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Le fonti rinnovabili nell’evoluzione normativa e giurisprudenziale: problematiche e soluzioni giuridiche.

 

MICHELE CANCELLARO*
 


Sommario: 1. Legislazione Comunitaria. Direttiva 2001/77/CE; 2. Legislazione nazionale. D. Lgs 387/2003; 3. Legislazione Regione Puglia in materia di energia da fonti rinnovabili; 4. Pronunce della Corte Costituzionale in tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di energie rinnovabili; 5. Linee Guida Nazionali approvate in esecuzione del D. Lgs 387/2003; 6. Legge Comunitaria 2009;: 7. Procedimento di autorizzazione per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili: le oscillazioni della giurisprudenza amministrativa; 8. Conclusioni

1. Legislazione Comunitaria. Direttiva 2001/77/CE
Lo sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili, che ormai da qualche anno costituisce uno dei settori più dinamici dell’economia italiana, tuttavia, stenta a decollare definitivamente a causa di molteplici fattori.
Tra questi, una riflessione più attenta merita la vischiosità degli iter autorizzativi per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, a partire proprio dalla fase di rilascio delle autorizzazioni da parte delle varie amministrazioni pubbliche coinvolte nel relativo procedimento amministrativo.
Tale opportuna premessa ci consente di individuare il complesso quadro normativo che governa tale asset dell’economia nazionale ed internazionale.
Ebbene, tutta la produzione normativa che si è sviluppata nel corso di questi anni in Italia, prende le mosse dalla direttiva comunitaria 2001/77/CE1, ove all’art 6, par 1, si prescrive che: «Gli Stati membri o gli organismi competenti designati dagli Stati membri valutano l'attuale quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o delle altre procedure di cui all'articolo 4 della direttiva 96/92/CE applicabili gli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili allo scopo di: ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all'aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, razionalizzare e accelerare le procedure all'opportuno livello amministrativo, garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili ».
Il legislatore comunitario, con la direttiva testè citata, nel prendere atto, all’epoca dell’emanazione, dello stato dell’arte delle fonti rinnovabili in ambito europeo, invitava i vari Stati Membri a porre in essere politiche volte al accelerare le procedure amministrative per la realizzazione di detti impianti.
Va premesso altresì che l’art. 117 della Costituzione Italiana indica tra le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni: produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia.
Tale inciso rappresenta, come avremo modo di vedere nel prosieguo, una opportuna premessa circa le difficoltà dell’intero sistema delle fonti rinnovabili.

2. Legislazione nazionale. D. Lgs 387 del 2003
Innanzitutto, la normativa nazionale di recepimento della suddetta direttiva comunitaria, ovvero il D.lgs 387/032 (art. 12), in ordine alla prescritta semplificazione delle procedure autorizzative, stabilisce che “
1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti.
2. Restano ferme le procedure di competenza del Ministero dell'Interno vigenti per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonche' le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A tal fine la Conferenza dei servizi e' convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione. Resta fermo il pagamento del diritto annuale di cui all'articolo 63, commi 3 e 4, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni.
4. L'autorizzazione di cui al comma 3 e' rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere, in ogni caso, l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto. Il termine massimo per la conclusione del procedimento di cui al presente comma non può comunque essere superiore a centottanta giorni.
5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) per i quali non e' previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4.
6. L'autorizzazione non può essere subordinata ne' prevedere misure di compensazione a favore delle regioni e delle province.
7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonche' del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14.
8. Gli impianti di produzione di energia elettrica di potenza complessiva non superiore a 3 MW termici, sempre che ubicati all'interno di impianti di smaltimento rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, nel rispetto delle norme tecniche e prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell'articolo 31 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, sono, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, attività ad inquinamento atmosferico poco significativo ed il loro esercizio non richiede autorizzazione. E' conseguentemente aggiornato l'elenco delle attività ad inquinamento atmosferico poco significativo di cui all'allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1991.
9. Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche in assenza della ripartizione di cui all'articolo 10, commi 1 e 2, nonche' di quanto disposto al comma 10.
10. In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attività culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del procedimento di cui al comma 3. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti.
Pertanto, Il legislatore, in attuazione della direttiva 2001/77/CE6, ha adottato un modello di autorizzazione unica affidato alle regioni e strutturato sulla conferenza di servizi, disciplinato dall’art. 12 del d.lgs. 387/2007.
Dopo aver chiarito che le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonchè le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti «sono opere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti», il d.lgs. 387/2003, pur riservando allo Stato il compito di dettare i principi e le regole fondamentali della materia, individua nel livello regionale la dimensione idonea alla razionalizzazione ed accelerazione delle procedure autorizzative.
Si potrebbe affermare che la caratteristica di maggior pregio della normativa sopra evidenziata risieda proprio nell’introduzione del procedimento unitario, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, ed al termine del quale viene rilasciato il provvedimento di autorizzazione che costituisce il titolo per la costruzione e l’esercizio dell’impianto.
In sintesi, il procedimento autorizzativo si attiva su istanza dell’interessato per la costruzione ex novo, per l’esercizio, la modifica, il potenziamento, il rifacimento totale o parziale e la riattivazione dell’impianto, nonché la costruzione di opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla creazione ed all’esercizio di esso. A ciò aggiungasi che il fulcro dell’intera procedura è dato dalla conferenza di servizi, cui partecipano tutte le amministrazioni interessate, e per la cui disciplina, non si può non rimandare ai principi generali della legge sul procedimento amministrativo, ovvero la L. n. 241 del 1990 e s.m.i., anche alla luce delle recenti modifiche intervenute con il D.L. 78/2010 conv. in L. n. 122/20103, con la quale sono state apportate significative modifiche circa gli effetti dell’istituto della conferenza di servizi in tema di interessi alla tutela ambientale, paesaggistico – territoriale, o del patrimonio storico - artistico.
In tal modo, l’obiettivo dichiarato del legislatore è stato, infatti, evitare la moltiplicazione di procedure, e garantire la velocità del procedimento. Pertanto, la normativa contenuta nel d.lgs. 387/2003 non costituisce che il minimo comun denominatore di una disciplina che si è andata frammentando a livello locale e tra differenti livelli di regolazione. La previsione della competenza in materia di autorizzazione rimessa alle regioni ha facilitato l’adozione da parte di quest’ultime di normative di specificazione dell’art. 12 d.lgs. 387/2003 che spesso hanno travalicato le indicazioni e lo spirito stesso della normativa nazionale e che certamente hanno generato una moltiplicazione delle regole applicabili, inficiando quelle caratteristiche di omogeneità della disciplina che sono alla base della tutela di altri valori dell’ordinamento, quale ad esempio la concorrenza a parità di condizioni su tutto il territorio nazionale.
Ma al di là della più che evidente frammentazione legislativa, il vero vulnus che tuttora connota la materia delle fonti rinnovabili, è la mancanza di una pianificazione energetica, laddove tale compito dovrebbe essere assolto a livello nazionale dal Piano Energetico Nazionale (Pen), ma l’ultimo atto programmatorio di questo tipo risale all’agosto del 1988, il che da solo fa comprendere la carenza di programmazione a livello statale dal punto di vista delle politiche energetiche. Mentre a livello periferico, a partire dalla leggi n. 9 e n. 10 del 9 gennaio 1991, è stato introdotto l’obbligo per le regioni di dotarsi di un piano energetico ambientale regionale (Pear), ma tuttavia, anche queste prescrizioni sono rimaste lettera morta, ed infatti solo in tempi recenti si è proceduto all’approvazione di alcuni piani energetici regionali.

