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OPPOSIZIONE DI TERZO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

 

 

  L’opposizione di terzo nei giudizi di impugnazione degli atti generali o regolamentari.

 

 

di Annalisa Pantaleo

 

 

Un problema di non facile soluzione è quello di stabilire se sia ammessa l’esperibilità dell’opposizione di terzo avverso una sentenza pronunciata nei giudizi di impugnazione degli atti generali o regolamentari[[1]]: se si ammette che un atto produttivo di effetti nei confronti di una pluralità indeterminata di soggetti possa essere impugnato da tutti coloro che ne risultano danneggiati, non si potrebbe, poi, negare, per inevitabile simmetria logica, a tutti coloro che ne risultano avvantaggiati, la legittimazione ad opporsi, ciascuno per proprio conto e in tempi diversi, alla sentenza che ne ha pronunciato l’annullamento.

 

Per risolvere tale questione bisogna considerare sia la posizione della giurisprudenza sia quella della dottrina.

 

Per quanto riguarda la giurisprudenza, essa esclude l’opposizione di terzo  avverso la sentenza che ha pronunciato l’annullamento degli atti generali o regolamentari per il fatto che nei confronti di tali atti non si potrebbero configurare dei controinteressati. La giurisprudenza, infatti, ritiene essenziale per la individuazione del controinteressato l’assegnazione, da parte dell’atto impugnato, di una posizione di vantaggio con carattere di specificità[[2]].

 

Di recente, poi, con riferimento all’impugnazione di piani regolatori, il Consiglio di Stato ha negato al terzo la legittimazione in ordine all’opposizione per la ragione che ogni valutazione dell’interesse del terzo sarebbe impossibile a priori e, tutt’al più, potrebbe dipendere solo da circostanze contingenti o addirittura da valutazioni fatte dai terzi stessi (si pensi ai proprietari di immobili considerati come edificabili dal piano regolatore, nel caso di impugnazione del piano ad opera di un terzo: secondo il Consiglio di Stato sarebbe impossibile stabilire in astratto se tali proprietari abbiano un interesse contrario a quello del ricorrente, perché a loro volta potrebbero avere interesse all’annullamento del piano, nella prospettiva di ottenere una edificabilità più elevata)[[3]].

 

Per quanto riguarda la dottrina, una parte di essa, critica l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui non è possibile esperire l’opposizione di terzo nei confronti della sentenza che ha pronunciato l’annullamento degli atti generali per l’impossibilità pratica di individuare i controinteressati. Si sostiene, infatti, che il contraddittorio risulterebbe così condizionato dalla tipologia dell’atto impugnato e non dall’ambito dei soggetti colpiti direttamente dalla sentenza di annullamento e si rileva, anche, che non vi è una ragione di fondo che consenta di discriminare, sul piano processuale, la titolarità di una utilità rispetto ad un’altra, esclusivamente in funzione dell’atto amministrativo che conferisce le stesse, poiché si tratta di utilità che hanno pari rilevanza giuridica[[4]].

Sempre secondo tale dottrina, la recente tesi del Consiglio di Stato secondo cui nel caso di impugnazione di piani regolatori non sarebbe identificabile a priori un interesse del terzo alla conservazione dell’atto impugnato non può essere accolta: il semplice fatto che l’atto impugnato attribuisca certe utilità al terzo consente già di per sé di identificare un interesse qualificato rispetto all’atto. Giuridicamente rilevante sarebbe, secondo tale tesi, il conferimento di una utilità e non il grado di soddisfacimento soggettivo conseguito attraverso tale utilità[[5]].

 

Altra parte della dottrina ritiene che non è possibile esperire l’opposizione di terzo nei confronti delle sentenze che hanno annullato atti generali indivisibili per la ragione che nel caso di annullamento degli stessi il giudicato ha efficacia erga omnes[[6]].

 

Contro tale dottrina si è obiettato che è ovvio, nel caso in cui l’atto abbia un contenuto comune per più parti e quindi sia inscindibile, che l’annullamento ad opera del giudice travolga l’atto anche per i suoi effetti nei confronti dei terzi estranei al giudizio ma, si è detto anche, che non è necessario, per giustificare questo risultato, ipotizzare un’efficacia ultra partes della sentenza di annullamento. Semplicemente per effetto dell’annullamento viene meno l’efficacia del provvedimento amministrativo su cui si fondano le situazioni giuridiche dei terzi[[7]].

