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Profili formali e sostanziali dei c.d. “correttivi” al T.U. ambientale: l’«irrimediabile» “decadenza” dall’esercizio della delega per i settori “acque” e “rifiuti”.

 

Serenella Beltrame

 

 


1. L’iter dei decreti correttivi e integrativi al D.Lgs. n. 152/2006 recante norme in materia ambientale.
1.1. L’individuazione dell’ambito operativo della prescrizione sulla “decadenza dall’esercizio della delega”.
1.2. La competenza prevista per i decreti “correttivi e integrativi” nel disegno tracciato dalla giurisprudenza costituzionale.
1.3. Il “maxi correttivo” adottato il 13 settembre 2007 (relativo ai settori “VIA e VAS” “acque” e “rifiuti”) e prospettive in itinere.

 


 

1. L’iter dei decreti correttivi e integrativi al D.Lgs. n. 152/2006 recante norme in materia ambientale.

Le vicende che hanno caratterizzato la procedura dei decreti correttivi e integrativi del D.Lgs. n. 152/2006 recante “Norme in materia ambientale”1 offrono lo spunto per approfondire i profili relativi alla procedura parlamentare prevista per la loro approvazione.
L’iter delle “correzioni” al Codice ambientale è ripartito da zero in data 13 settembre 2007 “con il primo sì del Consiglio dei ministri a un nuovo decreto legislativo correttivo che, in quattro articoli, accorpa i due precedenti decreti correttivi approvati dal Governo”2: il c.d. “terzo correttivo” che riguarda lo schema di decreto legislativo recante modifiche alla Parte prima (disposizioni generali ) e Seconda (Via e Vas) del D.Lgs. n. 152/2006, ed il c.d. “secondo correttivo” inerente lo schema recante modifiche alle norme in materia di acque e rifiuti del D.Lgs. n. 152/2006. “A motivare il nuovo provvedimento, l’accorpamento dei due precedenti decreti legislativi e il riavvio dell’iter è il mancato rispetto da parte del Governo dei termini formali per la presentazione del decreto correttivo sui rifiuti (il più corposo e importante dei due) alle Camere: i termini erano scaduti lo scorso 11 agosto mentre il provvedimento era arrivato in Parlamento solo il 20 agosto”3
I commi 6 e 7 dell’art. 1 della legge n. 308/20044 regolano l’iter parlamentare e stabiliscono che:
“6. Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo può emanare, ai sensi dei commi 4 e 55, disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1, sulla base di una relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto.
7. Dopo l'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 1, eventuali modifiche e integrazioni devono essere apportate nella forma di modifiche testuali ai medesimi decreti legislativi”.
In virtù di tali norme il Governo può integrare o correggere i decreti delegati entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore di ciascuno (nel nostro caso si tratta del solo D.Lgs. n. 152/2006 entrato in vigore il 29 aprile 2006), a condizione che le correzioni vengano “apportate nella forma di modifiche testuali ai medesimi decreti legislativi” e siano rispettati i principi e criteri direttivi nonché l’iter prescritti per i decreti adottati6.
I commi 4 e 5 dell’unico articolo della legge descrivono termini e modalità per l’approvazione dei decreti legislativi (e, di conseguenza, delle disposizioni “correttive” soggette alle regole dei primi7) che sono adottati su proposta del dicastero dell’Ambiente, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica e per le politiche comunitarie e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata Stato - Regioni, ex art. 8 D.Lgs. n. 281 del 28.08.1997.
Per quanto riguarda specificatamente i decreti “correttivi”, il Ministro dell’Ambiente presenta alle Camere una relazione motivata che individua le disposizioni dei decreti delegati “su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto”.
La legge prevede un doppio passaggio parlamentare ed impone all’esecutivo tenuto conto dei pareri delle Commissioni ed entro quarantacinque giorni dalla data in cui il parere è stato espresso, di trasmettere alle Camere i testi dei decreti “correttivi” con le relative osservazioni ed eventuali modificazioni affinché le Commissioni parlamentari esprimano, entro venti giorni dalla data di assegnazione, il parere definitivo.
Decorso inutilmente tale termine “i decreti legislativi possono comunque essere emanati”. Il mancato rispetto da parte del Governo dei termini di trasmissione “degli schemi dei decreti legislativi (rectius: i decreti “correttivi e integrativi” n.d.r.) comporta la decadenza dall’esercizio della delega legislativa” (v. comma 5 ultimo alinea).
Dall’analisi delle prime “Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale”8 parrebbe che l’Esecutivo abbia rispettato in tal caso il termine di quarantacinque giorni previsto per la presentazione del testo alle Camere nelle more dal primo al secondo “passaggio” parlamentare come si evince dai seguenti rilievi.
Dalle scadenze stigmatizzate nel preambolo del D.Lgs. n. 284/20069 risulta quanto segue:

a) la prima delibera “preliminare” del Consiglio dei Ministri sul decreto “correttivo” risale alla riunione del 30 giugno 2006;
b) i pareri delle Commissioni competenti della Camera e del Senato sono stati acquisiti in data 26 luglio 2006;
c) la seconda delibera “preliminare” del Consiglio dei Ministri sul decreto “correttivo” è stata posta in essere subito dopo, ovvero il 28 luglio 2006;
d) la deliberazione definitiva del Governo sul decreto “correttivo” è del 31.08.2006;
e) il secondo parere della Commissione della Camera non è dato conoscere quando è stato acquisito mentre il parere della Commissione del Senato non risulta allegato.

Dal fatto che l’ultima approvazione del decreto “correttivo” è del 31 agosto 2006 e, cioè, a distanza di trentaquattro giorni dalla seconda delibera “preliminare” (del 28 luglio 2006) e che una Commissione parlamentare ha adottato il proprio parere, è possibile desumere che come prescritto dal quinto comma, dell’art. 1 della legge n. 308/2004, il Governo abbia in concreto trasmesso il testo alle Camere nonchè che detto adempimento sia stato eseguito entro i prescritti quarantacinque giorni.
Non si dispone di ulteriori informazioni in merito all’iter de quo e, in particolare, al secondo parere della Commissione VIII della Camera dei deputati (Ambiente), né sotto il profilo “temporale” né dei contenuti e, quindi, in carenza di tali elementi non si ritiene utile approfondire ulteriormente l’analisi di tale “correttivo” al fine di verificare compiutamente la sua conformità alla legge delegante.
Per contro, va sottolineato che diverse novelle già approvate e promulgate entro il primo anno dall’entrata in vigore del T.U. ambientale, incidenti direttamente sulle materie e sulle norme ivi contenute10 non hanno osservato l’iter sopra indicato e, quindi, per esse può ragionevolmente porsi il dubbio di illegittimità costituzionale per inosservanza della legge delega, ex art. 76 Cost..

