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I nuovi limiti interpretativi dell'art. 117 Cost. sesto comma. - Commento alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 376 del 2003.

Leonardo Salvemini


Alcune considerazioni s'impongono in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 376/2003 emessa nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002", promossi con ricorsi delle Regioni Marche, Toscana, Campania, Emilia-Romagna e Umbria 

La sentenza contiene alcune affermazioni che indubbiamente vanno a modificare, di fatto, il testo dell'art. 117 sesto comma. ( potestà regolamentare) fino a renderla obiettivamente una previsione vuota. 

Queste affermazioni confortano il chiaro indirizzo giurisprudenziale del Giudice delle Leggi che considera la classificazione prevista dall'art. 117 comma II omnicomprensiva e trasversale rispetto alla competenza residuale regionale.

Non solo, oggi, in seguito alla sopra menzionata sentenza n.376 si può affermare che la " definizione dei principi fondamentali" sia addirittura assorbente della competenza " di dettaglio " delle regioni prevista dall'art. 117 III comma, fino alla potestà regolamentare prevista dall'art. 117 sesto comma.

Infatti, nella sentenza in analisi la Corte afferma, in relazione alla fattispecie per questo è stata investita, che "la disciplina delle condizioni e dei limiti dell'accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali rientra principalmente nell'ambito di quel "coordinamento della finanza pubblica" che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa concorrente delle Regioni, vincolata, naturalmente, al rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato.

Tuttavia, continua la Corte, il coordinamento finanziario può richiedere, per la sua stessa natura, anche l'esercizio di poteri d'ordine amministrativo, di regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di controllo: onde, attesa la specificità della materia, non può ritenersi preclusa alla legge statale la possibilità, nella materia medesima, di prevedere e disciplinare tale potere, anche in forza dell'art. 118, primo comma, della Costituzione" 

Fin qui il ragionamento appare lineare. Ciò che diventa interessante e sicuramente " autentico" è in concetto di " carattere finalistico" dell'azione di coordinamento esige che al livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì i poteri puntuali eventualmente necessari perché la finalità di coordinamento - che di per sé eccede inevitabilmente, in parte, le possibilità d'intervento dei livelli territoriali sub-statali - possa essere concretamente realizzata. A questo punto la corte avrebbe potuto spingersi a definire la dignità costituzionale dei soggetti giuridici costituenti la Repubblica prevista dall'art. 114 cost.

D'altronde, in tema d'accesso degli enti territoriali al mercato dei capitali, i poteri di coordinamento che possono legittimamente essere attribuiti ad organi centrali sono altresì connessi per l'oggetto con la competenza statale in materia di "tutela del risparmio e mercati finanziari" di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e, della Costituzione, che riguarda in particolare la disciplina delle forme e dei modi in cui i soggetti - e così anche, in particolare, gli enti territoriali - possono ottenere risorse finanziarie derivanti da emissione di titoli o contrazione di debiti."

Da questo costrutto logico sorge spontanea la domanda "ma allora perché disgiungere il coordinamento della finanza pubblica" previsto dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione ( potestà legislativa concorrente) dalla tutela del risparmio e dei mercati finanziari ( art. 117 comma II) .

La Corte cerca di attenuare gli effetti dirompenti di un'interpretazione oltremodo fagocitante delle prerogative regionali di cui al 117 comma sei stabilendo che " Naturalmente i poteri in questione devono essere configurati in modo consono all'esistenza di sfere d'autonomia, costituzionalmente garantite, rispetto cui l'azione di coordinamento non può mai eccedere i limiti, al di là dei quali si trasformerebbe in attività di direzione o in indebito condizionamento dell'attività degli enti autonomi" 

Infatti i limiti previsti ( attività di direzione e indebito condizionamento dell'attività degli enti autonomi) non appaiono chiari nella loro formulazione.

Di fatto la Corte ritiene, in un certo senso, incapace la regione di poter provvedere ad una regolamentazione della materia di cui trattasi, tenendo conto della necessità di un più ampio coordinamento della finanza pubblica che spetta allo Stato e, quindi, di fatto, in questo ambito, viene commissariata.

Infatti, afferma che " Il potere di coordinamento attribuito dal comma uno dell'impugnato articolo 41 al Ministero dell'economia deve essere inteso in armonia con i criteri ora indicati: vale a dire come potere di adottare le misure tecniche necessarie per assicurare che l'accesso al mercato da parte degli enti territoriali, comprese le Regioni, avvenga con modalità idonee, come si esprime l'incipit della stessa norma, a consentire di "contenere il costo dell'indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica", in armonia con i vincoli e gli indirizzi concernenti la cosiddetta finanza pubblica allargata. In questo senso circoscritto deve intendersi anche il riferimento al "contenuto" del coordinamento, la cui determinazione è rimessa dalla norma impugnata al decreto del Ministro" 

Non sembra rimediare l'affermazione che "E' dunque escluso che si attribuisca al Ministero il potere di incidere sulle scelte autonome degli enti quanto alla provvista o all'impiego delle loro risorse, effettuate nei limiti dei principi di armonizzazione stabiliti dalle leggi statali, o, peggio, di adottare determinazioni discrezionali che possano concretarsi in trattamenti di favore o di sfavore nei confronti di singoli enti." 

Ad avviso dello scrivente, neanche l'ipotizzata forza di contrasto che la Corte inaspettatamente riconosce ai pareri della Conferenza unificata appaiono sufficienti a ricondurre l'affermata attività regolamentare statale in materie rientranti nella previsione di cui al sesto comma dell'art. 117 pleonastici ", in un concetto interpretativo " armonioso " della Carta Costituzionale.