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La natura giuridica della Libera Università Kore di Enna
L’istituzione in Sicilia del 4° polo universitario è stata particolarmente
travagliata, ma il risultato alla fine si è ottenuto attraverso il
riconoscimento della “Libera Università Kore di Enna”. La tipologia adottata non
è quella tradizionale degli atenei statali, ma neanche quella di stampo
privatistico altrettanto tradizionale. E’ una forma ibrida espressamente
prevista dal nostro ordinamento la cui configurazione giuridica non risulta
chiara neanche alle massime Istituzioni. Prova ne è che mentre l’Istituto
Nazionale di Statistica l’ha inserita nell’elenco delle amministrazioni
pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi
dell’art. 1, comma 5 della legge 30/12/2004, n. 3111, il Ragioniere Generale
della Regione Siciliana la esclude dall’elenco degli enti assoggettati alle
norme sulla Tesoreria unica regionale2, perché riveste natura giuridica di
diritto privato.
La fonte normativa
Siamo infatti in presenza di Istituzioni previste dall’art. 1, secondo comma, n.
2 del R.D. 31/08/1933, n. 1592, nonché dagli articoli 198 e seguenti del
medesimo regio decreto. La loro giuridica esistenza dipende dall’inclusione nel
sistema nazionale d’istruzione superiore operata dal riconoscimento del
Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica, che può
anche sopprimerli (v. art. 200 e 212 R.D. 1592/1933). Il riconoscimento
ministeriale della Libera Università Kore, di seguito denominata UKE, si è avuto
con il Decreto del 5 maggio 2005 che, all’art. 1, così recita: “E’ istituita, a
decorrere dall’anno accademico 2004-2005, la Libera Università della Sicilia
centrale <<Kore>> non statale legalmente riconosciuta…”.
A seguito del riconoscimento, la UKE ha acquisito anche l’autonomia nei
confronti del Ministero. La giurisprudenza, in occasione di un approfondimento
operato per la consorella Libera Università di Bolzano si è così espressa “oltre
ad essere dotata di personalità giuridica propria, gode…di piena autonomia
didattica, organizzativa, amministrativa e finanziaria nei confronti del
Ministero”3. Le Libere Università, pur avendo una più accentuata autonomia, non
si differenziano sostanzialmente dalle Università statali, salvo che per le
modalità di istituzione e per il contributo finanziario4. Per le università
libere, infatti, l’iniziativa non è, ovviamente, dello Stato ed il contributo
finanziario dello Stato è solo parziale o eventuale (quando diviene
indispensabile l’università viene di solito statizzata e finisce di essere
libera). Per il rimanente, entrambe i tipi di istituzione hanno una
regolamentazione omogenea e le norme fondamentali o essenziali dettate per le
università statali si applicano anche a quelle libere.5
L’UKE ha natura (quale libera università appartenente alla categoria di cui al
n. 2 dell’art. 1 T.U. delle leggi sull’istruzione superiore approvato con R.D.
31/08/1933 n. 1592) di persona giuridica di diritto privato, tuttavia dal
riconoscimento (art. 1 del T.U.) della personalità giuridica non deriva una
chiara e netta natura privata della stessa. Anzi, un’indicazione in senso
contrario potrebbe trarsi dalla circostanza che, in passato, per alcune
università vi era stata una espressa qualificazione pubblicistica (v. ad es.
l’art. 1 del R.D. n. 1163/39 per l’Università Cattolica del sacro Cuore) sicchè
inevitabile appare il ricorso ai c.d. indici sintomatici, e in riferimento
all’Università Pro Deo il principio di pubblicità è stato enunciato dalla
sentenza 9/11/1974 n. 3480 delle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione
sulla base di indicatori, tratti dalla normativa positiva, ritenuti sufficienti
per configurare, attraverso una sostanziale equiparazione nella natura e nelle
finalità delle università libere alle università statali, un rapporto di
ausiliarietà con lo Stato.
L’Ordinamento positivo
Definire con certezza se le Libere Università non statali legalmente
riconosciute sono da considerare enti pubblici, solo formalmente privati, o
viceversa enti anche sostanzialmente privati, come sopra accennato, è di
fondamentale importanza per le numerose implicazioni che ne derivano in punto di
giurisdizione, nel contesto delle norme che regolano gli appalti e le forniture,
in materia di norme sul procedimento amministrativo e sul rapporto di lavoro e,
più recentemente, anche per quanto concerne i vincoli che derivano dai
cosiddetti patti di stabilità interni.
Una elencazione esaustiva delle Pubbliche Amministrazioni nel nostro ordinamento
è contenuta nell’art. 1, comma 2, del D.Lgs 30/03/2001 n. 165 recante “Norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche”. Oltre a quelle tipizzate, la norma fa un generico riferimento a
“tutti gli enti pubblici non economici”. L’individuazione di questi enti appare
riservata all’ordinamento positivo. Infatti, secondo quando previsto dall’art. 4
della legge 70/1975, “nessun ente pubblico può essere riconosciuto o istituito
se non per legge”. Tuttavia, neppure la qualificazione operata dalla legge
risulta sempre decisiva. Diversi sono i casi di enti espressamente qualificati
dalla legge pubblici o privati e diversamente dichiarati dalla giurisprudenza
giusto insegnamento della Corte Costituzionale6.