1.1. L’individuazione dell’ambito operativo della prescrizione sulla “decadenza dall’esercizio della delega”.

L’individuazione dell’ambito operativo della prescrizione sulla “decadenza dall’esercizio della delega” è una tematica che investe direttamente i decreti “correttivi” ed appare di preminente rilievo in quanto nel caso in cui sulla base della dottrina e giurisprudenza costituzionale si dovesse giungere alla conclusione che l’inosservanza del termine di quarantacinque giorni comporta per il Governo l’impossibilità di reiterare l’esercizio della delega risulterebbero ormai inibite ulteriori modifiche al D. Lgs. n. 152/2006 (quanto meno) per la parte dedicata ai settori acque e rifiuti.
Infatti, per il c.d. “secondo correttivo” afferente tali materie come sopra accennato si è perfezionata la decadenza in data 11 agosto 2007 quando è spirato inutilmente il termine di quarantacinque giorni citato decorrente dal 27 giugno 2007, data del parere parlamentare, senza che il Governo avesse trasmesso alle Camere lo schema del decreto “correttivo” (tale adempimento è stato effettuato solo il 20 agosto 2007).
Nel nostro ordinamento costituzionale il fondamento dell’istituto della delega legislativa deve individuarsi nel principio generale della inderogabilità delle competenze per cui se la Costituzione non contenesse la disposizione facoltizzante dell’art. 7611 s’imporrebbe a ogni effetto la regola fissata dall’art. 70 per cui «la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere» e da esse soltanto.
L’articolo 76 non precisa quante volte possa legittimamente esercitarsi il potere legislativo delegato prima che scada il termine della delegazione e gli indirizzi della dottrina sul punto hanno prospettato due soluzioni: per alcuni “il potere delegato deve considerarsi istantaneo, ossia destinato a esaurirsi in un solo atto d’esercizio, non più ripetibile in relazione al medesimo oggetto, quand’anche il «tempo» della delegazione non si fosse esaurito a sua volta: sia perché sarebbe risultato impossibile, diversamente, distinguere la delega da un trasferimento della funzione legislativa (o d’una parte di essa); sia perché quella prevista dall’art. 76 veniva comunque concepita come una delega di atti e non di funzioni, in contrapposizione alle deleghe amministrative del tipo configurato dall’art. 118 Cost.”12.
Per altri “nel dubbio - salva una diversa indicazione della stessa legge delegante – le deleghe legislative dovrebbero intendersi come attribuzioni temporanee ma continuative di poteri, suscettibili dunque di utilizzazioni reiterate, per mezzo d’una pluralità di decreti delegati sovrapposti gli uni agli altri, nell’esercizio di una comune competenza”.
Anche per l’indirizzo meno rigoroso tra quelli anzi indicati che consente al legislatore delegato l’utilizzo frazionato e ripetuto della stessa delega va, tuttavia (e logicamente), fatta “salva” la previsione di una diversa regola preclusiva di tale possibilità.
Nel caso della legge n. 308 del 2004 l’omessa osservanza da parte del Governo dei termini di trasmissione “degli schemi dei decreti legislativi comporta la decadenza dall’esercizio della delega legislativa” (v. comma 5 cit.) e la conseguente impossibilità di ripetere l’esercizio del potere delegato proprio perché venuto meno per effetto della decadenza, a nulla rilevando a tal fine la circostanza che il tempo della delegazione non sia ancora scaduto13.
La tesi per cui il mancato rispetto dei termini prescritti comporterebbe solo l’estinzione del procedimento afferente quel determinato schema di decreto correttivo per il quale si è verificata la decadenza non pare coerente con il dato normativo.
Laddove la legge n. 308/2004 si riferisce alla decadenza “dall’esercizio della delega legislativa” deve intendersi che la stessa preclude l’utilizzo reiterato della delega ambientale qualora il Governo agisca in violazione dei termini di carattere perentorio definiti dal delegante.
La dottrina ha qualificato tale decadenza come “sanzione atipica”14 ma se ipotizzassimo che la stessa non ci fosse l’inosservanza dei termini “di trasmissione” degli schemi alle Camere determinerebbe comunque la rinnovazione della procedura in esame onde sanare l’intervenuta irregolarità in quanto tale vizio provocherebbe l’invalidità dell’atto in itinere, a prescindere dalla (ulteriore) sanzione della decadenza.
Se alla menzionata previsione della “decadenza” si vuol attribuire effettività non può che assegnarsi ad essa il significato suo proprio di perdita di un diritto per omesso esercizio dello stesso entro il termine indicato dalla norma.
La tesi che consente la rinnovazione dell’iter (è irrilevante se con lo stesso testo del decreto “correttivo” o con uno diverso per i profili qui esaminati) ammette l’astratta possibilità di reiterare ad libitum l’esercizio della delega entro la scadenza dei due anni dall’entrata in vigore del decreto delegato (oggetto delle modifiche) e, quindi, in tal modo verrebbe irragionevolmente vanificata la previsione della decadenza ed annullata la sua efficacia deterrente con la conseguenza che si rivelerebbe inutiliter data.
La possibilità di reiterare l’iniziativa governativa dopo la decadenza si pone in contrasto con la finalità che contraddistingue l’istituto della delega in esame che è quello di assicurare la titolarità della funzione legislativa in capo al Parlamento per effetto del principio generale della inderogabilità delle competenze costituzionali per cui “Le ipotesi nelle quali la Costituzione ammette l’esercizio della potestà legislativa da parte del Governo (artt. 76 e 77) sono da ritenere eccezionali”15.
Il comma 5, dell’art. 1 della legge n. 308/2004, non prevede alcuna decadenza o altra forma di invalidità per l’inosservanza del termine di venti giorni dalla data di assegnazione stabilito per l’adozione del “parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti” ed infatti “Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi (rectius i decreti correttivi n.d.r.) possono essere comunque emanati”.
In questo caso, se le Commissioni non trasmettono il nuovo parere in tempo utile (per mancanza di osservazioni od obiezioni a detto atto che, comunque, ha dovuto adeguarsi al parere parlamentare pregresso adottato nel “primo” passaggio) tale circostanza non osta alla validità dei decreti delegati e l’omessa configurazione di irregolarità attesta in tal caso la preminenza della volontà del Parlamento pure nell’esecuzione della delegazione che si può esternare nell’inerzia a provvedere o nella deliberazione del parere.
La ratio che, invece, giustifica la diversa fattispecie della “decadenza” va identificata, da un lato, nella necessità che il Governo si adegui in tempi brevi (quarantacinque giorni) alla volontà delle Camere (o meglio al parere delle Commissioni) senza tergiversare in obiezioni, controversie o altre lungaggini provvedendo a ritrasmettere entro tale perentoria scadenza il decreto correttivo completo delle modifiche; dall’altro, nell’obiettivo principale del delegante di assicurare stabilità nel tempo alle recenti regole evitando l’introduzione a go go di non meditate novelle frutto di equilibri politici congiunturali o, peggio, di istanze speculative dei comparti produttivi interessati o di altri settori, e tale finalità permea tutto il sistema legislativo di tipo “piramidale” disegnato nella delega.
In questo senso, pare condivisibile ed apprezzabile per la sua stretta aderenza allo spirito della legge di delegazione la decisione dei Presidenti delle Camere di non dare corso alle fasi successive del procedimento legislativo inerente il c.d. “secondo correttivo” (relativo ai settori “acque” e “rifiuti”) dopo il perfezionamento della “decadenza” in quanto tale opzione corrisponde pienamente alla ratio che informa la struttura della delega ambientale e realizza gli obiettivi dalla stessa posti ed anzi precisati.
Nel caso in cui venga ravvisata la necessità di profonde modifiche al D.Lgs. n. 152/2006 il Parlamento può sempre procedere all’approvazione di una nuova legge delega indicando altri principi e criteri direttivi, termini e modalità di attuazione ai quali l’Esecutivo si dovrà adeguare nell’espletamento dei compiti assegnati.

