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SULLO SPOILS SYSTEM IN TEMA DI DIRIGENZA PUBBLICA
(note a margine della sentenza del T.A.R. Lazio – Sezione II – n. 9487 del 1°
Ottobre 2009)
VALENTINA CAVANNA
1. Premessa.
La storia di questi anni ha registrato diversi tentativi di far arretrare la
politica dell’ambito della vita e del funzionamento delle istituzioni; si è
avuto infatti un intervento su scala nazionale volto a rifondare e a ricostruire
l’organizzazione pubblica su principi nuovi, più funzionali e aderenti alle
esigenze degli amministrati. Nella sfera pubblica sono emersi nuovi valori,
quali la semplificazione, la razionalizzazione dell’uso delle risorse, la
differenziazione delle competenze tra organi, la soddisfazione dell’utenza. Tra
gli snodi fondamentali del nuovo modello di amministrazione è emersa la
responsabilità dei dirigenti pubblici per l’attività svolta, come principio
diretto a rafforzare le professionalità interne all’amministrazione stessa e, al
contempo, a ripensare il rapporto di sovraordinazione tra comando politico e
attuazione amministrativa1.
In questo vasto disegno di riforma della Pubblica Amministrazione non poteva non
inserirsi la questione della distinzione tra politica e amministrazione, ossia
tra funzioni di governo e funzioni di gestione. Tale principio consiste nel
fatto che gli organi di vertice cui competono le scelte strategiche concernenti
gli indirizzi delle attività delle amministrazioni non devono confondere i loro
compiti con quelli che, di contro, spettano a chi, invece, merita di potersi
concentrare esclusivamente nell’attività di sviluppo realizzativo di quelle
scelte e, dunque, di perseguimento dei risultati che a quelle scelte – posto che
le stesse siano corrette – dovrebbero fare seguito2.
Che le normative avvicendatesi nel corso di questi anni abbiano disegnato un
nuovo assetto dei rapporti tra organi politici e organi burocratici è ormai un
dato pacifico nel panorama dottrinario3.
Se, però, dal piano delle generiche ed univoche enunciazioni di principio circa
il definitivo superamento del modello legalitario-burocratico di derivazione
ottocentesca e l’affermazione di un nuovo assetto della dirigenza maggiormente
in sintonia con il dettato costituzionale si passa all’esame approfondito dei
vari aspetti che caratterizzano oggi la dirigenza e il suo rapporto con il
Ministro, il panorama si colora di grande incertezza4.
Occorre tenere presente come questa questione sia di importanza fondamentale5.
Il dirigente ha una posizione centrale nell’organizzazione amministrativa; al
dirigente pubblico si chiede, infatti, di agire da anello di congiunzione fra la
sfera della politica e le istanze provenienti dalla società. Intesa la dirigenza
come momento di collegamento tra politica e amministrazione6,
essa è anche il punto di emersione delle contraddizioni che connotano tale
relazione, la quale è caratterizzata da una tensione di fondo fra due valori
inevitabilmente confliggenti: da una parte, il principio di sovranità popolare,
che impone un controllo dell’amministrazione da parte di organi che siano
provvisti di legittimazione democratica, e, dunque, espressione di
rappresentanza politica; dall’altra parte, il principio di imparzialità, che
invece postula un’amministrazione al servizio dell’intera collettività, e non di
una determinata maggioranza politica.
Uno dei punti critici della disciplina della dirigenza statale è senza dubbio
quello relativo al c. d. spoils system7,
previsto dalla legge 15 Luglio 2002, n. 145, art. 38.
Detto articolo ha introdotto due diverse ipotesi di “spoils system”:
quella di cui al comma 7 (c. d. spoils system una tantum) e quella di cui
al comma 1, lettera i (che ha sostituito l'art. 19, c. 8 D. Lgs. n. 165/2001).
La sentenza del TAR Lazio, sezione II, n. 9487 del 1° Ottobre 2009 si riferisce
proprio ad un caso di spoils system rientrante in quest’ultima previsione. Prima
di analizzare detta sentenza occorre tuttavia inquadrare la situazione relativa
allo spoils system, nelle due previsioni normative e nelle conseguenti
elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali.
2. L’art. 3, comma 7, della Legge n. 145/2002 e le argomentazioni della
giurisprudenza e della dottrina.
L’art. 3, comma 7, della Legge n. 145/2002 ha disposto che gli incarichi di
funzione dirigenziale di livello generale e quelli di direttore generale degli
enti pubblici vigilati dallo Stato “cessano il sessantesimo giorno dalla data
di entrata in vigore della presente legge”9.
Sul piano pratico, l’applicazione della previsione dell’art. 3, comma 7, ha
originato un rilevante contenzioso, davanti sia al giudice ordinario, sia al
giudice amministrativo.
La giurisprudenza ha ritenuto che con questa norma si riconosca un vincolo
fiduciario tra ministro e dirigente generale: così nell’ordinanza del Tribunale
di Roma, sez. IV Lavoro, 25 novembre 200210,
secondo cui la ratio della previsione di cui all’art. 3, comma 7 della l. n. 145
del 2002 è quella di garantire una stretta sintonia tra il Governo e le massime
articolazioni dell’amministrazione statale, tanto da far sì che tutti i
dirigenti generali, che costituiscono lo staff di immediato riferimento del
Ministro, siano di sua stretta fiducia. Secondo l’ordinanza del Tribunale di
Roma, 3 febbraio 200311,
con l’introduzione dell’art. 3, comma 7 della l. n. 145 del 2002, che non
prevede un obbligo di motivazione in ordine alla cessazione degli in carichi di
livello generale, il legislatore ha inteso riconoscere natura fiduciaria agli
incarichi dirigenziali in questione, con la conseguenza che le nomine successive
alla decadenza dai predetti incarichi implicano non solo una valutazione di
natura tecnica, ma innanzitutto una valutazione sull’affidabilità politica delle
persone.
La dottrina ha posto in luce la gravità della soluzione adottata dal
legislatore, la quale comporterebbe una illegittima ingerenza degli organi
politici nei confronti dei dirigenti in contrasto con il principio di
imparzialità dell’azione amministrativa; una lesione che sarebbe rafforzata
anche dalla possibilità di attribuire ai dirigenti apicali incarichi di durata
breve, così da sottoporli di fatto al controllo degli organi politici12.
Il Tribunale di Roma nel corso del 2004 ha sollevato la questione di legittimità
costituzionale in tre diverse ordinanze dell’1 aprile, 30 aprile e 11 maggio nei
confronti delle disposizioni in materia di spoils system contenute nella L. n.
145/2002. La Corte Costituzionale si è dapprima espressa con l’ordinanza n. 398
depositata il 25 Ottobre 200513,
ordinando la restituzione degli atti ai giudici rimettenti. Il Tribunale di
Roma, con l’ordinanza emessa il 14 Dicembre 2005, n. 3814
ha nuovamente rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, in seguito
all’ordinanza n. 398, affermando che la cessazione per legge sembra ledere i
principi di imparzialità e di servizio esclusivo dei pubblici impiegati a favore
della Nazione; la scelta legislativa tradisce l'intento di affidare la gestione
amministrativa a persone scelte per affinità ideologica, incidendo sugli
equilibri tra potere politico ed amministrazione. Secondo i Giudici, inoltre,
non è ragionevole ritenere che i dirigenti generali in servizio alla data di
entrata in vigore della legge n. 145/2002, avendo ricevuto l'incarico sotto la
vigenza del precedente Governo, non avrebbero con professionalità e competenza
perseguito gli obiettivi posti dalla nuova autorità politica. In ogni caso, se
così non fosse stato, l'organo di indirizzo avrebbe comunque potuto revocare
l'incarico per mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero per inosservanza
(anche non grave) delle direttive impartite15.
Inoltre, la cessazione una tantum degli incarichi è disposta soltanto per i
dirigenti generali: questi, dunque, subiscono un trattamento deteriore rispetto
a quello di regola riservato a tutti gli altri lavoratori, siano essi pubblici o
privati, per i quali sono previsti meccanismi di tutela a garanzia
dell'immotivato ed ingiustificato recesso dal contratto. Peraltro, se la ratio
della deroga alle garanzie dirigenziali risiede nell'esigenza di continuità dei
livelli decisionali non si giustifica l'uniformità di regimi tra dirigenti
generali da un lato e capi dipartimento, segretari generali e figure equivalenti
dall’altro, rappresentanti queste ultime categorie il vero anello di
congiunzione tra la sfera politica e quella amministrativa16.
La questione è stata risolta definitivamente, con riferimento all’art. 3, c. 7
legge 145/2002, con la sentenza della Corte Costituzionale n. 103/200717.
In detta pronuncia la Corte ha affermato l’illegittimità costituzionale di detta
disposizione per contrasto con gli articoli 97 e 98 della Costituzione, nella
parte in cui prevede che “i predetti incarichi cessano il sessantesimo giorno
dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Si afferma la
necessità di un “momento procedimentale di confronto dialettico tra le parti”,
nell'ambito del quale l'Amministrazione esterni le ragioni, connesse alle
pregresse modalità di svolgimento del rapporto anche in relazione agli obiettivi
programmati dalla nuova compagine governativa, per le quali ritenga di non
consentirne la prosecuzione. Tutto questo è necessario, secondo la Corte,
affinchè siano rispettati i principi di buon andamento, imparzialità, continuità
dell'azione amministrativa e giusto procedimento18.