Il diritto comunitario indirizza gli strumenti d’indagine sulla natura giuridica
degli enti verso gli aspetti sostanziali, con particolare riferimento alla
tipologia delle risorse impiegate. Infatti, “A livello comunitario, con il
Regolamento CE 2223/96 del Consiglio, in data 25 giugno 1996, relativo al
sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella comunità 8SEC 95), il
Consiglio della Comunità economica europea ha modificato il Sistema Statistico
europeo, varando nuove definizioni e regole di calcolo delle grandezze relative
alla finanza pubblica denominate SEC 95, ed applicabili in ogni Stato.
All’interno del SEC 95, che ha valore normativo primario poiché è stato
approvato, come si è detto con un regolamento del Consiglio delle comunità
europee, si ritrova una precisa nozione di Amministrazione Pubblica (seppur al
limitato fine della disciplina settoriale esaminata), laddove è precisato che
sono da considerare Amministrazioni Pubbliche <<tutte le unità istituzionali che
agiscono da produttori di beni e servizi non destinati alla vendita, la cui
produzione è destinata a consumi collettivi e individuali ed è finanziata in
prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri
settori e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste
nella ridistribuzione del reddito e delle ricchezze del paese>>. Deve
considerarsi ente pubblico, pertanto, qualsiasi soggetto che indipendentemente
dalla forma giuridica assunta utilizzi in prevalenza per lo svolgimento
dell’attività per cui è costituito risorse pubbliche, anziché private. Ne
consegue che, anche a livello europeo, al fine di individuare la natura di un
ente non è rilevante la forma giuridica che viene data al medesimo, ma le
risorse che utilizza per lo svolgimento della sua attività”.7
Con una pronuncia del 26 marzo 20098, la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto
che l’organismo europeo di controllo Eurocontrol, incaricato di sviluppare un
sistema uniforme di gestione del traffico aereo in Europa sia un soggetto
pubblico e non un’impresa in quanto le attività, per loro natura, le finalità e
le regole a cui è sottoposto, connesse con l’esercizio di poteri di controllo e
di polizia dello spazio aereo, sono tipicamente poteri pubblici e non attività
economiche.
L’evoluzione concettuale di Ente Pubblico
Per cercare di rispondere al quesito della natura giuridica delle Libere
Università, e della Kore in particolare, occorre fare alcuni passi indietro
lungo il percorso delle privatizzazioni e su quello connesso del concetto
evolutivo di pubblica amministrazione e di ente pubblico.
La tradizionale impostazione di pubblica amministrazione è stata travolta
attraverso le così dette privatizzazioni. Con la privatizzazione è infatti
accaduto che alcuni servizi pubblici - pur ritenuti essenziali – siano stati
affidati a società per azioni le cui quote risultano di pertinenza prevalente,
se non esclusiva, di enti pubblici. La giurisprudenza ha così dovuto prendere
atto della esistenza di società per azioni che costituiscono <<istituzione
pubblica>> affermandone la giurisdizione della Corte dei Conti. “Ed invero, come
rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 466/1993, si assiste ad
uno stemperamento della dicotomia tra ente pubblico e società di diritto
privato. Tale stemperamento si desume: dal crescente impiego della società per
azioni per perseguire finalità di interesse pubblico; dall’adesione comunitaria
ad una nozione sostanziale d’impresa pubblica; dall’accertata impossibilità di
individuare nelle nuove società per azioni derivate dai precedenti enti pubblici
connotazioni proprie della loro originaria natura pubblica. Con particolare
riferimento alla nozione di impresa pubblica di matrice comunitaria, occorre
precisare che la nozione europea di pubblica amministrazione, cui consegue
l’obbligo di applicare la disciplina della evidenza pubblica e i relativi
principi comunitari, si fonda su di una nozione sostanziale di organismo di
diritto pubblico individuato sulla base di tre parametri tutti necessari:
possesso della personalità giuridica; il fine perseguito costituito dal
perseguimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale
o commerciale; la sottoposizione ad un’influenza pubblica dominante”.9
Emerge quindi che un ente pubblico è quello che, al di là della definizione
normativa, possa comunque essere ritenuto tale, nel senso che le definizioni non
vincolano l’interprete, il quale dovrà determinare la natura dell’ente
indipendentemente dalla sua denominazione, per cui la stessa qualificazione
esplicita è irrilevante se in contrasto con l’effettiva natura.10
La causa privatistica e la missione pubblica
Dunque, la qualificazione di un ente come società di capitali non è di per sé
sufficiente ad escludere la natura di istituzione pubblica dell’ente stesso, ma
si deve procedere ad una valutazione concreta in fatto, caso per caso11. “Queste
circostanze dimostrano che, a differenza di quanto accadeva in passato, venuti
meno i vincoli interpretativi ad una concezione <<allargata>> di pubblica
amministrazione, quella che oggi risulta favorita non è la soggettività in sé
(ossia l’elemento formale), quanto piuttosto la tipologia di attività svolte e
la capacità a svolgerle (dunque, l’elemento sostanziale)12”. “La nozione di <<ente
pubblico>> come nozione unitaria (come quella che designa una serie di
fattispecie accomunate da una disciplina generale) è frutto dell’elaborazione
giurisprudenziale, pur supportata da una produzione dottrinale assai nota13”.
