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TAR VENETO - SENTENZA n. 1819/2007 - PROCEDIMENTO DI
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
Carlo Rapicavoli*
• Non è ammesso un "parere intermedio" nel procedimento di V.I.A.;
• Non è applicabile l'art. 10 bis della Legge 241/1990 per la specialità
del procedimento di V.I.A.
• Le disposizioni, di cui agli artt. 14 segg. l. 241/90 (conferenza di
Servizi), anche dopo la modifica operata proprio con la stessa l. 15/05, non
prevedono in termini generali l’applicazione alle conferenze di servizi
dell'art. 10 bis
Il TAR Veneto, con sentenza n.
1819/2007 depositata il 6 giugno 2007, si occupa in modo approfondito del
procedimento di valutazione di impatto ambientale1.
IL FATTO
La questione riguarda il progetto di realizzazione di una discarica di seconda
categoria, tipo B.
Ad ottobre 2001 viene presentata la domanda di VIA e autorizzazione alla
realizzazione della discarica, attivando la procedura ex artt. 11 e 23 della L.
R. Veneto 10/1999 che prevede la facoltà per i proponenti di presentare
congiuntamente istanza per giudizio di compatibilità ambientale e per
l'approvazione del progetto.
A seguito di una lunga istruttoria, la Commissione Regionale V.I.A. giungeva
alla conclusione di insufficienza del progetto e del SIA e nel luglio 2003 ne
prescriveva alla ditta una completa rielaborazione per dar corso ex novo al
procedimento di V.I.A.
La ditta ripresentava il progetto ed il SIA.
In data 16 maggio 2005 la Commissione V.I.A. Regionale esprimeva parere "non
favorevole al rilascio del giudizio di compatibilità ambientale, per quanto
emerso in sede di discussione e per le motivazioni di seguito indicate (...).
Non si procede all'ulteriore votazione ex art. 23 della L. R. 10/1999
(approvazione del progetto), non avendo il progetto ottenuto il previsto parere
favorevole di compatibilità ambientale".
Avverso il parere negativo, la ditta ha proposto ricorso al TAR Veneto che con
Ordinanza del 06.09.2005 n. 748 respingeva la domanda cautelare poichè l'atto
impugnato, avendo natura endoprocedimentale, era insuscettibile di produrre
alcun danno effettivo ed attuale.
Sennonché la Regione inviava il 16.09.2005 alla ditta una comunicazione ex art.
10bis della Legge 241/1990 in relazione ai motivi ostativi all'accoglimento
dell'istanza e recante tutti gli elementi critici o negativi rilevati dalla
Commissione V.I.A.
Veniva quindi riconvocata la Commissione V.I.A. Regionale il 25.10.2005 per
"l'esame delle controdeduzioni del proponente ai sensi dell'art. 10bis della
Legge 241/1990".
In quella circostanza, la Provincia territorialmente competente ha contestato la
legittimità del procedimento per i seguenti motivi:
1) Il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale è un procedimento speciale regolato, nei tempi e nelle modalità, da apposita normativa, che fissa espressamente le forme di partecipazione dell'interessato;
2) Conseguentemente è impropria l'applicazione nella fattispecie dell'art.
10-bis della Legge 241/90 in quanto:
a) "L'art. 10-bis della Legge 241/90, introdotto dalla Legge 15/2005, soddisfa l'esigenza di assicurare al soggetto istante la preventiva conoscenza dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda, al fine di consentire la presentazione di proprie osservazioni. Ciò evidentemente al fine di evitare che l'Amministrazione trascuri di considerare elementi di valutazione determinanti per la scelta finale. Tale esigenza ha senso nel caso in cui il soggetto istante non è coinvolto nel procedimento e non ha avuto preventivamente modo di far conoscere le proprie valutazioni sulle conclusioni istruttorie dell'Amministrazione;
b) I principi di cui sopra non trovano applicazione nei procedimenti speciali,
peraltro ispirati alla massima partecipazione del soggetto interessato, quale il
caso della V.I.A. regolata da legge speciale; tanto più che il soggetto istante
ha preso parte alla discussione in Commissione ed ha avuto modo più volte di
integrare la documentazione originaria e fornire le proprie controdeduzioni alle
osservazioni della Commissione;
c) Va ricordato, per inciso, che i tempi sono dettati dalla L. R. 10/99 che
all'art. 18 prevederebbe un'unica richiesta possibile di integrazione prima
dell'espressione del parere da parte della Commissione;
d) L'applicazione dell'art. 10-bis della Legge 241/90 alla fattispecie determina
una palese violazione della legge speciale, l'incertezza dei tempi di
ultimazione del procedimento, procrastinabile, per assurdo, sine die, qualora
sistematicamente la Commissione venga chiamata a rivedere il proprio giudizio
sulla base di nuovi elementi di valutazione proposti dall'istante nei termini di
cui all'art. 10-bis della Legge 241/90.
Per i motivi sopra esposti, la Provincia contesta la legittimità di un riesame del parere da parte della Commissione, nei modi e termini proposti".
Al termine della seduta, comunque, la Commissione esprimeva parere
favorevole al positivo giudizio di compatibilità ambientale ed all'approvazione
del progetto.
Quindi la Giunta Regionale, con deliberazione del 20.12.2005, ha approvato il
progetto di discarica.
Avverso tale provvedimento, hanno proposto ricorso al TAR per l'annullamento i
Comuni interessati e la Provincia territorialmente competente.
LA SENTENZA
Rinviando alla lettura dell'articolata sentenza la ricostruzione di tutte le
argomentazioni svolte dai giudici, è interessante rilevare quanto espresso in
merito al procedimento.
In particolare la sentenza sottolinea come la L. R. 10/99 introduce la
disciplina dei contenuti e delle procedure di valutazione d’impatto ambientale:
essa cioè stabilisce un’articolata regolamentazione per la V.I.A. di determinate
categorie di progetti sensibili, come gli impianti per lo smaltimento di
rifiuti, nonché per la loro approvazione; procedura nella quale s’inseriscono le
determinazioni degli organi tecnico-amministrativi, precedute da un’articolata
fase istruttoria, di cui è parte il richiedente, e seguite dalla decisione
assunta dall’organo dell’amministrazione attiva competente.
Chiunque intenda realizzare un impianto, opera o intervento assoggettato a
V.I.A. deve presentare apposita domanda per ottenere il giudizio di
compatibilità ambientale, allegando, tra l’altro, il relativo progetto (art. 10
L. R. 10/99). Per alcune opere è possibile la presentazione contestuale della
domanda di VIA e di autorizzazione o approvazione del progetto, che deve essere
in tal caso presentato nella sua forma definitiva, come nel caso in questione.
Gli articoli da 13 a 17 della L. R. 10/99 fissano gli articolati passaggi
dell’istruttoria, i quali prevedono, tra l’altro, il coinvolgimento degli Enti
territoriali e delle popolazioni interessate, mentre l’art. 18 disciplina il
parere della commissione V.I.A., stabilendo entro quali termini, e sulla base di
quali atti, l’organo esprime il proprio parere sull’impatto ambientale
dell’impianto, incluse le integrazioni necessarie richieste al proponente.
