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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
Sulla pronuncia del
Tar Palermo, sez. I, sent. n. 1633/2009
con cui si estromette, per mancanza di legittimazione processuale, Legambiente
Comitato Regionale Siciliano dal giudizio.
NICOLA GIUDICE
Nella sentenza del Tar viene richiamato un orientamento giurisprudenziale
restrittivo del Consiglio di Stato, che tenderebbe ad escludere la
legittimazione processuale delle articolazioni territoriali delle associazioni
ambientalistiche riconosciute ex art. 18 l. 349/86 ( Consiglio di Stato, VI, 19
ottobre 2007, n. 5453; 3 ottobre 2007, n. 5111; IV, 14 aprile 2006, n. 2151; V,
17 luglio 2004, n. 5136; IV, 11 luglio 2001, n. 3878; Tar Liguria, II, 17 marzo
2009, n. 323; Tar Lombardia Milano, IV, 15 dicembre 2008, n. 5786), in quanto
queste ripeterebbero il loro titolo legittimante da quello conferito
all'Associazione nazionale di cui fanno parte, non sono dotate di autonoma
legittimazione ad agire in giudizio nemmeno per l'impugnazione di provvedimenti
ad efficacia territoriale circoscritta. Irrilevanti appaiono eventuali
specifiche previsioni statutarie di conferimento della legittimazione
processuale ai rappresentanti delle articolazioni territoriali. Il carattere
nazionale ( o ultraregionale) dell'Associazione costituisce, al contempo,
presupposto del riconoscimento e limite della legittimazione speciale che ha
pertanto carattere ontologicamente unitario.
Ancora, si richiama l'indirizzo giurisprudenziale che ritiene che il giudice
amministrativo possa riconoscere, caso per caso, la legittimazione delle
associazioni locali ( ma non delle articolazioni locali delle associazioni
riconosciute ex lege) , avendo l'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349
creato un ulteriore criterio di legittimazione, che si è aggiunto e non
sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l'azionabilità
dei c.d. “ interessi diffusi” in materia ambientale ( Consiglio di Stato, V, 14
giugno 2007, n. 3192).
Tale tesi si presta ad alcune osservazioni critiche alla luce di un
interpretazione che tiene conto di principi Costituzionali, delle stesse
argomentazioni contenute nelle sentenze restrittive dell'ammissibilità di una
legittimazione delle articolazioni locali delle associazioni riconosciute ex
art. 18 l. 349/86, e conseguentemente della necessità di interpretare in modo
evolutivo i fatti e le norme già presenti nell'ordinamento (il settore del
diritto ambientale è stato una delle “nursery”, storicamente, di questo metodo
di lavoro, anticipando diritti e tutelando beni che erano privi di riferimenti
normativi puntuali).
Necessita precisare che le osservazioni riguardano le articolazioni locali
dell'associazione Legambiente, perchè questa - a differenza di altre
associazioni - ha perseguito da sempre un modello associativo ispirato al
principio di sussidiarietà orizzontale (che vedremo esposto successivamente
richiamando la significativa sentenza del Tar Liguria, Genova, sez. I, 18 marzo
2004, n. 267), principio ben sintetizzato nello “slogan” associativo Pensare
globalmente, agire localmente, al fine di rendere i cittadini protagonisti,
partecipi e propositivi nelle scelte e nelle decisioni che riguardano il proprio
territorio.
Lo statuto nazionale di Legambiente Onlus, approvato nel dicembre 2007, contiene
numerosi articoli che sottolineano l'autonomia ampia, non solo dell'espressione
regionale dell'associazioni, ma anche dei circoli territoriali.