1.2. La competenza prevista per i decreti “correttivi e integrativi” nel disegno tracciato dalla giurisprudenza costituzionale.

In generale, il sindacato costituzionale sul rispetto della disciplina legislativa delegante da parte dei corrispondenti decreti delegati è stato effettuato tenendo conto della peculiarità, della ratio, dell’oggetto di ogni singola delegazione, dai quali è dipesa la soluzione dei problemi interpretativi posti a base delle decisioni.
Secondo autorevole dottrina “Più secche sono state le indicazioni della giurisprudenza costituzionale, quanto ai decreti – provvedimento in funzione esecutiva delle leggi deleganti. La Corte, in un primo tempo, si è limitata ad accennare che delegazioni siffatte non esaurirebbero il campo delle scelte politicamente rilevanti, dal momento che il Governo disporrebbe sempre della “facoltà di adottare o meno il provvedimento”; ma in un secondo tempo ha troncato il problema, argomentando che l’art. 76 “impone al legislatore di non delegare i suoi poteri se non con limiti precisi”, sicché la Costituzione non risulta violata “se queste condizioni e questi limiti siano posti con molto rigore”16.
Quanto alle leggi deleganti che dettino disposizioni di attuazione della delega “la giurisprudenza costituzionale è orientata nel senso che occorra presumere la piena preminenza della legge delegante sulla legge delegata, con la conseguenza che la disciplina di dettaglio predisposta dalle Camere stesse restringe implicitamente l’oggetto della delegazione17. Ma una tale presunzione è superabile, qualora la legge delegante manifesti la volontà di assegnare a certe sue previsioni un valore transitorio o dispositivo, rendendole derogabili o sostituibili da parte di successivi decreti delegati. Il che conferma ancora una volta l’elasticità dell’art. 76 e la varietà delle applicazioni che esso ha consentito nella prassi”.
Più nel dettaglio, in relazione ai decreti c.d. “correttivi” è stato osservato che “la legislazione degli ultimi anni assegna ai decreti legislativi sopravvenienti, rispetto a quelli che avessero in origine esercitato la delegazione, una competenza particolarmente ristretta. Si tratta, cioè, di atti normativi utilizzabili in funzione correttiva (o tutt’al più integrativa), non già di fonti abilitate a disciplinare organicamente l’intera materia. Ed è precisamente su questo terreno che il problema del carattere istantaneo o permanente del potere delegato riceve oggi una corretta soluzione (a patto, beninteso, che il limite dei principi e criteri direttivi non resti evanescente e sia concretamente rispettato in tutte le fasi di attuazione della legge delegante”18.
Tale linea interpretativa è stata ribadita dalla Corte costituzionale che ha affermato che i decreti “correttivi e integrativi” in questione possono intervenire “solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega “principale”; e che si rispettino pienamente i medesimi principi e criteri direttivi già imposti per l’esercizio della medesima delega “principale (il corsivo è n.d.r.)”19.
Per meglio chiarire, la decisione citata esamina le censure di incostituzionalità formulate nei riguardi delle “disposizioni correttive e integrative” alla legge sul decentramento amministrativo (D.Lgs. n. 112/1998) tra le quali, per quanto qui interessa, assume rilievo l’ipotizzata violazione dell’art. 10 della legge di delegazione n. 59/199720 che contiene una disposizione simile al comma 6, dell’art. 1, della legge n. 308/2004.
L’art. 10 citato stabilisce che “Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi criteri e principi direttivi e con le stesse procedure, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore, anche nel caso in cui si intendano recepire condizioni e osservazioni formulate dalla Commissione di cui all’articolo 5 oltre il termine stabilito dall’articolo 6, comma 121”.
Per detti decreti correttivi in questo caso non viene indicato per il Governo alcun termine a pena di decadenza a differenza della legge delega ambientale.
In relazione a modalità e ambito di applicazione di tali provvedimenti “correttivi”, il giudice delle leggi ha precisato: “L'art. 10 della legge n. 59 del 1997, come varie altre leggi di delega, conferisce al Governo la possibilità di esercitare nuovamente la potestà delegata, entro un ulteriore termine decorrente dalla entrata in vigore dei decreti legislativi con i quali si è esercitata la delega "principale", ai fini di correggere - cioè di modificare in qualche sua parte - o di integrare la disciplina legislativa delegata, ma pur sempre nell'ambito dello stesso oggetto, nell'osservanza dei medesimi criteri e principi direttivi operanti per detta delega "principale", e con le stesse garanzie procedurali (pareri, intese). Siffatta procedura si presta ad essere utilizzata soprattutto in occasione di deleghe complesse, il cui esercizio può postulare un periodo di verifica, dopo la prima attuazione, e dunque la possibilità di apportare modifiche di dettaglio al corpo delle norme delegate, sulla base anche dell'esperienza o di rilievi ed esigenze avanzate dopo la loro emanazione, senza la necessità di far ricorso ad un nuovo procedimento legislativo parlamentare, quale si renderebbe necessario se la delega fosse ormai completamente esaurita e il relativo termine scaduto. Nulla induce a far ritenere che siffatta potestà delegata possa essere esercitata solo per "fatti sopravvenuti": ciò che conta, invece, è che si intervenga solo in funzione di correzione o integrazione delle norme delegate già emanate, e non già in funzione di un esercizio tardivo, per la prima volta, della delega "principale"; e che si rispettino pienamente i medesimi principi e criteri direttivi già imposti per l'esercizio della medesima delega "principale"”.
Ne deriva, che nel caso di utilizzo improprio delle disposizioni de quibus ovvero di adozione di norme correttive o integrative in violazione dei contenuti o delle prescrizioni procedurali posti dalla legge delega le stesse sono suscettibili per i menzionati profili di censura per incostituzionalità.
Tale ipotesi si verifica quando ad es. la mole delle interiezioni e modifiche al decreto delegato rappresenti l’attuazione ex novo della delega “principale”: in questo caso ai fini della legittimità dell’approvazione di tale atto pare necessario il preventivo intervento di una nuova legge di delegazione atteso che la precedente ha già esaurito la sua funzione (con l’adozione del decreto legislativo oggetto delle modifiche) e non potendosi sopperire a detta attività con gli esigui “spazi” assentiti ai “correttivi”, specie se “decaduti”.

