AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Copyright © AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti
Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Questioni interpretative in tema di autorizzazioni di impianti di oli minerali
LUCA VENERANDO GIUFFRIDA*
In materia di oli minerali si discute sulla sottoponibilità o meno alla
disciplina autorizzativa, di cui all’art. 1, comma 56, della legge n. 239/2004,
delle seguenti tipologie di impianti:
1. stabilimenti di trattamento e di depurazione di miscele contenenti
idrocarburi e di residui oleosi di recupero;
2. opifici di conversione di rifiuti in prodotti assimilabili ad oli minerali;
3. opifici in cui vengono ottenute emulsioni (assimilabili al GECAM) tramite macchinari di ridotta potenzialità (nell’ordine di 100 kg di prodotto per ora di produzione) atti a mescolare in apposite proporzioni gasolio, acqua ed additivi stabilizzanti.
La questione prospettata presenta un rilevante interesse pratico atteso che le
Regioni hanno adottato comportamenti difformi.
Al fine di un inquadramento sistematico della stessa tematica, giova rilevare
che, secondo l’insegnamento tradizionale, l’autorizzazione amministrativa è quel
provvedimento mediante il quale la pubblica Amministrazione, nell’esercizio di
un’attività discrezionale in funzione preventiva, provvede alla rimozione di un
limite legale che si frappone all’esercizio dell’attività, mentre la concessione
è il provvedimento in forza del quale vengono conferiti nuovi diritti o facoltà.
Peraltro, in sede dottrinaria, è stato altresì rilevato come il provvedimento
del primo tipo si svolga in un’area dominata dalla libertà individuale: in
questo contesto l’Amministrazione si fa garante del fatto che l’attività
autorizzata “non faccia danni”. La concessione, invece, si svolge in un’area
propria dei pubblici poteri nella quale l’Amministrazione valuta la “capacità a
far bene”.
Considerato che il potere dell’Amministrazione concedente è, in generale,
caratterizzato da una maggiore discrezionalità rispetto a quello in capo alla
Amministrazione autorizzante, ne consegue che, in un contesto di
liberalizzazione, in effetti, è preferibile il regime autorizzatorio rispetto a
quello concessorio.
Il sistema normativo precedente l’entrata in vigore della legge n. 239/2004.
Così tratteggiati gli istituti di riferimento, occorre passare all’esame del
quadro normativo di riferimento, comprese le disposizioni antecedenti alla legge
n. 239/2004, c.d. Marzano.
Il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 420, avente ad oggetto “Regolamento recante
semplificazione delle procedure di concessione per l'installazione di impianti
di lavorazione o di deposito di oli minerali”, all’art. 2, individua le
opere soggette a concessione, quali:
“a) nuovi stabilimenti per la lavorazione di oli minerali e nuove
installazioni di gas naturale liquefatto;
b) nuovi impianti che amplino la capacità di lavorazione […]”.
L’art. 5, comma 1, del medesimo decreto determina le opere soggette ad
autorizzazione, quali “la costruzione e la gestione di nuovi impianti che non
amplino la capacità di lavorazione di oli minerali stabilita nel decreto di
concessione relativo ad uno stabilimento esistente […]”, mentre il
successivo comma 2 prevede che con decreto vengano individuate tutte le opere
minori, per le quali, fatti salvi gli eventuali obblighi fiscali, di sicurezza
ed ambientali è sufficiente l'autorizzazione da parte del Ministero senza
richiesta di pareri preventivi alle altre Amministrazioni.
In attuazione del citato comma 2 è stato emanato il decreto Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato dell’11 gennaio 1995, recante
“Individuazione delle opere minori soggette ad autorizzazione con procedura
semplificata od a notifica negli impianti di lavorazione e depositi di oli
minerali”. L’allegato A del medesimo decreto individua tali opere minori,
mentre l'allegato B elenca le opere non soggette ad autorizzazione, che possono
essere eseguite con il semplice invio di una comunicazione ai competenti Uffici.