3. Legislazione Regionale in materia di energia da fonti rinnovabili. Il “fenomeno” Puglia
In tale ambito si inserisce la legislazione predisposta a livello regionale, e con particolare riferimento a quanto prescritto dalla Regione Puglia in materia di iter autorizzativi per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.
La Regione Puglia, nel quadro nazionale, rappresenta la realtà più dinamica a livello di legislazione sulle energie alternative, partendo dall’energia eolica e da quella fotovoltaica.
Ebbene, con la deliberazione di G.R. del 13 ottobre 2006 n. 15504 ,la Regione Puglia ha approvato la regolamentazione regionale – come previsto dal’art. 12 del D.Lgs 387/03 – del procedimento autorizzativo per la realizzazione di impianti di energie rinnovabili (si veda allegato A deliberazione di G.R. del 13 ottobre 2006 n. 1550).
Tuttavia, considerata la massiccia presenza di impianti eolici, la Regione Puglia con provvedimento del 4 ottobre 2006 n. 16, ha altresì approvato il “Regolamento per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia”.
Tra gli elementi di maggior interesse introdotti dal suddetto regolamento regionale, v’è senz’altro la previsione dei “Piani Regolatori per l’installazione di impianti eolici” (PRIE), di cui ciascun comune deve dotarsi per l’installazione di impianti eolici.
In particolare l’art. 4 del Regolamento Regionale del 4 ottobre 2006 n. 16 stabilisce che:
1. I Piani Regolatori per l’installazione di Impianti Eolici (PRIE) sono finalizzati all’identificazione delle cosiddette aree non idonee ovvero quelle aree nelle quali non è consentito localizzare gli aerogeneratori, in aggiunta a quelle di cui all’art. 6 comma 3 del presente Regolamento.
2. Ai fini della razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative di cui all’art. 12 D.P.R. 387/2003 Bollettino Ufficiale della Regione Puglia - n. 128 del 6-10-2006 Bollettino Ufficiale della Regione Puglia - n. 128 del 6-10-2006 17085 del DPR 387/2003 le amministrazioni comunali si dotano di Piani Regolatori relativi all’installazione di Impianti Eolici (PRIE).
3. I PRIE sono redatti dalle Amministrazioni comunali in forma singola o associata tra comuni confinanti (PRIE intercomunali).
4. I PRIE intercomunali perseguono obiettivi di riduzione dell’impatto cumulativo e forme di perequazione territoriale. I benefici derivanti dalla realizzazione degli impianti dovranno essere distribuiti fra i comuni partecipanti alla aggregazione in maniera indipendente dalla localizzazione degli impianti stessi, secondo forme e modalità stabilite in sede di redazione/approvazione del PRIE.
5. E’ incentivata la aggregazione dei Comuni che vogliano procedere alla redazione di PRIE intercomunali. In tal caso le procedure di cui al successivo art. 5 devono essere espletate da ciascuna amministrazione coinvolta esprimendosi sul PRIE nella sua interezza.
6. Le forme di incentivazione sono indicate al successivo art. 6 comma 3 lettera e) per quanto attiene alle distanze dai confini e all’art. 13 comma 4 per quanto attiene al parametro di controllo.

Va evidenziato altresì come l’art 5 del suddetto Regolamento regionale prescriva la procedura di approvazione dei PRIE, ovvero “1. Ai fini dell'adozione e proposizione all'autorità competente ai sensi della l.r. n. 11/2001, il Comune interessato o i Comuni associati redigono il PRIE, con presa d'atto dello stesso in Giunta comunale.
2. Entro dieci giorni dalla data di presa d'atto, il PRIE e i relativi elaborati sono depositati, per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del Comune o dei Comuni interessati, in libera visione al pubblico. Del deposito è dato avviso sull'albo comunale, su almeno due quotidiani a diffusione nella provincia.
3. Entro il termine di quindici giorni dalla data di scadenza del periodo di deposito di cui al comma precedente, chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni, ai sensi dell'articolo 9 della L. 241/1990.
4. Ai fini della adozione del PRIE il Comune proponente (o il Comune capofila per PRIE intercomunali) entro i successivi trenta giorni si pronuncia sulle osservazioni presentate e convoca una Conferenza dei Servizi ai sensi della L. 241/1990 cui partecipano gli Enti locali territorialmente competenti, anche ai fini della verifica di compatibilità con la pianificazione di area vasta e di settore, e gli Enti preposti alla tutela dei vincoli eventualmente presenti sul/i territorio/i comunale/i, ai sensi della legislazione vigente.
5. Entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di conclusione della Conferenza dei Servizi, il Consiglio Comunale adotta il PRIE.
6. Entro il termine di trenta giorni l'autorità competente, preso atto dell'esito della Conferenza dei Servizi e della delibera di adozione del Consiglio Comunale, approva in via definitiva il PRIE.
7. La variante al PRIE segue lo stesso procedimento di formazione di cui ai commi precedenti.
8. Nel caso di PRIE intercomunali le procedure di cui ai commi precedenti devono essere espletate da ciascuna amministrazione coinvolta con riferimento al piano nella sua interezza.
9. Il PRIE, formalmente approvato ai sensi del precedente comma 6, sostituisce la documentazione di cui all'art. 4.1 commi f) e g) delle Disposizioni di cui alla Delibera 31.05.2005 n. 716 "Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Procedimento per il rilascio delle autorizzazioni alla costruzione ed esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili". I pareri espressi dagli enti competenti in sede di Conferenza di servizi di cui al precedente comma 4, sono validi anche ai fini della Conferenza dei Servizi di cui alla DGR n. 716/2005
.”
Tuttavia, nell’ottica della razionalizzazione e della semplificazione delle procedure autorizzative in materia di fonti rinnovabili, la Regione Puglia è intervenuta in più di un’occasione nel corso degli anni, tra le tante si ricorda la L.R. 19 febbraio 2008 n. 1, che all’art. 27, che ha stabilito come “Per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), con potenza elettrica nominale fino a 1 MWe da realizzare nella Regione Puglia, fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche e integrazioni, nei seguenti casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici industriali, commerciali e servizi, e/o collocati a terra internamente a complessi industriali, commerciali e servizi esistenti o da costruire;
b) impianti eolici on-shore;
c) impianti idraulici;
d) impianti alimentati a biomassa posti internamente a complessi industriali, agricoli, commerciali e servizi, esistenti o da costruire;
e) impianti alimentati a gas di discarica, posti internamente alla stessa discarica, esistente o da costruire;
f) impianti alimentati a gas residuati dai processi di depurazione, posti internamente a complessi industriali, agricoli, commerciali e servizi, esistenti o da costruire;
g) impianti alimentati a biogas, posti internamente a complessi industriali, agricoli,commerciali e servizi, esistenti o da costruire.
2. Gli impianti di cui al comma 1 possono anche essere realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, tenuto, peraltro, conto di quanto specificato dall’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003”.