1.3. Il “maxi correttivo” adottato il 13 settembre 2007 (relativo ai settori “VIA e VAS” “acque” e “rifiuti”) e prospettive in itinere.

In data 27 luglio 2007 il Consiglio dei Ministri ha approvato in prima lettura il decreto “correttivo e integrativo” recante modifiche alla Parti Prima (disposizioni generali) e Seconda (VIA e VAS) del D.Lgs. n. 152/2006 (c.d. “terzo correttivo”).
Dopo la “decadenza” del c.d. “secondo correttivo” (v. supra § sub 1) il 13 settembre 2007 il Governo ha approvato un nuovo schema di decreto che accorpa le correzioni e integrazioni alle parti “acque” e “rifiuti” e “VIA e VAS” e sul quale si sono espressi la Conferenza unificata e le competenti Commissioni parlamentari, rispettivamente, la prima in senso positivo il 20 settembre 2007 e le altre il successivo 24 ottobre.
Secondo la ricostruzione prospettata dal parere dei giudici di Palazzo Spada22:
“Lo schema in esame propone fondamentalmente tre diverse aree di intervento e si compone di cinque articoli e sette allegati. La prima area di intervento, prevista dall'articolo 1, comma 1, e relativa all'introduzione nella parte “prima bis” di una serie di principi generali del diritto ambientale, viene per la prima volta all'esame della Sezione. La seconda, inserita nell'articolo 1, comma 2, contiene le innovazioni sulla “Parte seconda” del codice, in tema di procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione dell'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione integrata ambientale (IPPC). Sebbene costruita come una sostituzione di articoli, si tratta – cosi come riferisce l'Amministrazione - in concreto “di una serie di modifiche puntuali, introdotte per le ragioni sopra espresse, e di una diversa riorganizzazione delle norme preesistenti, al fine di mantenere l'articolato nei limiti della proposizione di mere correzioni ed integrazioni e al fine di semplificare il testo e di attribuire alla VAS il senso voluto dalla normativa comunitaria”. La terza, contenuta nell'articolo 2, riguarda modifiche in tema di acque e rifiuti ed è stata già oggetto di valutazione da parte della Sezione, con il parere 2660/2007 del 9 luglio 2007, in relazione però ad un testo parzialmente diverso. Infatti, nell'attuale formulazione, sono state recepite le indicazioni proposte dalla Conferenza Unificata e dal Parlamento sul testo del precedente correttivo, poi decaduto e qui riproposto contestualmente alle altre innovazioni. Infine i successivi articoli 3, 4 e 5 recano, rispettivamente, la clausola di invarianza della spesa; la disciplina transitoria relativa alle norme applicabili ai progetti per i quali la VIA è in corso; la data di entrata in vigore del decreto”.
Lo “schema” citato sia per i principi generali inseriti sia per il rifacimento della disciplina sostanziale rappresenta una nuova riedizione del Codice ambientale (D.Lgs. n. 152/2006) e, quindi, alla luce dei principi posti dalla Consulta poc’anzi ricordati, ai fini della sua valida approvazione detto decreto richiede un’altra preventiva legge di delegazione in quanto rappresenta a pieno titolo un esercizio “tardivo” della vecchia legge n. 308 del 2004 in contrasto, peraltro, con i principi e criteri direttivi di quest’ultima.
Il Consiglio di Stato dà atto in tal senso che “Il testo qui trasmesso prevede, infatti, l’integrale sostituzione della Parte seconda del decreto legislativo, costituita allo stato dagli articoli da 4 a 52 e ordinata in quattro Titoli, di cui il secondo e il terzo composti da più Capi” e che “Occorre pertanto valutare, in sede di decreto correttivo e integrativo, la conformità alla delega e ai principi di una metodica che utilizza il criterio dell’intervento sistematico, senza ricorrere a espedienti tecnici come la novella o altre misure di più modesta incidenza sulla normativa”.
Tale valutazione attinente la “conformità” del testo alla delega si conclude in termini non condivisibili in quanto si giustifica per grandi linee l’operazione dell’esecutivo e si amplia la “competenza” dei decreti “correttivi” ad innovare il decreto delegato ben oltre i limiti definiti dalla Consulta senza, peraltro, affrontare la problematica dell’eventuale (il)legittimità della sequenza e dei contenuti degli atti del Governo (es. l’opzione di rinnovazione della delega o approvazione dello schema con altri idonei strumenti legislativi).
Infatti, per l’autorevole Consesso “Quando, come nel caso di specie, i punti sui quali si palesa necessaria la correzione per la salvaguardia della disciplina comunitaria e costituzionale riguardano la diversa natura e le modalità di svolgimento delle procedure, l’oggetto degli accertamenti con riferimento alle diverse fasi della progettazione, la partecipazione nonché la ripartizione delle competenze a livello territoriale, non v’è dubbio che l’unico modo per dare compimento alle finalità correttive e integrative non possa essere che quello dell’intervento sistematico. Ciò anche in relazione alla finalità codicistica, alla quale questa Sezione ha fatto riferimento in altra occasione, di garantire una disciplina di settore coerente ed unitaria sul piano formale non meno che su quello sostanziale”.
Tali considerazioni si pongono in contraddizione con il fondamento istituzionale della delega legislativa che è quello di assicurare la titolarità della funzione legislativa in capo al Parlamento in ossequio al principio generale della inderogabilità delle competenze costituzionali per cui “Le ipotesi nelle quali la Costituzione ammette l’esercizio della potestà legislativa da parte del Governo (artt. 76 e 77) sono da ritenere eccezionali”23.
