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OPPOSIZIONE DI TERZO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

 Il giudice competente a conoscere dell’opposizione.

di Annalisa Pantaleo

 

 

L’art. 405, primo comma, cod. proc. civ. stabilisce che “l’opposizione di terzo è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza, secondo le forme prescritte per il procedimento davanti a lui”.

 

Di conseguenza, l’opposizione nei confronti di una sentenza del Consiglio di Stato va instaurata davanti a quest’organo anche quando la sentenza abbia confermato quella di primo grado, per l’operare dell’effetto devolutivo.

Ci si chiede quale sia il giudice competente a conoscere dell’opposizione di terzo nel caso in cui la sentenza del giudice di secondo grado abbia dichiarato inammissibile o improcedibile l’appello ovvero l’appello riguardi solo alcuni capi della sentenza di primo grado e l’opposizione si rivolge verso gli altri capi non appellati (questo è il caso in cui l’opposizione sia rivolta contro un capo della sentenza di prime cure non impugnato dalle parti). In tali casi, l’orientamento maggiormente condivisibile e coerente sembrerebbe quello proposto dalla giurisprudenza civile secondo la quale sarebbe competente il giudice di primo grado (Cass. n. 1727/1972; Cass. n. 4028/1976)[[1]]. La sentenza d’appello non produce, in questo caso, effetti sostitutivi, in quanto è la sentenza di primo grado a mantenere i suoi effetti.

 

L’opposizione nei confronti delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali passate in giudicato dovrà essere proposta innanzi allo stesso tribunale che ha emesso la sentenza; mentre, nell’ipotesi che l’opposizione venga proposta contro una sentenza di primo grado esecutiva, ma non ancora passata in giudicato, la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa Regione Siciliana del 13 giugno 1996, n. 196[[2]] ha stabilito che  l’opposizione va proposta non già innanzi allo stesso tribunale che ha emesso la sentenza, ma innanzi al Consiglio di Stato, in quanto tale opposizione si configura come mezzo di impugnazione della sentenza[[3]].

 

Con tale pronuncia il C.G.A., dopo aver stabilito l’esperibilità dell’opposizione di terzo avverso le sentenze dei T.A.R. soltanto esecutive, cerca di risolvere il problema della contemporanea pendenza dei termini per proporre appello e opposizione e cioè, il problema che, una volta incardinata l’opposizione innanzi al medesimo giudice di primo grado, possa sopraggiungere l’appello della stessa decisione innanzi al giudice di secondo grado[[4]].

Per evitare tale inconveniente il C.G.A. ha, quindi, stabilito che l’opposizione di terzo, nei confronti delle sentenze dei T.A.R. non ancora passate in giudicato deve essere proposta al Consiglio di Stato (naturalmente, nei confronti delle sentenze dei T.A.R. Sicilia non ancora passato in giudicato l’opposizione va proposta al C.G.A.)[[5]].

Alla base di tale scelta, come risulta dalla medesima pronuncia, c’è l’esigenza di garantire il principio di economia processuale e il principio di concentrazione delle impugnazioni, in base ai quali risulta più conveniente concentrare entrambi i rimedi innanzi al Consiglio di Stato.

 

La dottrina è perplessa circa la decisione operata dal C.G.A. di individuare nel Consiglio di Stato il giudice competente a conoscere dell’opposizione avverso le sentenze dei T.A.R. non ancora passate in giudicato.

 

Secondo una parte della dottrina non vi è motivo per discostarsi dalla normativa civilistica[[6]]: anche nel giudizio civile si è dovuto risolvere il problema della contemporanea pendenza del termine per proporre appello al giudice di secondo grado e l’opposizione al medesimo giudice avverso una sentenza di primo grado non ancora passata in giudicato. Ciò, comunque, non ha ostacolato l’introduzione dell’art. 405 c.p.c. e del precetto che questo contiene, poiché si è partiti dal presupposto della diversità sostanziale del rimedio dell’opposizione, con il quale si introduce in un giudizio una nuova domanda di tutela, connessa alla protezione di una situazione giuridica che il giudice ha omesso di prendere in considerazione, rispetto all’appello, nel quale, invece, prevale la natura devolutiva.

 

Per cui si è arrivati alla logica conclusione che ove il terzo, titolare di un interesse la cui tutela non può attendere il successivo passaggio in giudicato della sentenza, decide di contestare subito la pronuncia, può farlo innanzi al giudice di primo grado che l’ha emessa, onde non pregiudicarlo ulteriormente privandolo di un grado di giudizio. Salvo, naturalmente, dichiarare la successiva improcedibilità dell’opposizione proposta avverso una sentenza soltanto esecutiva, nel caso in cui, presentato il rimedio dell’opposizione, sopraggiunga l’appello. In questa ipotesi, infatti, poco varrebbe ottenere una pronuncia in sede di opposizione da parte del giudice che ha emesso la sentenza la quale rischia di essere completamente riformata dal giudice d’appello[[7]].

 

Ad avviso di chi scrive, l’orientamento della dottrina è da condividere. Anche nel caso delle sentenze del T.A.R. soltanto esecutive, l’opposizione dovrebbe essere rivolta allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza e ciò, non tanto per il fatto che l’opposizione è un rimedio eminentemente autosindacatorio stante la riapertura del campo visuale del giudice che ha pronunciato la sentenza propiziata dal più ampio contraddittorio, quanto per la ragione più importante che altrimenti si priverebbe il terzo di un grado di giudizio, mortificando così il diritto dell’opponente al doppio grado di giurisdizione, costituzionalmente riconosciuto, nel processo amministrativo[[8]].

