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Tutela penale dell'ambiente: una breve introduzione ad un problema irrisolto.
Leo Stilo
La diffusa consapevolezza della limitatezza e dell'estrema
fragilità delle risorse naturali, un tempo ritenute illimitate, ha messo in
chiara evidenza l'esigenza di una maggiore e più incisiva tutela
dell'ambiente. L'interesse verso la c.d."questione ambientale" ha subito,
anche grazie alle iniziative di numerosi movimenti ambientalisti, un forte
impulso che ha creato dei movimenti d'opinione pubblica non più contenibili e
che necessitano di una risposta il più possibile concreta ed immediata non
solo a livello nazionale, ma anche e principalmente internazionale.
Lo strumento amministrativo, infatti, non appare più idoneo a soddisfare il
bisogno di tutela proveniente dalla predetta consapevolezza, tanto da
richiedere l'intervento dello strumento ultimo dell'ordinamento giuridico, sua
extrema ratio: il diritto penale. Se fino a qualche anno addietro la tutela "penalistica"
era diretta a tutelare l'ambiente solo nei limiti in cui l'alterazione o la
manipolazione di quest'ultimo poteva direttamente essere ricondotta ad una
situazione di danno o di pericolo per l'uomo (si pensi, ad esempio, al delitto
di avvelenamento di acque 1), oggi, invece, si avverte l'emersione
di una nuova sensibilità verso un bene che appare sempre meno strumentale e
sempre più concreto nella sua tragica fragilità.
" Si è diffusa la preoccupazione che mentre nei precedenti periodi storici
l'azione distruttiva dell'uomo era sempre compensata, se non altro a livello
globale, da quella creativa della natura, oggi questo equilibrio si è rotto e
risalta l'elemento negativo: le forze distruttive prevalgono su quelle
costruttive. Così che l'uomo comincia ad attingere non più alla rendita del
pianeta ma al suo capitale 2" .
Naturalmente, uno dei primi problemi da affrontare sarà quello di verificare
se per il legislatore penale il termine "ambiente" ha o meno un significato
univoco oppure se, di volta in volta, è utilizzato per indicare realtà sempre
diverse che hanno in comune solo la riconduzione astratta ad un concetto
sempre più onnicomprensivo di "ambiente".
In questo scritto introduttivo tale termine è utilizzato nella sua accezione
più ampia:"complesso delle condizioni esterne all'organismo e in cui si svolge
la vita vegetale e animale 3" e con "lo spazio circostante
considerato con tutte o con la maggior parte delle sue caratteristiche".
Perché il diritto penale si deve occupare-preoccupare dell'ambiente 4?
Il diritto penale è visto da alcune culture orientali come uno strumento
primitivo di controllo e minaccia che con il sistema del "bastone e della
carota" riesce a sedare le pulsioni, più primitive dell'animale-uomo. Questa
visione si sofferma, però, ad analizzare solo la superficie del fenomeno senza
scendere in profondità nelle ragioni più intime e naturali dell'esistenza del
diritto. Senza una serie di regole fisse nel tempo e valide per tutti, non
possono nascere rapporti se non quelli effimeri basati sulla contingente ed
egoistica situazione casuale. Il diritto penale entra in causa tutelando e
difendendo i beni che la società ha elevato a suoi interessi primari, perché
fondamentali e fragili al punto da richiedere un impegno particolare da parte
di tutti i consociati. Le offese da lungo tempo perpetrate all'ambiente -
all'ecosistema "Terra"- hanno raggiunto una dimensione ed una gravità tali da
richiedere l'impegno di tutti e l'utilizzo degli strumenti più incisivi che
l'ordinamento giuridico ha a sua disposizione.
Se all'origine della sua storia, le modifiche che l'uomo è riuscito ad
apportare all'ambiente erano strettamente confinate nella zona circostante
alla sua sfera di attività quotidiana, andando avanti nei secoli il suo
"potere inquinante" e il suo impatto sull'ambiente ha raggiunto, gradualmente,
un livello altissimo ed allarmante che si ripercuote oltre la propria sfera
personale. Le predette alterazioni, infatti, hanno modificato sostanzialmente
e irreparabilmente la natura tanto da fare ritenere irrecuperabile, se non
nell'ordine di un numero elevato d'anni, un equilibrio che in modo incisivo e
irreparabile è stato alterato.
