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Affidamento di servizi pubblici locali - TAR Veneto Sentenza n. 336/2010 - L'art. 23 bis del d.l. 12/2008 prevale sugli ordinamenti di settore con esso incompatibili, compreso il d.lgs. n. 152/06.
Servizio pubblico di gestione dei rifiuti
CARLO RAPICAVOLI*
Il TAR Veneto, con sentenza n. 336/2010 depositata l’8 febbraio 2010, affronta
con ampie argomentazioni il discusso tema dell’affidamento cosiddetto “in house”
dei servizi pubblici locali.
IL FATTO
Il caso specifico riguarda:
a) Un affidamento del servizio pubblico di gestione dei rifiuti disposto da un
consorzio di Comuni il 27 dicembre 2007 in house ad una società partecipata;
b) L’annullamento da parte del TAR Veneto di tale affidamento con sentenza n.
236/2009 per “l’assenza, nella fattispecie, del requisito del “controllo
analogo” sulla società affidataria del servizio da parte dei soggetti pubblici
che pur risultavano proprietari dell’intero capitale di tale Società;
c) Il consorzio di Comuni ha preso atto dell’esecutività della sentenza del Tar
Veneto 236 del 2009 - pur impugnata - e con la delibera dell'assemblea n.3 del
16 aprile 2009 vi ha dato seguito; per la precisione, ripreso il procedimento di
affidamento a partire dal primo degli atti non annullati, ha stabilito la
continuazione della gestione del servizio rifiuti a mezzo della società
partecipata "nel presupposto della tuttora esistente ed efficace partecipazione
del Consorzio alla società affidataria avendo quale altro e unico ulteriore
socio altro Consorzio di Comuni, sulla base delle considerazioni tecniche ed
economiche esplicitate nella relazione tecnico economica allegata alla
deliberazione”;
d) Tale deliberazione del Consorzio viene impugnata insieme a ogni altro atto
presupposto assumendo che nelle more della pendenza del ricorso che ha originato
la sentenza n.236 del 2009 veniva promulgato l'articolo 23 bis del decreto-legge
n.112/2008, convertito in legge n.133 del 2008;
e) Il TAR, con la sentenza n. 336/2010 accoglie il ricorso e annulla
l’affidamento.
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA
1. I CONTENUTI INNOVATIVI DELL’ART. 23BIS DEL DECRETO LEGGE 112/2008 CONVERTITO
IN LEGGE 133/2008
L’articolo 23 bis costituisce una disposizione completamente innovativa nel
quadro della tematica dei cosiddetti affidamenti in house, in relazione alla
legittimità dei quali, conformandosi via via alle sempre maggiormente affinate
letture derivanti dall'ordinamento comunitario, la normativa interna ha adottato
varie discipline.
Al fine di esplicitare la evidente eccezionalità rispetto al normale affidamento
previa gara, la disposizione in parola ha previsto significative innovazioni
rispetto alla disciplina previgente, consentendo il ricorso all'affidamento solo
in presenza non già dei riconosciuti requisiti consistenti nella totale
partecipazione pubblica, nel cosiddetto controllo analogo, nella rilevanza
prevalente dell'attività svolta in house e relativi corollari, bensì anche di
eccezionali ragioni derivanti dal particolare contesto territoriale: dispone il
terzo comma, infatti, che “In deroga alle modalità di affidamento ordinario di
cui al comma 2, per situazioni che, a causa di peculiari caratteristiche
economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di
riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato,
l'affidamento può avvenire nel rispetto dei principi della disciplina
comunitaria”.
Del resto l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici dei lavori servizi
forniture, nella valutazione degli aspetti problematici della norma in sede di
audizione del 10 novembre 2008, rilevava come la disposizione avesse definito la
nuova disciplina di servizi pubblici locali a rilevanza economica finalizzata a
un nuovo assetto del settore, che dovrà essere regolato da principi omogenei
così da essere trasversale rispetto a quelle settoriali, soprattutto con
riferimento al profilo dell'affidamento della gestione del servizio, rilevando
come il principio di fondo della riforma fosse quello di favorire la più ampia
diffusione dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di libera
prestazione di servizi di tutti gli operatori economici interessati della
gestione di servizi di interesse generale in ambito locale, con modalità tali da
garantire il diritto di universalità e accessibilità di servizi per tutti gli
utenti nonché il livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117
comma due lettere e) m) della Costituzione.