Quindi, l’identificazione in concreto dell’ente pubblico, laddove incerta, deve
essere fatta analizzando la disciplina giuridica propria di esso (gli elementi
di disciplina certi); ricavando da questi elementi, in base a parametri
normativamente predeterminati, l’essere pubblico dell’ente. “In buona sostanza,
l’indagine sulla natura di tali società deve essere svolta privilegiando gli
aspetti sostanziali rispetto al dato meramente formale costituito dalla
configurazione giuridica dell’ente, secondo un modus procedendi che è tipico del
diritto comunitario”14. “In effetti, si è andato consolidando in questi ultimi
anni nella giurisprudenza nazionale - in linea con il concetto di impresa
pubblica elaborato a livello comunitario, il cui elemento caratterizzante è
l’influenza dominante dei pubblici poteri, prescindendo dalla natura formale -,
l’orientamento della prevalenza degli aspetti pubblicistici sostanziali sulla
forma privatistica ai fini della qualificazione di un soggetto. Si è quindi
affermato che una s.p.a. a totale capitale pubblico è privata esclusivamente per
la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad
essere sotto l’influenza pubblica, è assimilabile ad un ente pubblico. Anche la
dottrina ha osservato che le società a capitale pubblico, derivanti dalle
privatizzazioni dei precedenti enti pubblici, presentano caratteristiche di
specialità rispetto al modello tradizionale di società commerciali”.15
La problematica connessa a tale modello di società nell’epoca delle
privatizzazioni pone una serie di interrogativi, con particolare riferimento
alla compatibilità della missione pubblica con la causa privatistica,
dell’equiparabilità all’Ente Pubblico, anche con riguardo ai profili di
costituzionalità della disciplina e del riparto giurisdizionale delle
controversie relative agli atti di gestione16. “Al riguardo è d’obbligo richiamare
due pronunce che rivestono fondamentale importanza nel dibattito nazionale
sviluppatosi attorno al tema della configurabilità di enti pubblici a struttura
societaria. La prima è quella con cui la Corte Costituzionale (sentenza n. 466
del 28/12/1993) – successivamente alla trasformazione in società per azioni
degli enti di gestione delle partecipazioni statali e degli enti pubblici
economici per effetto dell’art. 15 del D.L. 11/07/1992, n. 333, convertito nella
legge 8/08/1992, n. 359-, ha affermato che persiste l’assoggettamento al
controllo della Corte dei Conti delle società in questione finchè le stesse
continuano ad essere detenute, in modo esclusivo o maggioritario, dallo
Stato…………..sì da indurre a riconoscere la loro natura di società di <<diritto
speciale>>, tale da legittimare la compatibilità tra il controllo previsto dal
citato art. 12 e la disciplina relativa alle <<privatizzazioni>>. L’altro dictum
giurisprudenziale volto ad evidenziare come anche in ambito nazionale la veste
societaria non costituisca più elemento aprioristicamente ostativo alla
connotazione pubblicistica dell’ente, è quello con il quale il Consiglio di
Stato (sez. VI, 20/05/1995, n. 498), hanno statuito che, nonostante
l’intervenuta privatizzazione formale, i contratti stipulati dalla s.p.a
Ferrovie dello Stato sono assoggettati alle procedure dell’evidenza pubblica e
le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice
amministrativo: più specificatamente, in tali fattispecie <<l’adozione della
forma societaria si presenta come modulo per rendere l’attività economica più
efficace e più funzionale, fermo restando che l’impresa mantiene sotto
molteplici profili uno spiccato rilievo pubblicistico>>. L’esclusione della
riconducibilità del modello societario alla categoria soggettiva in questione
sull’assunto della incompatibilità di alcuni elementi tipici dell’organismo
societario – tra cui il fine di lucro e la natura economica dell’attività
esercitata – e la connotazione pubblicistica che caratterizza, invece, la figura
giuridica coniata dal diritto comunitario, non tiene conto dell’evoluzione del
dibattito sviluppatosi in ambito nazionale ove vi è spazio per la qualificazione
ad enti pubblici, o a connotazione pubblicistica, di soggetti aventi veste
societaria. Tanto più che la nozione di organismo di diritto pubblico, com’è