Ed ancora, con la L.R. 21 ottobre 2008 n. 31 (art. 3), la Regione Puglia ha di fatto generalizzato lo strumento della Dia per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili con potenza fino a 1MW, stabilendo che “Per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui all’articolo 2, comma 1, del d.lgs. 387/2003, con potenze elettriche nominali superiori a quelle previste alla tabella A di cui all’articolo 2, comma 158, lettera g), della legge 31 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), e fino a 1 MWe, da realizzare nella Regione Puglia, fatte salve le norme in materia di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di incidenza, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività (DIA), di cui agli articoli 22 e 23 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche e integrazioni, nei seguenti casi:
a) impianti fotovoltaici posti su edifici, esistenti o da costruire, con destinazione civile, industriale, agricola, commerciale e servizi, e/o collocati a terra internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati civili, industriali, agricoli, commerciali e servizi;
b) impianti fotovoltaici in zona agricola, a condizione che l’area asservita all’intervento sia estesa almeno due volte la superficie radiante. La superficie non occupata dall’impianto deve essere destinata esclusivamente a uso agricolo. Gli impianti collocati a terra in un’area agricola costituita da terreni appartenenti a unico proprietario, ovvero costituita da più lotti derivanti dal frazionamento di un’area di maggiore estensione, effettuato nel biennio precedente alla domanda, ai fini del calcolo della potenza elettrica massima per ricorrere alla procedura di DIA, sono considerati come un unico impianto;
c) impianti eolici on - shore realizzati direttamente dagli enti locali, nonché quelli finalizzati all’autoconsumo costituiti da un solo aerogeneratore;
d) impianti idraulici;
e) impianti alimentati a biomassa posti internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati industriali, agricoli, commerciali e servizi, fermi restando i vincoli di cui all’articolo 2, comma 4, per gli impianti ricadenti in zone agricole;
f) impianti alimentati a gas di discarica, posti internamente alla stessa discarica, esistente o da costruire;
g) impianti alimentati a gas residuati dai processi di depurazione, posti internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati industriali, agricoli, commerciali e servizi;
h) impianti alimentati a biogas, posti internamente a complessi, esistenti o da costruire, di fabbricati industriali, agricoli, commerciali e servizi.
2. E’ comunque salva la facoltà dell’interessato di chiedere l’autorizzazione comunale per gli interventi di cui al comma 1.
3. Nella DIA i proponenti privati sono obbligati a dichiarare, ai sensi degli articoli 46, come modificato dall’articolo 49 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa emanato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di avere la disponibilità delle risorse finanziarie necessarie per la compiuta realizzazione dell’intervento.”
Tuttavia, il quadro normativo pugliese sopra richiamato, ed in particolar modo la possibilità di realizzare mediante il ricorso alla denuncia di inzio attività (D.I.A.) impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili fino ad 1 MW di potenza, è stata dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 119/105, che statuisce nella parte motiva come ” La costruzione e l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse, sono soggetti all’autorizzazione unica, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico (art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003). Sussiste una procedura autorizzativa semplificata in relazione agli impianti con una capacità di generazione inferiore rispetto alle soglie indicate (tabella A, allegata al medesimo decreto legislativo), diversificate per ciascuna fonte rinnovabile: agli impianti rientranti nelle suddette soglie si applica la disciplina della DIA, di cui agli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), da presentare al Comune competente per territorio.
La norma regionale censurata – per alcune tipologie di impianti specificamente elencati, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, non solo solare ed eolica, ma anche per impianti idraulici, a biomassa e a gas – ha previsto l’estensione della DIA anche per potenze elettriche nominali superiori (fino a 1 MWe) a quelle previste alla tabella A allegata al d.lgs. n. 387 del 2003.
Riguardo alle ipotesi di applicabilità della procedura semplificata di DIA in alternativa all’autorizzazione unica, è riconoscibile l’esercizio della legislazione di principio dello Stato in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», per via della chiamata in sussidiarietà dello Stato, per esigenze di uniformità, di funzioni amministrative relative ai problemi energetici di livello nazionale (sentenza n. 383 del 2005); ciò anche riguardo alla valutazione dell’entità delle trasformazioni che l’installazione dell’impianto determina, ai fini dell’eventuale adozione di procedure semplificate (in tal senso le sentenze n. 336 del 2005, in materia di comunicazioni elettroniche, e n. 62 del 2008 in materia di smaltimento rifiuti).

La norma regionale è allora illegittima, in quanto maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la disciplina della DIA possono essere individuate solo con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza unificata, senza che la Regione possa provvedervi autonomamente: la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 3 va limitata ai commi 1 e 2.
Sicchè, quello che rappresentava l’elemento di maggiore interesse per gli investitori nazionali ed internazionali, è stato dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, ponendo notevoli problematiche nella sviluppo delle fonti rinnovabili nel territorio pugliese.

