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Le nuove regole del Project Financing: corsi e ricorsi storici

 

GERARDO GUZZO*
 

 

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Le novità introdotte dal d.lgs. n. 152/2008: aspetti generali ed elementi di criticità. 2.1. Il ritorno del diritto di prelazione. 2.2. La nuova disciplina del project financing ad impulso del privato. 3. Considerazioni finali.

 

1. Premessa.

Una delle novità più significative introdotte dal terzo decreto correttivo riguarda la riforma della disciplina del project financing. L’attuale codificazione è tutta racchiusa all’interno dell’articolo 153 del Codice degli appalti, essendo stati abrogati gli articoli 154 e 155. La struttura della precedente disciplina della finanza di progetto si apprezzava per lo svolgimento di una procedura che si articolava in tre fasi: a) la selezione della proposta migliore; b) la scelta di due sparring partners da mettere a confronto con l’offerta formulata dal promotore; c) una procedura negoziata alla quale partecipavano il promotore e le due migliori offerte con possibilità per il promotore di esercitare il diritto di prelazione nell’ipotesi in cui intendesse tarare la propria offerta su quella migliore presentata dai due competitors. Com’è noto, il diritto di prelazione è stato espunto dalla precedente disciplina per effetto del secondo decreto correttivo (d.lgs. n. 113/2007) in quanto lesivo dei principi comunitari di parità di trattamento, divieto di discriminazione e libera concorrenza1. Tuttavia, la Commissione europea ha ritenuto insufficiente tale soppressione formulando una serie di rilievi aggiuntivi in merito alla disciplina nazionale. In prima battuta, si osservava che l’avviso indicativo delle opere da realizzarsi mediante la finanza di progetto contenuto nel programma triennale non era soggetto a pubblicità in ambito comunitario. In secondo luogo, il promotore, comunque, conservava una ingiustificata posizione di vantaggio dovendo competere soltanto con due offerte. La logica che ha ispirato l’intervento del legislatore delegato del 2008 supera i rilievi mossi dalla Commissione europea e si muove in un ottica di rilancio del comparto delle opere pubbliche sempre più bisognevole dell’apporto partecipativo privato in ragione della scarsità delle risorse pubbliche.