Ne consegue, che nel caso in cui il procedimento inerente il decreto “omnibus” approvato il 13 settembre 2007 non venisse dichiarato estinto dai Presidenti delle Camere nel legittimo esercizio delle loro competenze istituzionali (o in altro modo da altri soggetti investiti dell’iter in esame) tale provvedimento dovrebbe necessariamente venire impugnato per incostituzionalità per i profili anzi evidenziati.
Per incidens, va pure sottolineata la circostanza di non poco momento che i Supremi giudici amministrativi non prendono neppure in esame né, tanto meno, prospettano soluzioni in ordine alla (in)competenza dei decreti delegati e, a maggior ragione, dei decreti “correttivi” a modificare le disposizioni precettive poste dalla legge delega n. 308/2004 (es. i commi 25-29 sui “rottami” ferrosi) e tale questione non è stata affrontata neppure nel precedente parere24.
Le regole sui rottami ferrosi e non ferrosi della delega ambientale (v. commi 25-29 dell’art. 1, legge n. 308/2004) sono di carattere precettivo ed immediatamente applicabili “in attesa di una revisione complessiva della normativa sui rifiuti che disciplini in modo organico la materia”25.
Tale revisione “complessiva” non può identificarsi nella parte “quarta” del D. Lgs. n. 152/2006, e tale assunto è sorretto dall’art. 177 D. Lgs. cit.26 per cui la parte quarta “disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti….” laddove l’inserimento della congiunzione “anche” implicitamente (ma inequivocabilmente) presuppone che tale “parte” non concerne l’attuazione di tutte le disposizioni di tali direttive, unica condizione idonea a realizzare una disciplina “organica”, ma solo di una parte di esse.
Milita a favore di tale impostazione l’omessa elencazione nell’art. 177 citato delle direttive di cui la parte quarta costituisce attuazione e, nel contempo, la circostanza che lo stesso articolo fa “salve” “disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti”.
Detta lacuna afferente l’elenco delle direttive implica ex se che tale testo non rappresenta una revisione “complessiva” ed organica della materia “rifiuti” e tale assunto circa la “parzialità” della disciplina de qua trae ulteriore conferma nella seconda parte del comma 1, dell’art. 177, citato, che mantiene in vigore le discipline “satelliti” inerenti non meglio identificate “determinate categorie di rifiuti”.
Da quanto precede, deriva che le regole sui “rottami” in questione debbono ritenersi tuttora operanti in virtù dell’indirizzo della Consulta per cui occorre “presumere la piena preminenza della legge delegante sulla legge delegata, con la conseguenza che la disciplina di dettaglio predisposta dalle Camere stesse restringe implicitamente l’oggetto della delegazione27” e tale “presunzione”, nella specie, non è in alcun modo superabile in assenza nella legge delegante di disposizioni dirette ad assegnare a tali norme precettive valenza transitoria o dispositiva salva, ovviamente, l’ipotesi in cui intervenga in futuro la revisione “complessiva” e “organica” della materia di cui si è parlato.
Oltre a tali illegittimità involgenti il merito, l’operazione in atto presta il fianco ad altre motivate censure di seguito indicate sotto l’aspetto dell’iter parlamentare posto in essere e, in proposito, non può condividersi le pur elaborate argomentazioni dei giudici di Palazzo Spada che si riporta integralmente per la parte che qui interessa, onde poter dar conto compiutamente della problematica.
Sul piano procedurale, la Sezione Consultiva del Consiglio di Stato preliminarmente esamina:
«la questione relativa alla possibilità o meno di riproporre nel testo in esame la parte relativa alle “acque” e ai “rifiuti”, disciplinati nel precedente decreto, poi dichiarato decaduto dai Presidenti delle Camere, in quanto presentato oltre il termine previsto dalla legge.
Su di esso, come già riferito, la Sezione ha già espresso parere nell'adunanza del 9 luglio 2007.
L'articolo 1, comma 5 ultima parte, della legge delega del 15 dicembre 2004, n. 308 stabilisce: “Il Governo, tenuto conto dei pareri di cui al comma 4 e dal presente comma, entro quarantacinque giorni dalla data di espressione del parere parlamentare, ritrasmette alle Camere, con le sue osservazioni e con le eventuali modificazioni, i testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Il mancato rispetto, da parte del Governo, dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi comporta la decadenza dall'esercizio della delega legislativa”.
La Sezione osserva anzitutto che la norma indicata ha natura procedimentale e non sostanziale, ossia è diretta ad ordinare i modi e i tempi del procedimento legislativo innanzi alle Camere. In siffatto contesto, ma con esclusivo riferimento al procedimento in itinere, il termine è da ritenersi perentorio, atteso che per il suo mancato rispetto è espressamente prevista la sanzione della decadenza, ossia l'impossibilità di continuare lo specifico procedimento così come attivato.