Quindi, operando un giudizio di comparazione tra l’esigenza di economia processuale e di concentrazione delle impugnazioni, sostenuta dal C.G.A., in base alla quale risulterebbe più conveniente concentrare entrambi i rimedi innanzi al Consiglio di Stato e l’esigenza, costituzionalmente garantita, di tutelare il diritto dell’opponente al doppio grado di giurisdizione, ritengo che debba prevalere quest’ultima.

 

Neppure condivisibile mi appare l’altra motivazione addotta dal C.G.A. per affermare la competenza del Consiglio di Stato a conoscere dell’opposizione avverso le sentenze dei T.A.R. non passate in giudicato (oltre, ovviamente, la su citata motivazione di economia processuale e concentrazione delle impugnazioni).

Secondo il C.G.A.[[9]] la disposizione di cui all’art. 404[[10]] c.p.c., ai sensi della quale possono essere opposte le sentenze passate in giudicato o comunque esecutive, essendo espressione di un principio generale di diritto processuale comune deve essere applicata al processo amministrativo, in quanto compatibile; al contrario, l’applicabilità dell’art. 405 c.p.c., che prevede che l’opposizione vada proposta allo stesso giudice, non è obbligatoria nel processo amministrativo dato che l’art. 405 c.p.c. non è un principio generale di diritto processuale comune  con riguardo a tutte le sentenze[[11]].

 

Tale motivazione, a mio avviso, non è convincente per due ragioni. In primo luogo, perché lo stesso C.G.A. non indica il criterio che bisogna adottare per stabilire quali sono le norme del codice di procedura civile che costituiscono espressione di principi generali e quali, invece, non assurgono a tale rango. In secondo luogo, non mi è chiaro come l’opposizione esperita al medesimo giudice, ex art. 405 c.p.c., possa costituire un principio inderogabile per le sentenze del Consiglio di Stato e non invece per le sentenze solo esecutive del T.A.R.

In realtà, nel primo caso tale soluzione è necessaria non essendoci, nel processo amministrativo, un altro grado oltre il Consiglio di Stato. Essa ovviamente non esclude che la regola di cui all’art. 405 c.p.c. possa costituire espressione di un principio valido anche per le sentenze dei T.A.R. non ancora passate in giudicato.

   

 

                                                                                           Dott.ssa   Annalisa Pantaleo


 


[[1]]DE SIMONE R., L’opposizione di terzo nel processo amministrativo alla luce dei più recenti orientamenti, in www. Giust. It., 2002, 3.

[[2]]Cons. giust. amm. sic., sez. giurisd., 13 giugno 1996, n. 196, in Foro It., 1996, III, 555. Tale sentenza è stata confermata dalle sentenze Cons. St., sez. IV, 28 maggio 1997, n. 582, in Con. St., II, 1997, 653 e Cons. St., sez. IV, 11 febbraio, n. 263, in Cons. St., 1998, I, 191.

[[3]]VIRGA P., Diritto processuale amministrativo. Atti e ricorsi, 1999, 427.

[[4]]In questo caso se l’opposizione davanti al T.A.R. è proposta dal terzo per prima e in data successiva la parte formale soccombente interpone l’appello al Consiglio di Stato, l’opposizione in primo grado diventerà improcedibile.

[[5]]Cons. giust. amm. sic., sez. giurisd., 13 giugno 1996, n. 196, cit. “La circostanza che l’opposizione di terzo costituisca comunque un mezzo di impugnazione delle sentenze, art. 323 c.p.c., comporta che, in pendenza del termine (breve o lungo, a seconda che si sia provveduto o meno a notificare la sentenza) per proporre l’appello, tutte le impugnazioni delle decisioni del T.A.R. vanno portate all’esame del Consiglio di Stato, il quale è il giudice deputato a conoscere le impugnazioni delle sentenze non ancora passate in giudicato emesse da detto tribunale, artt. 28, secondo comma, e 30, secondo comma, legge T.A.R.”.

[[6]]FORLENZA O., Non basta la natura di mezzo di impugnazione per attribuire il ricorso al Consiglio di Stato, in Guida al diritto, 1998, 116. L’A. rileva che anche se l’opposizione di terzo è un mezzo di impugnazione, ex art. 323 c. p. c., tale natura non appare sufficiente a sostenere la devoluzione della cognizione al giudice d’appello. Ciò a maggior  ragione in presenza di quanto disposto dall’art. 405, I comma, c. p. c., in base al quale “l’opposizione è proposta davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza”.

[[7]]TIBERII M., La tutela del terzo al bivio tra il rimedio dell’appello e/o dell’opposizione: una questione (non solo) di competenza; in Dir. Proc. Amm.,1999, 526 e seg.

[[8]]E’ proprio l’art. 125 Cost. che, prevedendo l’obbligo di istituire organi di giustizia amministrativa di secondo grado, attribuisce rilevanza costituzionale al doppio grado di giurisdizione nell’ambito del processo amministrativo.

[[9]]Cons. giust. amm. sic., sez. giurisd., 13 giugno 1996, n. 196., cit. “Se la necessaria proposizione dell’opposizione di terzo davanti al medesimo giudice che ha pronunciato la sentenza, qualora la stessa sia passata in giudicato, appare espressione di un principio generale, lo stesso non può dirsi in ipotesi di sentenza comunque esecutiva ma non ancora passata in giudicato”.

[[10]]L’art. 404, I comma c.p.c., stabilisce che: “Un terzo può fare opposizione contro una sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti”.

[[11]]CAVALLARO M. C., Opposizione di terzo nel processo amministrativo e competenza a decidere, in Nuove autonomie, 1997, 355.