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La contesa approvazione della TARSU in Sicilia
Una delle domande più frequenti a cui il neo Commissario per l’emergenza rifiuti
in Sicilia è chiamato a rispondere riguarda l’organo di governo dell’ente comune
competente ad adottare provvedimenti di carattere integrativo in tema di
determinazione della tassa per i rifiuti solidi urbani (TARSU). Il problema
della TARSU è tornato d’attualità all’indomani della decisione della Corte
Costituzionale1 con la
quale, nel sindacare la natura giuridica della tariffa d’igiene ambientale (TIA),
si è affermata la natura tributaria della tariffa introdotta nell’ordinamento
con il D.Lgs n. 22/972.
La normativa di riferimento
La norma fondamentale dalla quale trae origine la TARSU è rappresentata dal
D.lgs. n. 507 del 15/11/1993 il quale, in attuazione del comma 4 dell’art. 4
della legge di delegazione 23/10/1992 n. 421, ha stabilito, all’art. 58, che, in
relazione all’istituzione e all’attivazione del servizio relativo allo
<<smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, svolto in regime di privativa>>
nelle zone del territorio comunale, i Comuni <<debbono istituire una tassa
annuale>> da applicarsi <<in base a tariffa>>, secondo appositi regolamenti
comunali, a copertura (dal 50% ovvero, per gli enti locali dissestati, dal 75%)
del costo del servizio stesso, nel rispetto delle prescrizioni e dei criteri
specificati negli artt. da 59 a 81 del medesimo decreto legislativo. Tale norma
conferisce ai comuni il potere-dovere di articolare un piano tariffario
finalizzato ad una distribuzione del peso fiscale tra i cittadini amministrati
sulla base di un calcolo che tiene conto delle diverse categorie di contribuenti
nel rispetto, peraltro, del principio comunitario del “chi inquina paga”3.
Se il potere impositivo, per questa tipologia di tributo, appartiene chiaramente
al comune, non risulta altrettanto chiara la competenza dell’organo comunale
preposto a ciò. Il rimando alla normativa generale che disciplina le competenze
degli enti locali diventa una tappa necessaria. Il riparto di competenze tra
consiglio e giunta in materia si fonda, non diversamente da quanto accade in
altri ambiti, sul criterio della competenza generale riservata all’organo
consiliare e sul riconoscimento all’esecutivo di una competenza in via meramente
residuale.
In materia di tributi il D.lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli enti locali)
all’art. 42, 2° comma, lett. f), stabilisce la competenza dell’organo consiliare
ai fini dell’istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della
determinazione delle relative aliquote. Con l’entrata in vigore del citato Testo
Unico, ha trovato definitiva soluzione la vexata quaestio relativa
all’individuazione, nel vigore dell’art. 32 della legge n.142/1990, dell’organo
comunale competente ad adottare i provvedimenti di determinazione delle aliquote
dei tributi locali, escludendo espressamente la materia tra quelle di
attribuzione del consiglio. Infatti, secondo l’insegnamento della Corte di
Cassazione, nella vigenza della legge n. 142/90, competente in via esclusiva ad
adottare i provvedimenti relativi alla determinazione e all’adeguamento delle
aliquote del tributo era il predetto organo consiliare4.
In pratica il legislatore del T.U., facendosi carico dell’esistenza nella legge
di riforma dell’ordinamento degli enti locali di una norma che non distingueva
tra istituzione di tributi e determinazione di aliquote, ha preferito eliminare
la seconda dalle competenze attribuite all’organo consiliare. Pertanto, stante
il principio del potere residuale in capo alla giunta, è legittimo affermare
che, negli enti locali delle regioni a statuto ordinario, la determinazione
delle aliquote della TARSU appartenga all’organo esecutivo del comune e quindi
alla giunta.
La normativa regionale
Nell’ordinamento siciliano, che com’è noto gode di potestà legislativa esclusiva
in materia di enti locali in forza dell’art. 14 dello Statuto, l’art. 32, lett.
g), della L. n. 142/1990, che attribuisce al Consiglio comunale la competenza ai
fini dell’istituzione e ordinamento dei tributi è stato recepito in modo statico
dall’art. 1, lett. e), L.r. n. 48/1991. Il citato accorgimento legislativo
apportato dal Testo Unico non sembra quindi direttamente applicabile
nell’ordinamento siciliano.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sia in sede
consultiva5 che in
sede giurisdizionale6,
ha tuttavia escluso la competenza dell’organo consiliare sulla base di una non
meglio precisata applicazione della riforma dell’ordinamento degli enti locali,
attuata con il citato D.lgs. n.267/2000. Secondo l’autorevole Giudice d’appello,
“ne discende che all’espressa esclusione della competenza consiliare in tema
di determinazione delle aliquote e alla mancata espressa attribuzione alla
giunta della suddetta competenza deriva la residuale competenza del sindaco”.