4. Pronunce della Corte Costituzionale in tema di riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di energie rinnovabili;
Tuttavia, il recente intervento della Corte Costituzionale sulla legislazione pugliese non rappresenta un unicum nel panorama della giurisprudenza costituzionale formatasi medio tempore sulla materia innanzi detta.
Infatti, con la sentenza n. 383 del 20056, la Corte Costituzionale ha accolto il ricorso della Regione Toscana, che aveva impugnato l’art. 1, comma 4) lett f), della legge n. 239 del 2004, il quale nel prevedere che Stato e Regioni assicurano l’adeguato equilibrio territoriale nella localizzazione delle infrastrutture strategiche, escludeva la possibilità di preveder misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale, qualora esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto ambientale. Secondo la Corte, la norma si traduceva “nella imposizione al legislatore regionale di un divieto di prendere in considerazione una serie di differenziati impianti, infrastrutture ed attività per la produzione energetica, ai fini di valutare il loro impatto sull’ambiente e sul territorio regionale (che, in caso di loro concentrazione sul territorio, può anche essere considerevole) solo perché alimentati da fonti energetiche rinnovabili. Tale previsione eccede il potere statale di determinare soltanto i principî fondamentali della materia, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost., determinando una irragionevole compressione della potestà regionale di apprezzamento dell’impatto che tali opere possono avere sul proprio territorio, in quanto individua puntualmente ed in modo analitico una categoria di fonti di energia rispetto alle quali sarebbe preclusa ogni valutazione da parte delle Regioni in sede di esercizio delle proprie competenze costituzionalmente garantite”.
Inoltre, con la sentenza n. 364 del 9/11/2006, la Corte costituzionale7 ha esaminato le questioni sollevate dal TAR Basilicata in relazione alla legge regionale n. 9 del 2007, con cui la Regione Basilicata aveva assoggettato alla “valutazione di sostenibilità ambientale e paesaggistica” i progetti per la realizzazione di nuovi impianti eolici, nel rispetto di indirizzi tecnici contenuti in una deliberazione della Giunta regionale del 2004, che aveva anticipato l’approvazione dei criteri per il corretto inserimento di impianti eolici nel paesaggi (previsti dall’art. 12, comma 10, del d. lgs. n. 387 del 2003, che li rimette tuttavia alla competenza della Conferenza unificata). Tale ultima disposizione, secondo la Corte, è da ritenersi espressione della competenza statale in materia di tutela dell’ambiente, in quanto, seppure inserita nell’ambito della disciplina relativa ai procedimenti autorizzativi per la realizzazione di impianti eolici, ha quale precipua finalità quella di proteggere il paesaggio: “(…) La prevalenza della tutela paesaggistica perseguita dalla disposizione in esame, non esclude che essa, in quanto inserita nella più ampia disciplina di semplificazione delle procedure autorizzative all’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, incida anche su altre materie (produzione trasporto e distribuzione di energia, governo del territorio) attribuite alla competenza concorrente. La presenza delle indicate diverse competenze legislative giustifica il richiamo alla Conferenza unificata, ma non consente alle Regioni, proprio in considerazione del preminente interesse di tutela ambientale perseguito dalla disposizione statale, di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa, cosa che è avvenuta per effetto del richiamo, operato dall’art. 6 all’atto di indirizzo, di cui alla delibera della Giunta regionale 13 dicembre 2004, n. 2920, con conseguente violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione”.
Da ultimo, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Molise n. 15 del 2008, nella parte in cui essa ha individuato le aree non idonee all’installazione di impianti eolici e fotovoltaici, oltre a prevedere divieti di impianti eolici off-shore anche per le opere connesse ricadenti sul territorio regionale ed ha, infine, stabilito un contributo di istruttoria crescente con la potenza degli impianti. Anche in tale occasione, la Corte ha ribadito che la disciplina degli insediamenti di impianti eolici e fotovoltaici è attribuita alla potestà legislativa concorrente in tema di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., sottolineando che le esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio non fanno venir meno la centralità nella disciplina impugnata del profilo afferente alla gestione delle fonti energetiche, in vista di un efficiente approvvigionamento presso i diversi ambiti territoriali; la Corte ha poi nuovamente chiarito che il bilanciamento tra le esigenze connesse alla produzione di energia e gli interessi, variamente modulati, rilevanti in questo ambito impone una prima ponderazione concertata nella sede della Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003 ed in ossequio al principio di leale cooperazione, al fine di consentire alle Regioni ed agli enti locali di contribuire alla compiuta definizione di adeguate forme di contemperamento di tali esigenze, e solo quando tale equilibrio sia stato raggiunto le Regioni potranno adeguare i criteri così definiti alle specifiche caratteristiche dei rispettivi contesti territoriali8.


5. Linee Guida Nazionali
Le pronunce citate mettono a nudo il problema del ritardo con cui è stata avviata la procedura complessa (concerto tra Ministeri ed approvazione in Conferenza unificata) finalizzata alla redazione delle linee-guida cui avrebbero dovuto attenersi le Regioni, per la disciplina del procedimento di autorizzazione e per il corretto inserimento degli impianti di produzione di energie alternative nel paesaggio.
Pur in presenza di tale vuoto normativo, le Regioni hanno autonomamente approvato leggi, regolamenti e circolari in senso più o meno restrittivo.
Tuttavia, dopo tale attesa, finalmente il settore del fonti rinnovabili potrà pianificare con maggiore tranquillità, in considerazione della recente approvazione, da parte della Conferenza Stato-Regioni, delle linee guida nazionali, che di fatto provvederanno ad armonizzare i procedimenti amministrativi introdotti dalle regioni per la realizzazione di impianti di produzione di energia da forni rinnovabili.
Inoltre, secondo i primi commentatori, con il via libera a questo provvedimento, le Regioni hanno espresso la volontà di dare continuità a un settore pronto a creare posti di lavoro e benefici per il sistema paese contribuendo in maniera determinante agli obiettivi comunitari del 2020.