La Corte Costituzionale successivamente, con la sentenza n. 161/2008 , ha
dichiarato l’“illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 161, del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 … nella parte in cui dispone che gli
incarichi conferiti al personale non appartenente ai ruoli di cui all’art. 23
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 … «conferiti prima del 17 maggio
2006, cessano ove non confermati entro sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore del presente decreto»”19.
Detta sentenza in motivazione richiama espressamente la n. 103/2007.
Inoltre, con la sentenza n. 351/2008 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’“illegittimità
costituzionale dell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 13
giugno 2007, n. 8”. Detta pronuncia è particolarmente significativa in
quanto richiama le sentenze n. 103 e 104 del 2007 con i principi da esse
affermati. Inoltre, essa sottolinea come “nel settore pubblico il potere
dell’amministrazione di esonerare un dirigente dall’incarico e di risolvere il
relativo rapporto di lavoro è circondato da garanzie e limiti che sono posti non
solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e
soprattutto a protezione di più generali interessi collettivi”. Dunque, la
Corte ribadisce il regime di specialità pubblicistica del rapporto di lavoro
alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e si esprime circa il contenuto
minimo e necessario di tutela offerta dall'ordinamento al dirigente
eventualmente rimosso in modo illegittimo, sostenendo che il semplice ristoro
economico non rappresenta uno strumento efficace di tutela degli interessi
collettivi, ma anzi rappresenta una “forma onerosa di spoils system”, poiché la
collettività subisce un costo finanziario che si aggiunge all'obbligo di
retribuire i nuovi dirigenti20.
3. La dirigenza apicale.
Resta attualmente in vigore la disposizione di cui al comma 8 dell’art. 1921,
secondo cui gli incarichi di segretario generale e di capo dipartimento cessano
automaticamente decorsi 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo, e tale è il
caso affrontato dalla sentenza del TAR Lazio n. 9487/2009.
La soluzione adottata dalla suddetta norma dopo le modifiche apportate con la
legge n. 145/2002 è significativamente diversa rispetto a quella previgente;
secondo l’articolo 19, c. 8 nella versione in vigore prima di detto intervento,
gli incarichi apicali potevano essere revocati dall’organo di direzione
politica, del tutto discrezionalmente o, meglio, liberamente in caso di
formazione di un nuovo governo. Più precisamente, in questo caso, tutti gli
incarichi dirigenziali indicati potevano essere “confermati, revocati,
modificati o rinnovati entro 90 giorni dal voto sulla fiducia al Governo”.
Peraltro, decorso tale termine senza l’adozione di alcuna di tali decisioni da
parte dell’organo di direzione politica, gli incarichi per i quali non si fosse
provveduto si intendevano confermati fino alla loro naturale scadenza.
Secondo la sentenza del TAR Lazio n. 9487/2009 (e secondo la stessa Consulta: si
veda a tal proposito la sentenza n. 103/2007), i principi elaborati dalla Corte
Costituzionale nelle sentenze n. 103/2007 e n. 161/2008 non possono essere
applicate ai c.d. incarichi di vertice assoluto, conferiti proprio in ragione di
un particolare rapporto fiduciario con il titolare del potere di alta
amministrazione esercitato con la nomina: essi hanno infatti una “maggiore
coesione con gli organi politici”22.
La sentenza afferma che già la semplice lettura della norma non lascia margini
di dubbio. La conclusione alla quale i Giudici pervengono “non muta neanche
ove la norma in questione venga interpretata secondo ratio. Se, infatti, il
Legislatore ha inteso introdurre il principio secondo cui la sussistenza di un
particolare rapporto fiduciario tra vertici governativi e vertici burocratici
costituisce in sé e per sé - s’intende: nei limiti della proporzione numerica
determinata - un valore da salvaguardare (e dunque un valore intrinsecamente
degno di tutela), non si vede la ragione per la quale esso debba essere
compresso dall’Amministrazione oltre i confini stabiliti dalla stessa legge; né
la ragione per la quale alla motivazione del Legislatore, di per sé assorbente
(e sufficientemente giustificativa del principio), debbano essere aggiunte o
sostituite le motivazioni dell’Amministrazione. (…) I presupposti su cui riposa
la fiducia (e dunque il rapporto fiduciario) possono essere costituiti, infatti,
da intuizioni metagiuridiche, da affinità morali e/o intellettuali o comunque da
sentimenti o sensazioni che non poggiano affatto sulla (e che non possono essere
spiegati in termini di) pura logica. Non si vede quindi quale particolare
procedimento dovesse essere attivato per l’applicazione della norma in esame”.
Detta sentenza appare pertanto degna di nota proprio per il principio che essa
ribadisce, ossia quello della legittimità dell'esistenza di un rapporto
fiduciario tra il ministro e il dirigente apicale di cui all'art. 19, c. 8;
inoltre, essa esplicita (in termini alquanto innovativi) quali possono essere i
presupposti su cui si basa il rapporto fiduciario: “intuizioni metagiuridiche”,
“affinità morali e/o intellettuali”, “sentimenti o sensazioni” che non poggiano
sulla pura logica.
Se dunque la giurisprudenza di legittimità e di merito legittima il rapporto
fiduciario tra il ministro e i dirigenti apicali (segretario generale, capo
dipartimento ed equivalenti), la dottrina ha invece elaborato argomentazioni di
volta in volta differenti, giungendo a soluzioni tra loro opposte.
Il rischio paventato era (ed è tuttora) quello di un’amministrazione in balia
della politica.
Secondo una parte della dottrina23,
con le seguenti tre previsioni – ossia cessazione entro 90 giorni dal voto sulla
fiducia per i segretari generali e i capi dipartimento; cessazione degli
incarichi di funzione dirigenziale di livello generale il sessantesimo giorno
dalla data di entrata in vigore della legge 145/2002, ex art. 3, comma 724;
conferimento degli incarichi a contratto) – “la dirigenza viene posta in una
situazione di istituzionale debolezza rispetto al potere politico, perché
precarizzata e, quindi, sostanzialmente “fidelizzata”. Inoltre, si teme che
“se un vertice politico può nominare propri fedeli, questi ultimi nomineranno
a loro volta altri fedeli a livelli inferiori” e si afferma che il legame
tra politica e amministrazione viene ricostituito. In tale quadro, infatti, sarà
più agevole per il rappresentante del corpo politico imporre al dirigente, la
cui condizione è precaria, l’adozione di un determinato atto, nonostante ricada
su quest’ultimo la responsabilità. Il ministro, dunque, sarà
de-responsabilizzato rispetto alla decisione che ha preso indirettamente25.
La dottrina prosegue riflettendo poi sulla nozione di fiducia, che “nasce nel
diritto costituzionale e attiene al rapporto tra organi politici, Parlamento e
governo. Fiducia vuol dire adesione a un orientamento. Date queste premesse, è
possibile usare la nozione di fiducia in un rapporto che non riguarda governo e
Parlamento, ma governo e pubblica amministrazione? Che cosa significa adesione
della pubblica amministrazione a un orientamento del governo, se la pubblica
amministrazione deve essere imparziale? Che significato ha l’imparzialità se ci
è l’obbligo della fiducia? Si tratta di due concetti diversi ed anzi opposti”26.
Ciò porta gli autori a ritenere che la disposizione che statuisce per il
pubblico funzionario l’obbligo di servizio esclusivo della Nazione perde
significato; peraltro, è necessario che la cessazione del rapporto di lavoro tra
il dirigente e l’amministrazione avvenga con atto espresso, affinché sia
possibile ricorrere al giudice avverso tale atto. Altrimenti vengono violati
diritti, tutelati anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo
e dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee del Lussemburgo, quali il
diritto al giudice, alla motivazione del provvedimento, alla difesa, etc.
Inoltre, “la Costituzione, mentre mette la fiducia alla base del rapporto
Parlamento-Governo, mette l’imparzialità e la separazione dalla politica alla
base del rapporto Governo-amministrazione (…) tutte le norme sono dirette ad
escludere influenze di parte sul pubblico impiego. (I politici) hanno a loro
disposizione appositi strumenti per assicurare la conformità dell’azione
amministrativa alla decisione politica: la legge, gli indirizzi politici e i
controlli. I dirigenti che non vi si adeguano lealmente possono essere dimessi.
(…) se la nomina dei dirigenti è compiuta sulla base di criteri di appartenenza
politica, i governi si assicurano esecutori fedeli, ma non necessariamente
esperti; la collettività sarà così amministrata, oltre che governata, dalla
politica; gli uffici saranno retti da capi precari e passeggeri”. Dunque, “i
dirigenti debbono solo garantire l’imparziale attuazione delle leggi e delle
direttive. (…) Evocare la fiducia nei rapporti Governo-alta dirigenza ha,
allora, solo il significato di invocare il principio della fedeltà personale,
privatistica. Ecco un altro modo di erodere la funzione pubblica, riportandoci
indietro, all’epoca in cui i dipendenti pubblici erano scelti dai ministri tra i
propri seguaci e fedeli”27.
Alcuni autori hanno lamentato l’eccessiva rigidità del meccanismo dettato dalla
disciplina vigente, poiché essa - sostituendo un automatismo ad una espressa
determinazione - ha fatto venir meno la necessità di una chiara assunzione di
responsabilità da parte dell’organo di governo28.