L’art. 3, comma 2, dello stesso DM, peraltro, dispone che gli interventi di
manutenzione che comportino il ripristino, la riparazione e la sostituzione di
attrezzature, non compresi tra le opere dei citati allegati A e B, “non sono
soggetti ad alcuna procedura autorizzativa. Di essi dovrà tuttavia essere data
comunicazione contestuale all'ufficio finanziario che esercita la vigilanza
sull'impianto”.
Il citato allegato B, che sarebbe stato sostituito dal D. Dirett. 26 luglio 1996
(Gazz. Uff. 10 agosto 1996, n. 187), intitolato “Opere non soggette ad
autorizzazione, con obbligo di comunicazione”, individua le seguenti
ipotesi:
“1. Installazione di valvole regolatrici, gruppi di misura, strumentazione in
genere delle unità di produzione, della movimentazione prodotti, del parco
serbatoi e dei terminali di caricamento.
2. Cambio di destinazione dei serbatoi di oli minerali e degli oleodotti […]”.
Tale allegato B, pertanto, elenca delle opere che non necessitano né di
concessione, né di autorizzazione. Si tratta, tuttavia, di mere operazioni che
non possono essere in alcun modo assimilate alle attività di cui alla previsione
dell’art. 1, comma 56, della legge n. 239/2004, ovvero all’elenco sopra
indicato.
Sul punto, giova richiamare anche l’art. 1, comma 1, della Circolare
dell’Agenzia delle Dogane, in data 6 maggio 2005 n. 18/D, recante “Legge 23
agosto 2004, n. 239. Stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio oli minerali.
Modifiche degli impianti e variazione titolarità degli stessi. Nuove procedure”,
il quale, in riferimento alle nuove disposizioni introdotte dalla “legge
Marzano”, assume “il superamento del sistema recato dal D.P.R. 18 aprile
1994, n. 420, che ha disciplinato i regimi di concessione e di autorizzazione
previsti per l'installazione degli impianti di cui sopra, nonché dal D.M. 11
gennaio 1995, così come modificato dal D. Dirett. 26 luglio 1996, il quale ha
introdotto specifiche procedure semplificate per la realizzazione di opere
minori”.
Il contesto normativo attuale.
La legge 23 agosto 2004, n. 239, recante “Riordino del settore
energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di energia”, ridefinisce l’assetto istituzionale del settore
energetico, intervenendo sul riparto di competenze, a seguito della riforma del
Titolo V della Parte II della Costituzione del 2001, tra lo Stato, da una parte,
e le Regioni e gli Enti Locali, dall’altra.
L’art. 1, comma 2, lettera a) del provvedimento de quo sancisce la
liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione,
stoccaggio non in sotterraneo anche di oli minerali, acquisto e vendita di
energia ai clienti idonei, nonché di trasformazione delle materie fonti di
energia, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla
normativa comunitaria e dalla legislazione vigente.
Il comma 6 prevede che le Regioni determinino con proprie leggi, ai sensi
dell'articolo 118 della Costituzione, l'attribuzione dei compiti e delle
funzioni amministrativi, salvo quelli esercitati dallo Stato di cui al
successivo comma 7.
In materia di oli minerali, il comma 55 del medesimo art. 1 prevede che le
Regioni esercitano le funzioni amministrative in materia di lavorazione,
stoccaggio e distribuzione di oli minerali, salvo quelle riservate allo Stato ai
sensi del comma 7, mentre il successivo comma 56, facendo salva la
liberalizzazione prevista dalla lettera a) del comma 2, sottopone al regime
autorizzativo:
a) l'installazione e l'esercizio di nuovi stabilimenti di lavorazione e di
stoccaggio di oli minerali;
b) la dismissione degli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli
minerali;
c) la variazione della capacità complessiva di lavorazione degli stabilimenti di
oli minerali;
d) la variazione di oltre il 30 per cento della capacità complessiva autorizzata
di stoccaggio di oli minerali.
Ora, una prima questione è quella di stabilire se questa elencazione abbia o
meno carattere tassativo.
