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Incarichi dirigenziali a tempo determinato negli Enti Locali - Applicabilità dell'art. 110 del d.lgs. 267/2000 dopo l'entrata in vigore del Decreto brunetta - Parere della Corte dei Conti della Lombardia
 

CARLO RAPICAVOLI*
 

 


1. NORMATIVA DI RIFERIMENTO

Art. 110 del D. lgs. 267/2000:
“Incarichi a contratto”
1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.
2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire (…)
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica (…)



Art. 19 del D. Lgs. 165/2001 modificato dall’art. 40 del D. Lgs. 150/2009 (Decreto Brunetta)
commi 6 e 6-bis
Secondo la nuova disciplina, gli incarichi dirigenziali a tempo determinato possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro limiti percentuali definiti (“entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato) della dotazione organica. Il quoziente derivante dall'applicazione di tale percentuale, è arrotondato all'unità inferiore, se il primo decimale è inferiore a cinque, o all'unità superiore, se esso e' uguale o superiore a cinque.
Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.

comma 6-ter: “Il comma 6 ed il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2”


2. CONFLITTO FRA LE DUE NORME

L’art. 19, commi 6 e 6-bis, del D. Lgs. 165/2001 riformulato dall’art. 40 del Decreto Brunetta, che per espressa previsione del comma 6-ter si applica anche agli Enti Locali, pone problemi di compatibilità con la previsione dell’art. 110 del testo Unico degli Enti Locali, D. Lgs. 267/2000 non richiamato né modificato.
I problemi riguardano in particolare il contingente numerico.


2.1. IL CALCOLO PERCENTUALE

La norma estesa anche agli Enti Locali fa riferimento alla dirigenza statale che prevede le fasce di appartenenza non presenti per Regioni ed Autonomie Locali.

I limiti normativi fissati sono:

- il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia
- il limite dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia

Si pone evidentemente il problema di stabilire a che percentuale fare riferimento con le conseguenti incertezze sull’interpretazione normativa.


2.2. L’INCOMPATIBILITÀ CON LE PREVISIONI DELL’ART. 110 DEL TESTO UNICO

L’art. 110 distingue fra dirigenti in dotazione organica e dirigenti fuori dotazione organica.

Per i primi non vi è alcuna limitazione numerica rinviando alla previsione statutaria con l’unico limite dei requisiti previsti per il tipo di incarico (es. laurea).

Per i dirigenti fuori dotazione organica è invece previsto il limite del 5% del totale della dotazione organica.

Il nuovo testo dell’art. 19 del D. Lgs. 165/2001, riformulato dall’art. 40 del Decreto Brunetta, oggi fissa il limite del 10% (o dell’8% facendo riferimento alle fasce dirigenziali previste per le amministrazioni dello Stato) anche per i dirigenti in dotazione organica.

Tale previsione è apparsa subito fortemente confliggente con l’autonomia statutaria degli Enti Locali.


3. PARERE DELLA SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA DELLA CORTE DEI CONTI N. 380/2010


“La disciplina statale trova necessariamente il proprio limite nell’autonomia statutaria e regolamentare costituzionalmente garantite, in materia, alle autonomie locali”.

Questo il principio fondamentale e la chiave di lettura fornita dalla Sezione Regionale di Controllo della Lombardia della Corte dei Conti con il parere n. 308/2010 depositato il 17 marzo 2010.

La Corte si sofferma ampiamente sull’applicabilità dell’art. 110 del Testo Unico degli Enti Locali e del rapporto tra tale norma e il D. Lgs. 150/2009 (Decreto Brunetta).

Le argomentazioni sostenute dalla Corte dei Conti sono le seguenti:

“L’art.117 Cost. intesta la competenza legislativa esclusiva allo Stato in materia di “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” (comma 2, lett. g), mentre lo stesso articolo prevede che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite” (comma 5 art. cit.).