noto, si fonda su parametri di gran lunga più sostanziali ed elastici di quelli,
sovente di carattere formale, utilizzati dall’ordinamento interno al fine di
ricostruire la figura dell’ente pubblico”.17
Peraltro, la giurisprudenza amministrativa18, ritiene che la veste imprenditoriale
ed anche l’eventuale caratterizzazione lucrativa di un soggetto non ostano alla
qualifica in termini di organismo di diritto pubblico, e, quindi
all’equiparazione agli enti pubblici del diritto interno ai fini della natura
pubblica dei relativi atti e alla conseguente emersione della giurisdizione
amministrativa. Ancor prima, aderendo alla nozione sostanziale di pubblica
amministrazione, il Consiglio di Stato19, affermava che in linea di massima “tali
società, affidatarie della cura di rilevanti interessi pubblici, conservano
inalterata la propria connotazione pubblicistica con la conseguenza che malgrado
la trasformazione sono destinate a rimanere pubbliche”. Lo stesso Consiglio di
Stato ha altresì affermato che “…il fenomeno dell’azionariato pubblico e, più in
generale, della costituzione di società lucrative da parte della p.a., non si
radica esclusivamente nella disciplina di diritto comune, ma presenta aspetti di
diritto speciale, connessi al fatto che l’amministrazione, nella sua veste di
azionista di una società formalmente di diritto civile, non può che indennizzare
le attività societarie a fini di interesse pubblico generale, che fanno assumere
alle stesse attività i caratteri della funzione amministrativa e valenza
oggettivamente pubblicistica”20. Ancora, “una società è da considerarsi pubblica
quando sussistono regole di organizzazione e funzionamento che, oltre a
costituire una consistente alterazione del modello societario tipico
(comprendendo una compressione delle autonomie funzionale e statutaria degli
organismi societari), rivelino, al tempo stesso, la completa attrazione
nell’orbita pubblicistica dell’ente societario”.21
Sulla stessa direzione, illuminante appare anche la sentenza della Cassazione
penale secondo cui, “Il momento d’individuazione della natura pubblica di un
ente non va ricercato negli scopi da esso perseguiti (dal momento che mentre
alcuni enti privati perseguono finalità cui tende lo Stato stesso, come quelle
relative all’istruzione e al credito, quest’ultimo, a sua volta, interviene
frequentemente in concorrenza con i privati in attività di natura privatistica,
come nel campo dell’economia e della produzione), ma nel regime giuridico dello
stesso nonché nella sua collocazione istituzionale in seno all’organizzazione
statale, come organo ausiliario necessario al raggiungimento di finalità di
interesse generale e, in quanto tale, dotato di poteri e prerogative analoghi a
quelli dello Stato e assoggettato ad un intenso sistema di controlli pubblici. I
caratteri sopra indicati si riscontrano negli automobil clubs provinciali, ai
quali pertanto deve riconoscersi la natura di enti pubblici, con la conseguenza
che i funzionari di tali enti sono pubblici ufficiali e pubblici sono gli atti
da essi posti in essere nell’esercizio delle loro funzioni”.22
Per una parte della dottrina “Quelle che comunemente vengono chiamate società a
partecipazione pubblica non sono una terza specie di enti pubblici: sono invece
società per azioni nelle quali azionista, unico, di maggioranza o di minoranza,
è l’ente pubblico.Si tratta, cioè, di una species del genus società per azioni
(di diritto privato)”23. Secondo un’altra corrente di pensiero (Cerulli Irelli,
Bardusco, Virga, Sandulli), l’unico decisivo indice di pubblicità di un ente è
dato dal regime giuridico, inteso come complesso di norme e di principio che ne
regolano l’esistenza e l’attività nonché l’inserimento nella struttura della
pubblica amministrazione cui lo stesso ente è sottoposto. “la citata dottrina ha
così individuato i seguenti indici di riconoscimento della natura pubblica di un
ente: a) un sistema di controlli pubblici; b) ingerenza di un pubblico potere
nella nomina e revoca dei dirigenti nell’amministrazione dell’ente; c)
partecipazione dello Stato o di altra P.A., alle spese di gestione; d) potere di
direttiva dello Stato; finanziamento pubblico istituzionale; costituzione ad
iniziativa pubblica”24.
