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IL RUOLO DELLE PROVINCE IN ITALIA - IL DIBATTITO SULLA LORO ABOLIZIONE: MOTIVAZIONI FONDATE O MERA SPECULAZIONE POLITICA?
CARLO RAPICAVOLI*
Ormai da mesi il
dibattito politico spesso richiama l'abolizione della Province come un toccasana
sia per l'organizzazione dello Stato che per l'economia: vengono fornite cifre
sul risparmio che ne conseguirebbe dell'ordine di 13-16 miliardi di Euro.
Se così fosse non si comprende perché si aspetti ancora prima di provvedere!
Lo affermano numerosi esponenti politici, qualche organo di stampa ne ha fatto
una battaglia storica; ma concordano anche autorevoli istituti di ricerca.
Tutto questo è un'ulteriore dimostrazione di quanto purtroppo oggi prevalga lo
scoop, la frase ad effetto, rispetto all’analisi seria, alla riflessione, alla
paziente ricerca delle soluzioni possibili.
La realtà, infatti, è ben diversa da quanto emerge oggi da una campagna
mediatica e propagandistica sul tema svolta senza approfondire effettivamente la
questione.
Richiamando e riportando i dati ufficiali emersi nell'ultima assemblea generale
dell'UPI nell'ottobre scorso, emerge che negli ultimi anni, secondo i dati
raccolti nella Relazione Unificata sull’economia e sulla finanza pubblica del
2008, la spesa è cresciuta del 7% a livello centrale, del 5% a livello regionale
e solo del 3,4% per Comuni e Province, perfettamente in linea con la crescita
dell’inflazione.
Ancora: la Corte dei Conti, la Ragioneria dello Stato, l’Istat, nelle loro
analisi dei bilanci degli enti locali, ogni anno confermano la virtuosità delle
Province, la buona gestione dei bilanci, il contributo al miglioramento della
spesa pubblica.
Nei bilanci delle Province trovano spazio servizi fondamentali per la vita dei
cittadini, spese spesso incomprimibili: tanto per citare alcuni dati, lo scorso
anno le Province hanno dedicato alla viabilità, ai trasporti, alla tutela del
territorio ed alla protezione dell’ambiente il 42,2% dei loro bilanci,
più di 4 miliardi di euro.
Per la formazione e l’istruzione dei giovani e per assicurare scuole sicure e
accoglienti sono stati investiti oltre 2 miliardi di euro.
Quasi 2 miliardi di euro sono stati destinati allo sviluppo dei
territori, con aiuti alle industrie e alle piccole e medie imprese, sostegni
all’imprenditoria giovanile e femminile, promozione della ricerca e della
diffusione delle energie alternative e delle fonti rinnovabili.
Quasi 500 milioni di euro sono stati impegnati per la promozione della
cultura, del turismo e dello sport e per i servizi sociali.
2 miliardi sono il costo per il personale, che immagino nessuno voglia
considerare sopprimibile, mentre per le indennità degli amministratori si
spendono 119 milioni di euro; lo 0,84% dei bilanci.
In tutto, con i trasferimenti ai comuni e i costi per gli acquisti e per gli
investimenti nelle attrezzature, si arriva a 13 miliardi di euro.
Allora, come si fa a dire che, cancellando le Province, si avrebbero risparmi di
13 miliardi di euro? 13 miliardi, cioè l’ammontare totale delle spese delle
Province; a meno che non si voglia dire che si cancelleranno anche tutti i
servizi e gli investimenti delle Province e si licenzia tutto il personale!
A ben vedere, pertanto, l'abolizione delle Province porterebbe a risparmiare 119
milioni di Euro.
Ciò sarebbe già importante; sennonché va considerata l'importanza che le
Province rivestono con amministratori eletti dal popolo.
Quanto sia attuabile poi, effettivamente, l'abolizione delle Province resta
tutto da dimostrare, sia perché si tratta di modificare la Costituzione sia
perché, comunque, le funzioni che queste oggi svolgono le dovranno svolgere
altri. Non si vorrà mica che dette funzioni se le assorbano le Regioni; ne hanno
già troppe di amministrative che dovrebbero invece trasferire agli Enti Locali
ai sensi dell'art. 118 della Costituzione.
Le Province invece devono essere mantenute, riformate se si vuole, rivalutate
nelle funzioni che oggi sono svolte da una infinità di altri Enti sovra comunali
ad ampio raggio, sopprimendo invece questi.
Va, infatti, piuttosto valorizzato il ruolo delle Province come presidio
democratico del territorio provinciale: una comunità che si organizza a livello
provinciale in tutti i suoi aspetti (economico, sindacale, politico, religioso,
associativo…) deve essere governata da un’istituzione democraticamente
rappresentativa, attraverso l’elezione diretta del Presidente della provincia e
del consiglio provinciale.
Allora diventa ormai inderogabile la definizione delle funzioni fondamentali
delle Autonomie Locali in attuazione dell'art.117 della Costituzione, tale
adempimento oggi rappresenta una vera e propria emergenza.
Il livello di governo dell'area vasta identificabile nella dimensione
provinciale assume un'importanza strategica; le funzioni fondamentali delle
Province debbono esser essenzialmente quelle di pianificazione e coordinamento
dello sviluppo economico locale oltre che quelle di sussidiarietà a supporto dei
Comuni. Politiche che non possono essere surrogate dall'iniziativa polarizzante
delle città capoluogo, ma debbono proiettarsi sul territorio in un'ottica di
riequilibrio complessivo.
