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La Corte di Giustizia Europea e l’applicazione della direttiva “habitat”
all’interno degli Stati membri.
LUCA CERRETANI
CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA - Sentenza 23 Aprile 2009 (causa
C-362/06) - Markku Sahlstedt e a. c/ Commissione delle Comunità europee
Aree Protette – Elenco dei siti di importanza comunitaria per regione
biogeografia boreale adottato con decisione della Commissione – Art. 4 direttiva
1992/43/CE – Portata generale della direttiva nei confronti degli operatori
interessati – Ambito di applicazione.
Impugnazione - Ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da persone
fisiche o giuridiche avverso tale decisione – Art. 230 Trattato CE – Condizioni
di ricevibilità del ricorso.
Impugnazione – Eventuale diniego di giustizia – Art. 230 Trattato CE -
Collegamento con principio di leale collaborazione art. 10 Trattato CE –
Conformità.
La decisione della commissione n.2005/101/CE , la quale contempla una
serie di territori classificati come siti di importanza comunitaria al fine di
consentire la realizzazione della rete “Natura 2000”, ha nei confronti di ogni
interessato una portata generale in quanto si applica a tutti gli operatori che,
a qualsivoglia titolo, esercitano o possono esercitare, sui territori
considerati, attività che possono mettere a repentaglio gli obiettivi di
conservazione perseguiti dalla direttiva habitat.
La decisione controversa riguarda i proprietari dei beni fondiari unicamente in
quanto titolari di diritti su terreni inclusi in taluni siti di interesse
comunitario presi in considerazione dalla Commissione ai fini di attuazione di
una rete ecologica europea coerente di ZSC, cioè in forza di una situazione
obiettiva di fatto e di diritto definita dall’atto di cui trattasi e non in
funzione di criteri propri della categoria dei proprietari fondiari
La tutela degli interessi generali e collettivi di una categoria di privati non
è sufficiente per dimostrare la ricevibilità di un ricorso di annullamento
proposto da un associazione. Salvo circostanze particolari, come il ruolo che
essa abbia potuto svolgere nell’ambito di un procedimento che si sia potuto
concludere con l’adozione dell’atto di cui trattasi, una siffatta associazione
non può proporre un ricorso d’annullamento qualora i suoi membri non possano
agire individualmente
La tutela giurisdizionale delle persone fisiche o giuridiche che, in ragione
delle condizioni di ricevibilità proposte dall’art. 230, quarto comma, CE, non
possono impugnare direttamente gli atti comunitari del tipo della decisione
controversa, deve essere garantita in modo efficace mediante il ricorso dinanzi
ai giudici nazionali. Questi, conformemente al principio di leale collaborazione
sancito dall’art. 10 CE, sono tenuti per quanto possibile, ad interpretare ed
applicare le norme di procedura nazionali che disciplinano l’esercizio delle
azioni in maniera da consentire alle dette persone di contestare in sede
giudiziale la legittimità di ogni decisione o di qualsiasi altro provvedimento
nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto comunitario,
quale quello su cui verte la presente controversia, eccependone l’invalidità e
inducendo così i giudici a interpellare a tale proposito la Corte mediante
questioni pregiudiziali.
1. Le zone speciali di conservazione e la loro incidenza sui diritti e gli obblighi dei proprietari dei beni fondiari – 2. La procedura d’individuazione delle zone speciali di conservazione (ZSC) – 3.La ricevibilità del ricorso ex art.230 proposto da persone fisiche e/o giuridiche – 4. Le aree protette e il loro regime di “tutela assoluta”.
1. Le zone speciali di conservazione e la loro incidenza sui diritti e gli
obblighi dei proprietari dei beni fondiari.
In questa sentenza la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi
sull’annullamento dell’ordinanza 22 giugno 2006 emessa nella causa Sahlstedt e
a. c/ Commissione, con la quale il Tribunale di primo grado delle comunità
europee ha respinto il loro ricorso inteso all’annullamento della decisione
della Commissione 13 gennaio 2005, n. 2005/101/CE che adotta, ai sensi della
direttiva 92/43/CEE del Consiglio, l’elenco di siti d’importanza comunitaria per
la regione biogeografia boreale.
