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OPPOSIZIONE DI TERZO NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO

 

 

L’opposizione di terzo nei giudizi in materia elettorale.

 

 

di Annalisa Pantaleo

 

 

Con l’introduzione dell’opposizione di terzo nel processo amministrativo, sancita dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 177 del 1995[[1]], il giudice amministrativo si è trovato di fronte al problema di dover tracciare i confini dell’istituto. Nel progredire in questa operazione, la giurisprudenza, con la sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (C.G.A.) del 13 giugno 1996, n. 196[[2]], che ammette l’opposizione di terzo nei giudizi in materia elettorale, sembra aprirsi a nuovi orizzonti, ponendo in discussione molti degli sbarramenti che essa stessa aveva proclamato.

 

Con tale sentenza, il C.G.A. ha, infatti, accolto l’opposizione di terzo, ex art. 404[[3]], primo comma, c.p.c., proposta da tre elettori, avverso la sentenza del T.A.R. Sicilia (sez. di Catania) con la quale è stato disposto l’annullamento della elezione del signor Bolognese, candidato votato dagli opponenti[[4]]. Il primo dei candidati non eletti, il sig. Messina, aveva ottenuto dal giudice di primo grado il ribaltamento degli esiti elettorali, in forza della mancata attribuzione di tre voti di preferenza, subentrando così al sig. Bolognese nella carica di consigliere comunale. Detta pronuncia è stata gravata innanzi al C.G.A. da appello dal sig. Bolognese, quale parte controinteressata soccombente in primo grado, e da opposizione di terzo, da parte dei tre elettori, vantando i medesimi “una situazione giuridica soggettiva propria, autonoma e assolutamente incompatibile con quella tutelata nella sentenza del primo giudice”[[5]].

 

Il C.G.A. ha riconosciuto la legittimazione all’opposizione di terzo, ravvisando la lesione di una situazione giuridica tutelata, in conseguenza dell’esito negativo della decisione di primo grado[[6]].

Nel formare il proprio convincimento il C.G.A. parte dalla constatazione che gli elettori, pur essendo ammessi ad appellare senza aver partecipato al precedente giudizio risultano costretti ad agire entro i confini di quest’ultimo. Infatti, per giurisprudenza pacifica nel processo elettorale l’azione popolare è proponibile per la prima volta in grado di appello, purché ci si muova nella logica del processo e della domanda di primo grado, sicché non è consentita in quella sede la proposizione di domande diverse[[7]].

Per poter però estendere il giudizio alla legittimità delle operazioni elettorali inerenti alla sezione di appartenenza degli elettori appellanti (ovviamente estranee al sindacato di primo grado) il C.G.A. ha ammesso l’opposizione di terzo, ex art. 404, I comma, c.p.c., al fine di sollevare gli opponenti dal divieto di “allargare il thema decidendum, dato che l’appello stesso deve tendere al riesame della pretesa fatta valere sulla base dei motivi dedotti in primo grado”[[8]].

Si è così alzato un netto confine tra la condizione dell’interveniente sia ad adiuvandum che ad opponendum, costretto ad accettare il giudizio in statu et terminis, e quella di chi propone opposizione di terzo, ex art. 404, I comma, c.p.c., svincolato dal divieto di ius novorum[[9]].

 

L’importanza della sentenza 13 giugno 1996, n. 196 (oltre quella di riconoscere l’esperibilità dell’opposizione di terzo nei confronti di una sentenza del T.A.R. non passata in giudicato) è stata quella di rendere possibile la deduzione di motivi anche nuovi, purché strettamente inerenti alla tutela della posizione fatta valere, al fine di ovviare in via preventiva alla formazione di un giudicato pregiudizievole nei confronti dell’opponente[[10]].