2. Le novità introdotte dal d.lgs. n. 152/2008: aspetti generali.

La prima novità introdotta dal legislatore del 2008 riguarda la procedura di aggiudicazione della concessione mediante la disciplina del project financing costruita su un’unica gara. La procedura in parola nasce con la pubblicazione del bando con cui viene affidata una concessione riferita ad una specifica opera senza la redazione del progetto preliminare. In sostanza, tutte le fasi della progettazione sono affidate al concessionario. La differenza rispetto alla precedente codificazione legislativa è evidente dal momento che scompare l’avviso contenente tutte le opere pubbliche realizzabili mediante il contributo di risorse private rispetto alle quali il promotore presentava una dettagliata proposta. Inoltre, la scelta del promotore nell’attuale disciplina è legata alla presentazione del miglior progetto preliminare ma la concessione non può essere affidata al promoter selezionato se non dopo che si è addivenuti all’approvazione proprio del progetto preliminare. Infatti, nell’ipotesi in cui il progetto preliminare necessiti di alcuni correttivi richiesti dalla stazione appaltante, il promotore che intenda aggiudicarsi la concessione è obbligato a conformarsi. Diversamente, all’amministrazione viene riconosciuta la facoltà di interpello di tutti i concorrenti successivi in graduatoria al fine di individuare quello disposto ad accettare le modifiche necessarie al progetto preliminare presentato dal promotore e alle stesse condizioni da quest’ultimo rifiutate. Qualora l’affidamento della concessione non avvenga a beneficio del promotore originariamente selezionato, a questi viene riconosciuto il diritto di rimborso delle spese entro i limiti del 2,5% del valore dell’investimento così come risulta dallo studio di fattibilità posto a base della gara. In sintesi, la procedura con unica gara si sviluppa come segue: 1) l’amministrazione aggiudicatrice esamina le offerte pervenute nei termini fissati nel bando; 2) viene redatta una graduatoria e nominato promotore colui che ha presentato la migliore offerta, indipendentemente dal numero delle offerte presentate; 3) il progetto preliminare presentato dal promotore deve essere approvato ai sensi dell’articolo 97 del Codice degli appalti. In questo caso, è fatto carico al promotore dare corso a tutti gli adempimenti richiesti dalla P.A. senza che ciò determini a carico di quest’ultima nessun obbligo verso il promotore consistente nel versamento di un compenso aggiuntivo né, tampoco, alcun rimborso spese in incremento rispetto a quanto indicato nel piano finanziario in merito ai costi di predisposizione dell’offerta. Qualora il progetto risulti immune da qualsiasi modifica si addiviene immediatamente alla stipula del contratto. Se il promotore, a fronte della necessità di modificare il progetto nel senso richiesto dalla P.A., non intenda provvedervi, l’amministrazione pubblica ha la facoltà di interpellare gli altri concorrenti utilmente collocatisi in graduatoria, secondo un ordine progressivo, al fine di verificare se vi è la disponibilità ad accettare di modificare la propria proposta al progetto presentato dal promotore con le modifiche richieste dalla P.A. da questi non accettate. Vale la pena ricordare che la stipulazione del contratto potrà avvenire soltanto una volta che il progetto preliminare sia stato approvato dalla stazione appaltante e siano state accettate le modifiche proposte dalla stessa amministrazione dal promotore o altro concorrente (art. 153, comma 11). La procedura sopra decritta trova applicazione per la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti nel programma triennale delle opere pubbliche e nell’elenco annuale, cui fa riferimento l’articolo 128 del Codice degli appalti, oppure negli strumenti di programmazione formalmente approvati dalla amministrazione aggiudicatrice in base alla disciplina vigente. A proposito dell’inserimento delle opere all’interno del programma triennale delle opere pubbliche, il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che “(…) la scelta delle opere da offrire ai candidati promotori finanziari ha luogo mediante la individuazione delle stesse nell'ambito del programma triennale dei lavori, di competenza del Consiglio comunale, ove si consuma integralmente l'attività politica di scelta delle opere da finanziare mediante l'apporto dei privati. Successivamente a tale indicazione selettiva, ha luogo (ed aveva luogo anche all'epoca) una procedura operativa, nell'ambito della quale vi è la presentazione di un progetto completo, la sua valutazione, il suo inserimento a base d'asta, una selezione successiva ed infine l'aggiudicazione della concessione e di esercizio al promotore finanziario prescelto. E' evidente, quindi, che la cosiddetta scelta politica si esaurisce con l'inserimento dell'opera nell'elenco triennale, mentre tutta l'attività successiva è attività di gestione, vale a dire attività di valutazione tecnica consequenziale a quella scelta che, coerentemente e necessariamente, ai sensi del decreto legislativo n. 267 del 2000, è nella esclusiva competenza dei dirigenti (…)”2. Per quanto concerne il richiamo dell’articolo 128, si tratta di una disposizione che è stata novellata proprio al fine di meglio coordinarla con l’articolo 153, con la conseguenza che è possibile iscrivere nell’elenco annuale delle opere pubbliche realizzabili mediante finanza di progetto anche quelle sprovviste di progetto preliminare ma per le quali esista uno studio di fattibilità. Altra caratteristica della procedura in parola è costituita dalla circostanza chiarita dall’articolo 153, comma 1, a tenore del quale viene posto a base di gara non il progetto preliminare quanto proprio lo studio di fattibilità. Tale particolare differenzia l’ipotesi di affidamento in project financing in questione dalla concessione di opera pubblica. A questo punto della trattazione, pare utile soffermarsi sul modo in cui viene strutturato il bando di gara in una concessione da affidarsi secondo le modalità previste dal Codice in tema di project financing. In primo luogo, il bando di gara viene pubblicato con le modalità previste dall’articolo 66 del Codice degli appalti ovvero dall’articolo 122, tenuto conto dell’importo dei lavori, e a base di gara viene posto lo studio di fattibilità che può essere predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice oppure adottato ai sensi del comma 19 dell’articolo 153. Nel caso del project financing con un’unica gara, il bando contiene degli elementi aggiuntivi rispetto a quelli generali, caratterizzanti l’articolo 144. In particolare, l’amministrazione aggiudicatrice può stabilire nella lex specialis che il promotore prescelto apporti al progetto preliminare le modifiche che in sede di approvazione del progetto siano state ritenute dalla P.A. indispensabili e che, per conseguenza, la concessione verrà aggiudicata al promotore soltanto dopo l’accettazione e l’eventuale adeguamento del piano economico-finanziario. In più, sempre nel bando di gara, la pubblica amministrazione può riservarsi la facoltà, nel caso in cui il promotore non reputi conveniente adeguare il proprio progetto preliminare alle indicazioni formulate dalla P.A., di interpellare i concorrenti posizionatisi successivamente in graduatoria al fine di verificare la disponibilità da parte di qualcuno di essi ad adattare la propria proposta a quella del promotore, apportandovi le modifiche richieste al promoter e da questi non accettate. Dal momento che la valutazione delle offerte avviene utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel bando devono essere indicati i criteri secondo l’ordine di importanza loro attribuita. Non è marginale che, a differenza di quanto accada nell’aggiudicazione della concessione, nel caso del project financing, l’esame delle proposte comprenda anche aspetti qualitativi del progetto preliminare, il valore economico finanziario del piano e il contenuto della bozza di convenzione. Inoltre, il bando deve richiamare anche il disciplinare di gara. Nel disciplinare devono essere indicati l’ubicazione e la descrizione dell’intervento da realizzare, la destinazione urbanistica, la consistenza, le tipologie del servizio da gestire di guisa che le proposte siano presentate secondo presupposti omogenei. Quanto ai soggetti che possono partecipare alla procedura e al modo in cui le offerte devono essere strutturate, la risposta è fornita dall’articolo 153, commi 7 e 8. Alla procedura in esame sono ammessi a partecipare solo quei soggetti che hanno i requisiti previsti dal regolamento per il concessionario, anche associando o consorziando altri soggetti, fermi restando i requisiti generali di cui all’articolo 38 (comma 7). Le offerte devono essere presentate comprensive di un progetto preliminare, di una bozza di convenzione, di un piano economico-finanziario che deve