La posizione giuridica si fonda sull’effetto dell’atto e perciò se l’atto viene meno, anche la posizione giuridica viene travolta, ma non c’è alcun bisogno, per spiegare questo fenomeno, di ipotizzare un’estensione del giudicato. I terzi rimasti estranei al giudizio risentono certamente dell’annullamento, nel senso del venir meno ex tunc dell’effetto giuridico prodotto dall’atto amministrativo ma ad essi non può essere opposto il giudicato.

 

Altra parte della dottrina motiva l’impossibilità di esperire l’opposizione sulla base del fatto che la giurisdizione sui regolamenti dovrebbe essere configurata come giurisdizione di diritto oggettivo[[8]].

Se si ritiene, infatti, che l’impugnazione non è data per la protezione di interessi individuali, è conseguenziale pensare alla posizione del ricorrente come a quella di chi, dotato di legittimazione processuale ma non della titolarità di una situazione soggettiva sostanziale, individua una questione di conformità alla legge e ne investe il giudice.

In una tale prospettiva, non diversamente da quanto avviene di fronte alla Corte costituzionale, è agevole sostenere che non vi siano problemi di doverosa protezione di interessi incisi dalla sentenza: solo così si potrebbe effettivamente negare la presenza di controinteressati in senso proprio e solo così si potrebbe affermare che le decisioni adottate nell’esercizio di una tale giurisdizione estendano i loro effetti vincolanti erga omnes[[9]].

 

L’orientamento della dottrina e della giurisprudenza che esclude l’esperibilità dell’opposizione nei confronti della sentenza che ha pronunciato l’annullamento di atti generali o regolamentari è condivisibile. Infatti, se, in questo caso, si consentisse l’esperibilità di tale rimedio ci sarebbero delle conseguenze pratiche assurde.

In primo luogo, potrebbe accadere che rispetto ad una medesima vicenda comune a più soggetti e definita inscindibilmente in un unico atto, la pubblica amministrazione sia destinataria di giudicati fra loro incompatibili.

In secondo luogo, potrebbe verificarsi un’opposizione di terzo in serie ossia, opposizioni di terzo contro sentenze emesse in seguito all’opposizione di altri terzi che rinvierebbero nel tempo la definitiva conclusione della vicenda con conseguente violazione dei principi di stabilità e certezza della decisione.

  

 

                                                                                            Dott.ssa   Annalisa Pantaleo


 


[[1]]Il processo su atti regolamentari rappresenta il locus in cui si concentrano tutti i nodi problematici della teoria e del funzionamento del giudizio amministrativo, dalla legittimazione a ricorrere alla teoria delle parti, dalla tutela dei terzi all’estensione del giudicato, e la possibilità dell’opposizione di terzo li porta tutti spietatamente ad emersione.

[[2]]Cons. St., sez. IV, 12 aprile 1989, n. 234, in Foro It., Cons. St., 7 aprile 1988, n. 299, in Foro It.

[[3]]Cons. St., Ad. Pl., 8 maggio 1996, n. 2, in Foro It., III, 36. Già, in tal senso, PARISIO, In tema di controinteressati in un caso di impugnazione di uno strumento urbanistico generale, in Dir. Reg., 1993, 669.

[[4]]TRAVI A., L’opposizione di terzo e la tutela di terzo nel processo amministrativo, in Foro It., 1997, 25.

[[5]]TRAVI A., op. cit., 26.

[[6]]CORLETTO D., Opposizione di terzo nel diritto processuale amministrativo, in Digesto (discipline pubblicistiche), XIV, 574. L’A. rileva che anche il giudicato amministrativo di regola vale solo fra le parti, i loro successori e aventi causa, ex art. 2909 c.c., tuttavia, nel caso di annullamento di un atto indivisibile il giudicato varrebbe nei confronti di tutti i soggetti destinatari degli effetti dell’atto annullato, perché non si potrebbe ammettere la vigenza degli stessi effetti nei confronti degli uni e non nei confronti degli altri.

[[7]]TRAVI A., op. cit., 30. L’A. rileva che è vero che le situazioni giuridiche che si basano su un atto amministrativo non possono avere una «forza» superiore a quella dell’atto amministrativo che le costituisce e, quindi, vengono travolte dall’annullamento dell’atto stesso ma l’incidenza sulla situazione di terzi non si identifica con l’annullamento in quanto tale ma si identifica con il venir meno dell’efficacia dell’atto, quale conseguenza di un annullamento in sede giurisdizionale, o di un annullamento in sede amministrativa o di una qualsiasi altra vicenda che incide con efficacia ex tunc sulla produzione degli effetti giuridici da parte dell’atto amministrativo.

[[8]]MAZZAROLLI L., La giurisdizione sui regolamenti è di diritto oggettivo? in Dir. Proc. Amm., 1998, 1.

[[9]]MAZZAROLLI L., op. loc. cit.