In particolare, è nei poteri della commissione, prima della decisione, di
disporre un’ inchiesta pubblica - che nella fattispecie effettivamente si
svolse, anteriormente al rilascio del primo parere - e che consiste “almeno
nell’audizione, in contraddittorio con il soggetto proponente, di coloro che
hanno presentato le osservazioni, da parte della commissione VIA e dei comuni e
province interessati” (art. 18, VI comma).
Il parere della commissione può essere positivo, negativo o condizionato (e,
cioè, con “le prescrizioni, i vincoli e i limiti” per l’autorizzazione); nei
quindici giorni successivi, sulla base di tale parere l’autorità competente (nel
caso, la giunta regionale) adotta il provvedimento relativo al giudizio di
valutazione di compatibilità ambientale (art. 19 bis).
Inoltre, in caso di valutazione favorevole o con prescrizioni, il provvedimento
sulla compatibilità ambientale – e, prima, il parere della commissione - è
integrato con il provvedimento d’approvazione o d’autorizzazione dell’impianto
(art. 23), se ciò sia stato richiesto dal proponente, e purché la commissione
V.I.A. sia stata appositamente integrata dai rappresentanti degli Enti
territoriali interessati, nonché dai responsabili degli uffici provinciali o
regionali competenti.
In tal caso, la commissione VIA “svolge le funzioni dell’apposita conferenza
prevista dall’articolo 27 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi
art. 208 del D. Lgs. 152/2006), e provvede all’istruttoria ai fini
dell’assunzione dei provvedimenti richiesti, che sostituiscono ad ogni effetto
visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e
comunali”; inoltre, ove occorra, l’approvazione del progetto costituisce
“variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di
pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
Quando invece la domanda d’autorizzazione non sia stata contestuale, ma sia
stata espressa una valutazione d’impatto favorevole, la commissione VIA,
integrata come già detto, “svolge le funzioni della conferenza di servizi di cui
agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, 241 e provvede
all’istruttoria amministrativa al fine di acquisire in un’unica sede i pareri,
nullaosta, autorizzazioni assensi comunque denominati previsti dalla vigente
normativa nazionale o regionale e necessari per l’approvazione definitiva e
l’autorizzazione degli impianti, opere od interventi” (art. 19 bis, IV comma).
Ora, è bensì vero che l’art. 10 bis L. 241/90 è stato introdotto solo con
l’art. 6 della L. 11 febbraio 2005, n. 15, evidentemente successiva alla L. R.
10/99: peraltro, ad avviso del Collegio il procedimento stabilito da
quest’ultima contiene specifici caratteri, tali da rendere in generale assai
dubbio che esso si possa integrare con la ricordata previsione generale; e,
comunque, non nelle forme concretamente seguite nella fattispecie.
In termini generali, invero, la commissione regionale VIA è
assimilabile, per la sua articolata composizione (cfr. art. 5 L. R. 10/99), ad
una conferenza di servizi istruttoria anche quando non operi nella forma
integrata (in quest’ultimo caso tale risulta, come si è visto, per espressa
previsione del legislatore).
Orbene, le disposizioni comuni in materia, di cui agli artt. 14 segg. L.
241/90, anche dopo la modifica operata proprio con la stessa L. 15/05, non
prevedono in termini generali l’applicazione alle conferenze di servizi del
ripetuto art. 10 bis; solo quando la conferenza (art. 14 bis) è
chiamata a pronunciarsi su progetti preliminari – e non è questo il caso – è
previsto che “le indicazioni fornite in tale sede possono essere motivatamente
modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle
fasi successive del procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati
sul progetto definitivo”.
Peraltro, anche ad ammettere che, nel procedimento de quo, possa
trovare applicazione lo stesso art. 10 bis, sembra al Collegio che ciò
non possa avvenire all’interno del subprocedimento relativo alla formazione del
parere: in questo, invero, il ruolo del proponente è puntualmente definito, e la
sua partecipazione è prevista, come già si è detto, nel corso dell’indagine
pubblica che la commissione può disporre e che, per la sua specialità, esclude
ulteriori forme di partecipazione sino al momento in cui l’organo ha definito il
suo giudizio, esercitando la sua funzione e consumando così il suo potere.
È invece dopo che il parere è stato reso, e qualora lo stesso sia negativo
ovvero condizionato, che il proponente potrà presentare le sue osservazioni sul
contenuto del medesimo, trasmettendole all’organo competente a provvedere sulla
domanda (nel caso la giunta regionale).
Quest’ultimo, ove le ritenga irrilevanti, si limiterà a darne conto nel
provvedimento finale; qualora invece le consideri influenti, potrà motivatamente
rimettere l’affare alla stessa commissione – in tal modo reinvestita della sua
funzione - perché riconsideri la sua determinazione anche in relazione alle
osservazioni medesime.
* Direttore Generale
e Dirigente del Settore Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia
di Treviso
_____________
1 Ricc. nn. 772 e 782/06 Sent. n. 1819/07
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione, con
l’intervento dei signori magistrati:
Angelo De Zotti Presidente
Angelo Gabbricci Consigliere - relatore
Riccardo Savoia Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti nn. 772 e 782/06, proposti,
il primo dal Comune di Mogliano Veneto, e dal Comune di Preganziol, in persona
dei sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. L. Partesotti, con
domicilio eletto presso il suo studio in Venezia, S. Polo 2988,
ed il secondo dalla Provincia di Treviso, in persona del presidente pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv. ti Botteon, Sartori e Tonon, con domicilio
eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Venezia, San Marco 3901,
contro
la Regione del Veneto, in persona del presidente pro tempore della giunta
regionale, rappresentata e difesa dagli avv. ti Morra, Zanon e Specchio, con
domicilio eletto in Venezia, Dorsoduro 3901, presso la sede della giunta
regionale,
e nei confronti di
Soluzione Ambiente S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
in proprio e quale capogruppo dell’associazione temporanea d’imprese, costituita
con Cartiera di Carbonera S.p.a., Tolentino S.r.l., San Giuliano S.r.l.,
Cartitalia S.r.l., La Ro.Ve.Co. S.r.l., (già Vetrital S.r.l.), rappresentata e
difesa dagli avv. ti Garofano e Bernardi, con domicilio eletto presso il loro
studio in Venezia S. Croce 468/b,
per l’annullamento, quanto ad entrambi i ricorsi:
a) della d.g.r. 20 dicembre 2005, n. 3940, avente ad oggetto: “Soluzione
Ambiente S.r.l., - Progetto di discarica controllata in conto proprio in
Mogliano Veneto, loc. Zerman - Comune di localizzazione: Mogliano Veneto (TV).
Comune interessato: Preganziol (TV) - Procedura di V.I.A. ed autorizzazione ai
sensi degli artt. 11 e 23 della L.R. n. 10/99. Giudizio favorevole di
compatibilità ambientale e approvazione del progetto”;
b) degli atti antecedenti, presupposti, preordinati, preparatori, consequenziali
ovvero comunque connessi e, in particolare,
1) del parere 25 ottobre 2005, n. 131 della commissione regionale per la
valutazione d’impatto ambientale, nonché del relativo verbale in pari data;
2) della comunicazione 13 ottobre 2005 n. 705025/46.01, di convocazione della
seduta sub 1);
3) della comunicazione 19 settembre 2005, n. 643635/5700, trasmessa ex art. 10
bis l. 241/90 dalla Regione Veneto a Soluzione Ambiente S.r.l.;
nonché, limitatamente al ricorso 772/06, ed ai motivi aggiunti proposti, della
d.g.r. 2 agosto 2005, n. 2060, avente ad oggetto la proroga della commissione
regionale di valutazione impatto ambientale.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
visto l’ atto di costituzione in giudizio della Regione Veneto e di Soluzione
Ambiente in entrambi i ricorsi;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 6 dicembre 2006 - relatore il consigliere avv.