6. Legge Comunitaria 2009
Tuttavia, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 119/10, si è proceduto all’approvazione della Legge Comunitaria 2009, che introduce semplificazioni per l’installazione di impianti alimentati da fonti alternative e fissa un limite temporale per la definizione degli obiettivi sul risparmio energetico.
Difatti, l’articolo 17 della legge, che adempie agli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, si pone come quadro per le successive norme nazionali, e stabilisce infatti che nella predisposizione del decreto legislativo di attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, il Governo dovrà attenersi a determinati principi, tra i quali:
“la semplificazione delle procedure di autorizzazione attraverso l’applicazione della Dia, denuncia di inizio attività, agli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili con capacità di generazione non superiore a un MW elettrico”
Pertanto, in sede di recepimento della normativa comunitaria, l’applicazione dell’istituto della denuncia di inizio di attività alle fonti rinnovabili fino ad 1MW diverrà utilizzabile in tutto il territorio nazionale.

7. Procedimento di autorizzazione per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili: le oscillazioni della giurisprudenza amministrativa
Inoltre, ad ulteriore comprova della confusione che regna nel settore delle rinnovabili, è opportuno passare in rassegna la giurisprudenza amministrativa con le sue varie oscillazioni.
- SUL PIANO REGOLATORE DEGLI IMPIANTI EOLICI (P.R.I.E.)
- La mancanza del piano regolatore per l’installazione di impianti eolici9 (art. 14 del regolamento della Regione Puglia n. 16/2006) non può impedire la realizzazione sul territorio comunale di siffatti impianti, atteso che una tale interpretazione verrebbe a sospendere sine die le richieste di autorizzazione in tale settore ponendosi in contrasto con il principio fondamentale del D.L.vo n. 387/2003, che esige la conclusione del procedimento in 180 giorni, come già statuito con la sentenza della Corte Cost. n.364/2006, proprio con riferimento ad una disposizione legislativa della Regione Puglia avente un effetto sospensivo analogo (CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 26 febbraio 2010, n. 1139)
- SUL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO PER LA REALIZZAZIONE DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
La realizzazione (e la gestione) di impianti eolici rientra tra le attività di impresa liberalizzate, non essendovi alcuna privativa in favore di enti pubblici o soggetti concessionari; a scopo di semplificazione burocratica e in ossequio ai principi comunitari, tale attività è sottoposta ad una autorizzazione unica regionale, previa conferenza di servizi; tale autorizzazione unica costituisce anche titolo per la costruzione dell'impianto, e dunque è sostitutiva anche del permesso di costruire ed il Comune può far valere il proprio interesse ad una corretta localizzazione urbanistica del parco eolico, e alla sua conformità edilizia, nell'ambito della conferenza di servizi che precede il rilascio dell'autorizzazione unica10. (Conferma della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli, Sez. VII n. 01733/2009).(CONS. STATO, Sez. V, 26/02/2010, n. 1139)
- SUL TERMINE PER LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO DI AUTORIZZAZIONE DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
- Il complessivo termine di 180 giorni per la conclusione delle procedure autorizzative in materia di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (cfr. art. 5, c. 4 del d.lgs. n. 387/2003, attuativo della dir. 2001/77/CE) è stato qualificato come principio fondamentale in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” dalla Corte costituzionale (sentenza 9 novembre 2006 n. 364), al quale perciò anche le Regioni, nell’esercizio delle proprie competenze legislative e amministrative, devono attenersi11 (TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 8 gennaio 2010, n. 2)
- Alla luce dell’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003, in conformità a quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n° 364/2006 (secondo cui "L'indicazione del termine, contenuto nell'art. 12, comma 4, deve qualificarsi quale principio fondamentale in materia di <<produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia>>, in quanto tale disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità garantendo, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, la conclusione entro un termine definito del procedimento autorizzativo"), deve ritenersi che le priorità perseguite nella materia dal legislatore siano la semplificazione amministrativa e la celerità procedimentale (cfr. T.A.R. Basilicata, n. 144/2007). L’inerzia mantenuta dalla Regione a fronte di un’istanza di autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto fotovoltaico viola pertanto la normativa di riferimento, la quale impone invece la definizione del procedimento, mediante adozione di un espresso provvedimento, nel termine di 180 giorni dalla data in cui vi è stata l’attivazione dell’iter12. - TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 25 marzo 2010, n. 1652
- Il Comune non può bloccare l’istallazione degli impianti eolici sine die. Un potere di sospensione sine die è in genere vietato dall’ordinamento; deve ritenersi a maggior ragione inammissibile qualora il legislatore abbia inteso, come con il d.lgs. n. 387/2003, accelerare - per di più entro un termine perentorio - e semplificare determinate procedure. Ed infatti la giurisprudenza ha già affermato che il blocco sine die degli impianti eolici non può essere consentito (C. Cost. n. 364/2006; Tar Molise, n. 20/2007)13. TAR CAMPANIA, Napoli, Sez.VII - 17 novembre 2009, n.7547)
- SULLA DIA PER LA REALIZZAZIONI DI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
- La denuncia d’inizio attività per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonte eolica rappresenta, come quella edilizia, un regime sostitutivo della normale procedura autorizzatoria. Di riflesso, le attestazioni che devono accompagnare la dichiarazione consentita dall’articolo 27 della legge regionale Puglia 19 febbraio 2008 n. 1 non possono che ricalcare in linea di massima la documentazione da produrre con l’istanza per l’ottenimento appunto dell’autorizzazione, di cui ai commi terzo e quarto dell’articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387. Ciò conduce alla conclusione che, nell’assenza della documentazione, se pertinente ed essenziale, la dichiarazione d’inizio attività non può reputarsi formalmente presentata e che quindi dalla data del suo deposito non può iniziare a decorrere il termine dilatorio di 30 giorni14. (TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 2 ottobre 2009, n.2226)