Tale decisione ha inserito nei detti siti taluni terreni appartenenti a persone
private, tra le quali l’insieme dei ricorrenti fatta eccezione della Maa-ja
metsǟtaloustuottajain keskuslitto MTK ry ( in proseguio MTK ry). Quest’ultima è
un associazione che raggruppa circa 163.000 operatori economici agricoli e
boschivi.
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale ha respinto il detto ricorso in quanto
irricevibile per il motivo che il sig. Sahlstedt e a., che non sono i
destinatari della decisione controversa, non sono da essa direttamente
interessati. Il Tribunale ha rilevato che la decisione controversa designa, come
siti d’importanza comunitaria, zone del territorio finlandese, non produce di
per sé effetti sulla situazione giuridica dei ricorrenti che hanno la qualifica
di proprietario di terreni situati in tali zone. Secondo il Tribunale tale
decisione, poiché non contiene alcuna disposizione circa il regime di protezione
dei siti d’importanza comunitaria, come misure di conservazione o procedimenti
di autorizzazione da rispettare, non incide né sui diritti né sugli obblighi dei
proprietari dei beni fondiari, né sull’esercizio di tali diritti. Il Tribunale
ha dichiarato che, contrariamente a quanto assumerebbero il sig. Sahlstedt e a.,
l’inclusione di tali siti nell’elenco dei siti d’importanza comunitaria non
obbliga assolutamente gli operatori economici o le persone private.
Il Tribunale ha tuttavia precisato che di tale ordinanza, non essendo
legittimati a chiedere l’annullamento della decisione controversa, i ricorrenti
possono contestare le misure adottate in attuazione dell’art. 6 della direttiva
“habitat” che li riguardano e in tale ambito conservano la possibilità di
eccepire l’illegittimità di tale decisione dinanzi ai giudici nazionali,
chiamati a decidere in osservanza dell’art. 234 CE.
2) La procedura d’individuazione delle zone speciali di conservazione (ZSC).
L’art. 4 della direttiva “habitat” disciplina un procedimento di classificazione
dei siti naturali in zone speciali conservazione (ZSC), procedimento che deve
tra l’altro consentire, come risulta dall’art.3, n.2, della medesima direttiva,
la realizzazione di una rete ecologica europea coerente di ZCS, denominata
“Natura 2000”, che è formata da siti in cui si trovano tipi di habitat naturali
e habitat della specie figuranti nell’allegato I e rispettivamente nell’allegato
II della detta direttiva e che deve garantire il mantenimento ovvero,
all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei
tipi di habitat e degli habitat delle specie interessati nella loro area di
ripartizione naturale1.
E’opinione condivisa a livello europeo che la direttiva 92/43, meglio conosciuta
come “direttiva habitat”, ha rappresentato una svolta importante nell’evoluzione
delle politiche europee di conservazione della natura. Per la prima volta si
dettano norme chiare e precise per la salvaguarda della biodiversità animale e
vegetale, e per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali. La
direttiva mira a garantire il mantenimento degli habitat e delle specie in uno
stato di conservazione soddisfacente. A tale scopo è prevista la costituzione,
in base all’art.3, di una rete ecologica europea, per cui nel nuovo modello
europeo l’attenzione si sposta dalle aree protette in quanto tali al sistema
integrato, chiamato appunto “rete Natura 2000”2.
L’art. 4 della direttiva habitat permette agli Stati membri di definire sulla
base di criteri chiari (riportati nell’allegato III della direttiva stessa), la
propria lista di siti di importanza comunitaria proposti (pre SIC), che vengono
individuati sulla base della presenza degli habitat e delle specie animali e
vegetali, elencati negli allegati I e II, ritenuti d’importanza comunitaria.
L’elenco definitivo dei siti selezionati è fissato dalla Commissione seconda la
procedura di cui all’art.21 della direttiva.
Conclusosi l’iter di individuazione materiale dei siti si apre un’altra fase
centrale del procedimento, quella effettivamente dedicata all’adozione delle
misure di protezione e salvaguardia degli habitat. In effetti, in base all’art.
6 della direttiva, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione
necessarie alla tutela e alla protezione dei siti adottando, altresì, anche al
fine della loro designazione come Zone Speciali di Conservazione (ZSC), le
dovute misure regolamentari amministrative e contrattuali che siano conformi
alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat natuali in questione. Uno degli
strumenti centrali previsti dalla direttiva per assicurare tale protezione delle
specie e degli habitat d’interesse comunitario è previsto al terzo comma del
citato art.6: si tratta della valutazione d’incidenza. Tanto è vero che la
disposizione in parola stabilisce che qualsiasi piano o progetto non
direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere
incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri
piani e progetti forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che
ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.