Angelo Gabbricci - l’avv. Partesotti per il Comune ricorrente, gli avv.ti
Sartori e Botteon per la Provincia di Treviso, l’avv. Zanon per la Regione
Veneto e l’avv. Bernardi per Soluzione Ambiente S.r.l.;
ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
A. Il procedimento per la realizzazione di una discarica controllata “in conto
proprio” per rifiuti speciali non tossici e nocivi non pericolosi, in Mogliano
Veneto (Treviso), località Zerman, risale almeno al 2001, quando Soluzione
Ambiente, in proprio e quale capogruppo di un’associazione temporanea di imprese
(Cartiera di Carbonera S.p.a., Tolentino S.r.l., San Giuliano S.r.l., Cartitalia
S.r.l., Vetrital S.r.l.) presentò alla Regione un primo progetto, affinché lo
stesso fosse approvato e contestualmente espresso il giudizio di compatibilità
ambientale, secondo quanto consentito dagli artt. 11 e 23 l.r. 26 marzo 1999, n.
10.
B. Dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, il progetto fu
cospicuamente modificato, e l’intero procedimento fu rinnovato a partire dalla
fine del 2003.
La commissione regionale per la valutazione d’impatto ambientale (v.i.a.), dopo
un esame, protrattosi per più sedute, nella riunione del 16 maggio 2005, con
un’articolata motivazione formulò un parere non favorevole sulla compatibilità
ambientale del progetto e, pertanto, non si espresse sull’approvazione dello
stesso.
C. Il parere fu impugnato dal raggruppamento Soluzione Ambiente innanzi al
T.A.R. Veneto il quale, con ordinanza 6 settembre 2005, n. 748, di questa
Sezione, respinse l’istanza cautelare, affermando che il provvedimento era
“insuscettibile, allo stato, di produrre alcun danno effettivo ed attuale”,
stante la sua natura endoprocedimentale; peraltro, il Collegio ritenne di
sottolineare come il ricorso apparisse, seppure ad un sommario esame, “fondato
sotto i dedotti profili del difetto di motivazione e di istruttoria (in
particolare, la commissione v.i.a. ha elencato una serie di elementi ritenuta
ostativa senza tuttavia indicare le ragioni e/o le fonti normative alla stregua
delle quali detti elementi sono effettivamente impeditivi di una valutazione
positiva della compatibilità ambientale)”.
Pochi giorni dopo, la Regione, in
dichiarata applicazione dell’ art. 10 bis della l. 241/90, inviò a Soluzione
Ambiente una nota (19 settembre 2005, n. 663635/57.00), contenente le ragioni
per cui la domanda per la realizzazione della discarica non era stata accolta; e
l’istante, a sua volta, fece pervenire le sue controdeduzioni all’inizio del
mese d’ottobre.
A questo punto, la commissione v.i.a. fu riconvocata, e, nella seduta del 25
ottobre 2005, si espresse nuovamente sullo stesso progetto, questa volta con un
parere favorevole con prescrizioni sia sull’impatto ambientale dell’intervento,
sia sull’approvazione e realizzazione del progetto, con il voto contrario del
Comune di Mogliano Veneto, ed in assenza del Comune di Preganziol, nonché della
Provincia di Treviso.
Infine, la giunta regionale, con il provvedimento 20 dicembre 2005, n. 3940,
pubblicato sul B.U.R. 31 gennaio 2006, n. 11, recepì le conclusioni della
commissione ed autorizzò la realizzazione della discarica.
D. Tale deliberazione e gli atti presupposti sono stati impugnati sia dai Comuni
di Mogliano Veneto e Preganziol (ricorso 772/06) sia dalla Provincia di Treviso
(ricorso 782/06), integrando poi l’originario gravame con la proposizione di
motivi aggiunti.
Nei due giudizi si sono costituiti la Regione Veneto e Soluzione Ambiente,
entrambi concludendo per il rigetto: la controinteressata ha altresì eccepito l’irricevibilità
per tardività del ricorso proposto dai Comuni.
DIRITTO
1.1. I due ricorsi, per l’evidente connessione, possono essere riuniti: poiché
le censure proposte per la gran parte corrispondono, verrà fatto precipuo
riferimento al ricorso presentato dai Comuni di Mogliano e Preganziol,
evidenziando, ove necessario, le peculiarità del secondo gravame.
1.2. Come in precedenza accennato, la controinteressata ha eccepito la tardività
del ricorso 772/06, sostenendo che i due Comuni avrebbero avuto piena conoscenza
della deliberazione almeno dal 25 gennaio 2006, sessantacinque giorni prima
della notifica: tanto sarebbe provato dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa
dai loro sindaci, dalle quali risulterebbe, appunto, che già in quella data essi
avevano piena contezza di tutti gli elementi essenziali del provvedimento.
1.3. L’eccezione è infondata.
Anzitutto, poiché gli articoli giornalistici non sono assistiti da una
particolare presunzione legale di veridicità, il loro contenuto equivale
sostanzialmente ad una dichiarazione paratestimoniale dell’autore o redattore,
per tale senz’altro esclusa nel giudizio amministrativo generale di legittimità.
Inoltre, la piena conoscenza da parte di un’Amministrazione si può desumere
soltanto da atti o comportamenti univocamente riferibili a questa: e ciò è
almeno incerto per le dichiarazioni personali in questione.
2.1. Il primo motivo di ricorso censura il provvedimento impugnato sostenendo
che svariati Enti sarebbero stati illegittimamente esclusi dal procedimento
partecipativo del progetto di discarica.
2.2. Orbene, ad avviso del Collegio deve qui trovare applicazione il principio,
fissato in via generale dall’art. 8, IV comma, l. 241/90, per cui “l’omissione
di taluna delle comunicazioni prescritte può esser fatta valere solo dal
soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista”.
La violazione, per come qui prospettata dai ricorrenti, non si riferisce agli
stessi, ed essi dunque non avevano legittimazione a rilevarla: il motivo è
pertanto inammissibile.
3.1. Il secondo motivo di ricorso (violazione dell’art. 5 l.r. 10/1999;
violazione degli art. 3 e 9 l.r. 27/1997; incompetenza della commissione
regionale v.i.a.) afferma l’illegittimità derivata della deliberazione regionale
da quella del parere della commissione v.i.a., poiché questo sarebbe stato
espresso da un organo ormai decaduto, almeno per una parte dei suoi componenti.
La commissione regionale v.i.a., ex art. 5 l.r. 10/99, è composta, oltre che da
dirigenti degli enti interessati (la Regione, la Provincia e l’ A.R.P.A.V.)
anche da nove laureati esperti, nominati dalla giunta regionale; questi ultimi
restano in carica quanto la stessa giunta e, dunque, per l’intera legislatura, e
scadono comunque, se non vengono prima sostituiti, il centoventesimo giorno
successivo all’elezione della nuova giunta.