 

La sentenza del C.G.A. è stata confermata dalla sentenza del T.A.R. Campania, sez. II, del 30 aprile 1998, n. 1333[[11]]. Con tale sentenza, il T.A.R. ha stabilito che sia i soggetti titolari di una situazione di diritto soggettivo costituzionalmente garantita (art. 48 Cost.), quale è quella dell’elettorato attivo relativamente alla elezione dei membri del Consiglio comunale, sia coloro che sono titolari di un interesse generale al regolare svolgimento delle operazioni elettorali sono legittimati a proporre opposizione di terzo nel processo amministrativo quando la loro posizione soggettiva risulti lesa da una sentenza emessa dal giudice amministrativo[[12]].

Anche la pronuncia del T.A.R., riconosce, poi, al terzo la possibilità di impugnare la sentenza lesiva anche per motivi nuovi, purché strettamente inerenti alla tutela del terzo interessato[[13]].

 

Un cambiamento di orientamento circa l’ammissibilità dell’opposizione di terzo avverso una sentenza pronunciata in materia elettorale si ha con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, del 19 luglio 2001, n. 4001[[14]]. Con tale sentenza, il Consiglio di Stato, dichiarando l’inamissibilità dell’opposizione di terzo proposta da un cittadino elettore avverso una sentenza in materia elettorale, stabilisce che: “l’opposizione di terzo popolare è inammissibile perché altrimenti si aprirebbe la via ad una possibile serie indiscriminata ed interminabile di impugnative, frustrando l’obiettivo del legislatore, rivelato dal rito abbreviato, di giungere, con la massima tempestività, ad un assetto definitivo degli organi elettivi”[[15]].

 

Il Consiglio di Stato aggiunge un’ulteriore ragione per escludere l’ammissibilità del rimedio de quo in materia elettorale: “…l’opposizione di terzo ordinaria nel processo civile è un’impugnativa concessa al terzo avverso una sentenza passata in giudicato, o comunque esecutiva, pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti. Nella sua trasposizione nel processo amministrativo, il rimedio deve, quindi, intendersi azionabile dal terzo che risulti pregiudicato da una sentenza  in una sua posizione giuridica soggettiva, di diritto soggettivo o di interesse legittimo. Il cittadino, invece, in quanto elettore, non è titolare di una propria posizione giuridica soggettiva nei confronti dei risultati delle operazioni elettorali[[16]].

Il Consiglio di Stato esclude, quindi, l’esperibilità dell’opposizione in materia elettorale per il fatto che il terzo è, comunque, tutelato dalla possibilità di proporre l’azione popolare o l’appello, anche se non è stata proposta impugnativa in primo grado: “Il legislatore per il contenzioso elettorale, accanto alla eperibilità dell’azione da parte del titolare di un interesse diretto in ordine a tali risultati, ha attribuito in via eccezionale l’azione anche ad ogni cittadino elettore che ha un interesse solo di fatto alla regolarità dello svolgimento delle operazioni elettorali. Ciò per assicurare un’ulteriore garanzia, ai fini correttivi, a tutela dell’interesse generale al retto funzionamento del sistema democratico[[17]].

 

Ad  avviso di chi scrive, sia l’orientamento del T.A.R. sia l’orientamento del Consiglio di Stato potrebbero prestarsi a critica.

L’orientamento del T.A.R. non può essere accolto nella parte in cui consente di esperire l’opposizione di terzo anche a tutti coloro che sono titolari di un interesse generale al regolare svolgimento delle operazioni elettorali. Né, tanto meno, può essere accolto l’orientamento, troppo restrittivo, del Consiglio di Stato che esclude, in ogni caso, l’esperibilità dell’opposizione di terzo nei giudizi elettorali, per il fatto che il cittadino elettore non è titolare di una propria posizione giuridica soggettiva nei confronti dei risultati delle operazioni elettorali.