- Le norme che disciplinano le procedure autorizzative in materia di energia sono riconducibili alla “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost. (cfr. sent. 11 ottobre 2005 n. 383), mentre va esclusa l’assimilabilità della materia dell’energia al “governo del territorio”; la delimitazione del regime autorizzatorio per nuove attività costituisce inoltre disciplina di principio, cui le Regioni non possono liberamente derogare (cfr., in questo senso, Corte cost., sent. 27 luglio 2005 n. 336,; Corte cost., sent. 1 ottobre 2003 n. 303). Con riferimento alle soglie fissate per la denuncia di inizio attività, per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, se ne trae conferma dal disposto dell’art. 12, quinto comma, del d. lgs. n. 387 del 2003, secondo il quale l’eventuale innalzamento del limite di capacità produttiva degli impianti (rispetto a quello di 60 kW fissato dalla tabella A allegata al decreto), ai fini dell’applicabilità della d.i.a., può essere disposto solo con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del d. lgs. 28 agosto 1997 n. 281. Viceversa, la Regione Puglia ha unilateralmente introdotto, con l’art. 27 della legge regionale n. 1 del 2008, una più elevata soglia di potenza massima (1 MW) costituente il limite per l’esperibilità della d.i.a., al di fuori della Conferenza unificata, che rappresenta la sede istituzionalmente deputata all’attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. In tal modo, peraltro, la norma regionale determina il duplice effetto di espandere l’area di applicazione del regime semplificato mediante d.i.a. e di ampliare le competenze dei Comuni (ai quali sono indirizzate le denunce per la realizzazione di impianti eolici, in virtù del richiamo degli artt. 32 e 33 del Testo unico sull’edilizia), in senso opposto alla scelta operata dal legislatore statale con l’art. 12 del d. lgs. n. 387 del 2003, che assegna in via primaria alle Regioni ed alle Province il compito di autorizzare la costruzione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Ne deriva la non manifesta infondatezza della questione di legittimità della ricordata norma regionale, sollevata in riferimento all’art. 117, c. 3, Cost., con conseguente rimessione alla Corte Costituzionale15. (TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 settembre 2009, ord. n. 155)
- Poiché l’art. 27 della L.R. Puglia n. 1/2008 (successivamente abrogata con L.r. n. 31/2008, che ha ridisciplinato la materia) prevede la applicazione degli artt. 22 e 23 del DPR n. 380 del 2001 in merito a tutti gli impianti eolici on shore (comma 1, lettera b), a prescindere dalla destinazione finale dell’energia prodotta e purché la potenza elettrica nominale non superi 1 MW, deve ritenersi applicabile l’istituto della D.I.A ad un aerogeneratore di potenza pari a 0,85 MW non destinato all’autoconsumo, a prescindere dalle disposizioni di cui alla delibera regionale n. 35 del 2007, che limita la DIA ai soli impianti eolici on shore di potenza non superiore a 0,6 MW, oppure di potenza ricompresa tra 0,6 MW ed 1 MW ma destinati all’autoconsumo. Tali specificazioni, infatti, oltre ad essere sconosciute a livello di legislazione statale di principio (d.lgs. n. 387/2003), non sono state parimenti riprodotte dalla L.R. n. 1/2008, che per posizione (nel sistema delle fonti) e criterio cronologico supera e assorbe senz’altro le richiamate disposizioni di carattere amministrativo16. T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.127
- SULLA POSSIBILITÀ DI REALIZZARE IMPIANTI DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI IN ZONE VINCOLATE
Dall’esame della normativa comunitaria e nazionale di recepimento emerge che la realizzazione di impianti eolici nelle aree tutelate ZPS e pSIC non è vietata in modo assoluto ma, tenuto conto degli aspetti di criticità ambientale, è assoggettata alle specifiche procedure di valutazione di impatto ed incidenza ambientale.
Tanto si desume dalla Direttiva 92/43/CEE che, dopo aver imposto agli Stati membri l’adozione di misure di conservazione necessarie per la tutela degli habitat naturali per le zone speciali di conservazione, al terzo comma dell’art. 6 statuisce che “Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell'incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell'incidenza sul sito (…), le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l'integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell'opinione pubblica”.
Ad ulteriore conferma dell’inesistenza di un divieto generalizzato, il quarto comma del citato articolo prevede inoltre la possibilità di superare l’eventuale esito negativo della valutazione di incidenza mediante opportune misure compensative, stabilendo che “Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell'incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria (…). Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate”.
Tali principi sono stati inoltre espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, pronunciandosi in merito alla modifica di un piano urbanistico approvato dal Comune di Altamura e ricadente proprio nel Parco dell’Alta Murgia, lungi dal ritenere detto intervento incompatibile con la natura dell’area classificata come ZPS ha sottolineato la necessità di procedere alla valutazione di incidenza ai sensi dell’art. 6 della citata direttiva per ogni progetto che possa incidere sui siti protetti e sui relativi obiettivi di conservazione (Corte di Giustizia CE, Sez. IV, 4 ottobre 2007, causa C-179/06).
Analoga disciplina è prevista nella normativa italiana di recepimento della Direttiva c.d. “Habitat” (D.P.R. 357/97) che all’art. 5 (come modificato dall’art. 6 del D.P.R. 12 marzo 2003 n. 120) disciplina la valutazione di incidenza ambientale per gli atti di pianificazione che incidono sui siti protetti, disponendo all’uopo al terzo comma che “i proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare (…) i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi”.
La disposizione in esame prevede anche un meccanismo di coordinamento tra la valutazione di incidenza e quella di impatto ambientale statuendo al quarto comma che “Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 (…) e successive modificazioni ed integrazioni, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati (…)”.
E’ appena il caso di precisare che, anche in seguito all’abrogazione del citato D.P.R. 12 aprile 1996 per effetto dell’art. 48 del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (recante norme in materia ambientale, modificato con D.Lgs. 16 gennaio 2008 n. 4), il primo comma dell’art. 6 di quest’ultimo decreto assoggetta alla procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente ivi compresi quelli che presentano possibili ricadute sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica (secondo comma lett. b).
Analogamente, il sesto comma del medesimo articolo prevede la valutazione di impatto ambientale (VIA) per i progetti che possono avere effetti significativi sull’ambiente, ivi compresi quelli indicati nell’Allegato IV (tra i quali sono ricompresi gli impianti industriali per la produzione di energia eolica) che ricadano anche parzialmente all’interno di aree naturali protette come definite dalla L. 6 dicembre 1991 n. 394.
Il divieto generalizzato di istallare impianti eolici nelle aree ZPS e pSIC si pone altresì in contrasto con la legislazione regionale e, in particolare, con la L. Reg. 12 aprile 2001 n. 11 che all’art. 4 quarto comma (modificato dall’art. 2 della L.R. 14 giugno 2007 n. 17) assoggetta a valutazione di incidenza ambientale ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 357/1997 tutti gli interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, nonché i piani territoriali, urbanistici e di settore, ivi compresi i piani agricoli e faunistico - venatori, che possono avere incidenze significative sul sito stesso.
Anche il comma 2 bis dell’art. 7 dispone che, con riferimento alla procedura di valutazione di incidenza di cui all'articolo 5 del D.P.R. n. 357/1997, per gli interventi che possano avere incidenza significativa sui siti protetti, si osservano le procedure di cui all' “Atto di indirizzo e coordinamento per l'espletamento della procedura di valutazione di incidenza, ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 92/43/CEE e dell'articolo 5 del D.P.R. n. 357/1997 così come modificato e integrato dall'articolo 6 del D.P.R. n. 120/2003” approvato con Delib. G.R. 14 marzo 2006 n. 304.