A parere di chi scrive, si stima che il legislatore, muovendosi nell’ottica
della sopradescritta liberalizzazione, abbia inteso individuare in maniera
tassativa le attività, in materia di oli minerali, da sottoporre al citato
regime autorizzativo, salvo ulteriori specifiche disposizioni di legge.
Deve allora stabilirsi se le attività sopra indicate possano o meno considerarsi
ricomprese nella elencazione di cui al comma 56. Solo nel caso in cui vi
rientrassero sarebbero sottoposte ad autorizzazione ex art. 1, comma 56, della
legge n. 239/2004.
Al riguardo, alcune difficoltà potrebbero essere legate alla presenza di alcuni
nodi interpretativi di carattere tecnico.
Nello specifico, le maggiori perplessità sussistono in tema di definizione
dell’espressione “oli minerali”, a seconda che debba essere accolta un’accezione
rigorosamente tecnica o meno, nonché in merito al tipo di attività di
lavorazione che deve essere effettuata all’interno dello stabilimento. Da ciò ne
discenderebbe che, se i suddetti termini sono da interpretare in senso rigoroso,
allora questo impedirebbe l’inclusione delle attività sopra indicate
nell’elencazione del comma 56 in questione (data la non perfetta coincidenza
della lettera dei termini). Pertanto, tali attività sarebbero da considerare
completamente liberalizzate.
Deve tuttavia essere rilevato che, considerata la mancanza di una definizione
normativa dei termini implicati nella questione prospettata, la soluzione del
nodo interpretativo in forza del quale occorre chiarire se le attività de
quibus siano da sottoporre a regime autorizzatorio o meno, passa attraverso
l’individuazione della ratio della norma.
La ragione giustificatrice del comma 56 in commento, che elenca determinate
attività e le sottopone al regime autorizzativo, appare riconducibile alla
disciplina delle fattispecie caratterizzate dalla presenza di uno
“stabilimento”. In altre parole, il Legislatore mostra di dare rilevanza alle
dimensioni ovvero alla capacità produttiva dell’impianto e non alla specificità
del tipo di lavorazione ovvero alla rigorosa definizione chimica della sostanza
trattata, che sono quindi da intendere lato sensu.
A sostegno della lettura proposta, deve essere evidenziato che il comma 58
dell’art. 1 della legge n. 239/2004, nel fare riferimento alle attività di cui
al comma 56, lettere c) e d), e cioè quelle che, comportando una certa
variazione della capacità complessiva dello stabilimento, necessitano di
autorizzazione, prevede che le altre modifiche (di minore entità) degli
stabilimenti di lavorazione o dei depositi di oli minerali sono liberamente
effettuate dall’operatore, mostrando così, ancora una volta, di accordare
rilevanza all’entità dello stabilimento.
Peraltro, si pone in questa direzione anche il D. Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128,
recante “Riordino della disciplina relativa all'installazione e all'esercizio
degli impianti di riempimento, travaso e deposito di GPL, nonchè all'esercizio
dell'attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti, a norma
dell'articolo 1, comma 52, della L. 23 agosto 2004, n. 239”, il quale,
all’art. 4, rubricato “Dimensioni minime dei nuovi impianti”, prevede che
le autorizzazioni all'installazione ed esercizio di nuovi stabilimenti di
lavorazione e stoccaggio di oli minerali di cui all'art. 1, comma 56, lettera
a), della legge n. 239/2004, sono rilasciate per impianti di riempimento,
travaso e deposito di GPL di capacità non inferiore a 100 mc in serbatoi fissi.
Alla luce di quanto sopra, per concludere, gli impianti sopra elencati sono
soggetti al regime autorizzatorio, giusta il disposto dell’art. 1, comma 56,
della legge n. 239/2004, salve in ogni caso le eventuali autorizzazioni previste
della normativa vigente in materia ambientale, sanitaria, fiscale, di sicurezza,
di prevenzione incendi e di demanio marittimo.
* Dottorando di
Ricerca in Diritto Amministrativo presso l’Università degli studi Guglielmo
Marconi - Roma
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it
il 14/02/2011