L'art. 24 Statuto Naz. attribuisce ai Presidenti regionali la rappresentanza in
giudizio dell'associazione nazionale. L'art. 32 Stat. Naz. definisce organi
decentrati di Legambiente i Comitati regionali ed i Circoli. I Comitati
Regionali sono autonomi per quanto concerne il loro ambito territoriale, si
organizzano sul territorio regionale secondo autonome decisioni. I Comitati
Regionali delle regioni con statuto speciale possono adottare, d'intesa con il
Comitato Direttivo nazionale, misure atte a corrispondere alle loro esigenze
specifiche. Sono base associativa dei Comitati regionali tutti i soci che
ricadono nel loro ambito territoriale. L'art. 33 Stat. Naz. , dopo avere
disposto che gli organi dirigenti collegiali dei Comitati regionali svolgono
compiti analoghi a quelli dei corrispondenti organi nazionali e funzionano con
le medesime precisa che il Congresso Regionale può decidere eventuali
modificazioni nella struttura, nella elezione e nella denominazione degli organi
dirigenti del Comitato Regionale. L'art. 38 Stat. Naz. dispone che possono
aderire a Legambiente circoli territoriali , associazioni di settore, di
categoria, cooperative, istituti, altre realtà organizzate, che conservano la
loro autonomia e i loro organismi dirigenti, purchè adottino la tessere sociale
e condividano le finalità dello Statuto. L'art. 43 Stat. Naz. stabilisce che
tutte le basi associative aderenti, le istanza territoriali e regionali,
conservano la propria autonomia giuridica, amministrativa e patrimoniale e
l'art. 43 Stat. Naz. che gli organi dirigenti nazionali dell'associazione non
rispondono delle obbligazioni assunte dalle basi associative territoriali.
Esaminiamo lo Statuto di Legambiente Comitato Regionale Siciliano Onlus.
L'associazione, all'art. 1 dichiara di aderire alla Legambiente Nazionale e di
operare per il raggiungimento dei propri scopi nell'ambito del territorio della
regione Siciliana. Conferisce espressamente al Presidente Regionale la
rappresentanza in giudizio dell'associazione (art.22) .
Tutte le norme contenute nel detto statuto, a cui interamente ci richiamiamo,
sono assolutamente indicative di criteri già individuati in giurisprudenza per
considerare le articolazioni territoriali non come meri organi dell'associazione
maggiore, ma come vere e proprie associazioni non riconosciute e cioè dotate di:
a) autonomia patrimoniale; b) organizzazione propria definibile in base alla
disponibilità e gestione di un proprio patrimonio derivante dai contributi
provenienti dagli associati, dalla redazione e gestione di un proprio bilancio,
dall'esistenza di una organizzazione distinta da quella di vertice e
caratterizzata da un'assemblea e organi direttivi da essa nominati.
Sul punto merita una particolare segnalazione la sentenza del Tribunale di
Palermo, G.U. Dott. Roberto Conti, 22 maggio 1998, sul procedimento portante il
numero 1472/97, nella causa tra Associazione Regionale Consumatori e Ambiente
Adiconsum e Aereoviaggi s.p.a., che riconosce la legittimazione processuale
all'associazione “non può allora dubitarsi che dalla documentazione emerge
univocamente che detta associazione, costituita nell'anno 1988 – v. atto in
Notar Pizzuto del 4.11.1988, ha ormai raggiunto un significativo grado
continuità ed effettività nel conseguimento dei propri fini statutari percepito
anche dalla comunità regionale di appartenenza, ponendosi così nel tempo come
serio intelocutore delle problematiche concernenti la tutela del consumatore.
Un ulteriore elemento rafforzativo della legittimazione processuale della detta
associazione è sicuramente rappresentato dal riconoscimento regionale, requisito
presente anche per la Legambiente CRS, e dal fatto che la normativa regionale ha
inteso predisporre un quadro normativo finalizzato ad applicare nella Regione
Siciliana le leggi anzionali e comunitarie. Va osservato altresì che ancorchè
l'individuazione degli indici di rappresentività previsti dalla legge potrebbe
non considerarsi esaustiva al fine di inferire l'effettività dell'azione svolta
dalle associazioni regionali, non può escludersi che il compendio degli elementi
in possesso di questo giudice ..esclude che l'Adiconsum sia un gruppo effimero .
