INU) e Mario Viviani e successivamente aggiornato nel 1991, 1999,
2001.
12. MAJOLI, Breve storia della legislazione urbanistica in Italia, cit.
13 Art. 12, comma 2, Legge del 18 aprile 1962, n. 167: «Il valore venale è
riferito a due anni precedenti alla deliberazione comunale di adozione del piano
e va determinato senza tenere conto degli incrementi di valore dipendenti,
direttamente o indirettamente, dalla formazione e attuazione del piano».
14. Corte cost., sent. del 9 aprile 1965 , n. 22
15. Voce “1962” Grande Dizionario Enciclopedico, Cronologia Universale, Milano.
16. D’ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie nell’edilizia, Maggioli, 2006, 36.
17. Art. 13 Legge 06 agosto1967, n. 765: «L'art. 41 della legge 17 agosto 1942,
n. 1150, è sostituito dal seguente: "Salvo quanto stabilito dalle leggi
sanitarie, per le contravvenzioni alle norme dei regolamenti locali di igiene,
si applica: a) l'ammenda fino a lire 1 milione per l'inosservanza delle norme,
prescrizioni e modalità esecutive previste nell'art. 32, primo comma; b)
l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire 2 milioni nei casi di inizio
dei lavori senza licenza o di prosecuzione di essi nonostante l'ordine di
sospensione o di inosservanza del disposto dell'art. 28. Qualora non sia
possibile procedere alla restituzione in pristino ovvero alla demolizione delle
opere eseguite senza la licenza di costruzione o in contrasto con questa, si
applica in via amministrativa una sanzione pecuniaria pari al valore venale
delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'Ufficio tecnico
erariale. La disposizione di cui al precedente comma trova applicazione anche
nel caso di annullamento della licenza. I proventi delle sanzioni pecuniarie
previste dal presente articolo sono riscossi dal Comune e destinati al
finanziamento delle opere di urbanizzazione, ovvero dallo Stato rispettivamente
nelle ipotesi di cui al secondo e terzo comma"».
18. Per porre rimedio alla situazione di stallo venne approvata la Legge 13
novembre 1968, n. 1187 “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica
17/8/1942, n. 1150”, la cosiddetta "Legge tappo".
19. L’acceso scontro politico ed
ideologico sul problema dell’occupazione sfocia nel grande sciopero nazionale
del 19 novembre 1969. Successivamente, il 22 ottobre 1971 venne varata la legge
n. 865 “Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme
sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi
17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed
autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia
residenziale, agevolata e convenzionata”. Estremamente interessanti sono poi le
norme tese a modificare la Legge urbanistica e quelle relative
all’espropriazione per pubblica utilità. Il 1971 è un anno particolarmente
fecondo di provvedimenti legislativi in materia urbanistica; in particolare, tre
leggi assumono rilievo: la Legge 11 giugno 1971, n. 426 “Disciplina del
commercio” con cui si cercò di realizzare una più razionale evoluzione del
sistema distributivo attraverso la predisposizione, da parte dei Comuni, di un
piano di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita che nel rispetto delle
previsioni urbanistiche, riuscisse ad assicurare la migliore funzionalità e
produttività del servizio da rendere al consumatore e il maggior possibile
equilibrio tra installazioni commerciali a posto fisso e la presumibile capacità
di domanda della popolazione stabilmente residente e fluttuante; la Legge del 6
dicembre 1971, n. 1044 istitutiva di un piano quinquennale per l'istituzione di
asili-nido comunali con il concorso dello Stato; la Legge 3 dicembre 1971, n.
1102 “Nuove norme per lo sviluppo della montagna con l’istituzione delle
comunità montane e dei relativi compiti di pianificazione urbanistica”.
20. CAPALBO, Il sistema sanzionatorio nel nuovo Testo Unico dell’edilizia, Matelica (MC), 2005, 31; ID.,
Trasformazione del diritto di superficie in
diritto di proprietà, Matelica (MC), 2004.
21. Corte cost., sent. del 30 gennaio 1980, n. 5.
22. Di particolare interesse è l’anno 1978 poiché ha rappresentato per la vita
politica ed istituzionale italiana un periodo difficile ed estremamente
complesso. Si ricorda che risalgono al 1978: il rapimento e l’omicidio di Aldo
Moro, le dimissioni del Presidente della Repubblica Giovanni Leone ed infine
l’elezione del papa Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, che assunse il nome
di Giovanni Paolo II. Nel corso di questi eventi in Parlamento vennero
approvate, in materia di edilizia ed urbanistica, tre importanti Leggi: Legge 3
gennaio1978, n. 1 “Accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere
pubbliche e di impianti e costruzioni industriali”; Legge 27 luglio 1978, n. 392
sulla “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”; Legge 05 agosto 1978, n.
457 “Norme per l'edilizia residenziale”
23. D’ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie nell’edilizia, cit., 40.
24. Rimanendo in tema di condoni edilizi, successivamente alla Legge n. 47 del
1985 il legislatore intervenne nuovamente nel 1994 (Legge 23 dicembre 1994, n.
724) e nel 2003 (Legge 24 novembre 2003, n. 326) spostando in avanti nel tempo
il termine entro il quale era possibile sanare gli abusi: dapprima dal 1 ottobre
1983 al 31 dicembre 1993 e successivamente da quest’ultimo al 31 marzo 2003.
25. Art. 20 “Sanzioni Penali”, Legge 28 febbraio 1985, n. 47: «Salvo che il
fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si
applica: a) l'ammenda fino a lire 20 milioni per l'inosservanza delle norme,
prescrizioni e modalità esecutive previste dalla presente legge, dalla legge 17
agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni e integrazioni, in quanto
applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti strumenti
urbanistici e dalla concessione; b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da
lire 10 milioni a lire 100 milioni nei casi di esecuzione dei lavori in totale
difformità o assenza della concessione o di prosecuzione degli stessi nonostante
l'ordine di sospensione; c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da lire 30
milioni a lire 100 milioni nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo
edilizio, come previsto dal primo comma dell'art. 18. La stessa pena si applica
anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico,
artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in
totale difformità o in assenza della concessione. Le disposizioni di cui al
comma precedente sostituiscono quelle di cui all'art. 17 della legge 28 gennaio
1977, n. 10».
26. Dal 1985 al 2000 sono stati numerosi gli interventi normativi in materia
urbanistica. Di seguito si citeranno i provvedimenti ritenuti più rilevanti con
la premessa, fisiologica in una materia così complessa e frammentata, della non esaustività dell’elenco: Legge 8 agosto 1985, n. 431 “Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni
urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale (c.d.