Infatti il comma 8 solleva il Governo da qualunque eventuale obbligo di
giustificazione o di sottoposizione delle sue decisioni ad un organo terzo29.
Ciò ha anche portato a dubitare della legittimità costituzionale della
previsione legislativa in relazione alla violazione dei “principi del giusto
procedimento (contestazione degli addebiti, diritto di difesa, obbligo di
motivazione) e del controllo giurisdizionale sulle decisioni amministrative”30.
Anche altra dottrina31
ritiene che un'adeguata motivazione occorra per la cessazione anticipata di
tutti gli incarichi dirigenziali, ivi compresi quelli apicali che, al livello
più alto, concorrono alla realizzazione dei fini della Pubblica Amministrazione,
concordando con coloro i quali ritengono che “la debolezza del dirigente
produce una sinergia tra cattiva politica e cattiva amministrazione”32.
Tuttavia, parte della dottrina ha affrontato il tema dell’opportunità di
individuare una quota di funzionari legati da un vincolo fiduciario con le forze
politiche in carica, per il corretto funzionamento di una democrazia
maggioritaria basata sull’alternanza, quale è la nostra, sulla base del fatto
che “i governi hanno il diritto e il dovere di attuare i propri programmi”33
e che inoltre “gli organi politici sono eletti dai cittadini per l’attuazione
di un certo indirizzo politico e di questo rispondono davanti agli organi
rappresentativi e ai cittadini stessi. I politici possono garantire l’attuazione
dell’indirizzo solo con la scelta fiduciaria dei vertici delle amministrazioni.
D’altro canto, la scelta fiduciaria presuppone una valutazione delle capacità
del dirigente”34.
La creazione di un nucleo, che deve essere necessariamente assai ristretto, di
dirigenti legati da un rapporto fiduciario molto forte nei confronti del vertice
politico può pertanto rappresentare uno strumento che, muovendosi ai limiti del
rispetto del principio della distribuzione tra politica e amministrazione, si
pone come strumentale a garantire efficienza nel circuito indirizzo-gestione35.
Tuttavia, a tale alternanza si accompagna spesso un effetto indesiderato, che
interferisce con la “neutralità” della burocrazia e con le esigenze di
continuità dell’amministrazione pubblica. L’alternanza pone in primo piano le
nomine di carattere politico, che, come tali, risentono direttamente degli
effetti dell’avvicendamento delle forze al Governo, rischiando di condizionare
l’imparzialità e il buon andamento degli apparati.
Comunque, va tenuto presente che, secondo il Consiglio di Stato36,
“la “fiducia” particolarmente riposta dal ministro proponente in un
determinato soggetto non deve essere intesa come affinità di idee personale o
politica, o generica compatibilità o simpatia, ma deve consistere nella ricerca
di dati obiettivi, con riferimento alla probabilità di svolgimento ottimale di
mansioni pubbliche per un periodo indipendente dalle vicende governative”.
Secondo una parte della dottrina37,
“non si può ignorare che l’attuazione dei piani, dei programmi, delle
direttive generali implica l’instaurazione di un rapporto fiduciario. D’altra
parte, la causa fidei non può essere espressione di doti di affidabilità
politica, tali da assorbire ogni altro giudizio, così da connotarsi come sistema
di cooptazione, ma deve fondarsi sul livello di competenza e di professionalità
del dirigente, opportunamente valutato nell’ambito di una procedura di scelta
condotta in base a criteri obiettivi”. Occorre quindi cercare un equilibrio
tra fiduciarietà e professionalità dell’incarico. Inoltre, l’elemento fiduciario
“non deve essere identificato con il “gradimento” soggettivo dell’organo
politico, bensì con l’affidamento che ciascuna parte pone nel corretto
adempimento dell’altra”; è necessaria una “valutazione delle conoscenze e
delle capacità professionali del dirigente, in relazione all’attuazione dei
programmi individuati dall’organo politico. Si tratta, dunque, di una fiducia
che si discosta dall’intuitus personae caratterizzante il rapporto
dirigenziale privato, spesso richiamato dalla giurisprudenza che eleva il
dirigente di vertice ad alter ego dell’imprenditore”38.
Analogamente, altro autore39 ha affermato che “il sistema richiede
che (…) i ministri, per ricoprire gli uffici di particolare rilevanza, cooptino
i dirigenti che ritengano idonei e ciò sulla base di una scelta fiduciaria e
sostanzialmente discrezionale. Per cui professionalità e legame fiduciario
dovrebbero coesistere: la prima dovrebbe essere garantita dalla selezione, a
monte, di carattere meritocratico, per l’accesso alla dirigenza; il legame
fiduciario sarebbe a sua volta garantito dal potere di scelta esercitabile fra i
professionalmente idonei”40.
V’è poi chi ha affermato che “il mantenimento del delicato equilibrio sancito
dall’art. 97 Cost. richiede che al rafforzamento del potere di indirizzo
dell’esecutivo, derivante dal sistema maggioritario, faccia riscontro un
corrispondente “rafforzamento” dello status dei funzionari pubblici – ed in
particolare dei dirigenti – sotto il profilo della loro imparzialità”41.
4. Per concludere.
Si evince dunque che un problema ancora da risolvere è quello di distinguere
quando il rapporto fiduciario tra un ministro e un dirigente apicale sia
limitato a quanto necessario per la realizzazione del programma di Governo e
quando invece sfoci in una indebita politicizzazione.
La questione rappresenta un nodo cruciale nel nostro ordinamento, posto che
l'autonomia della dirigenza dal potere politico è “condizione per realizzare
i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento delle pubbliche
amministrazioni”42.
Le maggiori criticità emergono, come visto, nelle ipotesi di spoils system;
esso è un istituto che può, se non impiegato con cautela, mettere in dubbio la
distinzione tra politica e amministrazione43.
Nel concreto, tuttavia, è senza dubbio difficile operare un bilanciamento tra
fiduciarietà della nomina ed autonomia della gestione, poiché è insito nella
stessa operatività del modello che vengano destinati ad altre funzioni dirigenti
professionalmente capaci, ma non graditi sul piano personale o politico.
La distinzione tra politica e amministrazione - che è strumentale all'attuazione
di quanto previsto dalla Costituzione - è stata contestata nella sua validità da
alcuni autori, poichè considerata “largamente impossibile e per più versi
irreale”44.
D’altronde, quanto affermato oggi da una parte della dottrina45
assomiglia molto a ciò che Errico Presutti sosteneva alla fine del 1800, ossia
che la distinzione tra politica e amministrazione è un'affermazione “vaga e
indeterminata”, poiché nessuno riesce a dire con precisione dove in realtà
finisca la politica e dove cominci l'amministrazione, né “come, in quale
modo, con quali mezzi si deve separare questa indeterminata politica
dall'ugualmente indeterminata amministrazione”46.
MASSIMA E SENTENZA INTEGRALE
PUBBLICO IMPIEGO – Dirigenza statale – Spoils system – Art. 19, comma 8 D.
Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 – Cessazione automatica degli incarichi dirigenziali
– Incarico di vertice assoluto – Motivazione della mancata conferma
dell’incarico – Necessità – Esclusione. Non necessita di motivazione la
mancata conferma di un incarico c.d. di vertice assoluto, ossia conferito in
ragione di un particolare rapporto fiduciario corrente fra la ricorrente ed il
titolare del potere di alta amministrazione esercitato con la nomina; incarico
che, in piena coerenza con l’art. 19, c. 8 D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, decade
automaticamente nel caso di cambiamento della compagine governativa. A detto
tipo di incarichi non si applicano infatti le sentenze n. 103/2007 e 161/2008,
le quali non riguardano “dirigenti ai quali siano stati conferiti incarichi
apicali, vale a dire quelli di maggiore coesione con gli organi politici”. La
motivazione del rappresentante dell'esecutivo servirebbe solo nel caso
contrario, ossia se intendesse confermare il dirigente già insediato.
N. 09487/2009 REG.SEN.
N. 08773/2008 REG.RIC.
N. 08027/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 8773 del 2008, proposto da:
Spitz Elisabetta, rappresentato e difeso dall'avv. Filippo Lubrano, con
domicilio eletto presso Studio Legale Lubrano & Associati in Roma, via Flaminia,
79;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia del Demanio, Conferenza
Unificata Stato-Regioni-Citta'Ed Autonomie Locali;
nei confronti di
Prato Maurizio;
Sul ricorso numero di registro generale 8027 del 2008, proposto da:
Spitz Elisabetta, rappresentato e difeso dall'avv. Filippo Lubrano, con
domicilio eletto presso Studio Legale Lubrano & Associati in Roma, via Flaminia,
79;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Agenzia del
Demanio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
quanto al ricorso n. 8773 del 2008:
DEL DECRETO CON IL QUALE IL DOTT. MAURIZIO PRATO E' STATO NOMINATO DIRETTORE
DELL'AGENZIA DEL DEMANIO - 23 BIS.
quanto al ricorso n. 8027 del 2008:
MANCATA CONFERMA NELL'INCARICO DI DIRETTORE DELL'AGENZIA DEL DEMANIO.