E poiché a pronunciarsi sull’argomento è l’Organo di secondo ed ultimo appello
della giustizia amministrativa regionale, la prudenza è d’obbligo. Il C.G.A.
parte dal presupposto, sotteso, che la normativa statale di cui al citato T.U.
sia direttamente applicabile in Sicilia in forza di un rinvio dinamico. Ma così
non appare anche alla luce di quanto sostenuto dal medesimo Consiglio di
Giustizia Amministrativa, secondo cui trattasi di rinvio materiale o recettizio
quando il legislatore regionale fa propria la norma statale (con eventuali
modifiche ed integrazioni) rendendola quindi estranea alla normativa statale.
Diversamente il rinvio si configura formale e dinamico, ma anche in tale ipotesi
il legislatore regionale pone invero limiti di compatibilità, di competenze dei
soggetti, di assetto procedimentale, contingenti o di successiva legislazione.
Con il rinvio recettizio e materiale (o statico) l’ordinamento regionale non
subisce automatiche modifiche per l’intervento (o, specularmente, per
l’eliminazione) di norme statali7.
Pertanto, per una corretta ricostruzione del quadro dei rapporti tra fonti
statali e regionali, si può sostenere che l’abrogazione a livello statale delle
disposizioni di cui alla legge n. 142/90, avvenuta col T.U., non incide sulla
sopravvivenza delle relative norme nello spazio giuridico siciliano,
trattandosi, nel caso in specie, di rinvio statico. Si ritiene quindi di non
poter condividere quanto affermato dal C.G.A., privilegiando in questa sede
proprio l’impossibilità di applicare nell’ambito regionale, per le ragioni sopra
esposte, quella espressa esclusione dalla competenza consiliare (di cui alla
lett. f), comma 2, dell’art. 42 D.lgs. n. 267/00) della materia relativa alla
determinazione delle aliquote dei tributi. Versione questa peraltro condivisa
dalla giurisprudenza più recente8.
Senza contare che anche per la tariffa d’igiene ambientale, definita dal Giudice
delle leggi “una mera variante della TARSU”, la giurisprudenza ha consolidato il
proprio orientamento in ordine all’organo comunale chiamato ad adottare i
relativi atti9.
In tale contesto non può neanche ipotizzarsi una forma di competenza residuale
in capo al Sindaco. Vero è infatti che le giunte nell’ordinamento regionale non
sono più organi a competenza residuale generale e che tale competenza ricada in
capo agli organi monocratici10,
ma questo si verifica solo nel caso in cui la legge non dispone diversamente.
Invero, l’art. 13 della L.r. n. 7/92, come modificato dall’art. 41 della L.r. n.
26/93, così recita: “Il Sindaco convoca e presiede la Giunta, compie tutti
gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo statuto non siano
specificatamente attribuiti alla competenza di altri organi del comune…”.
Nè appare altresì legittimo quanto sostenuto da alcuni comuni secondo i quali i
regolamenti consiliari che disciplinano la TARSU prevedono che la stessa sia
determinata dalla Giunta, in quanto le fonti normative locali (statuti e
regolamenti) non possono incidere l’ordine delle competenze previsto dalle
citate normative regionali, a pena di porsi in contrasto insanabile con esse e,
pertanto, di dimostrarsi illegittime al vaglio disincantato dei giudici. La
giurisprudenza sull’argomento è infatti granitica11.
Così come non può avere alcuna rilevanza giuridica il fatto che il regolamento
comunale che attribuisce l’eventuale competenza alla giunta sia stato vistato
dall’organo di controllo (ex Co.Re.Co.) poichè com’è noto in giurisprudenza
”l’approvazione da parte di un organo di controllo non conferisce legittimità
all’atto stesso, piuttosto, ha refluenze sul piano dell’efficacia dell’atto
stesso”12.
Le ragioni di fondo
Il fondamento legislativo della potestà impositiva deriva secondo parte della
giurisprudenza “dalla necessità di fare in modo che la prestazione tributaria
imposta ai membri della collettività sia frutto di quella dialettica democratica
che può essere dispiegata compiutamente solo nella sede assembleare, ove i
rappresentanti del popolo (o della comunità locale di riferimento) possono
liberamente confrontarsi. Siffatta modalità di esercizio della potestà
impositiva richiede senz’altro la estrinsecazione delle dinamiche proprie del
dibattito consiliare al fine di permettere ai rappresentanti del corpo
elettorale locale di valutare appieno le conseguenze che un prelievo fiscale
così concepito può provocare sulla comunità di riferimento e, più in specie,
sugli utenti del servizio”13.