Decreto Galasso)”; Legge 8 luglio 1985, n. 349 “Istituzione del Ministero
dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale. D.P.R. 24-05-1988, n. 203
(abrogato) Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203
concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici
agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali”;
D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236 “Attuazione della direttiva CEE n. 80/778
concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano”; D.P.C.M. 10
agosto 1988, n. 377 “Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale
di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del
Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale”; D.P.C.M. 27
dicembre 1988 “Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale
e la formulazione del giudizio di compatibilità”; Legge 24 marzo 1989, n. 122
“Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane
maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico
sulla disciplina della circolazione stradale. (c.d. Legge Tognoli)”; Legge 18
maggio 1989, n. 183 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della
difesa del suolo”; Legge 8 giugno 1990, n. 142 “Ordinamento delle autonomie
locali”; Legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”; Legge 9
gennaio 1991, n. 10 “Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in
materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo
delle fonti rinnovabili di energia”; D.P.C.M. 01 marzo 1991 “Limiti massimi di
esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno”; Legge 6
dicembre 1991, n. 394 “Legge quadro sulle aree protett”e; Legge 17 febbraio
1992, n. 179 “Norme per l'edilizia residenziale pubblica”; D.P.C.M. 23 aprile
1992 “Limiti massimi di esposizione ai campi elettrico e magnetico generati alla
frequenza industriale nominale (50 Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente
esterno”; D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada”; Legge 8
agosto 1992, n. 359 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
11 luglio 1992, n. 333, recante misure urgenti per il risanamento della finanza
pubblica”; Legge 4 dicembre 1993, n. 493 “Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni
per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la
semplificazione dei procedimenti in materia edilizia”; D.M. 5 settembre 1994
“Elenco delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del testo unico delle
leggi sanitarie”; D.M. 5 settembre 1994 “Attuazione degli articoli 2 e 5 del
decreto-legge 8 luglio 1994, n. 438, recante disposizioni in materia di
riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un
processo produttivo o in un processo di combustione, nonché in materia di
smaltimento dei rifiuti”; Legge 26 ottobre 1995, n. 447 “Legge quadro
sull'inquinamento acustico”; D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503 “Regolamento recante
norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e
servizi pubblici”; D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32 “Razionalizzazione del sistema
di distribuzione dei carburanti”; D.Lgs. 31marzo 1998, n. 80 “Nuove disposizioni
in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni
pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa”; D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 “Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali”; D.Lgs. 31
marzo 1998, n. 114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio”;
D.M. 8 ottobre 1998 “Promozione di programmi innovativi in ambito urbano
denominati «Programmi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del
territorio”; Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della
mobilità ciclistica”; D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447 Regolamento recante norme
di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione,
l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi,
per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione
delle aree destinate agli insediamenti produttivi”; Legge 18 novembre 1998, n.
415 “Modifiche alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, e ulteriori disposizioni in
materia di lavori pubblici” (c.d. Merloni ter); D.M. 10 settembre 1998, n. 381
“Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza
compatibili con la salute umana”; Legge 30 aprile 1999, n. 136 “Norme per il
sostegno ed il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica e per interventi in
materia di opere a carattere ambientale”; D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 “Testo
unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali”; D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali”. L’elenco è elaborato sulla base delle conclusioni tratte da MAJOLI,
Breve storia della legislazione urbanistica in Italia, cit. a cui si rinvia per
gli opportuni approfondimenti.
27. Emanato sulla base Legge 8 marzo 1999, n. 50 “Delegificazione e testi unici
di norme concernenti procedimenti amministrativi”.
28. Ai sensi dell’art. 1 del T.U. 380/2001, tuttavia, restano ferme le
disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali e le altre
normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia
Sono fatte salve altresì le disposizioni di cui agli articoli 24 e 25 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed alle relative norme di attuazione,
in materia di realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione di
impianti produttivi.
29. In argomento si rinvia per un approfondimento a: RICHTER PAOLO STELLA,I
titoli abilitativi in edilizia, 2005, Torino; MACCABIANI NADIA, I titoli
abilitativi in edilizia (d.p.r. n. 380 del 2001) e la relativa competenza
legislativa nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Rivista giuridica
dell'edilizia, 2004, n. 4, Milano, parte 2, p. 173
30. Art. 1, comma 6 , della Legge 21 dicembre 2001, n. 443 «In alternativa a
concessioni e autorizzazioni edilizie, a scelta dell'interessato, possono essere
realizzati, in base a semplice denuncia di inizio attività, ai sensi
dell'articolo 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con
modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493, come sostituito
dall'articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive
modificazioni: a) gli interventi edilizi minori, di cui all'articolo 4, comma 7,
del citato decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398; b) le ristrutturazioni
edilizie, comprensive della demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria
e sagoma. Ai fini del calcolo della volumetria non si tiene conto delle
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica; c) gli
interventi ora sottoposti a concessione, se sono specificamente disciplinati da
piani attuativi che contengano precise disposizioni plano-volumetriche,
tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente
dichiarata dal consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o
di ricognizione di quelli vigenti. Relativamente ai piani attuativi che sono
stati approvati anteriormente all'entrata in vigore della presente legge, l'atto
di ricognizione dei piani di attuazione deve avvenire entro trenta giorni dalla
richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall'atto di ricognizione,
purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione
tecnica nella quale venga asseverata l'esistenza di piani attuativi con le
caratteristiche sopra menzionate; d) i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e
le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici
diversi da quelli indicati alla lettera c), ma recanti analoghe previsioni di
dettaglio».
31 Legge 21 dicembre 2001, n. 443 “Delega al Governo in materia di
infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il
rilancio delle attività produttive”.
32. Il coordinamento con il T.U. D.P.R. 380/2001 è stato realizzato con il D.Lgs.
27 dicembre 2002, n. 301 “Modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente
della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, recante testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia”.
33. Per questo motivo la giurisprudenza formatasi con riferimento alla
precedente disciplina rimane ancora oggi un valido ausilio per l’interprete.
Tuttavia, si deve puntualizzare che nei casi in cui si parla di concessione
edilizia ai sensi della Legge 47/1985 è necessario fare riferimento al permesso
di costruire ai sensi del T.U. D.P.R. 380/2001.
34. Per un approfondimento dell’argomento si rinvia alle seguenti opere: VINCIGUERRA SERGIO,
Appunti su lottizzazione abusiva e confisca, in
Giurisprudenza italiana, 2005, n. 10, Utet, p. 1912; BISORI LUCA, Elementi
differenziali tra edificazione illecita e lottizzazione abusiva in Urbanistica e
appalti, 2005, n. 10, Ipsoa, p. 1235; BISORI LUCA, Elemento soggettivo della
lottizzazione abusiva in Urbanistica e appalti, 2005, n. 1, Ipsoa, p. 120; FERRARI GIULIA,
Lottizzazione abusiva formale in Giornale di diritto
amministrativo, 2005, n. 1, IPSOA, p. 64; BISORI LUCA, Lottizzazione abusiva:
confisca obbligatoria e diritti proprietari degli estranei al reato in
Urbanistica e appalti, 2005, n. 6, Ipsoa, p. 739; BISORI LUCA, Lottizzazione
abusiva: confisca obbligatoria e diritti proprietari degli estranei al reato in
Urbanistica e appalti, 2005, n. 7, IPSOA, p. 863: TRAPANI GIUSEPPE, La
lottizzazione abusiva quale violazione delle regole giuridiche di circolazione e
fruizione dei terreni in Vita notarile, 2004, n. 2, Edizioni Giuridiche Buttitta, parte 1, p. 791; PATARNELLO FABIO,
Il reato di lottizzazione abusiva
negoziale con particolare riferimento alla figura del notaio rogante in Rivista
giuridica dell'edilizia, 2002, n. 3, Giuffrè, parte 2, p. 189; FIORINO ETHEL,
Sulla lottizzazione abusiva come reato a consumazione alternativa in
Giurisprudenza italiana, 2003, n. 10, Utet, p. 1908; DE SANTIS AMEDEO BUCCI,
Lottizzazione abusiva: la concessione è del tutto inutile se illegittima in
Diritto e giustizia, 2002, n. 10, Giuffrè, p. 40; VIPIANA PIER MARIA, La
lottizzazione può essere abusiva anche se autorizzata: l'ultima parola alle
Sezioni Unite, in Diritto penale e processo, 2002, n. 8, Ipsoa, p. 983; GAMBARDELLA MARCO,
Lottizzazione abusiva e disapplicazione dell'autorizzazione
amministrativa in Cassazione penale, 2002, n. 6, Giuffrè, p. 2027; FIORE EMANUELE,
Lottizzazione abusiva in ipotesi di autorizzazione illegittima, in
Urbanistica e appalti, 2002, n. 6, Ipsoa, p. 735.
