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Certezza dei tempi di conclusione del procedimento - Art. 7 della legge 69/2009 - Schema linee di indirizzo ministeriali
CARLO RAPICAVOLI*
L’art. 7 della Legge 18 giugno 2009 n. 69 “Disposizioni per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo
civile” ha introdotto la nuova formulazione dell’art. 2 della Legge 241/1990 che
oggi prevede che:
“Art. 2. - (Conclusione del procedimento). –
1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba
essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di
concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi
3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di
competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono
concludersi entro il termine di trenta giorni.
3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai
sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988 n. 400, su proposta dei
Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione
e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini
non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti
di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali
stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta
giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.
4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo
dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici
tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili
termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di
competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i
decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la
pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e
previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non
possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei
procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti
l’immigrazione.
5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorità
di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i
termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza.
6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del
procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad
iniziativa di parte.
7. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3,
4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un
periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di
certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già
in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso
altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14,
comma 2.
8. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini per la conclusione del
procedimento, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi
dell’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, può essere proposto
anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che
perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini
di cui ai commi 2 o 3 del presente articolo. Il giudice amministrativo può
conoscere della fondatezza dell’istanza. E' fatta salva la riproponibilità
dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.
9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di
valutazione della responsabilità dirigenziale»;
Art. 2-bis. - (Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione
del procedimento). –
1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter,
sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza
dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
2. Le controversie relative all’applicazione del presente articolo sono
attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto
al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni”.
Il comma 2 dello stesso art. 7 prevede che il rispetto dei termini per la
conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei
dirigenti e di esso si tiene conto al fine della corresponsione della
retribuzione di risultato.
La norma quindi rinvia ad un decreto del Ministro per la pubblica
amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro per la
semplificazione normativa, l’adozione delle linee di indirizzo per garantire il
rispetto dei termini del procedimento e per i casi di grave e ripetuta
inosservanza dell’obbligo di provvedere entro i termini fissati per ciascun
procedimento.
Va ricordato innanzitutto che per tutti i procedimenti di verifica o
autorizzativi concernenti i beni storici, architettonici, culturali,
archeologici, artistici e paesaggistici restano fermi i termini stabiliti dal
codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 e che restano ferme le disposizioni di legge e di
regolamento vigenti in materia ambientale che prevedono termini diversi.
Le linee di indirizzo ministeriali, di cui all’art. 7 comma 2 sopra richiamato,
sono contenute in uno schema di decreto, destinato alle amministrazioni statali
e agli enti pubblici nazionali ma da cui si traggono evidentemente principi
generali, trasmesso agli organi di controllo prima della formale approvazione.
Le Regioni e gli Enti Locali sono tenuti ad adeguarsi ai termini previsti dal
nuovo art. 2 della Legge 241/1990 entro il 4 luglio 2010.
In tal senso sarà necessario adeguare i propri Regolamenti approvati ai sensi
dell’art. 29 della Legge 241/1990.
In tale fase di adeguamento, indubbiamente, spunti interpretativi significativi
vanno tratti dalle linee di indirizzo approvati con decreto ministeriale e
vincolanti per le amministrazioni statali.
Nello schema di decreto ministeriale in fase di perfezionamento dunque vengono
indicati:
“a) Criteri generali
Ai fini della rideterminazione dei termini procedimentali, le Amministrazioni si
atterranno ai seguenti criteri:
1) Il termine del procedimento va riferito all’intero iter procedimentale, non
essendo ammessa, per converso, la strumentale suddivisione in varie fasi
endoprocedimentali allo scopo di ridurre il termine;
2) I termini, anche se fissati in misura inferiore a novanta giorni, non
dovranno subire incrementi rispetto a quelli attualmente previsti, salvo che
siano conseguenza di accorpamenti con altri procedimenti o nel caso che, dopo la
emanazione del precedente regolamento ex art. 2 della legge 241 del 1990, siano
intervenute modificazioni giuridiche o fattuali della fattispecie;
3) In caso di termini procedimentali superiori a novanta giorni e comunque
inferiori a centottanta giorni, le Amministrazioni dovranno fornire una
motivazione puntuale, con riferimento a ciascuno dei singoli procedimenti per i
quali esse ritengono di dover stabilire questo diverso e maggiore termine, con
riferimento alle ragioni giustificatrici indicate dalla legge n. 69 del 2009
(sostenibilità dei tempi sotto il profilo della organizzazione amministrativa,
natura degli interessi pubblici tutelati, particolare complessità del
procedimento);
4) La rideterminazione dovrà tendere, per ciascuna amministrazione, ad una
congrua riduzione dei termini medi di conclusione dei procedimenti rispetto ai
regolamenti attualmente vigenti.