essere asseverato da una banca oltre che la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. All’interno del piano economico-finanziario va specificato l’importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte, comprensivo anche dei diritti sulle opere di ingegno di cui all’articolo 2578 del Codice civile. A riprova della centralità del piano economico-finanziario, la giurisprudenza amministrativa ha più volte ricordato che “(…) il sistema di realizzazione di opere pubbliche costituito dalla finanza di progetto comporta espressamente la valutazione della vantaggiosità dell'offerta, a sua volta ricavabile dal piano economico-finanziario. In tale tipo di valutazione viene in rilievo anzitutto il principio di equilibrio come accade anche nelle concessioni di lavori pubblici ed espresso, essenzialmente, nel meccanismo in parola, dalla capacità di (auto)finanziamento (C.d.S IV n. 2979 del 2008). A tali valutazioni, ben sottolineate dalla giurisprudenza (C.d.S., V, n. 3916 del 2002) non solo, secondo il Collegio, non risulta estranea, ma è logicamente conferente ogni valutazione (considerata di interesse pubblico) sulla effettiva e concreta redditività dell'operazione a fronte di prezzi che si collochino al di sopra di medie di mercato e siano quindi in grado di negativamente influenzare le entrate previste dal piano. Tali elementi, invero, costituiscono componenti oggettive proprio di quell'equilibrio della gestione che spetta all'amministrazione di valutare e che a sua volta costituisce componente della vantaggiosità della proposta che la norma impone di esaminare e che non a caso indica il "valore economico e finanziario del piano". Perché quest’ultimo operi nei sensi qui descritti è tuttavia necessario che lo stesso, secondo quanto previsto dal più volte citato articolo 37 bis della legge n. 109 del 1994, sia “asseverato da un istituto di credito o da società di servizi costituite dall'istituto di credito stesso ed iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari, ai sensi dell'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o da una società di revisione ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966”. Si tratta di requisito essenziale per la corretta valutazione del progetto perché pur integrando e giammai sostituendo le valutazioni dell’amministrazione (C.d.S., V, n. 6727 del 2006), l’asseverazione costituisce l’utile presupposto per un primo esame del progetto.
Ne consegue come non fosse consentita l’integrazione della documentazione in epoca successiva a quella indicata nell’avviso pubblico stesso (…)”3. Il comma 9 dell’articolo 153 precisa che l’importo delle spese sostenute per la predisposizione delle offerte non può superare il 2,5% del valore dell’investimento calcolato sulla base dello studio di fattibilità posto a base di gara. Le offerte devono, poi, essere assistite da una serie di garanzie. Non solo, infatti, è previsto che il concorrente fornisca le garanzie di mantenimento e di esecuzione dell’offerta a che sia versata un’ulteriore cauzione fissata nel bando nella misura del 2,5% del valore dell’investimento calcolato tenuto conto dello studio di fattibilità posto a base di gara. Tale cauzione serve a rimborsare il promotore nell’ipotesi in cui questi non diventi aggiudicatario della concessione essendosi rifiutato di adattare il proprio progetto preliminare alle “correzioni” richieste dalla amministrazione aggiudicatrice. Invece, la cauzione che il concessionario è tenuto a versare all’inizio dell’esercizio del servizio riguarda la fase successiva alla presentazione delle offerte e si colloca nel momento più propriamente “gestorio” dell’opera. Infatti, il concessionario deve corrispondere all’amministrazione aggiudicatrice una cauzione a garanzia delle penali relative al mancato o inesatto adempimento degli obblighi contrattuali che riguardano la gestione dell’opera. Tale cauzione deve essere pari al 10% del costo annuo operativo di esercizio nel rispetto delle modalità fissate dall’articolo 113 del Codice degli appalti. Resta inteso che il mancato versamento di tale cauzione costituirà grave inadempimento contrattuale con tutte le conseguenze che ne possono discendere sul piano della risoluzione del contratto. Infine, giova ricordare che al concessionario si applicano le disposizioni del T.U. in materia di espropriazione (d.p.r. n. 327/2001) il che, in tesi, lo rende anche potenziale delegatario del potere espropriativo.