Me v’è di più, Legambiente – CRS – è stata riconosciuta dalla legislazione
regionale in materia di parchi e riserve naturali e di caccia (ll.rr. 98/81 e
33/97) esprimendo propri rappresentanti nei comitati e negli organi consultivi
previsti dalle suddette leggi ed è attualmente titolare di convenzioni con l
'Assessorato Territorio ed Ambiente per la gestione di riserve naturali, inoltre
persegue le finalità della conservazione della natura e promuove e svolge
attività di vigilanza per il rispetto delle leggi e delle norme poste a tutela
dell'ambiente nel territorio regionale, come è fatto ormai noto per l'ampio
risalto sulla stampa e per le ormai numerosissime ammesse costituzioni di parte
civile, come Legambiente CRS, nei processi penali nei Tribunali di Palermo,
Messina, Catania, Trapani , Agrigento e per la ormai quasi ventennale presenza
dell'associazione nei Tribunali Amministrativi siciliani e nel Consiglio di
Giustizia Amministrativo. Non va ancora ignorata la copiosa partecipazione della
Legambiente CRS e dei suoi rappresentanti in tantissimi procedimenti riguardanti
l'ambiente siciliano.
Va rilevato altresì che Legambiente CRS svolge il suo compito statutario:
1. promuovendo la partecipazione dei cittadini alla difesa dell'ambiente e alla
definizione della propria qualità della vita;
2. perseguendo la protezione della persona umana e delle specie animali e
vegetali e dell'ambiente;
Ciò nell’ambito del territorio regionale siciliano.
L 'art. 2 dello Statuto associativo precisa che Legambiente CRS, per il
raggiungimento dei fini sociali, utilizza gli strumenti processuali che ritiene
di volta in volta più idonei, quali, esemplificativamente, la presentazione dei
ricorsi, denunce e querele, la costituzione di parte civile nei processi penali,
l'intervento nei giudizi civili, amministrativi e contabili.
Coerentemente va richiamato il nuovo scenario costituzionale nel quale non solo
il principio di sussidiarietà orizzontale viene elevato a rango di principio ordinamentale (modifica del Titolo V, parte II Cost; art. 7 comma della legge 5
giugno 2003, n. 131), ma dove viene anche ipotizzato che il potere/dovere di
individuazione del Ministero delle associazioni ex art. 13 l. 349/86 “ non
esclude di per sé il concorrente potere del giudice di accertare, caso per caso,
la sussistenza della legittimazione ad agire dell'associazione che abbia
proposto un ricorso giurisdizionale, e ciò non sulla base dei criteri indicati
dall'art. 13 della legge n. 349/86, ma con riferimento ai diversi parametri
elaborati in via pretoria per l'azionabilità degli interessi diffusi in materia
ambientale” (Tar Liguria, Genova, sez. I, 18 marzo 2004, n. 267).
Pertanto, come precisa la citata giurisprudenza “va evidenziato il nuovo e
pregnante ruolo che l’ordinamento riconosce alla autonoma iniziativa dei
cittadini e delle loro formazioni sociali nell’esercizio di funzioni ed attività
di interesse generale, in applicazione del principio di sussidiarietà
orizzontale.
Come è noto tale principio, di origini antiche coincidenti con la nascita del
pensiero liberale e con l’evoluzione delle moderne democrazie, si sostanzia in
un generale criterio di riparto delle funzioni amministrative in base al quale
l’intervento pubblico istituzionale assume carattere sussidiario rispetto
all’iniziativa privata, nel senso che il primo si giustifica in quanto i privati
cittadini e le loro libere associazioni non siano in grado di soddisfare
efficacemente interessi ed esigenze di ordine generale. Per ciò che concerne
l’ordinamento italiano la sussidiarietà orizzontale, già rinvenibile nel
conferimento di funzioni e compiti ai privati e alle loro associazioni operato
da diverse norme del D.Lgs. n. 112/1998, ha trovato una sua prima compiuta
esplicazione con l’art. 2 della L. 265/1999 poi confluito nell’art. 3 comma 5
del D.Lgs. n. 267/2000, il quale dispone che “I Comuni e le Province svolgono le
loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente
esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni
sociali”.