Tutt’altro problema è se il conseguente arresto procedimentale, disposto dai Presidenti delle Camere in ragione della su indicata perentorietà, comporti l’impossibilità di reiterare la delega nell’ambito temporale ancora a disposizione del Governo in virtù dell’articolo 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308 ovvero se la dichiarata decadenza concluda i suoi effetti nell’ambito di quello specifico procedimento, senza compromettere la potestà legislativa delegata.
La Sezione ritiene che costituisca un principio consolidato quello secondo cui la pronuncia di improcedibilità riguardi unicamente la sequenza in cui essa si forma e che, per la natura sua propria, non possa avere effetti al di fuori del procedimento stesso; mentre conclusioni diverse valgono per il provvedimento conclusivo, che esplica, salva diversa previsione di legge, gli effetti attribuitigli dall'ordinamento generale.
Nel caso di specie, poichè la legge usa l'espressione “decadenza dall'esercizio” e non “decadenza dalla delega”, non sembra abbia derogato al principio di carattere generale, riguardante sia il procedimento amministrativo e sia quello legislativo.
Se così non fosse si condizionerebbe a un adempimento essenzialmente formale la possibilità di dare un conforme assetto a una disciplina difettosa o inefficiente, in un termine peraltro interno a quello previsto in sede di delega.
Tra le varie interpretazioni va evidentemente data la preferenza a quella che consente la lettura delle norme più coerente al principio di ragionevolezza. Ora non v’è dubbio che un’esegesi dell’ultima parte del comma 5 dell’art. 1 della legge 15 dicembre 2004, n. 308, che escludesse la potestà legislativa (e non già il mero esercizio della stessa) per decorrenza di termini diversi da quelli assegnati per il compimento dell’opera correttiva e integrativa, si rivelerebbe in immediato contrasto con le ragioni di fondo alle quali è preordinata l’emanazione dei relativi decreti (come esposto in Corte costituzionale, sent. n. 206/2001, che è più ampiamente richiamata in prosieguo).
Questo consente di ritenere che l'esercizio della delega legislativa correttiva possa essere di nuovo attivato, mediante l'apertura di un nuovo procedimento, fermo restando la persistenza dei tempi (e dei modi) che lo consentono. Come già riferito, l'articolo 1, comma 6, della legge delega n. 308 del 2004 consente l'esercizio della delega entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di riordino. Pertanto, essendo stato il decreto legislativo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 aprile 2006, l'esercizio della delega può essere legittimamente reiterato»
.
Dette argomentazioni sorreggono l’ipotesi favorevole alla reiterazione dell’esercizio della delegazione per la parte dello schema dedicato alle materie “acque” e “rifiuti” nonostante l’intervenuta “decadenza” e paiono contraddire la ratio costituzionale che presiede l’istituto della delega legislativa e, nello specifico, le regole della legge n. 308/2004 più sopra esaminate, ponendosi in aperto contrasto con il canone per cui tra le varie interpretazioni va preferita la lettura della norma conforme alla Carta fondamentale.
Sul punto, l’intervenuta “decadenza” dall’esercizio della delega a seguito dell’inosservanza del termine perentorio di quarantacinque giorni inibisce all’Esecutivo la reiterazione dell’iter per la parte “acque” e “rifiuti” anche se il termine dei “due anni” non è ancora scaduto, e tale ricostruzione riguardante il c.d. “secondo correttivo” è l’unica conforme alla giurisprudenza costituzionale, come anzi illustrato.
La situazione processuale che dà luogo alla pronuncia di “improcedibilità” non è equiparabile né, tanto meno, sovrapponibile all’istituto della decadenza che, come già detto, nella specie ha carattere sanzionatorio, né l’autorevole Collegio indica gli estremi giurisprudenziali dai quali inferire che la disciplina che presiede la declaratoria di “improcedibilità” sia “estensibile” alla “decadenza” de qua contrassegnata per costante giurisprudenza da previsioni “tassative” non suscettibili di interpretazione analogica.
Com’è noto, l’ “improcedibilità” interviene (o meglio “può” essere rilevata) quando è carente una condizione di fatto o di diritto che impedisce la valida prosecuzione di un iter amministrativo o quando “manca un atto necessario che non può più essere compiuto”28 mentre la decadenza presuppone sotto ogni profilo la validità del procedimento in itinere, la cui estinzione si verifica a causa della perdita del diritto per omesso esercizio dello stesso da parte del suo titolare entro il termine perentorio prescritto dalla legge.
Ne consegue, che in assenza di una norma in tal senso non pare potersi estendere gli effetti della pronuncia di improcedibilità alla “decadenza” prescritta e comminata da una legge delega per l’inosservanza dei termini procedurali da parte dell’Esecutivo nell’attuazione della delegazione in quanto tale opzione contrasta con il divieto di interpretazione analogica che contraddistingue le previsioni tassative in esame.
In questo quadro, la diversità evidenziata nel parere del Consiglio di Stato tra le locuzioni “decadenza dall'esercizio” della delega e “decadenza dalla delega” non assume alcun significato e, in ogni caso, l’ultima accezione è improponibile atteso che la decadenza attiene all’esercizio di un diritto mentre ex se la “delega” non è tale né dal punto di vista semantico né giuridico per cui non avrebbe avuto alcun senso se la norma si fosse espressa in termini di “decadenza dalla delega”.
 