Anche la Corte dei Conti si è adeguata da tempo al suddetto indirizzo,
affermando, a proposito della privatizzazione delle Poste, che al di là della
formale connotazione come soggetto di diritto privato le Poste Italiane s.p.a.,
sono parte integrante della pubblica amministrazione e valgono per essa le
argomentazioni valide per gli enti pubblici economici. Più recentemente è stato
affermato che “A seguito della diffusione nel settore pubblico del modulo
societario, deve ritenersi che il criterio da utilizzare per individuare la
natura pubblica o privata di un organismo non è dato dalla forma rivestita (ente
o società), bensì dalla caratura pubblica dello scopo perseguito e dalle risorse
utilizzate nello svolgimento della sua attività, con la conseguenza che anche in
presenza della forma societaria se l’ente utilizza risorse pubbliche è da
considerare senz’altro ente pubblico, con effetti sulla finalizzazione
dell’attività e sul regime delle responsabilità”.25
Più recentemente anche la Corte Costituzionale è stata investita della
questione, in occasione della eccezione di costituzionalità sollevata dalla
Stato sulla legge della Regione Abruzzo 5 agosto 2004 n. 23. Lo Stato, deduceva
l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 4 lettera f), della legge
regionale in esame, in quanto la stessa, nel prevedere che le società a capitale
interamente pubblico, affidatarie del servizio pubblico, sono obbligate al
rispetto delle procedure di evidenza pubblica imposte agli enti locali per
l’assunzione di personale dipendente, pone a carico di società private obblighi
e oneri non previsti per l’instaurazione dei rapporti di lavoro nel settore
privato ed invade quindi la competenza esclusiva statale nella materia
“ordinamento civile” (art. 117, secondo comma, lettera I, della Costituzione).
Per la Corte la questione non risultava fondata in quanto “La disposizione in
esame non è volta a porre limitazioni alla capacità di agire delle persone
giuridiche private, bensì a dare applicazione al principio di cui all’art. 97
della Costituzione rispetto ad una società che, per essere a capitale
interamente pubblico, ancorchè formalmente privata, può essere assimilata, in
relazione al regime giuridico, ad enti pubblici. D’altronde, questa Corte, sulla
base della distinzione tra privatizzazione formale e privatizzazione
sostanziale, e dunque con riferimento al suindicato principio, ha riconosciuto
la legittimità della sottoposizione al controllo della Corte dei Conti degli
enti pubblici trasformati in società per azioni a capitale totalmente pubblico
(sentenza n. 466 del 1993)”.26
Gli indicatori sintomatici della natura giuridica
Tornando al caso in specie, è necessario indagare sulla genesi della Libera
Università al fine di attribuirle la giusta qualifica. Certo, nessun indicatore
sintomatico è, per definizione, determinante; “ciò che rileva è il loro
complesso, ma un elemento decisivo ai fini della valutazione complessiva è
costituito dal mutamento di prospettiva introdotto dalla sentenza n. 394/88 con
la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale
della’rt. 1 della legge 17 luglio 1890 n. 6972 (Norme sulle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficienza) nella parte in cui non prevede che le
Ipab regionali e infraregionali possano continuare a sussistere assumendo la
personalità giuridica di diritto privato, qualora abbiano tuttora i requisiti di
una istituzione privata. Nella motivazione della sentenza è stato infatti
considerato primario proprio il criterio della genesi privatistica…..Sembra
perciò al collegio che in una lettura del T.U. n. 1592 del 1933 conforme al
principio di libertà della scuola di cui all’art. 33, comma 3; Cost. gli indici
sintomatici richiamati a sostegno del principio di generale pubblicizzazione
delle università libere perdano, a fronte dell’origine privatistica, il rilievo
ad essi attribuito. Deve, in altri termini, escludersi che l’appartenenza alla
categoria di cui al n. 2 dell’art. 1 del T.U. implichi per l’università libera
la qualificazione di persona giuridica pubblica. Ciò non significa escludere la
possibilità per l’università libera di assumere tale natura anche in difetto di
una genesi privatistica, da indici più incisivi di quelli sopra richiamati e
comunque diversi da quelli riconducibili al riconoscimento del potere di
rilasciare titoli aventi valore legale”.27
Il caso Luiss
La Corte Costituzionale nell’indagare la natura giuridica dell’Ipab ha fatto
riferimento, quale espressione di principi generali insiti nell’ordinamento,
all’art. 17 del DPR 19 giugno 1979 n. 348, il quale indica come criteri
discriminanti la composizione dell’organo collegiale deliberante, la provenienza
dei beni patrimoniali e le percentuali di finanziamento pubblico. La Corte di
Cassazione28, facendo ricorso a tali criteri, ha escluso la possibilità di
ravvisare nella Libera Università Luiss una persona giuridica pubblica: il
Consiglio di Amministrazione comprende (art. 5 dello Statuto), oltre al rettore,
ai presidi di facoltà ed ai numerosi rappresentanti della Luiss e
dell’Associazione amici della Luiss e del personale docente e non docente, un
unico rappresentante del Governo designato dal Ministro della pubblica
istruzione. Per la Cassazione non è sembrata dubbia, inoltre, la provenienza dei
beni patrimoniali dagli enti promotori e finanziatori, così come la prevalenza
del finanziamento privato. “Tale pronunciamento, rappresentando un revirement
rispetto alla quarantennale giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione che
ha ritenuto di potere fare rientrare nella categoria degli enti pubblici le
Università libere, si fonda sull’affermazione che <<…il principio di generale
pubblicità delle università libere ripetutamente affermato da questa Corte non
appare applicabile alle università libere di recente costituzione ma, ad avviso
del collegio, esso risultava comunque in contrasto con il dettato
costituzionale>>”29.