35. Cass. pen., sez. III, 21 giugno 1990, n. 8965.
36. Così RAMACCI, Manuale di diritto penale dell’ambiente, 2003, 130: «L’art. 44 lett a) configura un’ipotesi di norma penale in bianco. Esso infatti, come si è
già detto sanziona l’inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive
previste dal T.U. nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e
dal permesso di costruire rinviando così, per l’integrazione del precetto, anche
a fonti normative extrapenali.»; ed ancora Giuseppe Di Nardo – Giovanni Di
Nardo, I reati ambientali, Padova, 2002: «L’ipotesi criminosa di cui all’art. 44
lett. a), relativamente alla inosservanza delle norme di legge indicate, è di
difficile determinazione poiché essendo costruita come una norma penale in
bianco, costringe l’interprete ad individuare di volta in volta la singola
disposizione violata». Inoltre, sul punto si rinvia a quanto affermato dalla
Corte di Cassazione nella sentenza n. 5514 del 1997:«... l’art. 20 lett. a) è,
infatti, norma penale in bianco, per cui il precetto viene fatto rinvio a dati
prescrittivi tecnici e provvedimentali di fonte extrapenale, e non può non
riconoscersi alle prescrizioni di dettaglio che riguardano le distanze in
oggetto (in attuazione del principio generale fissato appunto dal primo comma
dell’art. 41 septies della legge n. 1150 del 1942) efficacia integrativa della
disciplina per il controllo dell’attività urbanistica ed edilizia, sia pure
nell’essenziale prospettiva di assicurare la sicurezza della circolazione
stradale e la prevenzione da pregiudizi a persone e cose. (Cass. pen., sez. III,
8 aprile 1997, n. 5514 massima edita in DE GIOIA, I reati edilizi, commentario
giurisprudenziale, Forlì, 2005, 193). Per una disamina generale del problema di STOPPELLI, Norma penale in bianco, in GARINGELLA-GAROFOLI, Studi di diritto
penale, 2002, 32 e ss e in particolare MANTOVANI, Diritto penale, Padova, 2001,
51.
37. NITTI – ROSSI, Edilizia ed urbanistica – Profili Penali, cit., 529 ss
38. D’ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie nell’edilizia,
cit.,312.
39. Cass. pen., sez. Unite, 21-12-1993, n. 11635.
40. Cass. pen., sez. Unite, 21-12-1993, n. 11635. Per un approfondimento si
rinvia a: GIUFFRÈ, La tutela penale del "bene territorio" in Corriere Giuridico,
6, 1994, 750.
41. NITTI – ROSSI, Edilizia ed urbanistica – Profili Penali, cit., 530.
42. Cass., pen., sez III, sent. del 5 ottobre 1994, n. 10435. La violazione
dell’obbligo di esposizione, sul luogo di una costruzione, del cartello
indicante gli estremi della concessione edilizia integra il reato di cui
all’art. 20 lett. a) della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nel caso in cui il
regolamento edilizio o la concessione la prevedano espressamente. (Cass. pen.,
sez. III, 28 aprile 1994 massima edita in DE GIOIA, I reati edilizi, commentario
giurisprudenziale,, cit., 195). Nel caso in cui la modificazione ambientale ex lege n. 431 del 1985 non venga realizzata con interventi edilizi, ma comporti
egualmente un mutamento dell’assetto territoriale (secondo le destinazioni del
piano regolatore e degli altri strumenti urbanistici ed i regolamenti locali) e
del paesaggio (quale recepito nel territorio sottoposto a vincoli ambientali),
può essere applicata quale sanzione anche quella più lieve dell’art. 20 lett. a
della legge n. 47 del 1985. (Cass. pen., sez. III, 15 febbraio 1994 massima
edita DE GIOIA, I reati edilizi, commentario giurisprudenziale, cit. 193).
43. Nel caso in cui l’opera realizzata, costruzione di un muro di contenimento,
sia di natura pertinenziale, essa è assoggettabile al regime dell’autorizzazione
gratuita e l’eventuale contrasto della stessa con la prescrizione di edilizia
locale disciplinante la distanza di confine integra gli estremi della
contravvenzione di cui all’art. 20 lett. a) della legge 28 febbraio 1985 n. 47,
a prescindere dal fatto che sia stata o meno autorizzata. (Cass. pen., sez. III,
14 luglio 2003, n. 38193 massima edita in DE GIOIA, I reati edilizi, commentario
giurisprudenziale, cit., 193).
44. Cass. pen., sez. III, 11 marzo 1998, n. 3022 in cui la Corte puntualizza che
« ... in ogni fase dell'edificazione, debbono osservarsi le modalità qualitative
e quantitative fissate nella concessione nonché negli altri strumenti
urbanistici; e che la fattispecie prevista dalla lettera a) dell'art. 20 della
legge n. 47 del 1985, nelle ipotesi di costruzioni difformi dalla concessione
edilizia, deve ritenersi integrata da qualsiasi opera concretamente realizzata
in difformità dalla concessione. E tuttavia, proprio perché il reato si consuma
con l'esecuzione dell'opera non corrispondente a quelle del progetto e, quindi,
nel momento in cui le difformità di essa vengono poste in essere, per
configurarlo occorre almeno che un'opera sia stata effettivamente realizzata e
che la costruzione presenti un minimum di divergenza quantitativa o anche
soltanto tipologica da quella consentita nel progetto. Pertanto seppur è vero,
da un lato, che tale divergenza può consistere anche in un modico avanzamento o
arretramento dell'opera rispetto alla linea di confine o alla posizione tenuta
presente dall'autorità concedente, e, dall'altro, che la conformità deve
sussistere durante tutto il tempo necessario al completamento dei lavori, senza
che sia necessario attenderne il momento finale, è altrettanto certo che
l'"opera realizzata" presuppone quanto meno che sia emersa nel mondo fisico una
struttura sia pur minima, avente fisionomia e connotati materialmente
apprezzabili. Omissis». Ricorre il reato previsto e punito dall’art. 20, lett.
a) legge n. 47 del 1985 ogni qualvolta vengano realizzate opere di
trasformazione del territorio in violazione del parametro di legalità
urbanistica ed edilizia, costituito dalle prescrizioni della concessione
edilizia, richiamata dalla norma penale ad integrazione descrittiva della
fattispecie penale, nonché delle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei
regolamenti edilizi, ed - in quanto applicabili - da quelle della stessa legge.