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1 V. D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, in S. O. n. 96/L a G.U. 14.04.2006 n. 88, entrato in vigore il 29.04.2006.
2 Cfr. G. Santilli, Il Codice dell’ambiente prova a ripartire da zero, Il Sole 24 ore, 14.09.2007, p. 34. Secondo l’opinione dell’Autore il ritardo nella trasmissione del ddl dal Governo al Parlamento costituisce “Un errore attribuibile alle strutture del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, che aveva ricevuto per tempo (l’8 agosto) il testo del provvedimento del ministero dell’Ambiente”.
3 V. nota precedente. Nella specie, il termine dei quarantacinque giorni è decorso dal 27 giugno 2007 data in cui sono stati espressi i pareri delle competenti Commissioni parlamentari e, segnatamente, l’VIII^ Commissione della Camera e la XIII^ Commissione del Senato.
4 V. Legge 15 dicembre 2004, n. 308, “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione", in G.U. 27.12.2004, n. 302, s.o. n. 187, entrata in vigore l’11 gennaio 2005. V. in tema F. Giampietro, Delega al Governo per il Testo Unico ambientale: una corsa (utile?) contro il tempo, 2005, n. 2, p. 105 e, dello stesso Autore, I criteri direttivi specifici (?) della legge delega sui testi unici ambientali, id., n. 3, p. 205, e La sorte del secondo decreto correttivo del TUA: prime riflessioni, id. 2007, p. 877; A. Liguori, La legge delega in materia ambientale: prime considerazioni , in Foro it. 2005, V, p. 59.
5 I commi 4 , 5 ed 1, dell’art. 1 della legge n. 308/2004 prevedono:
“4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del, territorio, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
5. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo trasmette alle Camere gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, accompagnati dall'analisi tecnico-normativa e dall'analisi dell'impatto della regolamentazione, per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Ciascuna Commissione esprime il proprio parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione degli schemi dei decreti legislativi, indicando specificamente le eventuali disposizioni ritenute non conformi ai principi e ai criteri direttivi di cui alla presente legge. Al fine della verifica dell'attuazione del principio di cui al comma 8, lettera c), i predetti schemi devono altresì essere corredati di relazione tecnica. E Governo, tenuto conto dei pareri di cui al comma 4 ed al presente comma, entro quarantacinque giorni dalla data di espressione del parere parlamentare, ritrasmette alle Camere, con le sue osservazioni e con le eventuali modificazioni, i testi per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro venti giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. E mancato rispetto, da parte del Governo, dei termini di trasmissione degli schemi dei decreti legislativi comporta la decadenza dall'esercizio della delega legislativa”.
Il comma 1 dell’art. 1 della legge n. 308/2004 prevede:
“1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative nei seguenti settori e materie, anche mediante la redazione di testi unici:
a) gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati;
b) tutela delle acque dall'inquinamento e gestione delle risorse idriche;
c) difesa del suolo e lotta alla desertificazione;
d) gestione delle aree protette, conservazione e utilizzo sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e di fauna;
e) tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente;
f) procedure per la valutazione di impatto ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l'autorizzazione ambientale integrata QPPQ;
g) tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera.
I decreti legislativi di cui al comma 1, nel disciplinare i settori e le materie di cui al medesimo comma 1, definiscono altresì i criteri direttivi da seguire al fine di adottare, nel termine di due anni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti legislativi, i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione e dei decreti ministeriali per la definizione delle norme tecniche, individuando altresì gli ambiti nei quali la potestà regolamentare è delegata alle regioni, ai sensi del sesto comma dell'articolo 117 della Costituzione”.
6 V. art. 1, commi 6 e 7, legge n. 308/2004.
7 V. in tal senso C.d.S. Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, Ad. 9 luglio 2007, Est. R. De Nictolis, Parere sullo Schema di decreto legislativo concernente “ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale” (c.d. “secondo correttivo” n.d.r.). In tale parere si osserva che “I decreti successivi all’esercizio della delega, pertanto, possono recare disposizioni “integrative” o “correttive”, e devono seguire lo stesso iter procedurale dell’originario decreto legislativo, atteso il richiamo espressi ai commi 4 e 5 dell’articolo di delega. Sul piano procedurale, occorre, pertanto, anzitutto il concerto con i Ministri interessati. Nel caso specifico, la relazione riferisce dell’approvazione dello schema di decreto correttivo da parte del Consiglio dei Ministri e della coproponenza del Ministro per le politiche europee, nonché dell’intervenuto concerto dei Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, per gli affari regionale e le autonomie locali, dell’interno, della giustizia, della difesa, dell’economia, e delle finanze, dello sviluppo economico, della salute, delle infrastrutture, dei trasporti, delle politiche agricole, alimentari e forestali”.
8 V. D. Lgs. 8 novembre 2006, n. 284, recante “Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale”, in G.U. n. 274 del 24-11-2006.
9 Tale preambolo scandisce e registra tutte le tappe dell’iter legislativo, di cui all’ art. 1, commi 4, 5 e 6, L. n. 308/2004, seguite dal disegno di legge poi tramutato nel D.Lgs. n. 284/2006, e stabilisce:
“Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale;
Vista la legge 15 dicembre 2004, n. 308, ed in particolare l'articolo 1, comma 6, che prevede la possibilita' di emanare disposizioni correttive ed integrative del citato decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entro due anni dalla data di entrata in vigore;
Vista la relazione motivata presentata alle Camere dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi del citato articolo 1, comma 6, della legge 15 dicembre 2004, n. 308;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 30 giugno 2006;
Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, reso nella seduta del 19 luglio 2006;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica in data 26 luglio 2006;
Vista la seconda preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 28 luglio 2006;
Acquisito il secondo parere della commissione VIII della Camera dei deputati;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 31 agosto 2006;
Sulla proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro per le politiche europee, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, dell'interno, della giustizia, della difesa, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, della salute, delle infrastrutture e delle politiche agricole alimentari e forestali”.