La disciplina sul limite del conferimento di una determinata tipologia di incarichi dirigenziali, qual è quella contenuta nell’art.110 TUEL, attiene a quest’ultimo ambito, rientrando specificamente nel potere-dovere di ciascun Ente Locale di provvedere alla propria organizzazione amministrativa, che deve esplicitarsi in una scelta autonoma, in primo luogo nello Statuto e quindi nel pertinente regolamento di organizzazione e della dirigenza. La normativa in esame, quindi, se attiene alla disciplina del rapporto di lavoro della dirigenza pubblica statale, sulla quale incide la riforma, attiene anche ad un aspetto della disciplina dell’organizzazione delle Amministrazioni che, nel caso delle autonomie locali, è riservato alla sfera dell’autodeterminazione del modello organizzativo più consono alla realtà locale.

Peraltro, la novella non può ritenersi riconducibile ai titoli di legittimazione della potestà legislativa statale contenuti nell'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. quali l'«ordinamento civile» o il «coordinamento della finanza pubblica».

Riguardo a quest’ultimo aspetto, si deve rammentare che la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che le norme statali che fissano limiti alla spesa delle Regioni e degli enti locali siano da ritenersi principi fondamentali di “coordinamento della finanza pubblica” soltanto se si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e se non prevedono in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenze n. 412 e n. 169 del 2007; n. 88 del 2006). Circostanze, queste ultime, che non ricorrono nella normativa in esame.

È appena il caso di osservare che non può sostenersi che la novella in discorso abbia la finalità di contenimento della spesa pubblica complessiva per la remunerazione delle funzioni dirigenziali, posto che il conferimento di incarichi di dirigente a contratto entro i limiti della dotazione organica (così come consentito, per gli Enti locali, dall’art. 110, primo comma, TUEL) non può avere l’effetto di determinare alcuna maggiore spesa per l'Amministrazione.

Sul punto, gli unici limiti espressamente stabiliti per gli Enti locali sono contenuti nel secondo comma dell’art.110 TUEL, per gli Enti locali di minore dimensione, per i quali il legislatore ha espressamente inteso privilegiare la valorizzazione delle professionalità interne rispetto al ricorso a soggetti esterni, coerentemente con la ratio di ottimizzazione delle risorse pubbliche che caratterizza in generale la normativa in materia di personale dipendente e che, per molti versi, pervade anche la disciplina degli incarichi esterni di natura non subordinata (peraltro, rientra fra le condizioni legittimanti il conferimento d’incarichi individuali nella P.A., di cui all’art.7, comma 6, d.lgs. n. 165/2001, che l'Amministrazione abbia preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno).

L’applicazione del comma 6 dell'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, come riformulato dall’art.40 del decreto di riforma, comporterebbe, al contrario (con l'estensione del limite delle quote percentuali rispetto alla dotazione organica a tutti gli incarichi dirigenziali a contratto, insieme alla riserva di tali incarichi ai soli soggetti estranei all'Amministrazione conferente) la preclusione al conferimento di incarichi dirigenziali al personale interno non avente qualifica di dirigente.

Quanto al dato testuale del comma 6-bis dell’art.19 d.lgs. n.165/2001, esso si riferisce a “dirigenti di prima o seconda fascia”, richiamando esplicitamente la distinzione in fasce della dirigenza dello Stato, che non è prevista, al contrario, per la dirigenza degli enti locali e depone, pertanto, per l’inapplicabilità dello stesso alla dirigenza degli Enti locali.

Inoltre, occorre ricordare che opera in materia la clausola di specialità di cui all’art 1, comma 4 TUEL che, in ossequio al principio di autonomia degli Enti locali, stabilisce che le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.

Il testo dell’art.110 TUEL non è stato espressamente modificato dal decreto legislativo di riforma (neppure rientra, in tutto o in parte, tra le abrogazioni disposte dall’art.72 del decreto stesso) e l’art.74, comma 2, d.lgs. n. 150/2009 dispone che “gli articoli 3, 4, 5, comma 2, 7, 9, 15, comma 1, 17, comma 2, 18, 23, commi 1 e 2, 24, commi 1 e 2, 25, 26, 27, comma 1, e l'articolo 62, commi 1-bis e 1-ter recano norme di diretta attuazione dell'articolo 97 della Costituzione e costituiscono principi generali dell'ordinamento ai quali si adeguano le regioni e gli enti locali, anche con riferimento agli enti del Servizio sanitario nazionale, negli ambiti di rispettiva competenza”.