Una pianificazione complessiva che comprenda e finalizzi organicamente ed in
modo coerente oltre che le politiche del lavoro, della formazione e
programmazione scolastica, ovviamente, la pianificazione territoriale di area
vasta.
Una pianificazione che attraverso Piani Territoriali di Coordinamento
Provinciali di nuova generazione sia in grado di inglobare e legare
organicamente le varie pianificazioni di settore, comprendenti il governo del
territorio, dell'ambiente, delle risorsi idriche ed energetiche, della gestione
dei rifiuti, la pianificazione e la gestione del sistema dei trasporti e della
mobilità, a completamento e consolidamento delle storiche competenze provinciali
sulle reti territoriali della viabilità. Non può sfuggire infatti l'organicità
di tutto il complesso di tali materie se si intendono perseguire politiche
coerenti che puntino al progresso economico in un quadro di sostenibilità.
In coerenza con tutto ciò assume un carattere devastante l'esistenza di quella
miriade di organismi, agenzie, ATO, consorzi ed enti di secondo grado,
proliferati in questi anni al di fuori dei livelli di governo individuati dal
titolo V della Costituzione, non allo scopo della gestione associata di servizi
(cosa che sarebbe ancorché virtuosa), ma con l'intento di disgregare la
governance organica del territorio e delle sue risorse moltiplicando, questi si,
i posti ed i costi della politica.
Al riguardo c'è chi sostiene, in nome dell’efficienza, che le agenzie o i
consigli di amministrazione sono più funzionali all’assolvimento di compiti
istituzionali quasi che il voto popolare sia un intralcio alla modernità.
E così ci troviamo di fronte a 222 ATO di acque e rifiuti, 191 Consorzi di
Bonifica, 63 Bacini Imbriferi, innumerevoli Agenzie, etc., il cui operato non
può essere sottoposto al giudizio del cittadino elettore.
E' evidente che se si vogliono ridurre i costi della politica, tagliare i rami
secchi o i doppioni di Pubbliche Amministrazioni va razionalizzato il sistema
eliminando la pletora di Enti intermedi prima citati.
Perché dunque non abolire i vari ATO (rifiuti e acqua), le ATER, i Consorzi di
Bonifica che sono più di uno in ogni Provincia, consorzi vari, comunque tutti
gli Enti con funzioni locali sovra comunali, che proliferano presidenti,
amministratori, direttori, ecc., per assegnare le relative funzioni proprio alle
Province.
Si semplificherebbero procedure amministrative, si risparmierebbero senz'altro
molti più soldi di quelli che si risparmierebbero con l'abolizione delle
Province e vi sarebbe un maggiore coordinamento delle diverse attività sovra
comunali.
Sul tanto proclamato risparmio derivante dall'abolizione delle Province va
semplicemente osservato che un intero Consiglio Provinciale ed un intera Giunta
Provinciale “costano meno” dei parlamentari che quella provincia manda a Roma.
Sono pur sempre i cittadini che pagano con le tasse i costi anche della loro
Provincia, oltre che quelli, ben più pesanti, di uno Stato, ben più lontano:
possono quindi meglio giudicare quali siano i livelli di decisione più
efficienti, più utili, più efficaci, più economici.
Va detto che talune esagerazioni si sono prodotte nella creazione di nuove
Province che insistono su estensioni territoriali e numero di cittadini
amministrati che non richiedono istituzioni complesse come quelle che esercitano
le nuove funzioni di governo di area vasta. Ben otto Province in Sardegna
governano lo stesso numero di abitanti amministrati da una sola Provincia del
Nord Italia e non è il solo esempio in Italia.
E’ però inaccettabile la generalizzazione ed estendere a tutte le Province,
anche quelle che funzionano ed operano efficacemente nella programmazione
territoriale di sistema, un superficiale ed affrettato giudizio di inutilità,
smentendo il disposto costituzionale che attribuisce a Comuni e Province pari
dignità con lo Stato nel governo del proprio territorio.
Non si può cambiare la Costituzione ad ogni campagna elettorale, vanificando con
continui ripensamenti un percorso su cui l’intero Paese si è indirizzato,
facendo delle Province un presidio fondamentale della Repubblica delle
Autonomie.
Siamo tutti sensibili alla riduzione della spesa pubblica e agli sprechi della
politica, per poter ridurre anche la pressione fiscale ma molte Province non
sono un costo inutile, sono spesso il motore dello sviluppo della società. La
Provincia nel suo ruolo di governo di area vasta è l’unica istituzione che può
individuare in modo strategico gli obiettivi da perseguire per una politica che
pensi al futuro, dando una visione di prospettiva degli interessi del territorio
a tutti i soggetti che vi operano, pubblici e privati, che possono essere
protagonisti nella pianificazione e programmazione strategica delle iniziative
per le nuove generazioni: infrastrutture, istruzione, lavoro, formazione
professionale, sviluppo delle risorse locali, tutela dell’ambiente e delle
originalità locali.
Ci si attende allora un esame più serio, meno demagogico e propagandistico.
Le riforme annunciate con l'introduzione del federalismo fiscale e la revisione
del testo unico sull'ordinamento delle autonomie locali sono la grande occasione
per riformare e rendere più efficiente il nostro ordinamento.
Da questi appuntamenti si potrà misurare la capacità concreta della nostra
classe politica di saper leggere e comprendere le reali esigenze del nostro
Paese, la necessità di riforma verso l'efficienza della Pubblica
Amministrazione, senza proclami, valorizzando le realtà efficienti, premiando
gli Enti virtuosi, riconoscendo i meriti di tanti dipendenti che erogano servizi
e lavorano per la collettività.
* Direttore Generale
della Provincia di Treviso
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 22/01/2009