2.1. Il ritorno del diritto di prelazione

Il d.lgs. n. 152/2008, al fine di rilanciare il comparto delle opere pubbliche ha reintrodotto nel sistema ordinamentale italiano il diritto di prelazione espunto dal precedente decreto correttivo (d.lgs. n. 113/2007). In particolare, la “nuova” procedura si sviluppa in due gare, previa pubblicazione del bando, e si atteggia come alternativa alla procedura costruita su un’unica gara. In particolare, nella lex specialis deve essere chiarito che la procedura non si conclude con l’aggiudicazione della concessione al promotore selezionato ma comporta l’attribuzione al medesimo del diritto ad essere preferito al migliore offerente individuato nella gara volta alla selezione delle due migliori offerte da mettere in competizione con quella del promoter e sempre che questi accetti di adeguare la propria offerta a quella ritenuta più vantaggiosa. Per quanto concerne la strutturazione di questa fase, la giurisprudenza è ancora granitica nel ritenere che “(…) la procedura di scelta del promotore, pur dovendo articolarsi come confronto concorrenziale tra più proposte, non è soggetta, in linea generale, alle regole rigorose di una vera e propria gara, essendo al contrario caratterizzata da maggiore elasticità e libertà da formalismi (cfr., da ultimo, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana – sez. giurisdizionale, 29/1/2007 n. 7, secondo cui “l’esame delle proposte e la scelta del promotore non sono vincolati per legge alle rigide forme dell’evidenza pubblica”). Le stesse disposizioni in tema di PEF, del resto, individuano con assoluta chiarezza e inequivocità gli elementi sui quali deve cadere la valutazione di fattibilità della/delle proposta/e, senza stabilire alcun ordine decrescente di importanza, trattandosi di valutazione globale della “fattibilità” delle medesime sotto una pluralità di profili che rispecchiano la complessità degli elementi da considerare nell’ambito di un peculiare sistema di realizzazione delle opere pubbliche o di pubblica utilità nel quale viene in gioco la “credibilità” della proposta sotto il profilo tecnico, economico e finanziario; la conclusione è che “non possono quindi istituirsi analogie o parallelismi di sorta tra una gara d’appalto a licitazione privata con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa (in cui, proprio in vista dell’aggiudicazione del contratto, è imprescindibile che gli elementi valutativi siano graduati dalla lex specialis di gara in ordine d’importanza), o anche di un appalto concorso, ed una procedura selettiva intesa a individuare una proposta in project financing (…)”4. In merito, poi, alla posizione giuridica di cui è titolare il promotore, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “(…) in tema di project financing, l’interesse a veder prescelto il proprio progetto di opera pubblica, e quindi di assumere la posizione del promotore nella relativa procedura, ancorché sia individuabile concettualmente come distinto dall’interesse alla concessione di eseguire l’opera stessa, contiene ed implica anche l’interesse all’aggiudicazione della concessione che, in definitiva, rappresenta il vero “bene della vita” cui tende il presentatore del progetto. Si è in presenza, invero, di un procedimento contraddistinto da una indiscutibile unitarietà, logico – giuridica del tutto coerente e ragionevole con la stessa natura del project financing, quale tecnica finanziaria che consente la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione e che si sostanzia in un’operazione economico – finanziaria idonea ad assicurare utili che consentono il rimborso del prestito e/o finanziamento e gestione proficua dell’attività (così C.d.S., sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3043)”5. Inoltre, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad approvare il progetto preliminare presentato dal promotore in conformità al comma 10, lett. c) dell’articolo 153 e a bandire successivamente una nuova procedura selettiva ponendo a base di gara il progetto preliminare già approvato in uno alle condizioni economiche e contrattuali offerte dal promotore utilizzando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il contratto verrà aggiudicato immediatamente al promotore nell’ipotesi in cui in detta gara non verranno presentate offerte economicamente più vantaggiose rispetto a quelle formulate da quest’ultimo. Diversamente, nel caso in cui nella gara in parola siano state presentate una o più offerte economicamente più vantaggiose di quella del promotore posta a base di gara, questi diventerà aggiudicatario della concessione soltanto nell’ipotesi in cui adeguerà la propria proposta a quella del migliore offerente entro quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione di adeguamento da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. Pare opportuno segnalare, riguardo a tale segmento procedurale, che la giurisprudenza ritiene che il diritto di accesso di altri potenziali competitors sia temporaneamente sospeso. Infatti, i giudici amministrativi hanno rilevato che “(…) nella fase che si compie con la selezione del progetto da dichiarare di pubblico interesse, uno degli elementi di tale progetto (il piano economico – finanziario) è destinato a diventare l’elemento fondamentale per lo svolgimento della successiva gara ad evidenza pubblica, ed in particolare per la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (cfr. C.d.S., sez. IV, 26 gennaio 2009, nn. 391 e 392); il diritto di accesso consentirebbe, quanto meno al richiedente (cui non risulta interdetta la partecipazione alla fase di gara ad evidenza pubblica per la individuazione della offerta economicamente più vantaggiosa), di conoscere non solo i valori degli elementi necessari del piano economico – finanziario del progetto posto a base di gara per la determinazione dell’offerta, ma addirittura gli elementi costitutivi del piano economico – finanziario stesso (analisi dei prezzi, dei costi, le modalità di gestione dell’opera, l’eventuale ammortamento degli oneri finanziari, etc) del progetto posto a base di gara, alterando sicuramente la procedura ad evidenza pubblica e violando, in particolare, il principio della par condicio degli offerenti. Ciò in quanto tale specifica conoscenza (non prevista dalla legge) consentirebbe, in tesi, di avere, rispetto agli ordinari tempi della gara pubblica, un maggiore lasso di tempo per formulare eventualmente un’offerta migliorativa di quella ricavabile dal presentato piano economico – finanziario. E ciò senza contare che, in tal modo, la par condicio sarebbe sicuramente alterata nei confronti dello stesso promotore, la cui offerta – sostanzialmente contenuta nel predetto piano economico finanziario – non è modificabile se non in pejus (a favore cioè della sola amministrazione)”6. Ad ogni modo, esaurita la prima fase di selezione dell’offerta ritenuta di pubblico interesse, qualora la successiva gara farà emergere una offerta migliorativa rispetto a quella del concorrente rispetto alla quale il promotore abbia inteso tarare la propria offerta, l’amministrazione aggiudicatrice, attraverso il promotore stesso, è tenuta a rimborsare al miglior offerente le spese sostenute per la partecipazione alla gara nella misura massima del 2,5% dell’importo dei lavori come specificato nel piano economico-finanziario. Al contrario, qualora il promotore non intenda adeguare la propria offerta a quella ritenuta economicamente più vantaggiosa, sarà il migliore offerente, divenuto aggiudicatario del contratto, a rimborsare al promotore, tramite l’amministrazione aggiudicatrice, le spese sostenute per la partecipazione alla gara nella misura sempre del 2,5%. Ciò che caratterizza tale procedura è, dunque, la pubblicazione di un bando, al pari di quella “costruita” su un’unica gara, e l’affidamento della concessione con progettazione totalmente a carico del privato. La sostanziale differenza rispetto a quella monofasica è costituita dalla reintroduzione del diritto di prelazione, precedentemente espunto dalla disciplina dal secondo decreto correttivo, e dallo svolgimento della doppia gara: una tesa a selezionare il promotore e un’altra volta a selezionare una o più offerte economicamente più vantaggiose rispetto a quella formulata dal promotore con conseguente, eventuale esercizio del diritto di prelazione da parte del promotore.