Nei limiti dell’autonomia riconosciuta agli Enti locali in materia, questi adegueranno i propri statuti e regolamenti ai suddetti principi, ferma restando l’immediata vigenza delle disposizioni espressamente dichiarate applicabili anche agli Enti locali stessi, esplicitate nell’art. 74, primo comma, del d.lgs. n. 150/2009.

In forza dell’autonomia organizzativa loro riconosciuta dalla Costituzione, gli Enti Locali, nei limiti di cui all’art.110 TUEL, possono disciplinare con le modalità più corrispondenti alla singola realtà locale i propri Uffici e le tipologie di incarichi da conferire ai dirigenti ad essi preposti. In tal modo potranno conferire incarichi temporanei tenendo comunque presente, da un lato, i limiti imposti dai principi di sana gestione delle risorse pubbliche a disposizione degli enti; d’altro lato, dell’eccezionalità della disposizione di cui all’art. 110 TUEL nel sistema del conferimento d’incarichi dirigenziali”.




4. LE LINEE GUIDA DELL’ANCI
Sulla stessa impostazione si era già espressa l’ANCI nelle sue linee guida di interpretazione del Decreto Brunetta.
Questi i punti essenziali delle linee guida:

a) LA POSSIBILITÀ DI CONFERIRE INCARICHI DIRIGENZIALI A DIPENDENTI DELLO STESSO ENTE
Va ricordato al riguardo che il comma 6 dell’art. 19 del D. Lgs. 165/2001, come riformulato dal D. Lgs. 150/2009 prevede che gli incarichi possono essere attribuiti a soggetti “non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazione (…) che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza(…)”.
Ciò significa che la verifica interna sulla “non rinvenibilità nei ruoli dell’Amministrazione” va fatta limitatamente ai ruoli dirigenziali e che possono ancora conferirsi incarichi a dipendenti interni non dirigenti, in possesso dei requisiti richiesti dalla norma.


b) IL RAPPORTO CON L’ART. 110 DEL TESTO UNICO
Si sottolinea nella linee guida dell’ANCI come appare “topograficamente poco comprensibile l’inserimento di una norma destinata all’insieme delle pubbliche amministrazioni in un articolo di legge dedicato alla sola dirigenza dello Stato; va, inoltre, ricordato che per le amministrazioni locali l’art. 110 del D. Lgs. 267/2000 – non espressamente abrogato o modificato dal Decreto Brunetta – prevede una disciplina particolare e compiuta della dirigenza locale, senza stabilire alcun limite per le assunzioni a tempo determinato finalizzate alla copertura dei posti di responsabili degli uffici e dei servizi previsti in organico, ponendosi quindi in maniera alternativa alla nuova normativa statale”.

c) IL COMPUTO PERCENTUALE
“Va poi rilevato che sussiste un problema di applicabilità oggettiva dei criteri di computo definiti dalla disposizione; nel porre dei vincoli percentuali, il legislatore fa espresso riferimento alla dirigenza di prima e seconda fascia, mentre nelle amministrazioni locali, com’è noto, non vi è tale differenziazione dei ruoli.
In secondo luogo la percentuale individuata, anche se complessivamente intesa, negli Enti di minore dimensione demografica o, comunque con un un numero di dirigenti esiguo, non consente neppure l’assunzione di una unità”.