(Cass. pen., sez. un., 21 dicembre 1993 massima edita in V DE GIOIA, I reati
edilizi, commentario giurisprudenziale, cit., 193). In materia edilizia si ha
difformità totale della concessione nel caso in cui l’opera realizzata non sia
riferibile a quella progettata sotto il profilo tipologico, planovolumetrico o
di utilizzazione, ovvero laddove sia stato realizzato un distinto corpo di
fabbrica, dotato di autonomia funzionale e di considerevole entità in relazione
al progetto approvato. Per accertare se la difformità sia invece parziale —
categoria residuale e sanzionata dalla lettera a) dell’art. 20 della legge n. 47
del 1985 — il giudice deve svolgere un preciso raffronto tra l’opera ipotizzata
e quella eseguita. A tal fine nella motivazione della sentenza dovrà dare conto
degli accertamenti compiuti e dei risultati conseguiti attraverso il suddetto
confronto, per consentire alle parti ed eventualmente al giudice
dell’impugnazione di seguire i passaggi logici della decisione. (Cass. pen.,
sez. III, 8 novembre 1991 massima edita in DE GIOIA, I reati edilizi,
commentario giurisprudenziale, cit., 198). Per la configurabilità del reato di
cui all’art. 20, lett. a), legge n. 47 del 1985, non basta una non conformità
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nella specie distanze legali non
rispettate); infatti, non tutte le violazioni dei regolamenti edilizi comunali
trovano la loro corrispondente a quelle del progetto e, quindi, nel momento in
cui le difformità di essa vengono poste in essere, per configurarlo occorre
almeno che un'opera sia stata effettivamente realizzata e che la costruzione
presenti un minimum di divergenza quantitativa o anche soltanto tipologica da
quella consentita nel progetto. Pertanto seppur è vero, da un lato, che tale
divergenza può consistere anche in un modico avanzamento o arretramento
dell'opera rispetto alla linea di confine o alla posizione tenuta presente
dall'autorità concedente, e, dall'altro, che la conformità deve sussistere
durante tutto il tempo necessario al completamento dei lavori, senza che sia
necessario attenderne il momento finale, è altrettanto certo che l'"opera
realizzata" presuppone quanto meno che sia emersa nel mondo fisico una struttura
sia pur minima, avente fisionomia e connotati materialmente apprezzabili.
Omissis». Ricorre il reato previsto e punito dall’art. 20, lett. a) legge n. 47
del 1985 ogni qualvolta vengano realizzate opere di trasformazione del
territorio in violazione del parametro di legalità urbanistica ed edilizia,
costituito dalle prescrizioni della concessione edilizia, richiamata dalla norma
penale ad integrazione descrittiva della fattispecie penale, nonché delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi, ed - in
quanto applicabili - da quelle della stessa legge. (Cass. pen., sez. un., 21
dicembre 1993 massima edita in V DE GIOIA, I reati edilizi, commentario
giurisprudenziale, cit., 193). In materia edilizia si ha difformità totale della
concessione nel caso in cui l’opera realizzata non sia riferibile a quella
progettata sotto il profilo tipologico, planovolumetrico o di utilizzazione,
ovvero laddove sia stato realizzato un distinto corpo di fabbrica, dotato di
autonomia funzionale e di considerevole entità in relazione al progetto
approvato. Per accertare se la difformità sia invece parziale — categoria
residuale e sanzionata dalla lettera a) dell’art. 20 della legge n. 47 del 1985
— il giudice deve svolgere un preciso raffronto tra l’opera ipotizzata e quella
eseguita. A tal fine nella motivazione della sentenza dovrà dare conto degli
accertamenti compiuti e dei risultati conseguiti attraverso il suddetto
confronto, per consentire alle parti ed eventualmente al giudice
dell’impugnazione di seguire i passaggi logici della decisione. (Cass. pen.,
sez. III, 8 novembre 1991 massima edita in DE GIOIA, I reati edilizi,
commentario giurisprudenziale, cit., 198). Per la configurabilità del reato di
cui all’art. 20, lett. a), legge n. 47 del 1985, non basta una non conformità
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (nella specie distanze legali non
rispettate); infatti, non tutte le violazioni dei regolamenti edilizi comunali
trovano la loro sanzione in detta norma, ma solo quelle che, tenuto conto del
titolo della legge e dell’oggetto della stessa, siano commesse nello svolgimento
di attività urbanistico-edilizia, con la conseguenza che le questioni di
carattere civilistico (distanze legali, servitù prediale di veduta) devono
trovare la loro soluzione nel procedimento civile. (Cass. pen., sez. III, 25
febbraio 1988).
45. Cass. pen., sez. III, 09 luglio 2002, n. 26140 in cui si chiarisce che
l'attività di apertura e coltivazione di cava non è subordinata al potere di
controllo edilizio comunale, cioè a concessione edilizia (vedi: Corte Cost.,
sentenza n. 221/1988 - Cass.: Sez. Unite, 18 giugno 1993, n. 11; Sez. III, 3
febbraio 1998, n. 1087; Sez. III, 9 settembre 1996, n. 2864, Scacco; Sez. III,
17 gennaio 1996, n. 460; Sez. VI, 20 ottobre 1992, n. 3112 - Cons. Stato: Ad.
plen. 12 ottobre 1991, n. 8; Sez. II, 10 settembre1997, parere n. 468/1997).Essa
deve comunque svolgersi nel rispetto della pianificazione comunale, potendosi
configurare, in ipotesi di violazione delle previsioni di piano (attività di
cava svolta in zona ove la stessa non è consentita), la contravvenzione di cui
all'art. 20, lett. a), della legge n. 47/1985. Inoltre, nel caso in cui
l’esercizio di una cava contrasti con le previsioni degli strumenti urbanistici
deve trovare applicazione l’art. 20 lett. a) della legge 28 febbraio 1985, n.
47, che sanziona comportamenti anche diversi da quelli tipici consistenti in
lottizzazione, costruzioni senza concessione o in difformità. Una cosa, infatti,
è il controllo comunale dell’attività edilizia, altra cosa è la disciplina
urbanistica complessiva del territorio affidata anche alla competenza
sovracomunale della regione, nella quale rientra anche l’esercizio dell’attività
di impresa consistente nella cava. (Cass. pen., sez. III, 10 aprile 1995, n.
6232 massima edita in DE GIOIA, I reati edilizi, commentario giurisprudenziale).
A prescindere dal distinto problema della necessità o meno della concessione
comunale, allorché l’esercizio di una cava contrasti con le previsioni degli
strumenti urbanistici deve trovare applicazione l’art. 20, lett. a) della legge
n. 47 del 1985. (Cass. pen., sez. III, 10 aprile 1995, n. 6232).
46. Cass. pen., sez. Unite, 13 ottobre 1993, n. 11 in cui si afferma che per
l'apertura e la coltivazione di una cava non è richiesta la concessione edilizia
del sindaco, ond'è che in materia non è configurabile il reato di cui all'art.