10 V. L. 12 luglio 2006, n. 228, di “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione”, in G.U. 12.07.2006 n. 160, che ha modificato l’art. 52, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006; la L. 27 dicembre 2006 n. 296, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)", che ha introdotto con l’unico articolo diverse disposizioni in materia di ambiente, in G.U. n. 299 del 27 dicembre 2006, s.o. n. 244, in www.comune.jesi.an.it.
11 L’art. 76 Cost. stabilisce: “L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti”.
12 Cfr. L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, pp. 218-220. Dopo aver elencato diverse ipotesi di delegazioni a esercizio ripetuto (o ripetibile) previste testualmente dalle rispettive leggi deleganti, l’autorevole dottrina anzi citata rileva che è “da questa imponente casistica che si può ricavare un decisivo argomento contro la tesi dell’utilizzazione reiterata di qualunque delega. Se così fosse, perché mai si sarebbero richieste tante disposizioni espresse, cui fanno riscontro tante altre mancate previsioni? Il fatto stesso che il Parlamento abbia ritenuto necessario parlarne specificamente vale a dimostrare che l’istantaneità costituisce pur sempre un requisito normale della delega legislativa: al quale non è dato derogare legittimamente, se non quando si possa desumere dalle singole leggi deleganti l’intenzione di permettere al Governo un uso ripetuto della delega in questione. Ancora: la legislazione degli ultimi anni assegna ai decreti legislativi sopravvenienti, rispetto a quelli che avessero in origine esercitato la delegazione, una competenza particolarmente ristretta. Si tratta, cioè, di atti normativi utilizzabili in funzione correttiva (o tutt’al più integrativa), non già di fonti abilitate a disciplinare organicamente l’intera materia. Ed è precisamente su questo terreno che il problema del carattere istantaneo o permanente del potere delegato riceve oggi una corretta soluzione (a patto, beninteso, che il limite dei principi e criteri direttivi non resti evanescente e sia concretamente rispettato in tutte le fasi di attuazione della legge delegante)”.
13 In questo caso la scadenza del termine per l’esercizio della delega corrisponde al 29 aprile 2008, cioè due anni dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 152/2006.
14 V. in tal senso F. Giampietro, La sorte del secondo decreto correttivo del TUA: prime riflessioni, in Ambiente (Ipsoa), 2007, p. 877.
15 Cfr. C. Cost. sent. 6-9.06.1961 n. 32.
16 Cfr. L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, citato, pp. 214-215. L’Autore richiama sul punto nel primo senso la sent. 25 maggio 1957, n. 60; nel secondo, la sent. 19 dicembre 1962, n. 106.
17 L’Autore menziona “le sent. 31 maggio 1960, nn. 34 e 35. Contra – ma in forma apodittica – Pizzorusso, Delle fonti, pp. 253-254”.
18 Cfr. L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, citato, pp. 219 e 220.
19 Cfr. C. Cost. sent. 6-26.06.2001, n. 206. La sentenza sottopone a scrutinio il d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 443 (Disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali) in riferimento a diverse disposizioni tra le quali l’art. 10 della legge delega, ovvero la L. 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” (S.o. a G.U. n. 63 del 17.03.1997) che recita:
“Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 possono essere adottate, con il rispetto dei medesimi criteri e principi direttivi e con le stesse procedure, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore, anche nel caso in cui si intendano recepire condizioni e osservazioni formulate dalla Commissione di cui all’articolo 5 oltre il termine stabilito dall’articolo 6, comma 1”.
20 V. L. 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa” e nota precedente.
21 L’art. 5 della legge delega. 15 marzo 1997, n. 59 prevede l’istituzione di una speciale Commissione parlamentare mentre l’art. 6 stabilisce:
“Sugli schemi di decreto legislativo di cui all’articolo 1 il Governo acquisisce il parere della Commissione di cui all’articolo 5 e della Commissione parlamentare per le questioni regionali (v. art. 4, comma 4 bis n.d.r.) che devono essere espressi entro quarantacinque giorni dalla ricezione degli schemi stessi. Il Governo acquisisce altresì i pareri della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e della Conferenza Stato-Città e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane; tali pareri devono essere espressi entro venti giorni dalla ricezione degli schemi stessi. I pareri delle Conferenze sono immediatamente comunicati alle Commissioni parlamentari predette. Decorsi inutilmente i termini previsti dal presente articolo, i decreti legislativi possono essere comunque emanati”. Questa disciplina come appare evidente dal suo dato testuale non prevede per il Governo l’osservanza di alcun termine a pena di decadenza.
22 V. C.d.S., Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, Ad. 5 novembre 2007, Est. R. De Nictolis, Parere sullo Schema di decreto legislativo concernente “ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale”.
23 Cfr. C. Cost. sent. 6-9.06.1961 n. 32, cit..
24 V. C.d.S. Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, Ad. 9 luglio 2007, Est. R. De Nictolis, Parere sullo Schema di decreto legislativo concernente “ulteriori modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale” (c.d. “secondo correttivo” n.d.r.).
25 V. art. 1 comma 25, della legge n. 308/2004.
26 L’art. 177 D.Lgs. n. 152/2006, intitolato “campo di applicazione” stabilisce:
“1. La parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati anche in attuazione delle direttive comunitarie sui rifiuti, sui rifiuti pericolosi, sugli oli usati, sulle batterie esauste, sui rifiuti di imballaggio, sui policlorobifenili (PCB), sulle discariche, sugli inceneritori, sui rifiuti elettrici ed elettronici, sui rifiuti portuali, sui veicoli fuori uso, sui rifiuti sanitari e sui rifiuti contenenti amianto. Sono fatte salve disposizioni specifiche, particolari o complementari, conformi ai principi di cui alla parte quarta del presente decreto, adottate in attuazione di direttive comunitarie che disciplinano la gestione di determinate categorie di rifiuti.
2. Le regioni e le province autonome adeguano i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema contenute nella parte quarta del presente decreto entro un anno dalla data di entrata in vigore dello stesso”.
27 Cfr. L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, citato, pp. 215. L’Autore richiama sul punto “le sent. 31 maggio 1960, nn. 34 e 35. Contra – ma in forma apodittica – Pizzorusso, Delle fonti, pp. 253-254”. L’Autore osserva “Ma una tale presunzione è superabile, qualora la legge delegante manifesti la volontà di assegnare a certe sue previsioni un valore transitorio o dispositivo, rendendole derogabili o sostituibili da parte di successivi decreti delegati. Il che conferma ancora una volta l’elasticità dell’art. 76 e la varietà delle applicazioni che esso ha consentito nella prassi”.
28 V. M.S. Giannini, Diritto amministrativo, Vol.II, Milano, 1970, p. 906.
 



Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il16/12/2007

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