d) LE MODALITÀ DI CONFERIMENTO DELL’INCARICO
“Circa le modalità di affidamento dell’incarico con contratto a tempo determinato la riforma non modifica per questa parte l’art. 19, comma 6.
Deve tuttavia evidenziarsi che il comma 1-bis dell’art. 19, introdotto dal D. Lgs. 150/2009, prevede la necessità che le amministrazioni rendano conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta, acquisendo e valutando le disponibilità dei dirigenti.
Al riguardo si segnala che la giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenze n. 103 e 104 del 2007 e sentenza n. 161 del 2008) ha espresso un chiaro orientamento volto ad escludere l’esistenza di una dirigenza di fiducia e dunque la possibilità di una interpretazione della normativa vigente nel senso di ammettere la scelta discrezionale, senza limiti, dei soggetti esterni all’ente cui conferire gli incarichi, nonché la necessità di forme di pubblicità che assicurino la trasparenza, procedure comparative anche non concorsuali, richiedendo quindi una procedimentalizzazione dell’iter da seguire”.


5. VALUTAZIONI E POSSIBILE INTERPRETAZIONE
Le argomentazioni della Corte appaiono ampiamente condivisibili e convincenti.
Nello specifico:


L’ART. 19 NON È DIRETTAMENTE E IMMEDIATAMENTE APPLICABILE AGLI ENTI LOCALI

La diretta applicabilità della norma appare scarsamente compatibile con il quadro giuridico complessivo:
- l’art. 1, comma 4, TUEL che prevede che “ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”
- l’art. 27 d. lgs. 165/01, in base al quale per tutto il Capo II vale un semplice dovere di adeguamento, “tenendo conto delle relative peculiarità”. Il richiamo contenuto all’art. 19, comma 6-ter non sembra idoneo a scalfire la regola stabilita all’art. 27, bensì serve solo a rafforzare l’esigenza di dare attuazione ai principi di legalità contenuti all’art. 19;
- l’art. 74 d. lgs 150/09 che non considera la norma in esame tra quelle applicabili agli enti locali.



OBBLIGO DI ADEGUAMENTO DEGLI ENTI LOCALI

Gli Enti Locali sono chiamati a stabilire o a rivedere nel corso del 2010 i limiti da porre o posti con lo strumento regolamentare agli incarichi esterni, sulla base dei due fondamentali criteri di prevalenza degli incarichi dirigenziali a dirigenti interni e di adeguatezza alle esigenze dell’ente stesso.

Ciò in quanto:

- la materia è regolata per Comuni e Province dal vigente art. 110 d.lgs n. 267/2000;
- lo svolgimento della previsione normativa primaria avviene e deve avvenire con norme regolamentari, espressione dell’autonomia degli enti;
- i livelli dimensionali degli enti e le caratteristiche strutturali della dirigenza statale non consentirebbero comunque un’applicazione reale di limiti percentuali fissi agli enti locali.


Nel processo di adeguamento ci si dovrà attenere alle principali indicazioni della Corte dei conti, sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 110 TUEL:

- occorre procedere alla previa pubblicazione di un avviso di selezione, che corrisponde ad un principio di buona amministrazione;
- la scelta del soggetto da incaricare deve scaturire da una valutazione approfondita, benché informale, dei diversi candidati;
- in sede regolamentare gli Enti Locali dovranno fissare anche il limite percentuale degli incarichi conferibili.

La caratteristica di fondo infatti delle nuove disposizioni sulla dirigenza, introdotte dal Decreto Brunetta, è quella di un intervento migliorativo e correttivo della normativa esistente, spesso per adeguarla alla giurisprudenza costituzionale e amministrativa.

Particolare attenzione deve essere posta alle modalità di conferimento degli incarichi, che devono prevedere adeguate forme procedimentali idonee a garantire l’oggettività e la trasparenza nella selezione del personale dirigenziale.