In particolare, con quest’ultima deliberazione regionale sono state fornite le direttive per l'espletamento della valutazione di incidenza e, dopo aver premesso che detta procedura è riferita a progetti e piani riguardanti le aree territoriali perimetrate come SIC e ZPS, prevede la definizione di due livelli che si articolano in una fase preliminare di "screening" (attraverso il quale si verifica se il progetto ha un effetto significativo sul sito protetto interessato) ed una c.d. "Valutazione Appropriata", vera e propria valutazione di incidenza.
Ancora prima, disposizioni analoghe sono state previste nelle “Linee Guida per la realizzazione di impianti eolici nella Regione Puglia”, adottate con delibera della Giunta Regionale del 2 marzo 2004 n. 131 con cui, nelle more della definizione conclusiva del Piano Energetico Ambientale Regionale (approvato in seguito con delibera della Giunta Regionale 8 giugno 2007 n. 827), sono state individuate le modalità e i criteri per la redazione degli studi di valutazione ambientale in relazione alla istallazione di impianti eolici nel territorio regionale. In particolare, il paragrafo 3 statuisce che gli interventi ricadenti totalmente o parzialmente nei siti protetti sono assoggettati a valutazione di incidenza ai sensi dei DPR n. 357/97.
Ne consegue che la classificazione di aree come SIC e ZPS non esclude aprioristicamente la realizzazione di impianti eolici ma richiede un’accurata valutazione ambientale condotta secondo i criteri della discrezionalità tecnica amministrativa.
In proposito, questo Tribunale ha precisato che “l’inclusione di un’area nei siti di interesse comunitario e nelle zone di protezione speciale, individuate e istituite con provvedimenti adottati in conformità alle direttive comunitarie, non equivale ad imprimere all’area una condizione giuridica di inedificabilità assoluta, bensì relativa, in quanto subordinata al giudizio positivo di V.I.A. (…)”, aggiungendo inoltre che “sebbene l’interesse alla tutela dell’ambiente abbia indubbio valore primario, come sancito dalla Corte Costituzionale, tuttavia tale valenza primaria non è assolutamente ostativa al legittimo esercizio di diritti di pari rango costituzionale riconosciuti ai cittadini, quale è quello dell’iniziativa economica privata (art. 41 della Costituzione); la P.A. ha il dovere di accertare in concreto se l’attività comporti pericolo di lesione dell’interesse ambientale (…)”.
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Nè appaiono condivisibili le argomentazioni svolte dalle parti resistenti che ritengono trattarsi di misure di salvaguardia di carattere transitorio sulla base della considerazione che gli artt. 6 e 14 del Reg. Reg. 16/2006 proibiscono l’istallazione di parchi eolici rispettivamente sino alla emanazione delle linee guida statali di cui all’art. 12 decimo comma del D.Lgs. 387/2003 e all’approvazione dei PRIE da parte dei Comuni interessati. Invero, tale effetto di salvaguardia si tradurrebbe in una illegittima moratoria a tempo indeterminato che inciderebbe sulla definizione delle procedure autorizzative degli impianti eolici ricadenti nelle aree protette, in contrasto con i descritti principi dell’ordinamento comunitario e della legislazione primaria statale e regionale. (TAR PUGLIA – BARI 17/09/2008, N. 2128)
- SULLA LOCALIZZAZIONE IN VIA GENERALE DI IMPIANTI DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI (ZONE AGRICOLE)
- L’utilizzazione delle fonti di energia rinnovabile è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità, e le opere relative sono dichiarate indifferibili ed urgenti (articoli 1, comma 4, della legge 1991, 12, comma 1, del d.lgs. 387/2003), anche in considerazione del fatto che la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, la promozione, lo sviluppo e la maggior utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l’ambiente costituisce un impegno internazionale assunto dall’Italia con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto. Espressione evidente di tale favor legislativo per le fonti rinnovabili è la previsione dell’articolo 12, comma 7, del d.lgs. 387/2003, che costituisce una sorta di interpretazione autentica volta a chiarire positivamente la questione della compatibilità degli impianti eolici con la destinazione agricola dei terreni, a scapito dell’opzione interpretativa alternativa precedentemente prospettata, consistente nel ritenere necessaria per l’installazione la destinazione industriale del sito (cfr. TAR Campania, Napoli, I, 10 gennaio 2005, n. 44). Peraltro, detta possibilità non è senza limiti: i Comuni possono certamente prevedere, nell’esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, aree specificamente destinate ad impianti eolici. In mancanza di una simile previsione conformativa, è indubbio che detti impianti possano essere localizzati, senza distinzione (almeno, per quanto riguarda la valutazione di compatibilità urbanistica) in tutte le zone agricole18 (T.A.R. UMBRIA - 15 giugno 2007, n. 518);
- L'art. 15, comma 4, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in base al quale il permesso di costruire decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio, è applicabile alla D.I.A. edilizia. In forza del disposto di cui all'art. 12, comma 7, D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, secondo cui nell'ubicazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale, i Comuni, nell'esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, possono prevedere aree specificamente destinate ad impianti eolici; in mancanza di una simile disciplina conformativa comunale, in base al citato art. 12, detti impianti possono essere localizzati, senza distinzione (almeno, per quanto riguarda la valutazione di compatibilità urbanistica), in tutte le zone agricole19 (T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 22/04/2009, n. 983)
- PROCEDURA AD EVIDENZA PUBBLICA PER LA SELEZIONE DI PROGETTI DI RELIZZAZIONE DI IMPIANTI DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI (Comune di Cerignola c/ Farpower)
In tema di autorizzazione alla costruzione di impianti eolici spettano ai Comuni significativi poteri di amministrazione attiva, sia a livello di pianificazione, sia nella fase della conferenza dei servizi sui progetti presentati alla Regione; analogo potere viene riconosciuto dalla normativa della Regione Puglia, anche nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'art. 118 Cost.: ne consegue che non sussiste alcuna carenza assoluta di potere o incompetenza assoluta nell'esercizio, da parte del Comune, del potere di assegnare le aree su cui saranno costruiti gli impianti eolici e di selezionare i soggetti che li realizzeranno. Vi è però vizio di incompetenza relativa nel comparare e selezionare i progetti e nel respingere le istanze eccedenti rispetto a quelle assentibili, dal momento che titolare del procedimento di autorizzazione ai sensi dell'art. 12, D.Lgs. n. 387/2003 è la Regione, cui spetta anche l'approvazione del piano regolatore per l'installazione degli impianti eolici (Prie); né tali poteri possono essere compresi nella materia del "governo del territorio", vertendosi della diversa materia dell'energia20 (T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 08/03/2008, n. 530).