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei
Ministri;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle
Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2009 il dott. Carlo Modica
de Mohac e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I. Con il ricorso n.8027-2008
l’Arch. Elisabetta Spitz impugna l’atto indicato in epigrafe esponendo quanto
segue.
Con DPR 13.4.2000 e successivi decreti di conferma del 27.1.2004 e
dell’1.12.2008, la ricorrente veniva nominata Direttore dell’Agenzia del
Demanio. Con DPR 13.2.2007 l’incarico le veniva confermato per un ulteriore
triennio.
Infine, con nota prot.R-30 del 5.6.2008 il Ministro dell’Economia e delle
Finanze ha comunicato al ricorrente - “… ai sensi e per gli effetti degli
articoli 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241, 19. comma 8, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.165 e 2, comma 160, del decreto legge 2 ottobre
2006, n.261, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2006, n.286” -
il suo “intendimento di non procedere alla conferma dell’incarico di Direttore
dell’Agenzia del demanio”; nonché l’avvio del procedimento per la nomina di un
nuovo direttore.
Ritenendo illegittima tale determinazione, la ricorrente la ha impugnata e ne
chiede l’annullamento per le conseguenti statuizioni.
Ritualmente costituitasi l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del
ricorso (per difetto di giurisdizione) e comunque la sua infondatezza nel
merito, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Con ricorso per motivi aggiunti ritualmente notificato la ricorrente ha poi
cautelativamente impugnato l’atto di nomina, anche se dagli estremi ancora
ignoti, del nuovo Direttore, il quale non si è costituito in giudizio.
Successivamente, avendone conosciuti gli estremi e lo specifico contenuto, la
ricorrente ha proposto un autonomo ricorso avverso il predetto provvedimento di
nomina.
Con ulteriori atti difensivi le parti costituite hanno insistito nelle
rispettive richieste ed eccezioni.
La domanda cautelare è stata respinta.
II. Con ricorso 8773-2008 la ricorrente ha anche impugnato autonomamente il
provvedimento di nomina del nuovo Direttore, e ne chiede l’annullamento
lamentandone l’illegittimità derivata, per i medesimi motivi indicati nel
precedente ricorso.
Ritualmente costituitasi, l’Amministrazione ha eccepito l’inammissibilità e
l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
Il controinteressato intimato non si è costituito in giudizio.
L’istanza di sospensione del provvedimento impugnato è stata respinta.
III. Infine, all’udienza del 10.6.2008, uditi i Difensori presenti in aula, le
cause sono state poste in decisione.
DIRITTO
1. In considerazione della connessione soggettiva ed oggettiva dei ricorsi in
esame, se ne dispone la riunione perché vengano discussi e decisi
congiuntamente.
2. L’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Avvocatura Generale e
ritenuta fondata in sede cautelare, va disattesa..
Ritiene, infatti, il Collegio - alla luce di una più approfondita ponderazione
ed aderendo alla giurisprudenza formatasi sul punto (Cass.. SSUU, 11.2.2003
n.2065; CS, V^, 7.2.2006 n.490; CS, V^, 16.10.2007 n.5388; TAR Lazio, II^,
30.5.2008 n.5417) - che la determinazione di non procedere alla conferma
dell’incarico per cui è causa, concreti comunque una forma di esercizio di
potere pubblico atta a connotare il comportamento dell’Amministrazione come
condotta, seppur ampiamente discrezionale, comunque provvedimentale.
Dal che non può che trarsi la conclusione secondo cui - indipendentemente dalla
questione del corretto esercizio del potere (attinente al c.d. “merito” della
controversia) - la giurisdizione appartiene al Giudice Amministrativo.
3. Nel merito i ricorsi riuniti non meritano accoglimento.
Con unico mezzo di gravame, riprodotto nel secondo ricorso a supporto della
censura di illegittimità derivata del provvedimento sopravvenuto con esso
impugnato, la ricorrente lamenta violazione dell’art.19, comma 8, del D.Lgs.
30.3.2001 n.165 e degli artt. 7 e seguenti della L. 7.8.1990 n.241, deducendo:
- che secondo l’orientamento manifestato dalla Corte Costituzionale nelle
sentenze n.103 del 23.3.2007 e n.161 del 20.5.2008, avallato dalla
giurisprudenza, la mancata conferma dell’incarico dirigenziale va comunque
motivata (anche nel caso di c.d. “spoil system”);
- e che pertanto la condotta dell’Amministrazione, che si è limitata a
comunicare l’intenzione di non confermare l’incarico senza esternare le ragioni
di tale determinazione, si appalesa illegittima e contraria al principio del
giusto procedimento.
La doglianza non può essere condivisa.
L’art.19, comma 8, del D.Lgs. n.165 del 2001 stabilisce che “gli incarichi di
funzione dirigenziale … (… omissis … ) …, cessano decorsi novanta giorni dal
voto sulla fiducia al Governo”.
La Difesa della ricorrente sostiene che non ostante il tenore letterale della
norma in questione, l’Amministrazione abbia comunque l’obbligo di motivare la
determinazione di non confermare il dirigente precedentemente in carica; e
richiama, a sostegno della sua tesi, le sentenze n.103/2007 e n.161/2008 della
Corte Costituzionale.
Senonchè le predette sentenze non si riferiscono affatto a fattispecie
concernenti incarichi di vertice assoluto, o conferiti in attuazione al regime
del c.d. “spoil system”.
Assai significativo appare quanto precisato al riguardo dagli stessi Giudici
costituzionali, i quali (in un passo della sentenza n.103/2007) affermano:
- che “deve … essere ribadito, ai fini della delimitazione dell’ambito
applicativo della normativa impugnata, che la questione proposta non riguarda la
posizione dei dirigenti ai quali siano stati conferiti incarichi apicali, vale a
dire quelli di maggiore coesione con gli organi politici (…)”;
- che “le modalità di cessazione di questi ultimi incarichi sono, infatti,
contenute nel comma 8 dell’art.19 del D.Lgs, n.165 del 2001, che … (…) … con
previsione a regime, stabilisce, tra l’altro, che i suddetti incarichi «cessano
decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo»”.
E’ pertanto evidente - vista l’espressa statuizione della Corte Costituzionale -
che la giurisprudenza costituzionale invocata dalla ricorrente non può essere
utilizzata per la soluzione del caso dedotto in giudizio, che concerne un c.d.
incarico di vertice assoluto, conferito proprio in ragione di un particolare
rapporto fiduciario corrente fra la ricorrente ed il titolare del potere di alta
amministrazione esercitato con la nomina; incarico che - in piena coerenza con
la ratio della norma sul quale fonda - decade automaticamente nel caso di
cambiamento della compagine governativa.
D’altro canto, già la semplice lettura della norma - secondo il significato
proprio delle parole in essa predicate - non lascia margini di dubbio: essa
stabilisce la automatica decadenza dei dirigenti apicali (ivi indicati),
“decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo”.
E poiché “in claris non fit interpretatio”, non si vede la ragione per la quale
a fronte di un effetto che si determina automaticamente ex lege - e cioè per
volontà dello stesso Legislatore - al verificarsi di una determinata circostanza
(operante come una sorta di condizione risolutiva), dovrebbe sussistere a carico
dell’Amministrazione anche un obbligo di motivazione che giustifichi
ulteriormente - come se non fosse sufficiente l’intrinseca imperatività del
comando normativo - la produzione dell’effetto in questione.
Mentre appare fin troppo evidente:
- che il realizzarsi della circostanza immediatamente rescindente esime anche
dall’obbligo di adottare uno specifico provvedimento rescissorio;
- e che pertanto qualsiasi provvedimento adottato in esecuzione della norma in
questione non possa che avere efficacia puramente ricognitiva e dichiarativa (e
mai costitutiva).
Da quanto fin qui rilevato deriva che ciò che andrebbe motivata, casomai, è la
determinazione di confermare (e cioè di “rinominare”) il dirigente
automaticamente decaduto, ma non certo quella di non impedire il prodursi di un
effetto - quello, appunto, “caducante” - derivante direttamente dalla legge.
La conclusione alla quale si è pervenuti non muta neanche ove la norma in
questione venga interpretata secondo ratio.
Se, infatti, il Legislatore ha inteso introdurre il principio secondo cui la
sussistenza di un particolare rapporto fiduciario tra vertici governativi e
vertici burocratici costituisce in sé e per sé - s’intende: nei limiti della
proporzione numerica determinata - un valore da salvaguardare (e dunque un
valore intrinsecamente degno di tutela), non si vede la ragione per la quale
esso debba essere compresso dall’Amministrazione oltre i confini stabiliti dalla
stessa legge; né la ragione per la quale alla motivazione del Legislatore, di
per sé assorbente (e sufficientemente giustificativa del principio), debbano
essere aggiunte o sostituite le motivazioni dell’Amministrazione.
Né potrebbe sostenersi che le ragioni della sussistenza o della cessazione del
rapporto fiduciario devono essere esternate affinché possano essere
eventualmente sottoposte al vaglio critico della giurisdizione: i presupposti su
cui riposa la fiducia (e dunque il rapporto fiduciario) possono essere
costituiti, infatti, da intuizioni metagiuridiche, da affinità morali e/o
intellettuali o comunque da sentimenti o sensazioni che non poggiano affatto
sulla (e che non possono essere spiegati in termini di) pura logica.
