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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006
La determinazione qualitativa della
vegetazione coinvolta
nel reato di incendio boschivo
(massima
a cura di Leo Stilo)
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Corte di Cassazione - I
sezione penale- Sentenza del 26 giugno 2001, n. 25935
Pres. D'urso G - Rel. Canzio
G - Cassavia P - P.M. (conf.)
Oggetto
della sentenza della Suprema Corte è il nuovo reato di incendio boschivo
(art. 423 bis c.p., introdotto dal decreto legge n. 220 del 2000,
conv. nella legge n. 275 del 2000) e,
in particolare, la determinazione giuridica del suo ambito di operatività. La
Corte di Cassazione, partendo dal presupposto dell’ esigenza di una forte
tutela del patrimonio boschivo nazionale quale bene primario e insostituibile
per la qualità della vita, puntualizza l'elemento oggettivo del reato di
incendio boschivo utilizzando un parametro valutativo basato sulla qualità
della vegetazione coinvolta.
La
Corte riconduce nell’ambito della tutela fornita dall’art. 423 bis c.p., le
estensioni di terreno su cui sia presente sterpaglia, boscaglia o macchia
mediterranea. Alla base della predetta interpretazione vi è la scelta di
considerare l'art. 2 della legge 353 del 2000, che definisce l'incendio boschivo
quale fuoco dotato di capacità espansiva, appiccato, su aree boschive,
cespugliate o arborate, nonché su terreni coltivati o incolti e pascoli
limitrofi a dette aree, come norma di rilevante portata interpretativa atta a
definire l'esatto ambito di operatività dell'art. 423 bis c.p.
IN
FATTO E IN DIRITTO
1.
- Con sentenza in data 22.8.2000 il tribunale di Rossano, su richiesta delle
parti, applicava a C. P. la pena di anni uno mesi dieci di reclusione per i
reati di incendio boschivo (art. 423-bis c.p. introdotto dal d.l. n. 220 del
2000 conv. In l. n. 275 del 2000) e di danneggiamento. Avverso tale sentenza ha
proposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato deducendo la
violazione del disposto di cui all’art. 129 c.p.p., sia per l’erronea
qualificazione dell’incendio come “boschivo” ai sensi del novellato art.
423-bis c.p., che per il ritenuto concorso formale tra i delitti di incendio e
di danneggiamento, unificati nel vincolo della continuazione.
2.
– Le censure del ricorrente sono destituite di ogni fondamento giuridico e
perciò colpite dalla sanzione d’inammissibilità.
2.1.
– Il primo motivo di gravame coinvolge la corretta qualificazione giuridica di
“incendio boschivo” della vicenda, che risulta cristallizzata
nell’imputazione nei seguenti termini: “perché cagionava un incendio di una
superficie collinare di circa trenta ettari, costituita da campi coltivati ad
oliveto e da frutteti di varie specie [circa 5-6 ettari] nonché da boscaglia,
sterpaglia e macchia mediterranea comprendente diverse essenze arboree, tra le
quali delle querce”. Il riferimento fattuale ad un incendio di circa 24 ettari
di “boscaglia”, “sterpaglia” e “macchia mediterranea” consente di
ritenere corretto l’inquadramento dell’episodio nella fattispecie astratta
disciplinata dall’art. 423-bis c.p., inserito dall’art. 1.1 d.l. 4.8.2000 n.
220, conv. In l. 6.10.2000 n. 275, che punisce più severamente chiunque cagiona
un “incendio su boschi, selve o foreste”: s’intende infatti per
“boscaglia”, nell’uso corrente, il bosco incolto, fitto, intricato, folto
e costituito anche da alberi di specie diversa.
Siffatta ricostruzione esegetica della lettera della norma incriminatrice, oltre ad essere rispettosa della ratio legis posta dal legislatore a fondamento dell’aggravamento sanzionatorio – l’esigenza di tutela del patrimonio boschivo nazionale, quale bene primario e insostituibile per la qualità della vita, mediante la repressione degli incendi boschivi – risulta altresì coerente, sul piano logico-sistematico, con l’invero ampia definizione di “incendio boschivo” racchiusa nell’art. 2 della successiva legge-quadro in materia, l. 21.11.2000 n. 353, della quale non può negarsi la rilevanza penalistica atteso che l’art. 11.1 della stessa riproduce nuovamente il medesimo testo dell’art. 423-bis c.p., già introdotto con le misure emergenziali del citato decreto-legge n. 220 del 2000 per la repressione degli incendi boschivi. Orbene, ai sensi del citato art. 2 l. 353 del 2000, “per incendio boschivo si intende un fuoco con suscettività a espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste all’interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi a dette aree”.
1.2.
– Anche la seconda censura si palesa infondata, poiché può ravvisarsi un
rapporto di specialità soltanto tra la figura del danneggiamento seguito da
incendio ex art. 424 c.p. e quella del danneggiamento comune ex art. 635 c.p.,
non anche tra i delitti di incendio e di danneggiamento.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Dichiara
inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di lire 1.000.000 alla cassa delle
ammende.
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