20, comma primo, lett. b), legge 28 febbraio 1985, n. 47. (Conf. Sez. 1, Cc, 18
giugno 1993, nn. 12 e 13). Per la lettura del testo della sentenza e gli
opportuni approfondimenti si rinvia a: Cass. pen. 1994, 273 con nota di MENDOZA
; Foro amm. 1995, 1, 19 con nota di IANNOTTA; Giur. it., 1994, II, 840 con nota
di GRILLI; Giust. pen. 1994, II, 69; Mass. pen., 1994, 18; Riv. pen. 1994,. 144;
Riv. polizia 1994, 109; Riv. Polizia, 1994, pag. 27
47. Cass. pen., sez. III, 05-12-2003, n. 46865 in cui si afferma che la
localizzazione di un fabbricato in luogo diverso da quello indicato nel progetto
approvato dal Comune, comporta una violazione attinente al corretto assetto del
territorio, "potendo esercitare una influenza negativa anche sugli interessi dei
vicini". Con apprezzamento di fatto, incensurabile in Cassazione, è stata
ravvisata la modesta rilevanza del nuovo posizionamento del fabbricato (a circa
10 m. da quello ubicato) e correttamente è stata individuata la norma più
adeguata di cui all'art. 20 lett. a l. 47/85.
48. Cass., pen., sez. III, sent. del 3 marzo 1994 ; Cass., pen., sez. III, sent.
del 7 marzo 1994 e in particolare Cass. pen., sez. III, 21 giugno 1994, n. 1428
in cui si afferma che è configurabile il reato di cui all'art. 20 lett. a) legge
28 febbraio 1985, n. 47, nell'ipotesi di violazione delle leggi regionali, che
costituiscono integrazione o modifica delle norme per il controllo dell'attività
urbanistica ed edilizia. (Nella specie una costruzione alberghiera, sita nella
zona circostante per una larghezza di 30 metri, ad area boscata in territorio di
Aosta. In detta area la legge 15 giugno 1978, n. 14 della Regione Val d'Aosta
vieta l'edificazione, con l'esclusione del caso di rilascio di nullaosta
dell'Assessore regionale all'urbanistica, su parere del Comitato regionale per
la partecipazione territoriale, mancante nella specie. La Corte, alla luce del
riportato principio, ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo
dell'immobile). Sul punto, inoltre, si mette in evidenza un’interessante
pronuncia di merito in si afferma che non sussiste la contravvenzione prevista
dall’art. 20, primo comma, lett. a) della legge n. 47 del 1985 in relazione alle
leggi della regione Sicilia n. 71 del 1978 e n. 37 del 1985 nel caso di lieve
difformità parziale dell’edificio realizzato, rispetto alla concessione
amministrativa. (Pretura Catania, 27 ottobre 1997 massima edita in DE GIOIA, I
reati edilizi, commentario giurisprudenziale,cit.).
49. L'art. 3, comma 1, lett. e) del T.U. D.P:R. 380/2001 definisce
gli"interventi di nuova costruzione" quelli di trasformazione edilizia e
urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere
precedenti. Sono comunque da considerarsi tali: e.1) la costruzione di manufatti
edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti
all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi
pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6); e.2) gli interventi di
urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici
servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
e.4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e
di ripetitori per i servizi di telecomunicazione; e.5) l'installazione di
manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere,
quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come
abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che
non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee; e.6) gli
interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in
relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree,
qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la
realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale;
e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di
impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di
lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato
50. L'art. 3, comma 1, lett. f) del T.U. D.P.R. 380/2001 definisce "interventi
di ristrutturazione urbanistica", quelli rivolti a sostituire l'esistente
tessuto urbanistico - edilizio con altro diverso, mediante un insieme
sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei
li, degli isolati e della rete stradale.
51. L'art. 3, comma 1, lett. d) del T.U. D.P.R. 380/2001 definisce "interventi
di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare
ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali
interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia
sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con
la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.
52.
D’ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie nell’edilizia, cit.,321.
53. Cass. pen., sez. III, 7 ottobre 1998, n. 10505.
Della citata sentenza è anche rilevante la parte della motivazione in cui la
Corte di Cassazione si sofferma sulla configurazione del tentativo:«... Il
"tentativo" (disciplinato, per i soli delitti, dall'art. 56 cod. pen.)
presuppone che il fatto previsto dalla norma incriminatrice non sia portato a
compimento ovvero che non si verifichi l'evento eventualmente richiesto per
l'esistenza del delitto stesso, sicché il bene protetto non venga leso ma messo
soltanto in pericolo. Nella fattispecie in esame, invece, vi è stata esecuzione
di opere comportante trasformazione edilizia, assoggettata come tale al regime
concessorio ai sensi dell'art. 1 della legge 28.1.1977, n. 10; la concessione
non è stata richiesta e quanto eseguito ha di per se stesso violato l'interesse
protetto sostanziale della tutela dell'assetto del territorio e del suo corretto
uso e governo conforme alla normazione urbanistica. Omissis.». Sul punto si
rinvia ad un’altra sentenza - Cass. pen., sez. III, 2 ottobre 1997, n. 8900 –
che soffermandosi su un’ipotesi di scavo afferma che quando uno scavo è
chiaramente diretto alla costruzione delle fondazioni di un edificio non può
costituire un mero tentativo vanificato dall'intervento dell'Autorità, ma
rappresenta inizio effettivo dei progettati lavori edilizi. (cfr. in tal senso
Cass. pen. sez. III 20 dicembre 1988, n. 12721; ID. Sez. III 22 febbraio 1983,
n. 1611; ID. sez. III 3 luglio 1984, n. 6199).
54. Di seguito le massime delle sentenze che
appaino più interessanti sull’argomento. La costruzione di un manufatto
prefabbricato collocato su di un area portuale che presenti intrinseche
connotazioni di stabilità - come l'allaccio dell'utenza elettrica e la presenza
di arredo - le quali ne rendono palese il permanente asservimento alle finalità
gestionali dell'attività di trattamento dei rifiuti, integra la violazione
dell'art. 20 lett. b) l. n. 47 del 1985, trattandosi di un manufatto il quale -
sebbene non incorporato al suolo ma semplicemente appoggiato su una pedana di
legno - ha realizzato, in assenza della dovuta concessione edilizia,
un'alterazione funzionalmente consolidata dell'assetto edilizio dell'area sulla
quale esso insiste (Tribunale Genova, ord. 25 febbraio 2003 pubblicata in
Giurisprudenza di merito, 2004, 2, II, 354). In materia urbanistica la
eliminazione di una copertura in tegole e la realizzazione di un terrazzo
praticabile avvenute in assenza di concessione integrano la violazione dell'art.
20 della legge 28/2/85 n. 47, in quanto sono assoggettati al regime concessorio
tutti gli interventi che incidono sull'assetto del territorio, e tra questi
rientra la modifica della sagoma, atteso che la sagoma si riferisce alla
conformazione planovolumetrica della costruzione ed al suo perimetro inteso sia
in senso verticale che orizzontale (Cass. pen., sez. III, 7 marzo 2001, n.
9427). Degna di particolare nota è la parte conclusiva della sentenza Cass. pen.,
sez. III, 09-12-1998, n. 12890, nel punto in cui la Corte afferma che «...qualsiasi
opera non precaria, destinata a inerire stabilmente al suolo trasformando
l'assetto del territorio, necessita di concessione, a prescindere dai materiali
utilizzati. Una tenda sorretta da pali infissi nel terreno costituirà opera
precaria se destinata ad essere utilizzata per pochi giorni e quindi smontata,
ma costituirà opera durevole se destinata a durare una intera stagione ed a
essere riutilizzata nelle stagioni successive. Appare frustraneo invocare la
facile amovibilità della struttura, se in concreto non avviene la rimozione per
un tempo apprezzabile».