L'offesa a questo bene, ancora da perimetrare nelle sue numerose sfaccettature
e nella sua dimensione illecita, rappresenta sempre più uno stimolo diretto a
far scattare l'impianto difensivo posto a tutela del contratto sociale. Il
reato perpetrato contro l'ambiente viene avvertito come doppiamente offensivo:
in modo diretto si concretizza nella lesione o messa in pericolo del bene
degno di tutela specifica; in modo mediato, ma non per questo meno intenso e
fecondo di conseguenze, colpisce la generalità dei consociati. Tutti ci
sentiamo lesi, offesi, da un delitto perpetrato ai danni della natura che ci
circonda e in cui viviamo e svolgiamo la nostra esistenza. La ragione
principale di questo comune sentire si ritrova, probabilmente, nel sentimento
di appartenenza ad un sistema di relazioni biologiche che ci accomuna agli
altri esseri viventi: tutti comparse contingenti in uno scenario naturale da
preservare per le future generazioni. Questa affermazione è resa palese
dall'atteggiamento che ognuno ha, ad esempio, nel momento in cui viene a
conoscenza della notizia di un crimine da inquinamento: l'immedesimazione
nello scenario naturale deturpato in modo irrazionale e senza una specifica
ragione è immediata e spontanea, anche solo per cercare di comprendere il
motivo di un così grave danno i cui effetti, con molta probabilità, sono
destinati a durare nel tempo. E' questo comune sentire ad indicare la
necessità di un immediato intervento teso ad impedire, o almeno arginare, la
possibilità che una nuova offesa venga nuovamente ed impunemente perpetrata.
Tutti noi abbiamo compreso di essere parte rilevante di una complessa e
delicata catena biologica e che un qualsiasi danno prodotto ad un elemento
della stessa si ripercuote, prima o dopo, sull'intero ecosistema determinando
gravi e terribili conseguenze. Per questo motivo non si può accettare l'idea
di un diritto penale semplicemente diretto a sanzionare violazioni di norme
appartenenti ad altre branche del diritto 5. Non è il diritto a
creare le situazioni penalmente offensive, il reato, ma è la stessa realtà
offensiva, nel suo roccioso rappresentarsi, ad esigere la tutela penale. Anche
se ad una prima lettura le fattispecie penali sembrano semplicemente fornire
un supporto di tipo sanzionatorio a norme poste in essere da altre branche del
diritto, in realtà tutte mantengono una loro autonoma valenza ed una specifica
individualità giuridica. Nel momento in cui dalla società proviene una
richiesta concreta di tutela dell'ambiente contro determinate modalità
d'offesa, non tutelabili in sede civile od amministrativa, il legislatore
penale deve farsi carico di fotografare la realtà è fissare in singole e ben
determinate fattispecie il comportamento da punire. Il fatto che il diritto
penale non tuteli il bene "ambiente" nel suo complesso, come ad esempio è
rinvenibile in sede civile con l'introduzione delle norme sulla valutazione
d'impatto ambientale, è in piena sintonia con la ratio stessa di questa
particolare branca del diritto e con i principi che ne informano l'essenza:
strenue ed ultimo difensore dei beni ritenuti dalla società di maggiore
importanza.
Questa rigidità e frammentarietà del sistema si rivela una forte e necessaria
garanzia posta a tutela della libertà del singolo 6. Parlando di
diritto penale, qualsiasi sia l'oggetto di interesse, deve essere tenuto
presente l'immortale insegnamento di FRANZ VON LISZT : " Solo la pena
necessaria è giusta. La pena è per noi un mezzo per raggiungere uno scopo.
L'idea dello scopo postula però l'adattamento del mezzo al fine e la massima
parsimonia nella sua applicazione. Questa esigenza ha particolare valore per
quanto concerne la pena, essendo essa infatti un'arma a doppio taglio: tutela
di beni giuridici attuata attraverso la lesione degli stessi. 7" .
Problematica, quindi, è la scelta che il legislatore compie nell'utilizzare lo
strumento del diritto penale per sanzionare alcuni fatti e non altri. Questo
particolare strumento ha un'altissima precisione nel colpire mali
particolarmente gravi, percepiti dalla società come maligni e d'eccezionale
virulenza, ma si rivela poco efficace per situazioni non ben definite e
generalizzate. Non si può pretendere di prosciugare un oceano con una
cannuccia di pochi millimetri di diametro, ma con lo stesso strumento,
utilizzato da mani esperte, si può asportare un tumore particolarmente grave.
Il fatto di reato è quindi la descrizione di un singolo e puntuale fatto
offensivo che rappresenta normativamente una modalità d'aggressione 8
ad un bene giuridico 9 fondamentale per la coesistenza pacifica
della società.
Nella quotidianità si avverte, ancor più di ieri, l'esigenza di poter affidare
agli altri noi stessi e il futuro dei nostri figli, nella sicurezza che questi
nello svolgere le proprie attività, private e/o professionali, osservino le
regole che la società si è data in modo da non fare aumentare il rischio
presente nel quotidiano vivere. Senza affidamento i rapporti interindividuali
non hanno alcuna garanzia di un corretto svolgimento perché abbandonati alla
disciplina di una legge, quella di natura, in cui il più forte, il più ricco,
chi ha la tecnologia e le conoscenze tecniche più avanzate può abusare oltre
il proprio fabbisogno delle limitate risorse naturali senza pagarne il conto e
il tutto a discapito delle popolazioni più povere e meno avanzate dal punto di
vista economico ed industriale. L'affidamento porta con sé la fiducia e la
responsabilità, concetti sempre presenti, come collante in tutti i rapporti
interpersonali. Si tratta della base del contratto sociale, linfa vitale di
ogni ordinamento giuridico. Quando un individuo, o un gruppo di essi, non
osserva le regole di convivenza rompe il patto stretto con la società,
catapultandosi al di fuori delle barriere erette a tutela dei valori sociali e
costituzionali. Tale soggetto è un traditore e come tale è visto dagli altri
consociati che si erano fidati al punto da affidare nelle sue mani, come in
quelle di ciascuno di loro, i beni più importanti (tra questi rientra in modo
indiscutibile l'ambiente in cui l'uomo vive ed opera) dell'esistenza della
società. L'elemento che porta ad avvertire come insopportabile ingiustizia un
dato comportamento nasce dal fatto di considerare tale atto un "tradimento"
della fiducia; quello che risulta insopportabile, specie in ambito di tutela
ambientale, è la ferma decisione di un individuo di tradire gli altri e se
stesso danneggiando, a volte irrimediabilmente, beni così importanti per la
vita non solo dei "soci" di oggi, ma anche per quelli di domani. Questo
discorso, che può apparire superfluo al fine di presentare il tema della
ricerca, è in realtà fondamentale per porre le basi delle future riflessioni.