3) La ricevibilità del ricorso ex art. 230 CE proposto da persone fisiche e/o
giuridiche.
Nella loro impugnazione, il sig. Sahlstedt e a. chiedono alla Corte di annullare
l’ordinanza impugnata deducendo tre motivi, relativi ad un difetto di
motivazione dell’ordinanza impugnata, ad un errore di diritto che inficia la
valutazione del Tribunale, secondo la quale i ricorrenti non sono direttamente
interessati dalla decisione controversa e, rispettivamente, alla violazione del
diritto ad un’effettiva tutela giurisdizionale.
Secondo la Corte la decisione controversa, che contempla una serie di territori
classificati come siti di importanza comunitaria al fine di consentire la
realizzazione della detta rete “Natura 2000”, ha nei confronti di ogni
interessato, una portata generale in quanto si applica a tutti gli operatori
che, a qualsivoglia titolo, esercitano o possono esercitare, sui territori
considerati, attività che possono mettere a repentaglio gli obiettivi di
conservazione perseguiti dalla direttiva habitat.
Tuttavia, la stessa Corte ha più volte dichiarato che il fatto che una
disposizione abbia, per natura e portata, un carattere generale, in quanto
applicabile alla totalità degli operatori economici interessati, non esclude che
essa possa tuttavia interessare individualmente taluni di essi3.
Nella fattispecie in questione, ad eccezione del MTK ry, risulta che la
decisione controversa riguarda i ricorrenti unicamente in quanto titolari di
diritti su terreni inclusi in taluni siti di interesse comunitario presi in
considerazione dalla Commissione ai fini di attuazione di una rete ecologica
europea coerente di ZSC, cioè in forza di una situazione obiettiva di fatto e di
diritto definita dall’atto di cui trattasi e non in funzione di criteri propri
della categoria dei proprietari fondiari.
Da ciò consegue che i ricorrenti, ad eccezione della MTK ry, non possono essere
considerati individualmente interessati dalla decisione controversa ai sensi
dell’art. 230, quarto comma, CE.
Per quanto, invece, riguarda la MTK ry, la Corte ricorda che la tutela degli
interessi generali e collettivi di una categoria di privati non è sufficiente
per dimostrare la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da un
associazione. Salvo circostanze particolari, come il ruolo che essa abbia potuto
svolgere nell’ambito di un procedimento che si sia potuto concludere con
l’adozione dell’atto di cui trattasi, una siffatta associazione non può proporre
un ricorso d’annullamento qualora i suoi membri non possano agire
individualmente4.
Dalle considerazioni suddette la Corte ha conseguito che il sig.Sahlstedt e a.,
non sono individualmente interessati dalla decisione controversa, derivandone
che i due primi motivi che deducono rispettivamente, difetto di motivazione
dell’ordinanza impugnata e un errore di diritto che inficia la valutazione del
Tribunale di secondo la quale i ricorrenti non sono direttamente interessati
dalla decisione impugnata, sono inoperanti e sono stati respinti.
Con il terzo motivo, il sig. Sahlestedt e a., sostenevano che, se il diritto di
proporre un ricorso è loro negato, essi non avrebbero alcuna possibilità di
formulare censure avverso la decisione dell’autorità sulla base della quale il
territorio sul quale sono ubicati i fondi da loro posseduti è stato incluso
nella rete Natura 2000 e sono state imposte restrizioni sotto forma di divieto e
degrado e di obbligo di rivalorizzazione.
Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti la Corte ha però ritenuto che
le conclusioni intese all’annullamento della decisione controversa sono
irricevibili, non equivalendo ad un diniego di giustizia.
Secondo la Corte, infatti, la tutela giurisdizionale delle persone fisiche o
giuridiche che, in ragione delle condizioni di ricevibilità proposte dall’art.