55. Per prendere visione di alcune delle
ricostruzioni che la giurisprudenza ha elaborato sulla questione: ANTONIAZZI,
Le posizioni più recenti del Consiglio di Stato in materia di ristrutturazione
edilizia e di interventum ad opponendum, in Riv. giur. urbanistica, 1994, I,
393 ss.; POGGI - PROPATO, Rassegna di giurisprudenza sull'urbanistica,
Milano, 1995, 4. ed., tomo II, 1323 ss.
56. Sono configurabili anche soluzioni intermedie
dirette a distinguere in base alle ipotesi si potrebbero presentare nella
pratica. Sul punto si rinvia a quanto scritto da VIPIANA, La rovina integrale
dell'edificio vanifica la possibilità di ristrutturarlo, in Diritto Penale e
Processo, 3, 1997, 340: «Così, potrebbe considerarsi plausibile un
trattamento differenziato del caso della ricostruzione di un edificio demolito
intenzionalmente dall'avente diritto, rispetto al caso della ricostruzione di un
edificio rovinato accidentalmente (ad esempio, per frana, terremoto, o altri
eventi estranei alla volontà del proprietario): in quest'ultimo caso alla rovina
dovrebbe seguire un ripristino dell'edificio preesistente, che potrebbe a
ragione rientrare nel concetto di ristrutturazione; nell'altro caso, invece,
l'intenzionalità nella distruzione del manufatto esistente impedirebbe di
inquadrare la successiva ricostruzione nell'ambito degli interventi di recupero
del patrimonio edilizio esistente» ed ancora «Un'altra soluzione intermedia
potrebbe aver riguardo alla tipologia ed alla consistenza delle differenze fra
l'edificio preesistente andato distrutto ed il nuovo edificio realizzatosi in
seguito. Qualora tali differenze siano minime, ed il nuovo edificio presenti,
rispetto a quello preesistente, identità di ubicazione, volumi, superfici,
caratteristiche architettoniche e destinazione d'uso, sarà, all'evidenza, più
agevole includere la ricostruzione dell'edificio distrutto fra gli interventi di
recupero del patrimonio edilizio esistente delineati dall'art. 31 della l. n.
457 del 1978, ed in particolare inquadrare siffatta ipotesi nell'ambito degli
interventi di restauro e risanamento conservativo oppure di ristrutturazione
edilizia».
57. VIPIANA, La rovina integrale dell'edificio
vanifica la possibilità di ristrutturarlo, cit. 340.
58. VIPIANA, La rovina integrale dell'edificio
vanifica la possibilità di ristrutturarlo, cit. 340.
59. Cons. Stato, sez. V, sent. 10 marzo 1997, n.
240
60. Cass. pen., sez. III, sent. 17 marzo 2003, n.
12369; Cass. pen., sez. III, 24 genaio 2003, n. 3526
61. Cass. pen., sez III, sent. 31 luglio 1998, n.1898;
Cons. Stato, sez. V, 18 agosto 1997, n. 917; Cons. Stato, sez. V, 3-luglio 1996,
n. 819, edita in Dir. pen. e processo, 1997, 13, 340 con nota di VIPIANA; Giur.
bollettino legisl. tecnica, 1997, 4065; Studium Juris, 1996, 1423; Foro amm.,
1996, 2258; Cons. Stato, 1996, I, 1144
62. Cass. pen., sez. III, 17 agosto 1993, n. 1439,
edita in Arch. nuova proc. pen., 1993, 737: «In materia edilizia, qualora,
ottenuto il provvedimento amministrativo per eseguire la ristrutturazione di un
immobile, lo si demolisca per ricostruirlo "ex novo", è configurabile il reato
di costruzione in assenza di concessione, poiché lo stabile preesistente viene
sostituito con uno completamente nuovo, che non ha riferimento con quello non
più esistente».
63. Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2000, n. 1610,
edita in Giur. it. 2000, 1730. Sul punto sono d’interesse le conclusioni
raggiunte dalla Corte di Cassazione in una sentenza dei primi anni ’90: «In
materia edilizia, qualora, ottenuto il provvedimento amministrativo per eseguire
la ristrutturazione di un immobile, lo si demolisca per ricostruirlo "ex novo",
è configurabile il reato di costruzione in assenza di concessione, poiché lo
stabile preesistente viene sostituito con uno completamente nuovo, che non ha
riferimento con quello non più esistente» Cass. pen., sez. III, 17-08-1993 (C.C.
24-06-1993), n. 1439, edita in Arch. nuova proc. pen., 1993, 737.
64. Cass.pen.sez. III, 29 aprile 2003, n. 26197 e
Cass. pen., sez. III 27 settembre 2000, n. 12288.
65. Per la realizzazione di un campeggio, con la
esecuzione di opere edilizie, limitate a quelle indispensabili per attrezzarlo e
renderlo funzionante (basi di cemento o piazzuole), è necessaria la concessione
edilizia, poiché si verifica una trasformazione del territorio (Cass. pen., sez.
III, 8 novembre 1984, n. 9847).
66. Le case mobili (prefabbricate) ed i campi da
tennis rientrano nella nozione di costruzione e sono soggette alla licenza (ora
concessione) dell'autorità comunale. (Cass. pen., sez. III, 24 gennaio 1980, n.
1086 edita in Riv. pen. 1980, 554)
67. In tema di lavori di ampliamento di una veranda
interessata in precedenza da sanatoria si veda Cass. pen., sez III, 11 aprile
2003, n. 28485; in argomento di trasformazione di balconi e terrazze in verande
si veda Cass.pen., sez. III, 28 novembre 2002, n. 3160; in argomento di veranda
a vetri fornita di impianti elettrici ed idraulici si veda Cass. pen., sez.III,
12 maggio 1995, n. 1758.
68. Cass. pen.,sez. III, 10 gennaio 2000, n.22
69. Cass. pen., sez. III, 22 dicembre 1999, 3107.
70.Per un ulteriore approfondimento delle ulteriori
ipotesi si rinvia a: RAMACCI, Manuale di diritto penale dell’ambiente, cit.,109
e 110.
71. D’ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie
nell’edilizia, cit., 322.
72. Cass. pen, sez. III, sent. del 13 maggio 2003,
n. 21022 e Cass. pen., sez III, sent. 11 gen. 2006, n. 539.
73. Cass.pen. sez. III, sent. del 23 giugno 1999,
n. 8131
74. Per una definizione di organismo giuridico si
riporta il contenuto di una parte della motivazione della sentenza Cass. pen.,
sez. III, 14 novembre 2002, n. 38191: «Omissis. Ed invero, il termine "organismo
edilizio", utilizzato in entrambe le norme, consente di rilevare che lo stesso
può consistere sia in una sola unità sia in una pluralità di porzioni
volumetriche ed in un manufatto a più piani, sicché l'integrale diversità da
quello oggetto della concessione è rapportabile ad ogni singola struttura. Non
ignora il collegio l'esistenza di isolata pronuncia (Cass. sez. III 5 maggio
1992 n. 5330, P.M. in proc. Rapis ed altro rv. 190478) che, in contrasto con il
dato normativo che si riferisce a parte di organismo edilizio, richiede la
diversità tipologica dell'intero edificio, ma tale opinione è stata modificata
dallo stesso estensore in altra decisione (Cass. sez. III 28 ottobre 1993 n.