Ora, seguitano i ricorrenti, nella seduta del consiglio regionale del 19 maggio
2005, dopo le elezioni, il presidente della Regione ha presentato la nuova
giunta, e da tale data sono decorsi i 120 giorni per la nomina dei nuovi membri
esperti.
Questi, peraltro, non erano stati ancora scelti quando si svolse la riunione 25
ottobre 2005 della commissione v.i.a., in cui fu emesso il parere favorevole
sulla discarica di Zerman: a tale riunione parteciparono invece i precedenti
commissari esperti, per i quali era tuttavia scaduta la nomina, ed era
egualmente decorso il termine di prorogatio.
Il parere sarebbe perciò viziato, poiché espresso da un collegio irregolarmente
composto: non va invero dimenticato che le riunioni di quell’organo sono valide
solo quando sia presente almeno la metà dei suoi componenti (art. 5, III comma)
e tali non potrebbero ritenersi gli esperti decaduti, determinanti per la
validità della seduta.
3.2.1. Alla censura si collegano i motivi aggiunti, proposti avverso la d.g.r. 2
agosto 2005, n. 2060, la quale sarebbe stata conosciuta dai ricorrenti soltanto
dopo che la Regione l’aveva depositata in giudizio nella fase cautelare.
Nelle premesse di tale provvedimento, con il quale è stata disposta la proroga
dei componenti esperti della commissione regionale v.i.a., si prende atto che,
per effetto delle disposizioni applicabili – le stesse prima ricordate – i
componenti esperti sarebbero decaduti dopo 120 giorni dalla costituzione della
giunta, il 16 settembre 2005, termine entro il quale non sarebbe stato possibile
procedere alla loro sostituzione.
Ciò premesso, nel dispositivo si stabilisce di prorogare l’attuale commissione
“fino alla nomina da parte della Giunta Regionale dei nuovi componenti esperti e
alla ricostituzione della Commissione stessa e comunque non oltre 45 giorni a
decorrere dal giorno 16.9.2005”; inoltre, ex art. 4 della l.r. 27/97, “nel
periodo di proroga la Commissione Regionale VIA potrà adottare esclusivamente
atti di ordinaria amministrazione, nonché atti urgenti ed indifferibili con
indicazione specifica dei motivi di urgenza ed indifferibilità”.
3.2.2. Orbene, secondo i ricorrenti, il provvedimento anzitutto violerebbe
l’art. 2 della l. 15 luglio 1994, n. 444, l’art. 5 della l.r. 10/99, gli artt.
3, 4 e 9 della l.r. 27/199, nonché l’art. 97 della Costituzione: per effetto
delle norme citate, il 16 settembre 2005 sarebbe spirato definitivamente il
termine di prorogatio dei componenti esperti, senza possibilità di un ulteriore
intervallo di 45 giorni, disposto discrezionalmente dalla giunta regionale.
3.2.3. In ogni caso, per effetto della d.g.r. 2060/05, gli atti della
Commissione, consentiti nel periodo di prorogatio, avrebbero dovuto essere
solamente quelli di ordinaria amministrazione, nonché quelli urgenti ed
indifferibili “con indicazione specifica dei motivi di urgenza ed
indifferibilità”.
Viceversa, la commissione v.i.a., nella seduta del 25 ottobre 2005, avrebbe
espresso un parere “in palese e stridente contrasto con il proprio precedente
avviso negativo espresso il 16.5.2005”: ed una valutazione divergente rispetto a
quella in precedenza assunta non potrebbe costituire atto d’ordinaria
amministrazione; inoltre, non sarebbero qui ravvisabili motivi di particolare
urgenza, né questi sono comunque enunciati nel provvedimento.
3.3.1. La Regione Veneto ha eccepito come la deliberazione 2060/05 sia stata
pubblicata per estratto sul B.U.R. del 30 agosto 2005, n. 82, determinando così
una presunzione di conoscenza: sicché i motivi aggiunti, notificati nel 30
maggio 2006, sarebbero senz’altro tardivi.
3.3.2 Orbene, premesso che il bollettino ufficiale della Regione, ex artt. 1 e 5
l.r. 8 maggio 1989, n. 14, è fonte ufficiale di pubblicazione delle
deliberazioni della giunta, è da osservare come il B.U.R. 82/05 contenga il solo
dispositivo della deliberazione 2060/05, il quale peraltro, già permetteva di
comprendere come la deliberazione prorogasse la commissione oltre la data in cui
questa aveva emesso il parere impugnato, precludendo così di far valere il vizio
sulla sua composizione, proposto con il ricorso introduttivo.
Il termine per l’impugnazione della deliberazione 2060/05 è dunque iniziato a
decorrere insieme a quello per l’impugnazione della d.g.r. 3940/05, giacché è
allora che n’è sorto l’interesse, in relazione appunto al vizio lamentato nel
ricorso principale: sicché tale impugnazione, proposta con i motivi aggiunti, è
da ritenersi tardiva.
3.3.2. L’irricevibilità dei motivi aggiunti comporta che la proroga disposta è
incontestabile: questa, a sua volta, rende inammissibile ogni questione sulla
regolarità dell’organo tecnico e, così, il secondo motivo di ricorso.
Per la verità, l’ultima censura contenuta nei motivi aggiunti, non è proposta
avverso la d.g.r. 2060, quanto invece nei confronti del parere emesso – e
derivatamente dell’autorizzazione – poiché questo non costituirebbe, come detto,
né un atto d’ordinaria amministrazione, né un atto urgente ed indifferibile, e
non sarebbe dunque giustificabile neppure secondo la deliberazione di proroga.
È peraltro evidente che il vizio è stato sollevato tardivamente: lo stesso
avrebbe dovuto farsi valere nei sessanta giorni successivi alla piena conoscenza
dell’autorizzazione, e dunque con il ricorso principale, stante la presunzione
di conoscenza, all’epoca, del preesistente atto di proroga.
4.1.1. Il terzo motivo di ricorso (violazione e falsa applicazione dell’art. 10
bis della l. 241/1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 23 l.r.
10/1999; eccesso di potere sotto i profili del travisamento, della
contraddittorietà manifesta, dello sviamento, della carenza dei requisiti
dell’atto amministrativo; violazione del principio del contraddittorio) si
incentra nuovamente sulla formazione del parere da parte della commissione
regionale v.i.a..
4.1.2. Ricordano intanto i ricorrenti come la commissione avesse espresso, nel
maggio 2005, un parere sfavorevole al rilascio del giudizio di compatibilità
ambientale, fondato su di un’ampia ed articolata motivazione.
Peraltro, il parere non favorevole divenne, nel susseguente parere 131/05 (che
lo riproduce integralmente nelle sue premesse), poi allegato all’impugnata
d.g.r. 3940/2005, un parere “intermedio”, definizione di cui non vi sarebbe
tuttavia traccia nel verbale della commissione regionale, e ciò vizierebbe la
deliberazione impugnata per travisamento e falsa rappresentazione di quanto
espresso dalla stessa commissione.
Non si tratterebbe, infatti, di una mera qualificazione formale, ma di una
violazione delle norme sul procedimento in materia, poiché la disciplina
applicabile ex artt. 11 e 23 l. 10/1999 non contempla alcun parere intermedio; a
sua volta, l’art. 18 della stessa l.r. 10/99 dispone che, in un termine
stabilito, la commissione esprime il proprio parere sull’impatto ambientale,
dopo di che, secondo i ricorrenti, non è prevista alcuna riconvocazione della
stessa commissione, ed il parere va senz’altro trasmesso alla Regione.