b) Valutazioni ad opera delle amministrazioni concertanti o coproponenti
Le amministrazioni concertanti o coproponenti (Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione e Ministro per la semplificazione) terranno
conto del rispetto dei predetti criteri ed altresì, ai fini della valutazione
della riduzione media dei termini, si considereranno:
a) la data di adozione del precedente regolamento di definizione dei termini, in
modo da considerare le eventuali riduzioni conseguite nell’ultimo quinquennio;
b) il numero di procedimenti implicati nella riduzione dei termini sul totale
dei procedimenti dell’amministrazione.
c) Indirizzi in materia di responsabilità dirigenziale e di grave e ripetuta
inosservanza dell’obbligo di provvedere nei termini
Per dare attuazione alle disposizioni dell’art. 7 della legge n. 69/2009, le
amministrazioni sono tenute a valutare i casi di grave e ripetuta inosservanza
dell’obbligo di provvedere nei termini.
A tal proposito, va considerato che il rispetto dei termini del procedimento
rappresenta un elemento di valutazione dei dirigenti, di cui si tiene conto al
fine della corresponsione della retribuzione di risultato ed che la mancata
emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione
della responsabilità dirigenziale.
Pertanto, al fine di valutare la responsabilità del dirigente, ciò che rileva è
la grave e ripetuta inosservanza dell’obbligo di provvedere in relazione ai
risultati complessivi prodotti dalla organizzazione alla quale il dirigente è
preposto, ferma restando la necessità di procedere ad una valutazione caso per
caso che tenga conto della situazione concreta in cui il dirigente opera in
relazione agli incarichi, alla struttura organizzativa, alle difficoltà, ai
motivi dell’agire e al danno concretamente cagionato al privato.
Non si dovrà attribuire rilievo determinante agli episodi sporadici ed
occasionali di inosservanza dell’obbligo di provvedere, conformemente alle
indicazioni contenute nella legge, né tantomeno potrà considerarsi inadempimento
la mancata emanazione del provvedimento nelle ipotesi di silenzio assenso.
Inoltre, si rammenta che la stessa inosservanza all’obbligo di provvedere può
comportare una ipotesi di responsabilità disciplinare.
Si evidenzia quanto stabilito in materia dall’art. 55 – sexies , comma 1, del
d.lgs. 165/2001, introdotto dall’art. 69 del d.lgs. attuativo della legge n.
15/2009, concernente “Responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli
per l’Amministrazione e limitazione della responsabilità per l’esercizio
dell’azione disciplinare”.
Tali disposizioni, nei casi in cui la pubblica amministrazione sia condannata al
risarcimento del danno per violazione da parte del dipendente degli obblighi
concernenti la prestazione lavorativa (stabiliti da norme legislative o
regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti
dell’amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento), impongono
nei confronti dello stesso dipendente l’applicazione – ove già non ricorrano i
presupposti per l’applicazione di un’altra sanzione disciplinare – della
sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da minimo di tre
giorni ad un massimo di tre mesi, in proporzione all’entità del risarcimento.
L’azione disciplinare (anche in questi casi) è obbligatoria ed il suo mancato
esercizio comporta, a sua volta, un’ipotesi di responsabilità per “mancato
esercizio o (….) decadenza dell’azione disciplinare” (art. 55 – sexies, comma 4,
del d.lgs. n. 165/2001).
Si rammenta inoltre che, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 69 del 2009,
l’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento
determina l’obbligo di risarcire il danno ingiusto subìto dal privato per il
ritardo dell’amministrazione.
A tal proposito, si invitano le amministrazioni ad assumere le opportune
iniziative (nell’ambito della propria autonomia organizzativa) per richiamare
l’attenzione sul rispetto dei termini dei procedimenti anche al fine di evitare
l’esposizione a richieste risarcitorie, fermo restando che, ai sensi
dell’articolo 22 del T.U. n. 3 del 1957, l’amministrazione condannata a
risarcire il danno potrà esperire l’azione di rivalsa nei confronti del
dipendente che abbia agito con dolo o colpa grave”.
* Direttore Generale
e Dirigente del Settore Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia
di Treviso
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 09/02/2010