Questa introduzione rappresenta, nell'intenzione dell'autore, la lente
attraverso cui si esaminerà ed annoterà la realtà del diritto penale
dell'ambiente.
L'intera ricerca avrà come scopo quello di soddisfare due curiosità: l'una di
carattere normativo, tentare di comprendere e mettere in risalto, almeno nelle
linee fondamentali, le relazioni che sono emerse tra il diritto dell'ambiente
e il diritto penale; l'altra tesa alla ricerca, forse utilizzando qualcosa di
diverso dalla fredda ricerca sistematico-positiva, di una base emotiva e
razionale di cui le norme rappresenterebbero solo l'estrinsecazione positiva,
avvertendo quasi per bisogno "naturale", l'esigenza di "appoggiare" il sistema
normativo su qualcosa di più umano.
Il legislatore è solo il fabbro delle fattispecie penali perché è la società
che infonde nell'opera inerte il soffio della vita alla luce dei propri
valori.
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Note:
[1] Art. 439, “Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari”, del Codice Penale:«Chiunque avvelena acque o sostanze destinate alla alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni. Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l’ergastolo; e , nel caso di morte di più persone, si applica la pena di morte.». Naturalmente, alla luce del fatto che nel nostro ordinamento giuridico non trova più spazio la pena di morte la distinzione indicata nel secondo comma non ha più alcuna rilevanza.
[2] Margiotta, Manuale di tutela dell’ambiente, Milano, 2002, 7 e 8,
[3] Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana, XII ed. min, 1994.
[4] Devoto oli, Dizionario della lingua italiana, Firenze, 1990.
[5] Fiandaca-Musco, Diritto penale, Parte generale, Bologna ,ed. III,34:«Un orientamento teorico, risalente a Karl Binding, attribuisce al diritto penale una funzione secondaria o accessoria e sanzionatoria: e cioè la sua funzione specifica consisterebbe nel rafforzare colla propria sanzione i precetti e le sanzioni degli altri rami del diritto. Questa teoria è stata in Italia recepita dal Grispigni, il quale l’ha riformulata attribuendo al diritto penale un carattere ulteriormente sanzionatorio…omissis… La tesi del carattere sanzionatorio, o ulteriormente sanzionatorio, del diritto penale è oggi pressoché unanimemente respinta, nella parte in cui pretenderebbe di disconoscere l’indubbia autonimia funzionale e tecnica dello strumento penalistico.».
[6] Mantovani, Diritto penale, parte generale, ed.IV, 2001,XLIII:«Carattere del diritto penale necessario è la c.d. frammentarietà, nel senso che la sua sfera è più ristretta di quella non solo del moralmente riprovevole, ma anche dell’antiguridicità (es. irrilevanza penale, di regola, degli inadempimenti contrattuali); e che la tutela penale di certi beni è circoscritta a specifiche modalità di aggressione(es.delitti contro il patrimonio)».
[7] Franz von Liszt Der Zweckgedank im Strafrecht ( Strafrechtliche Aufsätze und Vorträge von Dr. Franz v. Liszt, Bd. I) J. Guttentag, Berlin, 1905. Il testo riportato nell’articolo è estratto dalla traduzione italiana dell’opera (La teoria dello scopo nel diritto penale) curata da Alessandro Alberto Calvi, Milano, 1962, 46:
[8]Donini, Teoria del reato. Una introduzione, Padova,1996 , 76:«per questo il reato è come da tempo si afferma, un illecito modale, o di modalità di lesione»; Fiandaca-Musco, Diritto penale, Parte generale, op.cit., 36:«…l’illecito penale – a differenza ad es. dell’illecito civile aquiliano ( art. 2043 c.c.) – non abbraccia qualsiasi lesione del bene protetto, ma rimane circoscritto as pecifiche forme di aggressione tipizzate dalla fattispecie incriminatrice, per cui esso si caratterizza come illecito di modalità di lesione.».
[9] Sul reato come offesa di beni giuridici v.: Dolcini-Marinucci, Costituzione e Politica dei beni giuridici, RIDPP, 1994, 55 ss; Fiandaca, Il «bene giuridico» come problema teorico e come criterio di politica criminale, RIDPP, 1982, 48 ss.