Non si vede quindi quale particolare procedimento dovesse essere attivato per
l’applicazione della norma in esame.
Pertanto, in mancanza di ulteriori censure sul procedimento posto in essere
dall’Amministrazione, il ricorso n. 8027 va respinto. Da ciò consegue la
reiezione anche del secondo ricorso, tutto incentrato sull’illegittimità
derivata.
2. In considerazione delle superiori osservazioni, i ricorsi in esame vanno
riuniti e respinti entrambi.
Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II^, riunisce i ricorsi in
epigrafe e li respinge entrambi.
Compensa le spese fra le parti costituite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 giugno 2009 con
l'intervento dei Magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Stefano Toschei, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/10/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
_______________
1 Cfr. G. Gardini,
L’imparzialità amministrativa tra indirizzo e gestione. Organizzazione e ruolo
della dirigenza pubblica nell’amministrazione contemporanea, Milano, 2003, 20.
2 Cfr. Forlenza – Terracciano - Volpe, La riforma del pubblico
impiego, II Ed., Milano, 1999.
3 A tal proposito, per un quadro generale della materia si
vedano, ex multis, S. Cassese (a cura di), Istituzioni di diritto
amministrativo, Milano, 2006, pagine 148 e seguenti; F. G. Scoca (a cura di),
Diritto Amministrativo, Torino, 2008, pagine 600 e seguenti; F. Saitta,
Organizzazione e dirigenza dei pubblici uffici, in LPA n. 5/2008, 737; E.
Gragnoli, Lo spoil system e l'imparzialità del dipendente degli enti locali, in
LPA, n. 1/2007, 25; M. Pallini, Sulle tristi sorti del principio di distinzione
tra politica e amministrazione nella disciplina della dirigenza pubblica, in La
Dirigenza, Milano, 2009, pagine 111 e seguenti; D. Mezzacapo, Il conferimento
degli incarichi tra autonomia privata e discrezionalità amministrativa, in La
Dirigenza, Milano, 2009, pagine 177 e seguenti; P. Monda, La giurisprudenza in
tema di dirigenza pubblica, in La Dirigenza, Milano, 2009, pagine 357 e
seguenti. In ciascuno degli ultimi tre articoli citati si rinviene anche una
ricca bibliografia. Si veda anche A. Massera, Il difficile rapporto tra politica
e amministrazione: la Corte costituzionale alla ricerca di un punto di
equilibrio, in GDA, n. 12/2007, 1307. Sulla differenza sostanziale tra dirigenti
pubblici e dirigenti privati in ogni fase del rapporto di lavoro si veda, ex
multis, N. Moshi, Tutele del dirigente pubblico in caso di licenziamento
illegittimo, in www.impiegopubblico.net/moshi.htm, in cui si commenta la
sentenza della Corte di Cassazione n. 2233 del 1° Febbraio 2007. Detta sentenza
è commentata anche da C. Carnovale, L'inapplicabilità dell'art. 18 St. lav. alla
dirigenza pubblica, in www.amministrazioneincammino.luiss.it/site/it-IT/Rubriche/Lavoro_Pubblico/Note_e_Commenti/Documento/carnovale_inammisibilita_art_18_statuto_lavoratori.html
4 Cfr. Marina D’Orsogna, Programmazione strategica e attività
decisionale nella Pubblica Amministrazione, Torino, 2001. Si veda a tal
proposito anche il contributo di A. Police nel volume F. G. Scoca (a cura di),
Diritto Amministrativo, Torino, 2008, pagine 600 e seguenti.
5 La Corte Costituzionale ha affermato che la distinzione tra
politica e amministrazione è strumentale alla realizzazione del principio di
imparzialità, quindi di un principio costituzionale (sentenze n. 103/2007 e
104/2007; ordinanza n. 11/2002).
6 Cfr. Patroni Griffi, Dimensione costituzionale e modelli
legislativi della dirigenza pubblica, Napoli, 2002.
7 La locuzione “spoils system” ha origine nei paesi anglosassoni
e indica la facoltà riconosciuta alla parte politica vincitrice nella
competizione elettorale di collocare persone di fiducia nei posti chiave
dell’apparato burocratico . Sullo spoil system nel Regno Unito si veda A.
Sancino, Spoils system all'inglese, in
www.lavoce.info/articoli/pagina1001339.html, il quale sottolinea che
“l'efficacia dello spoils system dipende innanzitutto dall'etica dei politici e
della cultura amministrativa dominante”. All’inizio degli anni ’90,
l’espressione è entrata nel nostro linguaggio politico, contemporaneamente con
l’affermarsi dei sistemi elettorali maggioritari. Si è anche coniata
l'espressione “spoils system all'italiana” per poter effettivamente cogliere gli
aspetti tipizzanti del fenomeno italianizzato: cfr. A. Zammarano, Rapporto
fiduciario e nomine pubbliche tra discrezionalità amministrativa e scelta
politica, in Foro Amm. TAR, 2008, 13. Il termine “spoils system” proviene
dall’espressione “to the victors belong the spoils”: al vincitore le spoglie:
sul punto Sabino Cassese, Dirigenti pubblici, il posto mobile non diventi
precario, in Il Sole 24 Ore, 22 Giugno 2002. Nello stesso articolo, l’Autore
sottolinea come il sistema introdotto in Italia “comporta la conservazione del
rapporto di lavoro e solo la perdita dell’incarico. Dunque, il meccanismo
italiano non è un sistema delle spoglie; esso rende precario e, quindi, debole
il dirigente rispetto al potere politico. Ne deriva uno stato di dipendenza del
dirigente dal potere politico”. Infatti, prosegue l’Autore, “il dirigente che
voglia essere rinnovato non oserà mettersi contro il ministro e, anzi, cercherà
di entrare nelle sue grazie”. Dello stesso autore, un altro articolo, Se la
fedeltà prevale sull’efficienza, in Il Sole 24 Ore, 11 Ottobre 2002: “i
dipendenti pubblici sapranno che, d’ora in poi, a essi non si chiede efficienza,
ma fedeltà, perché debbono avere la fiducia del vertice politico”. Stefano Sepe,
Un advisor per vigilare sullo spoils system, in Il Messaggero, 6 Novembre 2005,
ha sottolineato come “Rispetto al sistema precedente i responsabili politici
hanno certamente mano più libera rispetto al passato. Valutato nel suo insieme,
lo spoils system “all’italiana” ha dato cattiva prova, poiché la sostanziale
precarizzazione dell’alta dirigenza ha finito per produrre fenomeni di
acquiescenza (se non di aperto vassallaggio) nei confronti dei vertici
politici”. Egli pensa quindi che un modo per risolvere la questione possa essere
l’istituzione di un organismo che verifichi la sussistenza dei presupposti
qualitativi di un candidato prescelto dal politico. Raffaello Sestini, Quale
riforma della pubblica amministrazione, fra interesse pubblico e principi
sanciti dall’articolo 97 della Costituzione (intervento al convegno “Riforma
della dirigenza, pubblica amministrazione e diritti dei cittadini”del CRS di
venerdì 27 febbraio 2004, Roma, ex-hotel Bologna), in www.clubdirigentipa.it,
segnala la sentenza del TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, n. 3276 del 2003 (di cui
anche infra in nota 8), “secondo cui dovrebbe essere evitato lo stesso nome di "spoils
system", mutuato dagli ordinamenti anglosassoni, che designa un istituto
particolare dell'ordinamento nord-americano, connesso all’alternanza di governo
piena e ad una concreta e diffusa mobilità del lavoro, che non ha corrispondenza
nel nostro ordinamento, che si manifesta estraneo alla nostra consuetudine
giuridica e la cui applicazione in ogni caso troverebbe ostacolo nei principi
costituzionali che reggono l'organizzazione della pubblica amministrazione.
Secondo la predetta sentenza, infatti, gli articoli 97 e 98 della Costituzione
assegnano alla pubblica amministrazione un ruolo fondamentale per la democrazia,
riconoscendole attribuiti che concorrono a esprimere l'essenza dello Stato di
diritto: professionalità (agli uffici pubblici, e non solo a quelli iniziali, si
accede in base al merito, con procedure selettive, non per scelta libera e
immotivata), esclusività (i pubblici dipendenti sono all'esclusivo servizio
della Nazione), produttività nel pubblico interesse (perseguire interessi
privati costituisce reato), imparzialità, legalità e indipendenza”. In argomento
si veda anche F. Di Caro, Lo spoils system alla luce dei principi formulati
dalla Corte Costituzionale, in www.aransicilia.it/evidenza/20090211.pdf.