8. Conclusioni
Il quadro a tinte fosche sopra delineato, tuttavia, lascia aperto qualche spiraglio di ottimismo alla luce della recente approvazione delle linee guida nazionali che dovrebbero costituire il punto di riferimento fondamentale per le regioni che, in assenza di una puntuale regolamentazione, hanno affrontato in maniera disomogenea la materia delle energie rinnovabili.
Di talchè, ove, come è assolutamente auspicabile, dovesse essere superata l’incertezza delle regole che governano i singoli procedimenti amministrativi, ciò rappresenterebbe un importante contributo alla crescita degli investimenti e allo sviluppo della cd. Green Economy.


 

* Avvocato Amministrativista del Foro di Foggia

1 direttiva comunitaria. 2001/77/CE
2 D. Lgs 387/2003
3 Manovra di assestamento del bilancio approvata con decreto legge n. 78/2010 conv. nella L. n 122/2010, www.altalex.com
4 “In applicazione dell'art. 12 del D.Lgs. n. 387/03 sono soggetti ad una autorizzazione unica rilasciata dalla Regione:
1. gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, di cui all'art. 2 comma 1 lettere b) e c) del D.Lgs. n. 387/03;
2. le centrali ibride come definite dall'art. 8 comma 2 del D.Lgs. 387/2003;
3. gli impianti alimentati da fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, di cui all'art. 17 del D.Lgs. n. 387/03.
In applicazione dell'art. 6 del D.Lgs. n. 387/03, gli impianti di cui al comma precedente, punti 1 e 3, con potenza elettrica nominale non superiore a 20 kW:
1. non necessitano dell'autorizzazione unica;
2. sono disciplinati, per quanto concerne gli adempimenti connessi con l'accesso e l'utilizzo della rete elettrica, dalla Delibera n. 28/06 dell'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas (G.U.R.I. n. 55 del 7 marzo 2006) recante titolo Condizioni tecnico-economiche del servizio di scambio sul posto dell'energia elettrica prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili di potenza nominale non superiore a 20 kW;
3. sono soggetti a Denuncia di Inizio dell'Attività (DIA) che costituisce titolo abilitante ai fini degli adempimenti in materia edilizia e di energia, salvo il caso in cui occorra, per la realizzazione e l'esercizio degli stessi interventi, l'acquisizione di autorizzazioni di carattere ambientale, paesaggistico, di tutela del patrimonio storico-artistico, della salute e della pubblica incolumità.
In deroga alle prescrizioni di cui al comma 1, non necessitano dell'autorizzazione unica, essendo comunque soggetti alla DIA:
1. gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 kWp e fino a 1 MWp posti su edifici industriali alo collocati a terra internamente a complessi industriali esistenti o da costruire,
2. gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 kWp e fino a 1 MWp realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, dovendosi tener conto, nell'ubicazione, di quanto specificato nell'art. 12 comma 7 del DLgs. n. 387/03;
3. gli impianti eolici on-shore di piccola taglia, di cui al comma b) dell'art 2 del Regolamento Regionale 04 ottobre 2006 n. 16,
4. gli impianti eolici on-shore costituiti da un unico generatore di potenza nominale superiore a 60 kW e fino a 1 MW, destinati in via prioritaria a produzione di energia per autoconsumo, ai sensi dell'art. 2, comma 2, del D.Lgs. 79/99 e della L.R. 9/2005 e ferme restando le procedure di valutazione ambientale previste dalla L.R. 11/2001.
I proprietari degli impianti di cui al commi da 2 a 3 sono tenuti a comunicare al Comune competente per territorio la cessazione definitiva delle attività dell'impianto ed a fornire indicazioni sulle tipologie di smaltimento previste per i materiali e le attrezzature di cui è composto l'impianto, comprese le opere connesse ad infrastrutture indispensabili alla sua costruzione ed esercizio, secondo la normativa nazionale e regionale vigente all'atto della definitiva cessazione della produzione. Gli uffici competenti del Comune sono tenuti a verificare che lo smaltimento definitivo dell'impianto avvenga entro un anno solare dalla data di comunicazione di fine attività".
- di confermare quanto già stabilito ed approvato con la DGR n. 1550/2006;
- di trasmettere copia del presente provvedimento agli uffici competenti dei Ministeri Attività Produttive, Ambiente e Tutela del Territorio ed all'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas a cura del Settore Industria;
- di trasmettere copia del presente provvedimento all'Assessorato regionale "Assetto del territorio" nonché alle Amministrazioni Provinciali della Regione e Valutazione Impatto Ambientale a cura del Settore Industria;
5 CORT. COST. sentenza n. 119/10;
6 CORT. COST. sentenza n. 383/05
7. CORTE COST., sent. 9 novembre 2006 n. 364
8. CORTE COST., sent. 29 maggio 2009 n. 166
9. CONS. STATO, Sez. V - 26 febbraio 2010, n. 1139), www.ambientediritto.it
10. CONS. STATO, Sez. V, 26/02/2010, n. 1139, www.ambientediritto.it
11. TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 8 gennaio 2010, n. 2
12. TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. VII - 25 marzo 2010, n. 1652;
13. TAR CAMPANIA, Napoli, Sez.VII - 17 novembre 2009, n.7547)
14. TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 2 ottobre 2009, n.2226;
15. TAR PUGLIA, Bari, Sez. I - 24 settembre 2009, ord. n. 155
16. T.A.R. PUGLIA, Lecce, Sez. I - 29 gennaio 2009, n.127
17. TAR PUGLIA – BARI 17/09/2008, N. 2128, www.giustizia-amministrativa.it
18. T.A.R. UMBRIA - 15 giugno 2007, n. 518, www.ambientediritto.it;
19. T.A.R. Puglia Bari, Sez. III, 22/04/2009, n. 983;
20. T.A.R. Puglia Bari, Sez. I, 08/03/2008, n. 530
 

 


Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 20/9/2010

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