Il caso Lumsa
La Corte di Giustizia Europea ha statuito che “L’art. 1, lett. B), comma 2,
della direttiva 92/50 deve essere interpretato nel senso che l’esistenza o la
mancanza di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o
commerciale deve essere valutata oggettivamente, restando al riguardo
irrilevante la forma giuridica delle disposizioni che istituiscono l’organismo
ed individuano i bisogni per il cui soddisfacimento l’organismo stesso è
istituito”30. Con questa sentenza la Corte ha sostanzialmente giudicato che
rientra nella nozione di organismo di diritto pubblico una società di capitali,
istituita da due comuni olandesi per la gestione del servizio della raccolta dei
rifiuti dei rispettivi territori. La Corte di Giustizia Europea31 ha ribadito che
la natura non industriale o commerciale dei bisogni istituzionalmente
soddisfatti può dirsi sussistente allorchè si tratti di bisogni che da un lato
sono soddisfatti in modo diverso dall’offerta di servizi e beni sul mercato e,
dall’altro, al cui soddisfacimento lo Stato preferisce provvedere direttamente
ovvero con modalità organizzative tali da consentirgli di mantenere un’influenza
dominante. E’ stato sottolineato, proprio con riguardo alla nozione di organismo
di diritto pubblico, che un’attività industriale o commerciale svolta in stretta
collaborazione con un interesse pubblico perde la sua tradizionale connotazione
giuridica ed economica per acquistare quella specifica dell’ordinamento
comunitario, così che il carattere non industriale va individuato quando
sussiste un collegamento ad un interesse che il legislatore ha inteso sottrarre
dai mercati improntati esclusivamente da un’ordinaria attività imprenditoriale,
industriale o commerciale32.
A mente dell’art. 1 par. 9, della direttiva 2004/18 del 31/03/2004 si
considerano amministrazioni aggiudicatrici, oltre lo Stato e gli enti pubblici
territoriali, gli <<organismi di diritto pubblico>>, ossia quei soggetti
giuridici “istituiti per soddisfare specificatamente bisogni di interesse
generale aventi carattere non industriale e commerciale, dotati di personalità
giuridica e la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato,
dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui
gestione è sottoposta a controllo di questi ultimi, oppure i cui organismi di
amministrazione, di direzione o di vigilanza sono costituiti da membri più della
metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi
di diritto pubblico”.
Le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a seguire le regole comunitarie o
quelle dei procedimenti ad evidenza pubblica pure per quegli affidamenti che non
siano strumentali alla gestione di un pubblico interesse; invero, l’esigenza di
certezza del diritto esclude che la qualifica di un ente possa variare in
funzione dell’oggetto degli appalti che pertanto, se aggiudicati da un organismo
classificabile tra quelli di diritto pubblico, ricadono tutti sotto la
disciplina comunitaria, indipendentemente dall’obiettivo particolare che si
prefiggono.33
Per un caso concreto, la Giustizia Amministrativa si è così espressa: “Il fatto
che l’ATO ME 4 sia formalmente una società di diritto privato non può,
anzitutto, avere rilevanza, trattandosi di soggetto a capitale pubblico –
costituito tra i comuni territorialmente competenti e la provincia regionale di
Messina per la gestione integrata dei rifiuti in ambito territoriale ottimale –
che in quanto <<amministrazione aggiudicatrice>> è tenuta comunque ad applicare
la normativa, di derivazione comunitaria, in tema di appalti pubblici di
servizi”.34 Ancora, a proposito delle Fondazioni nelle quali possono essere
trasformati gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, “ma anche
se siano strutturate in fondazioni formalmente di diritto privato, ma in realtà
assimilabili ad <<organismi di diritto pubblico>> (essendo costituiti da enti
pubblici; con amministratori nominati da enti pubblici, il cui patrimonio è di
origine pubblica; con un organo di controllo designato da enti pubblici,
ecc..)”.35
La giurisprudenza amministrativa si è occupata anche della natura giuridica
della Libera Università Lumsa, osservando che “pur esistendo il profilo
soggettivo (personalità giuridica) ed il profilo oggettivo (finalità pubblica)
necessari ai fini del riconoscimento della qualità di organismo di diritto
pubblico, la partecipazione finanziaria, anche se minoritaria, di soggetti
privati, presenti altresì negli organi di governo dell’ente, esclude, per
difetto di giurisdizione, la sottoposizione degli atti emessi dalla stessa al
Giudice Amministrativo e pertanto dall’ambito di soggezione alla disciplina del
decreto legislativo n. 157/95”.36
Il caso Kore
Se l’esistenza della componente privatistica negli organismi interni alla
governance ha escluso la natura giuridica pubblica delle Libere Università Luiss
e Lumsa (anche se l’approfondimento ratione temporis risulta antecedente alla
direttiva 2004/18 del 31/03/2004), stessa cosa non può dirsi per l’UKE di Enna.