2.2. La nuova disciplina del project financing ad impulso del privato.

Una delle più significative novità introdotte dal terzo decreto correttivo in materia di finanza di progetto risiede proprio nell’aver previsto una ipotesi di project financing che affidi la concessione ad iniziativa del privato senza alcuna pubblicazione di un bando di gara. In verità, anche la precedente versione della procedura di affidamento della concessione in project financing era costruita senza alcun bando in quanto prevedeva soltanto un avviso generale ed indicativo e l’iniziativa veniva assunta dai privati. Le novità contenute nel terzo decreto correttivo, pur continuando a prevedere l’iniziativa privata, tuttavia, differenziano la nuova procedura ad impulso di parte dalla precedente in ragione dell’esigenza di coordinamento delle nuove regole con quelle che, invece, si caratterizzano per la previsione di un bando di gara. L’intervento del legislatore ha riscritto le scansioni temporali che segnano lo svolgimento della procedura in parola. Infatti, per ogni lavoro inserito nell’elenco annuale delle opere pubbliche, qualora l’amministrazione aggiudicatrice non provveda a pubblicare i bandi entro sei mesi dall’approvazione del mentovato elenco annuale, i soggetti in possesso dei requisiti fissati dal comma 8 dell’articolo 153 possono presentare entro i successivi quattro mesi decorrenti dalla scadenza dei precedenti sei una proposta avente il contenuto dell’offerta disciplinata dal comma 9, vale a dire comprensiva di un progetto preliminare, di una bozza di convenzione, di un piano economico-finanziario asseverato da una banca, nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. L’offerta in parola, inoltre, deve essere garantita da una cauzione pari al 2% del prezzo base indicato nel bando o nell’invito e corredata dalla documentazione che dimostri il possesso dei requisiti soggettivi e dell’impegno a prestare una cauzione nella misura del 2,5% del valore dell’investimento previsto dal piano economico-finanziario. Entro l’ulteriore termine di quattro mesi, le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute a pubblicare un avviso nel quale vengano specificati i criteri in base ai quali si procederà alla valutazione delle singole proposte. Le proposte rielaborate alla luce dei citati criteri e le nuove proposte devono essere formulate e presentate entro i successivi novanta giorni dalla scadenza del termine dei quattro mesi entro i quali l’amministrazione aggiudicatrice fissa i criteri valutativi. Nel termine di sei mesi, finalmente, la P.A. deve ultimare la valutazione di tutte le proposte presentate e individuare la proposta ritenuta di pubblico interesse. La successiva fase è condizionata dalla necessità o meno di apportare modifiche al progetto preliminare e dalla volontà o meno del promotore di voler adeguare la propria proposta alle modifiche richieste dall’amministrazione aggiudicatrice. Infatti, se il progetto preliminare necessita di modifiche, l’amministrazione aggiudicatrice può indire un dialogo competitivo, qualora ne ricorrano le condizioni, ponendo a base dello stesso il progetto preliminare e la proposta. Nel caso in cui nessuna modifica debba essere apportata, la P.A., previa approvazione del progetto preliminare, può bandire una gara per l’affidamento della concessione ponendo a base della stessa il progetto preliminare individuando all’esito della procedura di evidenza pubblica il promotore oppure procedere ai sensi delle lettere c), d), e) e f) del comma 15, ponendo il progetto a base di gara ed invitando il promotore alla medesima. In ogni caso, al promotore che non risulti aggiudicatario in tutte le predette gare spetta l’esercizio del diritto di prelazione. In estrema sintesi, è possibile affermare che ciò che accomuna le varianti della procedura di project financing ad iniziativa privata è essenzialmente la prima fase che ha inizio con la presentazione di una o più proposte. Infatti, di seguito l’amministrazione è tenuta a pubblicare un avviso all’interno del quale vengono specificati i criteri di valutazione e alla luce di tali criteri le proposte già presentate possono essere rielaborate