2. LE PROCEDURE GIÀ AVVIATE E NON CONCLUSE ALL’ENTRATA IN VIGORE DELL’ART. 23BIS
E’ evidente, secondo la sentenza del TAR, che la disposizione di cui all'ultimo
comma che prevede la persistenza del regime precedentemente in vigore
relativamente alle sole procedure già avviate all'entrata in vigore della legge
di conversione del decreto-consentendo pertanto di avviare procedure "in deroga"
nel periodo intercorrente tra il decreto-legge e sua conversione – deve essere
restrittivamente intesa, da un lato, e, dall’altro, legittimare le sole
procedure già avviate ma non concluse nell’impero della nuova disciplina.
3. LE PROCEDURE CONCLUSE ALL’ENTRATA IN VIGORE DELL’ART. 23BIS MA
SUCCESSIVAMENTE ANNULLATE
Il Consorzio di Comuni, nel giustificare il nuovo affidamento in house
prescindendo dalla procedura di cui all’art. 23bis, ha richiamato l’impostazione
giurisprudenziale secondo cui in caso di annullamento del provvedimento, il
procedimento riparte dall’ultimo atto legittimo adottato, ovvero dall’ultimo
atto endoprocedimentale, ingenerandosi per tal modo non un nuovo procedimento ma
la prosecuzione di quello annullato.
In realtà – si legge nella sentenza – in questo caso si tratta di un nuovo
procedimento e non della continuazione di quello annullato dalla sentenza n.236
del 2009, e ciò per la concludente ragione che l'applicazione dei principi
contenuti nella sentenza comportava per l'amministrazione non già una sorta di
sanatoria del procedimento prima seguito emendandolo dai vizi che lo rendevano
illegittimo, bensì una nuova verifica della conformità all'interesse pubblico
della scelta effettuata in ordine all'affidamento in house, ove suffragata da
positiva individuazione delle ragioni tecniche economiche che accertavano, da un
lato, l'impossibilità di procedere all'affidamento con gara, dall'altro, la
diseconomicità della stessa, e ciò alla luce delle statuizioni che questa
sezione aveva affermato proprio in relazione alla non congruità sotto il profilo
dell’interesse pubblico dell'affidamento diretto a un soggetto che poi, non
avendo la possibilità di espletare in proprio il servizio, era stato obbligato
ad affidare il servizio medesimo al precedente affidatario, il quale aveva
chiesto all’amministrazione un adeguamento del corrispettivo.
La qualificazione di nuovo procedimento reca con sé necessariamente
l'assoggettamento della procedura al regime dell'articolo 23 bis, con
conseguente necessità di acquisizione dei pareri da parte delle Autorità, ovvero
della sussistenza dei requisiti di cui al comma tre della richiamata
disposizione.
4. L’OBBLIGO DI ACQUISIRE PREVENTIVAMENTE IL PARERE DELL’AUTORITÀ GARANTE DELLA
CONCORRENZA E DEL MERCATO
Afferma tuttavia la difesa resistente che anche in caso di applicabilità
dell'articolo 23 bis, la procedura in esame sarebbe comunque legittima in quanto
la disposizione non prevede l'adozione di pareri preventivi, e ciò sarebbe
dimostrato dal fatto che la locuzione "parere preventivo” sarebbe contenuta
solamente nel decreto-legge 135 del 2009, che modifica l'articolo 23 bis.
Invero tra le significative modifiche introdotte con decreto-legge in corso di
conversione vi è certamente anche quella della esplicitazione della natura
preventiva del parere, oggi limitato alla sola Autorità garante della
concorrenza del mercato, mentre prima era esteso a tutte le autorità competenti,
ove costituite, con espunzione dunque, per esempio, dell'Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici lavori servizi forniture fra i destinatari
della disposizione, con l'ulteriore previsione che in caso di silenzio venga
attribuito valore di assenso all'inerzia.