In specie, viceversa, è stato emesso un secondo parere, violando così i principi
di concentrazione, rapidità e definitività, i quali connotano la procedura di
valutazione d’impatto ambientale; né la valutazione incidentalmente espressa dal
T.A.R. nell’ordinanza cautelare 748/05 (cfr. sopra sub § B) da sola poteva
giustificare la decisione assunta.
4.1.3. Ancora, il parere sfavorevole è stato seguito da un preavviso di rigetto
al proponente, in asserita applicazione dell’art. 10 bis l. 241/90, secondo il
quale, come noto, nei procedimenti ad istanza di parte, l’autorità competente,
prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica
tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda,
e questi, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione,
hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente
corredate da documenti.
In realtà, secondo i ricorrenti, la commissione V.I.A. non aveva affatto
stabilito d’inviare tale comunicazione: e ciò del tutto legittimamente, in
quanto l’applicazione della citata previsione andrebbe qui esclusa per la
specialità del procedimento e poiché il proponente aveva comunque già potuto
fornire le proprie argomentazioni, in forma più che esaustiva, nella prima fase
della procedura.
4.1.4. Come sia, gli Enti ricorrenti ignoravano che la richiedente avrebbe
potuto controdedurre al parere sfavorevole: nel verbale della riunione non v’è
traccia della frase, riportata nel secondo parere, per cui il primo parere era
espresso “ai sensi di quanto previsto dall’art. 10 bis della L. 241 /90 e le
relative conclusioni devono essere comunicate al proponente”; e neppure vi è
contenuta la successiva affermazione, sempre inclusa nel secondo parere, per cui
la commissione, al termine della prima seduta, avrebbe espresso “parere non
favorevole … per le motivazioni di seguito indicate che dovranno essere
comunicate al proponente ai sensi dell’articolo 10 bis della L. 241/90”.
E, d’altra parte, neppure quando si riconvocò la commissione v.i.a. per la
seduta del 25 ottobre, si diede conto che la discussione avrebbe avuto ad
oggetto l’esame delle controdeduzioni presentate da Soluzione Ambiente, che
furono conosciute dal Comune di Mogliano Veneto soltanto lo stesso giorno della
seduta, quando furono trasmesse dalla Regione: e tale convocazione sarebbe
perciò viziata, oltre che per carenza di un requisito essenziale dell’atto, da
evidente eccesso di potere per sviamento, essendo appunto mancante il suo reale
oggetto, invalidando così il prosieguo dell’iter procedimentale.
4.2.1. Appare opportuno esporre di seguito anche il IV motivo di ricorso,
rubricato nella violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis cit., nonché
dei dd.mm. 13 marzo 2003 e 3 agosto 2005, dell’art. 11, comma 2 lett. b) l.
10/1999; e, ancora, nella carenza assoluta d’istruttoria, nell’ illogicità,
incongruità e contraddittorietà manifeste, difetto dei presupposti e nello
sviamento.
I ricorrenti sostengono, intanto, come le relazioni istruttorie, le quali
precedono i due successivi pareri, sarebbero sostanzialmente identiche; ne
divergerebbero soltanto le conclusioni, con l’introduzione di prescrizioni, che
sostituirebbero i precedenti motivi ostativi.
4.2.2. In più, la seconda relazione istruttoria non considera in alcun modo le
osservazioni presentate da Soluzione Ambiente – che pure non avrebbero contenuto
effettive novità – sebbene nel verbale della seduta del 25 ottobre 2005 si
affermi che la commissione è chiamata ad esprimersi sulle osservazioni
presentate dal proponente.
4.2.3. Ancora, la prima prescrizione del parere favorevole stabilisce che i
criteri d’accettazione dei rifiuti, i quali possono essere ammessi in discarica,
dovranno essere quelli fissati dal D.M. 13.3.2003, applicativo del d. lgs.
36/2003; tuttavia, all’epoca il provvedimento in questione era già stato
abrogato e sostituito dal d.m. 3 agosto 2005, recante “definizione dei criteri
di ammissibilità dei rifiuti in discarica”, il quale, all’art. 11 dispone
l’espressa abrogazione, dalla data di entrata in vigore, del D.M. 13 marzo 2003
Così, per l’effetto, la deliberazione regionale si conformerebbe ad un parere
viziato dalla rammentata prescrizione, d’essenziale contenuto, relativa alla
caratterizzazione, alle analisi dei rifiuti ed alla loro ammissibilità in
discarica: prescrizione che tuttavia obbligherebbe ad adeguarsi ad una normativa
solo parzialmente in vigore al momento dell’espresso parere e della successiva
delibera.
4.2.4. D’altronde, la discarica de qua è prevista “in conto proprio”, ed è
perciò destinata a smaltire i rifiuti prodotti dalle imprese riunite in
associazione temporanea, e che devono avere una composizione “sia merceologica
che analitica”, corrispondente ai criteri fissati dalla normativa.
Tale verifica, notano i ricorrenti, è stata effettuata nel 2001, quando i
riferimenti normativi erano completamente diversi, e non è stata rinnovata dopo
l’entrata in vigore del d. lgs. 36/03, ovvero dei due precitati decreti:
insomma, la caratterizzazione dei rifiuti nel progetto sarebbe stata effettuata
sulla base di una normativa non più in vigore, in contrasto anche con le
richieste dalla Regione Veneto (nota 10.7.2003 prot. 7517/46.1), sicché il
progetto non può ritenersi definitivo, in contrasto con l’art. 11, comma 2 lett.
b) L. 10/1999.
5.1. Orbene, non pare intanto dubbio al Collegio che il procedimento de quo si
segnali per alcune singolarità, la più evidente delle quali è l’esistenza di due
successivi pareri di segno opposto, senza dare peraltro adeguato conto di
significativi elementi innovativi, di fatto o di diritto, che siano intervenuti
tra l’uno e l’altro.
Il secondo parere, per vero, richiama, anzitutto, il ricorso proposto avverso il
precedente parere da Soluzione ambiente, e riproduce quindi la motivazione (v.
sopra sub B) dell’ordinanza 748/05 di questa Sezione, senza peraltro attribuirle
un particolare rilievo.
Ciò è del resto comprensibile, sia perché formalmente il provvedimento cautelare
non aveva alcun valore cogente, contenendo una valutazione prognostica affatto
sommaria, riferita ad un atto – quello con cui la Regione si sarebbe infine
determinata sull’autorizzazione alla discarica – neppure esistente; sia perché,
soprattutto, essa non evidenziava tanto l’erroneità della conclusione cui
l’organo tecnico era pervenuto (ciò che sarebbe equivalso ad un sindacato di
merito, che non spettava al giudice) quanto la laconicità delle motivazioni
espresse.
Lo stesso parere 131, poi, rappresenta come Soluzione Ambiente abbia depositato,
dopo la comunicazione ex art. 10 bis, le proprie controdeduzioni; peraltro,
oltre a non esporne il contenuto, sia pure sommariamente, non chiarisce in alcun
modo come queste abbiano influito sulla valutazione conclusiva.