e nuove proposte possono essere a loro volta presentate entro quattro mesi dalla pubblicazione dell’avviso. Nei successivi sei mesi dalla scadenza dei quattro dall’avviso viene scelta la proposta ritenuta di pubblico interesse. A questo punto, come innanzi anticipato, la procedura può seguire tre diversi percorsi a seconda che sia possibile indire un dialogo competitivo o il progetto non necessiti di modifiche. In tale ultimo caso, l’amministrazione o indice una concessione ai sensi dell’articolo 143 del Codice degli appalti oppure bandisce una gara ponendo il progetto preliminare a base di gara e invitando il promotore. In entrambe le ultime due ipotesi il promotore può esercitare il diritto di prelazione nel caso di dialogo competitivo il promotore non aggiudicatario ha solo diritto al rimborso spese. Un problema potrebbe sorgere nell’ipotesi in cui il progetto preliminare presentato dal promotore necessiti di modifiche e non sussistono i presupposti per il dialogo competitivo. In tali casi, nel silenzio del legislatore, si ritiene che l’amministrazione sia tenuta ad affermare che non sono state presentate proposte di pubblico interesse con conseguente arresto di tutta la procedura dal momento che l’applicazione analogica al caso di specie delle norme previste nella procedura monofasica sarebbe particolarmente complicato in quanto l’amministrazione aggiudicatrice dovrebbe aprire una negoziazione con il promotore per verificare la volontà di quest’ultimo ad accettare le modifiche richieste e in caso di mancata accettazione negoziare con altri proponenti. Particolarmente utile, poi, sembra la chiarificazione offerta dal legislatore in merito alla differenza tra “promotore” e “proponente”. In sostanza, il “promotore” formula una proposta finalizzata alla realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità già inserita nel programma triennale di opere pubbliche mentre il “proponente” formula una proposta tesa prevedere un’opera da inserire nel programma triennale ovvero a elaborare uno studio di fattibilità da inserire in un programma in corso di formazione. Del resto, dal combinato disposto dei commi 8 e 20 dell’articolo 153 sia i concessionari sia i soggetti dotati di idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali, specificati dal regolamento, nonché i soggetti specificati dagli articolo 34 e 90, comma 2, lett. b), possono presentare, in uno alle Camere di commercio, alle amministrazioni aggiudicatrici, mediante l’elaborazione di studi di fattibilità, proposte relative alla futura realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità non presenti nel programma triennale delle opere pubbliche o negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. Tali proposte devono essere valutate entro sei mesi dal loro ricevimento lasciando aperta la possibilità alle amministrazioni di adottare all’interno dei loro programmi gli studi di fattibilità ritenuti di pubblico interesse senza che il proponente abbia diritto ad alcun compenso per le prestazioni compiute o alla realizzazione dei lavori o alla gestione dei relativi servizi. E’ evidente che se l’amministrazione adotta uno studio di fattibilità esso, poi, viene posto a base di gara. Infine, pare utile accennare al problema del subentro di un nuovo concessionario nel caso di risoluzione del rapporto concessorio per fatto attribuibile al concessionario. In questo caso, il legislatore delegato, riformando l’articolo 159 del T.U., ha stabilito che la designazione del subentrante dovrà avvenire entro il termine individuato nel contratto o, in mancanza, assegnato dall’amministrazione aggiudicatrice nella comunicazione scritta agli enti finanziatori della intenzione di risolvere il contratto. Si tratta, dunque, di un termine variabile che sostituisce il precedente termine di novanta giorni. Interessante è, inoltre, anche la previsione contenuta nel comma 2-bis dell’articolo 159 a tenore della quale l’intero articolo 159 trova applicazione a tutte le società di progetto che sono state costituite per qualsiasi contratto di partenariato pubblico – privato come descritto dal comma 15-ter dell’articolo 3 del Codice degli appalti.