Ma ciò ad avviso del Collegio non sarebbe appunto altro che una esplicitazione
di ciò che già pianamente risultava dalla lettura della norma, come del resto
interpretato dall'Autorità garante della concorrenza del mercato, la quale nella
sua comunicazione 16 ottobre 2008 aveva indicato quale procedura questa
scansione:
“l'ente locale che intenda affidare un servizio pubblico locale sensi
dell'articolo 23 bis, comma tre, del decreto-legge 112 del 2008 deve presentare
una richiesta di parere, utilizzando l'apposito formulario, corredata dalle
informazioni dai documenti rilevanti, prima della delibera con la quale l'ente
locale stesso affiderà il servizio e in ogni caso in tempo utile per il rilascio
del prescritto parere. L'ente locale deve fornire all'Autorità almeno:
a) una relazione contenente gli esiti dell'indagine di mercato dai quali
risulti, in termini comparativi, la convenienza dell'affidamento diretto
rispetto all'esperimento di una procedura evidenza pubblica;
b) informazioni circa le modalità con le quali sono state resi pubblici gli
elementi di cui al punto sub a);
c) tutte le indicazioni soggettive relative all'impresa interessata;
… f) informazioni concernenti le caratteristiche economiche del settore e del
mercato tali da giustificare l'affidamento in house.”
Dunque è ben chiaro il carattere preventivo del parere dell’Autorità, che
conclude il proprio avviso specificando che "l'Autorità ritiene che l'ente
locale è chiamato a tenere nella dovuta considerazione le valutazioni espresse
nel parere rilasciato”, il che vale a qualificare il parere come obbligatorio ma
non vincolante, pur in qualche modo obbligando l'amministrazione a spiegare le
ragioni che eventualmente la inducano a disattendere le indicazioni contenute
nel parere.
Dunque anche nel caso di specie il Consorzio avrebbe dovuto procedere
all'acquisizione del parere, quanto meno dell'Autorità garante della concorrenza
e del mercato, e il non averlo fatto comporta l'illegittimità del procedimento.
5. IL RAPPORTO TRA L’ART. 23BIS E L’ART. 198 DEL D. LGS. 152/2006
Sostiene ancora la difesa del Consorzio di Comuni che l'articolo 23 bis non
sarebbe comunque applicabile perché riguarderebbe gli affidamenti a regime del
servizio di gestione integrata dei rifiuti ma non anche quelli da effettuarsi
nella fase transitoria, che rimarrebbero regolati dall'articolo 198, comma primo
del decreto legislativo 152 del 2006.
L'eccezione, pur di estremo interesse e rilevanza , per le sue implicazioni, non
risulta tuttavia fondata.
E’ vero infatti che il decimo comma lettera m) dell'articolo 23 bis della legge
n.133 del 2008 prevede l'adozione da parte del governo di uno o più regolamenti
al fine di individuare esattamente le norme abrogate ai sensi del presente
articolo, sicché, afferma la resistente, in attesa della piena operatività
dell’Autorità d’Ambito e dell’approvazione del Piano d’Ambito continuerebbe ad
applicarsi la disciplina del T.U. Ambiente.
Ma la sezione nella citata sentenza già aveva escluso tale ultrattività,
affermando come l’art.23 bis prevale sugli ordinamenti di settore con esso
incompatibili, compreso il D.Lgs. n.152/06.
Inoltre la giurisprudenza ha già affermato la prevalenza dell’art.23 bis
sull’art.113 del T.U. E. L.
Con perspicua decisione, la prima sezione del Tar Toscana ha affermato:” Ai fini
della verifica di legittimità del provvedimento impugnato, si tratta, dunque, di
scrutinare altresì il grado di compatibilità tra l’art. 113 d. lgs. 18 agosto
2000 n. 267 e l’art. 23 bis d.l. n. 112/08.
Come precisato, l’art. 23 bis prevede:
a) quale modalità ordinaria, l’affidamento mediante procedure competitive ad
evidenza pubblica (comma 2);
b) quale modalità eccezionale, derogatoria rispetto al modello dell’evidenza
pubblica, l’affidamento “nel rispetto dei principi della disciplina
comunitaria”, previo accertamento di peculiari caratteristiche del contesto
territoriale di riferimento, che non permettono un efficace e utile ricorso al
mercato (comma 3);
c) in tal caso, l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta,
motivandola in base ad un’analisi del mercato e contestualmente trasmettere una
relazione contenente gli esiti della predetta verifica all’Autorità garante
della concorrenza e del mercato per il parere di competenza (comma 4).
Posto che, come già precisato, è stato abrogato dall’art. 23 bis solo nei limiti
di incompatibilità con la norma sopravvenuta, si tratta di accertare se il comma
5 dell’art. 113 d.lgs. 267/2000, che interessa nella fattispecie e che contempla
come modalità di gestione anche il sistema dell’”in house providing”, sia
compatibile con la nuova disciplina.