5.2. D’altra parte, non vi sono elementi, i quali portino a concludere che, in
origine, il primo parere espresso dalla commissione v.i.a. fosse concepito come
un parere intermedio.
Al contrario, nel momento in cui è stato emesso, esso si presentava come l’unico
atto con cui l’organo tecnico intendeva esprimere il proprio avviso sul progetto
in questione. Solo in seguito alla sua emissione, l’Amministrazione regionale ha
ritenuto di qualificarlo in tal modo, introducendo così un’ulteriore fase
istruttoria, fondata sull’applicazione dell’art. 10 bis della l. 241/90, e la
commissione v.i.a. si è adeguata a tale impostazione.
5.3. Orbene, vi è allora da stabilire se, in base a tali presupposti, il
comportamento tenuto dall’Amministrazione sia da condividere o se, viceversa, il
secondo parere emesso – e, per conseguenza, la deliberazione regionale che l’ha
recepito - non siano affetti dai vizi di legittimità rilevati dai ricorrenti.
Invero, la l.r. 10/99 introduce, come sintetizza il suo titolo, la disciplina
dei contenuti e delle procedure di valutazione d’impatto ambientale: essa cioè
stabilisce un’articolata regolamentazione per la v.i.a. di determinate categorie
di progetti sensibili, come gli impianti per lo smaltimento di rifiuti, nonché
per la loro approvazione; procedura nella quale s’inseriscono le determinazioni
degli organi tecnico-amministrativi, precedute da un’articolata fase
istruttoria, di cui è parte il richiedente, e seguite dalla decisione assunta
dall’organo dell’amministrazione attiva competente.
In estrema sintesi, chiunque intenda realizzare un impianto, opera o intervento
assoggettato a v.i.a. deve presentare apposita domanda per ottenere il giudizio
di compatibilità ambientale, allegando, tra l’altro, il relativo progetto (art.
10 l.r. 10/99). Per alcune opere è possibile la presentazione contestuale della
domanda di VIA e di autorizzazione o approvazione del progetto, che deve essere
in tal caso presentato nella sua forma definitiva: e di tale facoltà si è in
effetti avvalsa Soluzione Ambiente per il progetto in questione.
Gli articoli da 13 a 17 della l.r. 10/99 fissano gli articolati passaggi
dell’istruttoria, i quali prevedono, tra l’altro, il coinvolgimento degli Enti
territoriali e delle popolazioni interessate, mentre l’art. 18 disciplina il
parere della commissione v.i.a., stabilendo entro quali termini, e sulla base di
quali atti, l’organo esprime il proprio parere sull’impatto ambientale
dell’impianto, incluse le integrazioni necessarie richieste al proponente.
In particolare, è nei poteri della commissione, prima della decisione, di
disporre un’ inchiesta pubblica - che nella fattispecie effettivamente si
svolse, anteriormente al rilascio del primo parere - e che consiste “almeno
nell’audizione, in contraddittorio con il soggetto proponente, di coloro che
hanno presentato le osservazioni, da parte della commissione VIA e dei comuni e
province interessati” (art. 18, VI comma).
Il parere della commissione può essere positivo, negativo o condizionato (e,
cioè, con “le prescrizioni, i vincoli e i limiti” per l’autorizzazione); nei
quindici giorni successivi, sulla base di tale parere l’autorità competente (nel
caso, la giunta regionale) adotta il provvedimento relativo al giudizio di
valutazione di compatibilità ambientale (art. 19 bis).
Inoltre, in caso di valutazione favorevole o con prescrizioni, il provvedimento
sulla compatibilità ambientale – e, prima, il parere della commissione - è
integrato con il provvedimento d’approvazione o d’autorizzazione dell’impianto
(art. 23), se ciò sia stato richiesto dal proponente, e purché la commissione
v.i.a. sia stata appositamente integrata dai rappresentanti degli Enti
territoriali interessati, nonché dai responsabili degli uffici provinciali o
regionali competenti.
In tal caso, la commissione VIA “svolge le funzioni dell’apposita conferenza
prevista dall’articolo 27 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e
provvede all’istruttoria ai fini dell’assunzione dei provvedimenti richiesti,
che sostituiscono ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di
organi regionali, provinciali e comunali”; inoltre, ove occorra, l’approvazione
del progetto costituisce “variante allo strumento urbanistico comunale e
comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei
lavori”.
Quando invece la domanda d’autorizzazione non sia stata contestuale, ma sia
stata espressa una valutazione d’impatto favorevole, la commissione VIA,
integrata come già detto, “svolge le funzioni della conferenza di servizi di cui
agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, 241 e provvede
all’istruttoria amministrativa al fine di acquisire in un’unica sede i pareri,
nullaosta, autorizzazioni assensi comunque denominati previsti dalla vigente
normativa nazionale o regionale e necessari per l’approvazione definitiva e
l’autorizzazione degli impianti, opere od interventi” (art. 19 bis, IV comma).
5.4. Ora, è bensì vero che l’art. 10 bis l. 241/90 è stato introdotto solo con
l’art. 6 della l. 11 febbraio 2005, n. 15, evidentemente successiva alla l.r.
10/99: peraltro, ad avviso del Collegio il procedimento stabilito da
quest’ultima contiene specifici caratteri, tali da rendere in generale assai
dubbio che esso si possa integrare con la ricordata previsione generale; e,
comunque, non nelle forme concretamente seguite nella fattispecie.
In termini generali, invero, la commissione regionale VIA è assimilabile, per la
sua articolata composizione (cfr. art. 5 l.r. 10/99), ad una conferenza di
servizi istruttoria anche quando non operi nella forma integrata (in
quest’ultimo caso tale risulta, come si è visto, per espressa previsione del
legislatore).
Orbene, le disposizioni comuni in materia, di cui agli artt. 14 segg. l. 241/90,
anche dopo la modifica operata proprio con la stessa l. 15/05, non prevedono in
termini generali l’applicazione alle conferenze di servizi del ripetuto art. 10
bis; solo quanto la conferenza (art. 14 bis) è chiamata a pronunciarsi su
progetti preliminari – e non è questo il caso – è previsto che “le indicazioni
fornite in tale sede possono essere motivatamente modificate o integrate solo in
presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del
procedimento, anche a seguito delle osservazioni dei privati sul progetto
definitivo”.
5.5. Peraltro, anche ad ammettere che, nel procedimento de quo, possa trovare
applicazione lo stesso art. 10 bis, sembra al Collegio che ciò non possa
avvenire all’interno del subprocedimento relativo alla formazione del parere: in
questo, invero, il ruolo del proponente è puntualmente definito, e la sua
partecipazione è prevista, come già si è detto, nel corso dell’indagine pubblica
che la commissione può disporre e che, per la sua specialità, esclude ulteriori
forme di partecipazione sino al momento in cui l’organo ha definito il suo
giudizio, esercitando la sua funzione e consumando così il suo potere.
È invece dopo che il parere è stato reso, e qualora lo stesso sia negativo
ovvero condizionato, che il proponente potrà presentare le sue osservazioni sul
contenuto del medesimo, trasmettendole all’organo competente a provvedere sulla
domanda (nel caso la giunta regionale).