3. Considerazioni finali

La disciplina del project financing nel corso degli ultimi tre anni ha subito una serie di rivisitazioni tutte dettate dall’esigenza di allineare il reticolo di norme che la riguardano al diritto comunitario, facendo salva, nel contempo, la necessità di far ripartire il comparto delle opere pubbliche. L’ultima sortita del legislatore, risalente al d.lgs. n. 152/08, ha rappresentato, per certi versi, un ritorno al passato. Con una tecnica legislativa, invero, tutta italiana, il diritto di prelazione, appena un anno prima espunto dal Codice degli appalti dal secondo decreto correttivo (d.lgs. n. 113/07), è stato reintrodotto nella disciplina della finanza di progetto affiancato dall’ipotesi di affidamento della concessione costruita su un’unica gara. In quest’ultimo caso, la sequenza procedurale prevista dal legislatore rende molto simile la gara a quella relativa all’affidamento della concessione della quale rischia di essere considerata una sorta di duplicato. In verità, le stazioni appaltante possono procedere all’affidamento della concessione nella sola ipotesi in cui avranno già approvato un progetto preliminare, avendo ben chiaro l’opera da realizzare, le modalità di realizzazione, la fattibilità dell’operazione e la redditività della stessa. Il ricorso alla procedura di project financing costituisce, in questo senso, un’ipotesi residuale. Inoltre, non è marginale che, sia nella procedura costruita su un’unica gara sia in quella che prevede la doppia gara, la scelta del promotore continui ad essere espressione di una discrezionalità amministrativa piuttosto che di una più conferente discrezionalità tecnica che meglio garantirebbe il rispetto delle regole pubblicistiche di parità di trattamento e di rispetto della concorrenza. Si tratta di un aspetto particolarmente controverso che, mentre nella procedura monofasica trova una sorta di bilanciamento nella facoltà riconosciuta al promotore selezionato di sottrarsi alla realizzazione delle modifiche ritenute necessarie dalla stazione appaltante in sede di approvazione del progetto, con conseguente “riapertura” della gara a beneficio degli altri concorrenti, nella procedura articolata su due gare, invece, si scontra con l’obbligo imposto al promotore di recepire le modifiche richieste dalla stazione appaltante sia nel caso in cui all’esito della seconda gara non fossero presentate delle offerte migliorative sia nell’ipotesi in cui non ne fossero presentate affatto; il che determina una irreversibile chiusura della procedura concorsuale con evidente doppio vulnus agli altri partecipanti: 1) costituito dall’esito prevedibile dopo la prima gara (paraconcorsuale), in virtù del diritto di prelazione; 2) rappresentato dalla cancellazione della possibilità di ritornare in gara a seguito della rinuncia del promotore. A ben vedere, l’imposizione a carico del promotore di adeguare, suo malgrado, la propria proposta alle richieste della stazione appaltante, oltre a incidere verosimilmente in modo negativo sul piano della fattibilità e profittabilità dell’opera, suscita qualche perplessità anche dal versante della libertà di iniziativa privata - che dovrebbe assorbire anche il diritto negativo di rinunciare ad investire – la quale verrebbe fortemente compressa da una previsione così stringente. Sarebbe stato meglio se il legislatore avesse, in casi del genere, previsto lo stesso meccanismo codificato per la procura monofasica, tanto più se si consideri che l’attuale formulazione della norma non prevede in caso di adeguamento della proposta alcun compenso e/o rimborso aggiuntivo per il promotore. Altro aspetto particolarmente spinoso è quello della pressoché totale assenza di termini procedimentali che, associata alle diverse architetture procedurali, conferisce al project financing i caratteri di un “sistema a geometria variabile”. Il problema è fortemente sentito soprattutto riguardo all’ipotesi di affidamento della concessione ad impulso privato codificata dai commi 16, 17 e 18 dell’articolo 153. In questo caso, infatti, il viatico per giungere all’affidamento degli interventi appare piuttosto articolato in ragione dei diversi momenti procedurali che se, da un lato, sono chiamati garantire l’implementazione dei principi di concorrenzialità e trasparenza, da un altro, in qualche modo, rischiano di comprimere i principi di speditezza ed efficacia dell’azione amministrativa, anche in virtù di una tempistica che, obiettivamente, per come strutturata, potrebbe rendere poco appetibile l’utilizzo di tale meccanismo di finanziamento. Stesso discorso può essere svolto riguardo alla procedura attivata a seguito di pubblicazione di bando pubblico, dunque, su iniziativa della stazione appaltante. L’eliminazione dei termini a carico dell’amministrazione per il completamento della procedura, infatti, finisce per conferire maggior rilievo al rischio di carattere amministrativo che si specifica proprio nell’indeterminatezza dei tempi di realizzazione dell’opera e, in ultima analisi, nel buon andamento dell’azione amministrativa. Inoltre, ricadute, non proprio positive, potrebbero registrarsi proprio sul versante della capacità degli operatori privati di pianificare adeguatamente interventi pubblici, irrimediabilmente esposti alla variabile incontrollabile dei termini procedurali di aggiudicazione della concessione, con la conseguente compressione dell’interesse ad investire in virtù del rischio concreto di lievitazione dei costi nel corso di svolgimento della gara. In conclusione, il legislatore, nel tentativo di imprimere una svolta acceleratoria alla procedura di project financing, dettata dalla complessità e farraginosità della precedente disciplina, ha finito per licenziare un reticolo di norme che, anche in ragione del forte condizionamento esercitato dalle censure mosse a livello comunitario, sembra abbiano tradito l’obiettivo prefissosi.

 

* Professore di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi della Calabria e partner dello studio legale Cristofano, Guzzo & Associates.
 

1 G. GUZZO, Project financing: il de profunfis del diritto di prelazione. Meccanismi compensativi e norme regionali di reazione (riflessioni a margine delle novità introdotte dal d.lgs. n. 113/07 e di alcune leggi regionali)”, in Appalti&Contratti, n. 3/2008.
2 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 5136 dell’1 settembre 2009.
3 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 5503 del 15 settembre 2009. Pare opportuno evidenziare che la sentenza in parola ancora fa riferimento alla possibilità di asseverazione del piano economico-finanziario da parte di una società di servizi costituita dall’istituto di credito e iscritta nell’elenco degli intermediari finanziari, ai sensi dell’articolo 106 del T.U. in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. n. 385/93, oltre che di una società di revisione, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 1966 del 23 novembre 1939, prescrizione scomparsa a seguito del terzo decreto correttivo (d.lgs. n. 152/2008).
4 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 1741 del 23 marzo 2009. In senso contrario, G. GUZZO, Project financing: fu vera gloria? Alcune riflessioni sul project financing alla luce delle recenti pronunce del Consiglio di Stato, V Sezione, n. 6287, del 10 novembre 2005, del CGA della regione Sicilia, n. 974, del 22 dicembre 2005 e della legge n. 266, del 23 dicembre 2005 (finanziaria 2006), in Rivista Trimestrale degli Appalti, n. 1/2006.
5 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3319 del 28 maggio 2009. Sul punto vedi anche G. GUZZO, Project financing: fu vera gloria?op. cit..
6 Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 3319/2009, cit.
 

 


Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it l' 1/3/2010

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