8 Vi è poi la previsione di cui all'art. 6 della legge n.
145/2002: anch'essa disciplina un'ulteriore ipotesi di spoils system, la quale
fa però riferimento alle nomine degli organi di vertice e dei componenti dei
consigli di amministrazione o degli organi equiparati degli enti pubblici, delle
società controllate o partecipate dallo Stato, delle agenzie o di altri
organismi comunque denominati, conferite dal Governo o dai Ministri. In
occasione di una pronuncia su detta norma, il Tribunale Amministrativo di Roma
ha avuto modo di affermare, nella sentenza del 17 Ottobre 2006, n. 10435 (in
www.giustizia-amministrativa.it), che “la ratio della L. n. 145 del 2002 è di
consentire la conferma, la revoca, la modifica o il rinnovo degli incarichi, per
i quali è venuto meno il rapporto fiduciario con l’organo politico, anche
volendo intendere tale rapporto come di fiducia tecnica. E’ stato puntualmente
chiarito ... che detta legge mira infatti ad impedire, per quanto possibile, che
il nuovo Governo si trovi ad operare in un rapporto istituzionale non sereno con
l'apparato burocratico e che nella realizzazione del suo programma politico in
conformità agli impegni presi con gli elettori incontri difficoltà e ostacoli
frapposti dall'azione contraria di funzionari «infedelmente» fedeli alla parte
politica che a suo tempo li espressero. La legge mira, dunque, a tenere a freno
le situazioni di contrasto che potrebbero emergere dal cambio di Governo proprio
al fine di assicurare l'efficienza della Pubblica amministrazione, nonché di
garantire una gestione amministrativa in piena assonanza con le regole
costituzionali del buon andamento. La continuità della Pubblica amministrazione
risulterebbe infatti indebolita se gli organi di vertice conducessero una azione
contraria al Governo. Oggetto della valutazione è, pertanto, l'idoneità tecnica
del dirigente a fornire leale e fattiva collaborazione al perseguimento degli
obiettivi del potere esecutivo. Nella sostanza la L. n. 145 del 2002 attribuisce
al nuovo Governo un potere di verifica della fedeltà del funzionario e della sua
capacità di godere di piena fiducia”; detta sentenza riprende quanto affermato
da TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, n. 3276 del 2003 (cit. alla nota 7) in
www.giustizia-amministrativa.it. In argomento si veda anche G. Gruner,
L'impossibile rivincita del merito sulla fiducia e le garanzie del procedimento
nei rapporti tra politica e amministrazione, in Foro Amm. CdS, 2007, 280.
9 L’articolo prosegue poi occupandosi degli incarichi di
funzione dirigenziale di livello non generale (per i quali invece non è prevista
la cessazione automatica ma anzi l’automatica conferma dell’incarico ove nessun
provvedimento sia adottato) e ribadendo come, con l’entrata in vigore delle
modifiche apportate all’art. 19, i dirigenti che non abbiano avuto riattribuito
l’incarico in precedenza svolto debbano ottenerne uno equivalente dal punto di
vista della retribuzione e, ove ciò non sia possibile, un incarico di studio di
durata non superiore ad un anno. Si veda l’ordinanza del Tribunale di Roma, 21
febbraio 2003 , in http://db.formez.it/contenzioso.nsf/46f5030cfe709641c1256b50003d626e/86fa0d6a294862a0c1256d340045c607/massima/M2/trmord21_2_03_mastroberard.rtf?OpenElement,
secondo cui in materia di cessazione dagli incarichi dirigenziali ex art. 3,
comma 7, della l. n. 145 del 2002, il provvedimento con il quale
l’amministrazione attribuisce al dirigente un incarico di studio dev’essere
congruamente motivato e dev’essere preceduto da tutte le garanzie di
partecipazione e comunicazione, in ossequio ai principi di legalità e
trasparenza dell’azione amministrativa e soprattutto al principio costituzionale
di imparzialità, che ispira l’obbligo di motivare adeguatamente la scelta di non
attribuire al dirigente cessato dall’incarico un incarico di funzione
dirigenziale equivalente.
10 In Rassegna di giurisprudenza, di Bruno Valensise, in
www.astrid-online.it/Riforma-de1/La-riforma/Studi--ric/VALENSISE-Spoil-system-2.pdf.
Sul punto, ved. anche A. Blasco, Spoil system: lo stato della giurisprudenza, in
LPA, 2003, 6.
11 In http://db.formez.it/contenzioso.nsf/46f5030cfe709641c1256b50003d626e/9bb21a4bb7070090c1256cda00739f52/$FILE/trmord_3_2_2003_girasole.rtf.
12 Da segnalare quanto riportato da L. Puzelli, in Spoil system
in tema di dirigenza nel pubblico impiego, in Lavoro e previdenza oggi, 2005, n.
2, secondo cui invece il Tribunale di Roma, Sezione seconda lavoro, con una
serie di sentenze depositate il 18 giugno 2003, ha affermato che lo spoils
system è “legittimo e non danneggia i Dirigenti estromessi”.
13 In www.giurcost.org..
14 In www.clubdirigentipa.it.
15 Ai sensi dell'art. 21 del D. Lgs. n. 165/2001.
16 Ci sono stati in seguito altri incidenti di
costituzionalità: da segnalare l’ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione IV
Lavoro, 4 novembre 2005, in
www.clubdirigentipa.it/il_dirigente_pubblico/giurisprudenza_e_pareri.asp , che
ritiene necessario un atto formale di revoca con l'osservanza di un formale
procedimento e così afferma: “Come hanno già avuto modo di evidenziare altri
giudici di questo Tribunale, si rileva innanzitutto una violazione dell'art. 97
e 98 Cost.. (…) L'art. 3 comma 7 1.n.145 del 2002, consentendo alla p.a. delle
scelte per le quali non è previsto 1'obbligo di motivazione, almeno quanto alla
mancata riattribuzione dell'incarico dirigenziale, apre di fatto la possibilità
per 1'amministrazione di revocare gli incarichi in modo affatto arbitrario,
all'ipotizzabile fine di redistribuirli a dirigenti ritenuti più affidabili dal
punto di vista della consonanza politica. Questi ultimi, infatti, tenderanno ad
essere ulteriormente soggetti "ad una condizione di istituzionale debolezza".
(...) La soluzione perseguita con la l. n. 145 del 2002 finisce per evidenziare
un improprio utilizzo dello strumento legislativo per conseguire effetti propri
di un atto amministrativo (appunto la revoca dell'incarico dirigenziale) con la
conseguenza di privare il lavoratore di ogni tutela ed in violazione degli artt.
70 e 97 commi 1 e 2 Cost.". Anche il Tribunale di Roma, sez. IV lav., con
l’ordinanza 18 gennaio 2006 ha rimesso gli atti alla Corte Costituzionale, in
www.clubdirigentipa.it.; da segnalare anche la rimessione degli atti per
rilevanza e non manifesta infondatezza da parte del Tribunale di Roma il 10
Marzo 2006, in www.clubdirigentipa.it.
17 La Corte Costituzionale è anche intervenuta in materia di
spoils system nella dirigenza regionale con le sentenze n. 233/2006 e 104/2007.
Nella sentenza n. 233/2006 si afferma la legittimità dello spoils system in caso
di incarichi dirigenziali di livello generale, conferiti direttamente dal
vertice politico e, dunque, ad esso contigui; il criterio è quello della natura
dell’autorità che ha il potere di conferire l’incarico, intendendosi per apicali
gli incarichi dirigenziali conferiti dall’organo politico. La sentenza n.
104/2007 sembra sostituire a detto criterio quello del rapporto istituzionale
diretto e immediato fra l’organo politico e i direttori generali; la legittimità
dello spoils system dipende dalla effettiva contiguità organizzativa tra organo
politico e dirigente. Inoltre, la Corte ricava un altro parametro di legittimità
dello spoils system dal principio di efficienza dell’amministrazione, che è uno
dei significati del principio del buon andamento: esso impone la necessità di
“garantire la regolarità e la continuità dell’azione amministrativa e, in
particolare, dei pubblici servizi, anche al mutare degli assetti politici”.
Afferma S. De Gotzen: “il principio di buon andamento, quindi, è fondamento sia
della “fiduciarietà” che implica lo spoil system di parte della dirigenza
apicale, per garantire la coesione con gli organi politici nell’attuazione e,
normalmente, nell’elaborazione dell’indirizzo politico; sia delle regole che
vengono a bilanciare tale sistema e richiedono la continuità dell’azione
amministrativa e verifiche periodiche sull’attività di gestione dei dirigenti”:
cfr. S. De Gotzen, Il bilanciamento tra spoil system e principio di distinzione
tra politica e amministrazione nella dirigenza regionale, in Le Regioni, 5/2007
e in www.giurcost.it. F. Merloni esprime qualche perplessità circa il criterio
scelto dalla Corte Costituzionale, ossia il livello organizzativo degli
incarichi e non già i compiti svolti dai dirigenti, anche se ritiene giusta la
direzione della riduzione dell’area della fiduciarietà: cfr. F. Merloni, Lo
spoils system è inapplicabile alla dirigenza professionale: dalla Corte nuovi
passi nella giusta direzione, in Le Regioni, 5/2007 e in www.giurcost.it. Per un
commento alla sentenza n. 104/2007 si veda anche F. Jorio, Lo spoil system viene
nuovamente ridisegnato dal giudice delle leggi con le sentenze nn. 103 e 104 del
2007: stabilizzazione della dirigenza e giusto procedimento, in
www.federalismi.it, n. 8/2007; l’Autore condivide la necessità – espressa dalla
Corte – di procedere alla valutazione del dirigente pubblico attraverso un iter
procedimentale, a prescindere dal ricambio governativo. Si veda anche G. Gruner,
Considerazioni intorno agli istituti di spoils system previsti dall’art. 19
comma 8 d. lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 6 comma 1 della l. n. 145 del 2002
alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, in Foro Amm. TAR 2007,
1844; A. Galimberti, Spoils system, ma controllato, in
www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Norme%20e%20Tributi/2008/05/spoils-system-controllato.shtml?uuid=8140ce70-2721-11dd-9a87-00000e25108c&type=Libero.