Dall’analisi genetica della stessa e da un indagine delle norme statutarie
emerge infatti in modo non controverso quanto segue: 1) l’esistenza del profilo
soggettivo (personalità giuridica – Decreto Ministeriale di riconoscimento del 5
maggio 2005); 2) l’esistenza del profilo oggettivo (finalità pubblica volta a
soddisfare esigenze generali della collettività non aventi carattere industriale
o commerciale – Statuto della UKE, art. 3); 3) tutti gli organi decisionali
(Statuto della UKE, artt. 6, 7, 9, 10, 11, 12, 14 e 15) non comprendono al loro
interno componenti espressioni di soggetti privati; 4) la provenienza dei beni
patrimoniali ad oggi è totalmente pubblica, nonostante la previsione dell’ultimo
periodo del 2° comma dell’art. 4 dello Statuto della UKE che così recita: “Allo
sviluppo dell’UKE potranno altresì concorrere soggetti pubblici e privati
interessati a sostenere l’impegno dei promotori”.
L’UKE, interamente nella mani pubbliche, non evidenzia quindi una causa
privatistica, né tanto meno, lucrativa ex art. 2217 cod. civ., ma agisce per il
perseguimento di finalità pubblicistiche.
Alla luce delle superiori argomentazioni si può ragionevolmente affermare che la
Libera Università Kore di Enna, in quanto ente interamente posseduto da soggetti
pubblici, governato da amministratori espressione della sfera pubblica e che
utilizza, per lo svolgimento della propria attività, risorse totalmente
pubbliche, naviga in un orbita oggettivamente pubblicistica.
In particolare, l’UKE è certamente un Organismo di diritto pubblico, e come tale
un’<<amministrazione aggiudicatrice>> ai sensi dell’art. 3, comma 15, del D.lgs
n. 163/2006 in attuazione della sopravvenuta direttiva 18/2004/CE assoggettata
alle regole dettate dal D.lgs n. 157/1995, poiché presenta i tre requisiti
individuati dal diritto comunitario: a) la personalità giuridica; b) il
soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere
industriale o commerciale; c) la sottoposizione ad influenza pubblica. Detta
circostanza non significa però che tale soggetto associativo sia ontologicamente
omologabile, ad ogni effetto, ad una “Pubblica Amministrazione”, ossia ad una
persona giuridica pubblica non ordinata in forma societaria o associativa e che
svolge le proprie funzioni con modalità di tipo prevalentemente autoritativo. Lo
stesso art. 3 del D.lgs n. 163/2006, infatti, ben distingue al suo comma 25,
all’interno della categoria delle “amministrazioni aggiudicatrici” (a sua volta
anch’essa confluente nella più generale nozione di “enti aggiudicatrici”) le
“amministrazioni dello Stato e gli Enti pubblici territoriali”.
Si può inoltre affermare che l’UKE è pienamente collocabile tra le autonomie
funzionali di cui alla legge n. 59/97 in quanto categoria di soggetti titolari
dell’allocazione del potere politico e dell’esercizio della funzione pubblica.
Nella legge n. 59/97, cosiddetta “Bassanini”, infatti, l’area dei compiti
riservati agli enti dotati di autonomia funzionale costituisce uno spazio che il
legislatore ha inteso distinguere sia dall’area di applicazione della
sussidiarietà verticale che dall’area di applicazione della sussidiarietà
orizzontale. L’esercizio di attività connesse a questa tipologia di enti
riguarda un’area di compiti che può non essere trattenuta dallo Stato (viceversa
si avrebbe una Università statale), che non va trasferita alle Regioni e che
volutamente non viene lasciata alla libera iniziativa privata (viceversa si
avrebbe una Università privata a tutti gli effetti). “Le autonomie funzionali
trovano infatti la loro genesi nella collettività o categoria di interessi a cui
appartengono. Rappresentano, in tal senso, un modo di fare amministrazione
differente, dove l’appartenenza alla comunità ne delimita gli interessi da
tutelare e allo stesso tempo permette di attribuire una connotazione soggettiva
all’ente che tali interessi rappresenta”38.
La configurazione formale di diritto privato, non incidendo sulla sostanza
pubblicistica dell’UKE e delle sue funzioni, comporta altresì l’assoggettamento,
sul piano della lettera normativa come sul versante della ratio, allo strumento
dell’accesso di cui alla legge n. 241/90, il quale è finalizzato alla verifica
della rispondenza dell’attività di enti pubblici e gestori di pubblici servizi
ai parametri dell’imparzialità e dell’efficienza. Per le stesse argomentazioni
si può altresì affermare che l’UKE è un ente assoggettato al controllo della
Corte dei Conti per fatti di gestione ai sensi dell’art. 1 e 3 della L. n.