Quest’ultimo, ove le ritenga irrilevanti, si limiterà a darne conto nel
provvedimento finale; qualora invece le consideri influenti, potrà motivatamente
rimettere l’affare alla stessa commissione – in tal modo reinvestita della sua
funzione - perché riconsideri la sua determinazione anche in relazione alle
osservazioni medesime.
5.5. Pertanto, tornando alla fattispecie in esame, appare illegittima la scelta
di ripartire in due fasi la formazione del parere, introducendo, per di più ex
post, un parere intermedio estraneo alla disciplina vigente, in assenza di una
specifica determinazione da parte dell’unico organo - la giunta regionale –
competente ad assumere una determinazione in tal senso.
Il secondo parere appare sotto questo profilo illegittimo, e travolge per
conseguenza l’autorizzazione emessa dalla giunta sul suo fondamento.
6.1.1. Oltre a ciò, anche se si ritenesse superabile il vizio e si volesse
riconoscere all’organo tecnico il potere di rideterminarsi secondo le forme
adottate, il parere così formato presenta comunque una serie di gravi carenze,
anzitutto se lo si raffronti con il precedente parere poi divenuto intermedio.
6.1.2. La scelta di mutare l’originaria determinazione negativa, pervenendo ad
un parere positivo con prescrizioni, avrebbe imposto all’organo tecnico di
fornire un’adeguata motivazione, che invece non è stata espressa, come si vedrà
di seguito, sebbene le critiche contenute nel diniego originario non
permettessero di eluderla.
6.2. Invero, anzitutto, se si raffrontano i due successivi pareri, essi si
presentano del tutto identici nei primi quattro paragrafi, costituiti dalla
descrizione dell’intervento, dalla descrizione dello studio d’impatto ambientale
(s.i.a.), delle valutazioni sul progetto e sul s.i.a., dall’esame delle
osservazioni e pareri: ed è rimarchevole che il secondo parere non contenga, né
in quest’ultimo paragrafo, né altrove, alcun riferimento espresso alle
controdeduzioni presentate dal proponente, che, in apparenza, costituiscono
l’unico elemento innovativo intercorso tra l’uno e l’altro progetto.
6.3.1. È solo nel V paragrafo, intitolato alle “valutazioni complessive” che i
due pareri si differenziano.
Così, per l’argomento “geologia ed idrogeologia”, se non muta la parte relativa
alle caratteristiche dell’area interessata, il secondo parere stabilisce che si
prescriverà l’innalzamento del fondo discarica “fino a quote che consentano di
lasciare intatto il livello argilloso su cui si fa affidamento per la tenuta del
bacino”: quota che, peraltro, non viene poi in alcun punto indicata, sebbene ciò
sia evidentemente di particolare rilievo per definire la capacità dell’impianto
medesimo, dato di ovvia rilevanza, sia ai fini della valutazione d’impatto
ambientale, sia a quelli dell’autorizzazione, su cui la commissione si è
espressa favorevolmente.
6.3.3. Ancora, lo stesso paragrafo si occupa delle caratteristiche dei rifiuti.
Il primo parere aveva rilevato come il progetto prevedesse “di conferire il 70%
di pulper di cartiera”, senza tener conto “di quanto previsto dall’ art. 6,
comma 1, lett. P) del d. lgs. 36/2003 in base al quale non potranno essere
conferiti rifiuti con potere calorifico inferiore (PCI), superiore a 13.000 KJ/Kg
a partire dal 1/01/07”; inoltre, si aggiungeva, “la disposizione planimetrica
dei pozzi del biogas non risulta sufficientemente dimensionata e non risulta sia
stato elaborato un piano di mantenimento dell’impianto del biogas, considerando
che il naturale assestamento dei rifiuti potrebbe danneggiare il sistema di
estrazione dello stesso”.
Il secondo parere non affronta direttamente la prima questione, se non per
confermarne indirettamente il contenuto nella III prescrizione, in cui si
stabilisce appunto che, sulla base “di quanto previsto dall’ art. 6, comma 1,
lett. p) del d. lgs. n. 36/2003 non potranno essere conferiti rifiuti con potere
calorifico inferiore superiore [sic] a 13.000 KJ/Kg a partire dal 1/01/07”.
6.3.4. Quanto alle caratteristiche dei rifiuti, il nuovo parere non esamina più
in quel punto la questione dei pozzi: introduce però poi una prescrizione (la IX),
la quale dispone che la loro disposizione planimetrica sia infittita e
dimensionata “sulla base di un raggio pari a 25 m”, così che tutti i settori
della discarica siano raggiunti dall’area d’influenza dei pozzi stessi.
Nell’ambito del titolo sulle caratteristiche, invece, riprendendo in parte
osservazioni contenute nel precedente III paragrafo, il secondo parere considera
se il pulper costituisca materiale putrescibile, e, pur negandolo, offre alcune
indicazioni per limitare gli ipotetici effetti negativi, peraltro non trasfuse
in puntuali prescrizioni conclusive (v. sul punto, amplius § 6.6.).
6.3.5. Il V paragrafo dei due pareri esamina poi la “configurazione del soggetto
proponente”, esponendola ancora una volta in termini del tutto identici.
Anche il capitolo riferito all’impatto acustico non reca iniziali variazioni nei
due pareri, sebbene contenga cospicue critiche allo studio d’impatto ambientale:
solo nella parte conclusiva del capitolo, il secondo parere rileva la necessità
che “le barriere fonoassorbenti siano scelte, dimensionate e collocate alla luce
di un calcolo più preciso da svolgere secondo l’esatta configurazione definitiva
della discarica”: e pressoché negli stessi termini è poi la XIV prescrizione.
6.4. Il primo parere, a questo punto, esprime le articolate giustificazioni per
le quali esso perviene ad una conclusione sfavorevole, e che concernono, oltre
alla rammentata preclusione per il conferimento di pulper, ex art. 6 d. lgs.
36/03, svariate carenze del progetto, che comprendono, tra l’altro, il sistema
per impermeabilizzare la discarica, l’impianto di biogas, le barriere
fonoassorbenti, l’ “equipaggiamento vegetazionale”, gli scarichi delle acque
meteoriche, la mancanza d’un intervento di compensazione ambientale.
Il secondo parere trasforma queste carenze progettuali in una serie di
prescrizioni, molte delle quali circoscritte e puntuali, per cui le carenze
progettuali inizialmente riscontrate dalla stessa commissione sono
indirettamente confermate; ma nessuna giustificazione viene tuttavia fornita
sulla diversa opzione adottata, né tale giustificazione è desumibile, a parere
del Collegio, dalle limitate modifiche apportate negli ultimi paragrafi del
secondo parere.
A ben vedere, la conclusione assunta con il primo parere esprimeva la
convinzione che il progetto presentato, sia per la tipologia di rifiuti a quello
destinati, sia per le sue caratteristiche tecniche, necessitasse di un
approfondito riesame, e che non fosse possibile superarne le carenze attraverso
prescrizioni: o perché queste non avrebbero potuto avere un contenuto
adeguatamente specifico, o perché, all’opposto, se troppo dettagliate, avrebbero
condotto all’approvazione di un progetto sostanzialmente diverso da quello
oggetto dell’articolato procedimento sino ad allora svolto secondo le rigorose
previsioni che lo disciplinano.