18 G. Corso e G. Fares commentano la sentenza n. 103/2007,
sottolineando come uno dei veri profili di interesse della pronuncia sia la
strada indicata per ricondurre nell’alveo della legalità costituzionale lo spoil
system nazionale, ossia far precedere la cessazione dell’incarico da una previa
fase valutativa: cfr. G. Corso - G. Fares, Quale spoils system dopo la sentenza
103 della Corte Costituzionale? , in www.giurcost.org e www.giustamm.it. Sul
punto si vedano anche F. Jorio, Lo spoil system viene nuovamente ridisegnato dal
giudice delle leggi con le sentenze nn. 103 e 104 del 2007: stabilizzazione
della dirigenza e giusto procedimento, in www.federalismi.it, n. 8/2007; C.
D'Orta, Cinque proposte per una reale funzionalità, in LPA, n. 2/2007, pagine
442 e seguenti; M. Pallini, Sulle tristi sorti del principio di distinzione tra
politica e amministrazione nella disciplina della dirigenza pubblica, in La
Dirigenza, Milano, 2009, pagine 111 e seguenti; G. Gruner, Considerazioni
intorno agli istituti di spoils system previsti dall’art. 19 comma 8 d. lgs. n.
165 del 2001 e dall’art. 6 comma 1 della l. n. 145 del 2002 alla luce della
recente giurisprudenza costituzionale, in Foro Amm. TAR 2007, 1844; C.
Chiappinelli, Spoils system, procedure di bilancio e disegno amministrativo: la
sentenza n. 103 del 2007 della Consulta ed i problemi ancora aperti, in Foro
Amm. CdS, 2007, 1355. Per quanto concerne le conseguenze della pronuncia n.
103/2007 della Corte Costituzionale, si veda C. Mari, Il risarcimento del danno
da spoils system, in GDA, n. 4/2008, 419, in cui viene commentata la sentenza
del Tribunale di Roma, sezione lavoro, del 19 Luglio 2007. In essa si
approfondisce il passaggio dalla dirigenza come status alla dirigenza
“funzionale”, ossia ad una dirigenza intesa come “mezzo specifico di esercizio
della funzione amministrativa”, dunque l’attività dirigenziale è volta al
perseguimento degli interessi generali della collettività. Il Tribunale di Roma
dichiara il diritto dei dirigenti ricorrenti all’assegnazione di un incarico
equivalente e riconosce loro il diritto al risarcimento del danno (per
violazione dei diritti ad una retribuzione equivalente, alla reputazione
personale, all’immagine e all’opportunità di carriera).
19 Per commenti alla sentenza si vedano M. Ferretti, I limiti
dello spoils system nella giurisprudenza della Corte costituzionale, in LPA, n.
2/2008, 369; O. Forlenza, La cessazione ex lege del rapporto di lavoro non dà
continuità all'azione amministrativa, in Guida al dir., n. 25/2008, 101; G.
Ronconi, Lo spoil system visto dalla Corte Costituzionale: il rapporto tra
politica e amministrazione, in www.filodiritto.com/index.php?azione=visualizza&iddoc=1127.
Detta sentenza ha tratto origine dall'ordinanza di rimessione del 9 Luglio 2007
del Tribunale di Roma. Un'altra ordinanza di rimessione alla Corte
Costituzionale per il vaglio dell'art. 2, commi 159, 160 e 161 è stata quella
del TAR Lazio, Roma, Sezione III-bis del 1° Gennaio 2007, n. 1143, in
www.giustizia-amministrativa.it e Foro Amm. TAR, 2007, 3149.
20 Si vedano sul punto: F. Cortese, Spoils system e illegittima
rimozione di dirigenti pubblici: la Corte costituzionale afferma
l'inderogabilità della reintegrazione nel posto di lavoro, in Le Regioni,
1/2009; M. Magri, L'incostituzionalità dello spoils system e la reintegrazione
del dirigente, in GDA, 5/2009; O. Forlenza, Una forma onerosa di spoils system
che aggrava l'originario pregiudizio, in Guida al dir., n. 44/2008, 97. Detta
sentenza è stata applicata dalla sentenza delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, 16 Febbraio 2009, n. 3677, in www.altalex.com, ed ha tratto origine
dall'ordinanza del Consiglio di Stato del 16 Ottobre 2007, n. 5388, commentata
in D. Bolognino, Nuove ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale: alcune
riflessioni sulle “estensioni” legislative dello spoils system e sulla
valutazione del personale con incarico dirigenziale, in LPA, n. 1/2008, 58.
21 Il testo del comma 8 è il seguente: “Gli incarichi di
funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano decorsi novanta giorni dal voto
sulla fiducia al Governo” (come sostituito dall'art. 3, L. 15.07.2002, n. 145).
L’articolo è stato poi modificato dal comma 159 dell’art. 2, D. L. 3 Ottobre
2006, n. 262, come modificato dalla relativa legge di conversione: “Gli
incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3, al comma 5-bis,
limitatamente al personale non appartenente ai ruoli di cui all’articolo 23, e
al comma 6 cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo”. Da
ultimo la norma è stata modificata dall’art. 40 del D. Lgs. 27 Ottobre 2009, n.
150, che ha ripristinato il comma nella versione introdotta dalla legge n.
145/2002, in attuazione della legge 4 Marzo 2009, n. 15, che ha delegato il
Governo, tra l'altro, a procedere alla modifica della disciplina della dirigenza
pubblica. Tra i principi e i criteri direttivi fissati vi è “ridefinire i
criteri di conferimento, mutamento o revoca degli incarichi dirigenziali,
adeguando la relativa disciplina ai princìpi di trasparenza e pubblicità ed ai
princìpi desumibili anche dalla giurisprudenza costituzionale e delle
giurisdizioni superiori, escludendo la conferma dell’incarico dirigenziale
ricoperto in caso di mancato raggiungimento dei risultati valutati sulla base
dei criteri e degli obiettivi indicati al momento del conferimento
dell’incarico, secondo i sistemi di valutazione adottati
dall’amministrazione...” (art. 6, c. 2, lettera h). Il fine è quello di
“rafforzare il principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo
spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa
spettanti alla dirigenza, nel rispetto della giurisprudenza costituzionale in
materia, regolando il rapporto tra organi di vertice e dirigenti titolari di
incarichi apicali in modo da garantire la piena e coerente attuazione
dell’indirizzo politico degli organi di governo in ambito amministrativo” (art.
6, c. 1). Si veda il testo della legge in Guida al dir., n. 13/2009, pagina 14,
con commento di M. Clarich, La “cura Brunetta” punta su formazione e premi ma il
giudizio è rinviato ai decreti legislativi, pagina 38.
22 Così si esprime la sentenza n. 103/2007 della Corte
Costituzionale.
23 Cfr. S. Cassese Il rapporto tra politica e amministrazione e
la disciplina della dirigenza, in Associazione Italiana Professori di Diritto
Amministrativo, Annuario 2003, Milano, 2004.
24 Ma questa previsione, come si è visto, è stata dichiarata
incostituzionale.
25 Cfr, S. Cassese Il rapporto tra politica e amministrazione e
la disciplina della dirigenza, in Associazione Italiana Professori di Diritto
Amministrativo, Annuario 2003, Milano, 2004; Sabino Cassese riporta poi alcune
cifre relative all’applicazione della legge n. 145/2002: “a seguito della
riforma, 115 dirigenti generali, su un totale di 445, non sono stati confermati.
Il venticinque per cento circa della dirigenza italiana è stato destituito dal
proprio incarico.”
26 Invece per Gianluca Gardini, L’imparzialità amministrativa
tra indirizzo e gestione, Milano, 2003, imparzialità non è sinonimo di
neutralità politica, e quindi non c’è conflitto tra imparzialità e investitura
fiduciaria; imparzialità è sinonimo di democraticità: occorre che l’azione della
pubblica amministrazione risponda all’interesse generale. “Il punto essenziale
sta nell’individuare il limite tra il legame fisiologico e quello patologico che
unisce la politica all’amministrazione” e “fino a quando questo metodo di
selezione interessa la sola fascia apicale della dirigenza – ossia coloro che,
occupando le posizioni più elevate nella gerarchia burocratica e operando a
stretto contatto con i vertici politici, sono responsabili direttamente della
trasmissione degli indirizzi politico-amministrativi agli organi di gestione –
il collegamento tra i vari livelli decisionali potrà considerarsi corrispondente
al canone di imparzialità”.
27 Cfr. S. Cassese, Il dirigente pubblico non si giudica dalla
fedeltà politica, Il Sole 24 Ore, 16 febbraio 2003, in
www.clubdirigentipa.it/public/sole24ore_16_feb_03.rtf
28 Cfr. F. Carinci, Regola maggioritaria, alternanza e bulimia
riformatrice, in LPA, 2002, 843; M. G. Garofalo, La dirigenza pubblica
rivisitata, in LPA, 2002, 887.
29 Cfr. G. D’Alessio e B. Valensise, Incarichi di funzione
dirigenziale, in Carinci F. e Zoppoli L. (a cura di), Il lavoro nelle pubbliche
amministrazioni, Torino, 2004, 1064.