9735, Di Carlantonio rv. 195234), in cui si afferma che "qualsiasi modifica che
comporti un mutamento della sagoma, delle superfici utili o della destinazione
d'uso della costruzione o delle singole unità immobiliari necessita di
concessione mentre non può ascriversi a detta "rara avis" Cass. sez. III 5
giugno 1986 n. 4918, Borgatti rv. 172966, che non ritiene eseguita in totale
difformità dalla concessione l'esecuzione di una veranda, perché non ha "una
consistenza di notevole entità", sicché la citazione di detta pronuncia da parte
dei ricorrenti non è appropriata. La superiore esegesi del termine "organismo
edilizio" è confortata pure da un'interpretazione adeguatrice, giacché una
differente lettura darebbe luogo a soluzioni irrazionali e, quindi, in contrasto
con l'art. 3 Cost. in quanto potrebbe ritenersi soltanto parziale la difformità
ovvero sussistente una variazione essenziale qualora nell'ambito di una più
ampia concessione vengano trasformati in mansarde i sottotetti non abitabili,
mentre sarebbe configurabile una totale difformità ove la concessione edilizia
avesse ad oggetto solo l'edificazione dei predetti sottotetti. Pertanto è
possibile riferire l'espressione "organismo edilizio" anche ad una singola unità
edilizia oggetto di una più ampia concessione ovvero considerare, secondo quanto
appare più conforme al dato testuale, non solo quantitativa la seconda ipotesi,
in cui "l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto" può
derivare sia dalla costruzione di un corpo autonomo o dall'edificazione di una
parte di organismo edilizio con specifica rilevanza ed autonomamente
utilizzabile, sia dall'effettuazione di modificazioni con opere, interne o
esterne, tali da comportare un aumento di volumetria a nulla rilevando che
l'accesso avvenga attraverso lo stabile principale (cfr. Cass. sez. III 10
giugno 1994 n. 7559 rv. 198388, Di Bartolomeo, mai citata in ricorso, e Cass.
sez. III 9 giugno 1994 n. 7557 rv. 198387, P.M. in proc. Agostinelli circa la
trasformazione di un locale di sgombero in abitazione cui adde Cass. sez. III 14
luglio 1997 n. 6875 cit., Cass. sez. VI 28 ottobre 1999 n. 12271, Fusco ed altri
rv. 214526, citata dall'attenta decisione della Corte meneghina e Cass. sez. V
18 marzo 1999 n. 3558, P.M. in proc. Scurti ed altri rv. 213598, mal citata in
ricorso, in cui si affronta il differente intervento di ristrutturazione
edilizia e si afferma comunque che "si versa nell'ipotesi di lavori eseguiti in
difformità dalla concessione edilizia a ristrutturare, nel caso in cui
l'edificio subisca mutamenti in ordine al volume)...».
75. Cass. pen., sez. III, 11 aprile 2000, 1427 in
Studium juris, 2000, 1281.
76. Per la Cass. pen., sez. III, 23 aprile 1990, n.
5891: L'"autonoma utilizzabilità" non sta a significare che il corpo eseguito
sia fisicamente separato, ma soltanto che dia luogo ad una eccedenza, la quale
non si stemperi nella globalità dell'organismo, ma conduca alla creazione di una
struttura precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente,
anche se l'accesso allo stesso sia possibile esclusivamente attraverso lo
stabile principale. Ne deriva che la trasformazione di un sottotetto in mansarda
integra gli estremi della totale difformità. La sentenza è pubblicata in Rivista
giur. Edilizia, 1991, I, 5, pag. 1185.
77. Cass. pen., sez. III, 23 aprile 1990, n. 5891.
78. Cass. pen., sez. III, 4 aprile 1980, n. 4635.
In senso conforme Cass. pen., sez. III, sent. 5 maggio 1983, n. 4219 si verifica
difformità parziale «quando i lavori tendono ad apportare variazioni
circoscritte in senso qualitativo e quantitativo all'opera identificata
nell'atto, senza che la costruzione venga fondamentalmente immutata nella sua
entità, nella sua struttura, nella sua funzione o destinazione»; «In materia
edilizia devono ritenersi parziali quelle difformità che investono elementi
particolari e non essenziali della costruzione, mentre devono considerarsi
difformità totali quelle che investano la costruzione nella sua interezza, e,
cioè, nelle caratteristiche riguardanti la sua totalità, quali la struttura,
l'architettura, l'ubicazione, la destinazione d'uso, la superficie e la
cubatura».
79. DI NARDO –DI NARDO, I reati ambientali,
cit. , 112.
80. Cass. pen., sez. III, 5 maggio 1992, n. 5330.
Sul punto si veda inoltre Cass. pen., sez. III, 23 aprile1990 n. 5891. Si ha
totale difformità dalla concessione edilizia nel caso in cui vi sia eccedenza
volumetrica, creazione di un organismo edilizio o di parte di esso, rilevanza
specifica dell'opera e sua autonoma utilizzabilità. Questi elementi devono, per
dare luogo ad una delle due ipotesi di difformità legislativamente disciplinate,
sussistere tutti contemporaneamente. La "rilevanza specifica" va interpretata
nel senso che non ogni superamento dei limiti volumetrici configura il reato de
quo, ma soltanto quella che abbia una notevole consistenza. All'uopo il giudice
deve avvalersi di un duplice criterio, e cioè sia di una valutazione assoluta ed
oggettiva, che di altra relativa alla struttura realizzata. L'"autonoma
utilizzabilità" poi non vuol dire che il corpo eseguito sia fisicamente
separato, ma soltanto che dia luogo ad una eccedenza, la quale non si stemperi
nella globalità dell'organismo, ma conduca alla creazione di una struttura
precisamente individuabile e suscettibile di un uso indipendente, anche se
l'accesso allo stesso sia possibile esclusivamente attraverso lo stabile
principale. Ne deriva che la trasformazione di un sottotetto in mansarda integra
gli estremi della totale difformità(Cass. pen., sez. III, 23 aprile 1990 n.
5891, edita in Rivista giur. edilizia 1991, I, 5, 1185).
81. Cass. pen., sez. III, 11 aprile 2000, n. 1427.
82.Cass. pen., sez. III, 3 luglio 1998, n. 2097 .
83. Cass. pen., sez. III, 23 aprile 1990 n. 5891
edita in Rivista giur. edilizia 1991, I, 5, 1185.
84. Cass. pen., sez. III, 8 giugno 1987, n. 7084 e
Cass. pen., sez. III, 1 marzo 1982, n. 2104.
85.Art. 27,comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001: « Il
dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale esercita, anche
secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente, la
vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per
assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei
titoli abilitativi».
86. NITTI – ROSSI, Edilizia ed urbanistica –
Profili Penali,cit., 540.
87. In materia di illeciti urbanistici, una volta
emesso l'ordine di sospensione dei lavori da parte del sindaco, qualunque
intervento sul manufatto costituisce reato ai sensi dell'art. 20 lett. b) della
legge 28 febbraio 1985 n. 47 ed è del tutto irrilevante il fatto che le opere
poste in essere dopo l'ordine di sospensione non necessitino di concessione e
consistano, come nel caso di specie, in interventi di intonacatura,
installazione dell'impianto elettrico o montaggio degli impianti idraulici
(Cass. pen., sez. III, 23 gennaio 1996, n. 719).