Tale conclusione, in apparenza più che legittima, non trova nella successiva
opposta decisione una ragionata e motivata smentita: sicché, infine, nulla
consente realmente di capire come due pareri tecnici, riferiti allo stesso
progetto ed emessi dallo stesso organo, ed in base a presupposti per la massima
parte coincidenti possano pervenire, dopo poche settimane, a conclusioni
sostanzialmente opposte, trasformando carenze progettuali, già ritenute
insormontabili, in semplici prescrizioni che – come è implicito nella natura di
queste – dovrebbero integrare il progetto sotto profili limitati e specifici,
senza mutarne gli aspetti essenziali.
6.5.1. In realtà, la precedente pur succinta comparazione tra i due pareri
dimostra come se in qualche caso – così, con riguardo alla questione dei pozzi –
una determinata prescrizione viene effettivamente a colmare in modo conveniente
una carenza progettuale, altre hanno un contenuto del tutto generico, pur
comportando modificazioni progettuali, e rinviando in certi casi a fasi
successive, senza considerare che il progetto viene contestualmente approvato
dalla stessa commissione – e deve quindi essere già completo nei suoi diversi
profili: si consideri ad esempio la decima prescrizione, tanto generica da
essere quasi incomprensibile (“prima dell’inizio della coltivazione della
discarica, si dovranno effettuare indagini mirate alla determinazione del
livello di guardia dei vari valori sottoposti ad analisi”), ovvero la
ventiduesima, espressa in forma affatto sommaria, nonostante la sua rilevanza
(“durante la fase di coltivazione si dovranno adottare accorgimenti per tenere
nettamente distinte le acque meteoriche” pertinenti le aree della discarica da
quelle non contaminate).
6.5.2. Ma, soprattutto, il nuovo parere non appare affatto convincente nel
momento in cui si occupa di un aspetto assolutamente cruciale, e cioè quello del
tipo di rifiuti che la discarica è destinata a raccogliere in misura prevalente
Invero, come già esposto (§ 6.3.3.), nel primo parere la commissione aveva
rilevato come il progetto prevedesse di conferire in discarica in misura
preponderante “pulper di cartiera”, ciò che, peraltro, sarebbe stato vietato,
per le caratteristiche del rifiuto (art. 6, I comma, lett. p, del d. lgs.
36/2003), a partire dal 1 gennaio 2007 e, dunque, sostanzialmente, ancora prima
che la discarica potesse entrare in attività.
A sua volta, la terza prescrizione del secondo parere conferma tale limitazione,
ma non spiega affatto come sia possibile, a questo punto, modificare la
precedente conclusione e pervenire ad un giudizio favorevole, tanto più senza
fissare regole chiare sull’impiego successivo della discarica: e da ciò una
evidente, insuperabile incongruenza del nuovo parere su di un punto risolutivo
ed assorbente.
Come osserva la Provincia di Treviso, nel suo VIII motivo di ricorso, v’è da
chiedersi, in relazione al ricordato termine del 1 gennaio 2007 (la circostanza
che lo stesso sia stato poi prorogato ex lege è irrilevante, dovendosi qui
valutare la congruenza della condotta a suo tempo tenuta dalla commissione),
quali previsioni la commissione prima e la giunta regionale poi, potessero a
qual punto svolgere sulle caratteristiche dei conferimenti, sui quantitativi e
quindi sulla vita prevedibile della discarica.
Il progetto, seguita la Provincia, riguarda una discarica in conto proprio, in
base pertanto ad un fabbisogno effettivo e determinato di rifiuti: e riducendosi
i quantitativi di rifiuti conferibili la durata della discarica raddoppierebbe,
modificando così cospicuamente svariati parametri di valutazione, come i biogas
e la produzione di percolato, per il più prolungato apporto delle acque
meteoriche; peraltro, restando incerti quali saranno i conferimenti futuri,
diviene impossibile compiere delle stime razionalmente conseguenti, e la
valutazione d’impatto ambientale diviene a qual punto generica ed incerta.
Le precedenti considerazioni, per vero, non possono che essere condivise dal
Collegio, al più potendosi soggiungere che, in alternativa, la Regione avrebbe
dovuto farsi carico di chiarire tali aspetti prima di fornire il proprio parere,
ed individuare così un impiego compatibile della discarica, una volta che ne
fossero stati esclusi i rifiuti originariamente previsti: ma nulla di tutto ciò
si desume dai provvedimenti impugnati.
6.6. Vi è un ultimo punto, di notevole rilevanza, sul quale è necessario portare
l’attenzione, e che concerne le previsioni sulle distanze tra le aree abitate e
le discariche.
Invero, l’art. 32 della l.r. 21 gennaio 2000, n. 3, dispone che le discariche
per rifiuti speciali devono distare “dagli edifici destinati ad abitazione
ovvero dagli edifici pubblici stabilmente occupati almeno: a) 150 metri qualora
trattasi di discariche per soli rifiuti secchi, o comunque non putrescibili; b)
250 metri negli altri casi”.
La questione, in effetti, ha formato, nella fattispecie, espresso oggetto di
esame da parte della commissione, poiché alcuni edifici si trovano a distanza
maggiore di m. 150, ma inferiore a m. 250; mentre, d’altro canto, non si
rinviene nella stessa legge regionale, e peraltro neppure nella stessa
letteratura scientifica una nozione chiara ed univoca di “rifiuto putrescibile”,
tanto meno se lo sia il pulper di cartiera.
Entrambi i pareri, come già accennato, nella parte III si riferiscono agli
approfondimenti svolti sul punto nello studio d’impatto ambientale, i quali,
comunque, “non hanno condotto a risultati che consentano di pronunciarsi
obiettivamente per la putrescibilità, concetto che peraltro è diverso da quello
di biodegradabilità”; e seguono alcune ulteriori considerazioni sull’opportunità
di limitare il conferimento al “pulper avente un indice di stabilità maggiore di
60, e con una percentuale di umidità inferiore al 40%”, quale provvedimento
cautelativo, “equivalente al divieto di conferimento per tutte quelle partite le
cui caratteristiche complessivamente avvicinano il materiale ai rifiuti
putrescibili”.
Ora, il secondo parere, oltre a recare anch’esso tale considerazioni, le amplia
ulteriormente nella parte V, con ciò facendo presumere appunto una serie
adeguata di prescrizioni, tali da giustificare la decisione di ritenere
compatibile la discarica con una distanza di 150 metri dalle abitazioni.
Tali prescrizioni, tuttavia, non sono state poi formulate; né si può pensare che
lo dovessero essere in un’altra susseguente fase, essendo evidente l’attinenza
all’impatto ambientale della discarica e comunque la pertinenza con il progetto.
7.1. In conclusione, non sembra al Collegio possano residuare dubbi che il
secondo parere, emesso dalla commissione regionale v.i.a. è per più profili
viziato: e ciò si ripercuote necessariamente sul provvedimento regionale che lo
ha recepito, e che è dunque anch’esso illegittimo.
Per l’effetto, i ricorsi riuniti possono essere senz’altro accolti, ed i motivi
residui possono così essere assorbiti.
7.2. Le spese di lite, per la complessità delle questioni trattate, vanno
integralmente compensate.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione,
definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione, li
accoglie, e per l’effetto, annulla la d.g.r. 20 dicembre 2005, n. 3940, nonché
il parere 25 ottobre 2005, n. 131, della commissione regionale v.i.a..
Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 6 dicembre 2006.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 10/06/2007