20/1994, in considerazione che sulla scorta della già citata giurisprudenza
costituzionale, per la devoluzione di fattispecie alla giurisdizione della Corte
dei Conti, il “discrimen” della giurisdizione contabile risiede nella natura
pubblica delle risorse finanziarie di cui esso si avvale, avendo il legislatore
del 1994 inteso tutelare il patrimonio pubblico.39
* Funzionario Direttivo Regione Siciliana e Cultore di Politiche Pubbliche
1 Comunicato ISTAT,
G.U. – serie gen. N. 178 del 31/07/2008.
2 D.A., Assessorato Bilancio Regione Siciliana 8/05/2008.
3 Tar Bolzano, sent. n. 182 del 20/04/2006.
4 N. Daniele, “La pubblica istruzione”, Milano, Giuffrè, 2001.
5 Ufficio legislativo e Legale della Regione Siciliana, parere
n. 133/2003.
6 Corte Cost. 7/04/1988 n. 396.
7 Giuseppe Naimo, “L’incidenza del diritto comunitario sulle
nozioni di a) organismo di diritto pubblico; b) impresa pubblica. Gli enti
pubblici in forma societaria, DirittodeiServiziPubblici.it, 14/04/2008.
8 Causa C-113/07.
9 Ferruccio Capalbo,” Le privatizzazioni di enti pubblici dopo
la legge n. 178/2002”, Giust.it n. 9-2002.
10 Dauno Trebastoni, “Identificazione degli enti pubblici e
relativa disciplina”, Giustizia-Amministrativa.it, 07/05/2007.
11 Cass. sez unite civ. sent. 3/05/2005 n. 9096.
12 Sgueo Gianluca, Diritto.it, 02/11/2006.
13 Cerulli Irelli, “Ente Pubblico: problemi di identificazione
e disciplina applicabile”, in Cerulli Irelli e Morbidelli (a cura di), Ente
pubblico ed enti pubblici, Torino, 1994, 89.
14 Maria Teresa Sempreviva, in “I Succedanei dell’Ente
Pubblico nell’epoca delle privatizzazioni”, Rivista Trimestrale degli Appalti n.
4/2000, Maggioli Editore.
15 Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana,
Parere n. 353/2005.
16 Antonio Catricalà, I Succedanei dell’Ente Pubblico
nell’epoca delle privatizzazioni, “Rivista Trimestrale degli Appalti n. 4/2000”,
Maggioli Editore).
17 Maria Teresa Sempreviva, “Le società per la gestione dei
servizi pubblici locali”, “Rivista Trimestrale degli Appalti n. 4/2000”,
Maggioli Editore.
18 Cons. St., sez. V°, 1/04/2000, n. 2078; sez. VI, 4/04/2000,
n. 1948; sez. VI, 1/04/2000, n. 1885.
19 Cons. St. sez. VI, sent. n. 498 del 20/05/1995.
20 Cons. St. sez. II°, 20/06/2001 parere n. 1428/2000.
21 Cons. St. sez. VI, n. 1303/2002.
22 Cass. Pen. Sez. V°, 14/04/1980, in Cass. Pen, 1981, 1541.
23 Guido Corso, L’attività amministrativa, Torino, 1999, 156.
24 Leonardo Cambierati, “L’ente pubblico a struttura
societaria”, Diritto.it, 29/09/2005.
25 Corte dei Conti, sez. controllo Reg. Lombardia, delib.
18/10/2007 n. 46.
26 Corte Cost. sent. n. 29 dell’1/02/2006.
27 Corte di Cassazione, 15/12/1999, n. 14129/99.
28 Corte di Cassazione, 15/12/1999, n. 14129/99.
29 Stefania Sotgia, “Università private e qualificazione, ai
fini previdenziali, del rapporto di lavoro con i professori”, www.inps.it,
14/10/2008.
30 Corte di Giustizia U.E. Corte plenaria, sent. 10/11/1998 in
C. 360/96, Gemeente Arnhem, BFI Holding BV.
31 Corte di Giustizia U.E sent. 22/05/2003, C.18/2001, resa
nel caso Taitotalo.
32 Cons St. sez. V°, 22/04/2004, n. 2292.
33 Corte di Cassazione sez. un. civ., sent. 24722/2008.
34 Cons. Giust. Amm. Parere n. 533/07 dell’11/12/2007.
35 Tar Lazio, sez. III-quater, sent. n. 11749/2007.
36 Tar Lazio, sez. III°, sent. 18/01/2005 n. 351.
37 Anna Maria Poggi, “Principio di sussidiarietà e autonomie
funzionali”, Astrid, 20/10/2002.
38 Francesca Liberati, “Le Autonomie Funzionali quale
espressione del divenire del pluralismo nell’Ordinamento Italiano”,
Federalismi.it, 16/12/2009.
39 Cassazione Civile, sez. un., 22/12/2003, n. 19667.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 09/01/2010