230, quarto comma, CE, non possono impugnare direttamente gli atti comunitari
del tipo della decisione controversa, che deve essere garantita in modo efficace
mediante il ricorso dinanzi ai giudici nazionali. Questi, conformemente al
principio di leale collaborazione sancito dall’art. 10 CE, sono tenuti per
quanto possibile, ad interpretare ed applicare le norme di procedura nazionali
che disciplinano l’esercizio delle azioni in maniera da consentire alle dette
persone di contestare in sede giudiziale la legittimità di ogni decisione o di
qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro
confronti di un atto comunitario, quale quello su cui verte la presente
controversia, eccependone l’invalidità e inducendo così i giudici a interpellare
a tale proposito la Corte mediante questioni pregiudiziali5.
4) Le aree protette ed il loro regime di “tutela assoluta”.
La protezione della natura e la tutela della biodiversità presuppongono da un
lato gli interventi finalizzati ad incrementare e/o mantenere la diversità
biologica delle specie vegetali e la consistenza delle popolazioni animali,
dall’altro la necessità di effettuare tutte quelle azioni volte ad attenuare i
conflitti fra conservazione della biodiversità in senso stretto e le attività
antropiche tradizionali, connesse in particolar modo allo sviluppo urbano e al
mercato.
Le Aree Protette ed i parchi naturali, così intesi ai sensi della dir. 92/43,
infatti godono di un livello di protezione elevato che deve intendersi come
“tutela assoluta”. In forza di ciò, la tutela del pregio naturalistico di tali
siti ed il loro particolare valore paesaggistico-ambientale risulta
assolutamente ed inequivocabilmente prioritario rispetto ad altri interessi
direttamente connessi con le attività antropiche specie, interventi di sviluppo
urbanistico ed economico.
La ragion d’essere della delimitazione dell’area protetta risiede nell’esigenza
di protezione integrale del territorio e dell’ecosistema e che,
conseguentemente, ogni attività umana di trasformazione dell’ambiente
all’interno di un’area protetta, vada valutata in relazione alla primaria
esigenza di tutelare l’interesse naturalistico, da intendersi preminente su
qualsiasi indirizzo di politica economica o ambientale di diverso tipo, sicché
in relazione all’utilizzazione economica delle aree protette non dovrebbe
parlarsi di sviluppo sostenibile ossia di sfruttamento economico dell’ecosistema
compatibile con esigenza di protezione, ma, con prospettiva rovesciata, di
protezione sostenibile, intendendosi con tale terminologia evocare i vantaggi
economici che la protezione in sé assicura senza compromissione di equilibri
economici essenziali per la collettività, ed ammettere il coordinamento fra
interesse alla protezione integrale ed altri interessi solo negli stretti limiti
in cui l’utilizzazione del parco non alteri in modo significativo il complesso
dei beni compresi nell’area protetta6.
Le forme di tutela assoluta dei siti, qualificati tali per legge, deve garantire
la tutela dell’ambiente inteso come valore costituzionalmente protetto, ove per
ambiente deve anche intendersi il contesto delle risorse naturali e delle stesse
Aree, protette dall’ordinamento perché la loro conservazione è ritenuta
fondamentale per il pieno sviluppo della persona7.
La tutela ex ante di tali siti e l’obbligo per gli Stati di astenersi dal
prendere iniziative tali da pregiudicare il valore ed il pregio naturalistico
delle aree, risponde, dunque, anzitutto ad una logica di sviluppo sostenibile e
di protezione integrata al fine di realizzare gli obiettivi di qualità ecologica
che l’umanità si è posta per salvaguardare anche il diritto dell’ambiente
naturale delle generazioni future.
1 Vedi in tal senso
Sentenza 7/11/2000, causa C-371/98, First Corporate Shipping.
2 Cfr. D. AMIRANTE (cur.) La conservazione della natura in
Europa. La direttiva Habitat ed il processo di costruzione della rete “Natura
2000”, 2003, 105.
3 Vedi in tal senso, Sentenze 18 Maggio 1994, Causa C-309/89,
Codorniu, nonché 22 Giugno 2006, cause riunite C-217/03, Belgique et Forum,
187/Commissione.
4 Vedi tra l’altro, Sentenza 18 Dicembre 1997, Causa C-409/96
P, Svergies Betodlares e Henrikson/Commissione.
5 Sentenza 22 Marzo 2007, Causa C-15/06P, Regione
Siciliana/Commissione)
6 Vedi Consiglio di Stato, sez. VI, sent.16-11-2004, n.7472.
7 Corte di Cassazione, sez III, 15-6/28-10-1993.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 15/10/2010