30 Cfr. S. Cassese, Il nuovo regime dei dirigenti pubblici
italiani: una modificazione costituzionale, in GDA, 2002, 1341.
31 Cfr. P. Sciortino, Spoils system “una tantum”: i rapporti
tra politica ed amministrazione secondo la Consulta, in Il Lavoro nella
Giurisprudenza, n. 8/2007.
32 C. Salvi e M. Villone, Il costo della democrazia, Milano,
2005.
33 Cfr. G. Gardini, L’imparzialità amministrativa tra indirizzo
e gestione. Organizzazione e ruolo della dirigenza pubblica nell’amministrazione
contemporanea, Milano, 2003, 20.
34 Cfr. P. Cerbo, Ragioni e problemi dello “spoil system”, 20
Novembre 2002, in www.lavoce.info.
35 Cfr. Patroni Griffi, Dimensione costituzionale e modelli
legislativi della dirigenza pubblica, Napoli, 2002. G. Gruner è favorevole
all’esistenza di un rapporto di “coesione” tra i titolari degli organi politici
e i titolari degli organi dirigenziali di vertice delle amministrazioni dello
stato al fine della realizzazione del principio di buon andamento: cfr. G.
Gruner, Considerazioni intorno agli istituti di spoils system previsti dall’art.
19 comma 8 d. lgs. n. 165 del 2001 e dall’art. 6 comma 1 della l. n. 145 del
2002 alla luce della recente giurisprudenza costituzionale, in Foro Amm. TAR
2007, 1844. L’Autore in detto articolo evidenzia che una tale ipotesi di spoils
system non sembra porsi in conflitto con i principi costituzionali: né con il
buon andamento, né con l’imparzialità, né con quello per cui i pubblici
impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione; specifica comunque che
“coesione” non significa “clientelismo, lottizzazione o partitocrazia”, bensì
essa potrebbe definirsi come una “fiducia tecnico-politica”, infine, auspica che
anche per tali figure dirigenziali abbiano le stesse “garanzie procedimentali”
di cui tratta la sentenza n. 103/2007 della Corte Costituzionale, ritenendo
migliore la disciplina previgente alla legge 145/2002. Cfr. anche G. Gruner,
L'impossibile rivincita del merito sulla fiducia e le garanzie del procedimento
nei rapporti tra politica e amministrazione, in Foro Amm. CdS, 2007, 280. Anche
secondo D. Mezzacapo era migliore la disciplina precedente, che contemplava la
necessità di un provvedimento espresso per la rimozione: D. Mezzacapo, Il
conferimento degli incarichi tra autonomia privata e discrezionalità
amministrativa, in La Dirigenza, Milano, 2009.
36 Cons. Stato, sez. IV, 6 Aprile 1993, n. 393, in Foro Amm.
CdS, 1993, 667 e Cons. St., 1993, I, 486.
37 M. Lanotte, Il licenziamento del dirigente pubblico, Torino,
2003.
38 Cfr. nota 32.
39 Cfr. V. Talamo, Lo spoils system all’italiana fra legge
Bassanini e legge Frattini, in Associazione Italiana Professori di Diritto
Amministrativo, Annuario 2003, Milano, 2004.
40 L’Autore poi sottolinea come manchino delle condizioni
perché questo sistema possa funzionare: in primo luogo, l’accesso alla dirigenza
dall’esterno avrebbe dovuto essere limitato a pochissimi incarichi, cosa che non
è avvenuta. In questo modo, “si nega il principio per cui il dirigente da
preporre all’ufficio deve essere selezionato, a monte, sulla base del possesso
di determinati requisiti di professionalità. In secondo luogo, il sistema
avrebbe potuto funzionare se fosse stato realmente istituito un sistema di
valutazione della performance dirigenziale, perché un sistema di valutazione, al
di là di ogni altra considerazione, costituisce un freno obiettivo all’esercizio
dell’arbitrio da parte del potere politico, se non altro perché funge come
strumento di controllo sociale. In terzo luogo, occorreva rispettare il
principio per cui se un dirigente ha ben operato non può essere rimosso, perché
in queste ipotesi una rimozione è sempre arbitraria”. Sul punto, si veda anche
Valentina Milani, Il regime degli incarichi dirigenziali al vaglio della Corte
Costituzionale, in GDA, 2005, 4, secondo cui “Appare incongruo interpretare il
rapporto tra organo di indirizzo e titolare della funzione dirigenziale in
termini di investitura fiduciaria tout court, quale scelta arbitraria improntata
a mero gradimento politico. Tale rapporto deve correttamente assumere i
contenuti della lealtà professionale del dirigente nella gestione e nella
attuazione degli indirizzi impartiti dal ministro. Solo in questo significato, è
plausibile parlare di fiducia”.
41 Cfr. C. Di Andrea, Lo spoils system: noterelle sulla
disciplina della dirigenza pubblica in Italia e spunti comparatistici, in
Istituto per la Documentazione e gli Studi legislativi, Rassegna parlamentare.
N. 3. Luglio – Settembre 2003, Milano: secondo l'Autrice, quella tra
imparzialità e fiduciarietà è una tensione ineliminabile, perciò occorre un
rafforzamento della dirigenza pubblica. Anche la Corte Costituzionale, sent. n.
193/2002, ha affermato l’esigenza di rafforzamento di posizione dell’alta
burocrazia rispetto al potere politico. Sul punto, cfr. Valentina Milani, Il
regime degli incarichi dirigenziali al vaglio della Corte Costituzionale, in GDA,
2005, 4.
42 Si veda L. Bordogna, Per una maggiore autonomia dell'alta
dirigenza pubblica: una proposta, in www.pietroichino.it/wp-content/uploads/2009/07/bordogna.pdf.
L'Autore riporta alcuni degli epiteti usati per qualificare l'alta dirigenza:
“Giano bifronte”, “figura bicefala”, “soggetto composito”, etc.
43 Cfr. F. Merloni, Distinzione tra politica e amministrazione
e spoils system, in www.unipg.it/~scipol/tutor/uploads/merloni.doc, che rileva
che “i due fenomeni (distinzione tra politica e amministrazione da un lato e
spoils system dall'altro, n.d.r.) possono avere delle interferenze evidenti” e
che “il principio della distinzione tra politica e amministrazione non gode di
ottima salute, ma non è morto... Su di esso si aggira, però, ricorrente, lo
spettro dello spoils system, la cui applicazione generalizzata sicuramente
ridurrebbe il mantenimento della distinzione di competenze a mero simulacro,
anzi ad un vero e proprio inganno, con gli organi politici in grado di
condizionare fortemente il comportamento della dirigenza, senza assumere la
responsabilità amministrativa degli atti, che continua a ricadere esclusivamente
sui dirigenti (...) Lo spoils system, ormai è chiaro, pregiudica la distinzione
tra indirizzo e gestione se è generalizzato, se cioè invade aree che le devono
essere sottratte e se sottopone la dirigenza professionale a condizionamenti e
pressioni indebite”. Dello stesso autore, si veda Verso una maggiore
delimitazione dello spoils system?, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, in
cui afferma che “il principio della distinzione (...) appare ad oggi rispettato
nella forma (...), ma costantemente aggirato nella sostanza (...) dalla stessa
configurazione giuridica dei rapporti tra politica e amministrazione. Al centro
di questi rapporti è indubbiamente l’incarico dirigenziale e in particolare la
sua durata, la possibilità di revocarlo anticipatamente o di farlo decadere
automaticamente in occasione del mutamento della compagine di governo. Una
impropria regolazione di questi istituti può produrre una sostanziale
subordinazione della dirigenza, con la sua conseguente disponibilità ad
accogliere pressioni che la legge ha esplicitamente escluso. (...) Se lo spoils
system si applica ad una ristretta area fiduciaria il principio di distinzione
può ritenersi rispettato anche nella sostanza, perché la dirigenza fiduciaria è
attratta nell’orbita degli organi di indirizzo (collabora con essi per la
formazione degli atti di loro competenza), mentre la dirigenza professionale,
sottratta allo spoils system, può operare in modo indipendente e imparziale”.
Analogamente, si veda quanto affermato in "Gestione delle risorse umane:
strumenti ed orientamenti". Numero 5: la privatizzazione del lavoro pubblico
1993-2003, 2004, in http://db.formez.it/FontiNor.nsf/2d268502b6c0b16dc1256d05002a24d4/550c37e50f3109b9c1256f97005867b3?OpenDocument:
“Il regime di spoil system (...) espone continuamente il dirigente al ricatto
implicito della riconferma, che si presenta un formidabile strumento di
conformizzazione indotta se non addirittura lo spinge alla ricerca di strumenti
di consenso alternativi, integrativi e di supporto, come il favore del
sindacato”.
44 Cfr. B. Dente, In un diverso Stato, Bologna, 1995, 31.
45 Cfr. G. D'Auria, La tormentata riforma della dirigenza
pubblica, in LPA, 2001, 1: il principio della distinzione tra politica e
amministrazione “è, in astratto, chiarissimo. Lo è meno nella sua pratica
attuazione, dove non è facile tracciare linee nette tra “politica” e
“amministrazione”. Si tratta sempre, quindi, di confini mobili”.
46 E. Presutti, Lo Stato parlamentare ed i suoi impiegati
amministrativi, Napoli, 1899, 19.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 10/12/2009