Da una parte, si ritiene che l’art. 23 bis abbia inteso solo disciplinare le
modalità dell’affidamento esterno, laddove l’ente abbia prescelto tale formula
organizzativa, ma non abbia anche precluso la scelta discrezionale dell’ente
locale di preferire una diversa modalità di gestione.
Invero, interpretata nel senso testé precisato – come sostenuto dalla difesa del
Consorzio – la norma non sembra avere alcuna significativa portata innovativa,
contrariamente a quanto prefigurato dalle finalità concorrenziali enunciate nel
corpo della stessa.
Infatti, già dall’art. 113 del t.u. enti locali e dall’art. 30 del d. lgs. n.
163/2006 si desumeva la necessità del rispetto dei principi comunitari nei casi
di affidamento esterno dei servizi pubblici locali.
Nel quadro normativo previgente l’unico modulo gestionale non concorsuale era
contemplato dalla lettera c) del 5° comma, che consente l’affidamento diretto
della gestione dei servizi pubblici a società a capitale interamente pubblico,
purché le stesse soddisfino la condizione della gestione “in house providing”,….
Sulla base delle considerazioni che precedono, ove non si intenda vanificare la
portata innovativa, nel senso della liberalizzazione del mercato, dell’art. 23
bis deve ritenersi che la norma sia destinata ad incidere sui modelli di
gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, i quali, in via
ordinaria, vanno esternalizzati previa gara e non possono essere oggetto di
affidamenti “in house”.
Tale conclusione si pone in linea con la giurisprudenza che afferma la natura
eccezionale del sistema dell’”in house providing”, al quale gli enti locali
possono ricorrere previa specifica motivazione laddove le condizioni di mercato
non consentono di assicurare lo svolgimento efficiente di un determinato
servizio.
L’elaborazione giurisprudenziale ha, infatti, evidenziato il carattere
eccezionale del modello “in house”, da utilizzare motivatamente e con cautela,
laddove si tratti di un servizio di rilevanza economica e cioè di servizio che
possa essere ordinariamente soddisfatto mediante ricorso al mercato, “nel
rispetto dei principi della disciplina comunitaria” (Tar Toscana, sez. I,
n.174/09).
6. LE DISPOSIZIONI OGGI VIGENTI
Alla luce delle recenti modifiche introdotte dal D. L. 25 settembre 2009 n. 135
convertito in Legge 20 novembre 2009 n. 166 oggi il quadro normativo prevede
che:
Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via
ordinaria:
a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite
individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto
dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi
generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di
economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non
discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;
b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la
selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica,
le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e
l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del
servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40
per cento.
c) In deroga alle modalità di affidamento ordinario, per situazioni eccezionali
che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e
geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un
efficace e utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di
società a capitale interamente pubblico, partecipata dall'ente locale, che abbia
i requisiti richiesti dall'ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta
“in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria
in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell'attività
svolta dalla stessa con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;
d) In quest’ultimo caso, l'ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla
scelta, motivandola in base ad un'analisi del mercato e contestualmente
trasmettere una relazione contenente gli esiti della predetta verifica
all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'espressione di un
parere preventivo, da rendere entro sessanta giorni dalla ricezione della
predetta relazione. Decorso il termine, il parere, se non reso, si intende
espresso in senso favorevole.
La norma prevede altresì un regime transitorio degli affidamenti non conformi:
a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai
principi comunitari in materia di cosiddetta “in house” cessano,
improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell'ente
affidante, alla data del 31 dicembre 2011. Esse cessano alla scadenza prevista
dal contratto di servizio a condizione che entro il 31 dicembre 2011 le
amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale con procedura ad
evidenza pubblica;
b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e
privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure
competitive ad evidenza pubblica, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al
tempo stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi
connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza
necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, alla data del 31
dicembre 2011;
c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e
privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure
competitive ad evidenza pubblica, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo
stesso, la qualità di socio e l'attribuzione dei compiti operativi connessi alla
gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;
d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a
partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse
controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza
prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica
si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica
ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori
industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013
e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte
condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano improrogabilmente e senza
necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla
data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015;
e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi precedenti cessano comunque
entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita
deliberazione dell'ente affidante.
* Direttore Generale
e Dirigente del Settore Ambiente e Pianificazione Territoriale della Provincia
di Treviso
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 23/02/2010