In proposito, giova ricordare quanto già evidenziato dal Dipartimento della Funzione pubblica nella direttiva 19 dicembre 2007 n. 10, concernente “Affidamento, mutamento e revoca degli incarichi di direzione di uffici dirigenziali”, ossia che “pur essendo insiti nelle procedure per l'individuazione dei soggetti cui conferire un incarico dirigenziale il carattere della discrezionalità ed un margine più o meno ampio di fiduciarietà, è indispensabile che le amministrazioni assumano la relativa determinazione con una trasparente ed oggettiva valutazione della professionalità e delle caratteristiche attitudinali. (…) La norma impone una valutazione di tipo relativo, che tenga conto delle attitudini e delle capacità professionali del dirigente rispetto alla tipologia di obiettivi prefissati, ossia gli obiettivi che il dirigente sarà tenuto a perseguire in virtù della competenza ordinaria dell'ufficio cui verrà preposto e degli obiettivi di direttiva fissati dal vertice politico. E' chiaro che la considerazione delle attitudini e capacità professionali non potrà basarsi su valutazioni meramente soggettive, ma dovrà essere ancorata quanto più possibile a circostanze oggettive (…) L'esigenza di operare scelte discrezionali ancorate a parametri quanto più possibili oggettivi e riscontrabili evidenzia l'opportunità che le amministrazioni si dotino preventivamente di un sistema di criteri generali per l'affidamento, il mutamento e la revoca degli incarichi. Ciò al fine di consolidare anche in questo settore la trasparenza in modo da favorire la fiducia dei dirigenti nel funzionamento dell'organizzazione e ridurre le possibilità di contenzioso”.

Sulla previsione e regolamentazione delle modalità di conferimento dell’incarico, non può tralasciarsi il rispetto delle condizioni prescritte dal comma 6, dell’art. 19, le quali impongono, tra l’altro, che la professionalità vantata dal soggetto esterno non sia rinvenibile nei ruoli dell’amministrazione.

Va ricordato al riguardo che il comma 6 dell’art. 19 del D. Lgs. 165/2001, come riformulato dal D. Lgs. 150/2009 prevede che gli incarichi possono essere attribuiti a soggetti non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazione (…) che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza(…)”.

L’amministrazione deve dunque prioritariamente utilizzare le proprie competenze e risorse interne, con la conclusione che l’affidamento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni opera come deroga alla regola generale.

La verifica interna sulla “non rinvenibilità nei ruoli dell’Amministrazione” va fatta limitatamente ai ruoli dirigenziali.

In caso di esito negativo di tale verifica, possono ancora conferirsi incarichi a dipendenti interni non dirigenti, in possesso dei requisiti richiesti dalla norma oppure a soggetti esterni in possesso dei requisiti professionali previsti.

In questo caso la scelta dovrà essere adeguatamente motivata e derivare da un percorso tecnico – amministrativo che veda al centro la valutazione delle caratteristiche del destinatario dell’incarico in rapporto all’incarico da perseguire.

Il Decreto Brunetta rafforza questa impostazione, essendosi soffermato nel comma 6 dell’art. 19, inerente gli incarichi dirigenziali esterni, sulla specifica ed “esplicita motivazione” ed avendo rafforzato i requisiti culturali e professionali richiesti per l’accesso temporaneo alla dirigenza.

Il nuovo testo dell’art. 19 prevede infatti espressamente che gli incarichi dirigenziali a tempo determinato siano conferiti a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione, e che tale competenza professionale sia collegata, tra l’altro, ad una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio presso Amministrazioni pubbliche in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza.

Si può pensare, dunque, che l’Ente pubblico, dopo aver pubblicato un avviso di selezione, nelle forme previste dal regolamento, possa procedere al conferimento dell’incarico sulla base di adeguata motivazione in ordine ai criteri di scelta utilizzati, anche se, si ritiene, senza obbligo di graduatoria ma con un motivato giudizio di idoneità/inidoneità all’incarico e, quindi, con una certa discrezionalità nella individuazione del candidato prescelto, il quale deve essere in possesso delle competenze predeterminate dall’Ente.

In ogni caso, la procedura adottata, che si basi o meno su una vera e propria comparazione, deve essere tale da soddisfare i canoni costituzionali di legalità e buon andamento, richiedendo per l’ammissione alla procedura selettiva la compresenza di entrambi i presupposti, titolo di laurea ed esperienza lavorativa, ai fini della sussistenza dei requisiti della particolare e comprovata qualificazione professionale necessaria per il conferimento degli incarichi.


 

* Direttore Generale e Dirigente del Settore Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia di Treviso

 

 


Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 13/04/2010

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