88. D’ANGELO, Vigilanza, sanzioni e sanatorie
nell’edilizia, cit., 335
89. In questo senso si veda: Cass. pen., sez III,
13 ottobre 1997, n. 10392.
90. Cass. pen., sez. Unite, 8 febbraio 1982, n.
1200. Per approfondimenti in merito al contenuto della sentenza in esame rinvia
a: Rivista giur. edilizia 1982, I, 4, 1033 ; Vita not. 1982, I, 1132.
91. La Corte di Cassazione sul punto afferma,
inoltre, che «quando si verifichino le condizioni indicate, non sono necessari
altri elementi; in particolare, nel caso di frazionamento ed alienazione di
lotti fabbricabili, non è necessario che questi abbiano come destinatari una
molteplicità di persone, fisiche o giuridiche; non è necessaria la costruzione
contemporanea di edifici, essendo sufficiente, nel concorso di altre
circostanze, anche una sola costruzione, che si configuri come momento iniziale
dell'insediamento, e, funzionalmente, ad esso predisposto; non è necessaria la
previsione di opere di urbanizzazione (queste forme di lottizzazione abusiva,
senza, cioè, la previsione di opere di urbanizzazione, sono, anzi, le più
dannose); non ha rilevanza la natura dell'insediamento (residenziale, o
industriale, o turistico); non è necessaria la ripartizione in lotti
edificatori, ma è sufficiente la suddivisione dell'area in base alle diverse
destinazioni dei lotti.»
92. In merito alla lottizzazione materiale, NITTI e
ROSSI, individuano due possibili forme di estrinsecazione di tale abuso: la
prima è quella di lottizzazione materiale senza autorizzazione da parte della
P.A; la seconda ipotesi è quella si verifica nella contrarietà della
lottizzazione alle previsioni di legge o degli strumenti urbanistici. Per
approfondimenti si rinvia a NITTI – ROSSI, Edilizia ed urbanistica – Profili
Penali, cit., 542 e 543.
93. Per una definizione di “lottizzazione mista” si
rinvia a: RAMACCI, Manuale di diritto penale dell’ambiente, 136 e D’ANGELO,
Vigilanza, sanzioni e sanatorie nell’edilizia, cit., 381.
94. Il reato di lottizzazione abusiva si realizza
mediante condotte anche materiali, quali una modificazione edilizia od
urbanistica dei terreni, in una zona non adeguatamente urbanizzata, la quale
conferisca ad una porzione di territorio comunale un assetto differente, che
venga posta in essere senza autorizzazione, ovvero in totale difformità dalla
stessa, ed in violazione delle prescrizioni stabilite dagli strumenti
urbanistici vigenti od adottati, e tale da poter determinare l'insediamento di
abitanti o lo svolgimento di attività, con conseguente necessità di predisporre
od integrare le opere di urbanizzazione (Cass. pen., sez. III, 30 aprile 2004,
n. 20390). Sul punto si veda anche Pretura di Belluno, 12 novembre 1993.
95. In tema di lottizzazione abusiva materiale è
necessario verificare, anche ai soli fini della sussistenza del "fumus" del
commesso reato, sia l'esistenza del disegno di conferire un nuovo assetto ad una
porzione di territorio comunale che l'incidenza dell'intervento sul tessuto
urbanistico sotto il profilo della necessità dell'esecuzione di nuove opere di
urbanizzazione o di potenziamento di quelle esistenti (Cass. pen., sez. III, 6
maggio 1996, n. 1518).
96. Secondo la Cass. pen., sez. III, 9 giugno 1999,
n. 1656: «...Vero che la premessa di vendita, di per sé, non integra la
lottizzazione negoziale (Cass. Sez. III, 18 ottobre 1996, n. 10214, Azzolini,
206.478), ma può integrare atto equivalente se valutata insieme ad altri
elementi. Invero, il fatto costitutorio della lottizzazione negoziale consiste
nel frazionamento e nella vendita o in atti equivalenti, e questa ultima
locuzione ha come parametro il fatto conclusivo e penalistico della abusiva
lottizzazione per vietare tutti quegli altri atti attraverso i quali si
raggiunga lo stesso effetto del frazionamento e della vendita, anche se con modi
mediati e mezzi dissimulati ». Sul punto, inoltre, appare interessate una parte
ben determinata della motivazione della Cass. pen., sez. III, sent. 06 luglio
2004, n. 29222: «Osserva il Collegio che, secondo l'indirizzo interpretativo più
recente e certamente prevalente di questa Corte, "In tema di lottizzazione
abusiva, fra gli "atti equivalenti" al frazionamento e alla vendita, cui fa
riferimento, ai fini della configurabilità del reato, l'art. 18 della legge 28
febbraio 1985 n. 47, possono ricomprendersi anche i contratti preliminari di
alienazione dei singoli lotti, allorché gli stessi si collochino in un contesto
indiziario atto a rivelare in modo non equivoco la finalità edificatoria, che
costituisce l'elemento comune alle varie forme (materiale, negoziale, mista) in
cui l'illecito può essere realizzato." (cfr. sez. III, 200003668, Pennelli,
215625; conf. sez. III, 199901656, D'Angelo G, riv. 213735, nella quale,
peraltro, si precisa che la promessa di vendita non integra di per sé una
lottizzazione negoziale)».
97. Deve ravvisarsi il reato di cui all’art. 20
lett. c) della legge n. 47 del 1985, l’aver chiuso con mattoni le pareti
perimetrali aperte ad arcata di un edificio già adibito a fornace e sottoposto a
vincolo archeologico (archeologia industriale) e paesaggistico (parco
regionale), l’aver creato una soletta interna per realizzare due piani, nonché
l’aver eretto alcuni tavolati interni, trattandosi di interventi che per loro
natura, anche a prescindere da un cambio di destinazione d’uso o meno
dell’immobile, necessitano di concessione edilizia, non solo in relazione ai
muri di “tamponamento” esterni, ma anche per le opere interne, riguardando le
stesse edifici vincolati. I medesimi Interventi integrano in concorso formale
con il reato edilizio, entrambe le contravvenzioni di cui agli articoli 151, 163
e 146, primo comma, lett. d) d.lg. 490/99, 13 e 30, primo comma, della legge n.
394 del 1991, poiché sono stati effettuati in un’area sottoposta a vincolo
paesaggistico (parco), in assenza del rilascio obbligatorio dell’autorizzazione
paesaggistica e del nulla osta dell’ente parco: l’istituzione del parco
regionale, infatti, non fa venir meno la necessità dell’autorizzazione
paesaggistica. (Tribunale Milano, 4 novembre 2002 massima edita in DE GIOIA,
I reati edilizi, commentario giurisprudenziale, cit., 207).
98. Cass. pen., sez. III, 3 settembre 1999, n.
10502. Nella fattispecie la Corte ha ritenuto configurato il reato per un
manufatto edificato nella valle dei templi di Agrigento.
99. Per la definizione di totale difformità si
rinvia al commento dell’art. 44 lett. b).
100. DI NARDO – DI NARDO, I reati ambientali, cit.,
2002, 111. Sul punto si veda anche Cass. pen., sez.III, 3 luglio 1998, n. 2097.
101. In senso conforme Cass. pen., sez.III, 11
febbraio 1994 e Cass. pen., sez.III, 16 novembre 1990.
102. Cass. pen. sez. III, 13 ottobre 1997, n.
10392.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 15/04/2007
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