Ritengo sia preferibile adottare una posizione intermedia in base alla quale l’opposizione di terzo nel giudizio elettorale dovrebbe essere ammessa ogni qual volta sia necessario tutelare una situazione giuridica soggettiva “forte” e cioè, ogni qual volta, si debba garantire la tutela dell’interesse specifico del singolo elettore alla legittimità delle operazioni elettorali svoltesi nella sezione di appartenenza e, anche, ogni qual volta, si debba garantire la tutela della volontà elettorale, dallo stesso elettore manifestata, determinante per l’affermazione finale del candidato votato.

Al contrario, l’opposizione dovrebbe essere negata a quel terzo che vanti un interesse generale alla mera regolarità delle operazioni elettorali, poiché, in questo caso, la situazione giuridica soggettiva non è così “forte” da consentire l’esperibilità di tale rimedio.

 

 

 

                                                                                            Dott.ssa   Annalisa Pantaleo


 


[[1]]Corte cost., 17 maggio 1995, n.177, in Cons. St., 1995, II, 868 e in Foro Amm., 1995, 1815.

[[2]]Cons. giust. amm. sic., sez. giurisd., 13 giugno 1996, n.196, in Foro It., 1996, III, 555.

[[3]]L’art. 404, I comma, cod. proc. civ., stabilisce che: “Un terzo può fare opposizione contro una sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva pronunciata tra altre persone quando pregiudica i suoi diritti”.

[[4]]BALDANZA A., L’opposizione di terzo nei giudizi in materia elettorale, in Giorn. Dir. Amm., 1999, n. 5, 454.

[[5]]Cons. giust. amm. sic., sez. giurisd., 13 giugno 1996, n. 196, cit.

[[6]]CASETTA C.E., Manuale di diritto amministrativo, 200, 846. In generale, la legittimazione attiva è attribuita a chiunque vi abbia un diretto interesse e, cioè, a qualsiasi cittadino elettore rispettivamente della regione, della provincia e del comune (trattasi di una azione popolare), nonché al Commissario di governo per le elezioni regionali. La legittimazione passiva spetta all’amministrazione interessata e a tutti coloro che sono stati proclamati eletti.

[[7]]BALDANZA A., op. loc. cit.

[[8]]Cons. St., sez. V, n. 635/1982, in Foro Amm., 1982, 1421.

[[9]]BALDANZA A., op. cit., 455. Nel momento in cui viene meno l’immodificabilità dell’oggetto del giudizio possono sindacarsi censure diverse da quelle proposte nel ricorso principale ed incidentale, ciò che viene sottoposto al giudice oltre l’atto e le singole censure, è il complessivo episodio di vita e cioè l’intera trama degli interessi in gioco.

[[10]]BALDANZA A., op. loc. cit.

[[11]]T.A.R. Campania, sez. II, 30 aprile 1998, n. 1333, in Trib. Amm. Reg., 1998, I, 2693.

[[12]]T.A.R. Campania, sez. II, 30 aprile 1998, n. 1333, cit.

[[13]]In tal senso Cons. St., sez. IV, 11 febbraio 1998, n. 263, in Foro Amm., 1998, 344. Il terzo titolare di una posizione soggettiva autonoma, avente consistenza di diritto soggettivo e legittimato ad impugnare la sentenza esecutiva lesiva anche per motivi nuovi, purché strettamente inerenti alla tutela delle posizioni dell’interessato, innanzi al giudice di secondo grado, atteggiandosi l’opposizione di terzo ordinaria come un vero e proprio mezzo di impugnazione della sentenza medesima.

[[14]]Cons. St., sez. V, 19 luglio 2001, n. 4001, in www. Giust. It, 1.

[[15]]Cons. St., sez. V, 19 luglio 2001, n. 4001, cit., 2.

[[16]]Cons. St., sez. V, 19 luglio 2001, n. 4001, loc. cit.

[[17]]Cons. St., sez. V, 19 luglio 2001, n. 4001, loc. cit. Tale sentenza stabilisce che l’elettore non facendo valere una posizione giuridica soggettiva (uti singulus) ma un interesse collettivo (uti cives) non è legittimato a proporre l’opposizione di terzo.