Tale parametro di riparto di funzioni tra enti istituzionali e privati, è stato
quindi elevato a rango di principio ordinamentale con la recente modifica del
titolo V, parte II della Costituzione, operata con la legge costituzionale del
18 ottobre 2001, n. 3.
L’ultimo comma dell’art. 118 dispone, infatti, che “Stato, Regioni, Città
metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse
generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Il principio così enunciato, è stato poi da ultimo ribadito negli stessi
identici termini dell’art. 7, 1° comma, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, che
ha dato attuazione all’art. 118 della Costituzione in materia di esercizio delle
funzioni amministrative.
Ne consegue che l’azione dei pubblici poteri si configura come sussidiaria di
quella dei privati singoli e associati, nel senso che gli enti istituzionali
possono legittimamente intervenire nel contesto sociale, ove le funzioni
amministrative assunte siano svolte in modo più efficiente e con risultati più
efficaci che se fossero lasciate alla libera iniziativa privata, ancorché
regolamentata.
E per questa via, a ben guardare, trova congruente riscontro il principio
fondamentale contenuto nell’art. 2 della Costituzione il quale afferma la
centralità, nell’ambito dell’ordinamento giuridico, dell’individuo e delle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
In oggi, pertanto, i pubblici poteri devono agire preferenzialmente tramite il
coinvolgimento diretto dei singoli e dei gruppi sociali liberamente costituiti,
in quanto chiamati in prima persona a cogestire la funzione amministrativa
secondo il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale.
Circostanza, questa, che induce necessariamente a dover riconsiderare sotto
nuova e più pregnante luce la valenza della posizione giuridica dei soggetti
coinvolti nell’azione amministrativa.
Non v’è dubbio, infatti, che lo specifico ruolo ordinamentale attribuito ai
privati ed alle loro formazioni sociali sul piano sostanziale, riverberi i suoi
effetti anche sul piano procedimentale e processuale.
Così, per un verso, l’apporto di questi ultimi nell’ambito del procedimento
andrà valorizzato non solo in termini di mera collaborazione nell’adozione dei
provvedimenti che incidano direttamente la loro sfera giuridica, ma anche ai più
generali fini della gestione stessa della funzione amministrativa per renderla
più adeguata rispetto agli interessi pubblici perseguiti.
Per altro verso, poi, ai singoli ed alle loro formazioni sociali dovrà essere
garantita la più ampia possibilità di sindacare in sede giurisdizionale
l’esercizio di detta funzione da parte degli enti istituzionali a ciò preposti”.
Anche il più recente indirizzo giurisprudenziale ha avuto modo di conformarsi a
tale tesi.
In sostanza, come del resto si esprime una parte della giurisprudenza del
Consiglio di Stato ( quella più restrittiva- sopra citata- ), si riconosce una
legittimazione a ricorrere a quegli enti privati, anche associazioni non
riconosciute,e indipendentemente dalla loro natura giuridica, quando:
– perseguano in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale;
– abbiano un adeguato grado di stabilità;
– abbiano un sufficiente livello di rappresentatività;
– operino in un area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il
bene a fruizione collettiva che si assume leso.
Ma v'è di più. Conformemente agli artt. 9 e 10 della L. n. 241/1990 e s.m.i.,
nonché alla luce della normativa comunitaria sull’accesso alla giustizia in
materia ambientale, i portatori di interessi diffusi (melius: collettivi) che si
costituiscono in associazioni o comitati hanno facoltà di intervenire nel
procedimento, di prendere visione degli atti dello stesso, di presentare memorie
scritte e documenti; conseguentemente, non può che riconoscersi la
legittimazione ad agire in capo all'associazione ambientalista che opera
localmente e che abbia partecipato fattivamente al procedimento che ha poi
costituito oggetto della controversia.