Altre argomentazioni spingono verso una competenza dell’organo consiliare nella
determinazione della TARSU. A differenza della TIA, per la quale il gettito deve
assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi14,
per la TARSU il gettito deve corrispondere ad un ammontare compreso tra l’intero
costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo
determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune15.
Questa possibile oscillazione presuppone che il Comune possa autonomamente
decidere se far gravare tutto il costo sui contribuenti attraverso la TARSU o,
come tradizionalmente avvenuto nel passato, cofinanziare la parte del costo del
servizio scoperta con fondi del proprio bilancio. Corollario di questo principio
è che siffatta scelta di politica pubblica non può che essere oggetto di
dibattito tra i rappresentati della comunità locale nel luogo deputato alla
programmazione ed allocazione delle risorse comunali, cioè il consiglio
comunale. Ciò è tanto più vero se si evidenziano l’art. 1, comma 169, della
legge n. 296/2006, laddove si stabilisce che “gli enti locali deliberano le
tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data
fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione” e
l’art. 4, comma 2 lett. c), della L.r. n. 9 dell’8/04/2010, che prescrive ai
comuni di provvedere “al pagamento del corrispettivo del servizio di gestione
integrata dei rifiuti nel territorio comunale, assicurando l’integrale copertura
dei relativi costi, congruamente definendo a tale fine…..la tariffa d’igiene
ambientale (TIA) di cui all’art. 49 del D.lgs. n. 22/97 o la tassa per lo
smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), ovvero prevedendo nei propri
bilanci le risorse necessarie e vincolandole a dette finalità”. Infatti
solo l’organo consiliare, in sede di discussione del bilancio di previsione, può
autorizzare un sostegno finanziario a parziale copertura del costo del servizio
di gestione integrata dei rifiuti nel territorio comunale, non rientrando nelle
prerogative della giunta, né dell’organo monocratico, disporre delle risorse
necessarie per modificare assetti generali di finanza locale.
* Funzionario Direttivo Regione Siciliana e Cultore di Politiche Pubbliche
1 Corte Cost. sent.
n. 238 del 24/07/2009.
2 Sulla questione si consenta il rinvio a: Massimo Greco “La
controversa natura patrimoniale della TIA ”, in Diritto & Diritti – Rivista
giuridica elettronica, pubblicata su Internet all’indirizzo
http://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 26/02/2009; su “Norma”, quotidiano
d’informazione giuridica, pubblicato su internet all’indirizzo
http://www.norma.dbi.it/index.jsp, 26/02/2009; su Rassegna di informazione
giuridica della Regione Veneto n. 8 del 9/03/2009; citazione ripresa dal portale
d’informazione del Trentino pubblicata su internet all’indirizzo
www.trentinolibero.org, anno IV n. 3021.
3 Corte di Giustizia CE, sent. 16/07/2009.
4 Cass. civ., sez. trib, 09/11/2004, sent. n. 21310; 11/11/2003,
sent. n. 16870.
5 C.G.A. SS.RR., parere n.101/2006.
6 C.G.A. 26/7/2006 n.420.
7 C.G.A., parere n. 592 del 16/11/1993 e C.G.A decisione n.
403/2010.
8 Tar di Palermo, sentenze nn. 1150 del 1/10/2009 e 2017 del
15/12/2009; Tar Catania, ord. n.231/2010; Corte Cass. civ., sent. n. 14376/2010.
9 Sulla questione si consenta il rinvio a: Massimo Greco “In
Sicilia l’approvazione della TIA (tariffa d’igiene ambientale) rimane in capo ai
consigli comunali”, su “Norma”, quotidiano d’informazione giuridica, pubblicato
su internet all’indirizzo http://www.norma.dbi.it/index.jsp, 09/07/2009; in
Diritto & Diritti – Rivista giuridica elettronica, pubblicata su Internet
all’indirizzo http://WWW.diritto.it., ISSN 1127-8579, 16/07/2009; su Rassegna
Amministrativa Siciliana, Rivista trimestrale di giurisprudenza e legislazione
regionale, n. 3/2009.
10 Assessorato Reg.le Enti locali, Circolare n. 6 del
08/08/1996; Tar Palermo, sez. II°, sent. n. 4284/1999.
11 Cons. di Stato sez. V°, 15/11/2001, sent. n. 5833; sez. V°,
21/11/2003 sent. n. 7632; sez. V°, 03/03/2005, sent. n. 832.
12 CGA, parere n. 613/2007.
13 Tar Puglia, Lecce, sez. I, 28/01/2010 sent. n. 328.
14 Art. 49 del D.lgs. n. 22/97.
15 Art. 61, comma 1, del D.lgs. n. 507/93.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 13/9/2010