Ancora, vanno citate due condivisibili sentenze del Tar Palermo (sez. II, 7
maggio 2005, n. 724 e la recentissima, sez. I, n. 302 del 4 febbraio 2009 ), che
proprio sulla eccezione di carenza di legittimazione processuale del Comitato
Regionale Siciliano ( e non ignorando la tesi restrittiva del Consiglio di
Stato), aderiscono all'orientamento più rispettoso della lettera e della ratio
delle disposizioni di cui agli artt. 13 e 18 della l. n. 349/86, le quali
effettivamente si limitano ad attribuire alle associazioni ambientalistiche
riconosciute in via generale la legittimazione processuale senza distinguere tra
le varie articolazioni.
Alla luce di tali pronunce, ogni Associazione deve ritenersi facultata (oltre
che essere un diritto costituzionalmente garantito) a regolamentare in concreto
la propria capacità. Appare dunque quantomeno anomalo e discutibile, sul piano
della coerenza interpretativa, che vi sia un contrasto di giudicati così
stridente in seno al medesimo Tribunale Amministrativo Regionale e su un punto
così delicato, quale quello della legittimazione di Legambiente, CRS.
Da ultimo, il Consiglio di Stato (Sez. IV, sent. 1159 del 18 marzo 2008) ha
ammesso la legittimazione degli organismi associativi ad impugnare (ovvero a
contestare in veste di interveniente) atti amministrativi generali, anche a
contenuto normativo, ritenuti illegittimi e lesivi degli interessi sostanziali
degli associati, in attuazione delle specifiche finalità statutarie di tali
organismi. In alcuni casi (come quelli delle associazioni di protezione
ambientale) gli organismi in parola, peraltro, proprio ai detti fini di tutela,
formano oggetto anche di specifico riconoscimento dell'autorità pubblica (come
già avvenuto per Legambiente CRS, con leggi e atti amministrativi regionali).
Per concludere, vanno richiamati due significativi pronunciamenti della
giurisprudenza penale e comunitaria, che forse meglio sintetizzano la necessità
che, nel valutare il riconoscimento anche alle c.d. articolazioni locali di
associazioni riconosciute ex art. 18 l. 349/86 della legittimazione ad agire in
sede giudiziaria, venga operato tale riconoscimento con criteri formali e
sostanziali più consoni ai principi Costituzionali e Generali del nostro
ordinamento e nel rispetto dei principi Comunitari:
a) Cass. Pen. Sez. III, 11/05/2009 sent. n. 19883:
La sede regionale di un associazione ambientalista, è legittimata a costituirsi
parte civile se il bene leso si trova nell'ambito della regione ( cass.
8699/1996). Anzi uno stabile collegamento di interessi con una determinata zona
costituisce elemento sintomatico della possibile sussistenza di un pregiudizio
concreto ed attuale. Prima della legge istitutiva del Ministero dell'Ambiente,
il criterio della vicinitas era pacificamente utilizzato dalla giurisprudenza
per riconoscere la legittimazione ad agire alle associazioni ambientaliste
locali.
b) Corte di Giustizia Europea, Sez. II, 15/10/2009, Sentenza C-263/08:
Le norme nazionali devono, da un lato, garantire “ un ampio accesso alla
giustizia” e dall'altro non devono minacciare di svuotare da qualsiasi portata
le disposizioni comunitarie secondo le quali coloro che vantano un interesse
sufficiente devono potere agire dinanzi al giudice competente.
Creare un filtro dei ricorsi in materia ambientale non rispetta l'attuazione
della convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione
del pubblico a processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia
ambientale approvata a nome della Comunità Europea con decisione del Consiglio
17 febbraio 2005, 2005/370/CE.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 03/11/2009